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LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM 
MASTER IN MANAGEMENT SANITARIO PER LE 
FUNZIONI DI COORDINAMENTO 
(MASA) 
STUDIO SUI PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI 
INFERMIERISTICA 
Direttore Scientifico: 
Prof. Paolo Moderato 
Relatore 
Dott. Davide Jabes 
Prova finale di: 
Marcela Hovana Carrasco Matricola 1009973 
ANNO ACCADEMICO 2011/2012
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Rare sono le persone che usano la mente. Poche coloro che usano il cuore e uniche coloro che usano entrambi. Rita Levi Montalcini 
Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre. Gandhi 
Non si scoprirebbe mai niente se ci si considerasse soddisfatti di quello che si è scoperto. Seneca.
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INDICE 
INTRODUZIONE 
CAPITOLO I 
STORIA E SVILUPPO DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 
1.1. L’Infermieristica a Traverso la Storia 
1.2. L’Teorie Infermieristiche 
1.2.1. Nell’Arte e Scienza del Nursing Umanistico 
1.2.2. Nelle Relazioni Personal 
1.2.3. I Sistemi 
1.2.4. I Campi dell’Energia 
CAPITOLO II 
NORMATIVA INFERMIERISTICA 
CAPITOLO III 
SISTEMI E GESTIONE DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 
3.1 La Qualità Passato e Presente in Sanità 
3.2. Definizione del Concetto di Qualità in Sanità 
3.3 Dimensioni della Qualità 
3.4. Metodologie e Strumenti per il Miglioramento della Qualità 
3.4.1. Linee Guida ed Evidence Based Medicine (EBM) 
3.4.2. L’Accreditamento Professionale 
3.4.3. L’Accreditamento Istituzionale 
3.5. Normativa di Riferimento per la Qualità in Sanità 
3.5.1. La Carta di Lubiana 
3.5.2. La Carta di Porto Nuovo 
CAPITOLO IV 
PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA
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4.1. Definizione dei Profili di Responsabilità, Autonomia e Competenze della Professione Infermieristica 
4.2. Personalizzazione dell’Assistenza Infermieristica 
4.3. Assistenza Basata sulle Prove di Efficacia (EBN/EBM) 
4.3.1. La Medicina Basata sulle Evidenze (Evidence-Based-Medicine, EBM) 
4.3.2. L’Evidence Based Nursing (EBN) 
4.3.3. L’Evidence Based Pratice 
4.4. Processi di Standardizzazione nella Prassi Infermieristicha. 
4.4.1. Le Linee Guida 
4.4.2. Le Procedure Infermieristiche 
4.4.3. Il Percorso Clinico Assistenziale 
4.4.4. Il Protocollo 
CONCLUSIONI 
GLOSSARIO 
BIBLIOGRAFIA 
RINGRAZIAMENTI
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INTRODUZIONE 
Con la riforma Sanitaria le Aziende Ospedaliere devono attuare un sistema in grado di mantenere la qualità dell’assistenza, migliorando i livelli di efficienza e efficacia con le risorse disponibili, le aziende devono avere una seri di requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali tali da assicurare ai cittadini la qualità dell’assistenza offerta. 
La Standardizzazione è il processo finalizzato ad uniformare attività e prodotti sulla base di norme, tipi o modelli di riferimento appropriati per migliorare la qualità. Spesso accade che i soggetti coinvolti nella produzione di servizi finalizzati alla tutela, promozione e mantenimento dello stato di salute, siano poco coordinati tra loro rendendo impossibile l’ottimizzazione dei processi lavorativi. C’è quindi l’esigenza di porre l’attenzione alla risoluzione dei problemi organizzativi, in quanto è una delle poche soluzioni al difficile problema della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate. Diventa indispensabile, quindi, nelle strutture sanitarie il “Servizio Infermieristico” quale componente della complessa organizzazione di servizio che rappresenta la struttura sanitaria; in considerazione che l’organizzazione del lavoro è una variabile altamente critica perché ha una notevole influenza sul processo assistenziale condizionandone fortemente il livello di adeguatezza del servizio prestato in risposta al bisogno di assistenza. Indipendentemente dal modello attuato nell’organizzazione del lavoro, diventa indispensabile dotarsi di strumenti operativi che rendano misurabile il livello di funzionalità del modello organizzativo in modo globale. 
Perché una qualunque istituzione sanitaria funzioni (ad. esempio, le strutture sanitarie, e dal l’oro interno le singole Unità Operative), necessita della conoscenza approfondita dei suoi elementi fondamentali (risorse umane, tecnologiche, strumentali, protocolli, procedure operative, sistema informativo, processi decisionali, ecc.) e delle modalità con cui tutti questi elementi si svolgono nelle situazioni lavorative concrete. Gli interventi operativi sui processi di erogazione delle prestazioni dei servizi è solitamente riconducibile al bisogno di mantenere i processi a quel livello di funzionalità che la prassi fa ritenere ottimali. 
Il processo di standardizzazione nella prassi infermieristica mediante la elaborazione dei documenti aziendali, è indirizzato a trovare un punto di equilibrio tra ciò che viene riportato nella teoria, e ciò che viene attuato con diligenza e professionalità nella pratica clinica quotidiana, per garantire l’uniformità e omogeneità assistenziale secondo criteri basati sull’evidenza scientifica; prevenire ed identificare le possibili cause d’infezioni nosocomiali locale e sistemiche per il corretto impiego delle risorse e con la conseguente
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riduzione dei costi e dei tempi di degenza e sopratutto rendere documenti quali istrumenti per l’istruzione, formazione ed informazioni degli operatori sanitari, utili a indirizzare le decisioni verso una maggiore efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse in tutte le Unità Operative delle strutture sanitarie. Lo studio sui processi di standardizzazione nelle prassi infermieristica è stato svolto descrivendo al primo capitolo la storia e lo sviluppo della professione infermieristica, dato che non può parlare di una disciplina se non si conosce il suo origine. Il secondo capitolo è riferito alla normativa infermieristica, per che sono i fondamenti legislativi a determinare i campi di autonomia, responsabilità e le competenze della professione infermieristica. Il terzo capitolo descrive i sistemi di qualità in ambito sanitario argomento ampiamente discusso negli ultimi anni, e finalizzato a sviluppare una politica della qualità clinico- assistenziale assunta in forma consapevole e realizzata in funzione di quella che è la mission aziendale. Il quarto capitolo descrive i processi di standardizzazione nella prassi infermieristica, come un insieme di attività che trasformano gli input in output, che hanno valore per l’utente e seguono una sequenza di attività correlate e finalizzate ad uno specifico risultato finale. 
L’esperienza di ogni giorno ci insegna quanto sia di fondamentale importanza l’adozione di linee guida, procedure, percorsi clinico-assistenziali e protocolli assistenziale, per questo motivo non solo deve essere responsabilità del Servizio Infermieristico la loro elaborazione, ma anche del singolo Coordinatore delle diverse Unità Operative, e come professionisti dobbiamo agire sulla nostra motivazione e su quella dei nostri colleghi, abbiamo il dovere morale di aggiornare le nostre conoscenze (SAPERE), le nostre competenze (SAPER FARE), affinare quelle che sono le nostre capacità relazionali (SAPER ESSERE) e mediante un percorso educativo evolversi per cambiare vecchi modelli, abitudini, modi di vedere e trovare nuovi punti di vista e nuove mete (SAPER DIVENIRE).
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CAPITOLO I 
STORIA E SVILUPPO DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA. Qualunque persona intraprenda lo studio di una disciplina, di una scienza o di un’arte dovrebbe cominciare a conoscerla dalle origini seguendola nel progressivo cammino attraverso i tempi. Nulla nasce ex novo, ma tutto si evolve, si perfeziona, si amplifica via a via che ogni generazione porta il suo contributo di conoscenza, di attività, di amore alla continua ascesa verso forme di vita migliore e di ideali più elevati. (F. Pittini – Manuale di assistenza sociale) 
1.1 L’Infermieristica a traverso la Storia. 
Una forma di assistenza infermieristica non formalizzata è probabilmente sempre esistita, fin dalle origini della storia dell’uomo, come un aiuto alla vita ed è stata prestata principalmente dalle donne, le loro conoscenze si sono trasmesse di madre a figlia, basate essenzialmente su erbe medicamentose o intrugli vari, motivo per il quale veniva considerata “guaritrice”. Il sapere essenziale rappresenta l’elaborazione graduale di un insieme di pratiche per assicurare il soddisfacimento dei bisogni fondamentali alla sopravvivenza, inizia ancor prima delle più antiche civiltà mesopotamica o egiziana e continua attraverso secoli e millenni nel continente europeo favorendo la trasmissione e la diffusione di usi, costumi, riti e miti. 
Nell’antico Egitto l’assistenza infermieristica materno-infantile era responsabilità delle ostetriche, mentre le balie allattavano al seno i bambini. I sacerdoti erano i principali responsabili delle pratiche sanitarie in diretta correlazione con l’appagamento degli dei. 
Gli Israeliti seguivano riti di sanitizzazione, usando l’acqua filtrata o bollita e ispezionavano la carne per verificare il deterioramento. 
Nell’antica Babilonia, in Egitto e tra i sumeri (signori colti e facoltosi), le famiglie ricche erano le principali destinatarie dell’assistenza infermieristica. 
Nel 500 a C., in Asia, Egitto, Palestina, Grecia e Italia, sono già presenti luoghi di ricovero per gli ammalati. Gli Standard Igienici, in questi primi ospedali, pur basandosi sui rituali religiosi, erano all’avanguardia. I pazienti erano sistemati in posti letti separati fra loro o in stanze differenti, una buona ventilazione era considerata essenziale e venivano messi in atto molti metodi rudimentali di controllo delle infezioni, come il non toccare le ferite, l’isolamento dei pazienti infetti e l’uso del lavaggio e di forni per la sterilizzazione degli strumenti.
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Nel Medioevo i primi ospedali Xenodochi, nel quale si ospitavano gratuitamente forestieri e pellegrini prima in Oriente poi si diffusero in Europa. Con i valetudinaria romani abbiamo la prima forma rudimentale conosciuta di assistenza organizzata, erano gli ospedali in epoca romana, dove la medicina era esercitata principalmente da medici- schiavi greci, il cui significato derivava dal termine latino valetudo, ovvero "buona salute". Furono costruiti lungo l'intero limes (barriere costruite dall'Impero Romano per difendere i propri confini e i propri territori). Grazie all’avvento del cristianesimo, l’influenza della religione migliorò la posizione sociale dell’infermieristica, dando più valore alla vita umana. La compassione, la carità e la dedizione al servizio erano qualità associate alle infermiere. Le prime comunità cristiane sono caratterizzate da uno spirito di grande solidarietà reciproca ed egualitaria. Per la sua filosofia caritatevole verso bisognosi e infermi, sorgono i primi ospedali, inizialmente non si occuperanno di assistere i malati, ma per molto tempo accoglieranno vagabondi, senzatetto, pellegrini, ecc.. Va inoltre sottolineato come, nei confronti degli infermi, prevalga sull’aspetto curativo, quello caritatevole. Le diaconesse e i diaconi esercitano un servizio, organizzato su base territoriale, per l’assistenza agli ammalati e ai poveri. Il primo ospedale che si occupa soltanto di ammalati è stato istituito nel 390 d. C. da una nobildonna, Fabiola. Si racconta che raccogliesse personalmente gli infermi per le strade della città assisteva le vittime della fame e delle epidemie, i mutilati, i ciechi e gli storpi, ripulendo le loro piaghe e ferite dando loro da mangiare. L’assistenza è esercitata inizialmente dalle donne che, successivamente, divengono infermiere ed ostetriche. Fino alla seconda metà del ‘900 la conoscenza infermieristica, è maturata sulla base di un metodo empirico, per prove ed errori, resta ai margini della cultura sanitaria e non viene considerata degna di un proprio statuto scientifico. L’assistenza infermieristica rappresenta e si configura come una derivazione specifica e specialistica dell’assistenza in generale, allorquando si sono verificate alcune situazioni che hanno reso necessario il passaggio dal sapere culturale al sapere disciplinare, richiedendo l’uso di un metodo scientifico sia nella teoria che nella pratica. Nel Medioevo protagonisti assoluti dell’assistenza sono gli ordini monastici e religiosi e ciò continua per molti secoli, anche quando, dal l500 in poi, il grande progresso scientifico cambia il volto della medicina, cambiando radicalmente l’assetto ospedaliero , in quanto il prendersi cura non era più visto solo come un atto cristiano, ma anche in termini di produzione di salute corporale e di idoneità fisica. E’ proprio per questo, alcuni religiosi si distinguono per dedizione e modernità delle concezioni in campo assistenziale. I monaci si dedicano all’anima e i conversi o i servi al corpo, nacque il termine infirmus che designava il monaco che si occupava dell’accoglienza e dell’assistenza dei malati e dei bisognosi. Gli ospedali erano generalmente annessi al monastero, si offriva riposo, protezione, vitto con dieta opportuna, insieme alla cura delle ferite o delle piaghe. I farmaci erano dispensati in speciali infermerie.
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Fra questi spicca la figura di Camillo de Lellis ( 1550 – 1614 ), fondatore dell’Ordine del Ministri degli Infermi. Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini definisce, ancora ai giorni nostri, De Lellis come la figura dell’infermieri ideale, protagonista dell’utopia ospedaliera del Seicento. Egli pensa che l’assistenza non può essere affidata agli inservienti che abbandonano gli ammalati quando non sono sorvegliati. Raccomanda di studiare ogni singolo caso, di imparare a rifare i letti e a pulire i pazienti quando sono gravi e a preparare relazioni per medici sulla giornata del malato, dedica particolare attenzione alla formazione degli infermieri e all’organizzazione del lavoro. Giovanni di Dio, fondatore degli ospedali Fatebenefratelli, dove si contemplava la figura del’infermiere maggiore e dell’infermiere minore, che si diffonderà in tutta Europa. Vincenzo de Paoli, fondatore della Compagnia delle Figlie della Carità, inizialmente composto da dame della nobiltà e della borghesia, reintroducendo le donne nell’assistenza. Prima di essere infermieri sono stati malati, e furono i primi a comprendere che serviva un’assistenza specifica per stare vicino al malato: L’Assistenza Infermieristica. Nei secoli XV – XVI negli ospedali gli infermieri erano laici, in quanto nei paesi cattolici, a causa delle severe regole di disciplina imposte agli ordini religiosi dal Concilio di Trento (1545 – 1563) provocò una riduzione del numero delle suore e dei frati impegnati nell’assistenza. Gli infermieri erano reclutati nelle classi inferiori donne e uomini usciti dal carcere, di ex prostitute, di povera gente in genere. Nei secoli XVI – XVII con il progresso scientifico si evidenzia una notevole evoluzione della medicina, riguardanti sia le conoscenze che i rimedi pratici. Prima dell’Ottocento gli ospedali mostravano i mansionari degli infermieri e delle altre figura. uomini o donne, chiamarti in aiuto per la gestione di malati e si può dire che non mancava una certa attenzione alla loro formazione teorica e pratica. La revisione dei manuali dell’epoca permettono di conoscere i sistemi di istruzione di queste figure. Il modello di insegnamento era basato sulla didattica per aforismi (brevi frasi) o con libri improntati al metodo dialogistico (costruito su domande e risposte). Tra questi La Pratica dell’Infermiere (1664). 
La rivoluzione scientifica e quella industriale determinano ulteriori modificazioni nell'organizzazione degli ospedali. Servono infermieri più preparati per svolgere un'attività che si è fatta più complessa. La nuova temperie culturale favorisce l'apparire sulla scena di quella che è forse il prototipo dell'infermiera: Florence Nightingale (1820-1910). Di origini alto borghesi, la "signora della lampada" si distingue nei soccorsi ai militari feriti nella guerra di Crimea e si rivela ben presto un genio pratico, organizzativo, teorico e didattico, con i suoi interventi riduce la mortalità dal 42% al 2.2%. Con la Nightingale l'assistenza infermieristica virerà in modo irreversibile verso la scienza e l'efficienza, utilizzando la scienza della statistica sociale di cui è esperta per mettere in evidenza sia l’impatto delle malattie sulla mortalità che gli effetti delle condizioni sanitarie. Attua provvedimenti per prevenire le malattie e migliorare le condizioni del popolo. Nel 1859 fonda la Nightingale Training School for Nurse presso l’ospedale St. Thomas di Londra. La formazione
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infermieristica è basata sul sapere, l’istruzione, la conoscenza, per formare una professione autonoma e autorevole e formare delle leader per riprodurre il sistema di pensiero formativo. L’impostazione formativa utilizzata verrà esportata in tutto il mondo. Avrà luogo una vera e propria colonizzazione culturale. 
Nel frattempo, Henry Dunant (1828-1910) nel 1864 fonderà la Croce Rossa, un corpo di infermieri volontari che intervengono in caso di guerra o calamità naturali e che in tempo di pace si dedicano all'istruzione del personale sanitario e al trasporto degli infermi. Negli Stati Uniti l’indipendenza e l’evoluzione socio-culturale, favorisco una grande evoluzione della professione infermieristica. Nel 1861 si prende coscienza della scarsità degli infermieri e della loro insufficiente preparazione. Un notevole impulso allo sviluppo del Nursing in america fu dato però da Clara Barton, più arguta ed emancipata delle colleghe inglesi, tanto da diventare una delle prime sufragettes, durante un soggiorno in Europa venne a conoscenza dell’opera della Croce Rossa per cui al suo ritorno fondò nel 1881 la American Association of the Red Cross e quindi la prima Red Cross Society degli Stati Uniti. Per quanto riguarda la formazione delle infermiere nel 1873 furono fondate le prime tre scuole Americane. Con un programma di istruzione completo, efficace e sistematico, e con l’impiego di standard che garantissero la formazione di personale in grado di rispondere ai reali bisogni di salute e di assistenza della popolazione, si ottenne un progressivo avanzamento della professione infermieristica. Nel 1879 vengono fondate L’AMERICAN NURSES ASSOCIATION (ANA) e LA NATIONAL LEAGUE OF NURSINGN. Nel 1899 nascerà L’INTERNATIONAL COUNCIL OF NURSING (ICN). Fra le acquisizioni della cultura professionale statunitense ci sono: 1°. La produzione dei modelli concettuali dell’infermieristica. 2°. L’attenzione alla qualità dell’assistenza e alla definizione di standard su cui fondare la sua valutazione. 3°. L’attenzione ad altre problematiche di natura gestionale, es. la definizione di vari sistemi organizzativi (assistenza di routine, per piccoli gruppi, personalizzata). 4°. La definizione di una metodologia di lavoro, quella del problem-solving, entro il quale viene data una crescente importanza alle “diagnosi infermieristiche”, cioè a quei problemi dell’utente che l’infermiere è in grado di riconoscere e di affrontare in maniera autonoma. 
Il principio fondamentale, soprattutto nella cultura americana, della tutela della libertà individuale, senza vincoli politici o religiosi, in una ottica di pragmatismo, uniti allo spirito scientifico, di collaborazione e all’organizzazione, ha favorito l’evoluzione della professione infermieristica per cui dal 1899 le prime infermiere furono ammesse
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all’università presso la Columbia University e nel 1916 esistevano già tredici corsi universitari per infermiere. 
L’infermiera americana non si è quindi creata dal nulla. La maggiore unità della categoria e il terreno favorevole ad accogliere le sue istanze hanno facilitato il notevole sviluppo culturale della professione e di conseguenza la creazione di una gerarchia infermieristica preparata. 
L’assenza di una profonda differenza culturale con la dirigenza medica e la indispensabile collaborazione per la soluzione di problemi comuni, ha imposto quindi la presenza dell’infermiera, dato che non era assolutamente possibile escluderla o ignorarla, nei vari ambiti delle stesse scelte politiche e gestionali della sanità. 
In Gran Bretagna, diverse giovane colte assumono posti di direzione nei maggiori ospedali, alla scomparsa di F Nightingale, nel 1910, si pongono alla guida della professione e ne determinano la politica, fondano scuole per infermiere in diversi paesi. Nel 1919 il Parlamento approva l’istituzione dell’albo delle infermiere. Nel 1948 entra in vigore il Servizio Sanitario Nazionale. 
In Francia però l’impostazione della scuola della Nightingale non fu completamente seguita nemmeno nella più prestigiosa scuola di Bordeaux diretta da una allieva della stessa Nightingale, Miss Hamilton. Infatti durante il tirocinio le allieve non erano guidate e seguite in ogni attività da infermiere capaci ed impegnate, le Sovraintendenti o Matron, e, dopo due anni appena ottenuto il diploma, affiancando o sostituendo le infermiere che avevano lasciato dei posti vacanti, non essendo adeguatamente preparate non riuscirono a dare alla loro categoria quell’immagine e quella stima delle Nurses inglesi. Poco preparate e prive di un vero spirito di corpo, dopo qualche anno venivano messe alla pari e spesso sopravanzate dalle quelle vecchie infermiere più impegnate, sensibili e desiderose di emanciparsi. Tutto ciò non invogliò, come in Inghilterra, le ragazze provenienti dalla media borghesia ad intraprendere tale professione almeno negli ospedali pubblici. 
All'inizio del Novecento la condizione degli ospedali italiani è terrificante. Una visitatrice americana parlerà di totale assenza di una vera e propria assistenza infermieristica. Ben presto subentrano anche da noi rapidi cambiamenti. I progressi compiuti sotto l'aspetto diagnostico e terapeutico portano l'assistenza infermieristica a cercare di adeguarsi al nuovo clima scientifico e tecnologico, le congregazioni religiose notevolmente accresciute in numero avevano dato, specialmente in Italia, con le loro infermiere una risposta adeguata ai tempi, questa non era più adatta alle nuove situazioni sia per l’evidente calo progressivo delle vocazioni sia, per la loro limitata preparazione, sia per il desiderio di un generale rinnovamento di una adeguata assistenza a quanti ne avevano bisogno. Tutto ciò nonostante il personale infermieristico religioso avesse in generale una dedizione e un attaccamento all’ammalato e ai suoi bisogni ed un senso del dovere certamente impareggiabili, un costo inferiore alle infermiere laiche e, da un punto di vista igienico sanitario, il servizio fosse meno peggio negli ospedali dove il personale
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era tutto religioso, deficiente dove era misto e decisamente scadente dove era tutto laico. Nascono le prime scuole che cercano di reclutare le allieve infermiere tra le signorine istruite della classe media. La "rivoluzione infermieristica" italiana sarà patrocinata da Anna Celli, Amy Turton, Grace Baxter, Dorothy Snell; tanti nomi inglesi a testimonianza di quanto la svolta italiana debba all'esempio, alle idee e ai metodi della Nightingale. 
Nel 1919, si costituisce la Associazione Nazionale Italiana Tra Infermiere (ANITI), con una sua rivista il “Bollettino Mensile”, che entrò nel Comitato Internazionale delle Infermiere nella riunione tenutasi a Copenaghen nel 1922 (Sironi), 1933 si trasforma in Sindacato Fascista Delle Infermiere Diplomate. Con l'avvento del fascismo, lo Stato regolamenta la formazione infermieristica a livello nazionale. 
Nel 1925 vengono istituite le scuole-convitto per infermiere. Nasce la figura dell'assistente sanitaria. 
Nel 1940 fa la sua comparsa l'infermiere generico. Filo conduttore dei cambiamenti che avvengono in Italia è purtroppo, a differenza di quanto accade in altri paesi più civili, l'assoluta subordinazione dell'infermiera al medico. Ciò determinerà guasti e ritardi che durano tuttora. 
E' del 1947, il primo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti ospedalieri, che pone fine alle macroscopiche disparità di trattamento economico sul territorio nazionale. 
Nel 1954, nascono i collegi delle infermiere professionali e delle vigilatrici d'infanzia (IPASVI)., nuovo ordinamento didattici triennale. 
Nel 1971, viene concesso anche agli uomini l'accesso al diploma di infermiere professionale, la durata del cui corso viene portata nel 1973 a tre anni. Mentre cambia l'organizzazione ospedaliera, mutano pure le mansioni dell'infermiere che deve ora occuparsi non solo dell'assistenza diretta al paziente in ospedale, ma di educazione sanitaria, degli aspetti relazionali, del lavoro di equipe e di ricerca. 
Nel 1974, nuovo mansionario che modifica le attribuzioni degli infermieri. Nel 1975 nuovo ordinamento didattico triennale. 
Un'ulteriore svolta si ha nel 1978 con la legge 833, la cosiddetta "riforma sanitaria". Viene istituito il Sistema Sanitario Nazionale che dovrebbe introdurre criteri di assoluta equità nella cura dei malati. 
Negli anni ’80 vi è la consapevolezza di essere un corpus professionale e di essere portatori di un patrimonio conoscitivo unico e necessario alla collettività (si inizia a importare le teorie, modelli e metodi americani).
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Nel 1992, si aprono le porte dell'Università con l'istituzione del diploma universitario in scienze infermieristiche. 
Nel 1994, il Nuovo Profilo Professionale riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli ambiti di approfondimento culturale ed operativo, le aree di specializzazione. 
Nel 1996, viene sancito il campo proprio di attività e di responsabilità dell’infermiere, definendo che è una professione sanitaria. 
Nel 1999, gli infermieri cessano finalmente, di essere considerati "personale sanitario ausiliario", cambiando la denominazione per “personale sanitario”, sono abrogati i mansionari e cambia il proprio campo di attività e responsabilità delle professioni sanitarie il quale è determinato dai contenuti: 
1. Dai Profili Professionali, 
2. Dagli Ordinamenti Didattici, 
3. Dai Corsi di Laurea, 
4. Dai Codici Deontologici. 
Nel 2000, riconoscimento formale della dirigenza del ruolo sanitario con l’attribuzione della responsabilità e della gestione delle attività di assistenza infermieristica. 
Nel 2001, con la determinazione delle classi di laurea delle professioni sanitarie, si avviano le lauree triennali e specialistiche, le quali si inquadrano nel generale processo di riforma dell’Università, armonizzandosi con il resto d’Europa. Inizia la discussione sulla tassonomia diagnostica e sull’evidence – based nursing. 
Nel 2002, sulla problematica dell’emergenza infermieristica, si riconosce agli infermieri, anche ai dipendenti, di svolgere l’attività libero – professionale. 
Nel 2006, unifica la matrice tecnico – specialistica (infermieristica) con quella gestionale (coordinamento) valorizza la formazione post base in ambito universitario e ne riconosce il suo ruolo. Nel 2008, si regolamenta la disciplina per l'accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica. Nel 2009, Nuovo Codice Deontologico Infermieristico. Disposizioni in materia di professioni sanitarie”, segna l’inizio di una nuova era, per la sanità e per gli infermieri. E’
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una guida che permette al professionista di saper prendere decisioni adeguate. Rappresenta un modello nel campo dei valori e delle responsabilità. 
1.2. Le Teorie dell’Infermieristica. 
1.2.1. Nell’Arte e Scienza del Nursing Umanistico 
1.2.1.1. Florence Nightgale. 
Nasce a Firenze il 12 maggio 1820, morì a 90 anni nel sonno a Londra nel 1910, fondatrice del Nursing Moderno. Per lei, la malattia è un processo di riparazione e l’infermiera deve agire sull’ambiente per facilitare questo processo. Le sue istruzioni riguardanti la ventilazione, il calore, la luce, la dieta, la pulizia ed il rumore sono annotate nel libro “Notes on Nursing”. 
1.2.1.2. Virginia Anderson. 
Nasce a Kansas City 1897. Ha avuto una lunga carriera sia come scrittrice sia come ricercatrice. La funzione peculiare dell’infermiera è quella di assistere l’individuo, malato o sano, nello svolgimento di quelle attività che contribuiscono alla guarigione (o che conducono ad una morte serena) e che tale individuo svolgerebbe da solo se possedesse la forza, la volontà o la conoscenza necessarie; l’infermiera deve inoltre aiutare l’individuo a rendersi indipendente il più rapidamente possibile. Ha identificato i 14 bisogni di base del paziente e tre tipi relazione infermiere- paziente: 
1°. L’Infermiere è un sostituto del paziente; 
2°. L’Infermiere aiuta i paziente; 
3°. L’Infermiere è un partner del paziente. 
1.2.1.3. Faye Glenn Abdellah. 
Ha scritto moltyo su vari argomenti sin dall’inizio degli anni cinquanta. Insieme ad altri studiosi ha trasformato in concetti 21 problemi infermieristici basati sull’uso sistematico dei dati di ricerca per insegnare e valutare gli studenti. La tipologia dei 21 problemi apparve per la prima volta nell’edizione del 1960 di “Patient- centered approaches to Nursing”. 
1.2.1.4. Lydia E.Hall. 
Si è servita della sua filosofia infermieristica per progettare e sviluppare il centro di Nursing Loeb all’ospedale Montefiore di New York. Muore nel 1969. Riteneva che il Nursing debba operare in modo diverso nei
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tre cerchi indipendenti che costituiscono vari aspetti del paziente. Denominò i tre cerchi il corpo (la cura), la malattia (la guarigione) e la persona (il centro). Il Nursing opera in tutti e tre cerchi in varia misura, ma insieme ad altri operatori sani. La Hall sosteneva che la cura infermieristica di tipo professionale e l’insegnamento sono sempre più necessari man mano che diminuiscono le cure mediche e che la cura infermieristica professionale accelera la guarigione. 
1.2.1.5. Dorotea E.Orem. 
Ebbe un’intuizione sul concetto di Nursing nel 1958. Sin dagli anni ’50 si era occupata in pubblicazioni della pratica infermieristica e dell’insegnamento. Considera la propria teoria infermieristica del “self-care deficit” (insufficiente autogestione) una teoria generale composta di tre teorie in relazione tra loro: 
1°. La teoria dell’autogestione; 
2°. La teoria dell’inadeguata gestione; 
3°. La teoria dei sistemi infermieristici. 
La Orem identifica tre tipi di sistemi infermieristici: 
1°. Sostitutivo totale del paziente; 
2°. Parzialmente sostitutivo del paziente; 
3°. Di supporto ed educazione all’autonomia. 
Queste teorie sono ampiamente trattate nel libro “Nursing: Concepts of Practice”. La Orem ritiene che l’infermiere abbia in comune alcune funzioni con altri operatori sanitari. 
1.2.1.6. Evelyn Adam. 
Iniziò a pubblicare a metà degli anni ’70 Gran parte del suo lavoro s’incentra sullo sviluppo di modelli e sulle teorie del concetto di Nursing. Si serve di un modello appreso da Dorothy Johnson. Nel volume “To be a nurse” applica la definizione di Nursing di V. Henderson a quel modello e ne identifica i presupposti, i valori, le convinzioni e le unità principali. Nella parte conclusiva tratta dell’obiettivo della professione, del beneficiario del servizio, del ruolo dell’infermiere, della fonte delle difficoltà del beneficiario, dell’intervento dell’infermiere e delle conseguenze. 
1.2.1.7. Madeleine Leininger. 
Ha pubblicato molto su vari argomenti sin dal 1960. Sebbene abbia scritto molti libri sul Nursing transculturale, il resoconto più accurato della sua teoria si trova nel volume “Transcultural case diversity and universality: a
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theory of nursing”. Alcuni dei suoi concetti principali sono la cura, l’aver cura, la cultura, i valori culturali e le variazioni culturali. Ha formulato molte ipotesi e spera di stimolare ulteriormente la ricerca etnico-scientifica nel campo etno-infermieristico. 
1.2.1.8. Jean Watson. 
Ha iniziato a scrivere a metà degli anni ’70. Il suo libro “Nursing: the philosophy and science of caring” è stato pubblicato nel 1979. Il contenuto di quel libro è stato ampliato in un successivo volume del 1985, sino ad arrivare al testo “The Theory of Human Caring” del 1997 ed a successive rielaborazioni della sua teoria. Nel tentativo di ridurre la dicotomia tra teoria e pratica, ha proposto una filosofia ed una scienza del “caring” (aver cura). 
Ha identificato 10 fattori curativi: 
1°. La formazione di un sistema umanistico-altruistico di valori; 
2°. L’instillazione di fede e speranza; 
3°. La coltivazione della sensibilità verso se stessi e verso gli altri; 
4°. Lo sviluppo di una relazione tipo (avere) fiducia nell’aiuto; 
5°. La promozione e l’accettazione dell’espressione di positivo e negativo; 
6°. L’uso sistematico del metodo scientifico del “problem solving” nell’assumere decisioni; 
7°. La promozione dell’apprendimento e dell’insegnamento interpersonale; 
8°. La creazione di un ambiente di supporto, protettivo o correttivo di tipo mentale, fisico, socioculturale e spirituale; 
9°. L’assistenza con la gratificazione dei bisogni umani; 
10°. L’ammissione di forze di tipo fenomenologico esistenziale. 
Jean Watson ritiene che l’infermiere dovrebbe favorire lo sviluppo della salute attraverso azioni di prevenzione, come ad esempio far riconoscere le proprie abilità di affrontare eventi e l’adattamento alla morte, insegnare metodi di problem-solving e fornire aiuto in determinate situazioni. 
1.2.1.9. Rosemarie Rizzo Parse. 
Ha messo in evidenza l’importanza dell’umanesimo. Si è rifatta all’opera di Martha Rogers e a quella dei fenomenologisti esistenziali per sviluppare la sua teoria in: “ Man-living-health: a teory of Nursing”. I suoi concetti principali comprendono l’immaginare, il valorizzare, comunicare, il rivelare, nascondere, il mettere in grado-limitare, connettere-separare, dar forza, originare e trasformare.
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1.2.2. Nelle Relazioni Interpersonali. 
1.2.2.1. Hildegard E. Peplau. 
I contributi al Nursing in generale e in particolare al Nursing psichiatrico sono stati enormi. Ha prodotto molto sin dall’inizio degli anni ’50, quando apparve il suo primo libro: “ Interpersonal relations in Nursing”. Per la Peplau è importante che l’infermiere capisca il proprio comportamento per poter aiutare gli altri ad identificare difficoltà dapprima solo avvertite. 
Nella relazione infermiere-paziente identifica quattro fasi: 
1°. Orientamento; 
2°. Identificazione; 
3°. Sfruttamento; 
4°. Risoluzione. 
Descrive sei ruoli dell’infermiere: 
1°. Straniero; 
2°. persona con risorse; 
3°. Insegnante; 
4°. Leader; 
5°. Sostituto; 
6°. Consigliere. 
Tratta inoltre di quattro esperienze psicobiologiche ( i bisogni, le frustrazioni, i conflitti e le ansie) che esigono risposte costruttive o distruttive. 
1.2.2.2. Joyce Travelbee. 
Ha pubblicato soprattutto a metà degli anni ’60. E’ morta nel 1973 ancora giovane. Ha proposto il suo “Modello di relazione umano verso umano” nel libro “Interpersonal aspects of Nursing”. Ha trattato di malattia, sofferenza, dolore, speranza, comunicazione, interazione, uso terapeutico si sé, empatia, comprensione, rapporto di amicizia. Riteneva che si dovesse portare a termine l’assistenza infermieristica attraverso relazioni uomo-uomo che iniziavano con: 
1°. La fase iniziale di incontro; 
2°. La fase di identità emergente; 
3°. La fase viluppo di sentimenti di empatia e poi; 
4°. La fase di comprensione,
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5°. Nella fase finale l’infermiere e il paziente raggiungevano un rapporto di amicizia. 
1.2.2.3 Ida Jean Orlando. 
Ha descritto per la prima volta la sua teoria sulla “Disciplined Professional Response Theory”. La sua teoria mette l’accento sulla relazione reciproca fra infermiere e paziente. Ciascuno dei due è influenzato da ciò che fa e dice l’altro.Sottolinea l’importanza che ha l’esame delle percezioni, dei pensieri e dei sentimenti dell’altro per una successiva verifica. Questo processo esplorativo convalida il bisogno d’aiuto del paziente che l’infermiere soddisfa poi direttamente o indirettamente. Le azioni (ponderate) di tipo infermieristico identificano e soddisfano il bisogno immediato di aiuto del paziente. Se queste azioni non sono ponderate, diventano automatiche e può darsi che non soddisfino il bisogno d’aiuto del paziente. 
1.2.2.4. Ernestine Wiedenbach. 
Lavorava in un reparto di maternità. Incoraggiata dall’Ida Jean Orlando a riflettere sull’uso del sé e su come i pensieri e i sentimenti influiscano sulle azioni delle infermiere. Identifica e definisce molti concetti e sottoconcetti: il paziente, il bisogno d’aiuto, l’infermiere, lo scopo, la filosofia, la pratica (conoscenza, giudizio e abilità), il soccorso, la convalida, il coordinamento (riferire, consultare, conferire), e l’arte ( stimolo, preconcetto, interpretazione e azioni-razionali, di reazione e ponderate). L’infermiere deve identificare il bisogno di assistenza del paziente: 
1°. Osservando i comportamenti in armonia o non con il comfort; 
2°. Indagando sul significato del comportamento del paziente nei suoi confronti; 
3°. Determinando la causa del malessere o dell’incapacità; 
4°. Stabilendo se la persona è in grado di risolvere il suo problema, ovvero se ha bisogno d’aiuto. In seguito l’infermiere darà l’assistenza necessaria e controllerà che il bisogno d’assistenza sia stato soddisfatto. 
1.2.2.5. Joan Riehl Sisca. 
Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’70. Ha scritto il suo lavoro sull’interazionismo simbolico con la Roy. Secondo la teoria dell’interazionismo simbolico, le persone interpretano le azioni l’uno dell’altro basandosi sul significato attribuito all’azione stessa prima di reagire. L’interazione umana è mediata dai simboli,
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dall’interpretazione e dal significato ed è un processo d’interpretazione tra lo stimolo e la risposta. 
1.2.2.6. H. C. Erickson, E. M. Tomlin, M. A. P. Swain. 
Hanno pubblicato il loro libro “A teory and paradigm for Nursing” nel 1983. Dare un modello significa sviluppare una comprensione del mondo del cliente. Modellare il ruolo è un intervento infermieristico o educativo che richiede accettazione incondizionata. Esse ritengono che, mentre le persone sono simili a causa del oro olismo, della l oro crescita e del loro sviluppo e per il loro individualismo; sono anche differenti per le loro doti innate, capacità di adattamento e conoscenza dell’auto-cura. 
1.2.2.7. Kathryn E. Barnard. 
Ricercatrice attiva che ha scritto molto sui bambini sin dalla metà degli anni ’60. Ha iniziato studiare i bambini e gli adulti mentalmente e fisicamente handicappati per poi dirigere i suoi studi sulle attività del bambino sano ed estendere infine il suo campo di lavoro ai metodi di valutazione della crescita e dello sviluppo dei rapporti fra bambini e tra madre e bambino. Si è occupata inoltre di ricerca. Nonostante non abbia mai in Nursing ha gettato le basi per il suo modello di interazione sulla valutazione della salute del bambino. La Barnard ritiene che il sistema genitore-bambino sia influenzato da caratteristiche individuali di ciascun componente e che quelle caratteristiche vengano modificate per soddisfare i bisogni del sistema attraverso comportamenti adattivi. 
1.2.3. I Sistemi. 
1.2.3.1. Dorothy E. Johnson. 
Ha pubblicato dalla metà degli anni ’40 all’inizio degli anni ’70 e la maggior parte della sua opera è stata pubblicata durante gli anni ’60. La Johnson ha identificato nel suo modello sei sottosistemi del sistema comportamentale: 
1°. Attaccamento-affiliazione; 
2°. Raggiungimento; 
3°. Sessuale; 
4°. Ingestione-eliminazione; 
5°. Aggressivo; 
6°. Dipendenza.
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7°. Si può analizzare ciascun sottosistema in termini di struttura ed esigenze funzionali. I quattro elementi strutturali sono: 
a) Pulsione o obiettivo; 
b) Direzione, una predisposizione ad agire; 
c) Scelta, alternative d’azione; 
d) Comportamento. 
I requisiti funzionali sono la protezione, l’educazione e la stimolazione. Esiste il bisogno di intervento infermieristico ed è motivato se c’è uno stato di instabilità nel sistema comportamentale. L’infermiere deve scoprire la fonte del problema nel sistema e prendere provvedimenti infermieristici adeguati per mantenere o ristabilire l’equilibrio del sistema comportamentale. 
1.2.3.2. Suor Callista Roy. 
Ha scritto molto sin dalla fine degli anni ’60. Il suo modello d’adattamento è stato sviluppato dopo che la Johnson l’aveva consigliata di sviluppare un modello concettuale per il Nursing. I principali concetti comprendono quello di sistema, adattamento, stimoli, regolatore, affiliazione e modi di adattamento fisiologico, concetto di sé, assunzione di ruolo ed interdipendenza. L’io dell’uomo ed il suo ambiente sono fonti di stimoli focali, residui e concettuali che creano i bisogni di adattamento. Le quattro modalità di adattamento in relazione tra loro sono i bisogni fisiologici, il concetto di sé, l’esercizio del ruolo, l’interdipendenza. I meccanismi d’adattamento sono il regolatore ed il cognitivo. L’adattamento preserva l’integrità. La Roy ritiene che le persone scrutino continuamente l’ambiente alla ricerca di stimoli. 
L’infermiere deve aiutare la persona a adattarsi manipolando l’ambiente. 
1.2.3.3. Betty Neuman. 
Ha sviluppato il suo primo modello d’insegnamento e pratica per la consulenza nel campo della salute mentale alla fine degli anni ’60. Ha proposto il modello dei Sistemi nel 1970 per aiutare gli studenti diplomati a valutare i problemi infermieristici. I concetti principali del modello comprendono l’approccio totale alle persone, l’olismo, il sistema aperto, gli stimoli, le risorse di energia, le linee di resistenza, linee di difesa, grado di reazione, interventi, livelli di prevenzione e ricostituzione. La Neuman ritiene che l’infermiere dovrebbe intervenire in modo deciso e utilizzare un approccio totale nei confronti della persona per aiutare gli individui, le famiglie e i gruppi a raggiungere e mantenere la salute.
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1.2.4. I Campi Dell’Energia. 
1.2.4.1. Myra Estrin Levine. 
Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’60. Ha scritto su numerosi argomenti, ma non ha mai voluto sviluppare una sua teoria. 
I principali concetti trattati sono l’interesse, l’olismo, l’integrità e la conservazione. L’infermiere deve servirsi dei principi di conservazione: 
1°. dell’energia 
2°. integrità strutturale 
3°. integrità personale i 
4°. ntegrità sociale per mantenere in equilibrio l’olismo dell’individuo. 
La Levine ha inoltre identificato quattro livelli di risposta dell’organismo: timore, risposta infiammatoria, risposta allo stress e risposta sensoria e ha raccomandato la troficognosi, un approccio scientifico che serve a determinare la cura infermieristica, al posto della diagnosi infermieristica. 
1.2.4.2. Martha E. Rogers. 
E’ considerata uno dei pensatori più creativi in campo infermieristico. Ha prodotto molto sin dagli inizi degli anni ’60. La sua opera ha influenzato altri studiosi come la Fitzpatrick, la Newman e la Parse. Il processo di vita è definito dai concetti di totalità, apertura, unidirezionalità, modello e organizzazione, sentimento e pensiero. La Rogers si occupa inoltre di campi di energia, sistemi aperti a quattro dimensionalità. 
I principi sono: 
1°. La complementarietà, cioè il movimento reciproco e simultaneo di campi umani e ambientali; 
2°. La risonanza, modelli d’onda che variano dai modelli a bassa frequenza a quelli a più alta frequenza; 
3°. Ottenere le variazioni di campo, caratterizzate da una sempre maggiore diversità di modelli di campo. 
1.2.4.3. Joyce J. Fitzpatrick. 
Trae spunto dall’opera della Rogers per il suo modello di Prospettiva di Vita. Ha iniziato a pubblicare nel 1970. I concetti principali sono quelli di Nursing, persona, salute, ambiente, modelli temporali, modelli di moto, modelli di coscienza e modelli percettivi. Ha trattato di
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invecchiamento, problemi legati al suicidio, esperienza temporale e comportamento motorio. 
1.2.4.4. Margaret Newman. 
Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’60. Ha subito l’influsso della Johnson e della Rogers, ed ha tratto spunti da vari campi di studio. I concetti principali del suo modello di salute sono quelli di movimento, tempo, spazio e coscienza. Questi concetti sono tutti in relazione fra di loro. “ Il movimento è un riflesso della coscienza. Il tempo è una funzione del movimento. Il tempo è una misura della coscienza. Il movimento è un mezzo con cui lo spazio e il tempo diventano una realtà.” La salute viene vista come l’espansione della coscienza e può comprendere la patologia.
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CAPITOLO II 
ASPETTI LEGISLATIVI 
La tutela alla Salute è un diritto inalienabile, garantito della Carta Costituzionale all’Art. 32, la salute è un diritto fondamentale della persona. 
Dal momento che la salute è un valore fondamentale, investire nella sanità, significa investire nel benessere dei cittadini, per una qualità di vita migliore. Con questa motivazione il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), nel corso degli ultimi anni è stato oggetto di importanti riforme. Si sta assistendo ad una significativa evoluzione dei componenti organizzativi ed assistenziali, ciò si rende necessario ridefinire gli ambiti di cura e di assistenza, perseguendo processi basati sulla continuità, data dai percorsi assistenziali tendendo da un lato, a standardizzare e sistematizzare le principali prestazioni e dall’altro, ponendo le basi per la personalizzazione dell’assistenza. 
La legislazione che inquadra i vari aspetti della professione infermieristica è in continua evoluzione, soprattutto negli ultimi 15 anni, con le diverse riforme per la professione infermieristica, si è reso necessario ridefinire gli ambiti di cura e di assistenza. Investire nella professione infermieristica significa progettare le basi per una nuova autonomia e responsabilità professionale, che consenta di favorire un sistema professionale capace di sostenere le esigenze dei servizi della popolazione; con questo principio si è strutturato il passaggio dall’infermieristica “Tecnica” (Infermiere professionale), all’Infermieristica “Intellettuale” (Infermiere Professionista), si rende peculiare la modificazione del ruolo professionale, dato delle competenze, dell’abilità e della capacità dell’infermiere. 
1°. Il D.lgs 30 dicembre 1992 n.502 
L’evoluzione delle professioni infermieristiche vede il suo inizio con il D.lgs 30 dicembre 1992 n.502 che, nell’adeguare l’impianto del SSN nato dalla legge 833/78, trasferisce la formazione infermieristica dalla sede regionale a quella universitaria e statuisce che la conseguente ridefinizione del profilo professionale dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico dovrà aversi tramite specifico decreto del Ministero della sanità (ora ministero della salute). 
2°. Il Decreto 14/09/1994 n. 739 
Il Ministero della Sanità con Decreto 14/09/1994 n. 739 “Regolamento concernente all'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere”, delinea il profilo professionale dell’infermiere (che viene definito
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responsabile dell’assistenza generale infermieristica) e specifica che l'assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, è di natura tecnica, relazionale, educativa. 
3°. La Legge 26/02/1999 n. 42. 
“Disposizioni in materia di professioni sanitarie” che sancisce che la infermieristica è una professione sanitaria, abolisce e sancisce la fine del mansionario, definendo il proprio campo de attività e responsabilità della professione infermieristica, infatti, è definito dai contenuti del decreto ministeriale istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post- base nonché degli specifici codici deontologici. 
4°. Il D. M. 509 del 1999. 
Regolamento recante norme concernenti l’autonomia degli atenei, ridisegna il sistema della formazione universitaria c on le Lauree di primo e secondo livello, i Master, le Specializzazioni e i Dottorati di Ricerca. 
5° La Legge n. 251 del 2000. 
Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, istituisce la dirigenza infermieristica e le Lauree Specialistiche e, inoltre, prevede l’utilizzo della metodologia di pianificazione del lavoro per obiettivi nell’ambito operativo. 
6° Il D. M. 2 Aprile del 2001. 
Determinazione delle classi di Lauree Universitarie; il DU per infermiere diventa Laurea triennale, mentre viene istituita la Laurea Specialistica delle professione sanitarie. 
7° Il D. M. n. 270 del 2004. 
Attiva la Laurea Specialistica, grazie alla quale, nonostante le numerose criticità, gli infermieri possono accedere ad un percorso formativo adeguato alle esigenze della professione e della sua dirigenza. 
8° La Legge 1 febbraio 2006. 
Istituisce gli ordini e gli albi per tutte le professioni sanitarie e l’obbligatorietà dell’iscrizione. Stabilisce che per l’accesso alla funzione di coordinamento che è necessario il Master di Coordinamento. 
9° Il D.P.C.M. 25 gennaio 2008. 
Stabilisce l’accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni dell’area infermieristica, tecnica, riabilitazione, prevenzione ed ostetrica.
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CAPITOLO III. 
SISTEMI E GESTIONE DELLA QUALITA’ 
DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 
3.1. La Qualità, Passato e Presente. 
La Qualità e la sua valutazione nei servizi sanitari si è sviluppato in Italia in tempi relativamente recenti e, a parere degli esperti, solo ultimamente sta acquisendo la dovuta centralità. Nonostante la normativa nazionale e regionale in materia faccia riferimento alla necessità di attuare sistemi di valutazione e controllo della qualità delle prestazioni erogate, le iniziative di valutazione della qualità in sanità assumono, tuttavia, un carattere ancora molto sperimentale. La qualità dei servizi erogati al cittadino costituisce di fatto la mission dei sistemi sanitari nazionali ed è assunta come la funzione centrale del sistema di clinical goverance (governo clinico). 
Per esplicitare meglio e chiarire i contenuti che seguiranno relativamente all’impatto della qualità sulle organizzazioni dei servizi, è utile ripercorrere sinteticamente le principali tappe evolutive che il concetto di qualità ha assunto negli anni. Già ai tempi del sovrano babilonesi Haummurabi per il suo codice (XVII secolo a. C.), esistevano prassi che spiegavano in modo meticoloso la procedura per realizzare una costruzione priva di sorprese. Ai tempi di Roma e dei greci l’evoluzione dell’attività metrologica, la costruzione di nuovi strumenti di misura, l’affidabilità e la precisione crescente comportarono ben presto l’esigenza di definire unità di misura, i relativi campioni di riferimento, nonché metodi di fabbricazione di tali campioni, governati da procedure scritte. Nel Medioevo nacquero le corporazioni, artigiane delle arti e dei mestieri, che ebbero anche lo scopo di garantire la qualità del prodotto; L’artigiano doveva rispettare delle regole ben precise durante la produzione dei manufatti perché le ispezioni dei tecnici dell’art erano molto frequenti. Non bisogna dimenticare l’importante impulso tayloriano di fine Ottocento, quando iniziò la prima misurazione dei tempi di lavoro, che si sviluppò in seguito in una teoria basata sui seguenti principi fondamentali: elaborazione di una vera scienza dell’operaio, sua educazione e suo sviluppo professionale, cooperazione tra direzione e operai. 
Dall’inizio del secolo passato, in cui essenzialmente inizia la storia della qualità in ambito industriale, si identificano tre principali passaggi: 
1. Il controllo della qualità, 
2. La garanzia della qualità o quality assurance, 
3. La qualità totale o total quality management.
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Fino agli anni trenta la qualità era identificata con il concetto di ispezione e controllo del prodotto finale, e il suo scopo era di separare i prodotti non conformi da quelli conformi, quindi controllare e mettere a punto il processo produttivo tramite l’esame degli errori ripetitivi e la ricerca delle cause. Negli anni cinquanta si passa poi a concentrarsi sull’affidabilità, cioè sulla persistenza nel tempo delle prestazioni del prodotto e la qualità quindi si estende dalla produzione alla progettazione. Negli anni settanta l’approccio alla qualità si sposta verso il concetto della garanzia della stessa e viene introdotto il termine di quality assurance. Questa metodologia, che nasce negli Stati Uniti, impone di intervenire in modo sistematico sia sul processo produttivo che sul prodotto, per ottenere non solo una ragionevole probabilità del conseguimento degli obiettivi di qualità, ma anche l’evidenza documentata della qualità raggiunta. La garanzia della qualità comporta perciò l’integrazione di molteplici attività che, correlate, determinano la qualità del prodotto. In particolare, i principi che hanno ispirato la garanzia della qualità sono: 
 Definizione da parte della direzione della politica di garanzia della qualità; 
 Definizione della struttura organizzativa complessiva e della funzione aziendale incaricata dell’implementazione, della verifica e della revisione del piano di garanzia della qualità; 
 Informazione e formazione del personale; 
 Definizione di procedure scritte per lo svolgimento di attività rilevanti ai fini della qualità, cioè “chi fa che cosa”; 
 Esecuzione delle attività come descritto dalle procedure, cioè “come, dove e quando”, e la relativa documentazione; 
 Verifica e valutazione dell’efficacia del piano di garanzia della qualità ed eventuali azioni correttive. 
Rispetto all’epoca precedente si assiste a una maggiore responsabilità di tutta l’organizzazione, partendo dal Management, alla necessità di pianificazione e documentazione delle attività, la valutazione preventiva dei fornitori e all’oggettiva dimostrazione dell’evidenza della qualità raggiunta. Il limite di questo approccio è l’imposizione per legge, che ha dato origine a una seri di fenomeni: 
 Proliferazione di documenti e interventi per interpretazioni fiscali e burocratiche delle norme; 
 L’obiettivo primario da raggiungere (la garanzia della qualità) si trasforma nella sola necessità di dimostrare che la qualità richiesta è stata ottenuta; 
 Tutte queste metodologie possono rimanere patrimonio esclusivo dei responsabili della funzione qualità. 
In campo sanitario per quality si intende ogni attività sviluppata dal punto di vista strettamente professionale sanitario in funzione del raggiungimento di obiettivi concreti di
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miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, miglioramento esprimibile, secondo Donabedian (1989), “in termini di quantità di salute aggiunta ai pazienti serviti, a condizioni soddisfacenti per questi ultimi, accettabili per la società nel suo complesso e coerenti con le conoscenze maturate nel contesto delle discipline scientifiche di specifico riferimento”. 
La quality assurance consiste di due tipi fondamentali di attività che si succedono a livello operativo con sistematicità e senza interruzioni: 
QUALITY ASSESSMENT + QUALITY IMPROVEEMENT 
(VALUTAZIONE DELLA QUALITA’) (MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’) 
MISURA AZIONE 
Ogni intervento diretto a migliorare il livello di qualità di una prestazione o di un processo assistenziale non può, quindi, che procedere da una valutazione della situazione esistente volta a definire i problemi cui si deve tentare di porre rimedio. Una volta precisate le ipotesi di lavoro e gli oggetti di intervento, si deve procedere con l’azione diretta a operare le modificazioni ritenute necessarie. Il monitoraggio dei risultati effettivamente conseguiti e il loro confronto con quelli attesi (ovvero una successiva attività di valutazione) forniscono elementi utili per ulteriori interventi di ottimizzazione e di adeguamento. Per garantire tutto ciò è opportuno realizzare una serie di interventi armonicamente coordinati, secondo Donabedian (1989), nel cosiddetto “ciclo di monitoraggio della qualità”. 
Solo a partire degli anni ottanta, seguendo l’esempio coronato dal successo del Giappone, si è diffuso anche negli Stati Uniti e in Europa il concetto della qualità come fattore di competizione basato sul coinvolgimento dell’intera azienda e perciò come agente di cambiamento organizzativo. Il controllo totale della qualità o total quality management
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e un approccio sistematico alla qualità non derivato da prescrizioni legislative, e rappresenta una maniera di gestire la qualità in modo globale per assicurare la piena soddisfazione del cliente, come quella della direzione e dei dipendenti. Il movimento TOTAL QUALITY MANAGEMENT (TQM), si propongono in filosofia e stile di direzione per il miglioramento continuo della qualità (Continuous Quality Improvement – CQI ), è iniziato e si è sviluppato per l’impulso dato, principalmente, da Deming (1982), Croby (1986) e Juran (Juran, Gryna,1988). Nell’approccio alla qualità totale (TQM), la formazione è ambito privilegiato per la valorizzazione del potenziale umano, un luogo dove creare sinergie, lavoro di gruppo, solidarietà, attraverso interventi continuativi nel tempo, resi omogenei da un obiettivo unificante: perseguire il miglioramento dell’organizzazione. 
Deming, nel suo testo L’Impresa di Qualità, ha formulato quattordici imperativi in cui sono delineati i capisaldi del TQM: 
1. Crea fermezza di proposito per il miglioramento del prodotto e del servizio; 
2. Adotta la nuova filosofia; 
3. Cessa di dipendere dai controlli a tappeto; 
4. Smette di premiare il lavoro solamente rispetto a obiettivi di produttività; 
5. Migliora con costanza e per sempre il sistema di produzione e il servizio; 
6. Da vita a pratiche di addestramento e di ri-addestramento; 
7. Da vita alla leadership; 
8. Aiuta a vincere i timori; 
9. Abbatte le barriere tra aree operative diverse; 
10. Elimina gli slogan, le esortazioni egli obiettivi destinati a chi lavora: 
11. Elimina le quote numeriche (i totalizzatori di prestazioni); 
12. Rimuove le barriere che impediscono a chi lavora di sentirsi orgoglioso; 
13. Istituisce un energico programma di formazione e riaddestramento; 
14. Effettua interventi per realizzare la trasformazione. 
L’elemento nuovo che caratterizza la qualità totale è l’avere spostato il riferimento per la qualità nella soddisfazione del cliente: essa è perciò ora interpretata come quell’insieme di processi al cliente in cui si vengono a collocare tutte le attività aziendali, dal momento che qualunque attività è riconducibile a un processo dove sono collocati da un lato il fornitore e dall’altro un cliente, e che tale catena può essere creata sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Anche se il TQM/CQI (total quality management/controllo quality improvement), è uno stile digestione maturato in ambiente industriale, appare adatto a essere diffuso anche nel contesto delle aziende sanitarie per tre fondamentali ragioni: 
1. Il problema della qualità è cruciale nel campo degli interventi sanitari, dal momento che dalle caratteristiche qualitative di questi ultimi dipende quasi
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sempre la natura delle conseguenze che i destinatari del sistema sanitario possono registrare sul piano del recupero o della conservazione della loro salute; 
2. E’ sempre evidente, sul piano professionale ed etico, la necessità di assicurare a chi è il principale destinatario degli interventi sanitari un ruolo fondamentale e attivo nelle decisioni relative all’orientamento dei servizi, in funzione della soddisfazione dei desideri e delle aspettative relativi alle modalità dell’erogazione dei servizi stessi; 
3. E’ altresì sempre più evidente che è necessario richiedere a tutti coloro che sono coinvolti, in modo diretto o indiretto, nei processi assistenziali di sostenere un ruolo attivo nel miglioramento della qualità del loro lavoro. 
Da quanto esposto è comprensibile come gli approcci alla qualità si siano sviluppati nel mondo manifatturiero ponendo inizialmente al centro i problemi legati ai costi, alla rapidità di consegna, agli sprechi. Dalla metà degli anni ottanta anche il mondo dei servizi si è trovato ad affrontare gli stessi problemi, e le organizzazioni hanno così utilizzato tecniche già sperimentate nella produzione, ma opportunamente modificate. Ciò che è stato scoperto sia nel mondo della produzione che in quello dei servizi è che le vere aziende eccellenti si assomigliano ed è pertanto possibile identificare categorie comuni, raggruppate poi nell’ambito della gestione della qualità. E’ perciò emersa l’esigenza di un approccio alla qualità dei servizi alla salute partendo dall’interno del sistema sanitario, per meglio cogliere le specificità di questa categoria, senza trascurare la possibilità di utilizzare i modelli concettuali e la strumentazione metodologica efficacemente sperimentata in altri contesti. 
3.2. Definizione del Concetto di Qualità in Sanità. 
In letteratura si trovano diverse definizioni della qualità; tuttavia, una definizione di carattere generale e quindi universalmente accettabile non è disponibile. Le difficoltà nascono soprattutto dal fatto che la qualità non è una proprietà assoluta, intrinseca ai servizi sanitari indipendente dalle nostre percezioni. Al contrario, essa è un fenomeno dinamico e multidimensionale che dipende da molti fattori, più o meno correlati, ad esempio, il tipo di prestazione ricevuta, la modalità con cui viene erogata, i costi, i risultati da raggiungere; ma la qualità dipende anche dalle aspirazioni e dalle preferenze individuali delle persone che sono chiamate a esprimere il giudizio. La Qualità può essere intesa, quindi, come il risultato di una combinazione di tanti attributi, in parte oggettivi e in parte soggettivi, non sempre tutti facilmente documentabili, ciascuno dei quali partecipa, in varia misura, a qualificare le prestazioni sanitarie. 
Alla luce delle considerazioni finora condotte, si possono dare differenti definizioni di qualità, ciascuna delle quali è appropriata in relazione al contesto in cui viene adottata; pertanto una definizione di qualità può contenere diverse varianti. 
3.2.1. Definizione della Qualità stabilita dall’O.M.S.
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“Un programma qualità di un sistema sanitario ha lo scopo di garantire che ciascun paziente riceva l’insieme degli interventi diagnostici, terapeutici ed educativi più indicati, al costo minore possibile per lo stesso risultato, con il rischio minore possibile di complicazioni iatrogene e con la sua soddisfazione rispetto agli interventi ricevuti, i contatti umani con il personale ed agli esiti” 
3.2.2. Definizione dei Qualità secondo le Linee Guida Internazionali ISO 9000 /2005. 
Nell’accezione più ampia e completa del termine, per qualità si intende “l’insieme delle caratteristiche e degli attributi di un’entità materiale o immateriale (prodotto o servizio) che conferiscono la capacità di soddisfare le esigenze (espresse o implicite) associate ai processi di produzione/fornitura e utilizzo/fruizione dell’entità medesima ” 
a. Le Esigenze Implicite, sono tutte le condizioni legate alla corretta esecuzione di attività professionali sanitarie i cui gli esiti si riflettono direttamente sulla salute del paziente. Le esigenze implicite rimandano al concetto di “qualità tecnica”. 
b. Le esigenze Esplicite, e percepite sono invece rappresentate da tutte quelle condizioni organizzative e relazionali del modo di erogare le prestazioni che l’utente ritiene di poter pretendere dalla struttura sanitaria. Le esigenze esplicite richiamano il concetto di “qualità percepita”. 
3.2.3. Definizione di Qualità secondo R. Palmer (1988). 
Propone che “La qualità dell’assistenza consiste nella sua capacità di migliorare lo stato di salute e soddisfazione di una popolazione, nei limiti concessi dalle tecnologie, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche dell’utenza” 
3.2.4. Definizione di Qualità per C.C. Wright e D. Whittington. 
Affermano che “Dovreste comprendere che la qualità è un concetto complesso. Dato uno specifico bisogno di assistenza è possibile elencare i caratteri che descrivono la qualità ed elencare le attività che sono importanti per la qualità dell’assistenza” 
3.2.5. Definizione di Qualità secondo A. Donabedian. 
La qualità è “Il rapporto fra i miglioramento nelle condizioni di salute ed il massimo miglioramento raggiungibile, sulla base delle conoscenze, delle risorse disponibili e delle caratteristiche del paziente ”. 
3.2.6. Definizione del Concetto di Qualità dell’Assistenza Infermieristica per Malinverno (2005).
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Definisce la qualità come “L’insieme delle caratteristi che conferiscono alla prestazione infermieristica la capacità di soddisfare in modo appropriato il bisogno di assistenza infermieristica della persona assistita, nei limiti concessi dalla competenza professionale dell’infermiere, dalle tecnologie e dalle risorse disponibili”. 
Questo concetto di qualità, che implica dinamicità, si associa a un agire supportato del processo dell’EBM-EBN (Evidence-Base medicine/Evidence-Based Nursing); infatti, lo sviluppo scientifico, culturale e sociale dell’assistenza infermieristica è strettamente consequenziale alla piena valorizzazione di una competenza tecnica dell’infermiere nell’ambito dell’assistenza sanitaria, in grado di produrre, a favore delle persone assistite, propri risultati di salute sostenuti da prove cliniche di efficacia. Si tratta cioè di fondare la valutazione , la decisione e l’azione infermieristica sulle conoscenze prodotto dalla ricerca e su adeguati indicatori e standard di buona qualità elaborati con riferimento a un preciso approccio metodologico: il miglioramento della qualità. 
3.3. Le Dimensioni della Qualità 
Nel tentativo di oggettivare e misurare la qualità della assistenza infermieristica, alcuni autori hanno introdotto il concetto di Dimensione della Qualità. 
 Efficacia Attesa. Capacità potenziale di un certo intervento di modificare in modo favorevole le condizioni di salute delle persone a cui è rivolto, quando viene applicato in condizioni ottimali. 
Fare solo ciò che è utile. 
 Efficacia Pratica. Risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento. 
Nel modo migliore. 
 Competenza Tecnica. Livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle tecnologie disponibili. 
Da parte di chi eroga le cure. 
 Accettabilità. Grado di apprezzamento del servizio da parte dell’utente. 
Per chi riceve le cure. 
 Efficienza. Capacità di raggiungere i risultati attesi con il minor consto possibile. Con il minor costo. 
 Adeguatezza – Accessibilità. Capacità di assicurare le cure appropriate a tutti coloro che ne hanno veramente bisogno. 
A coloro che ne hanno bisogno.
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 Appropriatezza. Grado di utilità della prestazione rispetto al problema clinico e allo stato delle conoscenze. 
Soltanto a chi ne ha bisogno. 
La chiave del miglioramento della qualità dei servizi sanitari è rappresentata dalle interdipendenze fra queste tre dimensioni: 
 L’utente, che trova negli aspetti soggettivi che contraddistinguono la qualità percepita gli elementi di valutazione della prestazione; 
 Il professionale, che trova gli elementi con cui generare confronti e valutazioni nell’ambito delle conoscenze consolidate dalle discipline scientifiche; 
 Il management, che trova nella dimensione economica e di mercato, i parametri con cui valutare la qualità delle prestazioni erogate, come componente della performance aziendale. 
La complessità del sistema qualità è dovuta alla sua pervasività nello spazio organizzativo, alla prospettiva temporale necessaria per cogliere la sua evoluzione nel tempo, alla molteplicità dei soggetti che assumono prospettive diverse di valutazione, alla sua multidimensionalità, alla valenza istituzionale e organizzativa. 
3.4. Metodologia e Strumenti per il Miglioramento della Qualità. 
La Qualità e la sua valutazione nei servizi sanitari si è sviluppato in Italia in tempi relativamente recenti e solo ultimamente sta acquisendo la dovuta centralità, diventando la mission dei sistemi sanitari nazionali. 
I metodi e gli strumenti di qualità si propongono di migliorare l’appropriatezza, l’efficacia e l’efficienza della prestazione clinico–assistenziale; e non solo, sono indirizzati a diminuire la variabilità dei comportamenti. 
3.4.1. Linee Guida ed Evidence Based Medicine. 
Le Linee Guida e l’Evidence based Medicine (EMB), sono istrumenti ideati per valutare la good practice ed il comportamento professionale nella pratica clinica. Le Linee Guida e l’EBM hanno i loro presupposti teorici nella epidemiologia clinica, la quale si propone di riordinare i risultati della ricerca clinica e di definire gli effetti delle scelte cliniche sulla salute. 
Le linee guida sono costituite da un insieme di indicatori riferiti a specifici problemi clinici, elaborati da un gruppo di pari, dopo attenta revisione della
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letteratura esistente, allo scopo di aiutare la decisione medica e di ridurre l’alta variabilità dei comportamenti. 
Il processo di sviluppo delle Linee Guida deve essere sistematico, trasparente e deve includere tutti i possibili attori del sistema. Il livello di efficacia dimostrata per le raccomandazioni deve essere chiaramente stabilito, come devono essere chiaramente definite le popolazioni e le circostanze cliniche in cui le linee guida devono essere usate. 
Le Linee Guida devono essere utili, accessibili, facili da usare e comprensibili sia per i professionisti sia per il pubblico, devono prendere in considerazione il rapporto costi-efficacia degli interventi proposti, essere aggiornate a intervalli regolari e soprattutto quando emergono nuove conoscenze di dimostrata efficacia o nuove tecnologie, e devono essere disseminate in maniera pianificata. In quanto, a gli effetti delle Linee Guida devono essere monitorati e i risultati considerati nel loro sviluppo e disseminazione. 
I critici delle Linee guida sostengono l’inapplicabilità delle stesse nella pratica clinica, in quanto il malato è unico e di conseguenza il comportamento medico non può che essere altamente variabili. I sostenitori delle Linee guida fanno riferimento al fatto che la buona pratica clinica è fondata sulla consapevolezza dell’incertezza decisionale, sulle conoscenze di fisiopatologia, sull’istinto clinico, sulle conoscenze mediche personali, sulla pratica clinica individuale, e sull’approccio critico della letteratura medica. 
Con il Decreto Ministeriale del 30 giugno 2004, è stato istituito il Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) a cui partecipano le istituzioni centrale, le regioni e le società scientifiche. Il SNLG definisce la priorità condivise privilegiando le tematiche associate in primo luogo a variabilità nella pratica clinica, liste d’attesa significative, appropriatezza diagnostico-teraperutica, obiettivi individuati dal Piano sanitario nazionale. 
3.4.2. L’Accreditamento Professionale. 
L’accreditamento professionale va definito come un meccanismo di valutazione esterna tra i pari (accreditamento all’eccellenza), per accertare il grado di corrispondenza a gli indicatori di qualità, come meccanismo di valutazione che miglio possa rispondere alle esigenze di miglioramento continuo della prestazione sanitaria, mediante un’organizzazione ad alta intensità di professionalità, dove il capitale umano è l’elemento decisivo per la qualità del prodotto; di conseguenza, un’azienda deve mantenere quanto più possibile alto il livello di competitività del proprio prodotto (prestazione sanitaria).
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L’accreditamento può essere ugualmente come “un’attività di valutazione periodica e sistematica, su base volontaria, dell’effettiva corrispondenza delle prestazioni erogate ai criteri e gli standard, de buona qualità, predefiniti; uno strumento che garantisce la qualità delle prestazioni clinico -assistenziali in termini di continuo miglioramento e di adeguatezza ai bisogni di salute” (Malinverno, 2002). 
Gli elementi che contraddistinguono l’accreditamento professionale sono: 
1°. La richiesta è effettuata dai professionisti su base volontaria; 
2°. Il processo è di tipo partecipativo e coinvolge tutti i professionisti; 
3°. La valutazione è continua (si tratta di un processo di autovalutazione professionale); 
4°. I criteri e gli standard di accreditamento vengono predefiniti dagli operatori coinvolti nel processo; 
5°. I risultati vengono diffusi a tutti gli interessati ai quali viene richiesto il consenso o il dissenso motivato. 
La progettazione di un processo di accreditamento professionale così intenso presuppone necessariamente per l’infermiere una chiara identità professionale e l’adozione di un preciso modello concettuale dell’assistenza infermieristica che oriente tutte le fasi del processo; con l’obiettivo di migliorare la prestazione infermieristica e la competenza professionale. L’infermiere è, quindi, accreditabile all’eccellenza nella misura in cui dimostra: 
1°. Di adottare sistematicamente metodi e strumenti operativi di provata efficacia; 
2°. Di operare sulla base del principio di parsimonia, con appropriatezza degli interventi decisi e concentrando l’attenzione sia sul processo di assistenza infermieristica sia sui risultati delle azioni intraprese; 
3°. Di essere adeguatamente formato sul piano della competenza richiesta. 
L’infermiere in tal senso diventa soggetto e oggetto, produttore e fruitore del percorso di accreditamento, in quanto il miglioramento dei comportamenti, espressione delle prestazioni infermieristiche erogate, non solo è un diritto del cittadino ma un dovere dell’infermiere. 
Il processo di miglioramento continuo della qualità dei servizi erogati nell’ambito dei Servizi Sanitari è ormai da qualche tempo avviato e dimostra la crescita di una cultura che deve tenere conto delle strutture, delle risorse umane e dei sistemi economi delle Organizzazioni Sanitarie, nasce così il programma nazionale
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per le attività formative, il sistema d’Educazione Continua in Medicina (ECM), attivo in Italia dal 2002. 
L’ECM (educazione continua in medicina) è un sistema di aggiornamento grazie al quale il professionista sanitario si aggiorna per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio Sanitario e del proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina (ECM) comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili a una pratica competente ed esperta, per poter acquisire queste conoscenze è necessario l'aggiornamento continuo. 
Il Programma Nazionale di E.C.M, riguarda tutto il personale sanitario, medico e non medico, dipendente o libero professionista, operante nella Sanità, sia privata che pubblica. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema in grado di verificare e di promuovere su scala nazionale la qualità della formazione continua, anche attraverso l’opera di osservatori indipendenti e con criteri e modalità condivisi. Gli operatori della salute hanno l'obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire una assistenza qualitativamente utile. 
L'accreditamento consiste nella assegnazione all'evento di un certo numero di Crediti formativi E.C.M., che sono formalmente riconosciuti ai partecipanti all'evento. E' compito degli organizzatori segnalare ai partecipanti il valore dei Crediti formativi E.C.M. assegnati dalla Commissione Nazionale e rilasciare agli stessi un attestato apposito; attraverso i diversi provider gli Ordine, i Collegi e l’Associazione professionali secondo le istruzioni che indicherà la Commissione nazionale per la formazione continua, potranno verificare i crediti acquisiti di ogni professionista. I Crediti formativi E.C.M. sono espressi in numeri interi; ogni attività formativa programmata, ossia ogni evento formativo, si vedrà assegnato un numero di Crediti formativi E.C.M. Il programma nazionale prevede che l'E.C.M. deva essere controllata, verificata e misurabile; inoltre, deve essere incoraggiata, promossa ed organizzata. 
Sono esonerati dall'obbligo dell'E.C.M. il personale sanitario che frequenta, in Italia o all'estero, corsi di formazione post-base propri della teoria di appartenenza (corso di specializzazione, dottorato di ricerca, master, corso di perfezionamento scientifico e laurea specialistica, previsti e disciplinati dal Decreto del MURST del 3 novembre 1999, n. 509, pubblicato nella G.U. n. 2 del 4 gennaio 2000. 
La partecipazione ai programmi d’E.M.C. è un dovere degli operatori della Sanità, richiamato anche dal Codice Deontologico, ma è anche un diritto dei cittadini, che giustamente richiedono operatori attenti, aggiornati e sensibili. Ciò è oggi particolarmente importante ove si pensi che il cittadino è sempre più informato
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sulle possibilità della medicina di rispondere, oltre che a domande di cura, a domande più complessive di salute. 
3.4.3. L’Accreditamento Istituzionale. 
L’accreditamento si configura come una particolare forma di controllo della qualità in campo sanitario, il principio che lo regola è che un risultato assistenziale di buona qualità può essere conseguito con maggiori possibilità se vengono predefiniti i criteri di validità riconosciuti e condivisi. 
L’accreditamento è un processo di valutazione sistematico e periodico, nel quale una organizzazione esterna alle strutture sanitarie, usualmente no governativa, valuta un’organizzazione sanitaria per determinare se corrisponda ad un insieme di standard finalizzati a mantenere e migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. Solitamente è volontario; gli standard di accreditamento sono normalmente considerati ottimali e raggiungibili (JCI 1999). 
L’accreditamento è dato da parte della Regione a un soggetto, già autorizzato all’erogazione di prestazioni sanitarie, per permettergli di svolgere la propria attività per conto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), è una condizione necessaria per tutti coloro che, siano soggetti pubblici o privati, vogliano erogare le prestazione del servizio sanitario pubblico. 
L’accreditamento è un percorso obbligatorio per le strutture pubbliche (ASL, Aziende Ospedaliere), è invece facoltativo e volontaria per i soggetti privati che però, se privi di accreditamento, non possono erogare le prestazioni in convenzione con il SSN. 
Il concetto di accreditamento è stato introdotto per la prima volta in Italia con il D. Lgs. N. 502/92. Fino al 1996 l’accreditamento è stato automaticamente riconosciuto per le strutture pubbliche o private con un precedente rapporto di convenzione con il SSN. I DPR. Dal 14.01.1997, definisce i requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi, le strutture di nuova realizzazione devono da subito attenersi ai requisiti specificati, incluse quelle che attuano ampliamenti o modifiche. Sono interessate tutte le strutture sanitarie che erogano prestazioni sanitarie sia in regime ambulatoriale, da ricovero, assistenza specialistica, prestazioni riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio e residenziale. Gli Enti di Certificazione per l’accreditamento sono: 
3.4.3.1. Il Sistema Organizzativo e Gestionale ISO 9001:2008.. 
Il sistema Organizzativo e Gestionale è dato delle ISO 9001:2008 (International Standards For Organizations), ed è l’accreditamento sanitario secondo modelli organizzativi derivanti dal mondo industriale, sempre più
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applicati in Sanità, sono norme di applicazione generale che possono essere adattate a tutti i settori produttivi di beni e servizi e sono utilizzate quando esiste la necessità di dimostrare la propria capacità di progettazione e fornitura di un prodotto conforme. I requisiti di tali norme sono costruiti per fornire una garanzia al cliente non attraverso un controllo sul risultato ma, piuttosto, sul rispetto di procedure predefinite, così da poter ridurre drasticamente i rischi di non conformità. I sistemi qualità ispirati alla norma ISO sono molto diffusi nelle aziende di produzione dei bene. Le norme ISO hanno il pregio di consentire una definizione precisa dei ruoli e delle relative modalità di comunicazione ed integrazione, riducendo i costi della “non qualità” e migliorando il servizio reso. 
3.4.3.2. L’Accreditamento D’Eccellenza. 
Nel rispetto degli indirizzi dei Piani Sanitari Nazionali e delle scelte Regionali, si sono sviluppati, in modo eterogeneo in Italia, modelli di accreditamento secondo standard del mondo anglosassone, come l’Accreditamento della Joint Commission of Accreditation of Hospital (JCAH), e del Canadian Council of Health Services Accreditation (CCHSA). 
La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizazion (JCAHO) nasce come modello negli Stati Uniti nel 1917, si impone definitivamente nel 1951 come un’organizzazione non governativa e non profit dedita al miglioramento della qualità e della sicurezza nei servizi sanitari. Si presenta tra gli enti accreditanti più grandi e prestigiosi al mondo, oggi negli Stati Uniti accredita più di 10.000 organizzazioni sanitarie. Avvalendosi di esperti in tutte le aree specialistiche e di una straordinaria esperienza, la Joint Commission fornisce elementi oggettivi per valutare le organizzazioni sanitarie sulla base di criteri espliciti e condivisi. 
La Canadian Council of Health Services Accreditation (CCHSA), nacque successivamente alla Joint Commision, come un’organizzazione no profit per l’accreditamento delle strutture sanitarie nazionali e internazionali, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi, basati sugli standard di eccellenza. I programmi e le linee guida di accreditamento hanno contribuito a promuovere l’organizzazione. Il CCHSA, considera l’accreditamento come un processo continuo, quindi, le strutture accreditate aderiscono al programma per mantenere e migliorare la qualità generale a lungo termine. Sullo stesso modello si sviluppò all'inizio degli anni '70, un'agenzia simile anche in Australia (Australian Council on Healthcare Standards, ACHS). 
3.5. Normativa di Riferimento per la Qualità in Sanità.
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A livello europeo e nazionale numerosi sono i documenti normativi sulla la qualità; si tratta di norme sempre più rispondenti alle esigenze del cittadino, al passo con il progresso scientifico e conforme ai profondi cambiamenti riguardanti l’assetto istituzionale e organizzativo sanitario. 
La Qualità in Sanità inizia nel 1992 con il D.L. 502 e nel l993 con il D. L. 517. Nasce così il complesso fenomeno dell’innovazione resasi necessaria per configurare un disegno generale di riforma per migliorare il Servizio Sanitario. I successivi D. P. R. 14 gennaio 1997 n° 801 (che introduce il concetto di accreditamento delle strutture sanitarie e ed i sistemi di valutazione e miglioramento delle attività) e D. L. 229/99 (che ribadisce la necessità di garantire la qualità dell’assistenza e propone il metodo di verifica e revisione, prevedendo accordi tra Regione ed Aziende Sanitarie) definiscono meglio i campi d’azione. 
3.5.1. La Carta di Lubiana. 
L’approvazione della Carta di Lubiana, sulla riforma dei sistemi sanitari da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a Lubiana, Slovenia, il 19 di giugno 1996. Con la presente Carta l’Unione Europea si propone di definire e coordinare un insieme di principi che emergono dagli attuali diversi sistemi sanitari e che comunque permettono di migliorate l’assistenza sanitaria in tutti gli Stati membri dell’OMS nella regione europea. Tali principi si fondano sull’esperienza e sulla strategia europea della “Salute per Tutti”. 
In questo documento si fa riferimento alle riforme sanitarie nello specifico contesto europeo ed è centrato sul principio secondo il quale “l’assistenza sanitaria deve innanzitutto e soprattutto portare ad un miglioramento dello stato di salute e della vita delle persone”. 
3.5.2. La Carta di Portonovo. 
La Società Italiana per la Qualità dell’assistenza sanitaria (verifica e revisione della qualità, SIQUAS-VRQ), società scientifica multidisciplinare e interprofessionale fondata nel 1984, propone, la Carta di Portonovo. In questo documento sono riportati i principi a cui dovrebbero ispirarsi le organizzazioni e in singoli professionisti che intendono offrire servizi di buona qualità e promuovere il miglioramento verso l’eccellenza. 
I principi della qualità sono: 
1°. Centralità della persona. Progettare e realizzare le attività ei servizi sulla base dei bisogni del singolo e della comunità.
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2°. Etica ed equità. Rispettare i principi universali e la tutela della dignità della persona. Garantire che i cittadini abbiano pari opportunità di accesso a servizi di uguale qualità. 
3°. Condivisione, coerenza e uniformità. Sviluppare le attività in un sistema integrato e coerente basato su criteri e standard espliciti e riconosciuti. 
4°. Valutazione. Valutare sistematicamente i risultati delle attività attraverso l’utilizzo di indicato ridi processo e di esito. 
5°. Leadership, apertura, trasparenza e collaborazione. Progettare, organizzare, confortare e scambiare informazioni ed esperienze in un clima di collaborazione e di supporto reciproco. 
6°. Efficacia e appropriatezza. Realizzare interventi basati su prove di efficacia e secondo criteri di appropriatezza. Riferire ogni azione clinica e organizzativa ai dati e al metodo scientifico. 
7°. Sicurezza. Promuovere la cultura della sicurezza, prevenire gli eventi e realizzare un ambiente sicuro. Individuare i rischi e le possibili cause di errore. 
8°. Efficienza. Utilizzare con responsabilità le risorse disponibili. 
9°. Integrazione e continuità assistenziale. Promuovere la collaborazione tra discipline, professione, organizzazioni e istituzioni secondo modalità esplicite e condivise. 
10°. Informazione, comunicazione e partecipazione. Garantire l’informazione e la comunicazione con il paziente, i cittadini e i professionisti. Favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte e diffondere la cultura scientifica sull’efficacia degli interventi. 
11°. Innovazione e creatività. Stimolare la ricerca di soluzioni innovative e sostenere il cambiamento. 
12°. Competenze e formazione. Considerare la formazione continua come parte integrante della professione e dell’organizzazione. Adeguare competenze, conoscenze e abilità agli obiettivi delle professioni e delle organizzazioni.
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CAPITOLO IV 
PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA 
La Professione Infermieristica influenzata sia per lo sviluppo scientifico, culturale e sociale e sia per la piena valorizzazione delle competenze dell’infermiere nell’ambito della assistenza sanitaria, è in grado di produrre i propri risultati, sostenuti da prove cliniche di efficacia (Evidence Based Nursing). Con un nuovo contesto giuridico e professionale che regolamenta il ruolo e le funzioni dell’infermiere; di conseguenza, il consolidamento della sfera di autonomia e di responsabilità professionale nell’assistenza, impone all’infermiere il possesso di un articolato bagaglio metodologico, tecnico e relazionale da utilizzare in ambito clinico ed organizzativo. 
E’ importante orientare la pratica professionale verso appropriatezza, l’efficacia e l’efficienza delle prestazioni; di organizzare l’assistenza infermieristica secondo modelli gestionali e per processi. 
4.1. Definizione dei Profili di Responsabilità,Autonomia e Competenze della Professione Infermieristica. 
L’evoluzione del quadro normativo infermieristico, negli ultimi anni ha raggiunto obiettivi importanti, delineano importanti cambiamenti per l’infermiere, che impongono una reinterpretazione del concetto di responsabilità professionale, come conseguenza di un lungo percorso di emancipazione professionale. 
In un quadro generale notevolmente modificato basta pensare all’aziendalizzazione delle strutture sanitarie, alla regionalizzazione del servizio sanitario nazionale, all’accreditamento istituzionale, alle disposizioni in tema di qualità dei servizi. Tali cambiamenti densi di novità, hanno comportato un processo di crescita culturale professionale di straordinario rilievo, caratterizzato dall’abolizione del mansionario, dalla definizione del profilo, dal riordino dell’esercizio professionale con l’istituzione della dirigenza infermieristica, dal passaggio della formazione a livello universitario, con l’introduzione della laurea di primo livello e della laurea specialistica, dalla riclassificazione dei professionisti sanitari. 
Il Decreto 14/09/1994 n. 739 definisce il Profilo Professionale dell’Infermiere, “Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere”, delinea il profilo professionale dell’infermiere ( che viene definito responsabile dell’assistenza generale infermieristica) e specifica che l'assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, è di natura tecnica,
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relazionale, educativa. Introduce in modo importante il concetto di responsabilità, l’autonomia professionale e la specificità disciplinare dell’assistenza infermieristica. “L’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”, anche se utilizza ancora il termine di “operatore sanitario” e non di “professionista sanitario”. 
La Legge 26/02/1999 n. 42. “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” sancisce che la infermieristica è una professione sanitaria, abolisce e sancisce la fine del mansionario, definendo il proprio campo de attività e responsabilità della professione infermieristica, infatti, è definito dai contenuti del decreto ministeriale istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici. 
L’Autonomia professionale e la specificità disciplinare dell’assistenza infermieristica sono i presupposti dell’attività infermieristica dal punto di vista giuridico e disciplinare e ne definiscono l’assunzione della responsabilità professionale. Con l’importante passaggio da “Professione Sanitaria Ausiliaria” a “Professione Sanitaria” a tutti gli effetti. 
L’ultimo passaggio a completamento di questo percorso e rappresentato dalla Legge 251/2000; da rilevata importanza, primo perché in linea con la L. 42(99, ribadisce il concetto che gli operatori devono agire con “Autonomia Professionale”, e secondo passaggio fondamentale per cui questa norma viene ricordata come la “Legge della Dirigenza”. 
La Professione Infermieristica, oggi è riconosciuta a pieno titolo tra le professioni intellettuali, è stato sancito normativamente il precorso della professione infermieristica che passa da un concetto di responsabilità sugli atti ad una responsabilità sui risultati, peculiare dell’agire professionale, e per la quale è necessaria l’iscrizione all’albo professionale ed è richiesta una formazione di tipo universitario (Libro V, titolo III, Capo II, Art. 2229 del Codice Civile). 
Le Professioni intellettuali definite così per che lo svolgimento delle loro attività sono di natura prevalentemente intellettuale, il loro esercizio richiede il possesso di particolari ed idonei requisiti di formazione culturale, scientifica e tecnica ed è caratterizzato da autonomia decisionale nella determinazione delle modalità di perseguimento dei risultati, nonché dall’assunzione di responsabilità dirette e personali in relazione alle prestazioni svolte; quindi, la Professionalità è la capacità di esercitare una personale funzione complessa disponendo di conoscenze generali e specifiche, con competenza (conoscenza, esperienza, e creatività), responsabilità (attribuita dalla funzione); ed Autonomia; rimanendo costantemente orientati all’’aggiornamento e alla ricerca.
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Con la nuova normativa quattro sono i pilastri della Professione Infermieristica, che determinano il campo di Responsabilità; Autonomia e Competenza, 
1°. Il Codice Deontologico. 
2°. Il Profilo Professionale. 
3°. L’Ordinamento Didattico. 
4°. La formazione Post – Base.base 
La Responsabilità come concetto generale, si riferisce all’effetto determinato dall’agire di un soggetto da cui deriva l’obbligo di rispondere del proprio operato se eseguito in modo non corretto. Il termine di responsabilità ha insita in sé una doppia valenza: quella che rende evidente l’intellettualità della professione così come delineata dalla legge 42/99, che richiama alla consapevolezza degli obblighi connessi all’esercizio professionale e all’implicito ed esplicito impegno ad operare nell’interesse del soggetto a cui la professione si rivolge,tenuto conto delle norme etiche e deontologiche. Operare nell’interesse del soggetto assistito significa avere consapevolezza delle possibili conseguenze a cui l’esercizio professionale espone; farsi carico della propria responsabilità ed operare in modo da poter sistematicamente e proattivamente dare risposta, a chi ne dovesse chiedere conto,sulle decisioni assunte e sulle modalità prestazionali adottate. 
L’infermiere, come tutti gli altri professionisti, è soggetto a diverse tipologie di responsabilità: 
1°. Responsabilità Penale, 
2°. Responsabilità Civile, 
3°. Responsabilità Amministrativa, 
4°. Responsabilità Ordinistica. 
Le diverse responsabilità si differenziano, in relazione alla sanzione prevista, nonchè al giudice che la applica. 
1°. La Responsabilità Penale. 
La Responsabilità Penale è personale e non è trasferibile a terzi e deriva da un comportamento attivo o omissivo previsto come reato dal codice penale. Quando l’infermiere realizza una condotta caratterizzata da un inescusabile errore professionale colpevole (derivante da negligenza, imprudenza o imperizia o dal non aver osservato le regole proprie della disciplina infermieristica) da cui è derivato un danno per il paziente, realizza un reato e conseguentemente può essere assoggettato a procedimento penale. Nel momento in cui è dimostrata la sussistenza del reato, in quanto tale, sanzionato dal codice penale con pene detentive (arresto e reclusione) e pecuniarie (ammenda e multa).
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La pena si identifica quale sanzione erogata tramite un processo, è proporzionata al fatto commesso ed è prevista dalla legge ( legale). Il reato si individua quando il realizzarsi di un evento dannoso o pericoloso sia stato causato da un comportamento commissivo od omissivo. 
I reati si distinguono, a seconda dell’elemento psicologico presente, in reato doloso o secondo l’intenzione, in reato colposo o contro l’intenzione ed in reato preterintenzionale o oltre l’intenzione. 
Nel reato colposo ( più importante nella responsabilità professionale) le fattispecie previste sono quelle dovute a comportamenti fondati su: 
a. Negligenza, danno causato da trascuratezza, superficialità, mancanza di attenzione e di diligenza, condotta omissiva (non fare quello che si deve fare); 
b. Imprudenza, danno dovuto a comportamento avventato, condotta commissiva (fare quello che non devi fare); 
c. Imperizia, danno provocato da insufficiente capacità o preparazione, (fare quello che non si sa fare). 
Tra i reati imputabili all’infermiere ci sono: 
a. L’Esercizio abusivo della professione; 
b. Detenzione e somministrazione di farmaci guasti; 
c. Rilevazione di segreto professionale; 
d. Omissione di soccorso; 
e. Omissione di referto. 
2°. La Responsabilità Civile. 
La responsabilità civile presuppone un danno patrimoniale da riparare con il risarcimento. È una responsabilità patrimoniale e consiste nell’obbligo di risarcire il danno conseguente ad un comportamento illecito o perché il danno è ingiustamente derivante dalla realizzazione di un reato (lesione o morte del paziente) o perché l’attività posta in essere dall’infermiere non risponde ai requisiti minimi di diligenza previsti dalle regole fondanti la professione infermieristica. 
3°. La Responsabilità Amministrativa. 
E’ conseguente ai casi di condanne degli infermieri pubblici dipendenti per“colpa grave” ed è di competenza della Corte dei Conti. L’infermiere pubblico dipendente (o comunque operante per conto di una struttura sanitaria pubblica/convenzionata) è soggetto al regime di responsabilità dei dipendenti civili dello Stato (Dpr 761/79;
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Dpr 3/57; Rd 1214/34; Rd 2440/23). Il regime di responsabilità dei dipendenti civili dello Stato comporta che qualora l’Azienda sanitaria sia condannata a risarcire ad un paziente (direttamente o per il tramite dell’assicurazione) un danno derivante da dolo o “colpa grave”, ha l’obbligo di richiedere al dipendente (nel nostro caso all’infermiere) la restituzione della somma di denaro versata a titolo di risarcimento al paziente (la cosiddetta azione di “rivalsa”). La violazione dell’obbligo dell’Azienda alla rivalsa integra un danno erariale da parte dell’Ente la cui competenza è del giudice contabile: la Corte dei Conti. 
4°. La Responsabilità Ordinistica La normativa in materia ordinistica descrive le principali norme di legge e regolamentari che riguardano l'attività dell'Ordine; oltre alle sanzioni applicate dal giudice, altre sanzioni possono essere irrogate all’Infermiere e sono quelle derivanti dal proprio Collegio professionale per violazioni inerenti ad inadempienze di tipo deontologico, riguardanti il mantenimento del decoro della professione. 
L’infermiere dipendente della Pubblica Amministrazione può essere sottoposto ad un duplice potere disciplinare; dall’ente da cui dipende e dall’Ordine professionale a cui è iscritto. 
La Competenza come concetto generale è il risultato della conoscenza, elaborazione, comprensione e giudizio; insieme alle abilità psicomotorie, interpersonali, cognitive, e tecniche; e non solo, ma anche agli attributi ed attitudini personali, è il valore aggiunto del professionista, che viene messa in atto in un determinato contesto per raggiungere un determinato scopo, e non solo riferito a quello che è di pertinenza, ma anche quello di cui si è competenti; ossia, è la capacità che deriva dall’aggiornamento delle conoscenze, attraverso la formazione permanente, e la riflessione critica sull’esperienza. 
La competenza può essere definita come l’essere in grado di rispondere delle proprie azioni e comporta che vengano fornite ragioni e spiegazioni soddisfacenti per le proprie azioni o per come è stato eseguito il proprio dovere. 
Il concetto di competenza può identificarsi in due aspetti fondamentali: 
 La capacità di rispondere; 
 La responsabilità. 
La responsabilità non comprende solamente “la propria condotta intenzionale” ma anche “qualsiasi cosa nei confronti della quale si ritiene che il soggetto in questione abbia una relazione di tipo causale (indipendentemente dal fatto che tale percezione sia giustificata o meno). Secondo il Code of Ethics for Nurses dell’ICN16 (2000) è responsabilità dell’Infermiere:
Tesi processo st.
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  • 1. 1 LIBERA UNIVERSITA’ DI LINGUE E COMUNICAZIONE IULM MASTER IN MANAGEMENT SANITARIO PER LE FUNZIONI DI COORDINAMENTO (MASA) STUDIO SUI PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA Direttore Scientifico: Prof. Paolo Moderato Relatore Dott. Davide Jabes Prova finale di: Marcela Hovana Carrasco Matricola 1009973 ANNO ACCADEMICO 2011/2012
  • 2. 2 Rare sono le persone che usano la mente. Poche coloro che usano il cuore e uniche coloro che usano entrambi. Rita Levi Montalcini Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre. Gandhi Non si scoprirebbe mai niente se ci si considerasse soddisfatti di quello che si è scoperto. Seneca.
  • 3. 3 INDICE INTRODUZIONE CAPITOLO I STORIA E SVILUPPO DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 1.1. L’Infermieristica a Traverso la Storia 1.2. L’Teorie Infermieristiche 1.2.1. Nell’Arte e Scienza del Nursing Umanistico 1.2.2. Nelle Relazioni Personal 1.2.3. I Sistemi 1.2.4. I Campi dell’Energia CAPITOLO II NORMATIVA INFERMIERISTICA CAPITOLO III SISTEMI E GESTIONE DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 3.1 La Qualità Passato e Presente in Sanità 3.2. Definizione del Concetto di Qualità in Sanità 3.3 Dimensioni della Qualità 3.4. Metodologie e Strumenti per il Miglioramento della Qualità 3.4.1. Linee Guida ed Evidence Based Medicine (EBM) 3.4.2. L’Accreditamento Professionale 3.4.3. L’Accreditamento Istituzionale 3.5. Normativa di Riferimento per la Qualità in Sanità 3.5.1. La Carta di Lubiana 3.5.2. La Carta di Porto Nuovo CAPITOLO IV PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA
  • 4. 4 4.1. Definizione dei Profili di Responsabilità, Autonomia e Competenze della Professione Infermieristica 4.2. Personalizzazione dell’Assistenza Infermieristica 4.3. Assistenza Basata sulle Prove di Efficacia (EBN/EBM) 4.3.1. La Medicina Basata sulle Evidenze (Evidence-Based-Medicine, EBM) 4.3.2. L’Evidence Based Nursing (EBN) 4.3.3. L’Evidence Based Pratice 4.4. Processi di Standardizzazione nella Prassi Infermieristicha. 4.4.1. Le Linee Guida 4.4.2. Le Procedure Infermieristiche 4.4.3. Il Percorso Clinico Assistenziale 4.4.4. Il Protocollo CONCLUSIONI GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA RINGRAZIAMENTI
  • 5. 5 INTRODUZIONE Con la riforma Sanitaria le Aziende Ospedaliere devono attuare un sistema in grado di mantenere la qualità dell’assistenza, migliorando i livelli di efficienza e efficacia con le risorse disponibili, le aziende devono avere una seri di requisiti organizzativi, tecnologici e strutturali tali da assicurare ai cittadini la qualità dell’assistenza offerta. La Standardizzazione è il processo finalizzato ad uniformare attività e prodotti sulla base di norme, tipi o modelli di riferimento appropriati per migliorare la qualità. Spesso accade che i soggetti coinvolti nella produzione di servizi finalizzati alla tutela, promozione e mantenimento dello stato di salute, siano poco coordinati tra loro rendendo impossibile l’ottimizzazione dei processi lavorativi. C’è quindi l’esigenza di porre l’attenzione alla risoluzione dei problemi organizzativi, in quanto è una delle poche soluzioni al difficile problema della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate. Diventa indispensabile, quindi, nelle strutture sanitarie il “Servizio Infermieristico” quale componente della complessa organizzazione di servizio che rappresenta la struttura sanitaria; in considerazione che l’organizzazione del lavoro è una variabile altamente critica perché ha una notevole influenza sul processo assistenziale condizionandone fortemente il livello di adeguatezza del servizio prestato in risposta al bisogno di assistenza. Indipendentemente dal modello attuato nell’organizzazione del lavoro, diventa indispensabile dotarsi di strumenti operativi che rendano misurabile il livello di funzionalità del modello organizzativo in modo globale. Perché una qualunque istituzione sanitaria funzioni (ad. esempio, le strutture sanitarie, e dal l’oro interno le singole Unità Operative), necessita della conoscenza approfondita dei suoi elementi fondamentali (risorse umane, tecnologiche, strumentali, protocolli, procedure operative, sistema informativo, processi decisionali, ecc.) e delle modalità con cui tutti questi elementi si svolgono nelle situazioni lavorative concrete. Gli interventi operativi sui processi di erogazione delle prestazioni dei servizi è solitamente riconducibile al bisogno di mantenere i processi a quel livello di funzionalità che la prassi fa ritenere ottimali. Il processo di standardizzazione nella prassi infermieristica mediante la elaborazione dei documenti aziendali, è indirizzato a trovare un punto di equilibrio tra ciò che viene riportato nella teoria, e ciò che viene attuato con diligenza e professionalità nella pratica clinica quotidiana, per garantire l’uniformità e omogeneità assistenziale secondo criteri basati sull’evidenza scientifica; prevenire ed identificare le possibili cause d’infezioni nosocomiali locale e sistemiche per il corretto impiego delle risorse e con la conseguente
  • 6. 6 riduzione dei costi e dei tempi di degenza e sopratutto rendere documenti quali istrumenti per l’istruzione, formazione ed informazioni degli operatori sanitari, utili a indirizzare le decisioni verso una maggiore efficacia e appropriatezza, oltre che verso una maggiore efficienza nell’uso delle risorse in tutte le Unità Operative delle strutture sanitarie. Lo studio sui processi di standardizzazione nelle prassi infermieristica è stato svolto descrivendo al primo capitolo la storia e lo sviluppo della professione infermieristica, dato che non può parlare di una disciplina se non si conosce il suo origine. Il secondo capitolo è riferito alla normativa infermieristica, per che sono i fondamenti legislativi a determinare i campi di autonomia, responsabilità e le competenze della professione infermieristica. Il terzo capitolo descrive i sistemi di qualità in ambito sanitario argomento ampiamente discusso negli ultimi anni, e finalizzato a sviluppare una politica della qualità clinico- assistenziale assunta in forma consapevole e realizzata in funzione di quella che è la mission aziendale. Il quarto capitolo descrive i processi di standardizzazione nella prassi infermieristica, come un insieme di attività che trasformano gli input in output, che hanno valore per l’utente e seguono una sequenza di attività correlate e finalizzate ad uno specifico risultato finale. L’esperienza di ogni giorno ci insegna quanto sia di fondamentale importanza l’adozione di linee guida, procedure, percorsi clinico-assistenziali e protocolli assistenziale, per questo motivo non solo deve essere responsabilità del Servizio Infermieristico la loro elaborazione, ma anche del singolo Coordinatore delle diverse Unità Operative, e come professionisti dobbiamo agire sulla nostra motivazione e su quella dei nostri colleghi, abbiamo il dovere morale di aggiornare le nostre conoscenze (SAPERE), le nostre competenze (SAPER FARE), affinare quelle che sono le nostre capacità relazionali (SAPER ESSERE) e mediante un percorso educativo evolversi per cambiare vecchi modelli, abitudini, modi di vedere e trovare nuovi punti di vista e nuove mete (SAPER DIVENIRE).
  • 7. 7 CAPITOLO I STORIA E SVILUPPO DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA. Qualunque persona intraprenda lo studio di una disciplina, di una scienza o di un’arte dovrebbe cominciare a conoscerla dalle origini seguendola nel progressivo cammino attraverso i tempi. Nulla nasce ex novo, ma tutto si evolve, si perfeziona, si amplifica via a via che ogni generazione porta il suo contributo di conoscenza, di attività, di amore alla continua ascesa verso forme di vita migliore e di ideali più elevati. (F. Pittini – Manuale di assistenza sociale) 1.1 L’Infermieristica a traverso la Storia. Una forma di assistenza infermieristica non formalizzata è probabilmente sempre esistita, fin dalle origini della storia dell’uomo, come un aiuto alla vita ed è stata prestata principalmente dalle donne, le loro conoscenze si sono trasmesse di madre a figlia, basate essenzialmente su erbe medicamentose o intrugli vari, motivo per il quale veniva considerata “guaritrice”. Il sapere essenziale rappresenta l’elaborazione graduale di un insieme di pratiche per assicurare il soddisfacimento dei bisogni fondamentali alla sopravvivenza, inizia ancor prima delle più antiche civiltà mesopotamica o egiziana e continua attraverso secoli e millenni nel continente europeo favorendo la trasmissione e la diffusione di usi, costumi, riti e miti. Nell’antico Egitto l’assistenza infermieristica materno-infantile era responsabilità delle ostetriche, mentre le balie allattavano al seno i bambini. I sacerdoti erano i principali responsabili delle pratiche sanitarie in diretta correlazione con l’appagamento degli dei. Gli Israeliti seguivano riti di sanitizzazione, usando l’acqua filtrata o bollita e ispezionavano la carne per verificare il deterioramento. Nell’antica Babilonia, in Egitto e tra i sumeri (signori colti e facoltosi), le famiglie ricche erano le principali destinatarie dell’assistenza infermieristica. Nel 500 a C., in Asia, Egitto, Palestina, Grecia e Italia, sono già presenti luoghi di ricovero per gli ammalati. Gli Standard Igienici, in questi primi ospedali, pur basandosi sui rituali religiosi, erano all’avanguardia. I pazienti erano sistemati in posti letti separati fra loro o in stanze differenti, una buona ventilazione era considerata essenziale e venivano messi in atto molti metodi rudimentali di controllo delle infezioni, come il non toccare le ferite, l’isolamento dei pazienti infetti e l’uso del lavaggio e di forni per la sterilizzazione degli strumenti.
  • 8. 8 Nel Medioevo i primi ospedali Xenodochi, nel quale si ospitavano gratuitamente forestieri e pellegrini prima in Oriente poi si diffusero in Europa. Con i valetudinaria romani abbiamo la prima forma rudimentale conosciuta di assistenza organizzata, erano gli ospedali in epoca romana, dove la medicina era esercitata principalmente da medici- schiavi greci, il cui significato derivava dal termine latino valetudo, ovvero "buona salute". Furono costruiti lungo l'intero limes (barriere costruite dall'Impero Romano per difendere i propri confini e i propri territori). Grazie all’avvento del cristianesimo, l’influenza della religione migliorò la posizione sociale dell’infermieristica, dando più valore alla vita umana. La compassione, la carità e la dedizione al servizio erano qualità associate alle infermiere. Le prime comunità cristiane sono caratterizzate da uno spirito di grande solidarietà reciproca ed egualitaria. Per la sua filosofia caritatevole verso bisognosi e infermi, sorgono i primi ospedali, inizialmente non si occuperanno di assistere i malati, ma per molto tempo accoglieranno vagabondi, senzatetto, pellegrini, ecc.. Va inoltre sottolineato come, nei confronti degli infermi, prevalga sull’aspetto curativo, quello caritatevole. Le diaconesse e i diaconi esercitano un servizio, organizzato su base territoriale, per l’assistenza agli ammalati e ai poveri. Il primo ospedale che si occupa soltanto di ammalati è stato istituito nel 390 d. C. da una nobildonna, Fabiola. Si racconta che raccogliesse personalmente gli infermi per le strade della città assisteva le vittime della fame e delle epidemie, i mutilati, i ciechi e gli storpi, ripulendo le loro piaghe e ferite dando loro da mangiare. L’assistenza è esercitata inizialmente dalle donne che, successivamente, divengono infermiere ed ostetriche. Fino alla seconda metà del ‘900 la conoscenza infermieristica, è maturata sulla base di un metodo empirico, per prove ed errori, resta ai margini della cultura sanitaria e non viene considerata degna di un proprio statuto scientifico. L’assistenza infermieristica rappresenta e si configura come una derivazione specifica e specialistica dell’assistenza in generale, allorquando si sono verificate alcune situazioni che hanno reso necessario il passaggio dal sapere culturale al sapere disciplinare, richiedendo l’uso di un metodo scientifico sia nella teoria che nella pratica. Nel Medioevo protagonisti assoluti dell’assistenza sono gli ordini monastici e religiosi e ciò continua per molti secoli, anche quando, dal l500 in poi, il grande progresso scientifico cambia il volto della medicina, cambiando radicalmente l’assetto ospedaliero , in quanto il prendersi cura non era più visto solo come un atto cristiano, ma anche in termini di produzione di salute corporale e di idoneità fisica. E’ proprio per questo, alcuni religiosi si distinguono per dedizione e modernità delle concezioni in campo assistenziale. I monaci si dedicano all’anima e i conversi o i servi al corpo, nacque il termine infirmus che designava il monaco che si occupava dell’accoglienza e dell’assistenza dei malati e dei bisognosi. Gli ospedali erano generalmente annessi al monastero, si offriva riposo, protezione, vitto con dieta opportuna, insieme alla cura delle ferite o delle piaghe. I farmaci erano dispensati in speciali infermerie.
  • 9. 9 Fra questi spicca la figura di Camillo de Lellis ( 1550 – 1614 ), fondatore dell’Ordine del Ministri degli Infermi. Lo storico della medicina Giorgio Cosmacini definisce, ancora ai giorni nostri, De Lellis come la figura dell’infermieri ideale, protagonista dell’utopia ospedaliera del Seicento. Egli pensa che l’assistenza non può essere affidata agli inservienti che abbandonano gli ammalati quando non sono sorvegliati. Raccomanda di studiare ogni singolo caso, di imparare a rifare i letti e a pulire i pazienti quando sono gravi e a preparare relazioni per medici sulla giornata del malato, dedica particolare attenzione alla formazione degli infermieri e all’organizzazione del lavoro. Giovanni di Dio, fondatore degli ospedali Fatebenefratelli, dove si contemplava la figura del’infermiere maggiore e dell’infermiere minore, che si diffonderà in tutta Europa. Vincenzo de Paoli, fondatore della Compagnia delle Figlie della Carità, inizialmente composto da dame della nobiltà e della borghesia, reintroducendo le donne nell’assistenza. Prima di essere infermieri sono stati malati, e furono i primi a comprendere che serviva un’assistenza specifica per stare vicino al malato: L’Assistenza Infermieristica. Nei secoli XV – XVI negli ospedali gli infermieri erano laici, in quanto nei paesi cattolici, a causa delle severe regole di disciplina imposte agli ordini religiosi dal Concilio di Trento (1545 – 1563) provocò una riduzione del numero delle suore e dei frati impegnati nell’assistenza. Gli infermieri erano reclutati nelle classi inferiori donne e uomini usciti dal carcere, di ex prostitute, di povera gente in genere. Nei secoli XVI – XVII con il progresso scientifico si evidenzia una notevole evoluzione della medicina, riguardanti sia le conoscenze che i rimedi pratici. Prima dell’Ottocento gli ospedali mostravano i mansionari degli infermieri e delle altre figura. uomini o donne, chiamarti in aiuto per la gestione di malati e si può dire che non mancava una certa attenzione alla loro formazione teorica e pratica. La revisione dei manuali dell’epoca permettono di conoscere i sistemi di istruzione di queste figure. Il modello di insegnamento era basato sulla didattica per aforismi (brevi frasi) o con libri improntati al metodo dialogistico (costruito su domande e risposte). Tra questi La Pratica dell’Infermiere (1664). La rivoluzione scientifica e quella industriale determinano ulteriori modificazioni nell'organizzazione degli ospedali. Servono infermieri più preparati per svolgere un'attività che si è fatta più complessa. La nuova temperie culturale favorisce l'apparire sulla scena di quella che è forse il prototipo dell'infermiera: Florence Nightingale (1820-1910). Di origini alto borghesi, la "signora della lampada" si distingue nei soccorsi ai militari feriti nella guerra di Crimea e si rivela ben presto un genio pratico, organizzativo, teorico e didattico, con i suoi interventi riduce la mortalità dal 42% al 2.2%. Con la Nightingale l'assistenza infermieristica virerà in modo irreversibile verso la scienza e l'efficienza, utilizzando la scienza della statistica sociale di cui è esperta per mettere in evidenza sia l’impatto delle malattie sulla mortalità che gli effetti delle condizioni sanitarie. Attua provvedimenti per prevenire le malattie e migliorare le condizioni del popolo. Nel 1859 fonda la Nightingale Training School for Nurse presso l’ospedale St. Thomas di Londra. La formazione
  • 10. 10 infermieristica è basata sul sapere, l’istruzione, la conoscenza, per formare una professione autonoma e autorevole e formare delle leader per riprodurre il sistema di pensiero formativo. L’impostazione formativa utilizzata verrà esportata in tutto il mondo. Avrà luogo una vera e propria colonizzazione culturale. Nel frattempo, Henry Dunant (1828-1910) nel 1864 fonderà la Croce Rossa, un corpo di infermieri volontari che intervengono in caso di guerra o calamità naturali e che in tempo di pace si dedicano all'istruzione del personale sanitario e al trasporto degli infermi. Negli Stati Uniti l’indipendenza e l’evoluzione socio-culturale, favorisco una grande evoluzione della professione infermieristica. Nel 1861 si prende coscienza della scarsità degli infermieri e della loro insufficiente preparazione. Un notevole impulso allo sviluppo del Nursing in america fu dato però da Clara Barton, più arguta ed emancipata delle colleghe inglesi, tanto da diventare una delle prime sufragettes, durante un soggiorno in Europa venne a conoscenza dell’opera della Croce Rossa per cui al suo ritorno fondò nel 1881 la American Association of the Red Cross e quindi la prima Red Cross Society degli Stati Uniti. Per quanto riguarda la formazione delle infermiere nel 1873 furono fondate le prime tre scuole Americane. Con un programma di istruzione completo, efficace e sistematico, e con l’impiego di standard che garantissero la formazione di personale in grado di rispondere ai reali bisogni di salute e di assistenza della popolazione, si ottenne un progressivo avanzamento della professione infermieristica. Nel 1879 vengono fondate L’AMERICAN NURSES ASSOCIATION (ANA) e LA NATIONAL LEAGUE OF NURSINGN. Nel 1899 nascerà L’INTERNATIONAL COUNCIL OF NURSING (ICN). Fra le acquisizioni della cultura professionale statunitense ci sono: 1°. La produzione dei modelli concettuali dell’infermieristica. 2°. L’attenzione alla qualità dell’assistenza e alla definizione di standard su cui fondare la sua valutazione. 3°. L’attenzione ad altre problematiche di natura gestionale, es. la definizione di vari sistemi organizzativi (assistenza di routine, per piccoli gruppi, personalizzata). 4°. La definizione di una metodologia di lavoro, quella del problem-solving, entro il quale viene data una crescente importanza alle “diagnosi infermieristiche”, cioè a quei problemi dell’utente che l’infermiere è in grado di riconoscere e di affrontare in maniera autonoma. Il principio fondamentale, soprattutto nella cultura americana, della tutela della libertà individuale, senza vincoli politici o religiosi, in una ottica di pragmatismo, uniti allo spirito scientifico, di collaborazione e all’organizzazione, ha favorito l’evoluzione della professione infermieristica per cui dal 1899 le prime infermiere furono ammesse
  • 11. 11 all’università presso la Columbia University e nel 1916 esistevano già tredici corsi universitari per infermiere. L’infermiera americana non si è quindi creata dal nulla. La maggiore unità della categoria e il terreno favorevole ad accogliere le sue istanze hanno facilitato il notevole sviluppo culturale della professione e di conseguenza la creazione di una gerarchia infermieristica preparata. L’assenza di una profonda differenza culturale con la dirigenza medica e la indispensabile collaborazione per la soluzione di problemi comuni, ha imposto quindi la presenza dell’infermiera, dato che non era assolutamente possibile escluderla o ignorarla, nei vari ambiti delle stesse scelte politiche e gestionali della sanità. In Gran Bretagna, diverse giovane colte assumono posti di direzione nei maggiori ospedali, alla scomparsa di F Nightingale, nel 1910, si pongono alla guida della professione e ne determinano la politica, fondano scuole per infermiere in diversi paesi. Nel 1919 il Parlamento approva l’istituzione dell’albo delle infermiere. Nel 1948 entra in vigore il Servizio Sanitario Nazionale. In Francia però l’impostazione della scuola della Nightingale non fu completamente seguita nemmeno nella più prestigiosa scuola di Bordeaux diretta da una allieva della stessa Nightingale, Miss Hamilton. Infatti durante il tirocinio le allieve non erano guidate e seguite in ogni attività da infermiere capaci ed impegnate, le Sovraintendenti o Matron, e, dopo due anni appena ottenuto il diploma, affiancando o sostituendo le infermiere che avevano lasciato dei posti vacanti, non essendo adeguatamente preparate non riuscirono a dare alla loro categoria quell’immagine e quella stima delle Nurses inglesi. Poco preparate e prive di un vero spirito di corpo, dopo qualche anno venivano messe alla pari e spesso sopravanzate dalle quelle vecchie infermiere più impegnate, sensibili e desiderose di emanciparsi. Tutto ciò non invogliò, come in Inghilterra, le ragazze provenienti dalla media borghesia ad intraprendere tale professione almeno negli ospedali pubblici. All'inizio del Novecento la condizione degli ospedali italiani è terrificante. Una visitatrice americana parlerà di totale assenza di una vera e propria assistenza infermieristica. Ben presto subentrano anche da noi rapidi cambiamenti. I progressi compiuti sotto l'aspetto diagnostico e terapeutico portano l'assistenza infermieristica a cercare di adeguarsi al nuovo clima scientifico e tecnologico, le congregazioni religiose notevolmente accresciute in numero avevano dato, specialmente in Italia, con le loro infermiere una risposta adeguata ai tempi, questa non era più adatta alle nuove situazioni sia per l’evidente calo progressivo delle vocazioni sia, per la loro limitata preparazione, sia per il desiderio di un generale rinnovamento di una adeguata assistenza a quanti ne avevano bisogno. Tutto ciò nonostante il personale infermieristico religioso avesse in generale una dedizione e un attaccamento all’ammalato e ai suoi bisogni ed un senso del dovere certamente impareggiabili, un costo inferiore alle infermiere laiche e, da un punto di vista igienico sanitario, il servizio fosse meno peggio negli ospedali dove il personale
  • 12. 12 era tutto religioso, deficiente dove era misto e decisamente scadente dove era tutto laico. Nascono le prime scuole che cercano di reclutare le allieve infermiere tra le signorine istruite della classe media. La "rivoluzione infermieristica" italiana sarà patrocinata da Anna Celli, Amy Turton, Grace Baxter, Dorothy Snell; tanti nomi inglesi a testimonianza di quanto la svolta italiana debba all'esempio, alle idee e ai metodi della Nightingale. Nel 1919, si costituisce la Associazione Nazionale Italiana Tra Infermiere (ANITI), con una sua rivista il “Bollettino Mensile”, che entrò nel Comitato Internazionale delle Infermiere nella riunione tenutasi a Copenaghen nel 1922 (Sironi), 1933 si trasforma in Sindacato Fascista Delle Infermiere Diplomate. Con l'avvento del fascismo, lo Stato regolamenta la formazione infermieristica a livello nazionale. Nel 1925 vengono istituite le scuole-convitto per infermiere. Nasce la figura dell'assistente sanitaria. Nel 1940 fa la sua comparsa l'infermiere generico. Filo conduttore dei cambiamenti che avvengono in Italia è purtroppo, a differenza di quanto accade in altri paesi più civili, l'assoluta subordinazione dell'infermiera al medico. Ciò determinerà guasti e ritardi che durano tuttora. E' del 1947, il primo contratto nazionale di lavoro per i dipendenti ospedalieri, che pone fine alle macroscopiche disparità di trattamento economico sul territorio nazionale. Nel 1954, nascono i collegi delle infermiere professionali e delle vigilatrici d'infanzia (IPASVI)., nuovo ordinamento didattici triennale. Nel 1971, viene concesso anche agli uomini l'accesso al diploma di infermiere professionale, la durata del cui corso viene portata nel 1973 a tre anni. Mentre cambia l'organizzazione ospedaliera, mutano pure le mansioni dell'infermiere che deve ora occuparsi non solo dell'assistenza diretta al paziente in ospedale, ma di educazione sanitaria, degli aspetti relazionali, del lavoro di equipe e di ricerca. Nel 1974, nuovo mansionario che modifica le attribuzioni degli infermieri. Nel 1975 nuovo ordinamento didattico triennale. Un'ulteriore svolta si ha nel 1978 con la legge 833, la cosiddetta "riforma sanitaria". Viene istituito il Sistema Sanitario Nazionale che dovrebbe introdurre criteri di assoluta equità nella cura dei malati. Negli anni ’80 vi è la consapevolezza di essere un corpus professionale e di essere portatori di un patrimonio conoscitivo unico e necessario alla collettività (si inizia a importare le teorie, modelli e metodi americani).
  • 13. 13 Nel 1992, si aprono le porte dell'Università con l'istituzione del diploma universitario in scienze infermieristiche. Nel 1994, il Nuovo Profilo Professionale riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli ambiti di approfondimento culturale ed operativo, le aree di specializzazione. Nel 1996, viene sancito il campo proprio di attività e di responsabilità dell’infermiere, definendo che è una professione sanitaria. Nel 1999, gli infermieri cessano finalmente, di essere considerati "personale sanitario ausiliario", cambiando la denominazione per “personale sanitario”, sono abrogati i mansionari e cambia il proprio campo di attività e responsabilità delle professioni sanitarie il quale è determinato dai contenuti: 1. Dai Profili Professionali, 2. Dagli Ordinamenti Didattici, 3. Dai Corsi di Laurea, 4. Dai Codici Deontologici. Nel 2000, riconoscimento formale della dirigenza del ruolo sanitario con l’attribuzione della responsabilità e della gestione delle attività di assistenza infermieristica. Nel 2001, con la determinazione delle classi di laurea delle professioni sanitarie, si avviano le lauree triennali e specialistiche, le quali si inquadrano nel generale processo di riforma dell’Università, armonizzandosi con il resto d’Europa. Inizia la discussione sulla tassonomia diagnostica e sull’evidence – based nursing. Nel 2002, sulla problematica dell’emergenza infermieristica, si riconosce agli infermieri, anche ai dipendenti, di svolgere l’attività libero – professionale. Nel 2006, unifica la matrice tecnico – specialistica (infermieristica) con quella gestionale (coordinamento) valorizza la formazione post base in ambito universitario e ne riconosce il suo ruolo. Nel 2008, si regolamenta la disciplina per l'accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione e della professione di ostetrica. Nel 2009, Nuovo Codice Deontologico Infermieristico. Disposizioni in materia di professioni sanitarie”, segna l’inizio di una nuova era, per la sanità e per gli infermieri. E’
  • 14. 14 una guida che permette al professionista di saper prendere decisioni adeguate. Rappresenta un modello nel campo dei valori e delle responsabilità. 1.2. Le Teorie dell’Infermieristica. 1.2.1. Nell’Arte e Scienza del Nursing Umanistico 1.2.1.1. Florence Nightgale. Nasce a Firenze il 12 maggio 1820, morì a 90 anni nel sonno a Londra nel 1910, fondatrice del Nursing Moderno. Per lei, la malattia è un processo di riparazione e l’infermiera deve agire sull’ambiente per facilitare questo processo. Le sue istruzioni riguardanti la ventilazione, il calore, la luce, la dieta, la pulizia ed il rumore sono annotate nel libro “Notes on Nursing”. 1.2.1.2. Virginia Anderson. Nasce a Kansas City 1897. Ha avuto una lunga carriera sia come scrittrice sia come ricercatrice. La funzione peculiare dell’infermiera è quella di assistere l’individuo, malato o sano, nello svolgimento di quelle attività che contribuiscono alla guarigione (o che conducono ad una morte serena) e che tale individuo svolgerebbe da solo se possedesse la forza, la volontà o la conoscenza necessarie; l’infermiera deve inoltre aiutare l’individuo a rendersi indipendente il più rapidamente possibile. Ha identificato i 14 bisogni di base del paziente e tre tipi relazione infermiere- paziente: 1°. L’Infermiere è un sostituto del paziente; 2°. L’Infermiere aiuta i paziente; 3°. L’Infermiere è un partner del paziente. 1.2.1.3. Faye Glenn Abdellah. Ha scritto moltyo su vari argomenti sin dall’inizio degli anni cinquanta. Insieme ad altri studiosi ha trasformato in concetti 21 problemi infermieristici basati sull’uso sistematico dei dati di ricerca per insegnare e valutare gli studenti. La tipologia dei 21 problemi apparve per la prima volta nell’edizione del 1960 di “Patient- centered approaches to Nursing”. 1.2.1.4. Lydia E.Hall. Si è servita della sua filosofia infermieristica per progettare e sviluppare il centro di Nursing Loeb all’ospedale Montefiore di New York. Muore nel 1969. Riteneva che il Nursing debba operare in modo diverso nei
  • 15. 15 tre cerchi indipendenti che costituiscono vari aspetti del paziente. Denominò i tre cerchi il corpo (la cura), la malattia (la guarigione) e la persona (il centro). Il Nursing opera in tutti e tre cerchi in varia misura, ma insieme ad altri operatori sani. La Hall sosteneva che la cura infermieristica di tipo professionale e l’insegnamento sono sempre più necessari man mano che diminuiscono le cure mediche e che la cura infermieristica professionale accelera la guarigione. 1.2.1.5. Dorotea E.Orem. Ebbe un’intuizione sul concetto di Nursing nel 1958. Sin dagli anni ’50 si era occupata in pubblicazioni della pratica infermieristica e dell’insegnamento. Considera la propria teoria infermieristica del “self-care deficit” (insufficiente autogestione) una teoria generale composta di tre teorie in relazione tra loro: 1°. La teoria dell’autogestione; 2°. La teoria dell’inadeguata gestione; 3°. La teoria dei sistemi infermieristici. La Orem identifica tre tipi di sistemi infermieristici: 1°. Sostitutivo totale del paziente; 2°. Parzialmente sostitutivo del paziente; 3°. Di supporto ed educazione all’autonomia. Queste teorie sono ampiamente trattate nel libro “Nursing: Concepts of Practice”. La Orem ritiene che l’infermiere abbia in comune alcune funzioni con altri operatori sanitari. 1.2.1.6. Evelyn Adam. Iniziò a pubblicare a metà degli anni ’70 Gran parte del suo lavoro s’incentra sullo sviluppo di modelli e sulle teorie del concetto di Nursing. Si serve di un modello appreso da Dorothy Johnson. Nel volume “To be a nurse” applica la definizione di Nursing di V. Henderson a quel modello e ne identifica i presupposti, i valori, le convinzioni e le unità principali. Nella parte conclusiva tratta dell’obiettivo della professione, del beneficiario del servizio, del ruolo dell’infermiere, della fonte delle difficoltà del beneficiario, dell’intervento dell’infermiere e delle conseguenze. 1.2.1.7. Madeleine Leininger. Ha pubblicato molto su vari argomenti sin dal 1960. Sebbene abbia scritto molti libri sul Nursing transculturale, il resoconto più accurato della sua teoria si trova nel volume “Transcultural case diversity and universality: a
  • 16. 16 theory of nursing”. Alcuni dei suoi concetti principali sono la cura, l’aver cura, la cultura, i valori culturali e le variazioni culturali. Ha formulato molte ipotesi e spera di stimolare ulteriormente la ricerca etnico-scientifica nel campo etno-infermieristico. 1.2.1.8. Jean Watson. Ha iniziato a scrivere a metà degli anni ’70. Il suo libro “Nursing: the philosophy and science of caring” è stato pubblicato nel 1979. Il contenuto di quel libro è stato ampliato in un successivo volume del 1985, sino ad arrivare al testo “The Theory of Human Caring” del 1997 ed a successive rielaborazioni della sua teoria. Nel tentativo di ridurre la dicotomia tra teoria e pratica, ha proposto una filosofia ed una scienza del “caring” (aver cura). Ha identificato 10 fattori curativi: 1°. La formazione di un sistema umanistico-altruistico di valori; 2°. L’instillazione di fede e speranza; 3°. La coltivazione della sensibilità verso se stessi e verso gli altri; 4°. Lo sviluppo di una relazione tipo (avere) fiducia nell’aiuto; 5°. La promozione e l’accettazione dell’espressione di positivo e negativo; 6°. L’uso sistematico del metodo scientifico del “problem solving” nell’assumere decisioni; 7°. La promozione dell’apprendimento e dell’insegnamento interpersonale; 8°. La creazione di un ambiente di supporto, protettivo o correttivo di tipo mentale, fisico, socioculturale e spirituale; 9°. L’assistenza con la gratificazione dei bisogni umani; 10°. L’ammissione di forze di tipo fenomenologico esistenziale. Jean Watson ritiene che l’infermiere dovrebbe favorire lo sviluppo della salute attraverso azioni di prevenzione, come ad esempio far riconoscere le proprie abilità di affrontare eventi e l’adattamento alla morte, insegnare metodi di problem-solving e fornire aiuto in determinate situazioni. 1.2.1.9. Rosemarie Rizzo Parse. Ha messo in evidenza l’importanza dell’umanesimo. Si è rifatta all’opera di Martha Rogers e a quella dei fenomenologisti esistenziali per sviluppare la sua teoria in: “ Man-living-health: a teory of Nursing”. I suoi concetti principali comprendono l’immaginare, il valorizzare, comunicare, il rivelare, nascondere, il mettere in grado-limitare, connettere-separare, dar forza, originare e trasformare.
  • 17. 17 1.2.2. Nelle Relazioni Interpersonali. 1.2.2.1. Hildegard E. Peplau. I contributi al Nursing in generale e in particolare al Nursing psichiatrico sono stati enormi. Ha prodotto molto sin dall’inizio degli anni ’50, quando apparve il suo primo libro: “ Interpersonal relations in Nursing”. Per la Peplau è importante che l’infermiere capisca il proprio comportamento per poter aiutare gli altri ad identificare difficoltà dapprima solo avvertite. Nella relazione infermiere-paziente identifica quattro fasi: 1°. Orientamento; 2°. Identificazione; 3°. Sfruttamento; 4°. Risoluzione. Descrive sei ruoli dell’infermiere: 1°. Straniero; 2°. persona con risorse; 3°. Insegnante; 4°. Leader; 5°. Sostituto; 6°. Consigliere. Tratta inoltre di quattro esperienze psicobiologiche ( i bisogni, le frustrazioni, i conflitti e le ansie) che esigono risposte costruttive o distruttive. 1.2.2.2. Joyce Travelbee. Ha pubblicato soprattutto a metà degli anni ’60. E’ morta nel 1973 ancora giovane. Ha proposto il suo “Modello di relazione umano verso umano” nel libro “Interpersonal aspects of Nursing”. Ha trattato di malattia, sofferenza, dolore, speranza, comunicazione, interazione, uso terapeutico si sé, empatia, comprensione, rapporto di amicizia. Riteneva che si dovesse portare a termine l’assistenza infermieristica attraverso relazioni uomo-uomo che iniziavano con: 1°. La fase iniziale di incontro; 2°. La fase di identità emergente; 3°. La fase viluppo di sentimenti di empatia e poi; 4°. La fase di comprensione,
  • 18. 18 5°. Nella fase finale l’infermiere e il paziente raggiungevano un rapporto di amicizia. 1.2.2.3 Ida Jean Orlando. Ha descritto per la prima volta la sua teoria sulla “Disciplined Professional Response Theory”. La sua teoria mette l’accento sulla relazione reciproca fra infermiere e paziente. Ciascuno dei due è influenzato da ciò che fa e dice l’altro.Sottolinea l’importanza che ha l’esame delle percezioni, dei pensieri e dei sentimenti dell’altro per una successiva verifica. Questo processo esplorativo convalida il bisogno d’aiuto del paziente che l’infermiere soddisfa poi direttamente o indirettamente. Le azioni (ponderate) di tipo infermieristico identificano e soddisfano il bisogno immediato di aiuto del paziente. Se queste azioni non sono ponderate, diventano automatiche e può darsi che non soddisfino il bisogno d’aiuto del paziente. 1.2.2.4. Ernestine Wiedenbach. Lavorava in un reparto di maternità. Incoraggiata dall’Ida Jean Orlando a riflettere sull’uso del sé e su come i pensieri e i sentimenti influiscano sulle azioni delle infermiere. Identifica e definisce molti concetti e sottoconcetti: il paziente, il bisogno d’aiuto, l’infermiere, lo scopo, la filosofia, la pratica (conoscenza, giudizio e abilità), il soccorso, la convalida, il coordinamento (riferire, consultare, conferire), e l’arte ( stimolo, preconcetto, interpretazione e azioni-razionali, di reazione e ponderate). L’infermiere deve identificare il bisogno di assistenza del paziente: 1°. Osservando i comportamenti in armonia o non con il comfort; 2°. Indagando sul significato del comportamento del paziente nei suoi confronti; 3°. Determinando la causa del malessere o dell’incapacità; 4°. Stabilendo se la persona è in grado di risolvere il suo problema, ovvero se ha bisogno d’aiuto. In seguito l’infermiere darà l’assistenza necessaria e controllerà che il bisogno d’assistenza sia stato soddisfatto. 1.2.2.5. Joan Riehl Sisca. Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’70. Ha scritto il suo lavoro sull’interazionismo simbolico con la Roy. Secondo la teoria dell’interazionismo simbolico, le persone interpretano le azioni l’uno dell’altro basandosi sul significato attribuito all’azione stessa prima di reagire. L’interazione umana è mediata dai simboli,
  • 19. 19 dall’interpretazione e dal significato ed è un processo d’interpretazione tra lo stimolo e la risposta. 1.2.2.6. H. C. Erickson, E. M. Tomlin, M. A. P. Swain. Hanno pubblicato il loro libro “A teory and paradigm for Nursing” nel 1983. Dare un modello significa sviluppare una comprensione del mondo del cliente. Modellare il ruolo è un intervento infermieristico o educativo che richiede accettazione incondizionata. Esse ritengono che, mentre le persone sono simili a causa del oro olismo, della l oro crescita e del loro sviluppo e per il loro individualismo; sono anche differenti per le loro doti innate, capacità di adattamento e conoscenza dell’auto-cura. 1.2.2.7. Kathryn E. Barnard. Ricercatrice attiva che ha scritto molto sui bambini sin dalla metà degli anni ’60. Ha iniziato studiare i bambini e gli adulti mentalmente e fisicamente handicappati per poi dirigere i suoi studi sulle attività del bambino sano ed estendere infine il suo campo di lavoro ai metodi di valutazione della crescita e dello sviluppo dei rapporti fra bambini e tra madre e bambino. Si è occupata inoltre di ricerca. Nonostante non abbia mai in Nursing ha gettato le basi per il suo modello di interazione sulla valutazione della salute del bambino. La Barnard ritiene che il sistema genitore-bambino sia influenzato da caratteristiche individuali di ciascun componente e che quelle caratteristiche vengano modificate per soddisfare i bisogni del sistema attraverso comportamenti adattivi. 1.2.3. I Sistemi. 1.2.3.1. Dorothy E. Johnson. Ha pubblicato dalla metà degli anni ’40 all’inizio degli anni ’70 e la maggior parte della sua opera è stata pubblicata durante gli anni ’60. La Johnson ha identificato nel suo modello sei sottosistemi del sistema comportamentale: 1°. Attaccamento-affiliazione; 2°. Raggiungimento; 3°. Sessuale; 4°. Ingestione-eliminazione; 5°. Aggressivo; 6°. Dipendenza.
  • 20. 20 7°. Si può analizzare ciascun sottosistema in termini di struttura ed esigenze funzionali. I quattro elementi strutturali sono: a) Pulsione o obiettivo; b) Direzione, una predisposizione ad agire; c) Scelta, alternative d’azione; d) Comportamento. I requisiti funzionali sono la protezione, l’educazione e la stimolazione. Esiste il bisogno di intervento infermieristico ed è motivato se c’è uno stato di instabilità nel sistema comportamentale. L’infermiere deve scoprire la fonte del problema nel sistema e prendere provvedimenti infermieristici adeguati per mantenere o ristabilire l’equilibrio del sistema comportamentale. 1.2.3.2. Suor Callista Roy. Ha scritto molto sin dalla fine degli anni ’60. Il suo modello d’adattamento è stato sviluppato dopo che la Johnson l’aveva consigliata di sviluppare un modello concettuale per il Nursing. I principali concetti comprendono quello di sistema, adattamento, stimoli, regolatore, affiliazione e modi di adattamento fisiologico, concetto di sé, assunzione di ruolo ed interdipendenza. L’io dell’uomo ed il suo ambiente sono fonti di stimoli focali, residui e concettuali che creano i bisogni di adattamento. Le quattro modalità di adattamento in relazione tra loro sono i bisogni fisiologici, il concetto di sé, l’esercizio del ruolo, l’interdipendenza. I meccanismi d’adattamento sono il regolatore ed il cognitivo. L’adattamento preserva l’integrità. La Roy ritiene che le persone scrutino continuamente l’ambiente alla ricerca di stimoli. L’infermiere deve aiutare la persona a adattarsi manipolando l’ambiente. 1.2.3.3. Betty Neuman. Ha sviluppato il suo primo modello d’insegnamento e pratica per la consulenza nel campo della salute mentale alla fine degli anni ’60. Ha proposto il modello dei Sistemi nel 1970 per aiutare gli studenti diplomati a valutare i problemi infermieristici. I concetti principali del modello comprendono l’approccio totale alle persone, l’olismo, il sistema aperto, gli stimoli, le risorse di energia, le linee di resistenza, linee di difesa, grado di reazione, interventi, livelli di prevenzione e ricostituzione. La Neuman ritiene che l’infermiere dovrebbe intervenire in modo deciso e utilizzare un approccio totale nei confronti della persona per aiutare gli individui, le famiglie e i gruppi a raggiungere e mantenere la salute.
  • 21. 21 1.2.4. I Campi Dell’Energia. 1.2.4.1. Myra Estrin Levine. Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’60. Ha scritto su numerosi argomenti, ma non ha mai voluto sviluppare una sua teoria. I principali concetti trattati sono l’interesse, l’olismo, l’integrità e la conservazione. L’infermiere deve servirsi dei principi di conservazione: 1°. dell’energia 2°. integrità strutturale 3°. integrità personale i 4°. ntegrità sociale per mantenere in equilibrio l’olismo dell’individuo. La Levine ha inoltre identificato quattro livelli di risposta dell’organismo: timore, risposta infiammatoria, risposta allo stress e risposta sensoria e ha raccomandato la troficognosi, un approccio scientifico che serve a determinare la cura infermieristica, al posto della diagnosi infermieristica. 1.2.4.2. Martha E. Rogers. E’ considerata uno dei pensatori più creativi in campo infermieristico. Ha prodotto molto sin dagli inizi degli anni ’60. La sua opera ha influenzato altri studiosi come la Fitzpatrick, la Newman e la Parse. Il processo di vita è definito dai concetti di totalità, apertura, unidirezionalità, modello e organizzazione, sentimento e pensiero. La Rogers si occupa inoltre di campi di energia, sistemi aperti a quattro dimensionalità. I principi sono: 1°. La complementarietà, cioè il movimento reciproco e simultaneo di campi umani e ambientali; 2°. La risonanza, modelli d’onda che variano dai modelli a bassa frequenza a quelli a più alta frequenza; 3°. Ottenere le variazioni di campo, caratterizzate da una sempre maggiore diversità di modelli di campo. 1.2.4.3. Joyce J. Fitzpatrick. Trae spunto dall’opera della Rogers per il suo modello di Prospettiva di Vita. Ha iniziato a pubblicare nel 1970. I concetti principali sono quelli di Nursing, persona, salute, ambiente, modelli temporali, modelli di moto, modelli di coscienza e modelli percettivi. Ha trattato di
  • 22. 22 invecchiamento, problemi legati al suicidio, esperienza temporale e comportamento motorio. 1.2.4.4. Margaret Newman. Ha iniziato a pubblicare a metà degli anni ’60. Ha subito l’influsso della Johnson e della Rogers, ed ha tratto spunti da vari campi di studio. I concetti principali del suo modello di salute sono quelli di movimento, tempo, spazio e coscienza. Questi concetti sono tutti in relazione fra di loro. “ Il movimento è un riflesso della coscienza. Il tempo è una funzione del movimento. Il tempo è una misura della coscienza. Il movimento è un mezzo con cui lo spazio e il tempo diventano una realtà.” La salute viene vista come l’espansione della coscienza e può comprendere la patologia.
  • 23. 23 CAPITOLO II ASPETTI LEGISLATIVI La tutela alla Salute è un diritto inalienabile, garantito della Carta Costituzionale all’Art. 32, la salute è un diritto fondamentale della persona. Dal momento che la salute è un valore fondamentale, investire nella sanità, significa investire nel benessere dei cittadini, per una qualità di vita migliore. Con questa motivazione il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), nel corso degli ultimi anni è stato oggetto di importanti riforme. Si sta assistendo ad una significativa evoluzione dei componenti organizzativi ed assistenziali, ciò si rende necessario ridefinire gli ambiti di cura e di assistenza, perseguendo processi basati sulla continuità, data dai percorsi assistenziali tendendo da un lato, a standardizzare e sistematizzare le principali prestazioni e dall’altro, ponendo le basi per la personalizzazione dell’assistenza. La legislazione che inquadra i vari aspetti della professione infermieristica è in continua evoluzione, soprattutto negli ultimi 15 anni, con le diverse riforme per la professione infermieristica, si è reso necessario ridefinire gli ambiti di cura e di assistenza. Investire nella professione infermieristica significa progettare le basi per una nuova autonomia e responsabilità professionale, che consenta di favorire un sistema professionale capace di sostenere le esigenze dei servizi della popolazione; con questo principio si è strutturato il passaggio dall’infermieristica “Tecnica” (Infermiere professionale), all’Infermieristica “Intellettuale” (Infermiere Professionista), si rende peculiare la modificazione del ruolo professionale, dato delle competenze, dell’abilità e della capacità dell’infermiere. 1°. Il D.lgs 30 dicembre 1992 n.502 L’evoluzione delle professioni infermieristiche vede il suo inizio con il D.lgs 30 dicembre 1992 n.502 che, nell’adeguare l’impianto del SSN nato dalla legge 833/78, trasferisce la formazione infermieristica dalla sede regionale a quella universitaria e statuisce che la conseguente ridefinizione del profilo professionale dell’infermiere e dell’infermiere pediatrico dovrà aversi tramite specifico decreto del Ministero della sanità (ora ministero della salute). 2°. Il Decreto 14/09/1994 n. 739 Il Ministero della Sanità con Decreto 14/09/1994 n. 739 “Regolamento concernente all'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere”, delinea il profilo professionale dell’infermiere (che viene definito
  • 24. 24 responsabile dell’assistenza generale infermieristica) e specifica che l'assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, è di natura tecnica, relazionale, educativa. 3°. La Legge 26/02/1999 n. 42. “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” che sancisce che la infermieristica è una professione sanitaria, abolisce e sancisce la fine del mansionario, definendo il proprio campo de attività e responsabilità della professione infermieristica, infatti, è definito dai contenuti del decreto ministeriale istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post- base nonché degli specifici codici deontologici. 4°. Il D. M. 509 del 1999. Regolamento recante norme concernenti l’autonomia degli atenei, ridisegna il sistema della formazione universitaria c on le Lauree di primo e secondo livello, i Master, le Specializzazioni e i Dottorati di Ricerca. 5° La Legge n. 251 del 2000. Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonché della professione ostetrica, istituisce la dirigenza infermieristica e le Lauree Specialistiche e, inoltre, prevede l’utilizzo della metodologia di pianificazione del lavoro per obiettivi nell’ambito operativo. 6° Il D. M. 2 Aprile del 2001. Determinazione delle classi di Lauree Universitarie; il DU per infermiere diventa Laurea triennale, mentre viene istituita la Laurea Specialistica delle professione sanitarie. 7° Il D. M. n. 270 del 2004. Attiva la Laurea Specialistica, grazie alla quale, nonostante le numerose criticità, gli infermieri possono accedere ad un percorso formativo adeguato alle esigenze della professione e della sua dirigenza. 8° La Legge 1 febbraio 2006. Istituisce gli ordini e gli albi per tutte le professioni sanitarie e l’obbligatorietà dell’iscrizione. Stabilisce che per l’accesso alla funzione di coordinamento che è necessario il Master di Coordinamento. 9° Il D.P.C.M. 25 gennaio 2008. Stabilisce l’accesso alla qualifica unica di dirigente delle professioni dell’area infermieristica, tecnica, riabilitazione, prevenzione ed ostetrica.
  • 25. 25 CAPITOLO III. SISTEMI E GESTIONE DELLA QUALITA’ DELL’ASSISTENZA INFERMIERISTICA 3.1. La Qualità, Passato e Presente. La Qualità e la sua valutazione nei servizi sanitari si è sviluppato in Italia in tempi relativamente recenti e, a parere degli esperti, solo ultimamente sta acquisendo la dovuta centralità. Nonostante la normativa nazionale e regionale in materia faccia riferimento alla necessità di attuare sistemi di valutazione e controllo della qualità delle prestazioni erogate, le iniziative di valutazione della qualità in sanità assumono, tuttavia, un carattere ancora molto sperimentale. La qualità dei servizi erogati al cittadino costituisce di fatto la mission dei sistemi sanitari nazionali ed è assunta come la funzione centrale del sistema di clinical goverance (governo clinico). Per esplicitare meglio e chiarire i contenuti che seguiranno relativamente all’impatto della qualità sulle organizzazioni dei servizi, è utile ripercorrere sinteticamente le principali tappe evolutive che il concetto di qualità ha assunto negli anni. Già ai tempi del sovrano babilonesi Haummurabi per il suo codice (XVII secolo a. C.), esistevano prassi che spiegavano in modo meticoloso la procedura per realizzare una costruzione priva di sorprese. Ai tempi di Roma e dei greci l’evoluzione dell’attività metrologica, la costruzione di nuovi strumenti di misura, l’affidabilità e la precisione crescente comportarono ben presto l’esigenza di definire unità di misura, i relativi campioni di riferimento, nonché metodi di fabbricazione di tali campioni, governati da procedure scritte. Nel Medioevo nacquero le corporazioni, artigiane delle arti e dei mestieri, che ebbero anche lo scopo di garantire la qualità del prodotto; L’artigiano doveva rispettare delle regole ben precise durante la produzione dei manufatti perché le ispezioni dei tecnici dell’art erano molto frequenti. Non bisogna dimenticare l’importante impulso tayloriano di fine Ottocento, quando iniziò la prima misurazione dei tempi di lavoro, che si sviluppò in seguito in una teoria basata sui seguenti principi fondamentali: elaborazione di una vera scienza dell’operaio, sua educazione e suo sviluppo professionale, cooperazione tra direzione e operai. Dall’inizio del secolo passato, in cui essenzialmente inizia la storia della qualità in ambito industriale, si identificano tre principali passaggi: 1. Il controllo della qualità, 2. La garanzia della qualità o quality assurance, 3. La qualità totale o total quality management.
  • 26. 26 Fino agli anni trenta la qualità era identificata con il concetto di ispezione e controllo del prodotto finale, e il suo scopo era di separare i prodotti non conformi da quelli conformi, quindi controllare e mettere a punto il processo produttivo tramite l’esame degli errori ripetitivi e la ricerca delle cause. Negli anni cinquanta si passa poi a concentrarsi sull’affidabilità, cioè sulla persistenza nel tempo delle prestazioni del prodotto e la qualità quindi si estende dalla produzione alla progettazione. Negli anni settanta l’approccio alla qualità si sposta verso il concetto della garanzia della stessa e viene introdotto il termine di quality assurance. Questa metodologia, che nasce negli Stati Uniti, impone di intervenire in modo sistematico sia sul processo produttivo che sul prodotto, per ottenere non solo una ragionevole probabilità del conseguimento degli obiettivi di qualità, ma anche l’evidenza documentata della qualità raggiunta. La garanzia della qualità comporta perciò l’integrazione di molteplici attività che, correlate, determinano la qualità del prodotto. In particolare, i principi che hanno ispirato la garanzia della qualità sono:  Definizione da parte della direzione della politica di garanzia della qualità;  Definizione della struttura organizzativa complessiva e della funzione aziendale incaricata dell’implementazione, della verifica e della revisione del piano di garanzia della qualità;  Informazione e formazione del personale;  Definizione di procedure scritte per lo svolgimento di attività rilevanti ai fini della qualità, cioè “chi fa che cosa”;  Esecuzione delle attività come descritto dalle procedure, cioè “come, dove e quando”, e la relativa documentazione;  Verifica e valutazione dell’efficacia del piano di garanzia della qualità ed eventuali azioni correttive. Rispetto all’epoca precedente si assiste a una maggiore responsabilità di tutta l’organizzazione, partendo dal Management, alla necessità di pianificazione e documentazione delle attività, la valutazione preventiva dei fornitori e all’oggettiva dimostrazione dell’evidenza della qualità raggiunta. Il limite di questo approccio è l’imposizione per legge, che ha dato origine a una seri di fenomeni:  Proliferazione di documenti e interventi per interpretazioni fiscali e burocratiche delle norme;  L’obiettivo primario da raggiungere (la garanzia della qualità) si trasforma nella sola necessità di dimostrare che la qualità richiesta è stata ottenuta;  Tutte queste metodologie possono rimanere patrimonio esclusivo dei responsabili della funzione qualità. In campo sanitario per quality si intende ogni attività sviluppata dal punto di vista strettamente professionale sanitario in funzione del raggiungimento di obiettivi concreti di
  • 27. 27 miglioramento della qualità dell’assistenza sanitaria, miglioramento esprimibile, secondo Donabedian (1989), “in termini di quantità di salute aggiunta ai pazienti serviti, a condizioni soddisfacenti per questi ultimi, accettabili per la società nel suo complesso e coerenti con le conoscenze maturate nel contesto delle discipline scientifiche di specifico riferimento”. La quality assurance consiste di due tipi fondamentali di attività che si succedono a livello operativo con sistematicità e senza interruzioni: QUALITY ASSESSMENT + QUALITY IMPROVEEMENT (VALUTAZIONE DELLA QUALITA’) (MIGLIORAMENTO DELLA QUALITA’) MISURA AZIONE Ogni intervento diretto a migliorare il livello di qualità di una prestazione o di un processo assistenziale non può, quindi, che procedere da una valutazione della situazione esistente volta a definire i problemi cui si deve tentare di porre rimedio. Una volta precisate le ipotesi di lavoro e gli oggetti di intervento, si deve procedere con l’azione diretta a operare le modificazioni ritenute necessarie. Il monitoraggio dei risultati effettivamente conseguiti e il loro confronto con quelli attesi (ovvero una successiva attività di valutazione) forniscono elementi utili per ulteriori interventi di ottimizzazione e di adeguamento. Per garantire tutto ciò è opportuno realizzare una serie di interventi armonicamente coordinati, secondo Donabedian (1989), nel cosiddetto “ciclo di monitoraggio della qualità”. Solo a partire degli anni ottanta, seguendo l’esempio coronato dal successo del Giappone, si è diffuso anche negli Stati Uniti e in Europa il concetto della qualità come fattore di competizione basato sul coinvolgimento dell’intera azienda e perciò come agente di cambiamento organizzativo. Il controllo totale della qualità o total quality management
  • 28. 28 e un approccio sistematico alla qualità non derivato da prescrizioni legislative, e rappresenta una maniera di gestire la qualità in modo globale per assicurare la piena soddisfazione del cliente, come quella della direzione e dei dipendenti. Il movimento TOTAL QUALITY MANAGEMENT (TQM), si propongono in filosofia e stile di direzione per il miglioramento continuo della qualità (Continuous Quality Improvement – CQI ), è iniziato e si è sviluppato per l’impulso dato, principalmente, da Deming (1982), Croby (1986) e Juran (Juran, Gryna,1988). Nell’approccio alla qualità totale (TQM), la formazione è ambito privilegiato per la valorizzazione del potenziale umano, un luogo dove creare sinergie, lavoro di gruppo, solidarietà, attraverso interventi continuativi nel tempo, resi omogenei da un obiettivo unificante: perseguire il miglioramento dell’organizzazione. Deming, nel suo testo L’Impresa di Qualità, ha formulato quattordici imperativi in cui sono delineati i capisaldi del TQM: 1. Crea fermezza di proposito per il miglioramento del prodotto e del servizio; 2. Adotta la nuova filosofia; 3. Cessa di dipendere dai controlli a tappeto; 4. Smette di premiare il lavoro solamente rispetto a obiettivi di produttività; 5. Migliora con costanza e per sempre il sistema di produzione e il servizio; 6. Da vita a pratiche di addestramento e di ri-addestramento; 7. Da vita alla leadership; 8. Aiuta a vincere i timori; 9. Abbatte le barriere tra aree operative diverse; 10. Elimina gli slogan, le esortazioni egli obiettivi destinati a chi lavora: 11. Elimina le quote numeriche (i totalizzatori di prestazioni); 12. Rimuove le barriere che impediscono a chi lavora di sentirsi orgoglioso; 13. Istituisce un energico programma di formazione e riaddestramento; 14. Effettua interventi per realizzare la trasformazione. L’elemento nuovo che caratterizza la qualità totale è l’avere spostato il riferimento per la qualità nella soddisfazione del cliente: essa è perciò ora interpretata come quell’insieme di processi al cliente in cui si vengono a collocare tutte le attività aziendali, dal momento che qualunque attività è riconducibile a un processo dove sono collocati da un lato il fornitore e dall’altro un cliente, e che tale catena può essere creata sia all’interno che all’esterno dell’azienda. Anche se il TQM/CQI (total quality management/controllo quality improvement), è uno stile digestione maturato in ambiente industriale, appare adatto a essere diffuso anche nel contesto delle aziende sanitarie per tre fondamentali ragioni: 1. Il problema della qualità è cruciale nel campo degli interventi sanitari, dal momento che dalle caratteristiche qualitative di questi ultimi dipende quasi
  • 29. 29 sempre la natura delle conseguenze che i destinatari del sistema sanitario possono registrare sul piano del recupero o della conservazione della loro salute; 2. E’ sempre evidente, sul piano professionale ed etico, la necessità di assicurare a chi è il principale destinatario degli interventi sanitari un ruolo fondamentale e attivo nelle decisioni relative all’orientamento dei servizi, in funzione della soddisfazione dei desideri e delle aspettative relativi alle modalità dell’erogazione dei servizi stessi; 3. E’ altresì sempre più evidente che è necessario richiedere a tutti coloro che sono coinvolti, in modo diretto o indiretto, nei processi assistenziali di sostenere un ruolo attivo nel miglioramento della qualità del loro lavoro. Da quanto esposto è comprensibile come gli approcci alla qualità si siano sviluppati nel mondo manifatturiero ponendo inizialmente al centro i problemi legati ai costi, alla rapidità di consegna, agli sprechi. Dalla metà degli anni ottanta anche il mondo dei servizi si è trovato ad affrontare gli stessi problemi, e le organizzazioni hanno così utilizzato tecniche già sperimentate nella produzione, ma opportunamente modificate. Ciò che è stato scoperto sia nel mondo della produzione che in quello dei servizi è che le vere aziende eccellenti si assomigliano ed è pertanto possibile identificare categorie comuni, raggruppate poi nell’ambito della gestione della qualità. E’ perciò emersa l’esigenza di un approccio alla qualità dei servizi alla salute partendo dall’interno del sistema sanitario, per meglio cogliere le specificità di questa categoria, senza trascurare la possibilità di utilizzare i modelli concettuali e la strumentazione metodologica efficacemente sperimentata in altri contesti. 3.2. Definizione del Concetto di Qualità in Sanità. In letteratura si trovano diverse definizioni della qualità; tuttavia, una definizione di carattere generale e quindi universalmente accettabile non è disponibile. Le difficoltà nascono soprattutto dal fatto che la qualità non è una proprietà assoluta, intrinseca ai servizi sanitari indipendente dalle nostre percezioni. Al contrario, essa è un fenomeno dinamico e multidimensionale che dipende da molti fattori, più o meno correlati, ad esempio, il tipo di prestazione ricevuta, la modalità con cui viene erogata, i costi, i risultati da raggiungere; ma la qualità dipende anche dalle aspirazioni e dalle preferenze individuali delle persone che sono chiamate a esprimere il giudizio. La Qualità può essere intesa, quindi, come il risultato di una combinazione di tanti attributi, in parte oggettivi e in parte soggettivi, non sempre tutti facilmente documentabili, ciascuno dei quali partecipa, in varia misura, a qualificare le prestazioni sanitarie. Alla luce delle considerazioni finora condotte, si possono dare differenti definizioni di qualità, ciascuna delle quali è appropriata in relazione al contesto in cui viene adottata; pertanto una definizione di qualità può contenere diverse varianti. 3.2.1. Definizione della Qualità stabilita dall’O.M.S.
  • 30. 30 “Un programma qualità di un sistema sanitario ha lo scopo di garantire che ciascun paziente riceva l’insieme degli interventi diagnostici, terapeutici ed educativi più indicati, al costo minore possibile per lo stesso risultato, con il rischio minore possibile di complicazioni iatrogene e con la sua soddisfazione rispetto agli interventi ricevuti, i contatti umani con il personale ed agli esiti” 3.2.2. Definizione dei Qualità secondo le Linee Guida Internazionali ISO 9000 /2005. Nell’accezione più ampia e completa del termine, per qualità si intende “l’insieme delle caratteristiche e degli attributi di un’entità materiale o immateriale (prodotto o servizio) che conferiscono la capacità di soddisfare le esigenze (espresse o implicite) associate ai processi di produzione/fornitura e utilizzo/fruizione dell’entità medesima ” a. Le Esigenze Implicite, sono tutte le condizioni legate alla corretta esecuzione di attività professionali sanitarie i cui gli esiti si riflettono direttamente sulla salute del paziente. Le esigenze implicite rimandano al concetto di “qualità tecnica”. b. Le esigenze Esplicite, e percepite sono invece rappresentate da tutte quelle condizioni organizzative e relazionali del modo di erogare le prestazioni che l’utente ritiene di poter pretendere dalla struttura sanitaria. Le esigenze esplicite richiamano il concetto di “qualità percepita”. 3.2.3. Definizione di Qualità secondo R. Palmer (1988). Propone che “La qualità dell’assistenza consiste nella sua capacità di migliorare lo stato di salute e soddisfazione di una popolazione, nei limiti concessi dalle tecnologie, dalle risorse disponibili e dalle caratteristiche dell’utenza” 3.2.4. Definizione di Qualità per C.C. Wright e D. Whittington. Affermano che “Dovreste comprendere che la qualità è un concetto complesso. Dato uno specifico bisogno di assistenza è possibile elencare i caratteri che descrivono la qualità ed elencare le attività che sono importanti per la qualità dell’assistenza” 3.2.5. Definizione di Qualità secondo A. Donabedian. La qualità è “Il rapporto fra i miglioramento nelle condizioni di salute ed il massimo miglioramento raggiungibile, sulla base delle conoscenze, delle risorse disponibili e delle caratteristiche del paziente ”. 3.2.6. Definizione del Concetto di Qualità dell’Assistenza Infermieristica per Malinverno (2005).
  • 31. 31 Definisce la qualità come “L’insieme delle caratteristi che conferiscono alla prestazione infermieristica la capacità di soddisfare in modo appropriato il bisogno di assistenza infermieristica della persona assistita, nei limiti concessi dalla competenza professionale dell’infermiere, dalle tecnologie e dalle risorse disponibili”. Questo concetto di qualità, che implica dinamicità, si associa a un agire supportato del processo dell’EBM-EBN (Evidence-Base medicine/Evidence-Based Nursing); infatti, lo sviluppo scientifico, culturale e sociale dell’assistenza infermieristica è strettamente consequenziale alla piena valorizzazione di una competenza tecnica dell’infermiere nell’ambito dell’assistenza sanitaria, in grado di produrre, a favore delle persone assistite, propri risultati di salute sostenuti da prove cliniche di efficacia. Si tratta cioè di fondare la valutazione , la decisione e l’azione infermieristica sulle conoscenze prodotto dalla ricerca e su adeguati indicatori e standard di buona qualità elaborati con riferimento a un preciso approccio metodologico: il miglioramento della qualità. 3.3. Le Dimensioni della Qualità Nel tentativo di oggettivare e misurare la qualità della assistenza infermieristica, alcuni autori hanno introdotto il concetto di Dimensione della Qualità.  Efficacia Attesa. Capacità potenziale di un certo intervento di modificare in modo favorevole le condizioni di salute delle persone a cui è rivolto, quando viene applicato in condizioni ottimali. Fare solo ciò che è utile.  Efficacia Pratica. Risultati ottenuti dall’applicazione di routine dell’intervento. Nel modo migliore.  Competenza Tecnica. Livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, delle tecnologie disponibili. Da parte di chi eroga le cure.  Accettabilità. Grado di apprezzamento del servizio da parte dell’utente. Per chi riceve le cure.  Efficienza. Capacità di raggiungere i risultati attesi con il minor consto possibile. Con il minor costo.  Adeguatezza – Accessibilità. Capacità di assicurare le cure appropriate a tutti coloro che ne hanno veramente bisogno. A coloro che ne hanno bisogno.
  • 32. 32  Appropriatezza. Grado di utilità della prestazione rispetto al problema clinico e allo stato delle conoscenze. Soltanto a chi ne ha bisogno. La chiave del miglioramento della qualità dei servizi sanitari è rappresentata dalle interdipendenze fra queste tre dimensioni:  L’utente, che trova negli aspetti soggettivi che contraddistinguono la qualità percepita gli elementi di valutazione della prestazione;  Il professionale, che trova gli elementi con cui generare confronti e valutazioni nell’ambito delle conoscenze consolidate dalle discipline scientifiche;  Il management, che trova nella dimensione economica e di mercato, i parametri con cui valutare la qualità delle prestazioni erogate, come componente della performance aziendale. La complessità del sistema qualità è dovuta alla sua pervasività nello spazio organizzativo, alla prospettiva temporale necessaria per cogliere la sua evoluzione nel tempo, alla molteplicità dei soggetti che assumono prospettive diverse di valutazione, alla sua multidimensionalità, alla valenza istituzionale e organizzativa. 3.4. Metodologia e Strumenti per il Miglioramento della Qualità. La Qualità e la sua valutazione nei servizi sanitari si è sviluppato in Italia in tempi relativamente recenti e solo ultimamente sta acquisendo la dovuta centralità, diventando la mission dei sistemi sanitari nazionali. I metodi e gli strumenti di qualità si propongono di migliorare l’appropriatezza, l’efficacia e l’efficienza della prestazione clinico–assistenziale; e non solo, sono indirizzati a diminuire la variabilità dei comportamenti. 3.4.1. Linee Guida ed Evidence Based Medicine. Le Linee Guida e l’Evidence based Medicine (EMB), sono istrumenti ideati per valutare la good practice ed il comportamento professionale nella pratica clinica. Le Linee Guida e l’EBM hanno i loro presupposti teorici nella epidemiologia clinica, la quale si propone di riordinare i risultati della ricerca clinica e di definire gli effetti delle scelte cliniche sulla salute. Le linee guida sono costituite da un insieme di indicatori riferiti a specifici problemi clinici, elaborati da un gruppo di pari, dopo attenta revisione della
  • 33. 33 letteratura esistente, allo scopo di aiutare la decisione medica e di ridurre l’alta variabilità dei comportamenti. Il processo di sviluppo delle Linee Guida deve essere sistematico, trasparente e deve includere tutti i possibili attori del sistema. Il livello di efficacia dimostrata per le raccomandazioni deve essere chiaramente stabilito, come devono essere chiaramente definite le popolazioni e le circostanze cliniche in cui le linee guida devono essere usate. Le Linee Guida devono essere utili, accessibili, facili da usare e comprensibili sia per i professionisti sia per il pubblico, devono prendere in considerazione il rapporto costi-efficacia degli interventi proposti, essere aggiornate a intervalli regolari e soprattutto quando emergono nuove conoscenze di dimostrata efficacia o nuove tecnologie, e devono essere disseminate in maniera pianificata. In quanto, a gli effetti delle Linee Guida devono essere monitorati e i risultati considerati nel loro sviluppo e disseminazione. I critici delle Linee guida sostengono l’inapplicabilità delle stesse nella pratica clinica, in quanto il malato è unico e di conseguenza il comportamento medico non può che essere altamente variabili. I sostenitori delle Linee guida fanno riferimento al fatto che la buona pratica clinica è fondata sulla consapevolezza dell’incertezza decisionale, sulle conoscenze di fisiopatologia, sull’istinto clinico, sulle conoscenze mediche personali, sulla pratica clinica individuale, e sull’approccio critico della letteratura medica. Con il Decreto Ministeriale del 30 giugno 2004, è stato istituito il Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG) a cui partecipano le istituzioni centrale, le regioni e le società scientifiche. Il SNLG definisce la priorità condivise privilegiando le tematiche associate in primo luogo a variabilità nella pratica clinica, liste d’attesa significative, appropriatezza diagnostico-teraperutica, obiettivi individuati dal Piano sanitario nazionale. 3.4.2. L’Accreditamento Professionale. L’accreditamento professionale va definito come un meccanismo di valutazione esterna tra i pari (accreditamento all’eccellenza), per accertare il grado di corrispondenza a gli indicatori di qualità, come meccanismo di valutazione che miglio possa rispondere alle esigenze di miglioramento continuo della prestazione sanitaria, mediante un’organizzazione ad alta intensità di professionalità, dove il capitale umano è l’elemento decisivo per la qualità del prodotto; di conseguenza, un’azienda deve mantenere quanto più possibile alto il livello di competitività del proprio prodotto (prestazione sanitaria).
  • 34. 34 L’accreditamento può essere ugualmente come “un’attività di valutazione periodica e sistematica, su base volontaria, dell’effettiva corrispondenza delle prestazioni erogate ai criteri e gli standard, de buona qualità, predefiniti; uno strumento che garantisce la qualità delle prestazioni clinico -assistenziali in termini di continuo miglioramento e di adeguatezza ai bisogni di salute” (Malinverno, 2002). Gli elementi che contraddistinguono l’accreditamento professionale sono: 1°. La richiesta è effettuata dai professionisti su base volontaria; 2°. Il processo è di tipo partecipativo e coinvolge tutti i professionisti; 3°. La valutazione è continua (si tratta di un processo di autovalutazione professionale); 4°. I criteri e gli standard di accreditamento vengono predefiniti dagli operatori coinvolti nel processo; 5°. I risultati vengono diffusi a tutti gli interessati ai quali viene richiesto il consenso o il dissenso motivato. La progettazione di un processo di accreditamento professionale così intenso presuppone necessariamente per l’infermiere una chiara identità professionale e l’adozione di un preciso modello concettuale dell’assistenza infermieristica che oriente tutte le fasi del processo; con l’obiettivo di migliorare la prestazione infermieristica e la competenza professionale. L’infermiere è, quindi, accreditabile all’eccellenza nella misura in cui dimostra: 1°. Di adottare sistematicamente metodi e strumenti operativi di provata efficacia; 2°. Di operare sulla base del principio di parsimonia, con appropriatezza degli interventi decisi e concentrando l’attenzione sia sul processo di assistenza infermieristica sia sui risultati delle azioni intraprese; 3°. Di essere adeguatamente formato sul piano della competenza richiesta. L’infermiere in tal senso diventa soggetto e oggetto, produttore e fruitore del percorso di accreditamento, in quanto il miglioramento dei comportamenti, espressione delle prestazioni infermieristiche erogate, non solo è un diritto del cittadino ma un dovere dell’infermiere. Il processo di miglioramento continuo della qualità dei servizi erogati nell’ambito dei Servizi Sanitari è ormai da qualche tempo avviato e dimostra la crescita di una cultura che deve tenere conto delle strutture, delle risorse umane e dei sistemi economi delle Organizzazioni Sanitarie, nasce così il programma nazionale
  • 35. 35 per le attività formative, il sistema d’Educazione Continua in Medicina (ECM), attivo in Italia dal 2002. L’ECM (educazione continua in medicina) è un sistema di aggiornamento grazie al quale il professionista sanitario si aggiorna per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio Sanitario e del proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina (ECM) comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili a una pratica competente ed esperta, per poter acquisire queste conoscenze è necessario l'aggiornamento continuo. Il Programma Nazionale di E.C.M, riguarda tutto il personale sanitario, medico e non medico, dipendente o libero professionista, operante nella Sanità, sia privata che pubblica. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema in grado di verificare e di promuovere su scala nazionale la qualità della formazione continua, anche attraverso l’opera di osservatori indipendenti e con criteri e modalità condivisi. Gli operatori della salute hanno l'obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire una assistenza qualitativamente utile. L'accreditamento consiste nella assegnazione all'evento di un certo numero di Crediti formativi E.C.M., che sono formalmente riconosciuti ai partecipanti all'evento. E' compito degli organizzatori segnalare ai partecipanti il valore dei Crediti formativi E.C.M. assegnati dalla Commissione Nazionale e rilasciare agli stessi un attestato apposito; attraverso i diversi provider gli Ordine, i Collegi e l’Associazione professionali secondo le istruzioni che indicherà la Commissione nazionale per la formazione continua, potranno verificare i crediti acquisiti di ogni professionista. I Crediti formativi E.C.M. sono espressi in numeri interi; ogni attività formativa programmata, ossia ogni evento formativo, si vedrà assegnato un numero di Crediti formativi E.C.M. Il programma nazionale prevede che l'E.C.M. deva essere controllata, verificata e misurabile; inoltre, deve essere incoraggiata, promossa ed organizzata. Sono esonerati dall'obbligo dell'E.C.M. il personale sanitario che frequenta, in Italia o all'estero, corsi di formazione post-base propri della teoria di appartenenza (corso di specializzazione, dottorato di ricerca, master, corso di perfezionamento scientifico e laurea specialistica, previsti e disciplinati dal Decreto del MURST del 3 novembre 1999, n. 509, pubblicato nella G.U. n. 2 del 4 gennaio 2000. La partecipazione ai programmi d’E.M.C. è un dovere degli operatori della Sanità, richiamato anche dal Codice Deontologico, ma è anche un diritto dei cittadini, che giustamente richiedono operatori attenti, aggiornati e sensibili. Ciò è oggi particolarmente importante ove si pensi che il cittadino è sempre più informato
  • 36. 36 sulle possibilità della medicina di rispondere, oltre che a domande di cura, a domande più complessive di salute. 3.4.3. L’Accreditamento Istituzionale. L’accreditamento si configura come una particolare forma di controllo della qualità in campo sanitario, il principio che lo regola è che un risultato assistenziale di buona qualità può essere conseguito con maggiori possibilità se vengono predefiniti i criteri di validità riconosciuti e condivisi. L’accreditamento è un processo di valutazione sistematico e periodico, nel quale una organizzazione esterna alle strutture sanitarie, usualmente no governativa, valuta un’organizzazione sanitaria per determinare se corrisponda ad un insieme di standard finalizzati a mantenere e migliorare la qualità dell’assistenza sanitaria. Solitamente è volontario; gli standard di accreditamento sono normalmente considerati ottimali e raggiungibili (JCI 1999). L’accreditamento è dato da parte della Regione a un soggetto, già autorizzato all’erogazione di prestazioni sanitarie, per permettergli di svolgere la propria attività per conto del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), è una condizione necessaria per tutti coloro che, siano soggetti pubblici o privati, vogliano erogare le prestazione del servizio sanitario pubblico. L’accreditamento è un percorso obbligatorio per le strutture pubbliche (ASL, Aziende Ospedaliere), è invece facoltativo e volontaria per i soggetti privati che però, se privi di accreditamento, non possono erogare le prestazioni in convenzione con il SSN. Il concetto di accreditamento è stato introdotto per la prima volta in Italia con il D. Lgs. N. 502/92. Fino al 1996 l’accreditamento è stato automaticamente riconosciuto per le strutture pubbliche o private con un precedente rapporto di convenzione con il SSN. I DPR. Dal 14.01.1997, definisce i requisiti minimi strutturali, tecnologici, organizzativi, le strutture di nuova realizzazione devono da subito attenersi ai requisiti specificati, incluse quelle che attuano ampliamenti o modifiche. Sono interessate tutte le strutture sanitarie che erogano prestazioni sanitarie sia in regime ambulatoriale, da ricovero, assistenza specialistica, prestazioni riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio e residenziale. Gli Enti di Certificazione per l’accreditamento sono: 3.4.3.1. Il Sistema Organizzativo e Gestionale ISO 9001:2008.. Il sistema Organizzativo e Gestionale è dato delle ISO 9001:2008 (International Standards For Organizations), ed è l’accreditamento sanitario secondo modelli organizzativi derivanti dal mondo industriale, sempre più
  • 37. 37 applicati in Sanità, sono norme di applicazione generale che possono essere adattate a tutti i settori produttivi di beni e servizi e sono utilizzate quando esiste la necessità di dimostrare la propria capacità di progettazione e fornitura di un prodotto conforme. I requisiti di tali norme sono costruiti per fornire una garanzia al cliente non attraverso un controllo sul risultato ma, piuttosto, sul rispetto di procedure predefinite, così da poter ridurre drasticamente i rischi di non conformità. I sistemi qualità ispirati alla norma ISO sono molto diffusi nelle aziende di produzione dei bene. Le norme ISO hanno il pregio di consentire una definizione precisa dei ruoli e delle relative modalità di comunicazione ed integrazione, riducendo i costi della “non qualità” e migliorando il servizio reso. 3.4.3.2. L’Accreditamento D’Eccellenza. Nel rispetto degli indirizzi dei Piani Sanitari Nazionali e delle scelte Regionali, si sono sviluppati, in modo eterogeneo in Italia, modelli di accreditamento secondo standard del mondo anglosassone, come l’Accreditamento della Joint Commission of Accreditation of Hospital (JCAH), e del Canadian Council of Health Services Accreditation (CCHSA). La Joint Commission on Accreditation of Healthcare Organizazion (JCAHO) nasce come modello negli Stati Uniti nel 1917, si impone definitivamente nel 1951 come un’organizzazione non governativa e non profit dedita al miglioramento della qualità e della sicurezza nei servizi sanitari. Si presenta tra gli enti accreditanti più grandi e prestigiosi al mondo, oggi negli Stati Uniti accredita più di 10.000 organizzazioni sanitarie. Avvalendosi di esperti in tutte le aree specialistiche e di una straordinaria esperienza, la Joint Commission fornisce elementi oggettivi per valutare le organizzazioni sanitarie sulla base di criteri espliciti e condivisi. La Canadian Council of Health Services Accreditation (CCHSA), nacque successivamente alla Joint Commision, come un’organizzazione no profit per l’accreditamento delle strutture sanitarie nazionali e internazionali, con l’obiettivo di migliorare la qualità dei servizi, basati sugli standard di eccellenza. I programmi e le linee guida di accreditamento hanno contribuito a promuovere l’organizzazione. Il CCHSA, considera l’accreditamento come un processo continuo, quindi, le strutture accreditate aderiscono al programma per mantenere e migliorare la qualità generale a lungo termine. Sullo stesso modello si sviluppò all'inizio degli anni '70, un'agenzia simile anche in Australia (Australian Council on Healthcare Standards, ACHS). 3.5. Normativa di Riferimento per la Qualità in Sanità.
  • 38. 38 A livello europeo e nazionale numerosi sono i documenti normativi sulla la qualità; si tratta di norme sempre più rispondenti alle esigenze del cittadino, al passo con il progresso scientifico e conforme ai profondi cambiamenti riguardanti l’assetto istituzionale e organizzativo sanitario. La Qualità in Sanità inizia nel 1992 con il D.L. 502 e nel l993 con il D. L. 517. Nasce così il complesso fenomeno dell’innovazione resasi necessaria per configurare un disegno generale di riforma per migliorare il Servizio Sanitario. I successivi D. P. R. 14 gennaio 1997 n° 801 (che introduce il concetto di accreditamento delle strutture sanitarie e ed i sistemi di valutazione e miglioramento delle attività) e D. L. 229/99 (che ribadisce la necessità di garantire la qualità dell’assistenza e propone il metodo di verifica e revisione, prevedendo accordi tra Regione ed Aziende Sanitarie) definiscono meglio i campi d’azione. 3.5.1. La Carta di Lubiana. L’approvazione della Carta di Lubiana, sulla riforma dei sistemi sanitari da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) a Lubiana, Slovenia, il 19 di giugno 1996. Con la presente Carta l’Unione Europea si propone di definire e coordinare un insieme di principi che emergono dagli attuali diversi sistemi sanitari e che comunque permettono di migliorate l’assistenza sanitaria in tutti gli Stati membri dell’OMS nella regione europea. Tali principi si fondano sull’esperienza e sulla strategia europea della “Salute per Tutti”. In questo documento si fa riferimento alle riforme sanitarie nello specifico contesto europeo ed è centrato sul principio secondo il quale “l’assistenza sanitaria deve innanzitutto e soprattutto portare ad un miglioramento dello stato di salute e della vita delle persone”. 3.5.2. La Carta di Portonovo. La Società Italiana per la Qualità dell’assistenza sanitaria (verifica e revisione della qualità, SIQUAS-VRQ), società scientifica multidisciplinare e interprofessionale fondata nel 1984, propone, la Carta di Portonovo. In questo documento sono riportati i principi a cui dovrebbero ispirarsi le organizzazioni e in singoli professionisti che intendono offrire servizi di buona qualità e promuovere il miglioramento verso l’eccellenza. I principi della qualità sono: 1°. Centralità della persona. Progettare e realizzare le attività ei servizi sulla base dei bisogni del singolo e della comunità.
  • 39. 39 2°. Etica ed equità. Rispettare i principi universali e la tutela della dignità della persona. Garantire che i cittadini abbiano pari opportunità di accesso a servizi di uguale qualità. 3°. Condivisione, coerenza e uniformità. Sviluppare le attività in un sistema integrato e coerente basato su criteri e standard espliciti e riconosciuti. 4°. Valutazione. Valutare sistematicamente i risultati delle attività attraverso l’utilizzo di indicato ridi processo e di esito. 5°. Leadership, apertura, trasparenza e collaborazione. Progettare, organizzare, confortare e scambiare informazioni ed esperienze in un clima di collaborazione e di supporto reciproco. 6°. Efficacia e appropriatezza. Realizzare interventi basati su prove di efficacia e secondo criteri di appropriatezza. Riferire ogni azione clinica e organizzativa ai dati e al metodo scientifico. 7°. Sicurezza. Promuovere la cultura della sicurezza, prevenire gli eventi e realizzare un ambiente sicuro. Individuare i rischi e le possibili cause di errore. 8°. Efficienza. Utilizzare con responsabilità le risorse disponibili. 9°. Integrazione e continuità assistenziale. Promuovere la collaborazione tra discipline, professione, organizzazioni e istituzioni secondo modalità esplicite e condivise. 10°. Informazione, comunicazione e partecipazione. Garantire l’informazione e la comunicazione con il paziente, i cittadini e i professionisti. Favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte e diffondere la cultura scientifica sull’efficacia degli interventi. 11°. Innovazione e creatività. Stimolare la ricerca di soluzioni innovative e sostenere il cambiamento. 12°. Competenze e formazione. Considerare la formazione continua come parte integrante della professione e dell’organizzazione. Adeguare competenze, conoscenze e abilità agli obiettivi delle professioni e delle organizzazioni.
  • 40. 40 CAPITOLO IV PROCESSI DI STANDARDIZZAZIONE NELLA PRASSI INFERMIERISTICA La Professione Infermieristica influenzata sia per lo sviluppo scientifico, culturale e sociale e sia per la piena valorizzazione delle competenze dell’infermiere nell’ambito della assistenza sanitaria, è in grado di produrre i propri risultati, sostenuti da prove cliniche di efficacia (Evidence Based Nursing). Con un nuovo contesto giuridico e professionale che regolamenta il ruolo e le funzioni dell’infermiere; di conseguenza, il consolidamento della sfera di autonomia e di responsabilità professionale nell’assistenza, impone all’infermiere il possesso di un articolato bagaglio metodologico, tecnico e relazionale da utilizzare in ambito clinico ed organizzativo. E’ importante orientare la pratica professionale verso appropriatezza, l’efficacia e l’efficienza delle prestazioni; di organizzare l’assistenza infermieristica secondo modelli gestionali e per processi. 4.1. Definizione dei Profili di Responsabilità,Autonomia e Competenze della Professione Infermieristica. L’evoluzione del quadro normativo infermieristico, negli ultimi anni ha raggiunto obiettivi importanti, delineano importanti cambiamenti per l’infermiere, che impongono una reinterpretazione del concetto di responsabilità professionale, come conseguenza di un lungo percorso di emancipazione professionale. In un quadro generale notevolmente modificato basta pensare all’aziendalizzazione delle strutture sanitarie, alla regionalizzazione del servizio sanitario nazionale, all’accreditamento istituzionale, alle disposizioni in tema di qualità dei servizi. Tali cambiamenti densi di novità, hanno comportato un processo di crescita culturale professionale di straordinario rilievo, caratterizzato dall’abolizione del mansionario, dalla definizione del profilo, dal riordino dell’esercizio professionale con l’istituzione della dirigenza infermieristica, dal passaggio della formazione a livello universitario, con l’introduzione della laurea di primo livello e della laurea specialistica, dalla riclassificazione dei professionisti sanitari. Il Decreto 14/09/1994 n. 739 definisce il Profilo Professionale dell’Infermiere, “Regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere”, delinea il profilo professionale dell’infermiere ( che viene definito responsabile dell’assistenza generale infermieristica) e specifica che l'assistenza infermieristica, preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa, è di natura tecnica,
  • 41. 41 relazionale, educativa. Introduce in modo importante il concetto di responsabilità, l’autonomia professionale e la specificità disciplinare dell’assistenza infermieristica. “L’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”, anche se utilizza ancora il termine di “operatore sanitario” e non di “professionista sanitario”. La Legge 26/02/1999 n. 42. “Disposizioni in materia di professioni sanitarie” sancisce che la infermieristica è una professione sanitaria, abolisce e sancisce la fine del mansionario, definendo il proprio campo de attività e responsabilità della professione infermieristica, infatti, è definito dai contenuti del decreto ministeriale istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici. L’Autonomia professionale e la specificità disciplinare dell’assistenza infermieristica sono i presupposti dell’attività infermieristica dal punto di vista giuridico e disciplinare e ne definiscono l’assunzione della responsabilità professionale. Con l’importante passaggio da “Professione Sanitaria Ausiliaria” a “Professione Sanitaria” a tutti gli effetti. L’ultimo passaggio a completamento di questo percorso e rappresentato dalla Legge 251/2000; da rilevata importanza, primo perché in linea con la L. 42(99, ribadisce il concetto che gli operatori devono agire con “Autonomia Professionale”, e secondo passaggio fondamentale per cui questa norma viene ricordata come la “Legge della Dirigenza”. La Professione Infermieristica, oggi è riconosciuta a pieno titolo tra le professioni intellettuali, è stato sancito normativamente il precorso della professione infermieristica che passa da un concetto di responsabilità sugli atti ad una responsabilità sui risultati, peculiare dell’agire professionale, e per la quale è necessaria l’iscrizione all’albo professionale ed è richiesta una formazione di tipo universitario (Libro V, titolo III, Capo II, Art. 2229 del Codice Civile). Le Professioni intellettuali definite così per che lo svolgimento delle loro attività sono di natura prevalentemente intellettuale, il loro esercizio richiede il possesso di particolari ed idonei requisiti di formazione culturale, scientifica e tecnica ed è caratterizzato da autonomia decisionale nella determinazione delle modalità di perseguimento dei risultati, nonché dall’assunzione di responsabilità dirette e personali in relazione alle prestazioni svolte; quindi, la Professionalità è la capacità di esercitare una personale funzione complessa disponendo di conoscenze generali e specifiche, con competenza (conoscenza, esperienza, e creatività), responsabilità (attribuita dalla funzione); ed Autonomia; rimanendo costantemente orientati all’’aggiornamento e alla ricerca.
  • 42. 42 Con la nuova normativa quattro sono i pilastri della Professione Infermieristica, che determinano il campo di Responsabilità; Autonomia e Competenza, 1°. Il Codice Deontologico. 2°. Il Profilo Professionale. 3°. L’Ordinamento Didattico. 4°. La formazione Post – Base.base La Responsabilità come concetto generale, si riferisce all’effetto determinato dall’agire di un soggetto da cui deriva l’obbligo di rispondere del proprio operato se eseguito in modo non corretto. Il termine di responsabilità ha insita in sé una doppia valenza: quella che rende evidente l’intellettualità della professione così come delineata dalla legge 42/99, che richiama alla consapevolezza degli obblighi connessi all’esercizio professionale e all’implicito ed esplicito impegno ad operare nell’interesse del soggetto a cui la professione si rivolge,tenuto conto delle norme etiche e deontologiche. Operare nell’interesse del soggetto assistito significa avere consapevolezza delle possibili conseguenze a cui l’esercizio professionale espone; farsi carico della propria responsabilità ed operare in modo da poter sistematicamente e proattivamente dare risposta, a chi ne dovesse chiedere conto,sulle decisioni assunte e sulle modalità prestazionali adottate. L’infermiere, come tutti gli altri professionisti, è soggetto a diverse tipologie di responsabilità: 1°. Responsabilità Penale, 2°. Responsabilità Civile, 3°. Responsabilità Amministrativa, 4°. Responsabilità Ordinistica. Le diverse responsabilità si differenziano, in relazione alla sanzione prevista, nonchè al giudice che la applica. 1°. La Responsabilità Penale. La Responsabilità Penale è personale e non è trasferibile a terzi e deriva da un comportamento attivo o omissivo previsto come reato dal codice penale. Quando l’infermiere realizza una condotta caratterizzata da un inescusabile errore professionale colpevole (derivante da negligenza, imprudenza o imperizia o dal non aver osservato le regole proprie della disciplina infermieristica) da cui è derivato un danno per il paziente, realizza un reato e conseguentemente può essere assoggettato a procedimento penale. Nel momento in cui è dimostrata la sussistenza del reato, in quanto tale, sanzionato dal codice penale con pene detentive (arresto e reclusione) e pecuniarie (ammenda e multa).
  • 43. 43 La pena si identifica quale sanzione erogata tramite un processo, è proporzionata al fatto commesso ed è prevista dalla legge ( legale). Il reato si individua quando il realizzarsi di un evento dannoso o pericoloso sia stato causato da un comportamento commissivo od omissivo. I reati si distinguono, a seconda dell’elemento psicologico presente, in reato doloso o secondo l’intenzione, in reato colposo o contro l’intenzione ed in reato preterintenzionale o oltre l’intenzione. Nel reato colposo ( più importante nella responsabilità professionale) le fattispecie previste sono quelle dovute a comportamenti fondati su: a. Negligenza, danno causato da trascuratezza, superficialità, mancanza di attenzione e di diligenza, condotta omissiva (non fare quello che si deve fare); b. Imprudenza, danno dovuto a comportamento avventato, condotta commissiva (fare quello che non devi fare); c. Imperizia, danno provocato da insufficiente capacità o preparazione, (fare quello che non si sa fare). Tra i reati imputabili all’infermiere ci sono: a. L’Esercizio abusivo della professione; b. Detenzione e somministrazione di farmaci guasti; c. Rilevazione di segreto professionale; d. Omissione di soccorso; e. Omissione di referto. 2°. La Responsabilità Civile. La responsabilità civile presuppone un danno patrimoniale da riparare con il risarcimento. È una responsabilità patrimoniale e consiste nell’obbligo di risarcire il danno conseguente ad un comportamento illecito o perché il danno è ingiustamente derivante dalla realizzazione di un reato (lesione o morte del paziente) o perché l’attività posta in essere dall’infermiere non risponde ai requisiti minimi di diligenza previsti dalle regole fondanti la professione infermieristica. 3°. La Responsabilità Amministrativa. E’ conseguente ai casi di condanne degli infermieri pubblici dipendenti per“colpa grave” ed è di competenza della Corte dei Conti. L’infermiere pubblico dipendente (o comunque operante per conto di una struttura sanitaria pubblica/convenzionata) è soggetto al regime di responsabilità dei dipendenti civili dello Stato (Dpr 761/79;
  • 44. 44 Dpr 3/57; Rd 1214/34; Rd 2440/23). Il regime di responsabilità dei dipendenti civili dello Stato comporta che qualora l’Azienda sanitaria sia condannata a risarcire ad un paziente (direttamente o per il tramite dell’assicurazione) un danno derivante da dolo o “colpa grave”, ha l’obbligo di richiedere al dipendente (nel nostro caso all’infermiere) la restituzione della somma di denaro versata a titolo di risarcimento al paziente (la cosiddetta azione di “rivalsa”). La violazione dell’obbligo dell’Azienda alla rivalsa integra un danno erariale da parte dell’Ente la cui competenza è del giudice contabile: la Corte dei Conti. 4°. La Responsabilità Ordinistica La normativa in materia ordinistica descrive le principali norme di legge e regolamentari che riguardano l'attività dell'Ordine; oltre alle sanzioni applicate dal giudice, altre sanzioni possono essere irrogate all’Infermiere e sono quelle derivanti dal proprio Collegio professionale per violazioni inerenti ad inadempienze di tipo deontologico, riguardanti il mantenimento del decoro della professione. L’infermiere dipendente della Pubblica Amministrazione può essere sottoposto ad un duplice potere disciplinare; dall’ente da cui dipende e dall’Ordine professionale a cui è iscritto. La Competenza come concetto generale è il risultato della conoscenza, elaborazione, comprensione e giudizio; insieme alle abilità psicomotorie, interpersonali, cognitive, e tecniche; e non solo, ma anche agli attributi ed attitudini personali, è il valore aggiunto del professionista, che viene messa in atto in un determinato contesto per raggiungere un determinato scopo, e non solo riferito a quello che è di pertinenza, ma anche quello di cui si è competenti; ossia, è la capacità che deriva dall’aggiornamento delle conoscenze, attraverso la formazione permanente, e la riflessione critica sull’esperienza. La competenza può essere definita come l’essere in grado di rispondere delle proprie azioni e comporta che vengano fornite ragioni e spiegazioni soddisfacenti per le proprie azioni o per come è stato eseguito il proprio dovere. Il concetto di competenza può identificarsi in due aspetti fondamentali:  La capacità di rispondere;  La responsabilità. La responsabilità non comprende solamente “la propria condotta intenzionale” ma anche “qualsiasi cosa nei confronti della quale si ritiene che il soggetto in questione abbia una relazione di tipo causale (indipendentemente dal fatto che tale percezione sia giustificata o meno). Secondo il Code of Ethics for Nurses dell’ICN16 (2000) è responsabilità dell’Infermiere: