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APPUNTI DI STUDIO TESTO
DAGLI OBIETTIVI FORMATIVI ALLE COMPETENZE FONDAMENTALI DI G. ZANNIELLO
CAP 1 OBIETTIVI E COMPETENZE NELLA PROGETTAZIONE DIDATTICA
Al modello didattico ispirato al comportamentismo e che prevedeva solo obiettivi completamente
verificabili mediante performance fornite dagli alunni si è passati alla prospettiva pedagogica delle
competenze. Essa è compatibile con la progettazione didattica che si ispira al sistema degli obiettivi
fondamentali che, come è noto , nacque per superare i limiti delle tassonomie (La Tassonomia di Bloom è
un sistema di classificazione analitica e gerarchica degli obiettivi educativi generali e delle capacita'
intellettive individuali.
La tassonomia di Bloom e' molto diffusa nella didattica assistita dalle Nuove Tecnologie e prevede 6 livelli di
complessita' crescente: 1) ricordare, 2) capire, 3) applicare, 4) analizzare, 5) valutare, 6) creare.). insegnare
per competenze implica la scelta di un preciso modello didattico che si basa sui principi della globalità e
della significatività dell’esperienza di apprendimento per gli alunni. La visione d’insieme che l’insegnante
riesce a fornire agli alunni ogni volta che introduce un nuovo tema di studio, i collegamenti che fa quanto
agli alunni è già noto e con gli sviluppi ulteriori dell’argomento, favorisce la loro attenzione e il loro
interesse. Un apprendimento è significativo quando il discente comprende il motivo per cui vale la pena di
dedicare tempo ed energie per imparare qualcosa che lo farà viverre meglio. Ciò aiuta gli insegnanti a
collegare conoscenze, abilità e valori e l’approccio interdisciplinare ai problemi, senza trascurare lo sviluppo
degli atteggiamenti e delle disposizioni favorevoli alla comunicazione alla collaborazione e all’intero arco
dell’esistenza. Il sistema degli obiettivi educativi fondamentali (SOFE) ideato da Garcia Hoz affronta il
problema della frammentazione degli obiettivi prodotta dalle tassonomie e della loro sconnessione; viene
incontro all’esigenza degli insegnanti di possedere un quadro di riferimento per individuare i traguardi
intermedi del processo di acquisizione delle competenze necessarie per vivere da protagonisti attivi nella
società.
1.1 i presupposti di antropologia pedagogica
le caratteristiche fondamentali della persona sono la singolarità, l’apertura e l’autonomia . Come
coltivarle nella concreta quotidianità della vita scolastica? Sorge l’esigenza pedagogica di sviluppare al
massimo l’originalità di ogni alunno e fargli raggiungere l’eccellenza personale in un campo specifico
che è solo suo. L’ins. deve sviluppare la capacità relazionale con i suoi alunni. La gioia che un alunno
manifesta quando si accorge di essere diventato capace di fare qualcosa da solo senza l’aiuto
dell’insegnante è un chiaro segnale di autonomia che si deve evolvere in libertà morale di volere e
sapere agire rettamente. L’insegnante Ha bisogno di alzare lo sguardo verso la meta per domandarsi
dove vuole condurre gli alunni. Cosa è vero, buono bello per loro?Come far vivere loro la gioia della
contemplazione? La felicità è il fine, ma si può avere un’esperienza di felicità chiamata gioia. È il clima
gioioso che si deve percepire immediatamente in una classe scolastica. È ritenuta educata una persona
quando è capace di agire rettamente con libertà e si giunge a ciò verso la fine dell’adolescenza. Il
progetto educativo in senso stretto si può dire fondamentalmente concluso quando il giovane
costruisce liberamente il suo progetto personale di vita per raggiungere la felicità. La scuola offre motivi
intellettuali a sostegno delle scelte morali degli alunni e offre loro la possibilità di agire bene all’interno
di una comunità dove si sperimenta il valore positivo della comprensione, della solidarietà e della
collaborazione. L’insegnante deve immaginare come potrà evolvere ogni alunno partendo da come egli
è realmente, con tutte le sue potenzialità, nel momento in cui se ne prende cura. A volte una semplice
smorfia del viso dell’insegnante può bloccare la manifestazione del vissuto interiore degli alunni. Alla
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scuola si richiede di compensare il più possibile negli alunni la loro mancanza di esercizio dei 5 sensi a
causa delle abitudini di vita indotte dalla società tecnologica e consumistica e dalla necessità di vivere
in pochi spazi verdi. L’attività educativa deve agire sulle tre dimensioni:la corporeità (conoscenze
sensibili, attitudini senso motorie, impulsi primari), l’intelligenza (conoscenze universali, attitudini
speculative e tecniche) la volontà (decisioni, abiti morali, abiti religiosi) in maniera unitaria. Una nota
caratteristica della persona è l’apertura, la comunicazione, la relazionalità che presenta tre diritti
fondamentali : la sicurezza, il senso della dignità personale e la solidarietà.
1.2 unità del sapere e unità di vita
agli insegnanti viene chiesto di curare in primo luogo l’aspetto intellettuale della formazione degli
alunni. Esiste il rischio di ridurre l’educazione ad una serie di attività che producono apprendimenti
sconnessi. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: i giovani non riescono a mettere ordine nei loro
pensieri e a strutturare un sistema di valori che dia significato alla loro vita. La scuola intendo
collaborare con la famiglia affinchè gli allievi siano capaci di ordinare la loro vita e di agire
coerentemente con i principi veri che hanno interiorizzato. Si sa che l’azione educativa sviluppa tutte le
sue potenzialità quando è unitaria. L’insegnamento si svolge in modi tale da sollecitare l’alunno alla
ricerca delle cause e dei fini del suo agire così, mentre acquisisce conoscenze ed abilità, l’alunno impara
a vivere da uomo. Per favorire il consolidamento dell’unità interiore ogni insegnante deve essere
convinto che all’interno della singola personalità, l’intelletto e la volontà interagiscono continuamente.
La seconda condizione consiste nel fatto che ogni azione educativa del singolo insegnante sia sinergica
con quelle dei suoi colleghi. Con Corallo si dice che “la cultura è un universale umano. È un stile di vita
di soluzione organica e coerente di tutti i problemi di un uomo o di una comunità omogenea”. La
semplice istruzione non basta a caratterizzare l’attività scolastica, l’educazione prima di tutto
intellettuale parte dall’intelligenza per coinvolgere l’intera persona. Anche l’educazione alla volontà
costituisce un compito ineludibile (i no che aiutano a crescere). L’integralità dell’educazione si
raggiunge quando si considera la presenza delle tendenze sensibili. La ricerca naturale del piacere va
tenuta presente durante le attività scolastiche. Va favorita anche l’intraprendenza a cura della saggezza
dell’insegnante. Il gioco lo studio il lavoro la riflessione interiore sono le modalità principali con cui gli
alunni apprendono. Sapere che gli alunni gradiscono imparare divertendosi non è un dato trascurabile
nella progettazione delle attività didattiche. Anche i videogiochi devono essere tenuti in conto dalla
scuola (come scegliere un videogioco e come usarlo positivamente). La lettura intelligente, la riflessione
su quanto letto, la sintesi personale, esposizione orale o scritta, la formulazione di nuove domande
costituiscono un bagaglio di competenze indispensabili per continuare ad apprendere. Si impara
facendo. In una società di massa dove i persuasori occulti riescono ad ottenere l’omologazione dei
comportamenti giovanili, è indispensabile per la sopravvivenza della specie uomo umano che gli
insegnanti aiutino gli alunni a coltivare la vita interiore:l’io reale diventa così capace di resistere alle
pressioni omologanti.
1.3 tentativi di integrazione delle attività scolastiche
a partire dagli anni cinquanta si sviluppò il movimento legato alle tassonomie. Mantenendo divisa la
sfera dell’intelligenza con quella della volontà ed entrambe dai contenuti scolastici non hanno risolto il
problema dell’unità nell’educazione. Si è dunque avvertita l’esigenza che gli obiettivi educativi fossero
collegati fra loro. Nacquero un gran varietà di tassonomie che si collocano nei tre campi
dell’educazione:il cognitivo, l’affettivo, lo psicomotorio. Alcuni pedagogisti hanno allora proposto la
ricerca di un'unica tassonomia che integrasse i tre campi. Altri hanno iniziato a programmare per
mappe concettuali. Altri come Garcia Hoz si sono dedicati a collegare gli obiettivi specifici con quelli
generali attraverso il sistema degli obiettivi fondamentali nell’educazione. Quest’ultimo è cosa ben
diversa rispetto alla didattica per obiettivi di matrice comportamentista.
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1.4 il primo modello di didattica per obiettivi
denominazione
autori
di prima generazione
Bloom-Tyler-Mager

Di seconda generazione

Caratteristiche e/o limiti
-Mancata attenzione non solo ai
risultati, ma anche ai processi
mentali e ai motivi interiori che
orientano le attività di
apprendimento.

De Landsheere Gilbert e
Vivienne

- Ricerca di una tassonomia
unica per le tre aree
-forte attribuzione di importanza
della componente affettiva
(Ausubel)
-abbandono della
programmazione lineare
-attenzione alle finalità
educative e agli obiettivi di
ampia portata
-considerazione della
dimensione metacognitiva
dell’apprendimento
Di terza generazione
Baldy-Garcia Hoz
-Superamento delle tassonomie
La didattica per obiettivi sorta negli anni 50 in Italia ha avuto massimo successo negli anni 70. Tyler uno
degli iniziatori intendeva trasferire nella scuola il modo in cui si opera nelle aziende, ma ciò per Zanniello
vale fin ad un certo punto. Comunque la didattica per obiettivi ha contribuito al miglioramento
dell’insegnamento poiché:
-favorisce una chiarificazione personale intorno agli scopi della propria azione educativa
-consente una chiara comunicazione e pubblicizzazione degli scopi e delle condizioni della propria azione
educativa
-permette un’analisi e una scelta razionale dei contenuti
-offre criteri oggettivi per la valutazione dell’apprendimento
-permette al docente di perfezionare i propri interventi educativi
-si riesce a suddividere in maniera congrua il cammino che l’alunno deve percorrere per apprendere i
contenuti di un programma e sviluppare determinate abilità
Per obiettivo si intende la descrizione, basata su caratteristiche osservabili, di quanto ci si attende
dall’alunno al termine di ciascuna tappa del suo cammino di apprendimento. (si può intendere qui come
obiettivo specifico). C’è qualche difficoltà ad applicare ciò agli obiettivi generali ma ci sono riusciti gli
esponenti della 2 generazione.
1.5 le critiche al modello iniziale di didattica per obiettivi
Baldy concentra la sua analisi su tre problemi:
1.definizione dell’ordine di conseguimento degli obiettivi previsti
Nella programmazione di prima generazione si formulavano macro-obiettivi suddivisi in seguito in
obiettivi specifici. L’errore consisteva nel procedere secondo una logica lineare o sequenziale
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dell’apprendimento senza tener conto della logica degli alunni. Si chiede se sia giusto programmare
una serie di obiettivi specifici per soggetti in età evolutiva. Una serie di ricerche condotte da psicologi
cognitivisti, indurrebbero a rispondere negativamente:sembra infatti che nella mente degli alunni il
sapere si costruisca non in modo lineare, ma attraverso una serie di riorganizzazioni cognitive. Dunque
il docente deve definire, dopo una serie di attività di orientamento, l’ordine in cui devono essere
conseguiti basandosi sull’osservazione continua di come gli alunni organizzano la loro attività
intellettuale. Si parte poi sempre da situazioni concrete. Si va perciò a comprendere gli stili cognitivi
per poi procedere alla progettazione didattica a breve termine. Comunque la didattica per obiettivi
favorisce negli alunni la consapevolezza del dove li si vuole condurre.
2.comunicazione degli obiettivi agli alunni
Una serie di ricerche hanno però evidenziato lo scarto esistente tra quello che gli insegnanti si
aspettano dai loro allievi e quello che questo capiscono di dover raggiungere, cioè la differenza tra il
compito voluto dall’insegnante e quello costruito mentalmente dagli allievi con la loro capacità di
rappresentazione. A ogni tappa del processo di apprendimento gli obiettivi esplicitati dagli insegnanti
sono tradotti dall’alunno in funzione delle precedenti rappresentazioni. Ma l’alunno si potrà
rappresentare in modo adeguato gli obiettivi proposti e i relativi criteri di valutazione, solo quando
possiederà i mezzi per raggiungere gli obiettivi e cioè alla fine del processo di apprendimento. Per
uscire dall’antinomia Baldy fa presente che a forzare l’alunno ad appropriarsi fin dall’inizio dell’attività
di apprendimento degli obiettivi e dei criteri che li misurano, viene a creare uno choc tra queste due
logiche. All’inizio le situazioni pedagogiche devono mirare ad orientare , poi progressivamente l’alunno
sarà in grado di utilizzare le rappresentazioni , per fissarsi dei fini
3.valutazione degli obiettivi
La didattica per obiettivi pone più attenzione al conseguimento dei risultati che non ai processi
attraverso i quali l’alunno li consegue. Si cerca di ottenere che gli alunni siano in grado di fornire
predeterminate prestazioni con il minimo sforzo ed evitando di sbagliare, senza preoccuparsi dei mezzi
impiegati per riuscire nei compiti previsti. Quindi l’apprendimento si riduce ad un adattamento
utilitaristico. Un alunno al termine di una certa attività didattica può fornire una buona performance,
senza aver acquisito la capacità di transfert, a causa del modo in cui lo stesso apprendimento si è
prodotto. Invece di valutare le singole prestazioni dell’alunno, bisogna valutare la sua capacità di
impiegare, a distanza di tempo, le conoscenze e le abilità apprese. Un vero sapere si sa se è tale da
resistere alla de contestualizzazione e all’oblio. L’alunno fino dalle prime fasi dell’apprendimento, deve
essere messo in situazioni che sollecitino al massimo i suoi mezzi intellettuali e lascino ampio spazio alla
sua capacità organizzatrice. La frammentazione delle attività fa perdere di vista agli insegnanti le
proprio le capacità personali che gli alunni devono possedere al termine del percorso d’apprendimento.
Invece di focalizzarsi sulle singole performance, occorrerebbe riferirsi ad abilità ampie. Quando
vengono effettivamente esercitate in contesti reali, per la soluzione di famiglie di problemi, le abilità
diventano competenze. Va tenuto presente il quadro completo delle attività conoscitive ed espressive
con le relative abilità da promuovere. Un tentativo è stato svolto attraverso la costruzione del SOFE
(sistema degli obiettivi fondamentali dell’educazione). Il SOFE è andato oltre le tassonomie degli
obiettivi educativi nel tentativo di recuperare l’esigenza di globalità dell’esperienza di apprendimento.
In ogni caso il movimento tassonomico ha fornito un contributo significativo allo sviluppo della
didattica come scienza.
1.6 le tassonomie
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TASSONOMIA= ordinamento classificatorio effettuato secondo uno o più principi.
In ambito pedagogico-didattico è una lista ordinata di obiettivi educativi che consente di analizzare una
finalità educativa e di specificarne i diversi livelli di realizzazione possibile. Nel 1958 Bloom completò la
revisione dei documenti preparati da un gruppo di lavoro con l’intento di redigere un testo che
consentisse di classificare il livello di difficoltà delle operazioni intellettuali richieste agli alunni per
rispondere alle domande fatte più frequentemente durante gli esami. La suddivisione della sua
tassonomia in tre ambiti (cognitivo/ affettivo, ma in realtà sarebbe più corretto parlare di volontà/
psicomotorio) era fatta solo per motivi espositivi ,poiché è impossibile dividere la persona in tre parti.
Nel 2001 la tassonomia di Bloom ha spostato la sfera dai processi di apprendimento ai processi di
pensiero, rispondendo alla critica cognitivista , che imputava scarsa attenzione ai processi con cui tali
prodotti si realizzano e i contesti in cui hanno luogo. Anche altre tassonomie riflettono la tricotomia
degli obiettivi. Le più numerose riguardano la sfera cognitiva. Guilford nel 1967 raccoglie ed organizza
in un sistema tridimensionale i processi intellettuali con l’analisi fattoriale, in modo tale da favorire la
formulazione dei corrispondenti obiettivi educativi e la programmazione degli esercizi adeguati. Gagné
sviluppa una gerarchia di schemi operativi che formano le fasi dei processi da attivare. D’Hainaut
propone un tipologia interdisciplinare per la classificazione degli obiettivi.
Vivienne e Gilbert De Landsheere affermano l’ideale di una tassonomia unica, polivalente, nella quale si
fondano i tre ambiti tradizionali. Alcuni hanno cercato di integrare tra loro diverse tassonomie
(Steinaker-Bell) altri come GarciaHoz di andare oltre le tassonomie. Un loro altro serio limite è
rappresentato dal fatto che esse considerano solo le manifestazioni esterne, visibili dei risultati del
processo educativo, mentre bisognerebbe partire da queste per cercare di approssimarsi in qualche
modo agli strati più profondi della persona umana:questo tentativo è privo di senso per chi ritiene si
debbano valutare solo gli obiettivi operativi molto concreti.
Occorre ora cercare di recuperare il meglio di ciò che è stato prodotto dalla ricerca sugli obiettivi
educativi, per coniugarlo al modello didattico delle competenze.
1.7 Con il SOFE oltre le tassonomie
Si ricorre dunque ad un sistema di obiettivi fondamentali dell’educazione, che integra le conoscenze
essenziali da acquisire, le principali attività intellettuali da sviluppare e i valori oggettivi da
interiorizzare. Ciò in risposta all’esigenza di sistematizzazione, di gradualità e progressività del lavoro
educativo. È partito da un’indagine sperimentale sul vocabolario scientifico delle diverse discipline e
dopo aver individuato i tratti comuni ha raggruppato in sei aree di parole il vocabolario comune delle
diverse scienze insegnate. Così ha individuato sei fasi della conoscenza intese come manifestazione di
un processo unico: percettiva, riflessiva, creativa, ritentiva, espressiva verbale, espressiva pratica,
ciascuna fase o area è poi articolata in funzioni intellettuali nelle quali sono comprese le principali
abilità individuate dagli studiosi appena citati. L’alunno ha capito davvero un argomento quando, al
termine di una attività di apprendimento, produce un’opera ben fatta, sia tecnicamente che
eticamente in cui esprime pubblicamente ciò che ha appreso. Ogni obiettivo educativo è considerato
contemporaneamente dal punto di vista del sapere disciplinare specifico da acquisire, dell’abilità
intellettuale esercitata con la corrispondente attività, del valore che si intende proporre all’alunno
affinchè lo interiorizzi e dell’azione pratica che l’alunno deve realizzare per manifestare l’avvenuto
apprendimento. Ha sviluppato un modello tridimensionale mediante un cubo: larghezza =funzioni
attitudini (percezione, riflessione, estensione, memorizzazione, espressione simbolica, espressione
pratica), altezza=conoscenze (generali, scientifiche, artistiche, tecniche, etiche, criteri valoriali),
profondità=valori e virtù (controllo biologico, ordine-prudenza, lavoro, generosità giustizia, religiosità,
gioia). In Italia sviluppato e sperimentato dall’Università di Palermo offre agli insegnanti apposite griglie
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per formulare gli obiettivi della loro programmazione didattica mantenendo la visione unitaria del
processo educativo. La sua ricerca sul vocabolario portò alla scoperta di 25.402 parole differenti che
potevano essere suddivise in:un vocabolario comune (parole che compaiono in tutte le materie), un
vocabolario specifico (parole che si impiegano in una sola materia), vocabolario condiviso (parole
utilizzate in più materie ma non in tutte). Raggruppò poi i termini di significato attivo (soprattutto verbi)
in sei gruppi considerati come altrettante fasi del conoscere, non nel senso di tappe successive, ma
manifestazioni diverse di un unico processo. Esse sono:
FASE RICETTIVA (ricezione degli stimoli da parte del soggetto)
FASE RIFLESSIVA (per ordinare gli stimoli ricevuti)
FASE ACQUISITIVA (per fissare le conoscenze acquisite)
FASE ESTENSIVA (ampliamento e modificazione degli elementi cognitivi)
FASE ESPRESSIVA (manifestazione esterna dell’attività intellettiva)
FASE PRATICA (applicazione delle conoscenze alle diverse manifestazioni della vita)
1.8 gli indicatori delle competenze
Il ricorso al SOFE agevola l’insegnamento e la valutazione per competenze perché offre agli insegnanti
un quadro di riferimento affidabile da cui partire nella scelta degli indicatori delle competenze
fondamentali. L’approccio olistico inizia ad entrare nella didattica scolastica e sta aprendo la strada alla
progettazione, all’insegnamento e alla valutazione per competenze. Se gli insegnanti prospettano agli
alunni quello che saranno capaci di fare al termine dei diversi segmenti del processo formativo,
motivazione ed impegno miglioreranno sensibilmente. Definizione di competenza:
BERTAGNA :insieme delle buone capacità potenziali portate al miglior compimento nelle particolari
situazioni date:indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire adesso,
nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo
tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato
contesto. Gli obiettivi:
a. favoriscono l’esplicitazione delle intenzionalità educative degli insegnanti
b. servono per la validità delle periodiche valutazioni scolastiche
c. graduare l’impegno richiesto agli alunni, curando la propedeuticità degli insegnamenti e degli
apprendimenti
Nei vari elenchi di competenze prodotte da diversi organismo internazionali è facile ritrovare buona
parte degli obiettivi educativi fondamentali del SOFE, in alternativa olistica alle tassonomie, le
competenze non si scrivono all’inizio delle programmazioni. Entrambi indicano delle capacità di ampia
portata, vale a dire non legate a conoscenze ed abilità particolari che l’alunno deve dimostrare di
possedere alla fine dell’intero percorso formativo. Nella trasposizione a scuola del concetto di
competenza bisogna evidenziare che, mentre nel mondo del lavoro l competenza è definita in termini
statici (oggettivi) a scuola occorre definire la competenza dinamicamente, in termini soggettivi:il
processo di formazione della persona che diviene competente in un certo campo. Nel trasferimento
burocratico normativo del concetto di competenza non è sempre stata rispettata la natura e la finalità
della scuola specialmente quella del primo ciclo. Molti insegnanti hanno adottato a scopo difensivo,
solo una modifica terminologica che no ha mutato la prassi didattica. La riflessione pedagogica verte
sull’individuazione delle prestazioni possibili:una competenza non coincide con una prestazione, ma
una serie di prestazioni positive intervallate da qualche insuccesso, possono ragionevolmente garantire
che un alunno ha raggiunto il livello di competenza per lui possibile.. le prestazioni costituiscono gli
indicatori della competenza si possono prevedere a partire dagli obiettivi educativi fondamentali
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concretati operativamente per le principali tappe del percorso scolastico. Non si può insegnare una
competenza mentre si può insegnare il modo tale che l’alunno, mentre acquisisce conoscenze, abilità e
virtù, diventi capace di risolvere famiglie di problemi grazie al trasfert cognitivo, all’atteggiamento
attivo nel lavoro scolastico e nella percezione globale delle problematiche studiate. Certamente è più
facile per un’insegnante ottenere dai propri alunni il possesso delle conoscenze predefinite e l’esercizio
di determinate abilità. Ma siccome alla scuola si chiede anche di educare diventa allora doveroso per
gli insegnanti proporsi che i propri alunni sappiano far tesoro delle acquisizioni scolastiche per agire da
protagonisti attivi nel miglioramento della società in cui vivono, migliorando in questo modo anche se
stessi. Dagli obiettivi fondamentali del SOFE si possono ricavare gl indicato ridi competenze da
declinare per fasce d’età fino a costituire il profilo ideale dell’alunno per ciascuna tappa significativa del
percorso scolastico ed educativo. Esistono diversi gradi di sviluppo di una competenza . nel primo ciclo
scolastico occorre distinguere tra quelli che frequentano la primaria e quelli della secondaria. Il profilo
culturale e professionale dell’alunno al termine del primo ciclo dell’istruzione è costituito da un insieme
di competenze chiave indicate dal ministero nelle indicazioni per il curricolo del 2008. Se si
confrontano le competenze chiave dell’Unione Europea con i documenti del ministero si osserva che
l’unica competenza presente in entrambi è quella meta cognitiva. È infatti diffusa la convinzione che un
alunno che ha imparato ad autoregolare il proprio processo di apprendimento, che ha acquisito un
personale metodo di studio e che possiede motivi validi per impegnarsi nel lavoro scolastico, sarà un
adulto che saprà mettere in moto le sue risorse personali per affrontare con competenza e
responsabilità i compiti della vita familiare professionale e sociale. Nell’ultima colonna del quadro
sinottico (all1) è proposta agli insegnanti una lista di indicatori delle competenze meta cognitive
collegate graficamente con le abilità di base e con le virtù nucleo del SOFE. Sta nascendo tra gli
insegnanti la consuetudine a programmare le attività didattiche in funzione delle competenze
auspicabili per i loro alunni. Anche gli alunni nella misura in cui sono resi partecipi delle mete
complessive finali da raggiungere si impegnano con più convinzione nei diversi lavori. Si rende
necessario un mutamento profondo nella mentalità professionale degli insegnanti :le attività e le
prestazioni richieste devono condurre gli alunni ad affrontare situazioni reali che si presentano nella
vita di ogni giorno. Il rischio di uso strumentale del sapere scolastico si evita ricordando che l’alunno
ha diritto di conoscere anche le cose che, apparentemente non gli servono a niente ma che alla lunga
risultano fondamentali per lo sviluppo della capacità di riflessione sulle situazioni complesse e di
comprensione dei vissuti 8competenze etiche e religiose).
L’allegato 5 presenta un esempio di come un istituto progetti con il SOFE. Al di là degli esempi va
ribadita la capacità di mobilitare le proprie risorse interiori per affrontare famiglie di problemi e ciò
sorge grazie ad una didattica basata sul riferimento all’esperienza dell’alunno, sul suo coinvolgimento
attivo nella sua formazione, sulla progressività e insieme sulla globalità del processo di apprendimento.
CAP 2 GLI OBIETTIVI EDUCATIVI:PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE
2.1 un contributo per la chiarificazione metodologica
Gli obiettivi educativi sono tappe per conseguire le finalità dell’educazione (mete ideali) che non sono
valutabili nella loro interezza, mentre è possibile verificare sperimentalmente se l’alunno nel suo
processo evolutivo sta procedendo o meno lungo la strada che lo conduce alle finalità. Ogni obiettivo
deve includere la conoscenza da acquisire, la funzione intellettuale da esercitare e la virtù morale da
potenziare. Pertanto ogni obiettivo della programmazione scolastica deve essere educativo. Non si
ritiene proficua la distinzione tra obiettivo educativo o formativo e didattico. Non usare una
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terminologia che faccia supporre che alcune attività didattiche siano finalizzate al conseguimento di
formazione morale, sociale, religiosa. Si può dire invece che si educa partendo da un’attività che
rientra prevalentemente nell’area intellettuale, o morale o fisica dell’educazione con l’intento di
coinvolgere attraverso di essa la sua intera personalità. Per obiettivo educativo si intende l’espressione
di un risultato desiderato, previsto e almeno in parte raggiungibile per gli alunni. Non è corretto
obiettivi educativi quelli il cui conseguimento si può valutare attraverso il comportamento esterno
dell’alunno perfettamente osservabile e misurabile. Un obiettivo educativo esiste anche quando non è
completamente raggiungibile. È l’espressione di una intenzionalità educativa dell’insegnante. Ogni
insegnante insieme agli obiettivi che solitamente vengono chiamati di apprendimento specifico
(conoscenze e abilità particolari) desidera che i suoi alunni conseguano obiettivi di sviluppo
dell’intelligenza di formazione del carattere e di educazione morale, sociale e religiosa. Dal modo in cui
gli insegnanti propongono le conoscenze si capirà se da adulti saranno cercatori della verità curiosi e
desiderosi di conoscere e molte altre funzionalità. L’attività didattica e quella orientativa sono
inscindibilmente unite, si orienta insegnando e si insegna orientando. L’istruzione incide sempre
sull’educazione anche quando i contenuti possono sembrare neutri. Nessun insegnante si accontenta
che i suoi alunni ripetano, ma pretende che ciò influisca positivamente sulla loro intelligenza. Di questi
obiettivi comuni trasversali a tutte le discipline gli insegnanti riconoscono l’importanza ma non sempre
li collegano ad obiettivi specifici. Se si svolgono attività per il conseguimento degli obiettivi trasversali
raramente ci si azzarda a valutarli date le difficoltà di stabilire dei criteri di valutazione. Non vanno
distinti obiettivi formativi e di apprendimento. Ogni obiettivo educativo specifico ha una componente
funzionale e una di apprendimento specifico o in altre parole ogni obiettivo educativo insieme al suo
contenuto specifico contiene almeno una abilità intellettuale da esercitare. Calonghi distingue tre livelli
di astrazione concreta in cui è possibile esprimere l’intenzionalità educativa: le finalità educative, gli
obiettivi generali e gli obiettivi specifici o particolari che possono essere dicotomici o non dicotomici. A
livello intermedio Garcia Hoz introduce gli obiettivi fondamentali che non si scrivono nella
programmazione didattica. Essi sono a temporali e non sono formulati operativamente.
2.2 le finalità educative
Per autori come Davies gli scopi più astratti di tipo valoriale non sono utili per approntare una strategia
educativa, solo gli obiettivi servo a ciò. Se da un lato gli insegnanti hanno imparato a formulare meglio
gli obiettivi previsti per i loro alunni, dall’altra si è assistito alla tecnicizzazione del lavoro docente, senza
formare una visione unitaria del sapere. In questi ultimo tempi è iniziato un tentativo di recupero
dell’autentica funzione educativa della scuola. Il POF, il profilo educativo, culturale professionale dello
studente al termine di un ciclo d’istruzione hanno fornito risposte valide, ma parziali. Occorre chiarire
qual è la meta verso cui si vuole orientare la crescita degli alunni. A volte noi insegnanti pressati da
scadenze ed adempimenti, ci limitiamo a svolgere una serie di attività per il conseguimento di obiettivi
che sono tappe intermedie di un percorso finalizzato al raggiungimento di una meta, che invece rimane
del tutto indefinita. Il ritmo incalzante del lavoro, non lascia loro molto tempo per progettare a lungo
termine, pensare il significato complessivo dell’educazione. Si deve partire dalla persona la cui
specificità è la capacità di scelta morale e libera:una capacità che quando si nasce si possiede
potenzialmente e che con l’aiuto degli educatori cresce e si fortifica. L’attività educativa raggiunge il
suo scopo quando il giovane agisce da persona libera e responsabile nei diversi contesti in cui si svolge
la sua vita. ciò va promosso e perfezionato. Ciò si articola in 5 fini specifici:uomo dotato di corpo,
intelletto, volontà, in relazione con gli altri, con Dio. Si attua secondo queste educazioni:fisica,
intellettuale, morale, sociale, religiosa. Le finalità educative si possono classificare partendo dal
processo conoscitivo ed espressivo. Sono:sviluppo delle capacità di percepire (percettiva), riflettere
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(riflessiva), produrre novità (estensiva), memorizzare (acquisitiva), esprimersi simbolicamente
(espressiva- verbale) e praticamente (espressiva pratica). Arrivati ad affermare che questo bambino è
responsabile dei suoi atti, non è più un bambino fluttuante, succibe dei suoi impulsi e delle opinioni
altrui, la persona perfeziona ciò lungo l’intero corso della sua esistenza. Il SOFE vuole facilitare il
passaggio coerente dalle finalità agli obiettivi generali formulati operativamente.
2.3 gli obiettivi educativi fondamentali
Gli obiettivi fondamentali sono il punto di riferimento per assicurare unità e continuità nell’educazione.
In ogni obiettivo fondamentale non c’è un verbo ma la descrizione di una capacità che dovrà essere
posseduta al termine di una attività educativa. All’inizio dell’attività programmatoria tutti gli obiettivi
fondamentali devono essere tradotti in obiettivi operativi generali adatti alla classe.
2.4 gli obiettivi educativi generali
Dalle finalità educative si collegano gli obiettivi specifici più concreti delle diverse discipline in una sorta
di mappa griglia di riferimento. Collegare non significa articolare:questa è la differenza essenziale tra
questa proposta didattica e quella che ancora circola. Gli obiettivi generali costituiscono la
formulazione operativa adeguata all’età degli alunni degli obiettivi fondamentali. Si inizia col al scelta
degli obiettivi educativi generali tratti dai programmi e indicazioni ufficiali e interpretati alla luce del
SOFE, del progetto educativo di istituto e della situazione di partenza della classe. (segue esempio
obiettivi educativi generali(detti anche orientativi e tendenziali) di classe V pag. 47. Essi sono in forma
a- disciplinare e svolgono una funzione ponte tra le finalità educative e gli obiettivi specifici. Non si
possono verificare, ma ci si riferisce ai loro diversi gradi di conseguimento nei termini di
approssimazione a una meta che orienta l’attività degli insegnanti e degli alunni. Anche la formulazione
degli obiettivi generali deve essere operativa:vanno perciò esplicitati degli indicatori da considerare
quando al termine si dovrà valutare fino a che punto i singoli alunni si sono avvicinati alla meta
prevista. L’intenzionalità educativa non deve concorrere al rischio di cadere nel tecnicismo. Pertanto gli
obiettivi generali non si possono misurare con precisione, ma si può valutare se l’alunno sta
progredendo o meno verso il suo conseguimento utilizzando le abilità di base elencate nella terza
colonna del quadro sinottico. La valutazione dell’attività deve permettere all’insegnante di migliorare il
suo insegnamento. L’allegato 2 trasforma gli obiettivi educativi fondamentali in obiettivi operativi
generali da formularsi operativamente in base alle caratteristiche della classe. Ogni obiettivo educativo
generale viene scritto nel rigo corrispondente. Lo stesso numero di riferimento identifica l’obiettivo
generale e il corrispondente obiettivo fondamentale. In alcuni casi l’obiettivo generale sarà formulato
prendendo in considerazione la funzione o virtù-nucleo; in altri casi nella formulazione dell’obiettivo si
scenderà ad un maggior livello di precisazione perché saranno considerate anche le abilità in cui la
funzione si articola . L’uso della classificazione decimale consente agli insegnanti di decidere se fermarsi
al livello della funzione e della virtù nucleo oppure se riferirsi anche alle abilità e alle virtù connesse. Il
numero identificativo dell’obiettivo generale di riferimento sarà poi scritto a fianco di ciascun obiettivo
specifico riportato nella tabella “obiettivi educativi specifici” (all.3)
2.5 gli obiettivi educativi specifici
Secondo Calonghi con la parola obiettivi educativi specifici particolari indichiamo quelli più dettagliati, i
traguardi di una sequenza didattica, di un punto di un programma. Sono completamente raggiungibili e
valutabili e tra essi vanno distinti quelli a breve e a medio termine. Possono essere non dicotomici se è
possibile valuatarlo con forma di graduazione nel giudizio. Ad esempio l’obiettivo “entro la fine del
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secondo quadrimestre l’alunno avrà raggiunto un atteggiamento di collaborazione con l’insegnante e
con i compagni nella realizzazione di lavoro pratici in arte e immagine. Un altro tipo di obiettivo
specifico è quello dicotomico che riguarda una unità di apprendimento molto breve, dove si può dire se
l’alunno ha raggiunto o non ha raggiunto l’obiettivo minimo irrinunciabile per passare alla successiva
unità di apprendimento. Ad esempio “datogli un elenco di 8 operazioni, l’alunno le mette in ordine
secondo le fasi del processo di mummificazione dell’antico Egitto”. Bloom chiamo questi obiettivi di
apprendimento per la padronanza. L’insegnante compie la sua progettazione annuale collegando gli
obiettivi specifici della sua area disciplinare con quelli generali concordati con i colleghi che con lui
lavorano,poi a volte quando progetta le singole attività per motivi pratici li spezza in obiettivi specifici o
sotto obiettivi. Ma per tutti bisogna trovare indicatori capaci di farci capire che cosa avviene dentro il
soggetto:determinati comportamenti osservabili 8verbali o non verbali) riflessioni ad alta voce da parte
dell’alunno, produzioni scritte immagini. Il tentativo di formulazione operativa deve essere fatto con
tutti gli obiettivi sia generali che specifici. Denominare operativi solo gli obiettivi molto specifici e
concreti, sembrerebbe un modo di rinunciare in partenza alla ricerca dei criteri per valutare anche gli
obiettivi generali. Il SOFE sollecita gli insegnanti a collegare gli obiettivi particolari con gli obiettivi
generali, vanno esplicitamente collegati con gli obiettivi generali e formulati operativamente.
2.5.1 il collegamento tra obiettivi generali e obiettivi specifici
Senza questo collegamento gli alunni finirebbero per conseguire tanti piccoli risultati settoriali, di fatto
non progredirebbero verso il conseguimento degli obiettivi educativi generali. Gli insegnanti
concentrerebbero la loro attenzione sui risultati degli alunni tralasciando la considerazione dei processi
cognitivi, volitivi, affettivi attivabili durante lo svolgimento delle attività di apprendimento. Usando il
SOFE allegato 3 nel formulare gli obiettivi specifici si possono far riferimento alle abilità di base e ai
valori virtù che costituiscono le manifestazioni concrete del pensare e dell’agire oppure limitarsi a
considerare le funzioni conoscitive ed espressive; in entrambi i casi non si perdono di vista gli obiettivi
generali.
2.5.2 la formulazione operativa degli obiettivi specifici
Per alcuni obiettivi molto concreti è possibile una valutazione dicotomica, invece per altri specifici è
possibile identificare previamente i diversi gradi di conseguimento e stabilire anche quali sono le
manifestazioni del livello minimo obbligatorio. Per Calonghi gli errori più frequenti che gli insegnanti
commettono nella formulazione degli obiettivi particolari riguardano la confusione dell’obiettivo con
quello che si ha intenzione di fare- la confusione tra obiettivo ed attività dell’alunno (lo studente deve
imparare i simboli sulla carta geografica, invece di precisare cosa lo studente deve dimostrare di saper
fare per poter dire che ha veramente appreso ad usare la carta geografica). La confusione tra gli
obiettivi e l’elenco degli argomenti del programma di studio. Secondo Mager un obiettivo ben
formulato dovrebbe avere queste caratteristiche:performance=un obiettivo indica sempre quello che
riteniamo un allievo debba essere in grado di fare (cosa deve saper fare l’allievo?)-condizioni=un
obiettivo descrive sempre le condizioni entro cui si prevede che la performance si realizzi (in quali
condizioni volete che l’allievo sia in grado di farlo?)- criterio=se possibile un obiettivo descrive il criterio
di performance accettabile specificando con quanta abilità l ‘allievo dovrà comportarsi per essere
considerato idoneo ( coem dovrà essere fatto?). l’obiettivo deve iniziare con un verbo che esprima il
comportamento desiderato. Nella seconda colonna del quadro sinottico (all 1) ci sono verbi di
significato univoco che descrivono atti osservabili negli alunni. Sono collocati in posizione che facilitano
il riferimento alle varie funzioni implicate.
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2.6 la valutazione degli obiettivi generali e specifici
La cosa più difficile è l’individuazione dei criteri di valutazione degli obiettivi generali specialmente
quelli più complessi,si dovrebbe cercare di capire che cosa avviene dentro l’alunno attraverso dei segni
osservabili dall’esterno. Alcune modalità sono la riflessione parlata, il colloquio per chiedergli come
pensa di affrontare il compito, applicare specifiche prove diagnostiche per individuare le cause degli
errori. Vedi quadro sinottico all 1 con descrizione abilità di base corrispondenti ad attività intellettuali.
Alcuni equivoci sulla valutazione degli obiettivi educativi sorgono quando non si tiene conto della
differenza tra l’ottica dell’insegnante e quella del ricercatore: “ I fenomeni che più ci riguardano come
costruttori di test di acquisizione e ricercatori, sono i cambiamenti prodotti negli individui come risultati
delle esperienze educative”. Invece a scuola non tutti gli obiettivi educativi sono completamente
valutabili. Si può solo nel grado di avvicinamento degli alunni alla meta prevista. Ma non per questo
non debbono essere formulati e perseguiti.
2.7 gli obiettivi comuni e individuali
A scuola si devono coltivare la dimensione sociale e l’unicità irripetibilità che costituisce l’originalità
della persona., nel raggiungimento dell’eccellenza personale. Vanno perciò previsti alcuno obiettivi
individuali validi per singolo alunno o per gruppi di soggetti con caratteristiche simili. Se l’attività
scolastica deve contribuire a formare nell’alunno la capacità di scelta morale libera è opportuno che
vengano proposti agli alunni una serie di obiettivi individuali, con le corrispondenti attività, tra cui
scegliere senza trascurare quelli obbligatori. Nel primo menù attività individuali può anche essere
rifiutato dall’alunno senza conseguenze per la sua formazione scolastica. Il secondo menù invece
richiede obbligatoriamente la scelta dell’alunno perché comprende attività finalizzate al conseguimento
di obiettivi individuali che si possono raggiungere seguendo piste diverse. Un periodo di lavoro
differenziato nel corso della giornata scolastica deve essere sempre previsto per la realizzazione di
lavori opzionali oppure completamente liberi. Essi riguardano.
-approfondimenti personali di uda
-recupero personale di alcuni temi
-studi di temi culturali e di attualità
-produzione di opere (manufatti, drammatizzazioni…)
E si svolgono anche mediante forme di cooperazione tra alunni.
2.8 il minimo irrinunciabile e il massimo possibile di ogni alunno
È giusto che l’insegnante stabilisca qual è il livello minimo accettabile nel conseguimento di alcuni
obiettivi specifici per poter passare poi allo svolgimento proficuo della successiva parte del lavoro
programmato. Ma è altrettanto giusto prevedere qual è il livello massimo di conseguimento possibile
degli obiettivi delle udA in considerazione delle capacità degli alunni e delle loro precedenti
conoscenze sul tema di studio e del loro livello di partenza. Rimane aperta la questione di stabilire il
livello minimo degli obiettivi comuni a tutti gli alunni di un certo grado di scolarità. Studi hanno
dimostrato che essa varia a seconda del contesto storico, politico, sociale, pedagogico. Gli standard
però non debbono rimanere una volta per sempre immutabili, ma si modificano man mano che si
evolve ( o involve aggiungo io…) il livello culturale della società e mutano le competenze necessarie per
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l’attiva integrazione sociale dei giovani. Nel SOFE si parla di programmazione comune e non quella del
singolo alunno. Inoltre a scuola si parla di recupero, ma non di sviluppo delle attitudini. Come gli adulti
nel luogo di lavoro si recano volentieri se sono valorizzati, anche gli alunni hanno diritto a ciò a scuola.
CAP. 3 LA PROPOSTA DEL SOFE:UNITARIETA’ E GLOBALITA’ DELL’APPRENDIMENTO
3.1 un quadro unitario di riferimento per la formulazione degli obiettivi educativi
L’all.1 recepisce le osservazioni fatte dagli insegnanti che lo usano da circa 10 anni. Si prendono in
considerazione principalmente le funzioni intellettive ed espressive che si dovrebbero sviluppare
nell’insegnamento scolastico, al fine di formare nell’alunno le competenze necessarie. Pur non essendo
il SOFE una tassonomia anche qui si è cercato di facilitare la formulazione degli obiettivi a chi
intendesse utilizzare il quadro fornendo per ogni funzione intellettuale una serie non esaustiva di verbi
da adoperare per la corretta stesura. Per chi ha familiarità con le tassonomie di Bloom, Krathwohl ed
Harrow a fianco di ogni funzione abbiamo indicato il livello tassonomico di questi autori. La lettera che
precede il numero identifica l’autore; il numero indica il livello tassonomico. Grazie al contributo di La
Marca il quadro è completato da una quinta colonna con le abilità meta cognitive corrispondenti alle
varie funzioni. Innanzi tutto i docenti dovranno trasformare gli obiettivi educativi fondamentali della
quarta colonna del quadro (all 1) in obiettivi educativi operativi generali adatti alla situazione di
partenza della classe usando il modulo specifico (all.2) quindi ogni insegnante dopo aver elencato e
numerato in una apposita tabella (all.3) gli obiettivi specifici che si prefigge di far raggiungere a tutti gli
alunni attraverso l’acquisizione dei contenuti disciplinari propri della sua materia, scriverà nel primo
rigo della griglia i numeri che identificano gli obiettivi programmati. Una griglia di verifica (all 4) della
completezza degli obiettivi accompagna il quadro. I singoli insegnanti potranno dettagliare di più le voci
della griglia includendovi anche alcune abilità di base connesse alle singole funzioni conoscitive ed
espressive. La griglia è completata con l’elenco delle virtù nucleo che si intendono promuovere negli
alunni. È stata pensata come strumento per giungere ad una programmazione collegiale dell’attività
educativa, partendo dai contenuti propri di ciascuna disciplina, si svilupperà in senso orizzontale per
adeguarsi al numero effettivo di obiettivi specifici comuni. Nello scorrere l’elenco delle funzioni nella
prima colonna della griglia, l’insegnante metterà un segno nella corrispondente casella ogni volta che
riterrà che un obiettivo specifico promuova lo sviluppo di una determinata funzione conoscitiva o
espressiva. Pertanto i segni posti nelle intersezioni delle righe con le colonne della griglia indicheranno
le funzioni e le virtù maggiormente implicate negli obiettivi identificati dai numeri scritti nel primo rigo.
Può accadere che non tutti gli insegnanti riescano a stimolare l’esercizio di tutte le funzioni conoscitive
ed espressive, sia tecniche che artistiche e a promuovere l’interiorizzazione di tutti i valori. Le caselle
vuote della griglia lo evidenzieranno; è invece auspicabile che dal confronto delle griglie completate dai
vari insegnanti della stessa classe risulti che complessivamente tutte le funzioni e tutti i valori
fondamentali con le corrispondenti virtù sono stati presi in considerazione. Vanno anche formulati a
parte obiettivi individuali.
3.2 descrizione delle fasi, delle funzioni e delle abilità
Nell’allegato 1 viene proposto agli insegnanti un quadro sinottico che in sede di programmazione
didattico educativa possa servire loro come punto di partenza per la formulazione degli obiettivi
educativi generali. Il sistema degli obiettivi fondamentali nell’educazione si ricava dalla quarta colonna
del quadro sinottico (all.1). Nella quinta colonna distribuiti nelle 6 aree sono riportati 19 gruppi di
abilità meta cognitive;la loro collocazione grafica evidenzia il collegamento tra le abilità meta cognitive
e le funzioni conoscitive ed espressive della prima colonna. Seguendo la distribuzione grafica presente
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nel quadro sinottico (all1) di fasi, funzioni, verbi significativi di atti, di abilità cognitive, espressive e
meta cognitive, si cercherà di fornire alcune indicazioni utili per la progettazione didattica- educativa
con il SOFE.
3.2.1 la fase percettiva
Questa fase si caratterizza perché il soggetto si mostra disposto a ricevere i primi stimoli per il suo
apprendimento. L’inizio del processo di apprendimento viene più propriamente denominato
percezione, piuttosto che ricezione. La consapevolezza di sé che il soggetto che riceve lo stimolo
sensitivo e che è attivo fin dal primo momento dell’attività cognitiva. Una relativa alla preparazione
della ricezione degli stimoli e l’altra relativa alla percezione vera e propria. Come preparazione alla
percezione è necessario suscitare l’attenzione degli alunni e motivarli allo studio agganciando ai loro
interessi la proposta di nuovi apprendimenti. Questa dimensione si colloca in una dimensione
extracognitiva. Il soggetto che apprende non è un semplice selettore di stimoli, ma un ricercatore attivo
di dati significativi. La volontà si intreccia con l’intelletto fin dall’inizio del processo di apprendimento.
Gli obiettivi che si possono formulare per sviluppare le abilità proprie della funzione della fase
percettiva che ingloba attenzione, interesse e motivazione, mirano a che l’alunno accetti la realtà e la
voglia conoscere:focalizzi la sua attenzione sugli stimoli pertinenti lasciando perdere gli altri;resista alle
interferenze interne ed esterne;sappia cambiare il punto di vista della sua attenzione. Le funzioni
strettamente percettive possono essere dirette e indirette, a seconda che gli stimoli arrivino attraverso
l’esperienza sensibile. Generalmente a scuola tra i 5 canali sensitivi si privilegiano la vista e l’udito, ma
andrebbero coltivate tutte le abilità di discriminazione (visiva, uditiva, tattile, olfattiva, gustativa),
perché i bambini corrono il rischio di non usare tutti i cinque sensi in virtù del fatto che sono in contatto
per molte ore al giorno con la realtà virtuale trasmessa dagli schermi. L’alunno ha bisogno di
distinguere e focalizzare una serie di abilità:analisi percettiva, sintesi percettiva, percezione spaziale,
costanza percettiva, percezione figura sfondo, de contestualizzazione della forma. Si aggiunge a
queste l’ abilità di integrare un suono con la sua rappresentazione grafica. La percezione indiretta
avviene attraverso la lettura e l’ascolto. Non a caso la lettura è continuamente stimolata e valorizzata
anche se i risultati spesso non sono soddisfacenti. Per le attività di lettura una volta acquisita la tecnica
la lettura diventa principalmente conoscenza di una realtà attraverso le parole del testo scritto. In
questo secondo senso l’acquisizione e il miglioramento della capacità di lettura accompagna il processo
di maturazione intellettuale del soggetto durante la sua intera esistenza. Quanto più si legge tanto più
si migliora la capacità di lettura, anche se la sua capacità di comprendere un testo migliora man mano
che il soggetto va aumentando le sue conoscenze. È parimenti compito degli insegnanti favorire questo
processo di miglioramento con opportuni esercizi, ritenendo quanto appreso e collegandolo con le
conoscenze precedenti. L’altro canale attraverso cui gli alunni a scuola acquisiscono indirettamente la
conoscenza è rappresentato dall’ascolto delle spiegazioni orali dell’insegnante che rappresenti una
figura significativa per l’alunno. Ma il migliore apprendimento da parte dell’alunno avviene attraverso
l’attività esterna e l’esperienza diretta, anche se ciò non comporta la sottovalutazione
dell’apprendimento attraverso l’ascolto dell’insegnante. La recezione degli stimoli non è un fatto
puramente cognitivo, è connesso al tipo di rapporto interpersonale che viene ad instaurarsi tra
insegnante e alunno, quindi intervengono elementi non cognitivi. Gli insegnanti desiderano che gli
alunni pongano domande e infatti come è possibile non porre domande su qualcosa che non si conosce
affatto? Così è segno di sicuro progresso nella conoscenza il numero e la qualità dei quesiti che gli
alunni pongono all’insegnante man mano che si procede col programma. Il soggetto fonde le
impressioni con le conoscenze precedenti e riconosce nella realtà qualcosa di cui già aveva una idea. La
prima dimensione che si coglie di qualsiasi realtà è quella quantitativa; il soggetto incomincia a contare
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e a misurare l’oggetto della sua percezione, per poter giungere successivamente a coglierne anche gli
aspetti qualitativi.
3.2.2 la fase riflessiva
In questa fase si colloca il complesso processo che pone le basi per la formazione dei concetti. È
proprio l’attività riflessiva che qualifica come umano l’apprendimento liberandolo dall’angusto schema
interpretativo dello stimolo risposta. Solo l’uomo infatti può fare oggetto della sua conoscenza la
propria esperienza interiore. Quando riflette l’uomo si piega su se stesso si guarda dentro. Tutte le
funzioni dell’area riflessiva si possono raggruppare in due grandi categorie:l’analisi è in un certo senso il
risultato di una relazione di distinzione perché il soggetto diventa consapevole che la realtà stimolatrice
è composta da stimoli distinti al principio indifferenziati. Mentre la conoscenza iniziale consiste nella
ricezione di un messaggio proveniente da una realtà esterna, il passo successivo consiste nella
scomposizione del messaggio nei suoi elementi per considerarli uno ad uno. Le prime abilità sono la
discriminazione uditiva, visiva, olfattiva, gustativa, tattile e la differenziazione figura sfondo. Questo
perché la funzione analitica costituisce il punto di passaggio e di congiunzione tra le fasi percettive e
riflessive del processo di apprendimento. Le altre funzioni dell’area riflessiva, raggruppabile nella
categoria dell’integrazione dei dati sono:il confronto per somiglianza e differenza, l’ordinamento, la
classificazione, l’inferenza, la sintesi, la valutazione e la risoluzione dei problemi. Le prime cinque
attività intellettuali entrano in gioco prevalentemente nella formazione dei concetti, mentre le ultime
due implicano l’uso dei concetti già formatisi. Le prime abilità di base da coltivare sono quelle che
consentono all’alunno di operare dei confronti di tipo quantitativo, che sono i confronti più
semplici:delle nozioni spazio temporali, delle nozioni dimensionali, delle nozioni di quantità e numero,
delle capacità di seriazione, del riconoscimento della corrispondenza biunivoca tra due serie, di
riconoscimento della conservazione della quantità quando cambia la forma. In seguito le abilità che
consentono di operare confronti qualitativi. Si devono considerare prima alcuni elementi e poi altri.
L’uomo nel riflettere è costretto ad operare in serie, mentre egli aspirerebbe ad operare
simultaneamente su più fronti. Ordinare le informazioni raccolte è una delle esigenze fondamentali di
qualsiasi tipo di lavoro intellettuale. Il semplice tipo di ordinamento è quello lineare:la seriazione. La
classificazione è un forma complessa di insegnamento in quanto si classifica per inclusione o per
esclusione. L’indizione e la deduzione costituiscono le due facce dell’unico modo di ragionare, cioè di
inferire delle conseguenze:o partendo dal particolare per giungere all’universale oppure viceversa
partendo dall’universale per giungere al particolare. Per poter condurre un ragionamento induttivo o
deduttivo, l’alunno ha bisogno di acquisire previamente due abilità:saper prevedere la probabilità con
cui si verificherà un evento a partire dai dati conosciuti e saper cogliere correttamente i nessi causa
effetto. L’intuizione è l’unica via percorribile dovrebbe essere particolarmente stimolata. La sintesi è
l’attività cognitiva volta a cogliere relazioni essenziali che permettano di valutare il campo degli stimoli
cognitivi. Il pensiero sintetico elimina dagli stimoli ricevuti gli elementi inessenziali. Con l’abbondanza di
informazioni che oggi ci raggiungono diventa davvero imprescindibile insegnare agli alunni il modo di
sintetizzare le informazioni distinguendo l’essenziale dal secondario: il riassunto. Qui però si coltiva
solo un aspetto della funzione intellettuale della sintesi, trascurando l’altro, cioè la capacità di collegare
insieme tutte le conoscenze possedute. L’integrazione delle nuove conoscenze nel proprio sistema di
pensiero è l’atteggiamento che dovrebbe essere costantemente presente negli alunni che apprendono.
Tra i verbi compare nella funzione di sintesi il verbo definire. Esso dovrebbe essere presente anche
nelle funzioni di comparazione, di classificazione e di inferenza ( trarre una conclusione- da una
proposizione accolta come vera si passa ad un’altra la cui verità è derivata dal contenuto della prima).
Per giungere a formulare una definizione, che per sua natura è sintetica, occorre compiere tre
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operazioni intellettuali precedenti: confrontare, classificare ed inferire. La capacità valutativa consiste
in un chiaro e proporzionato giudizio dell’intelletto. Il confronto con il criterio può essere interno (la
coerenza tra le premesse, i passaggi intermedi e conclusioni di un ragionamento) oppure esterno (il
confronto con uno standard (es per valutare con un criterio esterno la validità di un ragionamento sulla
fedeltà matrimoniale si confronta la tesi sostenuta dall’oratore o scrittore con uno standard cioè con la
media delle opinioni della gente sull’argomento fedeltà matrimoniale). Quando la capacità critica è
sufficientemente formata in soggetto non si lascia sommergere passivamente dagli stimoli. Le abilità da
promuovere e potenziare negli alunni per sviluppare il pensiero critico sono:saper cogliere la diversità
delle posizioni;saper vedere le conseguenze di determinate premesse;saper cogliere la coerenza logica
di un ragionamento;saper giustificare razionalmente le proprie affermazioni;possedere una chiara e
proporzionata visione del rapporto tra sé e il mondo esterno, in modo da non considerarsi né il centro
dell’universo né in balia degli altri e degli avvenimenti. Le abilità intellettive necessarie sono:il pensiero
alternativo (produzione di un maggior numero possibile di soluzioni) il pensiero strategico (mezzo fine);
il pensiero sequenziale (se succede questo poi succederà quello…);il pensiero analogico (mi è capitato
che…)il pensiero causale (il fenomeno X è causato dall’azione della variabile y). La variabile di calcolo
entra in qualche modo nella funzione di problem solving. La soluzione teorica di un problema implica
una decisione che solitamente sfocia nell’azione. Si evidenzia l’interconnessione esistente tra la sfera
intellettuale, volontaria, affettiva e psicomotoria della personalità che giustifica il ricorso al SOFE. La
capacità di problem solving si potrebbe collocare anche nell’area della creatività perché svolge la
funzione ponte tra l’area riflessiva e quella estensiva del processo conoscitivo ed espressivo.
3.2.3 la fase estensiva
Adesso intendiamo evidenziare il fatto che il patrimonio conoscitivo del soggetto si amplia anche in
virtù di stimoli interni al soggetto stesso. Nella fase o area estensiva del lavoro intellettuale la centralità
spetta alla funzione creativa in senso stretto. Le conoscenze acquisite dal soggetto si trasformano in
elementi capaci di attivare nuovi apprendimenti che sorgono come risultati dell’auto-stimolazione
intellettuale:l’estrapolazione, la generalizzazione, l’immaginazione fantastica e la creatività in senso
stretto. L’estrapolazione consiste nell’andare oltre l’informazione ricevuta per determinare le
implicazioni, le conseguenze, i corollari e gli effetti che concordino nell’informazione iniziale. La
generalizzazione è un processo mediante il quale si estendono le conclusioni alle situazioni molto simili.
In campo scientifico si usa analogazione. Mentre nell’estrapolazione il soggetto fa uso del pensiero
sequenziale nella generalizzazione usa quello analogico. La capacità di problem solving di
estrapolazione e generalizzazione stanno a cavallo tra l’area riflessiva e quella estensiva. La creatività si
differenzia dall’immaginazione fantastica perchè la seconda si differenzia per le abilità che la
compongono:la produzione e la registrazione di immagini mentali derivano dalla produzione interna del
soggetto;la visualizzazione di movimenti di oggetti nello spazio prescindendo da stimoli immediati;la
concettualizzazione astratta in modalità visive;la capacità di descrivere in modo dettagliato immagini
viste in precedenza. Queste capacità vanno coltivate in tutti gli alunni. La funzione creativa consente di
staccarsi dagli schemi mentali consolidati cercando delle vie nuove:si tratta di ciò che Guilford (1967)
ha definito pensiero divergente cioè quella produzione dell’intelletto umano non implicita nel punto di
partenza di un ragionamento, non rigorosamente conseguente ad esso. Rispetto alla fantasia pura, la
creatività implica un maggior riferimento all’azione. Secondo Garcia HOz la creatività è un’attività così
complessa che risulta molto difficile racchiuderla in una definizione. È un dono posseduto da pochi , ma
una proprietà che tutti gli uomini possiedono in misura maggiore o minore e che va coltivata. Si può
manifestare in tre modi differenti:come scoperta di qualcosa che fisicamente già esisteva e che ancora
non si era trovata;come una illuminazione improvvisa: come il risultato finale di un progetto sorto e
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realizzato grazie alla stimolazione continua e intenzionale del potenziale creativo,come risultato finale
di un progetto sorto e realizzato grazie alla stimolazione continua e intenzionale del potenziale
creativo. Quest’ultima è interessante per la scuola. Non è superfluo ricordare che la produzione
creativa può avvenire solo a condizione che i soggetti esercitino le funzioni proprie delle aree percettive
e riflessive riflettendo sui dati percepiti. Le specifiche abilità attraverso le quali si manifesta sono: la
fluidità (ideale e verbale), la flessibilità intellettuale e l’originalità
3.2.4 la fase ritentiva
Si caratterizza perché il soggetto acquisisce nuove conoscenze le fissa e le incorpora nel suo patrimonio
conoscitivo, dal quale le può attingere. Consiste fondamentalmente nella facoltà della memoria e di
ricordo. La fissazione sembrerebbe che venga a concludere il processo del pensare. In realtà la
fissazione avviene fin dalla prima percezione. L’espressione esterna di quanto appreso contribuisce
notevolmente a fissare le conoscenze. Le fasi o aree di pensiero non sono in successione temporale. La
fissazione conserva il suo carattere di atto finale del processo conoscitivo. Anche se la memoria
accompagna ogni fase del pensiero nell’apprendimento scolastico alcune attività finalizzate al
consolidamento della traccia mnestica subito dopo l’elaborazione dei dati percepiti, dovrebbero
sempre concludere il processo di progressiva interiorizzazione degli stimoli esterni. A tal fine non basta
la semplice giustapposizione del vecchio con il nuovo, ma occorre l’integrazione organica delle nuove e
delle vecchie conoscenze, ristrutturazione del proprio patrimonio conoscitivo. Affinchè le informazioni
passino dai registri sensoriali ai magazzini a lungo termine della memoria è necessario insegnare agli
alunni modalità e tecniche di codifica e consolidamento della traccia mnestica. Attività di
organizzazione del materiale da apprendere, di trascrizione dello stimolo vanno programmate dai
docenti. Il richiamo della traccia mnestica può avvenire mediante la rievocazione, il riconoscimento o la
ricostruzione di fatti particolari e generali, di metodi, di processi, di strutture, di rappresentazioni
astratte. Esso è tanto più agevole se il soggetto è intervenuto attivamente nell’organizzazione dei
nuovi dati. Le abilità fondamentali da potenziare sono la resistenza all’interferenza da parte di
apprendimenti precedenti, il transfert positivo e l’uso di indizi di recupero. Dovrebbero essere utilizzati
a scuola sia il canale semantico che quello iconico compensando con opportuni esercizi la tendenza
dell’alunno a servirsi prevalentemente o della memoria semantica o di quella iconica.
3.2.5 la fase espressiva
Si produce la manifestazione esterna dell’avvenuto processo conoscitivo:solo se lo sa esprimere
significa che ha appreso. È anche manifestazione esterna della propria interiorità psichica e affettiva. È
inoltre forma di liberazione di qualcosa che dentro di noi preme per uscire, dunque permangono le due
dimensioni cognitiva e affettiva. Ciò avviene attraverso due forme:l’espressione verbale e l’azione
(espressione pratica). A ben vedere anche l’espressione verbale è una forma di azione.
3.2.5.1 L’espressione verbale o simbolica
Con essa si descrive oggettivamente un fenomeno (staticamente, dinamicamente, spiegandone il
significato recondito)oppure si convince argomentando opportunamente. Nella prima colonna vi sono i
verbi utilizzabili per le forme espressive-verbali di tipo oggettivo, nella terza quelle utilizzabili per le
forme verbali di tipo persuasivo e nella seconda quei verbi utilizzabili per entrambe. In primo luogo si
richiede l’acquisizione delle competenze grammaticali, sintattiche, semantiche. Una volta acquisite
l’alunno imparerà a riconoscere e ad usare con proprietà le principali funzioni del linguaggio orale e
scritto:descrittiva, narrativa, esplicativa, immaginativa. Le due modalità espressive orale (competenze
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fonatorie e articolarie, fluidità verbale, paralinguismi =le lingue che usano riferimenti non verbali per la
comunicazione) o scritta (rapidità e coordinazione oculo manuale, motricità fine, lateralizzazione). Per
l’espressione orale si partirà dall’articolazione del respiro. Poi si possono formare abilità più complesse
quali fluidità verbale e uso di paralinguismi (tot voce, ritmo eloquio…). Altre abilità orali rientrano nella
funzione espressiva corporea. Le abilità di base sono:usare correttamente l’espressione scritta, che
rientrano anche nella funzione motoria dell’area espressiva pratica;la motricità fine, la lateralizzazione,
la rapidità e la coordinazione oculo manuale.
3.2.5.2 la fase espressiva pratica o non verbale o applicativa
La fase espressiva pratica si caratterizza perché le conoscenze e le abilità divengono elementi
propulsori dell’agire. Il pensiero e l’azione si implicano reciprocamente. L’attività pratica si raggruppa in
due categorie:produzione di manufatti e produzione di rapporti interpersonali. La dimensione morale è
presente in entrambe le forme. L’espressione corporea si può considerare la funzione di collegamento
tra l’espressione verbale e quella non verbale, perché il dominio dello sguardo della mimica facciale
della postura e della prossemica (è la disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo
spazio e le distanze all'interno di una comunicazione, sia verbale che non verbale) sono le abilità di base
strettamente connesse e trasmettono dei messaggi senza il bisogno dell’espressione orale.
Bisognerebbe dare spazio oltre che alla drammatizzazione anche alla danza, al mimo e a determinati
esercizi ginnici. In primis vi deve essere l’acquisizione dello schema corporeo da parte dei bambini.
Sottile è la distinzione tra funzioni dell’espressione corporea e motricità. Nel nostro quadro sinottico
sono inserite nella funzione motricità solo quelle che si coltivano con l ‘educazione motoria. L’abilità
che si può considerare la condizione previa per acquisire tutte le altre che rientrano nella funzione
motricità è la corretta lateralizzazione, cioè l’uso prevalente, senza eccessivi conflitti o incertezze, di
uno dei due lati del corpo per attivare il movimento distinguendo correttamente la destra dalla sinistra.
È proprio quando la persona ha bisogno di esprimersi attraverso il lavoro, l’arte, la convivenza che si
apprezzano le capacità strumentali appena indicate. Nei primi anni di vita l’attività ludica svolge un
ruolo insostituibile. Quando l’uomo opera materialmente produce oggetti ben fatti o mal fatti si
intravede che l’attività tecnica e quella artistica possono avere un carattere etico. Le principali
espressioni artistiche a scuola sono:
-espressione plastico pittorica (organizzazione delle forme, delle dimensioni, dei colori della
prospettiva)
-espressione musicale (riconoscimento dei toni e dell’intensità dei suoni, riconoscimento dei timbri e
dei motivi, consapevolezza e uso del ritmo, collegamento degli strumenti per la produzione del suono
con gli obiettivi prefissati)
- la recitazione (le abilità sono le stesse dell’espressione orale- fonazione-articolazione dei fonemifluidità verbale-inflessione della voce),inoltre nella recitazione bisogna saper interpretare il personaggio
assegnato secondo le regole ricevute.
Un giovane sa lavorare quando sa programmare e organizzare compiti da svolgere, persevera
nell’impegno, percepisce l’utilità sociale di quello che sta facendo, ritiene il lavoro importante per
definirla propria identità, prova soddisfazione nel vedere il prodotto finito. Nella fascia dei verbi quelli
della seconda colonna sono specifici dell’espressione artistica, i verbi della terza colonna invece
possono essere usati indifferentemente nella formulazione degli obiettivi di entrambe le forme
espressive. Effettivamente occorrono anche dei momenti in cui si illumina e si sensibilizza direttamente
18
la coscienza morale degli alunni, anche se essa si realizza prevalentemente in modo indiretto,
attraverso l’esperienza vissuta nella comunità educante. L’espressione etica non si riduce certamente
alle funzioni relazionali e sociali. Non è causale infatti che gli obiettivi di sviluppo delle capacità
relazionali siano così spesso presenti nelle programmazioni educative della scuola. Confrontare la
percezione di sé con l’ideale, accettare le critiche, affermare opportunamente le proprie esigenze,
accettare e fornire richieste e istruzioni, emettere lodi o critiche congruenti, decentrarsi dal proprio
punto di vista, ascoltare gli altri, riconoscere e discriminare le proprie emozioni, confidarsi con le
persone pertinenti al momento opportuno, conversare con chiarezza e amabilità, collaborare con tutti.
Sono capacità che una volta apprese facilitano l’acquisizione dei valori sociali. L’elenco completo delle
virtù naturali è riportato nella 4 colonna della 6 area del quadro, tra gli obiettivi educativi fondamentali.

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dagli obiettivi educativi alle competenze fondamentali

  • 1. 1 APPUNTI DI STUDIO TESTO DAGLI OBIETTIVI FORMATIVI ALLE COMPETENZE FONDAMENTALI DI G. ZANNIELLO CAP 1 OBIETTIVI E COMPETENZE NELLA PROGETTAZIONE DIDATTICA Al modello didattico ispirato al comportamentismo e che prevedeva solo obiettivi completamente verificabili mediante performance fornite dagli alunni si è passati alla prospettiva pedagogica delle competenze. Essa è compatibile con la progettazione didattica che si ispira al sistema degli obiettivi fondamentali che, come è noto , nacque per superare i limiti delle tassonomie (La Tassonomia di Bloom è un sistema di classificazione analitica e gerarchica degli obiettivi educativi generali e delle capacita' intellettive individuali. La tassonomia di Bloom e' molto diffusa nella didattica assistita dalle Nuove Tecnologie e prevede 6 livelli di complessita' crescente: 1) ricordare, 2) capire, 3) applicare, 4) analizzare, 5) valutare, 6) creare.). insegnare per competenze implica la scelta di un preciso modello didattico che si basa sui principi della globalità e della significatività dell’esperienza di apprendimento per gli alunni. La visione d’insieme che l’insegnante riesce a fornire agli alunni ogni volta che introduce un nuovo tema di studio, i collegamenti che fa quanto agli alunni è già noto e con gli sviluppi ulteriori dell’argomento, favorisce la loro attenzione e il loro interesse. Un apprendimento è significativo quando il discente comprende il motivo per cui vale la pena di dedicare tempo ed energie per imparare qualcosa che lo farà viverre meglio. Ciò aiuta gli insegnanti a collegare conoscenze, abilità e valori e l’approccio interdisciplinare ai problemi, senza trascurare lo sviluppo degli atteggiamenti e delle disposizioni favorevoli alla comunicazione alla collaborazione e all’intero arco dell’esistenza. Il sistema degli obiettivi educativi fondamentali (SOFE) ideato da Garcia Hoz affronta il problema della frammentazione degli obiettivi prodotta dalle tassonomie e della loro sconnessione; viene incontro all’esigenza degli insegnanti di possedere un quadro di riferimento per individuare i traguardi intermedi del processo di acquisizione delle competenze necessarie per vivere da protagonisti attivi nella società. 1.1 i presupposti di antropologia pedagogica le caratteristiche fondamentali della persona sono la singolarità, l’apertura e l’autonomia . Come coltivarle nella concreta quotidianità della vita scolastica? Sorge l’esigenza pedagogica di sviluppare al massimo l’originalità di ogni alunno e fargli raggiungere l’eccellenza personale in un campo specifico che è solo suo. L’ins. deve sviluppare la capacità relazionale con i suoi alunni. La gioia che un alunno manifesta quando si accorge di essere diventato capace di fare qualcosa da solo senza l’aiuto dell’insegnante è un chiaro segnale di autonomia che si deve evolvere in libertà morale di volere e sapere agire rettamente. L’insegnante Ha bisogno di alzare lo sguardo verso la meta per domandarsi dove vuole condurre gli alunni. Cosa è vero, buono bello per loro?Come far vivere loro la gioia della contemplazione? La felicità è il fine, ma si può avere un’esperienza di felicità chiamata gioia. È il clima gioioso che si deve percepire immediatamente in una classe scolastica. È ritenuta educata una persona quando è capace di agire rettamente con libertà e si giunge a ciò verso la fine dell’adolescenza. Il progetto educativo in senso stretto si può dire fondamentalmente concluso quando il giovane costruisce liberamente il suo progetto personale di vita per raggiungere la felicità. La scuola offre motivi intellettuali a sostegno delle scelte morali degli alunni e offre loro la possibilità di agire bene all’interno di una comunità dove si sperimenta il valore positivo della comprensione, della solidarietà e della collaborazione. L’insegnante deve immaginare come potrà evolvere ogni alunno partendo da come egli è realmente, con tutte le sue potenzialità, nel momento in cui se ne prende cura. A volte una semplice smorfia del viso dell’insegnante può bloccare la manifestazione del vissuto interiore degli alunni. Alla
  • 2. 2 scuola si richiede di compensare il più possibile negli alunni la loro mancanza di esercizio dei 5 sensi a causa delle abitudini di vita indotte dalla società tecnologica e consumistica e dalla necessità di vivere in pochi spazi verdi. L’attività educativa deve agire sulle tre dimensioni:la corporeità (conoscenze sensibili, attitudini senso motorie, impulsi primari), l’intelligenza (conoscenze universali, attitudini speculative e tecniche) la volontà (decisioni, abiti morali, abiti religiosi) in maniera unitaria. Una nota caratteristica della persona è l’apertura, la comunicazione, la relazionalità che presenta tre diritti fondamentali : la sicurezza, il senso della dignità personale e la solidarietà. 1.2 unità del sapere e unità di vita agli insegnanti viene chiesto di curare in primo luogo l’aspetto intellettuale della formazione degli alunni. Esiste il rischio di ridurre l’educazione ad una serie di attività che producono apprendimenti sconnessi. Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: i giovani non riescono a mettere ordine nei loro pensieri e a strutturare un sistema di valori che dia significato alla loro vita. La scuola intendo collaborare con la famiglia affinchè gli allievi siano capaci di ordinare la loro vita e di agire coerentemente con i principi veri che hanno interiorizzato. Si sa che l’azione educativa sviluppa tutte le sue potenzialità quando è unitaria. L’insegnamento si svolge in modi tale da sollecitare l’alunno alla ricerca delle cause e dei fini del suo agire così, mentre acquisisce conoscenze ed abilità, l’alunno impara a vivere da uomo. Per favorire il consolidamento dell’unità interiore ogni insegnante deve essere convinto che all’interno della singola personalità, l’intelletto e la volontà interagiscono continuamente. La seconda condizione consiste nel fatto che ogni azione educativa del singolo insegnante sia sinergica con quelle dei suoi colleghi. Con Corallo si dice che “la cultura è un universale umano. È un stile di vita di soluzione organica e coerente di tutti i problemi di un uomo o di una comunità omogenea”. La semplice istruzione non basta a caratterizzare l’attività scolastica, l’educazione prima di tutto intellettuale parte dall’intelligenza per coinvolgere l’intera persona. Anche l’educazione alla volontà costituisce un compito ineludibile (i no che aiutano a crescere). L’integralità dell’educazione si raggiunge quando si considera la presenza delle tendenze sensibili. La ricerca naturale del piacere va tenuta presente durante le attività scolastiche. Va favorita anche l’intraprendenza a cura della saggezza dell’insegnante. Il gioco lo studio il lavoro la riflessione interiore sono le modalità principali con cui gli alunni apprendono. Sapere che gli alunni gradiscono imparare divertendosi non è un dato trascurabile nella progettazione delle attività didattiche. Anche i videogiochi devono essere tenuti in conto dalla scuola (come scegliere un videogioco e come usarlo positivamente). La lettura intelligente, la riflessione su quanto letto, la sintesi personale, esposizione orale o scritta, la formulazione di nuove domande costituiscono un bagaglio di competenze indispensabili per continuare ad apprendere. Si impara facendo. In una società di massa dove i persuasori occulti riescono ad ottenere l’omologazione dei comportamenti giovanili, è indispensabile per la sopravvivenza della specie uomo umano che gli insegnanti aiutino gli alunni a coltivare la vita interiore:l’io reale diventa così capace di resistere alle pressioni omologanti. 1.3 tentativi di integrazione delle attività scolastiche a partire dagli anni cinquanta si sviluppò il movimento legato alle tassonomie. Mantenendo divisa la sfera dell’intelligenza con quella della volontà ed entrambe dai contenuti scolastici non hanno risolto il problema dell’unità nell’educazione. Si è dunque avvertita l’esigenza che gli obiettivi educativi fossero collegati fra loro. Nacquero un gran varietà di tassonomie che si collocano nei tre campi dell’educazione:il cognitivo, l’affettivo, lo psicomotorio. Alcuni pedagogisti hanno allora proposto la ricerca di un'unica tassonomia che integrasse i tre campi. Altri hanno iniziato a programmare per mappe concettuali. Altri come Garcia Hoz si sono dedicati a collegare gli obiettivi specifici con quelli generali attraverso il sistema degli obiettivi fondamentali nell’educazione. Quest’ultimo è cosa ben diversa rispetto alla didattica per obiettivi di matrice comportamentista.
  • 3. 3 1.4 il primo modello di didattica per obiettivi denominazione autori di prima generazione Bloom-Tyler-Mager Di seconda generazione Caratteristiche e/o limiti -Mancata attenzione non solo ai risultati, ma anche ai processi mentali e ai motivi interiori che orientano le attività di apprendimento. De Landsheere Gilbert e Vivienne - Ricerca di una tassonomia unica per le tre aree -forte attribuzione di importanza della componente affettiva (Ausubel) -abbandono della programmazione lineare -attenzione alle finalità educative e agli obiettivi di ampia portata -considerazione della dimensione metacognitiva dell’apprendimento Di terza generazione Baldy-Garcia Hoz -Superamento delle tassonomie La didattica per obiettivi sorta negli anni 50 in Italia ha avuto massimo successo negli anni 70. Tyler uno degli iniziatori intendeva trasferire nella scuola il modo in cui si opera nelle aziende, ma ciò per Zanniello vale fin ad un certo punto. Comunque la didattica per obiettivi ha contribuito al miglioramento dell’insegnamento poiché: -favorisce una chiarificazione personale intorno agli scopi della propria azione educativa -consente una chiara comunicazione e pubblicizzazione degli scopi e delle condizioni della propria azione educativa -permette un’analisi e una scelta razionale dei contenuti -offre criteri oggettivi per la valutazione dell’apprendimento -permette al docente di perfezionare i propri interventi educativi -si riesce a suddividere in maniera congrua il cammino che l’alunno deve percorrere per apprendere i contenuti di un programma e sviluppare determinate abilità Per obiettivo si intende la descrizione, basata su caratteristiche osservabili, di quanto ci si attende dall’alunno al termine di ciascuna tappa del suo cammino di apprendimento. (si può intendere qui come obiettivo specifico). C’è qualche difficoltà ad applicare ciò agli obiettivi generali ma ci sono riusciti gli esponenti della 2 generazione. 1.5 le critiche al modello iniziale di didattica per obiettivi Baldy concentra la sua analisi su tre problemi: 1.definizione dell’ordine di conseguimento degli obiettivi previsti Nella programmazione di prima generazione si formulavano macro-obiettivi suddivisi in seguito in obiettivi specifici. L’errore consisteva nel procedere secondo una logica lineare o sequenziale
  • 4. 4 dell’apprendimento senza tener conto della logica degli alunni. Si chiede se sia giusto programmare una serie di obiettivi specifici per soggetti in età evolutiva. Una serie di ricerche condotte da psicologi cognitivisti, indurrebbero a rispondere negativamente:sembra infatti che nella mente degli alunni il sapere si costruisca non in modo lineare, ma attraverso una serie di riorganizzazioni cognitive. Dunque il docente deve definire, dopo una serie di attività di orientamento, l’ordine in cui devono essere conseguiti basandosi sull’osservazione continua di come gli alunni organizzano la loro attività intellettuale. Si parte poi sempre da situazioni concrete. Si va perciò a comprendere gli stili cognitivi per poi procedere alla progettazione didattica a breve termine. Comunque la didattica per obiettivi favorisce negli alunni la consapevolezza del dove li si vuole condurre. 2.comunicazione degli obiettivi agli alunni Una serie di ricerche hanno però evidenziato lo scarto esistente tra quello che gli insegnanti si aspettano dai loro allievi e quello che questo capiscono di dover raggiungere, cioè la differenza tra il compito voluto dall’insegnante e quello costruito mentalmente dagli allievi con la loro capacità di rappresentazione. A ogni tappa del processo di apprendimento gli obiettivi esplicitati dagli insegnanti sono tradotti dall’alunno in funzione delle precedenti rappresentazioni. Ma l’alunno si potrà rappresentare in modo adeguato gli obiettivi proposti e i relativi criteri di valutazione, solo quando possiederà i mezzi per raggiungere gli obiettivi e cioè alla fine del processo di apprendimento. Per uscire dall’antinomia Baldy fa presente che a forzare l’alunno ad appropriarsi fin dall’inizio dell’attività di apprendimento degli obiettivi e dei criteri che li misurano, viene a creare uno choc tra queste due logiche. All’inizio le situazioni pedagogiche devono mirare ad orientare , poi progressivamente l’alunno sarà in grado di utilizzare le rappresentazioni , per fissarsi dei fini 3.valutazione degli obiettivi La didattica per obiettivi pone più attenzione al conseguimento dei risultati che non ai processi attraverso i quali l’alunno li consegue. Si cerca di ottenere che gli alunni siano in grado di fornire predeterminate prestazioni con il minimo sforzo ed evitando di sbagliare, senza preoccuparsi dei mezzi impiegati per riuscire nei compiti previsti. Quindi l’apprendimento si riduce ad un adattamento utilitaristico. Un alunno al termine di una certa attività didattica può fornire una buona performance, senza aver acquisito la capacità di transfert, a causa del modo in cui lo stesso apprendimento si è prodotto. Invece di valutare le singole prestazioni dell’alunno, bisogna valutare la sua capacità di impiegare, a distanza di tempo, le conoscenze e le abilità apprese. Un vero sapere si sa se è tale da resistere alla de contestualizzazione e all’oblio. L’alunno fino dalle prime fasi dell’apprendimento, deve essere messo in situazioni che sollecitino al massimo i suoi mezzi intellettuali e lascino ampio spazio alla sua capacità organizzatrice. La frammentazione delle attività fa perdere di vista agli insegnanti le proprio le capacità personali che gli alunni devono possedere al termine del percorso d’apprendimento. Invece di focalizzarsi sulle singole performance, occorrerebbe riferirsi ad abilità ampie. Quando vengono effettivamente esercitate in contesti reali, per la soluzione di famiglie di problemi, le abilità diventano competenze. Va tenuto presente il quadro completo delle attività conoscitive ed espressive con le relative abilità da promuovere. Un tentativo è stato svolto attraverso la costruzione del SOFE (sistema degli obiettivi fondamentali dell’educazione). Il SOFE è andato oltre le tassonomie degli obiettivi educativi nel tentativo di recuperare l’esigenza di globalità dell’esperienza di apprendimento. In ogni caso il movimento tassonomico ha fornito un contributo significativo allo sviluppo della didattica come scienza. 1.6 le tassonomie
  • 5. 5 TASSONOMIA= ordinamento classificatorio effettuato secondo uno o più principi. In ambito pedagogico-didattico è una lista ordinata di obiettivi educativi che consente di analizzare una finalità educativa e di specificarne i diversi livelli di realizzazione possibile. Nel 1958 Bloom completò la revisione dei documenti preparati da un gruppo di lavoro con l’intento di redigere un testo che consentisse di classificare il livello di difficoltà delle operazioni intellettuali richieste agli alunni per rispondere alle domande fatte più frequentemente durante gli esami. La suddivisione della sua tassonomia in tre ambiti (cognitivo/ affettivo, ma in realtà sarebbe più corretto parlare di volontà/ psicomotorio) era fatta solo per motivi espositivi ,poiché è impossibile dividere la persona in tre parti. Nel 2001 la tassonomia di Bloom ha spostato la sfera dai processi di apprendimento ai processi di pensiero, rispondendo alla critica cognitivista , che imputava scarsa attenzione ai processi con cui tali prodotti si realizzano e i contesti in cui hanno luogo. Anche altre tassonomie riflettono la tricotomia degli obiettivi. Le più numerose riguardano la sfera cognitiva. Guilford nel 1967 raccoglie ed organizza in un sistema tridimensionale i processi intellettuali con l’analisi fattoriale, in modo tale da favorire la formulazione dei corrispondenti obiettivi educativi e la programmazione degli esercizi adeguati. Gagné sviluppa una gerarchia di schemi operativi che formano le fasi dei processi da attivare. D’Hainaut propone un tipologia interdisciplinare per la classificazione degli obiettivi. Vivienne e Gilbert De Landsheere affermano l’ideale di una tassonomia unica, polivalente, nella quale si fondano i tre ambiti tradizionali. Alcuni hanno cercato di integrare tra loro diverse tassonomie (Steinaker-Bell) altri come GarciaHoz di andare oltre le tassonomie. Un loro altro serio limite è rappresentato dal fatto che esse considerano solo le manifestazioni esterne, visibili dei risultati del processo educativo, mentre bisognerebbe partire da queste per cercare di approssimarsi in qualche modo agli strati più profondi della persona umana:questo tentativo è privo di senso per chi ritiene si debbano valutare solo gli obiettivi operativi molto concreti. Occorre ora cercare di recuperare il meglio di ciò che è stato prodotto dalla ricerca sugli obiettivi educativi, per coniugarlo al modello didattico delle competenze. 1.7 Con il SOFE oltre le tassonomie Si ricorre dunque ad un sistema di obiettivi fondamentali dell’educazione, che integra le conoscenze essenziali da acquisire, le principali attività intellettuali da sviluppare e i valori oggettivi da interiorizzare. Ciò in risposta all’esigenza di sistematizzazione, di gradualità e progressività del lavoro educativo. È partito da un’indagine sperimentale sul vocabolario scientifico delle diverse discipline e dopo aver individuato i tratti comuni ha raggruppato in sei aree di parole il vocabolario comune delle diverse scienze insegnate. Così ha individuato sei fasi della conoscenza intese come manifestazione di un processo unico: percettiva, riflessiva, creativa, ritentiva, espressiva verbale, espressiva pratica, ciascuna fase o area è poi articolata in funzioni intellettuali nelle quali sono comprese le principali abilità individuate dagli studiosi appena citati. L’alunno ha capito davvero un argomento quando, al termine di una attività di apprendimento, produce un’opera ben fatta, sia tecnicamente che eticamente in cui esprime pubblicamente ciò che ha appreso. Ogni obiettivo educativo è considerato contemporaneamente dal punto di vista del sapere disciplinare specifico da acquisire, dell’abilità intellettuale esercitata con la corrispondente attività, del valore che si intende proporre all’alunno affinchè lo interiorizzi e dell’azione pratica che l’alunno deve realizzare per manifestare l’avvenuto apprendimento. Ha sviluppato un modello tridimensionale mediante un cubo: larghezza =funzioni attitudini (percezione, riflessione, estensione, memorizzazione, espressione simbolica, espressione pratica), altezza=conoscenze (generali, scientifiche, artistiche, tecniche, etiche, criteri valoriali), profondità=valori e virtù (controllo biologico, ordine-prudenza, lavoro, generosità giustizia, religiosità, gioia). In Italia sviluppato e sperimentato dall’Università di Palermo offre agli insegnanti apposite griglie
  • 6. 6 per formulare gli obiettivi della loro programmazione didattica mantenendo la visione unitaria del processo educativo. La sua ricerca sul vocabolario portò alla scoperta di 25.402 parole differenti che potevano essere suddivise in:un vocabolario comune (parole che compaiono in tutte le materie), un vocabolario specifico (parole che si impiegano in una sola materia), vocabolario condiviso (parole utilizzate in più materie ma non in tutte). Raggruppò poi i termini di significato attivo (soprattutto verbi) in sei gruppi considerati come altrettante fasi del conoscere, non nel senso di tappe successive, ma manifestazioni diverse di un unico processo. Esse sono: FASE RICETTIVA (ricezione degli stimoli da parte del soggetto) FASE RIFLESSIVA (per ordinare gli stimoli ricevuti) FASE ACQUISITIVA (per fissare le conoscenze acquisite) FASE ESTENSIVA (ampliamento e modificazione degli elementi cognitivi) FASE ESPRESSIVA (manifestazione esterna dell’attività intellettiva) FASE PRATICA (applicazione delle conoscenze alle diverse manifestazioni della vita) 1.8 gli indicatori delle competenze Il ricorso al SOFE agevola l’insegnamento e la valutazione per competenze perché offre agli insegnanti un quadro di riferimento affidabile da cui partire nella scelta degli indicatori delle competenze fondamentali. L’approccio olistico inizia ad entrare nella didattica scolastica e sta aprendo la strada alla progettazione, all’insegnamento e alla valutazione per competenze. Se gli insegnanti prospettano agli alunni quello che saranno capaci di fare al termine dei diversi segmenti del processo formativo, motivazione ed impegno miglioreranno sensibilmente. Definizione di competenza: BERTAGNA :insieme delle buone capacità potenziali portate al miglior compimento nelle particolari situazioni date:indicano quello che siamo effettivamente in grado di fare, pensare e agire adesso, nell’unità della nostra persona, dinanzi all’unità complessa dei problemi e delle situazioni di un certo tipo (professionali e non professionali) che siamo chiamati ad affrontare e risolvere in un determinato contesto. Gli obiettivi: a. favoriscono l’esplicitazione delle intenzionalità educative degli insegnanti b. servono per la validità delle periodiche valutazioni scolastiche c. graduare l’impegno richiesto agli alunni, curando la propedeuticità degli insegnamenti e degli apprendimenti Nei vari elenchi di competenze prodotte da diversi organismo internazionali è facile ritrovare buona parte degli obiettivi educativi fondamentali del SOFE, in alternativa olistica alle tassonomie, le competenze non si scrivono all’inizio delle programmazioni. Entrambi indicano delle capacità di ampia portata, vale a dire non legate a conoscenze ed abilità particolari che l’alunno deve dimostrare di possedere alla fine dell’intero percorso formativo. Nella trasposizione a scuola del concetto di competenza bisogna evidenziare che, mentre nel mondo del lavoro l competenza è definita in termini statici (oggettivi) a scuola occorre definire la competenza dinamicamente, in termini soggettivi:il processo di formazione della persona che diviene competente in un certo campo. Nel trasferimento burocratico normativo del concetto di competenza non è sempre stata rispettata la natura e la finalità della scuola specialmente quella del primo ciclo. Molti insegnanti hanno adottato a scopo difensivo, solo una modifica terminologica che no ha mutato la prassi didattica. La riflessione pedagogica verte sull’individuazione delle prestazioni possibili:una competenza non coincide con una prestazione, ma una serie di prestazioni positive intervallate da qualche insuccesso, possono ragionevolmente garantire che un alunno ha raggiunto il livello di competenza per lui possibile.. le prestazioni costituiscono gli indicatori della competenza si possono prevedere a partire dagli obiettivi educativi fondamentali
  • 7. 7 concretati operativamente per le principali tappe del percorso scolastico. Non si può insegnare una competenza mentre si può insegnare il modo tale che l’alunno, mentre acquisisce conoscenze, abilità e virtù, diventi capace di risolvere famiglie di problemi grazie al trasfert cognitivo, all’atteggiamento attivo nel lavoro scolastico e nella percezione globale delle problematiche studiate. Certamente è più facile per un’insegnante ottenere dai propri alunni il possesso delle conoscenze predefinite e l’esercizio di determinate abilità. Ma siccome alla scuola si chiede anche di educare diventa allora doveroso per gli insegnanti proporsi che i propri alunni sappiano far tesoro delle acquisizioni scolastiche per agire da protagonisti attivi nel miglioramento della società in cui vivono, migliorando in questo modo anche se stessi. Dagli obiettivi fondamentali del SOFE si possono ricavare gl indicato ridi competenze da declinare per fasce d’età fino a costituire il profilo ideale dell’alunno per ciascuna tappa significativa del percorso scolastico ed educativo. Esistono diversi gradi di sviluppo di una competenza . nel primo ciclo scolastico occorre distinguere tra quelli che frequentano la primaria e quelli della secondaria. Il profilo culturale e professionale dell’alunno al termine del primo ciclo dell’istruzione è costituito da un insieme di competenze chiave indicate dal ministero nelle indicazioni per il curricolo del 2008. Se si confrontano le competenze chiave dell’Unione Europea con i documenti del ministero si osserva che l’unica competenza presente in entrambi è quella meta cognitiva. È infatti diffusa la convinzione che un alunno che ha imparato ad autoregolare il proprio processo di apprendimento, che ha acquisito un personale metodo di studio e che possiede motivi validi per impegnarsi nel lavoro scolastico, sarà un adulto che saprà mettere in moto le sue risorse personali per affrontare con competenza e responsabilità i compiti della vita familiare professionale e sociale. Nell’ultima colonna del quadro sinottico (all1) è proposta agli insegnanti una lista di indicatori delle competenze meta cognitive collegate graficamente con le abilità di base e con le virtù nucleo del SOFE. Sta nascendo tra gli insegnanti la consuetudine a programmare le attività didattiche in funzione delle competenze auspicabili per i loro alunni. Anche gli alunni nella misura in cui sono resi partecipi delle mete complessive finali da raggiungere si impegnano con più convinzione nei diversi lavori. Si rende necessario un mutamento profondo nella mentalità professionale degli insegnanti :le attività e le prestazioni richieste devono condurre gli alunni ad affrontare situazioni reali che si presentano nella vita di ogni giorno. Il rischio di uso strumentale del sapere scolastico si evita ricordando che l’alunno ha diritto di conoscere anche le cose che, apparentemente non gli servono a niente ma che alla lunga risultano fondamentali per lo sviluppo della capacità di riflessione sulle situazioni complesse e di comprensione dei vissuti 8competenze etiche e religiose). L’allegato 5 presenta un esempio di come un istituto progetti con il SOFE. Al di là degli esempi va ribadita la capacità di mobilitare le proprie risorse interiori per affrontare famiglie di problemi e ciò sorge grazie ad una didattica basata sul riferimento all’esperienza dell’alunno, sul suo coinvolgimento attivo nella sua formazione, sulla progressività e insieme sulla globalità del processo di apprendimento. CAP 2 GLI OBIETTIVI EDUCATIVI:PRECISAZIONI TERMINOLOGICHE 2.1 un contributo per la chiarificazione metodologica Gli obiettivi educativi sono tappe per conseguire le finalità dell’educazione (mete ideali) che non sono valutabili nella loro interezza, mentre è possibile verificare sperimentalmente se l’alunno nel suo processo evolutivo sta procedendo o meno lungo la strada che lo conduce alle finalità. Ogni obiettivo deve includere la conoscenza da acquisire, la funzione intellettuale da esercitare e la virtù morale da potenziare. Pertanto ogni obiettivo della programmazione scolastica deve essere educativo. Non si ritiene proficua la distinzione tra obiettivo educativo o formativo e didattico. Non usare una
  • 8. 8 terminologia che faccia supporre che alcune attività didattiche siano finalizzate al conseguimento di formazione morale, sociale, religiosa. Si può dire invece che si educa partendo da un’attività che rientra prevalentemente nell’area intellettuale, o morale o fisica dell’educazione con l’intento di coinvolgere attraverso di essa la sua intera personalità. Per obiettivo educativo si intende l’espressione di un risultato desiderato, previsto e almeno in parte raggiungibile per gli alunni. Non è corretto obiettivi educativi quelli il cui conseguimento si può valutare attraverso il comportamento esterno dell’alunno perfettamente osservabile e misurabile. Un obiettivo educativo esiste anche quando non è completamente raggiungibile. È l’espressione di una intenzionalità educativa dell’insegnante. Ogni insegnante insieme agli obiettivi che solitamente vengono chiamati di apprendimento specifico (conoscenze e abilità particolari) desidera che i suoi alunni conseguano obiettivi di sviluppo dell’intelligenza di formazione del carattere e di educazione morale, sociale e religiosa. Dal modo in cui gli insegnanti propongono le conoscenze si capirà se da adulti saranno cercatori della verità curiosi e desiderosi di conoscere e molte altre funzionalità. L’attività didattica e quella orientativa sono inscindibilmente unite, si orienta insegnando e si insegna orientando. L’istruzione incide sempre sull’educazione anche quando i contenuti possono sembrare neutri. Nessun insegnante si accontenta che i suoi alunni ripetano, ma pretende che ciò influisca positivamente sulla loro intelligenza. Di questi obiettivi comuni trasversali a tutte le discipline gli insegnanti riconoscono l’importanza ma non sempre li collegano ad obiettivi specifici. Se si svolgono attività per il conseguimento degli obiettivi trasversali raramente ci si azzarda a valutarli date le difficoltà di stabilire dei criteri di valutazione. Non vanno distinti obiettivi formativi e di apprendimento. Ogni obiettivo educativo specifico ha una componente funzionale e una di apprendimento specifico o in altre parole ogni obiettivo educativo insieme al suo contenuto specifico contiene almeno una abilità intellettuale da esercitare. Calonghi distingue tre livelli di astrazione concreta in cui è possibile esprimere l’intenzionalità educativa: le finalità educative, gli obiettivi generali e gli obiettivi specifici o particolari che possono essere dicotomici o non dicotomici. A livello intermedio Garcia Hoz introduce gli obiettivi fondamentali che non si scrivono nella programmazione didattica. Essi sono a temporali e non sono formulati operativamente. 2.2 le finalità educative Per autori come Davies gli scopi più astratti di tipo valoriale non sono utili per approntare una strategia educativa, solo gli obiettivi servo a ciò. Se da un lato gli insegnanti hanno imparato a formulare meglio gli obiettivi previsti per i loro alunni, dall’altra si è assistito alla tecnicizzazione del lavoro docente, senza formare una visione unitaria del sapere. In questi ultimo tempi è iniziato un tentativo di recupero dell’autentica funzione educativa della scuola. Il POF, il profilo educativo, culturale professionale dello studente al termine di un ciclo d’istruzione hanno fornito risposte valide, ma parziali. Occorre chiarire qual è la meta verso cui si vuole orientare la crescita degli alunni. A volte noi insegnanti pressati da scadenze ed adempimenti, ci limitiamo a svolgere una serie di attività per il conseguimento di obiettivi che sono tappe intermedie di un percorso finalizzato al raggiungimento di una meta, che invece rimane del tutto indefinita. Il ritmo incalzante del lavoro, non lascia loro molto tempo per progettare a lungo termine, pensare il significato complessivo dell’educazione. Si deve partire dalla persona la cui specificità è la capacità di scelta morale e libera:una capacità che quando si nasce si possiede potenzialmente e che con l’aiuto degli educatori cresce e si fortifica. L’attività educativa raggiunge il suo scopo quando il giovane agisce da persona libera e responsabile nei diversi contesti in cui si svolge la sua vita. ciò va promosso e perfezionato. Ciò si articola in 5 fini specifici:uomo dotato di corpo, intelletto, volontà, in relazione con gli altri, con Dio. Si attua secondo queste educazioni:fisica, intellettuale, morale, sociale, religiosa. Le finalità educative si possono classificare partendo dal processo conoscitivo ed espressivo. Sono:sviluppo delle capacità di percepire (percettiva), riflettere
  • 9. 9 (riflessiva), produrre novità (estensiva), memorizzare (acquisitiva), esprimersi simbolicamente (espressiva- verbale) e praticamente (espressiva pratica). Arrivati ad affermare che questo bambino è responsabile dei suoi atti, non è più un bambino fluttuante, succibe dei suoi impulsi e delle opinioni altrui, la persona perfeziona ciò lungo l’intero corso della sua esistenza. Il SOFE vuole facilitare il passaggio coerente dalle finalità agli obiettivi generali formulati operativamente. 2.3 gli obiettivi educativi fondamentali Gli obiettivi fondamentali sono il punto di riferimento per assicurare unità e continuità nell’educazione. In ogni obiettivo fondamentale non c’è un verbo ma la descrizione di una capacità che dovrà essere posseduta al termine di una attività educativa. All’inizio dell’attività programmatoria tutti gli obiettivi fondamentali devono essere tradotti in obiettivi operativi generali adatti alla classe. 2.4 gli obiettivi educativi generali Dalle finalità educative si collegano gli obiettivi specifici più concreti delle diverse discipline in una sorta di mappa griglia di riferimento. Collegare non significa articolare:questa è la differenza essenziale tra questa proposta didattica e quella che ancora circola. Gli obiettivi generali costituiscono la formulazione operativa adeguata all’età degli alunni degli obiettivi fondamentali. Si inizia col al scelta degli obiettivi educativi generali tratti dai programmi e indicazioni ufficiali e interpretati alla luce del SOFE, del progetto educativo di istituto e della situazione di partenza della classe. (segue esempio obiettivi educativi generali(detti anche orientativi e tendenziali) di classe V pag. 47. Essi sono in forma a- disciplinare e svolgono una funzione ponte tra le finalità educative e gli obiettivi specifici. Non si possono verificare, ma ci si riferisce ai loro diversi gradi di conseguimento nei termini di approssimazione a una meta che orienta l’attività degli insegnanti e degli alunni. Anche la formulazione degli obiettivi generali deve essere operativa:vanno perciò esplicitati degli indicatori da considerare quando al termine si dovrà valutare fino a che punto i singoli alunni si sono avvicinati alla meta prevista. L’intenzionalità educativa non deve concorrere al rischio di cadere nel tecnicismo. Pertanto gli obiettivi generali non si possono misurare con precisione, ma si può valutare se l’alunno sta progredendo o meno verso il suo conseguimento utilizzando le abilità di base elencate nella terza colonna del quadro sinottico. La valutazione dell’attività deve permettere all’insegnante di migliorare il suo insegnamento. L’allegato 2 trasforma gli obiettivi educativi fondamentali in obiettivi operativi generali da formularsi operativamente in base alle caratteristiche della classe. Ogni obiettivo educativo generale viene scritto nel rigo corrispondente. Lo stesso numero di riferimento identifica l’obiettivo generale e il corrispondente obiettivo fondamentale. In alcuni casi l’obiettivo generale sarà formulato prendendo in considerazione la funzione o virtù-nucleo; in altri casi nella formulazione dell’obiettivo si scenderà ad un maggior livello di precisazione perché saranno considerate anche le abilità in cui la funzione si articola . L’uso della classificazione decimale consente agli insegnanti di decidere se fermarsi al livello della funzione e della virtù nucleo oppure se riferirsi anche alle abilità e alle virtù connesse. Il numero identificativo dell’obiettivo generale di riferimento sarà poi scritto a fianco di ciascun obiettivo specifico riportato nella tabella “obiettivi educativi specifici” (all.3) 2.5 gli obiettivi educativi specifici Secondo Calonghi con la parola obiettivi educativi specifici particolari indichiamo quelli più dettagliati, i traguardi di una sequenza didattica, di un punto di un programma. Sono completamente raggiungibili e valutabili e tra essi vanno distinti quelli a breve e a medio termine. Possono essere non dicotomici se è possibile valuatarlo con forma di graduazione nel giudizio. Ad esempio l’obiettivo “entro la fine del
  • 10. 10 secondo quadrimestre l’alunno avrà raggiunto un atteggiamento di collaborazione con l’insegnante e con i compagni nella realizzazione di lavoro pratici in arte e immagine. Un altro tipo di obiettivo specifico è quello dicotomico che riguarda una unità di apprendimento molto breve, dove si può dire se l’alunno ha raggiunto o non ha raggiunto l’obiettivo minimo irrinunciabile per passare alla successiva unità di apprendimento. Ad esempio “datogli un elenco di 8 operazioni, l’alunno le mette in ordine secondo le fasi del processo di mummificazione dell’antico Egitto”. Bloom chiamo questi obiettivi di apprendimento per la padronanza. L’insegnante compie la sua progettazione annuale collegando gli obiettivi specifici della sua area disciplinare con quelli generali concordati con i colleghi che con lui lavorano,poi a volte quando progetta le singole attività per motivi pratici li spezza in obiettivi specifici o sotto obiettivi. Ma per tutti bisogna trovare indicatori capaci di farci capire che cosa avviene dentro il soggetto:determinati comportamenti osservabili 8verbali o non verbali) riflessioni ad alta voce da parte dell’alunno, produzioni scritte immagini. Il tentativo di formulazione operativa deve essere fatto con tutti gli obiettivi sia generali che specifici. Denominare operativi solo gli obiettivi molto specifici e concreti, sembrerebbe un modo di rinunciare in partenza alla ricerca dei criteri per valutare anche gli obiettivi generali. Il SOFE sollecita gli insegnanti a collegare gli obiettivi particolari con gli obiettivi generali, vanno esplicitamente collegati con gli obiettivi generali e formulati operativamente. 2.5.1 il collegamento tra obiettivi generali e obiettivi specifici Senza questo collegamento gli alunni finirebbero per conseguire tanti piccoli risultati settoriali, di fatto non progredirebbero verso il conseguimento degli obiettivi educativi generali. Gli insegnanti concentrerebbero la loro attenzione sui risultati degli alunni tralasciando la considerazione dei processi cognitivi, volitivi, affettivi attivabili durante lo svolgimento delle attività di apprendimento. Usando il SOFE allegato 3 nel formulare gli obiettivi specifici si possono far riferimento alle abilità di base e ai valori virtù che costituiscono le manifestazioni concrete del pensare e dell’agire oppure limitarsi a considerare le funzioni conoscitive ed espressive; in entrambi i casi non si perdono di vista gli obiettivi generali. 2.5.2 la formulazione operativa degli obiettivi specifici Per alcuni obiettivi molto concreti è possibile una valutazione dicotomica, invece per altri specifici è possibile identificare previamente i diversi gradi di conseguimento e stabilire anche quali sono le manifestazioni del livello minimo obbligatorio. Per Calonghi gli errori più frequenti che gli insegnanti commettono nella formulazione degli obiettivi particolari riguardano la confusione dell’obiettivo con quello che si ha intenzione di fare- la confusione tra obiettivo ed attività dell’alunno (lo studente deve imparare i simboli sulla carta geografica, invece di precisare cosa lo studente deve dimostrare di saper fare per poter dire che ha veramente appreso ad usare la carta geografica). La confusione tra gli obiettivi e l’elenco degli argomenti del programma di studio. Secondo Mager un obiettivo ben formulato dovrebbe avere queste caratteristiche:performance=un obiettivo indica sempre quello che riteniamo un allievo debba essere in grado di fare (cosa deve saper fare l’allievo?)-condizioni=un obiettivo descrive sempre le condizioni entro cui si prevede che la performance si realizzi (in quali condizioni volete che l’allievo sia in grado di farlo?)- criterio=se possibile un obiettivo descrive il criterio di performance accettabile specificando con quanta abilità l ‘allievo dovrà comportarsi per essere considerato idoneo ( coem dovrà essere fatto?). l’obiettivo deve iniziare con un verbo che esprima il comportamento desiderato. Nella seconda colonna del quadro sinottico (all 1) ci sono verbi di significato univoco che descrivono atti osservabili negli alunni. Sono collocati in posizione che facilitano il riferimento alle varie funzioni implicate.
  • 11. 11 2.6 la valutazione degli obiettivi generali e specifici La cosa più difficile è l’individuazione dei criteri di valutazione degli obiettivi generali specialmente quelli più complessi,si dovrebbe cercare di capire che cosa avviene dentro l’alunno attraverso dei segni osservabili dall’esterno. Alcune modalità sono la riflessione parlata, il colloquio per chiedergli come pensa di affrontare il compito, applicare specifiche prove diagnostiche per individuare le cause degli errori. Vedi quadro sinottico all 1 con descrizione abilità di base corrispondenti ad attività intellettuali. Alcuni equivoci sulla valutazione degli obiettivi educativi sorgono quando non si tiene conto della differenza tra l’ottica dell’insegnante e quella del ricercatore: “ I fenomeni che più ci riguardano come costruttori di test di acquisizione e ricercatori, sono i cambiamenti prodotti negli individui come risultati delle esperienze educative”. Invece a scuola non tutti gli obiettivi educativi sono completamente valutabili. Si può solo nel grado di avvicinamento degli alunni alla meta prevista. Ma non per questo non debbono essere formulati e perseguiti. 2.7 gli obiettivi comuni e individuali A scuola si devono coltivare la dimensione sociale e l’unicità irripetibilità che costituisce l’originalità della persona., nel raggiungimento dell’eccellenza personale. Vanno perciò previsti alcuno obiettivi individuali validi per singolo alunno o per gruppi di soggetti con caratteristiche simili. Se l’attività scolastica deve contribuire a formare nell’alunno la capacità di scelta morale libera è opportuno che vengano proposti agli alunni una serie di obiettivi individuali, con le corrispondenti attività, tra cui scegliere senza trascurare quelli obbligatori. Nel primo menù attività individuali può anche essere rifiutato dall’alunno senza conseguenze per la sua formazione scolastica. Il secondo menù invece richiede obbligatoriamente la scelta dell’alunno perché comprende attività finalizzate al conseguimento di obiettivi individuali che si possono raggiungere seguendo piste diverse. Un periodo di lavoro differenziato nel corso della giornata scolastica deve essere sempre previsto per la realizzazione di lavori opzionali oppure completamente liberi. Essi riguardano. -approfondimenti personali di uda -recupero personale di alcuni temi -studi di temi culturali e di attualità -produzione di opere (manufatti, drammatizzazioni…) E si svolgono anche mediante forme di cooperazione tra alunni. 2.8 il minimo irrinunciabile e il massimo possibile di ogni alunno È giusto che l’insegnante stabilisca qual è il livello minimo accettabile nel conseguimento di alcuni obiettivi specifici per poter passare poi allo svolgimento proficuo della successiva parte del lavoro programmato. Ma è altrettanto giusto prevedere qual è il livello massimo di conseguimento possibile degli obiettivi delle udA in considerazione delle capacità degli alunni e delle loro precedenti conoscenze sul tema di studio e del loro livello di partenza. Rimane aperta la questione di stabilire il livello minimo degli obiettivi comuni a tutti gli alunni di un certo grado di scolarità. Studi hanno dimostrato che essa varia a seconda del contesto storico, politico, sociale, pedagogico. Gli standard però non debbono rimanere una volta per sempre immutabili, ma si modificano man mano che si evolve ( o involve aggiungo io…) il livello culturale della società e mutano le competenze necessarie per
  • 12. 12 l’attiva integrazione sociale dei giovani. Nel SOFE si parla di programmazione comune e non quella del singolo alunno. Inoltre a scuola si parla di recupero, ma non di sviluppo delle attitudini. Come gli adulti nel luogo di lavoro si recano volentieri se sono valorizzati, anche gli alunni hanno diritto a ciò a scuola. CAP. 3 LA PROPOSTA DEL SOFE:UNITARIETA’ E GLOBALITA’ DELL’APPRENDIMENTO 3.1 un quadro unitario di riferimento per la formulazione degli obiettivi educativi L’all.1 recepisce le osservazioni fatte dagli insegnanti che lo usano da circa 10 anni. Si prendono in considerazione principalmente le funzioni intellettive ed espressive che si dovrebbero sviluppare nell’insegnamento scolastico, al fine di formare nell’alunno le competenze necessarie. Pur non essendo il SOFE una tassonomia anche qui si è cercato di facilitare la formulazione degli obiettivi a chi intendesse utilizzare il quadro fornendo per ogni funzione intellettuale una serie non esaustiva di verbi da adoperare per la corretta stesura. Per chi ha familiarità con le tassonomie di Bloom, Krathwohl ed Harrow a fianco di ogni funzione abbiamo indicato il livello tassonomico di questi autori. La lettera che precede il numero identifica l’autore; il numero indica il livello tassonomico. Grazie al contributo di La Marca il quadro è completato da una quinta colonna con le abilità meta cognitive corrispondenti alle varie funzioni. Innanzi tutto i docenti dovranno trasformare gli obiettivi educativi fondamentali della quarta colonna del quadro (all 1) in obiettivi educativi operativi generali adatti alla situazione di partenza della classe usando il modulo specifico (all.2) quindi ogni insegnante dopo aver elencato e numerato in una apposita tabella (all.3) gli obiettivi specifici che si prefigge di far raggiungere a tutti gli alunni attraverso l’acquisizione dei contenuti disciplinari propri della sua materia, scriverà nel primo rigo della griglia i numeri che identificano gli obiettivi programmati. Una griglia di verifica (all 4) della completezza degli obiettivi accompagna il quadro. I singoli insegnanti potranno dettagliare di più le voci della griglia includendovi anche alcune abilità di base connesse alle singole funzioni conoscitive ed espressive. La griglia è completata con l’elenco delle virtù nucleo che si intendono promuovere negli alunni. È stata pensata come strumento per giungere ad una programmazione collegiale dell’attività educativa, partendo dai contenuti propri di ciascuna disciplina, si svilupperà in senso orizzontale per adeguarsi al numero effettivo di obiettivi specifici comuni. Nello scorrere l’elenco delle funzioni nella prima colonna della griglia, l’insegnante metterà un segno nella corrispondente casella ogni volta che riterrà che un obiettivo specifico promuova lo sviluppo di una determinata funzione conoscitiva o espressiva. Pertanto i segni posti nelle intersezioni delle righe con le colonne della griglia indicheranno le funzioni e le virtù maggiormente implicate negli obiettivi identificati dai numeri scritti nel primo rigo. Può accadere che non tutti gli insegnanti riescano a stimolare l’esercizio di tutte le funzioni conoscitive ed espressive, sia tecniche che artistiche e a promuovere l’interiorizzazione di tutti i valori. Le caselle vuote della griglia lo evidenzieranno; è invece auspicabile che dal confronto delle griglie completate dai vari insegnanti della stessa classe risulti che complessivamente tutte le funzioni e tutti i valori fondamentali con le corrispondenti virtù sono stati presi in considerazione. Vanno anche formulati a parte obiettivi individuali. 3.2 descrizione delle fasi, delle funzioni e delle abilità Nell’allegato 1 viene proposto agli insegnanti un quadro sinottico che in sede di programmazione didattico educativa possa servire loro come punto di partenza per la formulazione degli obiettivi educativi generali. Il sistema degli obiettivi fondamentali nell’educazione si ricava dalla quarta colonna del quadro sinottico (all.1). Nella quinta colonna distribuiti nelle 6 aree sono riportati 19 gruppi di abilità meta cognitive;la loro collocazione grafica evidenzia il collegamento tra le abilità meta cognitive e le funzioni conoscitive ed espressive della prima colonna. Seguendo la distribuzione grafica presente
  • 13. 13 nel quadro sinottico (all1) di fasi, funzioni, verbi significativi di atti, di abilità cognitive, espressive e meta cognitive, si cercherà di fornire alcune indicazioni utili per la progettazione didattica- educativa con il SOFE. 3.2.1 la fase percettiva Questa fase si caratterizza perché il soggetto si mostra disposto a ricevere i primi stimoli per il suo apprendimento. L’inizio del processo di apprendimento viene più propriamente denominato percezione, piuttosto che ricezione. La consapevolezza di sé che il soggetto che riceve lo stimolo sensitivo e che è attivo fin dal primo momento dell’attività cognitiva. Una relativa alla preparazione della ricezione degli stimoli e l’altra relativa alla percezione vera e propria. Come preparazione alla percezione è necessario suscitare l’attenzione degli alunni e motivarli allo studio agganciando ai loro interessi la proposta di nuovi apprendimenti. Questa dimensione si colloca in una dimensione extracognitiva. Il soggetto che apprende non è un semplice selettore di stimoli, ma un ricercatore attivo di dati significativi. La volontà si intreccia con l’intelletto fin dall’inizio del processo di apprendimento. Gli obiettivi che si possono formulare per sviluppare le abilità proprie della funzione della fase percettiva che ingloba attenzione, interesse e motivazione, mirano a che l’alunno accetti la realtà e la voglia conoscere:focalizzi la sua attenzione sugli stimoli pertinenti lasciando perdere gli altri;resista alle interferenze interne ed esterne;sappia cambiare il punto di vista della sua attenzione. Le funzioni strettamente percettive possono essere dirette e indirette, a seconda che gli stimoli arrivino attraverso l’esperienza sensibile. Generalmente a scuola tra i 5 canali sensitivi si privilegiano la vista e l’udito, ma andrebbero coltivate tutte le abilità di discriminazione (visiva, uditiva, tattile, olfattiva, gustativa), perché i bambini corrono il rischio di non usare tutti i cinque sensi in virtù del fatto che sono in contatto per molte ore al giorno con la realtà virtuale trasmessa dagli schermi. L’alunno ha bisogno di distinguere e focalizzare una serie di abilità:analisi percettiva, sintesi percettiva, percezione spaziale, costanza percettiva, percezione figura sfondo, de contestualizzazione della forma. Si aggiunge a queste l’ abilità di integrare un suono con la sua rappresentazione grafica. La percezione indiretta avviene attraverso la lettura e l’ascolto. Non a caso la lettura è continuamente stimolata e valorizzata anche se i risultati spesso non sono soddisfacenti. Per le attività di lettura una volta acquisita la tecnica la lettura diventa principalmente conoscenza di una realtà attraverso le parole del testo scritto. In questo secondo senso l’acquisizione e il miglioramento della capacità di lettura accompagna il processo di maturazione intellettuale del soggetto durante la sua intera esistenza. Quanto più si legge tanto più si migliora la capacità di lettura, anche se la sua capacità di comprendere un testo migliora man mano che il soggetto va aumentando le sue conoscenze. È parimenti compito degli insegnanti favorire questo processo di miglioramento con opportuni esercizi, ritenendo quanto appreso e collegandolo con le conoscenze precedenti. L’altro canale attraverso cui gli alunni a scuola acquisiscono indirettamente la conoscenza è rappresentato dall’ascolto delle spiegazioni orali dell’insegnante che rappresenti una figura significativa per l’alunno. Ma il migliore apprendimento da parte dell’alunno avviene attraverso l’attività esterna e l’esperienza diretta, anche se ciò non comporta la sottovalutazione dell’apprendimento attraverso l’ascolto dell’insegnante. La recezione degli stimoli non è un fatto puramente cognitivo, è connesso al tipo di rapporto interpersonale che viene ad instaurarsi tra insegnante e alunno, quindi intervengono elementi non cognitivi. Gli insegnanti desiderano che gli alunni pongano domande e infatti come è possibile non porre domande su qualcosa che non si conosce affatto? Così è segno di sicuro progresso nella conoscenza il numero e la qualità dei quesiti che gli alunni pongono all’insegnante man mano che si procede col programma. Il soggetto fonde le impressioni con le conoscenze precedenti e riconosce nella realtà qualcosa di cui già aveva una idea. La prima dimensione che si coglie di qualsiasi realtà è quella quantitativa; il soggetto incomincia a contare
  • 14. 14 e a misurare l’oggetto della sua percezione, per poter giungere successivamente a coglierne anche gli aspetti qualitativi. 3.2.2 la fase riflessiva In questa fase si colloca il complesso processo che pone le basi per la formazione dei concetti. È proprio l’attività riflessiva che qualifica come umano l’apprendimento liberandolo dall’angusto schema interpretativo dello stimolo risposta. Solo l’uomo infatti può fare oggetto della sua conoscenza la propria esperienza interiore. Quando riflette l’uomo si piega su se stesso si guarda dentro. Tutte le funzioni dell’area riflessiva si possono raggruppare in due grandi categorie:l’analisi è in un certo senso il risultato di una relazione di distinzione perché il soggetto diventa consapevole che la realtà stimolatrice è composta da stimoli distinti al principio indifferenziati. Mentre la conoscenza iniziale consiste nella ricezione di un messaggio proveniente da una realtà esterna, il passo successivo consiste nella scomposizione del messaggio nei suoi elementi per considerarli uno ad uno. Le prime abilità sono la discriminazione uditiva, visiva, olfattiva, gustativa, tattile e la differenziazione figura sfondo. Questo perché la funzione analitica costituisce il punto di passaggio e di congiunzione tra le fasi percettive e riflessive del processo di apprendimento. Le altre funzioni dell’area riflessiva, raggruppabile nella categoria dell’integrazione dei dati sono:il confronto per somiglianza e differenza, l’ordinamento, la classificazione, l’inferenza, la sintesi, la valutazione e la risoluzione dei problemi. Le prime cinque attività intellettuali entrano in gioco prevalentemente nella formazione dei concetti, mentre le ultime due implicano l’uso dei concetti già formatisi. Le prime abilità di base da coltivare sono quelle che consentono all’alunno di operare dei confronti di tipo quantitativo, che sono i confronti più semplici:delle nozioni spazio temporali, delle nozioni dimensionali, delle nozioni di quantità e numero, delle capacità di seriazione, del riconoscimento della corrispondenza biunivoca tra due serie, di riconoscimento della conservazione della quantità quando cambia la forma. In seguito le abilità che consentono di operare confronti qualitativi. Si devono considerare prima alcuni elementi e poi altri. L’uomo nel riflettere è costretto ad operare in serie, mentre egli aspirerebbe ad operare simultaneamente su più fronti. Ordinare le informazioni raccolte è una delle esigenze fondamentali di qualsiasi tipo di lavoro intellettuale. Il semplice tipo di ordinamento è quello lineare:la seriazione. La classificazione è un forma complessa di insegnamento in quanto si classifica per inclusione o per esclusione. L’indizione e la deduzione costituiscono le due facce dell’unico modo di ragionare, cioè di inferire delle conseguenze:o partendo dal particolare per giungere all’universale oppure viceversa partendo dall’universale per giungere al particolare. Per poter condurre un ragionamento induttivo o deduttivo, l’alunno ha bisogno di acquisire previamente due abilità:saper prevedere la probabilità con cui si verificherà un evento a partire dai dati conosciuti e saper cogliere correttamente i nessi causa effetto. L’intuizione è l’unica via percorribile dovrebbe essere particolarmente stimolata. La sintesi è l’attività cognitiva volta a cogliere relazioni essenziali che permettano di valutare il campo degli stimoli cognitivi. Il pensiero sintetico elimina dagli stimoli ricevuti gli elementi inessenziali. Con l’abbondanza di informazioni che oggi ci raggiungono diventa davvero imprescindibile insegnare agli alunni il modo di sintetizzare le informazioni distinguendo l’essenziale dal secondario: il riassunto. Qui però si coltiva solo un aspetto della funzione intellettuale della sintesi, trascurando l’altro, cioè la capacità di collegare insieme tutte le conoscenze possedute. L’integrazione delle nuove conoscenze nel proprio sistema di pensiero è l’atteggiamento che dovrebbe essere costantemente presente negli alunni che apprendono. Tra i verbi compare nella funzione di sintesi il verbo definire. Esso dovrebbe essere presente anche nelle funzioni di comparazione, di classificazione e di inferenza ( trarre una conclusione- da una proposizione accolta come vera si passa ad un’altra la cui verità è derivata dal contenuto della prima). Per giungere a formulare una definizione, che per sua natura è sintetica, occorre compiere tre
  • 15. 15 operazioni intellettuali precedenti: confrontare, classificare ed inferire. La capacità valutativa consiste in un chiaro e proporzionato giudizio dell’intelletto. Il confronto con il criterio può essere interno (la coerenza tra le premesse, i passaggi intermedi e conclusioni di un ragionamento) oppure esterno (il confronto con uno standard (es per valutare con un criterio esterno la validità di un ragionamento sulla fedeltà matrimoniale si confronta la tesi sostenuta dall’oratore o scrittore con uno standard cioè con la media delle opinioni della gente sull’argomento fedeltà matrimoniale). Quando la capacità critica è sufficientemente formata in soggetto non si lascia sommergere passivamente dagli stimoli. Le abilità da promuovere e potenziare negli alunni per sviluppare il pensiero critico sono:saper cogliere la diversità delle posizioni;saper vedere le conseguenze di determinate premesse;saper cogliere la coerenza logica di un ragionamento;saper giustificare razionalmente le proprie affermazioni;possedere una chiara e proporzionata visione del rapporto tra sé e il mondo esterno, in modo da non considerarsi né il centro dell’universo né in balia degli altri e degli avvenimenti. Le abilità intellettive necessarie sono:il pensiero alternativo (produzione di un maggior numero possibile di soluzioni) il pensiero strategico (mezzo fine); il pensiero sequenziale (se succede questo poi succederà quello…);il pensiero analogico (mi è capitato che…)il pensiero causale (il fenomeno X è causato dall’azione della variabile y). La variabile di calcolo entra in qualche modo nella funzione di problem solving. La soluzione teorica di un problema implica una decisione che solitamente sfocia nell’azione. Si evidenzia l’interconnessione esistente tra la sfera intellettuale, volontaria, affettiva e psicomotoria della personalità che giustifica il ricorso al SOFE. La capacità di problem solving si potrebbe collocare anche nell’area della creatività perché svolge la funzione ponte tra l’area riflessiva e quella estensiva del processo conoscitivo ed espressivo. 3.2.3 la fase estensiva Adesso intendiamo evidenziare il fatto che il patrimonio conoscitivo del soggetto si amplia anche in virtù di stimoli interni al soggetto stesso. Nella fase o area estensiva del lavoro intellettuale la centralità spetta alla funzione creativa in senso stretto. Le conoscenze acquisite dal soggetto si trasformano in elementi capaci di attivare nuovi apprendimenti che sorgono come risultati dell’auto-stimolazione intellettuale:l’estrapolazione, la generalizzazione, l’immaginazione fantastica e la creatività in senso stretto. L’estrapolazione consiste nell’andare oltre l’informazione ricevuta per determinare le implicazioni, le conseguenze, i corollari e gli effetti che concordino nell’informazione iniziale. La generalizzazione è un processo mediante il quale si estendono le conclusioni alle situazioni molto simili. In campo scientifico si usa analogazione. Mentre nell’estrapolazione il soggetto fa uso del pensiero sequenziale nella generalizzazione usa quello analogico. La capacità di problem solving di estrapolazione e generalizzazione stanno a cavallo tra l’area riflessiva e quella estensiva. La creatività si differenzia dall’immaginazione fantastica perchè la seconda si differenzia per le abilità che la compongono:la produzione e la registrazione di immagini mentali derivano dalla produzione interna del soggetto;la visualizzazione di movimenti di oggetti nello spazio prescindendo da stimoli immediati;la concettualizzazione astratta in modalità visive;la capacità di descrivere in modo dettagliato immagini viste in precedenza. Queste capacità vanno coltivate in tutti gli alunni. La funzione creativa consente di staccarsi dagli schemi mentali consolidati cercando delle vie nuove:si tratta di ciò che Guilford (1967) ha definito pensiero divergente cioè quella produzione dell’intelletto umano non implicita nel punto di partenza di un ragionamento, non rigorosamente conseguente ad esso. Rispetto alla fantasia pura, la creatività implica un maggior riferimento all’azione. Secondo Garcia HOz la creatività è un’attività così complessa che risulta molto difficile racchiuderla in una definizione. È un dono posseduto da pochi , ma una proprietà che tutti gli uomini possiedono in misura maggiore o minore e che va coltivata. Si può manifestare in tre modi differenti:come scoperta di qualcosa che fisicamente già esisteva e che ancora non si era trovata;come una illuminazione improvvisa: come il risultato finale di un progetto sorto e
  • 16. 16 realizzato grazie alla stimolazione continua e intenzionale del potenziale creativo,come risultato finale di un progetto sorto e realizzato grazie alla stimolazione continua e intenzionale del potenziale creativo. Quest’ultima è interessante per la scuola. Non è superfluo ricordare che la produzione creativa può avvenire solo a condizione che i soggetti esercitino le funzioni proprie delle aree percettive e riflessive riflettendo sui dati percepiti. Le specifiche abilità attraverso le quali si manifesta sono: la fluidità (ideale e verbale), la flessibilità intellettuale e l’originalità 3.2.4 la fase ritentiva Si caratterizza perché il soggetto acquisisce nuove conoscenze le fissa e le incorpora nel suo patrimonio conoscitivo, dal quale le può attingere. Consiste fondamentalmente nella facoltà della memoria e di ricordo. La fissazione sembrerebbe che venga a concludere il processo del pensare. In realtà la fissazione avviene fin dalla prima percezione. L’espressione esterna di quanto appreso contribuisce notevolmente a fissare le conoscenze. Le fasi o aree di pensiero non sono in successione temporale. La fissazione conserva il suo carattere di atto finale del processo conoscitivo. Anche se la memoria accompagna ogni fase del pensiero nell’apprendimento scolastico alcune attività finalizzate al consolidamento della traccia mnestica subito dopo l’elaborazione dei dati percepiti, dovrebbero sempre concludere il processo di progressiva interiorizzazione degli stimoli esterni. A tal fine non basta la semplice giustapposizione del vecchio con il nuovo, ma occorre l’integrazione organica delle nuove e delle vecchie conoscenze, ristrutturazione del proprio patrimonio conoscitivo. Affinchè le informazioni passino dai registri sensoriali ai magazzini a lungo termine della memoria è necessario insegnare agli alunni modalità e tecniche di codifica e consolidamento della traccia mnestica. Attività di organizzazione del materiale da apprendere, di trascrizione dello stimolo vanno programmate dai docenti. Il richiamo della traccia mnestica può avvenire mediante la rievocazione, il riconoscimento o la ricostruzione di fatti particolari e generali, di metodi, di processi, di strutture, di rappresentazioni astratte. Esso è tanto più agevole se il soggetto è intervenuto attivamente nell’organizzazione dei nuovi dati. Le abilità fondamentali da potenziare sono la resistenza all’interferenza da parte di apprendimenti precedenti, il transfert positivo e l’uso di indizi di recupero. Dovrebbero essere utilizzati a scuola sia il canale semantico che quello iconico compensando con opportuni esercizi la tendenza dell’alunno a servirsi prevalentemente o della memoria semantica o di quella iconica. 3.2.5 la fase espressiva Si produce la manifestazione esterna dell’avvenuto processo conoscitivo:solo se lo sa esprimere significa che ha appreso. È anche manifestazione esterna della propria interiorità psichica e affettiva. È inoltre forma di liberazione di qualcosa che dentro di noi preme per uscire, dunque permangono le due dimensioni cognitiva e affettiva. Ciò avviene attraverso due forme:l’espressione verbale e l’azione (espressione pratica). A ben vedere anche l’espressione verbale è una forma di azione. 3.2.5.1 L’espressione verbale o simbolica Con essa si descrive oggettivamente un fenomeno (staticamente, dinamicamente, spiegandone il significato recondito)oppure si convince argomentando opportunamente. Nella prima colonna vi sono i verbi utilizzabili per le forme espressive-verbali di tipo oggettivo, nella terza quelle utilizzabili per le forme verbali di tipo persuasivo e nella seconda quei verbi utilizzabili per entrambe. In primo luogo si richiede l’acquisizione delle competenze grammaticali, sintattiche, semantiche. Una volta acquisite l’alunno imparerà a riconoscere e ad usare con proprietà le principali funzioni del linguaggio orale e scritto:descrittiva, narrativa, esplicativa, immaginativa. Le due modalità espressive orale (competenze
  • 17. 17 fonatorie e articolarie, fluidità verbale, paralinguismi =le lingue che usano riferimenti non verbali per la comunicazione) o scritta (rapidità e coordinazione oculo manuale, motricità fine, lateralizzazione). Per l’espressione orale si partirà dall’articolazione del respiro. Poi si possono formare abilità più complesse quali fluidità verbale e uso di paralinguismi (tot voce, ritmo eloquio…). Altre abilità orali rientrano nella funzione espressiva corporea. Le abilità di base sono:usare correttamente l’espressione scritta, che rientrano anche nella funzione motoria dell’area espressiva pratica;la motricità fine, la lateralizzazione, la rapidità e la coordinazione oculo manuale. 3.2.5.2 la fase espressiva pratica o non verbale o applicativa La fase espressiva pratica si caratterizza perché le conoscenze e le abilità divengono elementi propulsori dell’agire. Il pensiero e l’azione si implicano reciprocamente. L’attività pratica si raggruppa in due categorie:produzione di manufatti e produzione di rapporti interpersonali. La dimensione morale è presente in entrambe le forme. L’espressione corporea si può considerare la funzione di collegamento tra l’espressione verbale e quella non verbale, perché il dominio dello sguardo della mimica facciale della postura e della prossemica (è la disciplina semiologica che studia i gesti, il comportamento, lo spazio e le distanze all'interno di una comunicazione, sia verbale che non verbale) sono le abilità di base strettamente connesse e trasmettono dei messaggi senza il bisogno dell’espressione orale. Bisognerebbe dare spazio oltre che alla drammatizzazione anche alla danza, al mimo e a determinati esercizi ginnici. In primis vi deve essere l’acquisizione dello schema corporeo da parte dei bambini. Sottile è la distinzione tra funzioni dell’espressione corporea e motricità. Nel nostro quadro sinottico sono inserite nella funzione motricità solo quelle che si coltivano con l ‘educazione motoria. L’abilità che si può considerare la condizione previa per acquisire tutte le altre che rientrano nella funzione motricità è la corretta lateralizzazione, cioè l’uso prevalente, senza eccessivi conflitti o incertezze, di uno dei due lati del corpo per attivare il movimento distinguendo correttamente la destra dalla sinistra. È proprio quando la persona ha bisogno di esprimersi attraverso il lavoro, l’arte, la convivenza che si apprezzano le capacità strumentali appena indicate. Nei primi anni di vita l’attività ludica svolge un ruolo insostituibile. Quando l’uomo opera materialmente produce oggetti ben fatti o mal fatti si intravede che l’attività tecnica e quella artistica possono avere un carattere etico. Le principali espressioni artistiche a scuola sono: -espressione plastico pittorica (organizzazione delle forme, delle dimensioni, dei colori della prospettiva) -espressione musicale (riconoscimento dei toni e dell’intensità dei suoni, riconoscimento dei timbri e dei motivi, consapevolezza e uso del ritmo, collegamento degli strumenti per la produzione del suono con gli obiettivi prefissati) - la recitazione (le abilità sono le stesse dell’espressione orale- fonazione-articolazione dei fonemifluidità verbale-inflessione della voce),inoltre nella recitazione bisogna saper interpretare il personaggio assegnato secondo le regole ricevute. Un giovane sa lavorare quando sa programmare e organizzare compiti da svolgere, persevera nell’impegno, percepisce l’utilità sociale di quello che sta facendo, ritiene il lavoro importante per definirla propria identità, prova soddisfazione nel vedere il prodotto finito. Nella fascia dei verbi quelli della seconda colonna sono specifici dell’espressione artistica, i verbi della terza colonna invece possono essere usati indifferentemente nella formulazione degli obiettivi di entrambe le forme espressive. Effettivamente occorrono anche dei momenti in cui si illumina e si sensibilizza direttamente
  • 18. 18 la coscienza morale degli alunni, anche se essa si realizza prevalentemente in modo indiretto, attraverso l’esperienza vissuta nella comunità educante. L’espressione etica non si riduce certamente alle funzioni relazionali e sociali. Non è causale infatti che gli obiettivi di sviluppo delle capacità relazionali siano così spesso presenti nelle programmazioni educative della scuola. Confrontare la percezione di sé con l’ideale, accettare le critiche, affermare opportunamente le proprie esigenze, accettare e fornire richieste e istruzioni, emettere lodi o critiche congruenti, decentrarsi dal proprio punto di vista, ascoltare gli altri, riconoscere e discriminare le proprie emozioni, confidarsi con le persone pertinenti al momento opportuno, conversare con chiarezza e amabilità, collaborare con tutti. Sono capacità che una volta apprese facilitano l’acquisizione dei valori sociali. L’elenco completo delle virtù naturali è riportato nella 4 colonna della 6 area del quadro, tra gli obiettivi educativi fondamentali.