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aam02.04 68-69 agricoltura

13-01-2004

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tali rappresentano uno dei primi
anelli della catena alimentare: la
base della vita sulla terra.
Tuttavia le piante per crescere e svilupparsi hanno anche bisogno di
altri elementi che non sono in
grado di produrre direttamente
come azoto, fosforo, zolfo, calcio,
magnesio, potassio e una lunga
serie di oligoelementi. Tutti questi
elementi sono presenti nel suolo,
ma non sempre in forma solubile,
cioè assimilabile per le piante. Per
attingere quindi a tali riserve di elementi, le piante hanno bisogno di
mobilitarli e averli disponibili in
forma solubile.

L’importanza dei residui

I segreti
del suolo vivente
Di Antonio De Falco e Fortunato Fabbricini

Perché l’aratura, e più in generale le lavorazioni
del terreno, disturba i cicli nutritivi del suolo.
Le scoperte di Alan Smith.

N

egli articoli precedenti è
stata sottolineata più volte
la necessità, per una corretta gestione dell’orto, di non
disturbare la vita del suolo con tutte quelle lavorazioni che rivoltano il
terreno. Ora vediamo perché per
l’agricoltura sinergica è importante

68

comprendere la microbiologia, la
vita del suolo, ossia il complesso
meccanismo che permette alle piante di trasformare l’energia solare in
energia chimica necessaria per crescere, metabolizzare e riprodursi
(fotosintesi clorofilliana). Per questa particolarità, gli organismi vegefebbraio
2004

E qui scopriamo che sotto le piante, nel terreno, esiste un complesso
ecosistema che si preoccupa di svolgere questo lavoro, ossia rendere gli
elementi nutritivi necessari alle
piante in forma assimilabile: è la vita
microbica (batteri, funghi, enzimi).
In realtà, tra queste piante e microrganismi vi è un intenso interscambio poiché anche le piante, a loro
volta, stimolano la proliferazione
dei microrganismi del suolo emettendo essudati radicali come carboidrati e zuccheri semplici (energia
solare trasformata in energia chimica). Gli stessi residui secchi dei
vegetali, foglie, fusti, radici, rappresentano ulteriore nutrimento per i
microrganismi, così come i residui
organici di questi ultimi si trasformano in materia prima importante
per i vegetali.
È così che s’instaura una stretta relazione tra questi due mondi che
apparentemente sembrano divisi ed
è così che avviene l’autofertilizzazione della Terra. Purtroppo per
molti anni, queste osservazioni, così
come le analisi dimostrative dei vantaggi dell’agricoltura senza aratura,
praticata e consigliata da Masanobu
Fukuoka sin dalla fine degli anni
trenta, non sono state prese in seria
considerazione dall’ambiente accademico istituzionale.
Finché, una ricerca sulla Phithosphora condotta dal microbiologo
australiano Alan Smith del dipartimento agricolo del New South
Wales, non portò alla luce alcuni
fenomeni di gran rilievo sul funzionamento naturale del suolo. Scoper-
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agricoltura naturale
inoltre rende assimilabili gli elementi nutritivi presenti. Nei suoli
perturbati da arature, lavori colturali e fertilizzanti con nitrati, si
registra invece una profonda alterazione dei processi naturali: il terreno perde non solo la capacità di
autofertilizzarsi, ma anche quella di
difendersi dagli organismi patogeni
(come appunto la Phithosphora),
fino ad arrivare nei casi più gravi
alla desertificazione. Da qui, la
necessità di input esterni sottoforma di concimi organici, concimi
chimici, fitofarmaci, ecc.

Il ciclo ossigeno-etilene
te che spiegano in modo scientifico
quella che era stata l’intuizione di
Fukuoka e chiariscono i successi
delle coltivazioni senza aratura. La
Phithosphora è un fungo devastatore che agli inizi degli anni settanta
stava paralizzando la coltivazione e
la conseguente industria dell’avocado in Australia. A nulla valsero i
tentativi con prodotti chimici, il
fungo proliferava egualmente.
Durante le sue approfondite ricer-

che effettuate sulla microbiologia
del suolo per meglio conoscere le
modalità d’azione del fungo, Smith
scoprì il complesso schema di relazioni esistenti tra piante, microrganismi del suolo ed elementi nutritivi. Nei terreni naturali (imperturbati), l’interazione pianta-terreno
funziona in maniera sana e controlla efficacemente l’attività microbica,
ivi compresa quella degli organismi
patogeni, come la Phithosphora,

Uno dei processi più affascinanti della vita microbica del suolo è il ciclo
ossigeno-etilene. Spiegare in dettaglio il processo osservato da Smith in
poco spazio non è facile (chi è interessato può richiedere gli appunti redatti da Emilia Hazelip), ma lo schema pubblicato a lato può aiutare ad
avere una comprensione del fenomeno che potrebbe essere definito il respiro della Terra, in quanto si ripete
con un ritmo di circa 20 minuti.
Durante la loro vita, le piante cedono al suolo fino al 25% dei compo-

Ciclo ossigeno-etilene. Mobilitazione dei nutrimenti
1. La pianta essuda delle sostanze che
intensificano l’attività microbica.

8. I microrganismi riprendono la loro
attività e i nutrimenti sono preservati dal dilavamento

2. L’attività microbica esaurisce l’ossigeno,
creando così i micrositi anaerobici.

3. In assenza di ossigeno il ferro, presente nel suolo, passa alla forma ferrosa.

7. Il contatto con l’ossigeno provoca l’ossidazione del ferro sotto forma ferrica che
trattiene quindi gli elementi non utilizzati dalle piante. In assenza di ioni ferrosi:
a - gli altri elementi nutritivi si legano
nuovamente all’argilla e alla materia
organica
b - la produzione di etilene s’interrompe
e il resto dell’etilene si diffonde all’esterno dei micrositi

6. La soluzione ferrosa migra alla periferia
dei siti anaerobici e l’ossigeno si diffonde nei micrositi dall’esterno

4. La trasformazione del ferro libera solfati ed oligo-elementi abitualmente legati ai cristalli ferrici
nella soluzione del suolo.

5. La forma ferrosa in soluzione:
a - rende disponibili per le piante gli
elementi nutritivi legati all’argilla e
alla materia organica, in particolare:
potassio, magnesio, ammonio;
b - stimola la produzione di etilene che
blocca l’attività microbica

febbraio
2004

69
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agricoltura naturale
sti carboniosi prodotti nelle foglie,
sotto forma sia di essudati che di
cellule morte. Per la maggior parte,
tali sostanze cedute dalla pianta al
suolo sono fonte di energia per i
microrganismi che proliferano nella rizosfera (è la porzione di suolo
prospiciente le radici). Questi
microrganismi si moltiplicano così
intensamente che consumano l’ossigeno contenuto nei micrositi (cavità nella stratificazione del suolo,
dove si sviluppa l’attività microbica)
della rizosfera, rendendoli anaerobici (privi di ossigeno).

No ai concimi chimici
In seguito, nei micrositi anaerobici
si produce etilene, un composto
gassoso che è un regolatore essenziale dell’attività dei microrganismi
del suolo, influenzando il tasso di
turn over della materia organica, il
riciclo dei nutrienti delle piante e
l’incidenza delle patologie vegetali.
Inizialmente i microrganismi proliferano sugli essudati radicali delle
piante ed eliminano l’ossigeno dei
micrositi della rizosfera. L’etilene
viene prodotta all’interno di questi
micrositi e diffusa intorno, rendendo inattivi i microrganismi del suolo. Quando si verifica questa condizione, la richiesta d’ossigeno diminuisce, e quindi satura i micrositi
bloccando o riducendo fortemente
la produzione di etilene: in questo

modo i microrganismi possono
riprendere la loro attività. Le condizioni favorevoli alla produzione di
etilene sono quindi ricreate e il ciclo
si ripete.
Nei suoli naturali non lavorati,
come quelli delle praterie e delle
foreste, l’etilene può essere continuamente rilevata, dimostrando
come il ciclo Ossigeno – Etilene si
produca efficacemente. Al contrario, la sua concentrazione nei suoli
agricoli sottoposti a intense lavorazioni, è in genere estremamente
debole o addirittura nulla. E siccome l’etilene ha un ruolo importante
sulla popolazione microbica del
suolo, quando l’equilibrio dell’ecosistema viene disturbato dalle pratiche agricole o silvicolturali, la situazione cambia radicalmente. La
materia organica del suolo diminuisce pericolosamente, i nutrimenti
cominciano a scarseggiare e l’incidenza di malattie aumenta. Tentare
di stroncare questi processi con l’uso di fertilizzanti e di pesticidi è
inefficace perché indebolisce le
piante a lungo termine e aumenta a
dismisura i costi di produzione.
Una delle principali cause della
mancanza di produzione di etilene
nei suoli agricoli lavorati (aratura,
fresatura) è che tali tecniche provocano un cambiamento della forma
dell’azoto. Nei terreni non disturbati, l’azoto è tutto sotto forma di

ammonio con tracce di nitrati.
Quando questi ecosistemi vengono
disturbati con le lavorazioni e le
pratiche colturali, tutto l’azoto
presente prende forma di nitrati
perché tali operazioni stimolano
l’attività di batteri specializzati nella conversione dell’ammonio in
nitrato e ciò inibisce la produzione
di etilene e quindi il lavoro di assimilabilità degli elementi nutritivi.
Per evitare tali inconvenienti e
aumentare la produttività del terreno è dunque necessario creare condizioni favorevoli alla produzione
di etilene, osservando alcune semplici procedure con le seguenti pratiche:
- Evitare di arare o rimuovere il terreno;
- Evitare l’uso di nitrati;
- Lasciare al suolo i residui organici non utilizzati (foglie, piante secche, radici), al cui interno, in
seguito al processo di decomposizione, si accumula il precursore
che permette, con la mobilitazione del ferro, la produzione di etilene.
È davvero strano che nelle grandi
aziende agricole intensive australiane, americane e canadesi, vengano applicati con successo sistemi
di coltivazione senza lavorazione
della terra (enormi trattori viaggiano su «rotaie» pretracciate, in
modo che il terreno tra le ruote,
molto larghe, rimanga indisturbato
e la crosta viene rotta con erpice
solo là dove cadrà il seme), mentre
nei piccoli orti e nei piccoli campi,
il terreno si lavora in maniera esasperata, rivoltando la fetta e rimuovendo in profondità gli strati del
terreno. Se la lavorazione minima
del terreno diventasse una pratica
diffusa i vantaggi per le coltivazioni, la terra, i coltivatori, la salute e
la bontà dei prodotti agricoli sarebbero impagabili.
l

per saperne di più
Per contattare i curatori della
rubrica: Fortunato Fabbricini
(Associazione Kanbio, Chiaves - To,
tel. 0123.42153, kanbio@libero.it);
Antonio De Falco (defalcoa@virgilio.it – Associazione Basilico –
marizap@supereva.it).

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2004

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  • 1. aam02.04 68-69 agricoltura 13-01-2004 12:43 Pagina 68 tali rappresentano uno dei primi anelli della catena alimentare: la base della vita sulla terra. Tuttavia le piante per crescere e svilupparsi hanno anche bisogno di altri elementi che non sono in grado di produrre direttamente come azoto, fosforo, zolfo, calcio, magnesio, potassio e una lunga serie di oligoelementi. Tutti questi elementi sono presenti nel suolo, ma non sempre in forma solubile, cioè assimilabile per le piante. Per attingere quindi a tali riserve di elementi, le piante hanno bisogno di mobilitarli e averli disponibili in forma solubile. L’importanza dei residui I segreti del suolo vivente Di Antonio De Falco e Fortunato Fabbricini Perché l’aratura, e più in generale le lavorazioni del terreno, disturba i cicli nutritivi del suolo. Le scoperte di Alan Smith. N egli articoli precedenti è stata sottolineata più volte la necessità, per una corretta gestione dell’orto, di non disturbare la vita del suolo con tutte quelle lavorazioni che rivoltano il terreno. Ora vediamo perché per l’agricoltura sinergica è importante 68 comprendere la microbiologia, la vita del suolo, ossia il complesso meccanismo che permette alle piante di trasformare l’energia solare in energia chimica necessaria per crescere, metabolizzare e riprodursi (fotosintesi clorofilliana). Per questa particolarità, gli organismi vegefebbraio 2004 E qui scopriamo che sotto le piante, nel terreno, esiste un complesso ecosistema che si preoccupa di svolgere questo lavoro, ossia rendere gli elementi nutritivi necessari alle piante in forma assimilabile: è la vita microbica (batteri, funghi, enzimi). In realtà, tra queste piante e microrganismi vi è un intenso interscambio poiché anche le piante, a loro volta, stimolano la proliferazione dei microrganismi del suolo emettendo essudati radicali come carboidrati e zuccheri semplici (energia solare trasformata in energia chimica). Gli stessi residui secchi dei vegetali, foglie, fusti, radici, rappresentano ulteriore nutrimento per i microrganismi, così come i residui organici di questi ultimi si trasformano in materia prima importante per i vegetali. È così che s’instaura una stretta relazione tra questi due mondi che apparentemente sembrano divisi ed è così che avviene l’autofertilizzazione della Terra. Purtroppo per molti anni, queste osservazioni, così come le analisi dimostrative dei vantaggi dell’agricoltura senza aratura, praticata e consigliata da Masanobu Fukuoka sin dalla fine degli anni trenta, non sono state prese in seria considerazione dall’ambiente accademico istituzionale. Finché, una ricerca sulla Phithosphora condotta dal microbiologo australiano Alan Smith del dipartimento agricolo del New South Wales, non portò alla luce alcuni fenomeni di gran rilievo sul funzionamento naturale del suolo. Scoper-
  • 2. aam02.04 68-69 agricoltura 13-01-2004 12:43 Pagina 69 agricoltura naturale inoltre rende assimilabili gli elementi nutritivi presenti. Nei suoli perturbati da arature, lavori colturali e fertilizzanti con nitrati, si registra invece una profonda alterazione dei processi naturali: il terreno perde non solo la capacità di autofertilizzarsi, ma anche quella di difendersi dagli organismi patogeni (come appunto la Phithosphora), fino ad arrivare nei casi più gravi alla desertificazione. Da qui, la necessità di input esterni sottoforma di concimi organici, concimi chimici, fitofarmaci, ecc. Il ciclo ossigeno-etilene te che spiegano in modo scientifico quella che era stata l’intuizione di Fukuoka e chiariscono i successi delle coltivazioni senza aratura. La Phithosphora è un fungo devastatore che agli inizi degli anni settanta stava paralizzando la coltivazione e la conseguente industria dell’avocado in Australia. A nulla valsero i tentativi con prodotti chimici, il fungo proliferava egualmente. Durante le sue approfondite ricer- che effettuate sulla microbiologia del suolo per meglio conoscere le modalità d’azione del fungo, Smith scoprì il complesso schema di relazioni esistenti tra piante, microrganismi del suolo ed elementi nutritivi. Nei terreni naturali (imperturbati), l’interazione pianta-terreno funziona in maniera sana e controlla efficacemente l’attività microbica, ivi compresa quella degli organismi patogeni, come la Phithosphora, Uno dei processi più affascinanti della vita microbica del suolo è il ciclo ossigeno-etilene. Spiegare in dettaglio il processo osservato da Smith in poco spazio non è facile (chi è interessato può richiedere gli appunti redatti da Emilia Hazelip), ma lo schema pubblicato a lato può aiutare ad avere una comprensione del fenomeno che potrebbe essere definito il respiro della Terra, in quanto si ripete con un ritmo di circa 20 minuti. Durante la loro vita, le piante cedono al suolo fino al 25% dei compo- Ciclo ossigeno-etilene. Mobilitazione dei nutrimenti 1. La pianta essuda delle sostanze che intensificano l’attività microbica. 8. I microrganismi riprendono la loro attività e i nutrimenti sono preservati dal dilavamento 2. L’attività microbica esaurisce l’ossigeno, creando così i micrositi anaerobici. 3. In assenza di ossigeno il ferro, presente nel suolo, passa alla forma ferrosa. 7. Il contatto con l’ossigeno provoca l’ossidazione del ferro sotto forma ferrica che trattiene quindi gli elementi non utilizzati dalle piante. In assenza di ioni ferrosi: a - gli altri elementi nutritivi si legano nuovamente all’argilla e alla materia organica b - la produzione di etilene s’interrompe e il resto dell’etilene si diffonde all’esterno dei micrositi 6. La soluzione ferrosa migra alla periferia dei siti anaerobici e l’ossigeno si diffonde nei micrositi dall’esterno 4. La trasformazione del ferro libera solfati ed oligo-elementi abitualmente legati ai cristalli ferrici nella soluzione del suolo. 5. La forma ferrosa in soluzione: a - rende disponibili per le piante gli elementi nutritivi legati all’argilla e alla materia organica, in particolare: potassio, magnesio, ammonio; b - stimola la produzione di etilene che blocca l’attività microbica febbraio 2004 69
  • 3. aam02.04 68-69 agricoltura 13-01-2004 12:43 Pagina 70 agricoltura naturale sti carboniosi prodotti nelle foglie, sotto forma sia di essudati che di cellule morte. Per la maggior parte, tali sostanze cedute dalla pianta al suolo sono fonte di energia per i microrganismi che proliferano nella rizosfera (è la porzione di suolo prospiciente le radici). Questi microrganismi si moltiplicano così intensamente che consumano l’ossigeno contenuto nei micrositi (cavità nella stratificazione del suolo, dove si sviluppa l’attività microbica) della rizosfera, rendendoli anaerobici (privi di ossigeno). No ai concimi chimici In seguito, nei micrositi anaerobici si produce etilene, un composto gassoso che è un regolatore essenziale dell’attività dei microrganismi del suolo, influenzando il tasso di turn over della materia organica, il riciclo dei nutrienti delle piante e l’incidenza delle patologie vegetali. Inizialmente i microrganismi proliferano sugli essudati radicali delle piante ed eliminano l’ossigeno dei micrositi della rizosfera. L’etilene viene prodotta all’interno di questi micrositi e diffusa intorno, rendendo inattivi i microrganismi del suolo. Quando si verifica questa condizione, la richiesta d’ossigeno diminuisce, e quindi satura i micrositi bloccando o riducendo fortemente la produzione di etilene: in questo modo i microrganismi possono riprendere la loro attività. Le condizioni favorevoli alla produzione di etilene sono quindi ricreate e il ciclo si ripete. Nei suoli naturali non lavorati, come quelli delle praterie e delle foreste, l’etilene può essere continuamente rilevata, dimostrando come il ciclo Ossigeno – Etilene si produca efficacemente. Al contrario, la sua concentrazione nei suoli agricoli sottoposti a intense lavorazioni, è in genere estremamente debole o addirittura nulla. E siccome l’etilene ha un ruolo importante sulla popolazione microbica del suolo, quando l’equilibrio dell’ecosistema viene disturbato dalle pratiche agricole o silvicolturali, la situazione cambia radicalmente. La materia organica del suolo diminuisce pericolosamente, i nutrimenti cominciano a scarseggiare e l’incidenza di malattie aumenta. Tentare di stroncare questi processi con l’uso di fertilizzanti e di pesticidi è inefficace perché indebolisce le piante a lungo termine e aumenta a dismisura i costi di produzione. Una delle principali cause della mancanza di produzione di etilene nei suoli agricoli lavorati (aratura, fresatura) è che tali tecniche provocano un cambiamento della forma dell’azoto. Nei terreni non disturbati, l’azoto è tutto sotto forma di ammonio con tracce di nitrati. Quando questi ecosistemi vengono disturbati con le lavorazioni e le pratiche colturali, tutto l’azoto presente prende forma di nitrati perché tali operazioni stimolano l’attività di batteri specializzati nella conversione dell’ammonio in nitrato e ciò inibisce la produzione di etilene e quindi il lavoro di assimilabilità degli elementi nutritivi. Per evitare tali inconvenienti e aumentare la produttività del terreno è dunque necessario creare condizioni favorevoli alla produzione di etilene, osservando alcune semplici procedure con le seguenti pratiche: - Evitare di arare o rimuovere il terreno; - Evitare l’uso di nitrati; - Lasciare al suolo i residui organici non utilizzati (foglie, piante secche, radici), al cui interno, in seguito al processo di decomposizione, si accumula il precursore che permette, con la mobilitazione del ferro, la produzione di etilene. È davvero strano che nelle grandi aziende agricole intensive australiane, americane e canadesi, vengano applicati con successo sistemi di coltivazione senza lavorazione della terra (enormi trattori viaggiano su «rotaie» pretracciate, in modo che il terreno tra le ruote, molto larghe, rimanga indisturbato e la crosta viene rotta con erpice solo là dove cadrà il seme), mentre nei piccoli orti e nei piccoli campi, il terreno si lavora in maniera esasperata, rivoltando la fetta e rimuovendo in profondità gli strati del terreno. Se la lavorazione minima del terreno diventasse una pratica diffusa i vantaggi per le coltivazioni, la terra, i coltivatori, la salute e la bontà dei prodotti agricoli sarebbero impagabili. l per saperne di più Per contattare i curatori della rubrica: Fortunato Fabbricini (Associazione Kanbio, Chiaves - To, tel. 0123.42153, kanbio@libero.it); Antonio De Falco (defalcoa@virgilio.it – Associazione Basilico – marizap@supereva.it). 70 febbraio 2004