Presentazione di Maria Giulia Marini al Forum 2012 - Risk Management in Sanità "Sostenibilità e Diritto del cittadino alla qualità e sicurezza delle cure". 20 Novembre 2012 ad Arezzo
Sanità sostenibile attraverso la medicina narrativa
1. Sanità sostenibile
attraverso la
medicina narrativa
Maria Giulia Marini
Arezzo,
20 novembre 2012
2. Sostenibilità
• E’ Equilibrio fra il soddisfacimento delle esigenze presenti
senza compromettere la possibilità delle future generazioni di
sopperire alle proprie
• Nella sanità è confrontarsi con la lotta alla corruzione,
all’inappropriatezza, alla parcellizzazione tra le specialità, agli
sprechi da disallineamento tra valore per il paziente e prassi
dell’operatore.
• Ma di più oggi è lotta alla demotivazione, all’inaridimento, al
disincanto, al born out, al bore out, al crollo dei valori.
3. Verso la franchigia assicurativa per
rendere sostenibile la sanità?
La crisi ha raggiunto anche il sistema sanitario: un sempre maggiore
numero di cittadini rimanda o cancella le cure mediche a causa di
problemi economici.
Le persone rinunciano alle cure sanitarie a causa delle difficoltà
economiche sia in Europa (22%) sia negli Stati Uniti (21%), con
picchi in Polonia (41%) e Germania (30%).
In Italia, il 27% degli intervistati afferma di aver posticipato o
cancellato le cure mediche negli ultimi anni, con un incremento di 8
punti percentuali rispetto al 2011.
Fonte: Sesto Barometro Internazionale Europ Assistance - Cercle Santé ; L’indagine è stata
realizzata su un campione di 5.500 individui maggiorenni e provenienti dalle dieci nazioni coinvolte,
intervistati tra maggio e giugno 2012.
4. review:
L’attuale spending review: alcune voci mettono
a rischio la qualità dell’assistenza sanitaria?
• taglio dei posti letto
• taglio sulle tecnologie biomediche
• blocco delle assunzioni
• assistenza sanitaria h 24
• regolamentazione attività “intramoenia”
• responsabilità professionale
• nomina direttori ASL e primari
• aggiornamento LEA (livelli essenziali assistenza)
• vendita sigarette
• dipendenza da gioco d’azzardo: ludopatia
5. Se era tabù che il paziente annunciasse la
propria malattia nei secoli scorsi, quasi
inimmaginabile riportare l’errore medico
Prior to Freud and Kollarits only exceptional doctors had discussed their
own errors. Sydenham, for example, published a case report in 1697 in
which he wrote of ‘my mistake’ in treating a woman with dropsy, which he
attributed to the ‘juvenile confidence of an inexperienced’. Occasionally
Osler mentions errors and mistakes, but before the second half of the 20th
century confession of this sort in print is rare. Medical errors gain
institutionalized presence in journals only after the 1984 publication in the
New England Journal of Medicine of a dramatic mistake that existentially
harms a woman, and when The Lancet (1999) calls for doctors to share
their errors in print.
Hurtwitz et Sheik , R Soc Med 2009: 102: 181–185. 2009.
181–
6. Ma l’errore medico era rimasto presente nella
letteratura, così come la malattia
Novelists and playwrights had explored errors, violations and
their consequences a good deal earlier.
Madame Bovary (1857) Flaubert,
The doctor’s dilemma, G. Bernard Shaw, 1906
The citadel, Cronin, 1937
Hurtwitz et Sheik,
R Soc Med 2009: 102: 181–185. 2009.
7. A oggi e negli anni a venire: medicina narrativa
come terapia per il rischio e strumento di
miglioramento della qualità
Livello Macro
• Analisi di clima interno organizzativo qualitativo e quantitativo
nelle organizzazioni sanitarie (fonti: le società scientifiche, le
equipe, gli operatori)
Livello Meso e Micro
• Strumento di ascolto e riflessione (la cartella integrata degli
operatori) sui gruppi – cluster- e sui singoli casi
• Strumento di ascolto e riflessione sulle voci scritte e orali dei
pazienti – cluster- e sui singoli casi
8. Livello MACRO: il caso del progetto
VEDUTA, Valori Esistenziali contro il Dolore nelle
Unità di Terapia e Assistenza
Analisi di clima organizzativo progettata e realizzata
nel 2012 da Fondazione ISTUD con Federdolore,
Ministero della Salute e Cittadinanza Attiva.
184 interviste quali-quantitative e 87 storie (secondo il
copione della morfologia della Fiaba classica) da
terapisti del dolore in Italia.
9. Identità sulla presenza e assenza
di ruolo di coordinamento
Con ruolo di RESPONSABILITA’ Senza ruolo di RESPONSABILITA’
Età media: 53 anni Età media: 47 anni
mediana: 54 anni mediana: 48 anni
82% sono medici, 2% infermieri, 2% altro 73% sono medici, 8% infermieri,
14% non specifica 19% non specifica
91% ha un contratto a tempo indeterminato 84% ha un contratto a tempo indeterminato
Anestesia e rianimazione
1% Anestesia e
1% Anestesia e terapia del rianimazione
1% 1% dolore/antalgica 2% Anestesia e terapia del
1% 1% Algologo
2% 1% 2% 2% 2% dolore/antalgica
6%
Fisioterapia 2% 2% reumatologia
19%
Geriatria patologia generale
17%
Medicina Generale 65%
72% oncologia
Neurochirurgia
Altro
Neurologia
Oncologia Malattie infettive
10. I pazienti e i familiari; non fonte di stress ma di
energia, il senso di una professione
Fonte di stress… Fonte di energia…
38%
63%
23%
16% 35%
12%
8%
3%
0% 1% 1%
Paziente Familiari Entrambi Nessuno Altro Non
Paziente Familiari Entrambi Nessuno Altro:
risposte
lavoro
corale
“Practictioners must be prepared to offer the self as a therapeutic instrument."
Rita Charon, N arrative medicine: Honoring the stories of illness: Oxford University Press, 2006
11. Gli idealtipi nelle metafore
La metafora maggiormente ricorrente (39%) è l’aiuto al malato “ultima spiaggia”, “la
luce dopo il tunnel” “un grande ombrello”, “il porto per un mare in tempesta”
“un’ancora di salvezza”- l’icona del benefattore.
La seconda immagine maggiormente ricorrente (30%) è quella di un professionista
industrioso che lavora instancabilmente “un sarto industrioso senza attrezzi”,
“pronto a far tutto la notte e il giorno sempre d'intorno in giro sto... (Barbiere di
Siviglia)”, “un amalgama tra gli altri specialisti”, “a volte mi sento come il vigile
all'incrocio trafficato che deve cercare il modo migliore per rendere fluido ed
efficace la circolazione”.
Segue la metafora dell’ eroe icona del salvatore -declinato da don Chisciotte con i
suoi mulini a vento, al Crociato al Paladino- che rappresenta il 14% delle risposte e
descrive un animo idealista e orientato a grandi obiettivi a volte non sempre
realizzabili. Un altro 11% esprime invece immagini riconducibili al solitario. L’ultimo
5% rappresentato restituisce immagini di prigioniero o limitazioni classificabili come
mancanza di libertà decisionale nel contesto professionale.
12. Le metafore e i sentimenti:
dal dolore del professionista industrioso alla
rabbia di chi è prigioniero
8%
17%
8%
33%
40%
50%
28%
gioia
75% rabbia
30%
28% dolore
67%
paura
50%
30% 28%
8%
professionista eroe senza libertà solitudine sollievo
industrioso decisionale
13. Uomo,
Uomo, 46 anni, medico con funzioni di coordinamento
dedicato part time alla terapia del dolore
“C'era una volta un ragazzino di dodici anni che attraverso un lungo viaggio arrivò
davanti al mare in una sera di primavera, al paese delle cure alle persone che soffrivano: poco
distante dalla spiaggia c’era un piccolo villaggio di pescatori dove ognuno era partecipe della vita
degli altri.
Il paese era vicino al villaggio, dava sul mare, dietro una pianura e poi le montagne.
In quel paese non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da ogni città vicina ed
erano persone fatte di acqua, ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di aria.
E poi, in quel paese, vivevano tutti gli altri che si erano fermati lì per curare quelli che ne avevano
bisogno ed erano fatti di terra.
Quando il ragazzino vide per la prima volta i visi delle persone intente a curare e pensò che quei
visi fossero sereni, e poi guardò le mani e pensò che quelle mani fossero capaci, e poi guardò ciò
che facevano, e ascoltò le loro parole che erano parole di rassicurazione.
Allora decise che si sarebbe fermato in quel paese perché avrebbe potuto essere come loro.
Ma un brutto giorno accadde che gli uomini grigi della città decisero di costruire qualcosa che lui
sapeva sarebbe stato inutile, lì in quel posto.
Poi però successe anche che quegli uomini grigi non riuscivano a sopportare la luce, il profumo
del mare, l’aria fresca che scendeva dalle montagne e andarono a costruire ciò che era inutile nel
deserto al di là delle montagne. Ora quel paese è tornato alla tranquillità.
Quel paese sarà felice a condizione di saperne leggere la bellezza.”
14. Donna, 44 anni,
Infermiera professionale
C'era una volta una farfalla con grandi ali e colori allegri e splendenti che attraverso un lungo
viaggio fra fiori profumati e sgargianti, frutti colorati e fili d'erba arrivò al paese delle cure alle
persone che soffrivano perché una brutta malattia aveva spento i loro colori e non riuscivano più a
vedere nulla attorno a loro. Il paese era circondato da colline verdi punteggiate di fiori, specchi
d'acqua limpidissima, animaletti colorati che zampettavano allegramente ovunque. In quel paese
non c'erano solo le persone che soffrivano che erano venute da tutti quei paesi che prima erano
allegri colorati, pieni di vita e di armonia ed erano fatte di colori spenti, tristi, opachi e sempre più bui,
ma c'erano anche i loro cari attorno e questi erano fatti di vibrazioni di ansia, di moti di
preoccupazione, di sorrisi e rassicurazioni dipinte di giallo per nascondere la verità. ...... Quando la
farfalla, attraverso gli occhi delle persone che soffrivano vide per la prima volta i visi delle persone
che curavano, pensò che quei visi fossero come un raggio di sole che fa risplendere i colori, poi
guardò le mani e pensò che quelle mani fossero lì per stringere le tue e portare via la paura e
l'angoscia e poi guardò i loro occhi che non nascondevano la verità e ascoltò le loro parole quando
gli dissero che poteva parlare liberamente, chiedere tutto ciò che voleva sapere, dire quando si
sentiva pronto per rivedere tutti i colori nel paese attorno a sé e nel volto e nel cuore dei suoi cari.
Allora decise che era il paese giusto per fermarsi perché avrebbe potuto tornare tutto come prima.
Ma un brutto giorno accadde che i colori sparirono di nuovo, la luce si offuscò, la paura ritornò. Poi
però successe anche che tutti si strinsero attorno a lui e con i loro occhi e le loro mani riportarono la
serenità e la consapevolezza che anche il sole ogni giorno se ne va..e un giorno tutti ce ne
andremo..ma finché si è in questo paese, i colori e la luce devono esserci sempre..dentro e attorno a
noi. Ora quel paese è conosciuto da tutti coloro che soffrono. Quel paese sarà felice a condizione
di poter sempre essere nelle condizioni di restituire colore, luce e serenità.
15. Convivere con la spending review
Le posizioni esistenziali (autostima e fiducia nel prossimo) dei
professionisti sono “sane” anche in questo tempo difficile di spending
review: hanno fiducia in sé stessi e fiducia negli altri, forse quelli più vicini.
Più sfiducia invece c’è nella costruzione della rete allargata dei terapisti
del dolore che a volte non avviene perché “i paesi vicini” sono vittime del
campanilismo.
Paura sul fatto che finiscano i rifornimenti di medicinali contro il dolore.
La buona notizia invece è che si sta già collaborando con i medici di
famiglia, con i farmacisti ospedalieri.
E’ oggi troppo spesso muro il dialogo con gli amministrativi: possibili
azioni di coinvolgimento “empatico” potrebbero essere funzionali al pieno
decollo della terapia del dolore.
16. Ecco come la narrazione può cambiare lo stile di
leadership dei terapisti del dolore
VEDUTA ha desiderato essere uno specchio in cui vi è
l’identità riflessa di una categoria professionale con la propria
complessità, pluralismo e confusione: l’eterogeneità delle
risposte porta a ipotizzare la gestione da parte delle società
scientifiche secondo una logica di diversity management, per
inclusione delle differenze identitarie e di ruolo. Vi sono i curanti
positivisti, industriosi, consapevoli e forse un po’ rassegnati e
doloranti e i curanti titanici, eroi, illusi, che ogni tanto girano a
vuoto, ma che si rialzano pieni di energia e di rabbia. Vi sono i
full time e i part time.
Una buona leadership deve contare sul mix di entrambe queste
attitudini.
17. Gli esiti di VEDUTA
• Consapevolezza dei terapisti del dolore dei punti di forza e
delle fragilità
• Riedificazione organizzativa interna delle unità di terapia del
dolore
• Rafforzamento della rete dei terapisti del dolore per passare
della competizione alla cooperazione
• Un riconoscimento della motivazione nel curare, fonte di
rinnovata energia per gli operatori e di riflesso per i pazienti
18. La medicina narrativa sostiene chi cura,
non solo chi è curato
… il sostegno a chi cura passa per la cultura dell’ascolto a
tutti i livelli, dai ruoli gestionali, a quelli sanitari per
migliorare i percorsi, i processi e i luoghi di cura.
19. Sui costi di applicazione della medicina narrativa
“Il nostro obiettivo era di verificare se l’approccio
narrativo comportasse un aggravio di risorse
temporali e se fosse efficace nel migliorare la
relazione medico-paziente. La nostra esperienza
ha dimostrato che l’approccio è fattibile, non
comporta un impegno temporale significativamente
superiore all’approccio tradizionale ed è molto
gradito dai pazienti.”
Dipartimento di oncoematoogia – Università di Bari
20. Medicina narrativa per una sanità sostenibile
“Se hai due fette di pane, cambiane una con un narciso, perché
il pane nutre il corpo ma il narciso nutre l’anima”
(Hadit Sufi)
Così la medicina narrativa rende sostenibile la sanità nutrendone
lo spirito e la motivazione, ascoltando il pensiero scritto degli
operatori e dei pazienti.
Un’operazione di ascolto autentico richiede coraggio: ma i frutti
dell’analisi possono ri-orientare, anche in logica di sostenibilità,
le dinamiche organizzative.