1. Progetto VEDUTA: Valori Esistenziali contro il Dolore nelle Unità di Terapia e
Assistenza
Fondazione ISTUD, Federdolore, Ministero della Salute
Abstract
Tra marzo e giugno 2012 è stata condotta una survey anonima volta a ricercare il clima
organizzativo e i valori di riferimento dei terapisti del dolore in Italia, anche alla luce della nuova
legge 38 sulla terapia del dolore e le cure palliative. Gli obiettivi della survey erano rappresentati
dalla raccolta di testimonianze attraverso questionari semi strutturati e narrazioni guidate allo
scopo di ricavare strumenti di orientamento per la cura del dolore in Italia.
184 i rispondenti e 87 le storie raccolte dalle unità di terapia del dolore: risposte risposto in modo
stratificato sull’intero territorio nazionale. La popolazione aderente era composta dal 64% di
uomini e il 36% di donne, e di queste ultime solo il 18% con ruolo di coordinamento. L’età media
della popolazione rispondente è avanzata ed è pari a 50.9 anni, con uno scarto di 6 anni tra chi ha
responsabilità di unità operativa o dipartimento e chi invece non ha questo ruolo. Nel 85% dei casi
i contratti sono a tempo indeterminato, senza differenze tra chi si dedica full time alla terapia del
dolore (40%) e chi si dedica part time a questa disciplina (55%). La forte compresenza di risorse
umane che operano anche in ambiti in sanità oltre alla terapia del dolore è una questione che
sottolinea la tendenza verso una maggiore richiesta di flessibilità tra i professionisti sanitari. La
legge 38, ritenuta una giusta normativa da tutti i rispondenti, ha facilitato nel 52% dei rispondenti
l’importanza della cura al dolore su gli altri professionisti sanitari, lontani dalla terapia del dolore,
mentre il 68% dei rispondenti si dimostra sfiduciato rispetto all’accoglienza degli amministrativi
verso il valore e l’applicazione della legge. La continuità assistenziale con la medicina del territorio
è dichiarata nel 40% dei rispondenti, indicando quindi una tendenza che si sta non solo aprendo
ma consolidando nel tempo.
Il paziente solo nel 3% dei casi è risultato essere fonte di stress, e viceversa nel 35% dei casi è stato
proprio definito come una fonte di energia: questo dimostra la capacità di accoglienza e il basso
livello di burn out, confermato dalla survey attuale, a cui sono sottoposti i terapisti del dolore.
Il 46% dei professionisti dichiara che ha voluto occuparsi di terapia del dolore in quanto desideroso
di compiere una scelta “vocazionale”, un 34% di persone non rispondono deliberatamente a
2. questa domanda e solo il 12% dichiara di avere scelto questa strada in quanto apriva nuove
possibilità di impiego e carriera.
Dalle narrazioni emerge che quattro sono gli idealtipi dei professionisti del dolore: i benefattori, i
professionisti industriosi, gli eroi salvatori, i prigionieri, quest’ultima categoria, la più piccola in
percentuale, è rappresentata da coloro che vivono male professione in quanto l’organizzazione
prevale sul professionista sanitario, schiacciandolo di responsabilità e oneri insostenibili. Dalle
storie emergono che i valori più ricorrenti sono l’aiuto e la cura, il senso di missione, e la volontà
di conoscere. Sempre dalle narrazioni, l’analisi della centratura di sé e della fiducia reciproca
rappresentata dal modello dell’Okayness di Berne ha sottolineato una buona autostima e stima
reciproca tra i professionisti sanitari. L’analisi delle emozioni emergenti dalle fiabe suddivise per
quattro macrocategorie GIOIA, RABBIA, DOLORE e PAURA ha rilevato come tema più dominante,
forse a specchio, i sentimenti legati al dolore, e seconda la rabbia, quest’ultima più prevalente
negli uomini e nelle persone che si dedicano part time alla terapia del dolore.
VEDUTA non ha dato risposte ma ha desiderato essere uno specchio in cui vi è l’identità riflessa di
una categoria professionale con la propria complessità e confusione: l’eterogeneità delle risposte
porta a ipotizzare la gestione da parte delle società scientifiche secondo una logica di diversity
management. L’orientamento al paziente è straordinariamente evoluto, sia nelle risposte quantitative
sia nelle narrazioni: e il professionista ha chiaro che non esiste solo il paziente ma anche la sua
costellazione familiare.
In tempo di spending review, malgrado la salute e i valori forti su cui si fondano questi
professionisti, più sfiducia invece c’è negli amministrativi, ritenuti molto insensibili al diritto
enunciato della legge 38, e nella costruzione della rete allargata dei terapisti del dolore manca il
deus-ex machina, a parte la norma scritta, ovvero la legge, che riesce a far collaborare e
sviluppare la rete dei professionisti tra loro. Queste le sfide a cui sono chiamate le società
scientifiche di indirizzo della terapia del dolore in Italia.