2. INCIDENZA DI DIAGNOSI PSICHIATRICA NELLA D.I.
DIVERSI STUDI EPIDEMIOLOGICI INDICANO LA PARTICOLARE
SUSCETTIBILITÀ DELLE PERSONE CON DISABILITA’
INTELLETTIVA ALLA PATOLOGIA PSICHIATRICA CON UN
INCIDENZA DI DISTURBI PSICHIATRICI DA 5 A 7 VOLTE
SUPERIORE RISPETTO ALLA POPOLAZIONE GENERALE. LO
STUDIO STORICO DI RUTTER E COLLEGHI (RUTTER ET AL., 1979),
HA INDIVIDUATO NELLA POPOLAZIONE IN ETÀ EVOLUTIVA
CON DISABILITA’ INTELLETTIVA UNA PERCENTUALE TRA IL
30% E IL 42% DI SOGGETTI CON DISTURBI PSICHIATRICI CONTRO
IL 7% DELLA POPOLAZIONE SENZA D.I.
UN'ANALOGA INCIDENZA SI RISCONTRA NELLO STUDIO DI
PARSON E COLLEGHI (PARSON ET AL., 1984) NEGLI USA, CHE
INDIVIDUA DISTURBI PSICHIATRICI MAGGIORI NELL'8-15% DEI
SOGGETTI CON DISABILITA’ INTELLETTIVA , MENTRE DISTURBI
PSICHIATRICI MINORI SONO RISCONTRATI IN UNA
PERCENTUALE SUPERIORE AL 50%.
3. GRAVITA’ DELLA D.I. E CORRELAZIONE CON I
DISTURBI EMOTIVI E COMPORTAMENTALI
LA NATURA DEI DISTURBI EMOTIVI E COMPORTAMENTALI
APPARE CORRELATA ALLA GRAVITÀ DELLA DISABILITA’
INTELLETTIVA :
NEI SOGGETTI CON D.I. LIEVE E MEDIA PREVALGONO DISTURBI
DELLA CONDOTTA, DISTURBI DELL'UMORE DI TIPO
DEPRESSIVO, DISTURBI ANSIOSI, OSSESSIVO-COMPULSIVI E
DEFICIT ATTENTIVI
NEI SOGGETTI CON D.I. PIU’ GRAVE PREVALGONO DISTURBI
COMPORTAMENTALI DI TIPO AUTISTICO, STEREOTIPIE,
CONDOTTE AGGRESSIVE E SINTOMI SCHIZOFRENICI.
QUESTI DISTURBI SONO INOLTRE CORRELATI A SPECIFICI
FATTORI DI RISCHIO QUALI LA PRESENZA DI UN DISTURBO
NEUROLOGICO ASSOCIATO E CARENZE DI ACCUDIMENTO E/O
ATTEGGIAMENTI INADEGUATI IN AMBITO FAMILIARE E
SOCIALE.
4. DUNQUE:
L’INCIDENZA DI QUADRI PSICOPATOLOGICI NEI
L’INCIDENZA DI QUADRI PSICOPATOLOGICI NEI
SOGGETTI CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E’
SOGGETTI CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E’
ELEVATA
ELEVATA
LA PRESENZA DI COMPONENTI
LA PRESENZA DI COMPONENTI
PSICOPATOLOGICHE NEL CASO DI PERSONE
PSICOPATOLOGICHE NEL CASO DI PERSONE
CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E’ DA 4 A 6
CON DISABILITA’ INTELLETTIVA E’ DA 4 A 6
VOLTE SUPERIORE RISPETTO AL CAMPIONE
VOLTE SUPERIORE RISPETTO AL CAMPIONE
DELLE PERSONE A SVILUPPO TIPICO
DELLE PERSONE A SVILUPPO TIPICO
5. I QUADRI PSICOPATOLOGICI NELLA DISABILITA’
INTELLETTIVA SONO SPESSO SFUMATI E
COMPLICATI DA ELEMENTI PROPRI DEL
DEFICIT COGNITIVO
6. Psicopatologia nella Disabilità
Intellettiva: di che cosa si tratta?
• Comorbidità Psichiatrica associata alla
Doppia Diagnosi
Disabilità Intellettiva
•Psicopatologia del
Fenomenologia Psicopatologica
Fenotipi psicopatologici
comportamento
delle Sindromi genetiche
propria della Disabilità Intellettiva
• Disabilità Intellettiva come Diagnosi
Interazione originale tra primary cognitive deficit,
Complessa
fattori di personalità, vunerabilità bio-psico-sociale,
esposizione ai fattori di rischio per la psicopatologia,
tentativi di compenso/adattamento
7. LE CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI,
ICD - 10 E DSM - IV°,
SONO FONDAMENTALI PER FAVORIRE
LA TRASMISSIONE DEI DATI, ANCHE SE
NON DEL TUTTO SODDISFACENTI
NELL’INQUADRAMENTO DEI PAZIENTI CON
DISABILITA’ INTELLETTIVA
8. I Sistemi di Classificazione e di
Codifica Diagnostica
• DSM-IV-TR
• ICD-10 Guide for Mental Retardation
• ICF
Un discorso a parte deve essere fatto per la:
• X° Edizione del Sistema di definizione,
classificazione e sistemi di sostegno dell’
AAMR
9. Le persone con Disabilità Intellettiva:
Rappresentano una frazione
importante della popolazione in
generale
Prevalenza in età scolare:
1.5-5.5 %
Si riconoscono cause diverse che
producono un deficit cognitivo
primario
ICD 10 classifica più di 100
condizioni mediche associabili
eziologicamente alla Disabilità
Intellettiva
Livelli diversi di gravità
Lieve
Moderato
Grave
Profondo
Associazione frequente con disturbi Aggressività 21.5 %
gravi del comportamento
Autolesionismo 15.3 %
Stereotipie 8.7 %
Capricciosità/pianto 13.8-20.7 %
10. Le persone con Disabilità Intellettiva:
Malattie mentali associate
Schizofrenia 7%
Depressione 40%
Sindromi psichiche 4-6 volte più
frequenti che nella popolazione
generale
Polihandicap disabilità multiple
pluridsensoriali e motorie
Prevalenza tra 0.5 e 3.8 /1000
Deficit visivo 10 %
Deficit uditivo 12.3 %
Malattie somatiche associate
Ipertensione 6.1%
Cardiopatie 3.2 % fino al 9.7% a 50
anni
Disturbi gastrointestinali 7.1 %
Effetti collaterali da psicofarmaci ?
Rischio per sfruttamento sessuale Decisamente superiore che per la
e violenza fisica e sessuale
popolazione generale
(“raggirabilità”)
11. Decorso della Disabilità Intellettiva
• Impegnativo lungo tutte le fasi del ciclo di
vita
• Esordio infantile con compromissione
familiare a livello prenatale
• Emergenze comportamentali
• Emergenze cliniche
• Accumulo progressivo di problematiche
cliniche e policronicità
• Ricorsività persistente dei bisogni
• Impatto massiccio sulla famiglia e sulla
comunità
12. ICD-10 Guide for Mental
Retardation Ginevra, 1996
Asse I
Gravità del RM e problemi di
comportamento
Asse II
Condizioni mediche associate
Asse III
Disturbi psichiatrici associati
Asse IV
Valutazione globale della
disabilità psicosociale
Asse V
Situazioni psicosociali anormali
associate
13. Asse I Gravità del RM
•
•
•
•
•
•
F70 RM lieve
QI 50-69
F71 RM moderato
QI 35-49
F72 RM grave
QI 20-34
F73 RM profondo
QI < 20
F78 RM altro
F79 RM non specificato
14. Asse I (Problemi di Comportamento)
F7X.0
Nessuna o minima compromissione del
comportamento
F7X.1
Compromissione significativa del comportamento tale
da richiedere attenzione o trattamento
F7X.8
Altre compromissioni del comportamento
F7X.9
Senza menzione di compromissione del
comportamento
F7X.11
Autolesionismo
F7X.12
Pica
F7X.13
Ipercinesia
F7X.14
Vagabondaggio e tendenza a nascondersi
F7X.15
Aggressività
F7X.16
Tiraggio dei capelli
Altri Problemi di
comportamento
16. SINDROMI E DISTURBI
COMPORTAMENTALI
NELL’INFANZIA E
NELL’ADOLESCENZA
•DISTURBO DELLA CONDOTTA
•DISTURBO OPPOSITIVO PROVOCATORIO
•DISTURBI MISTI DELLA CONDOTTA E DELLA SFERA
EMOZIONALE
•DISTURBI DELLA SFERA EMOZIONALE
•DISTURBI DELL’ATTACCAMENTO
17. Disturbo della condotta
A. Una modalità di comportamento ripetitiva e
persistente in cui i diritti fondamentali degli altri o le
principali norme o regole societarie appropriate per l'età
vengono violati, come manifestato dalla presenza di tre (o
più) dei seguenti criteri nei 12 mesi precedenti, con
almeno un criterio presente negli ultimi 6 mesi:
aggressioni a persone o animali; distruzione della
proprietà; frode o furto; gravi violazioni di regole.
B. L'anomalia del comportamento causa compromissione
clinicamente significativa del funzionamento sociale,
scolastico, o lavorativo.
C. Se il soggetto ha 18 anni o più, non sono soddisfatti i
criteri per il Disturbo Antisociale di Personalità
18. Disturbo Oppositivo Provocatorio
La caratteristica fondamentale del DOP è una modalità
ricorrente di comportamento negativistico, provocatorio,
disobbediente, ed ostile nei confronti delle figure dotate di
autorità che persiste per almeno 6 mesi ; ed è caratterizzato da
frequente insorgenza di almeno uno dei seguenti
comportamenti: perdita di controllo, litigi con gli adulti,
opposizione attiva o rifiuto di rispettare richieste o regole degli
adulti, azioni deliberate che danno fastidio agli altri, accusare
gli altri dei propri sbagli o del proprio cattivo comportamento,
essere suscettibile o facilmente infastidito dagli altri, essere
collerico e risentirsi, o essere dispettoso o vendicativo. Per
definire il Disturbo Oppositivo Provocatorio, i comportamenti
devono manifestarsi più frequentemente rispetto a quanto si
osserva tipicamente nei soggetti di età e livello di sviluppo
paragonabili e devono comportare una significativa
compromissione del funzionamento sociale, scolastico, o
lavorativo.
19. DISTURBI MISTI DELLA CONDOTTA E DELLA SFERA
EMOZIONALE
QUESTO GRUPPO DI DISTURBI E’ CARATTERIZZATO
DALLA COMBINAZIONE DI UN COMPORTAMENTO
PERSISTENTEMENTE AGGRESSIVO, ANTISOCIALE
O PROVOCATORIO CON PALESI E MARCATI
SINTOMI DI DEPRESSIONE, ANSIA O ALTRI
DISTURBI EMOZIONALI
20. Disturbo d’ansia di
separazione
La manifestazione fondamentale del Disturbo
d'Ansia di Separazione è un'ansia eccessiva
riguardante la separazione da casa o da coloro a
cui il soggetto è attaccato . Quest'ansia va al di là
di quella prevedibile in base al livello di sviluppo
del soggetto. L'anomalia deve durare almeno 4
settimane, iniziare prima dei 18 anni e causare
disagio clinicamente significativo o
compromissione dell'area sociale, scolastica
(lavorativa), o di altre aree importanti del
funzionamento .
21. DISTURBO REATTIVO
DELL’ATTACCAMENTO DELL’INFANZIA
La caratteristica fondamentale del Disturbo Reattivo
dell'Attaccamento è una modalità di relazione sociale,
notevolmente disturbata e inadeguata rispetto al livello di
sviluppo, che si manifesta in quasi tutti i contesti, che inizia prima
dei 5 anni ed è associata ad un accudimento grossolanamente
patologico. Ci sono due tipi di sintomatologia clinica. Nel Tipo
Inibito, il bambino è persistentemente incapace di dare inizio alla
maggior parte delle interazioni sociali e di rispondere ad esse in
maniera adeguata al suo livello di sviluppo. Il bambino mostra
modalità di risposta eccessivamente inibite, ipervigili, o altamente
ambivalenti (per es., attenzione fredda, resistenza alle tenerezze o
un misto di approccio ed evitamento) . Nel Tipo Disinibito, vi è
una modalità di attaccamento diffuso. Il bambino mostra
socievolezza indiscriminata o una mancanza di selettività nella
scelta dei personaggi di attaccamento.
22. DISTURBI DI PERSONALITA’
Personalità:
Modalità perdurante di percepire, rapportarsi, o pensare a sé
stesso e all'ambiente. I tratti di personalità sono aspetti rilevanti
della personalità che vengono mostrati in un'ampia gamma di
contesti sociali e personali importanti. Solo quando sono rigidi e
maladattivi, e causano menomazione funzionale significativa o
disagio soggettivo, i tratti di personalità configurano un Disturbo
di Personalità.
Un Disturbo di Personalità rappresenta un modello di
esperienza interiore e di comportamento che devia
marcatamente rispetto alle aspettative della cultura
dell'individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce
nell'adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel
tempo, e determina disagio o menomazione.
23. Il Disturbo Paranoide di Personalità è un quadro
caratterizzato da sfiducia e sospettosità, per cui le
motivazioni degli altri vengono interpretate come
malevole.
Il Disturbo Schizoide di Personalità è un quadro
caratterizzato da distacco dalle relazioni sociali e
da una gamma ristretta di espressività emotiva.
Il Disturbo Schizotipico di Personalità è un quadro
caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni
strette, distorsioni cognitive o percettive, ed
eccentricità nel comportamento.
24. Il Disturbo Antisociale di Personalità è un quadro
caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti degli
altri.
Il Disturbo Borderline di Personalità è un quadro
caratterizzato da instabilità delle relazioni interpersonali,
dell'immagine di sé e degli affetti, e da marcata impulsività.
Il Disturbo Istrionico di Personalità è un quadro
caratterizzato da emotività eccessiva e da ricerca di
attenzione.
Il Disturbo Narcisistico di Personalità è un quadro
caratterizzato da grandiosità, necessità di ammirazione, e
mancanza di empatia.
25. Il Disturbo Evitante di Personalità è un quadro caratterizzato
da inibizione, sentimenti di inadeguatezza, e ipersensibilità ai
giudizi negativi.
Il Disturbo Dipendente di Personalità è un quadro
caratterizzato da comportamento sottomesso e adesivo legato
ad un eccessivo bisogno di essere accuditi.
Il Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità è un quadro
caratterizzato da preoccupazione per l'ordine, perfezionismo
ed esigenze di controllo.
26. Il Disturbo di Personalità Non Altrimenti Specificato è
una categoria a disposizione per due situazioni:
1) il quadro personologico dell'individuo soddisfa i
criteri generali per un Disturbo di Personalità, e sono
presenti tratti di vari Disturbi di Personalità diversi,
ma non risultano soddisfatti i criteri per nessuno
specifico Disturbo di Personalità;
oppure
2) il quadro personologico dell'individuo soddisfa i criteri
generali per un Disturbo di Personalità, ma
l'individuo viene considerato affetto da un Disturbo di
Personalità non incluso nella Classificazione (per es.,
disturbo passivo-aggressivo di personalità).
28. SCHIZOFRENIA
I sintomi caratteristici della Schizofrenia comportano uno
spettro di disfunzioni cognitive ed emotive che comprende: la
percezione, il pensiero deduttivo, il linguaggio e la
comunicazione, il controllo del comportamento, l'affettività, la
fluidità e la produttività del pensiero e dell'eloquio, la capacità
di provare piacere, la volontà e l'iniziativa, e l'attenzione.
Nessun singolo sintomo è patognomonico della Schizofrenia;
la diagnosi comporta il riconoscimento di una costellazione di
segni e sintomi associati a menomazione del funzionamento
sociale o lavorativo.
29. I sintomi caratteristici si possono concettualmente far ricadere in
due ampie categorie: positiva e negativa. I sintomi positivi
sembrano riflettere un eccesso o una distorsione di funzioni
normali, mentre i sintomi negativi sembrano riflettere una
diminuzione o una perdita di funzioni normali. I sintomi positivi
includono distorsioni o esagerazioni del pensiero deduttivo
(deliri), della percezione (allucinazioni), del linguaggio e della
comunicazione (eloquio disorganizzato), e del controllo del
comportamento (comportamento grossolanamente disorganizzato
o catatonico).
I sintomi negativi riguardano restrizioni nello spettro e
nell'intensità delle espressioni emotive (appiattimento
dell'affettività), nella fluidità e nella produttività del pensiero e
dell'eloquio (alogia), e nell'iniziare comportamenti finalizzati a una
meta (abulia).
31. Il Disturbo Schizofreniforme è caratterizzato da un quadro
sintomatologico equivalente a quello della Schizofrenia
eccetto che per la sua durata (per es., il disturbo dura da
uno a sei mesi) e per l'assenza del requisito che prevede un
deterioramento del funzionamento.
Il Disturbo Schizoaffettivo è un disturbo nel quale un
episodio di alterazione dell'umore e i sintomi della fase
attiva della Schizofrenia ricorrono assieme e sono preceduti
o seguiti da almeno due settimane di deliri o allucinazioni
senza rilevanti sintomi della sfera affettiva.
Il Disturbo Delirante è caratterizzato da almeno un mese di
deliri non bizzarri in assenza di altri sintomi della fase
attiva della Schizofrenia.
32. DISTURBI DELL’UMORE
La sezione Disturbi dell'Umore comprende i disturbi che hanno
come caratteristica predominante un'alterazione dell'umore.
UMORE
Emozione pervasiva e prolungata che colora la percezione del mondo. Gli esempi comuni
di umore comprendono depressione, esaltazione, rabbia e ansia. A differenza di affetto,
che si riferisce a cambiamenti più fluttuanti del "clima" emotivo, umore si riferisce a
una "atmosfera" emotiva più pervasiva e durevole.
I tipi di umore comprendono:
DISFORICO Umore spiacevole, come tristezza, ansia, o irritabilità.
ESALTATO Sentimento esagerato di benessere, euforia, o esaltazione. Una persona con
l'umore esaltato può riferire di sentirsi "su", "in estasi", o "al settimo cielo".
ESPANSIVO Mancanza di inibizione nell'esprimere i propri sentimenti, spesso
accompagnata da sopravvalutazione della propria importanza o significato.
EUTIMICO Umore nei "limiti della norma", il che comporta l'assenza di depressione o
di esaltazione.
IRRITABILE Facilità ad irritarsi e ad arrabbiarsi.
33. Il Disturbo Depressivo Maggiore è caratterizzato da uno o
più Episodi Depressivi Maggiori (per almeno due settimane
umore depresso o perdita di interesse, accompagnati da
almeno altri quattro sintomi depressivi).
Il Disturbo Distimico è caratterizzato dalla presenza per
almeno due anni di umore depresso quasi ogni giorno,
accompagnato da altri sintomi depressivi che non soddisfano
i criteri per un Episodio Depressivo Maggiore.
34. SINTOMI DELLA DEPRESSIONE
1)
umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno, come
riportato dal soggetto (per es., si sente triste o vuoto) o come osservato dagli altri (per es.,
appare lamentoso). Nota Nei bambini e negli adolescenti l'umore può essere irritabile
2)
marcata diminuzione di interesse o piacere per tutte, o quasi tutte, le attività
per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno (come riportato dal soggetto o come
osservato dagli altri)
3)
significativa perdita di peso, senza essere a dieta, o aumento di peso (per es., un
cambiamento superiore al 5% del peso corporeo in un mese), oppure diminuzione o
aumento dell'appetito quasi ogni giorno. Nota Nei bambini, considerare l'incapacità di
raggiungere i normali livelli ponderali
4)
insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
5)
agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno (osservabile dagli
altri, non semplicemente sentimenti soggettivi di essere irrequieto o rallentato)
6)
faticabilità o mancanza di energia quasi ogni giorno
7)
sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati (che possono
essere deliranti), quasi ogni giorno (non semplicemente autoaccusa o sentimenti di colpa
per essere ammalato)
8)
ridotta capacità di pensare o di concentrarsi, o indecisione, quasi ogni giorno
(come impressione soggettiva o osservata dagli altri)
9)
pensieri ricorrenti di morte (non solo paura di morire), ricorrente ideazione
suicidaria senza un piano specifico, o un tentativo di suicidio, o l'ideazione di un piano
specifico per commettere suicidio.
35. Il Disturbo Depressivo Non Altrimenti Specificato viene
incluso per codificare i disturbi con manifestazioni
depressive che non soddisfano i criteri per Disturbo
Depressivo Maggiore, Disturbo Distimico,
Il Disturbo Bipolare I è caratterizzato da uno o più Episodi
Maniacali o Misti, solitamente accompagnati da Episodi
Depressivi Maggiori.
36. Il Disturbo Bipolare II è caratterizzato da uno o più Episodi
Depressivi Maggiori accompagnati da almeno un Episodio
Ipomaniacale.
Il Disturbo Ciclotimico è caratterizzato dalla presenza, per
almeno due anni, di numerosi periodi con sintomi maniacali
che non soddisfano i criteri per l'Episodio Maniacale e di
numerosi periodi con sintomi depressivi che non soddisfano
i criteri per l'Episodio Depressivo Maggiore.
Il Disturbo Bipolare Non Altrimenti Specificato viene
incluso per codificare i disturbi con manifestazioni bipolari
che non soddisfano i criteri per alcuno specifico Disturbo
Bipolare definito in questa sezione (o i sintomi bipolari sui
quali siano disponibili informazioni inadeguate o
contraddittorie).
37. SINTOMI MANIACALI
1)
autostima ipertrofica o grandiosità
2)
diminuito bisogno di sonno (per es., si sente riposato
dopo solo 3 ore di sonno)
3)
maggiore loquacità del solito, oppure spinta continua a
parlare
4)
fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si
succedano rapidamente
5)
distraibilità (cioè, l'attenzione è troppo facilmente
deviata da stimoli esterni non importanti o non pertinenti)
6)
aumento dell'attività finalizzata (sociale, lavorativa,
scolastica o sessuale), oppure agitazione psicomotoria
7)
eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno
un alto potenziale di conseguenze dannose (per es., eccessi nel
comprare, comportamento sessuale sconveniente, investimenti
in affari avventati).
38. Il Disturbo dell'Umore Dovuto ad una Condizione Medica
Generale è caratterizzato da una notevole e persistente alterazione
dell'umore ritenuta una diretta conseguenza fisiologica di una
condizione medica generale.
Il Disturbo dell'Umore Indotto da Sostanze è caratterizzato da una
notevole e persistente alterazione dell'umore ritenuta una diretta
conseguenza fisiologica di una droga, di abuso di un farmaco, di
un altro trattamento somatico per la depressione o dell'esposizione
ad una tossina.
40. Disturbi pervasivi dello sviluppo:
forme cliniche secondo DSM-IV
A) Disturbo autistico
B) Disturbo di Rett
C) Disturbo disintegrativo
dell’infanzia
D) Disturbo di Asperger
E) Disturbi generalizzati dello
sviluppo non altrimenti specificati
41. Altre sindromi connesse allo
spettro autistico (su base
genetica identificata):
Sindrome di Williams
Sindrome di Landau/Kleffner
Sindrome da X fragile
42. I Fenotipi
Comportamentali
Espressione comportamentale delle malattie genetiche
che producono disabilità intellettiva
1- Definizione di FC
2- Valutazione Clinica di FC
3- Metodiche di Valutazione Cognitivo- Comportamentale
4- Sindromi ereditarie non mendeliane
5- Sindrome cromosomica: trisomia 21 (Down)
Luigi Croce, Psichiatra, Docente di Pedagogia della Marginalità e della Integrazione, Università
Cattolica del Sacro Cuore, Brescia
Federica Di Cosimo, Docente di ruolo Liceo Scientifico Sperimentale Leonardo, Brescia, con
abilitazione in Discipline giuridico economiche, Filosofia, Psicologia Sociale
43. VULNERABILITA’
Bio – psico - sociale
(Predisposizione personale)
STRESSORS
(Fattori scatenanti)
CARENZA DI
COPING SKILLS
(Abilità di
fronteggiamento delle
situazioni)
Maggior rischio di crisi emotive
Difficoltà di adattamento
Problematiche comportamentali
Quadro teorico di riferimento: il modello di Libermann
45. Problemi episodico/transitori
Episodi che, prevalentemente legati a fattori ambientali, hanno forte
carattere di imprevedibilità in base alla abituale condotta della persona e
che si presentano come fenomeni rari o a bassissima frequenza:
reazione psicotica breve ; crisi emotiva acuta
“reazione psicotica breve”, reazione molto primitiva a "stressors"
ambientali, conseguente ad un filtro sensoriale cognitivo malfunzionante
(ritardo mentale o altro), alla carenza di abilità funzionali a rispondere alle
richieste degli ecosistemi di vita, e alla carenza o assenza di coping skills
e di un efficace sistema di controllo degli impulsi e di abilità
metacognitive.
“crisi emotiva acuta”, situazione caratterizzata da episodicità anche a
differenti gradi di frequenza, di durata e d’intensità.
Si può con ciò
pensare a episodi di agitazione psicomotoria, crisi pantoclastiche,
aggressività autodiretta, eterodiretta e dislocata, crisi di panico o di
angoscia, crisi disforiche, episodio depressivo grave od altra alterazione
grave del tono dell'umore.
46. NEL CASO DI QUADRI TRANSITORI, SONO 5 I FATTORI CHE INCIDONO
SIGNIFICATIVAMENTE SULLA GAMMA DEGLI INTERVENTI POSSIBILI;
QUESTI FATTORI SONO:
1) RITARDO MENTALE (tipo, gravità,complicanze)
2) STRESSORS AMBIENTALI (contenitore terapeutico)
3) FAMIGLIE AD ALTA EMOTIVITA' ESPRESSA (counselling familiare,
modificazione stili educativi, terapia della famiglia.)
4) CARENZA O ASSENZA DI COPING SKILLS NEI SOGGETTI (abilità di
fronteggiamento delle situazioni, autocontrollo, problem solving
interpersonale ed intrapersonale, ecc.)
5) SCARSE ABILITA' FUNZIONALI (autonomia personale, autonomia
avanzata, abilità integranti, abilità sociali, problem solving quotidiano,
ecc.)
47. L’INTERVENTO DI URGENZA A CRISI EMOTIVA IN ATTO O INIZIALE, PUÒ
SVOLGERSI OLTRE CHE ATTRAVERSO L’INTERVENTO
FARMACOLOGICO ANCHE SU ALTRI DUE VERSANTI, QUELLO
COGNITIVO E QUELLO AFFETTIVO/PSICOCORPOREO E SI PUÒ
AVVALERE DELLA SEGUENTE GAMMA DI MODALITÀ:
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Procedure basate sul rispecchiamento (ricalco e guida)
Procedure basate sul concetto di holding (contenimento fisico ed
affettivo)
Procedure basate sulla Programmazione NeuroLinguistica o di tipo
ipnotico (tecniche di ancoraggio)
Procedure basate sul concetto di abreazione ( tecniche di scarico e
drammatizzazione)
Procedure basate sulla Bioenergetica
Procedure basate su tecniche immaginative
Procedure basate su tecniche metaforiche o paradossali
Procedure basate su tecniche di distrazione o di interruzione
Procedure basate su tecniche di prevenzione della risposta (ricerca
segnali anticipatori)
Decalogo comportamentale ed indicazioni al personale educativo
per aspetti di intervento preventivo
48. A seguito del presentarsi, all’interno di
una situazione istituzionale o all’interno
di un nucleo familiare di episodi di crisi
emotiva acuta o reazione psicotica breve
può essere necessario e senz’altro utile
attivare un intervento di tipo
psicoprofilattico a scopo preventivo.
49. INTERVENTI DI PSICOPROFILASSI SULL'INDIVIDUO
(Empowerment/Coping) E SULL'ISTITUZIONE.
INDIVIDUO:
• Ristrutturazione di contesto e di
significato
• Tecniche di rilassamento
• Training su conoscenza ed
espressione emozioni
• Tecniche di stress inoculation
• Tecniche di problem solving
• Tecniche di coping
• Potenziamento autostima,
autoefficacia e modificazione
attribuzionale
• Potenziamento autodeterminazione
e metacognizione
• Tecniche immaginative,
psicodrammatiche e metaforiche
• Tecniche bioenergetiche
• Tecniche covert (DS, Modeling)
• Training di abilità sociali
(individuale e di gruppo)
ISTITUZIONE:
• Progetti sulla qualità della vita
• Rivalutazione del livello e delle
modalità di adattamento individuali
• Modificazione della rete di relazioni
e degli stili relazionali
• Rivalutazione e attribuzione di
significato della crisi
• Procedure di prevenzione e
riduzione del danno
50. PROBLEMI COMPORTAMENTALI
STABILIZZATI
Elementi deontologico – professionali di
riferimento per la valutazione e l’intervento:
1. L’intervento sui comportamenti problema e sulle problematiche
della condotta e del comportamento può ragionevolmente iniziare
solo dopo un congruo periodo.
Aspettare significa prendersi del tempo prima di formulare il
giudizio di “non transitorietà” del comportamento.
2. È necessario formulare il giudizio di problematicità.
3. È necessario raccogliere una serie di informazioni di carattere
medico e farmacologico
51. La Diagnosi Psichiatrica nella
Disabilità Intellettiva
Procedure di Valutazione
1.
2.
3.
4.
Raccolta della Storia
Ambito della Valutazione
Tecniche di Intervista
Osservazione del Paziente
- Fattori di rischio per la morbilità psichiatrica -
Da S. Deb, T. Matthews, G. Holt e N.
Bouras, 2001
52. L’ASSESSMENT
L’ASSESSMENT SI SVILUPPA SU DI UN CONTINUUM CHE VA DA,
L’OSSERVAZIONE/MISURAZIONE DEL COMPORTAMENTO
PROBLEMATICO, ATTRAVERSO LA VALUTAZIONE, FINO
ALL’ATTRIBUZIONE DI SIGNIFICATO.
OSSERVAZIONE
MISURAZIONE
VALUTAZIONE
ATTRIBUZIONE DI
SIGNIFICATO
54. PERCHE’ MISURARE
MISURARE
•CONTRIBUISCE IN MANIERE SOSTANZIALE ALLA DEFINIZIONE DEI
PROBLEMI E DEGLI OBIETTIVI DA RAGGIUNGERE
•AIUTA A STANDARDIZZARE ED OBIETTIVARE L’OGGETTO DEL NOSTRO
INTERESSE
•CONSENTE UNA VERIFICA AFFIDABILE DEGLI EFFETTI DEL
TRATTAMENTO IN MODO DA APPORTARE I CAMBIAMENTI CHE SI
POSSANO RENDERE NECESSARI
•FORNISCE, ATTRAVERSO L’USO DI PROCEDURE CHE POSSONO ESSERE
CONDIVISE DA ALTRI, UNA BASE PER CONFRONTARE I RISULTATI DI
DIFFERENTI STRATEGIE DI INTERVENTO
55. UTILIZZO DELLA METODOLOGIA DEL “MODELLO
SPERIMENTALE SU CASO SINGOLO”
•A - B
•A - B - A’
•A - B - A’ - B’
•A - B - A’ - B’ - …………...
TIPOLOGIA
DELL’OSSERVAZIONE:
•misurazione
•valutazione
56. PARAMETRI DI MISURAZIONE/VALUTAZIONE DI
UNA PRESTAZIONE / COMPORTAMENTO:
parametri classici:
•frequenza
•durata
•intensità
STESURA DI UNA BASE LINE (LINEA DI MISURAZIONE DI
BASE)
I dati quantitativi ottenuti costituiscono la misurazione di base
o base-line dell’intervento e andranno successivamente
confrontati con i dati raccolti con le stesse modalità durante le
fasi di applicazione dell’intervento psicoeducativo e in
successive fasi di follow-up.
57. LINEA DI BASE E TRATTAMENTO
6
FREQUENZA
5
4
FASE DEL TRATTAMENTO
3
Serie1
2
MIS. DI BASE
1
0
1
2
3
4
5
6
7
8
OSSERVAZIONI
9
10
11
12
64. ANALISI FUNZIONALE
La procedura dell’analisi funzionale
riveste carattere di particolare importanza
nell’inquadramento del caso e del
comportamento problematico.
Una
corretta analisi funzionale consente
d’identificare quei fattori che mantengono
in vita il comportamento disadattivo
(conseguenti) e quei fattori che sembrano
elicitarlo (antecedenti).
Il modello
concettuale dell’analisi funzionale è
presentato nella figura che segue.
65.
66. MODELLO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
FEEDBACK ESTERNO
“A”
Situazione
Stimolo
•Antecedenti
interni
•Antecedenti
esterni:
-Prossimi
-Remoti
“B” FEEDBACK
“C”
Filtro
INTERNO
Risposta
Sensoriale
Emozionale
Cognitivo
Correlata
-Percezione degli
stimoli
-Rappresentazioni
e costrutti interni
-Apprendimenti
precedenti
-Modello del
mondo
-Sistema dei
valori,
convinzioni,
credenze, ecc.
-Risposte
emozionali
-Risposte
neurofisiologiche
“D”
Risposta
Comporta
mentale
Manifesta
-Verbale
-Motoria
“E”
Conseguenze
Ambientali
-Rinforzo
positivo
-Rinforzo
negativo
-Punizione
-Ecc.
68. ELENCO DELLE PRINCIPALI SCALE SVILUPPATE
SPECIFICATAMENTE PER PERSONE CON RITARDO MENTALE E
DISABILITÀ DELLO SVILUPPO UTILIZZATE PER VALUTARE IL
COMPORTAMENTO E LO STATO PSICOPATOLOGICO
• Aberrant Behavior Checklist (ABC), Aman &
Singh, 1986, 1994, pubblicato in inglese da
Slosson Educational Publication
• AAMR Adaptive Behavior Scale – Residential
and Community, Second Edition (ABS-RC:Z),
Nihira, Leland & Lambert, 1993, pubblicato in
inglese dalla AAMR
• Assessment Information Rating Profile,
Bouras, 1995, da richiedere direttamente
all’autore presso il Guy’s Hospital, Londra
69. • The Diagnostic Assessment of the Severely
Handicapped (DASH), Matson, Coe, Gardner & Sovner,
1991, The J. of Nervous and Mental Desease, 179. 553557
• Developmental Behavior Checklist (DBC), Einfeld &
Tonge, 1994, J. of Autism and Developmental Disordres,
25, 81-104,
• Emotional Problems Scale: Behavior Rating Scales
(BRS) e Self Report Inventory (SRI), Strohmer & Prout,
1991, pubblicato in inglese da Psychological
Assessment Resources, Odessa, FL
70. • The Psychopathology Inventory for Mentally
Retarded Adults (PIMRA), Matson, 1997,
pubblicato in inglese da IDS Publishing
Corporation, Worthington, OH Referenti in Italia
Prof. La Malfa Università di Firenze e Prof.
Pedrabissi Università di Padova
• The Reiss Screen for Maladaptive Behavior
(Reiss Screeen), Reiss, 1988, pubblicato in
inglese da IDS Publishing Corporation,
Worthington, OH
• The Reiss Scale for Children’s Dual Diagnosis,
Reiss & Valenti-Hein, 1994, J. of Consulting and
Clinical Psychology, 62, 28-33
71. • C.A.R.S. (Childhood Autism Rating Scale,
Shopler, 1988) Los Angeles, Western
Psychological Services, Inc.
• PSICO-H Meazzini, Battagliese, in
Psicopatologia dell’Handicap, Masson
• FBF Schedule (Scala di Valutazione
dell’Adattamento) ( Soresi – Nota) pubblicato in
lingua italiana in La valutazione della disabilità –
Erip Editrice, Pordenone
• VAP-H Valutazione degli Aspetti Psicopatologici
nell’Handicap, Pilone, Muzio & Levrero, 2001,
Edizioni Erickson
72. IN LINEA CON LA CLASSIFICAZIONE ICD 10, PER
LA RACCOLTA DEI DATI E PER LA DIAGNOSI, E’
STATO ELABORATO UNO STRUMENTO DI
OSSERVAZIONE SPECIFICO PER LA
DISABILITA’ INTELLETTIVA
V.A.P. - H
TEST DI VALUTAZIONE DI ASPETTI
PSICOPATOLOGICI nell’HANDICAPPATO
73. V.A.P. -H
CI CONSENTE DI STENDERE UN
PROFILO PERSONOLOGICO
IN CUI SI EVIDENZIANO I PRINCIPALI
TRATTI PSICOPATOLOGICI
E DI PORRE IPOTESI DIAGNOSTICHE
IN LINEA CON LA CLASSIFICAZIONE
ICD 10
74. ATTRIBUZIONE DI SIGNIFICATO
Un passo successivo di particolare
importanza è la ricerca e l’attribuzione di
significato del comportamento problematico alla
luce
dei
principi
della
comunicazione
interpersonale. Questo passo si pone come un
superamento ed un ampliamento dell’Analisi
Funzionale aggiungendo elementi di complessità
e completezza alla valutazione del caso.
Vengono di seguito presentate una serie di
domande (10) che l’équipe professionale
dovrebbe porsi e per le quali dovrebbe cercare
una risposta condivisa intorno al livello del
significato del comportamento problematico.
75. 10 DOMANDE PER I COMPORTAMENTI
PROBLEMATICI
1. QUALI SEMBRANO ESSERE LE INTENZIONI POSITIVE
DEL SINTOMO?
2. COSA STA CERCANDO DI COMUNICARCI IL
SOGGETTO CON IL SUO COMPORTAMENTO?
3. DI CHE COSA SEMBRA AVER BISOGNO?
4. CHE ETA’ PSICOLOGICA SEMBRA AVERE IN QUEL
MOMENTO?
5. CHE SIGNIFICATO ATTRIBUIAMO A QUESTI
COMPORTAMENTI?
76. 6. CHE OPINIONI, CONVINZIONI, CREDENZE HANNO
SVILUPPATO SU DI LUI I GENITORI/GLI EDUCATORI?
7. CHE VISSUTO PRODUCE SUI GENITORI/GLI
EDUCATORI QUESTO COMPORTAMENTO?
8. COSA SEMBRA CONTESTUALMENTE DARE VITA AL
COMPORTAMENTO?
9. COSA SEMBRA MANTENERE IN VITA IL
COMPORTAMENTO?
10. CHE POTENZIALITA’ E RISORSE CI SEMBRA
AVERE IL SOGGETTO E NOI STESSI?
77. MITI E PREGIUDIZI SUI
COMPORTAMENTI
PROBLEMA
E’ spesso vero, ma non è
sempre vero che…:
78. MITO N° 1
IL COMPORTAMENTO HA SEMPRE UN
SIGNIFICATO FUNZIONALE ED E’
GOVERNABILE DAL SOGGETTO CHE NE E’
AFFETTO
(non sempre il comportamento è una reazione adattiva a
uno stimolo esterno o interno – alcuni tipi di
comportamenti sono involontari e non adattivi – in tal
caso potrebbero non rispondere agli interventi
psicosociali)
80. MITO N° 3
UNA PERSONA CON DISABILITA’ GRAVI O
GRAVISSIME E’ TROPPO COMPROMESSA
PER SVILUPPARE I CLASSICI DISTURBI
PSICHIATRICI
( depressione, ecc.)
81. MITO N° 4
I COMPORTAMENTI BIZZARRI, COME
PARLARE A SE STESSI AD ALTA VOCE, I
GIOCHI DI FANTASIA, O PARLARE AD UN
AMICO IMMAGINARIO, SONO SEMPRE
MANIFESTAZIONI DI PSICOSI
(possono essere in taluni casi considerati come
comportamenti persistenti o fissati in un normale
sviluppo)
82. MITO N° 5
LE CURE COMPORTAMENTALI SONO
SEMPRE DA PREFERIRSI A QUELLE
FARMACOLOGICHE
(talvolta solo cambiamenti nella funzione neurofisiologica
producono cambiamenti nel comportamento – cause
biochimiche)
84. LA PUNIZIONE : PERCHÉ NO ?
“LA PUNIZIONE NON ELIMINA LA
RISPOSTA,
NE
ABBASSA
LA
FREQUENZA DI EMISSIONE PER UN
PERIODO DI TEMPO CIRCOSCRITTO.
DOPODICHE’ LA RISPOSTA VIENE
EMESSA
CON
FREQUENZA
EQUIVALENTE
A QUELLA CHE
CARATTERIZZA LA RISPOSTA NON
PUNITA.” (SKINNER)
85. PUNIZIONE
Generalmente si distingue tra 2 tipi di intervento punitivo:
•
PUNIZIONE DI TIPO “A” = stimolazione avversiva (punizione corporale), rimprovero, mimica
e metaverbale (disapprovazione espressa con la mimica facciale o con il tono della voce)
•
PUNIZIONE DI TIPO “B” = sottrazione di rinforzatori o gratificazioni
Perché la punizione sia efficace inoltre deve avere le seguenti caratteristiche:
•
La persona deve essere punita sempre quando emette il comportamento
•
La persona non deve potersi sottrarre alla punizione
•
La punizione deve essere molto forte
•
La punizione deve essere erogata tempestivamente
•
La punizione deve variare
Vi sono una serie di effetti negativi della punizione che ne sconsigliano ulteriormente l’impiego,
essi sono la fuga e l’evitamento
86. Altri effetti della punizione che si sono osservati nelle persone ad essa sottoposte sono:
1. aumento della frequenza di emissione del comportamento bersaglio (attenzione
come vantaggio secondario)
2. aumenta l’aggressivita’ potenziale della persona punita
3. modellamento di comportamenti indesiderabili
4. dire bugie
5. fingere
6. sviluppare atteggiamenti difensivi (ad es. fuga nell’irrealtà)
L’insieme di quanto sopra esposto ci spinge a non utilizzare la punizione e a rivolgerci
all’utilizzo di tecniche a carattere psicoeducativo.
87. REGOLE PER UNA MIGLIORE APPLICAZIONE
DELLA PUNIZIONE
a) L’intervento punitivo deve essere circoscritto a pochi
e ben individuati comportamenti inadeguati
b) l’oggetto della punizione deve essere ben chiaro e
individuato
c) comportamenti e oggetti devono essere chiaramente
capiti e condivisi dall’equipe educativa
d) l’intervento punitivo deve essere possibilmente esposto
e chiarito alle persone oggetto dell’intervento
e) l’intervento punitivo deve avere un inizio e una fine,
in particolare in quei casi dove si prevede l’allontanamento
da una situazione (criterio temporale)
f) alla fine dell’intervento punitivo svolgere una costante
azione educativa che sia esplicativa di quanto accaduto
g) quando si avvia una procedura di punizione bisogna
essere certi di poterla sostenere
h) tono della voce, contenuto verbale, postura devono essere
ferme e possibilmente prive di contenuti emotivi
89. MODALITA’ DI INTERVENTO
ISPIRATE AL CONCETTO DI “NON DELEGA” AL TECNICO
INTERVENTO MEDIATO DA “AGENTI EDUCATIVI “
GENITORI
PSICOLOGO
EDUCATORI
INSEGNANTI
ALTRI
AGENTI EDUCATIVI E DI CAMBIAMENTO
SOGGETTO
90. ATTUAZIONE DELL’INTERVENTO
UTILIZZO DI TECNICHE E STRATEGIE DI
INTERVENTO BASATE SUI PRINCIPI
DELL’APPRENDIMENTO E SU LOGICHE DI PROBLEM
SOLVING.
RELAZIONE DI AIUTO CON L’ADOZIONE DI UNO
STILE RELAZIONALE ADEGUATO AI BISOGNI
EMOTIVI E RELAZIONALI DELLA PERSONA
91. OBIETTIVI DI MODIFICAZIONE
COMPORTAMENTALE
•AUMENTARE FREQUENZA INTENSITA’ E DURATA DEI
COMPORTAMENTI
•RIDURRE FREQUENZA INTENSITA’ E DURATA DEI COMPORTAMENTI
•COMPORTAMENTI DA IMPARARE
A FARE O A FARE
MEGLIO
•RICONTESTUALIZZARE COMPORTAMENTI DA RICONDURRE
SOTTO IL CONTROLLO DI STIMOLI ADEGUATI
•INTERVENTI DI MODIFICAZIONE
AMBIENTALE
92. Effettuare
l’assessment
Inizio
Definire
gli obiettivi
SI
Il comportamento
è OK
Fine
NO
È da modificare
la frequenza
SI
La frequenza deve
essere aumentata
SI
NO
NO
Modificare
durata o intensità
La frequenza deve
essere diminuita
SI
Possiede il comport.
da incrementare
SI
•Controllo dello stimolo
•Modellamento
•Shaping
•Chaining
•Ecc.
NO
•Controllo dello stimolo
•Modellamento
•Tecniche di rinforzo
•Ecc.
•Controllo dello stimolo
•Modellamento
•Rinforzo differenziale
•Estinzione
•Costo della risposta
•Time-out
•Saziazione
•Pratica negativa
•Ecc.
93. PPROCEDURE D’INTERVENTO DI STAMPO COMPORTAMENTALE PER LA
RIDUZIONE DI COMPORTAMENTI PROBLEMA SCELTA DELLA TECNICA O
DEL PACCHETTO TERAPEUTICO (valutazione costi benefici a breve e lungo termine)
3
ADOZIONE DEL MODELLO DEL TRATTAMENTO MENO RESTRITTIVO
TECNICHE:
•RINFORZO DIFFERENZIALE (alternativi, adeguati, incompatibili)
•SAZIAZIONE
•CONTRATTAZIONE DELLE CONTINGENZE
•TOKEN ECONOMY
•PROCEDURE PER IL RIMPROVERO
•CONTROLLO DELLO STIMOLO
•PREVENZIONE DELLA RISPOSTA
•DILAZIONE DELLA RISPOSTA
•RIDUZIONE DEI TEMPI
•ESTINZIONE
•STOPPAGGIO
•TIME OUT (senza isolamento)
•PRATICA NEGATIVA (non guidata)
•PRATICA POSITIVA
•ESERCIZIO FISICO GUIDATO
•COSTO DELLA RISPOSTA
•PRATICA NEGATIVA (guidata)
•OVERCORRECTION
•BLOCCO FISICO
•TIME OUT (con isolamento)
•BLOCCO SENSORIALE
•STIMOLAZIONI AVVERSIVE
94. IL MODELLO DEL TRATTAMENTO MENO RESTRITTIVO IMPONE DI PARTIRE CON
L’UTILIZZO GRADUALE DI TECNICHE MENO SEVERE E MENO INTRUSIVE PER IL
SOGGETTO. IN BASE A TALE MODELLO NON SI PUÒ RICORRERE AD UNA PROCEDURA PIÙ
AVVERSIVA FINO A CHE NON SI E’ DIMOSTRATO CHE UNA MENO AVVERSIVA SI E’
RIVELATA INEFFICACE.
III°
LIVELLO
II°
LIVELLO
I°
LIVELLO
•STIMOLAZIONI AVVERSIVE
•BLOCCO FISICO
•TIME OUT (con isolamento)
•BLOCCO SENSORIALE
•OVERCORRECTION
•PRATICA NEGATIVA (guidata)
ALTA
INTRUSIVITA’
•ESTINZIONE
•STOPPAGGIO
•TIME OUT (senza isolamento)
•PRATICA NEGATIVA (non guidata)
•PRATICA POSITIVA
•ESERCIZIO FISICO GUIDATO
•COSTO DELLA RISPOSTA
•RINFORZO DIFFERENZIALE (alternativi, adeguati, incompatibili)
•SAZIAZIONE
•CONTRATTAZIONE DELLE CONTINGENZE
•TOKEN ECONOMY
•PROCEDURE PER IL RIMPROVERO
•CONTROLLO DELLO STIMOLO
•PREVENZIONE DELLA RISPOSTA
•DILAZIONE DELLA RISPOSTA
•RIDUZIONE DEI TEMPI
BASSA
INTRUSIVITA’
95. TECNICHE DI INTERVENTO SUI
COMPORTAMENTI PROBLEMA
Le tecniche esposte possono
essere utilizzate per estinguere
o ridurre la frequenza di
comparsa o la durata di
comportamenti inadeguati.
96. RINFORZO DIFFERENZIALE
Tale modalità di intervento consiste nel rinforzare
comportamenti diversi da quello inadeguato.
I tipi di R.D. sono:
A) Rinforzo differenziale del comportamento diverso,
consiste nel rinforzare qualunque comportamento che sia
diverso da quello inadeguato
B) Rinforzo differenziale dei soli comportamenti adeguati
C) Rinforzo differenziale dei comportamenti incompatibili,
in tal caso vengono rinforzati solo quei comportamenti che
rendono impossibile l’emissione di quello inadeguato (ad
esempio il tenere occupate le mani in una attività, impedisce di
attuare comportamenti autolesionistici)
97. RINFORZO = OGNI E QUALUNQUE
EVENTO CHE SEGUENDO UN
COMPORTAMENTO NE AUMENTA LA
PROBABILITA’ DI COMPARSA NEL
FUTURO
TIPOLOGIA DI RINFORZI:
•
•
•
•
•
RINFORZI
RINFORZI
RINFORZI
RINFORZI
RINFORZI
TANGIBILI (cibi, oggetti, ecc.)
SOCIALI (lodi, carezze, approvazione, ecc.)
DINAMICI (attività gradite)
SIMBOLICI (punti, gettoni, denaro, ecc.)
INFORMAZIONALI (feedback)
98. PROGRAMMI DI RINFORZO
I principali programma di rinforzo sono il "rinforzamento continuo“ e il
"rinforzamento intermittente".
Rinforzamento continuo significa rinforzare il comportamento ogniqualvolta si
presenta.
Rinforzamento intermittente significa rinforzare il comportamento secondo precisi
programmi.
Tali programmi possono essere a rapporto fisso o variabile, ad intervalli fissi o
variabili.
Nei programmi a rapporto fisso il rinforzo viene dato dopo un determinato numero di
risposte corrette che è sempre lo stesso. Nei programmi a rapporto variabile il rinforzo
viene dato dopo un numero variabile di risposte corrette.
Nei programmi ad intervalli fissi il rinforzo viene elargito dopo un certo intervallo di
tempo sempre uguale. Nei programmi ad intervalli variabili il rinforzo viene elargito
ad intervalli di tempo che cambiano con una continuità programmata
99. SAZIAZIONE
Con tale intervento anziché cercare di sottrarre
alla persona lo stimolo o la situazione ricercata o
gradita, questa viene proposta fino al
raggiungimento della saziazione e quindi alla
perdita della valenza positiva per la persona.
100. La contrattazione delle contingenze
Si tratta di una modalità da utilizzarsi per il
raggiungimento di obiettivi individuali o di
gruppo che è stata codificata da
Homme, Csanyi, Gonzales e Rechs
(1970). Con questo termine si denota un
accordo di tipo contrattuale che può essere
stipulato tra uno o più individui e l’agente
educativo.
101. Homme si è particolarmente dedicato a questo strumento di gestione delle
contingenze individuando tre tipi di contratto:
Contratto di transizione di 1° tipo dove prevale il controllo da parte
dell’agente educativo e dove la controparte esercita un controllo parziale
sulle caratteristiche e sui contenuti dell’obiettivo e sui conseguenti benefici
(rinforzi)
Contratto di transizione di 2° tipo dove agente educativo e contraente
esercitano un controllo pari e equilibrato sugli elementi del contratto
Contratto di transizione di 3° tipo il contraente svolge un controllo totale o
quasi totale sugli elementi del contratto
Il principio ispiratore di questa modalità di intervento è molto semplice:
“adottando certe modalità o eseguendo certi compiti potrai usufruire di
determinati vantaggi”
Rispetto ai tipi di contratti, lo scopo finale è quello di arrivare ad una
contrattazione gestita autonomamente dalla persona.
102. Homme ha usato tale tecnica in varie situazioni ed ha redatto
una serie di regole (le prime cinque sono utili ogni volta che
viene impiegata una tecnica di rinforzo, le altre cinque sono
tipiche della tecnica in questione):
1) Il rinforzatore deve essere erogato ogni volta e subito dopo che
si manifesta la comparsa della risposta corretta.
2) I contratti iniziali devono prevedere il rinforzamento di
prestazioni di facile esecuzione (si apprende meglio dal facile al
difficile).
3) Rinforzare frequentemente e a piccole dosi.
4) Il contratto deve essere stipulato in modo tale da ricompensare la
prestazione in oggetto e non l'obbedienza all’agente educativo.
5) Ricompensare la risposta dopo la sua emissione e non prima.
6) Il contratto deve essere equo.
7) I termini del contratto devono essere chiari.
8) Il contratto deve essere onesto. Il rinforzo deve essere
somministrato e si devono rispettare i termini contrattuali
9) Il contratto deve essere formulato in termini positivi.
10) La contrattazione deve essere usata in modo sistematico.
103. La Token Economy
Consiste nel raggruppare una serie di obiettivi diversi e organizzarli
all’interno di un sistema microeconomico (il token consente l’accesso ad
una serie variegata di rinforzatori).
Per la corretta gestione di una Token Economy, risulta importante tenere
in considerazione sei regole fondamentali:
1) definire chiaramente i campi (obiettivi generali e specifici
individuali e di gruppo) da sottoporre a Token Economy
2) scegliere un elenco più ricco possibile di rinforzi di sostegno
3) stabilire un rapporto ottimale tra token e rinforzo (es.: i rinforzi più
graditi scambiati con un maggiore numero di token)
4) scegliere dei token adeguati
5) definire i momenti per effettuare la conversione
6) registrare i cambi
104. Alcune considerazioni di fondo che può risultare utile tenere in considerazione
nel momento in cui si intende progettare tale tipo di intervento:
1) La Token Economy deve avere una durata circoscritta.
2) La Token Economy va adottata qualora non si possa ricorrere a sistemi
meno complessi.
3) E’ necessario procedere all’identificazione, dei comportamenti:
a) "meta", comportamenti da rinforzare
b) "bersaglio", comportamenti da sottoporre al costo della risposta
4) scegliere un rinforzatore simbolico
5) Elaborare un sistema di scambio che definisca in modo chiaro i seguenti
aspetti:
- quali sono i comportamenti da rinforzare
- quanti punti (o token) guadagna ogni comportamento adattivo
- quali rinforzatori di sostegno possono essere acquistati con i token
- il costo di ogni rinforzatore di sostegno
- il costo in token di ogni comportamento "bersaglio".
105. I vantaggi nell’uso di questo strumento, possono essere sintetizzati nei
seguenti punti:
- possibilità di utilizzare un menu di rinforzatori di sostegno in modo da
consentire ad ogni paziente di scegliere quelli preferiti evitando o
rallentando altresì il processo di saziazione
- opportunità di sfruttare al massimo le fonti di rinforzamento presenti
nell'istituzione (Staats, 1975)
- possibilità di utilizzare rinforzatori tangibili e duraturi
- possibilità di rinforzare una catena di risposte senza interromperla
- possibilità di registrare la frequenza dei comportamenti adattivi
106. Gli svantaggi da tenere in considerazione nell’utilizzo di un
programma di T.E., possono essere riassunti nei seguenti punti:
- uso di rinforzatori artificiali e conseguente necessità di
introdurre gradualmente rinforzatori più naturali
- difficoltà nel far capire il sistema ai pazienti più gravi o
compromessi
- problemi di coordinamento del personale
- problemi con l'amministrazione, spesso dovuti al costo della
T.E.
107. PROCEDURE PER IL RIMPROVERO
•GARANTIRSI L’ATTENZIONE DELLA PERSONA
•RIMPROVERARE CON UNA BREVE FRASE ad es.”NO
questo non si fa”
•LA COMUNICAZIONE NON VERBALE DEVE ESSERE
COERENTE MA NON COMUNICARE RABBIA
•ATTENDERE QUALCHE SECONDO E SE POSSIBILE
FAR RIPETERE LA FRASE ALLA PERSONA
108. CONTROLLO DELLO STIMOLO
Circoscrivere il comportamento problema ad un tempo o ad uno
spazio precisi, in modo da limitarne le occasioni comparsa; legare il
comportamento ad una situazione stimolo.
PREVENZIONE DELLA RISPOSTA
Intervenire sugli antecedenti manipolando le variabili ambientali
in modo da prevenire la comparsa del comportamento
problema
109. DILAZIONE DELLA RISPOSTA
Far intercorrere un lasso di tempo via via crescente tra la
comparsa dello stimolo e la risposta dilazionandone l’emissione
attraverso tecniche di spostamento dell’attenzione, contrattazione
o altro.
RIDUZIONE DEI TEMPI
Concedere l’emissione del comportamento problema riducendo
gradualmente il tempo ad esso dedicato, rinforzare la riduzione dei
tempi con rinforzatori sociali, tangibili e soprattutto dinamici.
110. ESTINZIONE
L’estinzione consiste nella sottrazione di
ogni tipo di rinforzo rispetto all’emissione di
un comportamento disfunzionale.
Generalmente avviene attraverso l’ignorare
il comportamento disadattivo. Richiede
molta coerenza e costanza soprattutto
perché nelle prime fasi il comportamento
problema tende ad intensificarsi.
Ignorare il comportamento è # da ignorare la
persona.
111. PRATICA NEGATIVA
Molto simile alla saziazione, con questo tipo
di intervento si induce la persona a ripetere
molte volte il comportamento inadeguato
portandolo all’estinzione.
La differenza con la saziazione, consiste nel
fatto che la persona svolge un ruolo più
passivo e subisce un certo grado di
coercizione.
Esistono due livelli di pratica negativa:
•semplice
•con guida fisica
112. COSTO DELLA RISPOSTA
(Punizione di tipo B)
Consiste nel far sostenere alla persona un costo
rispetto all’emissione di un comportamento
disadattivo.
Può avvenire in termini di perdita di un
rinforzatore o in termini di riparazione del danno
danno o disturbo ambientale prodotto con il
comportamento.
113. REGOLE PER UNA CORRETTA APPLICAZIONE
DEL COSTO DELLA RISPOSTA:
a) definire con chiarezza il comportamento disadattivo
b) effettuare una analisi funzionale sul comportamento
disadattivo con lo scopo di comprenderne i meccanismi di
mantenimento (ad esempio comportamenti provocatori)
c) definire il costo da sostenersi rispetto all’emissione del
comportamento disadattivo
d) condivisione dell’intervento fra tutti gli agenti educativi
e) Quando si inizia una pratica di costo della risposta,
altre persone, se non l’agente educativo, non dovrebbero
essere presenti nell’ambiente
f) quando si inizia un costo della risposta, è importante
cercare di portarlo a termine indipendentemente dal tempo
necessario
g) l’agente educativo che inizia la pratica deve possibilmente
rimanere lo stesso fini al termine dell’intervento
h) Il tono della voce deve essere fermo e possibilmente privo
di contenuti emotivi il contenuto verbale deve essere
limitato alla richiesta del comportamento da attuare
114. PRATICA POSITIVA
Consiste nell’identificare un comportamento adeguato
opposto od incompatibile con il comportamento
problema e farlo agire alla persona per un certo
numero di volta rinforzandone l’emissione in modo
continuo o a rapporto. Talvolta può prevedere un certo
grado di costrizione o un atteggiamento molto direttivo
da parte dell’insegnante.
ESERCIZIO FISICO GUIDATO
Consiste nel far fare attività fisica o in termini preventivi e
come conseguenza di un comportamento problematico
115. STOPPAGGIO
Blocco prevalentemente verbale ma anche fisico,
rispetto ad un comportamento inadeguato. Il blocco del
comportamento dura un certo lasso di tempo nel quale il
soggetto non può fare nulla.
TIME OUT
Consiste nel sottrarre alla persona ogni tipo di rinforzo
dall’ambiente per un periodo di tempo sufficiente ad
eliminare il comportamento disfunzionale.
Sono contemplati tre tipi di time out:
1. Time out con l’isolamento della persona in uno spazio
predefinito (stanza da time out)
2. Time out senza isolamento (sedia o paravento)
3. Time out dell’insegnante
116. OVERCORRECTION
È una pratica di costo della risposta (riparazione del
danno prodotto) nella quale il costo è fortemente
amplificato e non proporzionale all’entità del danno.
BLOCCO SENSORIALE
Procedura nella quale vengono bloccati alcuni canali
sensoriali della persona per un tempo definito;
prevalentemente si agisce a livello di vista o tatto.
117. BLOCCO FISICO
Procedura di contenzionamento della persona attraverso
mezzi fisici. Si divide in due modalità:
1. Blocco fisico contingente (che segue l’emissione di un
comportamento disadattivo)
2. Blocco fisico non contingente (il contenzionamento è
utilizzato come misura preventiva)
STIMOLAZIONI AVVERSIVE
Vere e proprie punizioni fisiche di tipo A
Vengono però anche contemplate stimolazioni non
dolorose ma solo fastidiose
118. La scelta di una tecnica deve essere
attentamente valutata in termini di costi
benefici, nel breve, nel medio e nel lungo
termine e in relazione alle risorse a
disposizione.
Frequentemente si associano tra loro più
tecniche nella costruzione di un
pacchetto di intervento con lo scopo di
massimizzare la probabilità di successo
dell’intervento.
119. TABELLA DECISIONALE PER LA SCELTA DELLA TECNICA
O DEL PACCHETTO D’INTERVENTO
VANTAGGI
SVANTAGGI
A BREVE TERMINE
A LUNGO TERMINE
ELEMENTI DEONTOLOGICI ED ETICI DA TENERE IN CONSIDERAZIONE
LIMITI DA RISPETTARE NELL’UTILIZZO DELLA TECNICA
AUTORIZZAZIONI E PRECAUZIONI NECESSARIE PER L’UTILIZZO DELLA TECNICA
120. ESEMPIO DI PACCHETTO DI INTERVENTO
OBIETTIVO: riduzione episodi di perdita del controllo
sfinterico diurno.
PRATICA POSITIVA:
1.
2.
3.
4.
ASCIUGARE E LAVARE DOVE HA SPORCATO
ANDARE A PRENDERE DEGLI ABITI ASCIUTTI
LAVARSI E CAMBIARSI
FARLO ANDARE DA DOVE SI E’ BAGNATO ALLA TOILET,
FARLO SEDERE SUL WATER FARLO TORNARE DOVE SI E’
BAGNATO, RIPETERE TRE VOLTE, NON PREMIARE
COSTO DELLA RISPOSTA:
1.
2.
3.
4.
RESTA BAGNATO ALCUNI MINUTI – VIENE RIMPROVERATO
FA LA PRATICA POSITIVA
VIENE ISOLATO DAL RESTO DEL GRUPPO PER 10 MINUTI
PERDE UN RINFORZO
122. VULNERABILITA’
Bio – psico - sociale
(Predisposizione personale)
STRESSORS
(Fattori scatenanti)
CARENZA DI
COPING SKILLS
(Abilità di
fronteggiamento delle
situazioni)
Intervento
psicoeducativo
Maggior rischio di crisi emotive
Difficoltà di adattamento
Problematiche comportamentali
INTERVENTI DI RINFORZO DELL’IO
SVILUPPARE
COMPETENZE
ADATTIVE
AUTONOMIE
COGNITIVE
INTEGRANTI
LAVORATIVE
ECC.
SVILUPPO
PERSONOLOGICO
COPING SKILLS
AUTOSTIMA
AUTOEFFICACIA
STILI DI ATTRIBUZIONE
CONCETTO DI SE’
ANALISI CRITICA DI
REALTA’
RICONOSCIMENTO
STATI INTERNI
AUTOMONITORAGGIO
ECC.
DIALOGO INTERNO
PROBLEM SOLVING
INTERPERSONALE
META COGNIZIONE
AUTOCONTROLLO
RISTRUTTURAZIONE
STANDARD COGNIT.
ABILITA’ SOCIALI
ECC.
123. INTERVENTI PSICOLOGICI E PSICOEDUCATIVI IN AMBITO DI
RINFORZO DELL'IO, PROBLEMATICHE SOCIO/EMOZIO-NALI
E COMPORTAMENTALI, DISTURBI PERSONOLOGICI, DELLA
SFERA EMOZIONALE E DELLA CONDOTTA.
PACCHETTO DI INTERVENTO
a) Training al problem solving e al problem solving interpersonale, alle
abilità di planning, all'uso di strategie cognitive e meta cognitive
b) Modificazione del dialogo interno: autoregolazione, autoistruzione,
autoaffermazioni, automonitoraggio, autoverifica, autorinforzamento.
c) Modificazione dello stile di attribuzione: locus of control
d) Sviluppo capacità di autocontrollo: training alla frustrazione,
potenziamento coping skills, conoscenza e gestione stati emotivi,
potenziamento capacità di concentrazione, riduzione dell'impulsività,
TSA, autoregolazione.
124. •
e) Modificazione standard cognitivi: ristrutturazione,
riorganizzazione scala dei valori, modellamento ed
identificazione su modelli positivi, ridimensionamento falso sè.
•
f) Comprensione interpersonale: potenziamento abilità sociali,
modificazione punti di vista, mettersi nei panni degli altri, role
playing, educazione morale, conoscenza emozioni e stati
d'animo in sè e negli altri.
•
g) Abilità di comunicazione: potenziamento abilità sociali in
ambito comunicativo, training sulla comunicazione efficace.
•
h) Modificazione livello di autostima, senso di autoefficacia e
concetto di sè: a livello globale, sociale, scolastico, familiare,
corporeo.
•
i) Potenziamento autodeterminazione sul singolo e
modificazione degli stili relazionali nel personale educativo.
•
l) Potenziamento delle capacità di analisi critica della realtà.
•
m) Miglioramento dell'indice di adattamento globale nelle sue
componenti di: adeguatezza comportamentale, sociale e
personale.
126. COMPETENZE SUL PIANO
TECNICO - PROFESSIONALE
SAPER ATTUARE INTERVENTI ATTI
A SVILUPPARE E MIGLIORARE
NEGLI OSPITI LE SEGUENTI
ABILITA’:
127. • ABILITÀ DI PROBLEM SOLVING
INTERPERSONALE;
• DIALOGO INTERNO E
AUTOCONTROLLO;
• STILE DI ATTRIBUZIONE;
• COMPRENSIONE INTERPERSONALE;
• ABILITÀ DI COMUNICAZIONE;
• IMMAGINE CORPOREA;
• ANALISI DI REALTÀ;
• AUTOSTIMA ED AUTOEFFICACIA
128. ABILITÀ DI PROBLEM SOLVING
• percezione del problema;
• fermarsi e pensare (definizione del
problema);
• scegliere un obiettivo;
• scegliere le soluzioni possibili e valutarne
pro e contro;
• scegliere la soluzione migliore;
• attuarla e valutarne le conseguenze
129. Dialogo interno e autocontrollo
(valutazione e intervento)
•
•
•
•
•
•
Autovalutazione su liste di aggettivi;
Domande aperte;
Completamento di frasi;
Capacità di inibizione;
Capacità di programmazione;
Capacità di persistenza su un
compito (soprattutto noioso)
• Parlare a se stessi per orientare e
guidare il proprio comportamento
130. Lo stile di attribuzione
Locus of control Interno
Stabile
Globale
Specifico
Locus of Control Esterno
Stabile
Instabile
Instabile
131. Comprensione interpersonale
• I sentimenti degli altri (disegni di volti,
storie)
• Cosa pensano gli altri (dilemmi morali,
role-playing, discussione di film);
• Caratteristiche di altre persone (elenco
di attributi concreti, convinzioni, modi
di comportarsi, ecc.)
132. Abilità di comunicazione
• Fare/ricevere un complimento;
• Iniziare/terminare una
conversazione;
• Prestare attenzione/ascoltare
• Fare/ricevere critiche
• Definire e negoziare un piano di
accordo
134. Analisi di realtà
Potenziare la capacità di analisi
degli eventi valutandone le cause e
le conseguenze.
Ristoricizzazione e ricostruzione
degli eventi
135. Autostima ed autoefficacia
•Far sperimentare situazioni di successo
•Rinforzare con adeguati feedback i risultati
positivi e l’impegno
•Autorinforzamento
•Bilancio della giornata
•Utilizzare l’insuccesso per programmare
nuove strategie
136.
137.
138.
139.
140. COMPETENZE SUL PIANO UMANO E
RELAZIONALE
• ESSERE IN GRADO DI
COINVOLGERSI
PROFESSIONALMENTE
IN UNA RELAZIONE DI
AIUTO CON PERSONE IN
STATO DI BISOGNO
• ESSERE IN GRADO DI
AGIRE ADEGUATI STILI
RELAZIONALI
142. SOPRATTUTTO QUANDO CI SI TROVA DI
FRONTE AD ANOMALIE
COMPORTAMENTALI CHE RICHIEDONO
UN INTERVENTO QUOTIDIANO DI
GESTIONE DELLE PROBLEMATICHE DI
COMPORTAMENTO, LE TECNICHE DI
INTERVENTO, PER QUANTO
MANTENGANO UNA LORO INDUBBIA
EFFICACIA, DEVONO ESSERE INTEGRATE
E POSSONO ESSERE SUPERATE SE SI
AGISCE A LIVELLO DEGLI
ATTEGGIAMENTI E DEGLI STILI
RELAZIONALI.
143. AGIRE ADEGUATI STILI RELAZIONALI
RICONOSCERE I BISOGNI
RELAZIONALI DELLA PERSONA
ED ESSERE IN GRADO DI
UTILIZZARE STILI RELAZIONALI
COERENTI CON I BISOGNI
RILEVATI
144.
145. Gli stili di relazione di ognuno si posizionano su
di un continuum che prevede diversi gradi di
consapevolezza:
del tutto inconsapevoli
del tutto consapevoli
146. NESSUNO STILE
RELAZIONALE E’ GIUSTO O
SBAGLIATO DI PER SE’ !
LO STILE RELAZIONALE
DEVE ESSERE ADEGUATO AI
BISOGNI DI OGNI SINGOLO
OSPITE
147.
148. STILE GLOBALE DI RELAZIONE
Autoritario, Lassista,
Democratico
genitore/adulto/
bambino
Direttività/
permissività
aggressivo/
passivo
difeso/
sicuro/
coercitivo
orientato al compito/
orientato alla relazione
Prescrittivo, di Vendita,
Partecipativo, Delegante;
premiante/punitivo
Stimolante/ propositivo
codici materni/paterni
assistenziale/
iperprotettivo
149.
150.
151. POSSIAMO DIRE CHE GLI STILI DI RELAZIONE POSSONO
ESSERE DEFINITI COME UN:
•
Atteggiamento generale nella relazione con gli altri, molte volte
non del tutto consapevole
•
Legato ad opinioni, convinzioni e credenze sugli altri e sul
nostro ruolo in relazione a loro
•
Le opinioni, convinzioni e credenze sull'utente determinano all'
interno del rapporto educativo delle decisioni educative automatiche
•
Tali decisioni condizionano lo stile relazionale ed educativo ed i
comportamenti conseguenti
•
Procedure di confrontazione consentono di rivedere gli stili
relazionali .Lo stile relazionale deve avere un doppio livello di
congruenza e cioè :
I. Lo stile deve essere congruente con i bisogni dell’'utente e con il
progetto educativo
2. Le persone che si rapportano all’utente devono essere coerenti tra
loro negli stili agiti .
152. SCELTA DEGLI STILI DI RELAZIONE
È FONDAMENTALE AGIRE UNO STILE DI RELAZIONE
CHE SIA RISPETTOSO DEI BISOGNI IDENTIFICATI SUL
PIANO RELAZIONALE, EMOTIVO, AFFETTIVO E CHE
SIA NEL CONTEMPO COERENTE CON IL CICLO DI
VITA ED IL PROGETTO EVOLUTIVO DELLA PERSONA;
SAPENDO DISTINGUERE TRA “CHE BISOGNI SEMBRA
AVERE LA PERSONA” E “CHE COSA C’ È BISOGNO
DI FARE CON E PER LUI/LEI”.
153. Elementi chiave per l’identificazione dello stile di
relazione:
•
Individuare opinioni, convinzioni, credenze
degli educatori e conseguenti decisioni educative
automatiche o consapevoli
•
Confrontazione delle opinioni, convinzioni e
credenze
•
Individuazione dello stile relazionale da
adottare
154. l’estrazione delle convinzioni e delle credenze degli educatori
sugli ospiti e l’individuazione dello stile relazionale è facilitata
dal porre una serie di domande e precisamente:
1. che caratteristiche personali ha l’utente, che tipo di persona
è? (possono essere utilizzati degli aggettivi descrittivi)
2. che bisogni sembra avere? Quali sono i suoi principali
bisogni?
3.
che potenzialità sembra avere?
4.
quali sono le aspettative degli educatori su di lei/lui?
5.
che tipo di emozioni suscita?
6. cosa c’è bisogno di fare con e per lui/lei secondo gli
educatori?
157. SINDROME SCHIZOTIPICA-SINDROME SCHIZOAFFETTIVA-SCHIZOFRENIA
PROTOCOLLO DI INTERVENTO TERAPEUTICO
FASE DI VALUTAZIONE
VISITE MEDICHE SPECIALISTICHE: es. neurologico; psicodiagnosi; vis. fisiatrica; vis. foniatrica; ESAMI: EEG; TC; RMN
PROFILO V.A.P.-H (ASPETTI PSICOPATOLOGICI) - PROFILO A.B.I. (COMPORTAMENTO ADATTIVO)
PROFILO FUNZIONALE delle AUTONOMIE - PROFILO COGNITIVO-NEUROPSICOLOGICO
SINTESI DI EQUIPE
DIAGNOSI (classificaz. ICD-10)
PROFILO delle DISABILITA’ con definizione della scala di
GRAVITA’ delle DISABILITA’e del LIVELLO PROGNOSTICO (Classificaz. ICF)
STESURA DEL PROGETTO RI-ABILITATIVO
TERAPIE INDIVIDUALI
TERAPIE INDIVIDUALI
psicoterapia
psicoterapia
rieducazione neuropsicologica
rieducazione neuropsicologica
terapia psicocorporea
terapia psicocorporea
logopedia
logopedia
riabilitazione cognitiva al computer
riabilitazione cognitiva al computer
fisiochinesiterapia
fisiochinesiterapia
musicoterapia di gruppo
musicoterapia di gruppo
OPERATORI COINVOLTI:
psicologi; neuropsichiatri; terapisti
TERAPIA AMBIENTALE
TERAPIA AMBIENTALE
autonomie di base
autonomie di base
abilità integranti
abilità integranti
apprendimenti funzionali
apprendimenti funzionali
abilità sociali di base
abilità sociali di base
abilità sociali di IIII livello
abilità sociali di livello
autonomia avanzata
autonomia avanzata
attività occupazionali
attività occupazionali
OPERATORI COINVOLTI:
psicologi; educatori; terapisti
PROGETTI ISTITUZIONALI
PROGETTI ISTITUZIONALI
1) autodeterminazione
1) autodeterminazione
- - condivisione obiettivi terapeutici
condivisione obiettivi terapeutici
- - training su controllo emotivo
training su controllo emotivo
- - problem solving interpersonale
problem solving interpersonale
- - condivisione regole sociali e morali
condivisione regole sociali e morali
2) laboratorio teatrale
2) laboratorio teatrale
3) laboratorio ceramica e e arte-terapia
3) laboratorio ceramica arte-terapia
4) laboratorio attività pre-lavorative
4) laboratorio attività pre-lavorative
OPERATORI COINVOLTI:
neuropsichiatri; psicologi; educatori; terapisti
158. DISTURBI DI PERSONALITA’ SPECIFICI
PROTOCOLLO DI INTERVENTO TERAPEUTICO
FASE DI VALUTAZIONE
VISITE MEDICHE SPECIALISTICHE: es. neurologico; psicodiagnosi; vis. fisiatrica; vis. foniatrica; ESAMI: Eeg; TC; RMN
PROFILO V.A.P.-H (ASPETTI PSICOPATOLOGICI) - PROFILO A.B.I. (COMPORTAMENTO ADATTIVO)
PROFILO FUNZIONALE delle AUTONOMIE - PROFILO COGNITIVO-NEUROPSICOLOGICO - ABILITA’ LAVORATIVE
SINTESI DI EQUIPE
DIAGNOSI (classificaz. ICD-10)
PROFILO delle DISABILITA’ con definizione della scala di
GRAVITA’ delle DISABILITA’e del LIVELLO PROGNOSTICO (Classificaz. ICF)
STESURA DEL PROGETTO RI-ABILITATIVO
TERAPIE INDIVIDUALI
TERAPIE INDIVIDUALI
TERAPIA AMBIENTALE
TERAPIA AMBIENTALE
psicoterapia
psicoterapia
rieducazione neuropsicologica
rieducazione neuropsicologica
terapia psicocorporea
terapia psicocorporea
riabilitazione cognitiva al computer
riabilitazione cognitiva al computer
rilassamento terapeutico
rilassamento terapeutico
autonomia avanzata
autonomia avanzata
abilità integranti
abilità integranti
abilità sociali di IIII livello
abilità sociali di livello
attività occupazionali
attività occupazionali
training per autocontrollo
training per autocontrollo
OPERATORI COINVOLTI:
psicologi; neuropsichiatri; terapisti
OPERATORI COINVOLTI:
psicologi; educatori; terapisti
PROGETTI ISTITUZIONALI
PROGETTI ISTITUZIONALI
1) riabilitazione meta cognitiva
1) riabilitazione meta cognitiva
2) autodeterminazione
2) autodeterminazione
- condivisione progetto terapeutico
- condivisione progetto terapeutico
- - problem solving interpersonale
problem solving interpersonale
- - condivisione regole sociali e morali
condivisione regole sociali e morali
3) laboratorio attività pre-lavorative
3) laboratorio attività pre-lavorative
4) inserimento lavorativo (borsa lavoro)
4) inserimento lavorativo (borsa lavoro)
OPERATORI COINVOLTI:
neuropsichiatri; psicologi; educatori; terapisti
159. 1999 DIMISSIONI
III° FASE
•Intervento di modificazione ed adeguamento degli stili
relazionali degli educatori
•Logica ecosistemica
•Logica ispirata al potenziamento
dell’autodeterminazione
NUOVA FASE DI ASSESSMENT E PROGETTAZIONE
II° FASE
NUOVA FASE DI ASSESSMENT E PROGETTAZIONE
•SVILUPPO AB. SOCIALI DI II° LIV
•SVILUPPO AB. DI AUTOCONTOLLO
PROBLEM SOLVING INTERPERS
COPING SKILLS AUTODETERMINAZ
•MANTENIMENTO AUT. PERSONALE
•RIAB. NEUROPSICOLOGICA
•PERFEZ. AB. INTEGRANTI
•UTILIZZO TEMPO LIBERO
•ADDESTRAMENTO PRE LAVORAT.
•AUTONOMIA ESTERNA AVANZATA
•IPOTESI INSERIMENTO LAVORO
•ATTIVITA’ OCCUPAZIONALI
•SVILUPPO ABILITA’ INTEGRANTI
•SVILUPPO ABILITA’ SOCIALI DI I° LIVELLO
•RIABILITAZIONE COGNITIVA
•INSERIMENTO SCUOLA MEDIA STATALE
I° FASE
1993: AMMISSIONE
ASSESSMENT:
PROFILO FUNZIONALE
A.B.I.
V.A.P.-H
•SVILUPPO AUTONOMIE PERSONALI AVANZATE
•RIDUZIONE PROBLEMATICHE COMPORTAMENTALI
•POTENZIAMENTO ABILITA’ DI AUTONOMIA PERSONALE
•TERAPIA PSICOCORPOREA, PSICOTERAPIA
160. 1997 : DIMISSIONI
III° FASE
•Intervento di modificazione ed adeguamento degli stili
relazionali degli educatori
•Logica ecosistemica
•Logica ispirata al potenziamento
dell’autodeterminazione
NUOVA FASE DI ASSESSMENT E PROGETTAZIONE
•SVILUPPO AB. SOCIALI DI II° LIV
•SVILUPPO AB. DI AUTOCONTOLLO
PROBLEM SOLVING INTERPERS
COPING SKILLS AUTODETERMINAZ
•MANTENIMENTO AUT. PERSONALE
•RIAB. NEUROPSICOLOGICA
•PERFEZ. AB. INTEGRANTI
•ADDESTRAMENTO PRE LAVORAT.
•TERAPIA PSICOCORPOREA
•ATTIVITA’ OCCUPAZIONALI
•SVILUPPO ABILITA’ INTEGRANTI
•SVILUPPO ABILITA’ SOCIALI DI I° LIVELLO
•RIABILITAZIONE COGNITIVA
II° FASE
NUOVA FASE DI ASSESSMENT E PROGETTAZIONE
I° FASE
1991: AMMISSIONE
ASSESSMENT:
PROFILO FUNZIONALE
A.B.I.
V.A.P.-H
•SVILUPPO AUTONOMIE PERSONALI AVANZATE
•RIDUZIONE PROBLEMATICHE COMPORTAMENTALI
•POTENZIAMENTO ABILITA’ DI AUTONOMIA PERSONALE
•SVILUPPO AB. SOCIALI DI BASE
162. IL PROBLEMA È OGNI VOLTA
DIVERSO: IN ASSOLUTO, NON
ESISTONO TECNICHE O
MODALITÀ “GIUSTE” PER
AFFRONTARLO, ANCHE SE
ESISTONO CERTAMENTE
QUELLE SBAGLIATE.
163. IL PROBLEMA QUALCHE VOLTA
NON SI PUÒ RISOLVERE:
TALVOLTA LA RESA AL “NEMICO”
È NECESSARIA E PERSINO
AUSPICABILE, PER EVITARE DI
INCORRERE IN UNA SORTA DI
ACCANIMENTO TERAPEUTICO
DETTATO SOLO DAL NOSTRO
NARCISISMO FRUSTRATO.
164. IL PROBLEMA NON È MAI
RIUSCIRE A DOMINARE LA
NOSTRA RABBIA E
L’AGGRESSIVITÀ CHE IL SENSO DI
IMPOTENZA CI SUSCITA, MA
PIUTTOSTO CAPIRE LE NOSTRE
MOTIVAZIONI INTERNE, COS’È
CHE CI IRRITA TANTO, COS’È CHE
FA SI CHE UN CASO DIVENTI
“DIFFICILE” IN UN CERTO
MOMENTO.
165. IL COMPORTAMENTO DEL
“CASO DIFFICILE” VA
RICONDOTTO E
INTERPRETATO SEMPRE ALLA
LUCE DELLE DINAMICHE DEL
GRUPPO ALLARGATO E I
BISOGNI DEL SOGGETTO
VANNO COMPRESI, CONDIVISI
E INGLOBATI ALL’INTERNO DI
QUESTO GRUPPO.
166. È NECESSARIO APPOGGIARSI
SEMPRE AD UN GRUPPO DI
OPERATORI ESTERNI E
DISTANZIATI CHE ANALIZZINO LA
SITUAZIONE E CI DIANO LA LORO
LETTURA DI TUTTO IL CONTESTO
E NON SOLO DEI PROBLEMI DEL
“CASO DIFFICILE”.