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Corso di Laurea in Scienze e Tecniche
Psicologiche
a.a. 2007/2008

PSICODINAMICA DELLO
SVILUPPO E DELLE
RELAZIONI FAMILIARI

Dott. ssa Silvia Pogliano
AREE DI INTERSEZIONE TRA PSICOANALISI
E PSICOLOGIA EVOLUTIVA
DAGLI ANNI ’70 SI È VERIFICATO UN GRANDE IMPULSO ALLA
RICERCA E ALLA COSTRUZIONE TEORICA NEL CAMPO DELLO
SVILUPPO INFANTILE
PARTE DELLA RICERCA SULLO SVILUPPO PRECOCE SI È
INDIRIZZATA VERSO L’ELABORAZIONE DI UN MODELLO TEORICO
IN GRADO DI INTEGRARE
STUDI
SULL’ATTACCAMENT
O

TRADIZIONE
PSICOANALITIC
A

PSICOLOGIA DEL
SÉ

DA QUESTO INCONTRO HA PRESO CORPO
LA INFANT RESEARCH
INFANT RESEARCH

RICERCA SULLO SVILUPPO INFANTILE
ORIENTATA DA QUESITI CLINICI

DIMOSTRA CHE LA SPINTA A CREARE E A MANTENERE
LE RELAZIONI È CENTRALE NEL BAMBINO E NELL’UOMO
E NE ORGANIZZA L’ESPERIENZA PSICOLOGICA
(Sameroff, Emde 1989; Stern 1985)
AREE DI INTERSEZIONE TRA PSICOANALISI E
PSICOLOGIA EVOLUTIVA
AREA INTERATTIVO-COGNITIVISTA (TREVARTHEN)
attenzione particolare allo studio delle forme primarie di relazione e
interazione che il bambino crea insieme alle proprie figure di
accudimento. Tale attenzione ha avuto un supporto
fondamentale nella tecnica di indagine microanalitica
delle
osservazione dei momenti interattivi
CONTRIBUTO DI STERN
studi che, per mezzo dell’indagine microanalitica,
hanno contribuito alla scoperta delle competenze
comunicative del neonato
CONTRIBUTO DI EMDE
propone un modello evolutivo in cui gli affetti svolgono
il ruolo di organizzatori della vita psichica del bambino
NUOVI METODI DI OSSERVAZIONE

PSICOLOGIA
EVOLUTIVA

METODI OSSERVATIVI
PIÙ SOFISTICATI

DATI
MICROANALITICI

INFANT OBSERVATION
(teoria psicoanalitica)
INFANT OBSERVATION

PARTICOLARE TECNICA DI OSSERVAZIONE,
MESSA A PUNTO DA E. BICK NEL
1949,

UTILIZZATA

INIZIALMENTE COME TRAINING FORMATIVO PER
GLI PSICOTERAPEUTI INFANTILI

È UN’OSSERVAZIONE PSICOANALITICA, CHE CONSIDERA
L’OSSERVATORE COME SOGGETTO E NON SOLO COME
STRUMENTO DI REGISTRAZIONE
SCOPI DELL’INFANT OBSERVATION
 OSSERVARE
Lo sviluppo della relazione madre-bambino in famiglia.
L’osservatore ha come unica responsabilità quella di
mantenere una presenza non intrusiva e attenta
 APPRENDERE
attraverso l’esperienza la peculiarità
e le modalità di una relazione
 ESPERIRE
in diretta la fatica e gli ostacoli che la coppia madre-bambino
può incontrare nella costruzione della relazione
 RICONOSCERE
attraverso il controtransfert la messa in atto dei meccanismi
difensivi che possono “inquinare i dati osservativi”
CARATTERISTICHE
DELL’ INFANT OBSERVATION

 L’osservazione è all’interno del nucleo familiare
 L’attenzione è focalizzata sulla relazione del
bambino con le figure parentali
 Transfert e controtransfert servono come guida per
una comprensione profonda della situazione emotiva
dell’osservatore, della madre e del bambino
L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN
RICERCHE RECENTI
TREVARTHEN (1984)
DALLO STUDIO DEL BAMBINO RICAVA DATI SULLA NATURA
E SULLA FUNZIONE DELLE EMOZIONI UMANE

L’obiettivo delle emozioni umane è quello di regolare le
rappresentazioni mentali
 dei contatti
 delle relazioni interpersonali
Le sue ricerche (1984,1998,2001,2005) sulle prime forme di
intersoggettività presuppongono una precoce relazionalità del
neonato (innate protoconversational readiness)
INTERSOGGETTIVITÀ PRIMARIA
Trevarthen alla fine degli anni Settanta individuò, nel
corso del primo anno di vita del bambino, l’emergere
di due differenti forme di intersoggettività

Intersoggettività primaria
(fino al quinto mese di vita)
Intersoggettività secondaria
(a partire dal quinto mese di vita)
Intersoggettività primaria
Il concetto di intersoggettività primaria sottende tutte le
forme di interazione che emergono dal secondo mese di
vita fino all’incirca al quinto → “dialoghi sociali” (scambi
di sguardi, sorrisi e vocalizzazioni)
Già nel corso dei primi giorni e delle prime settimane di vita il
neonato manifesta un orientamento preferenziale verso l’adulto,
in particolare la madre:
 dimostra di riconoscerla quando si avvicina
 concentra lo sguardo su di lei
 mostra attenzione nei confronti dei movimenti del suo volto
 dimostra interesse per la sua voce
TREVARTHEN
Per Trevarthen esiste nel neonato una motivazione
innata a comunicare che si esprime già nel secondo
mese di vita unitamente alla consapevolezza
dell’altro come interlocutore → nel neonato, fin
dalla nascita, è presente una motivazione al dialogo
e un interlocutore come “altro virtuale”

Non è semplicemente la madre che
attribuisce significato e intenzionalità ai primi
segnali comunicativi del bambino
inserendosi nel flusso della sue attività
(Schaffer), ma è il bambino stesso a essere
un competente e precoce comunicatore
(Riva Crugnola, p. 5)
TREVARTHEN
Dopo la sesta settimana il neonato è
emotivamente coerente e capace di attivare
una comunicazione giocosa in stato di
veglia

C’è nel bambino una tendenza innata ad ingaggiare
relazioni (companionship) differente dai segnali di
attaccamento che egli rivolge all’adulto per ottenere
protezione e supporto alla base della costruzione dei
legami di attaccamento (Trevarthen, 2001; Riva Crugnola p.7)
La madre o il caregiver tende a rispecchiare la mimica
espressiva del neonato, in particolare l’espressione di emozioni
positive attraverso l’imitazione drammatizzata ed enfatizzata dei
suoi primi atti comunicativi (Stern, 1985)
Per Trevarthen (1998,2001) il bambino possiede competenze di tipo
percettivo in base alle quali è in grado di discriminare la voce
della madre

L’interazione madre-bambino già nei primi mesi è
regolata da schematizzazioni della reciproca
relazione
che permettono al singolo partner di predire e
anticipare il comportamento dell’altro
Nei primi mesi gli episodi comunicativi tra bambino e caregiver
hanno durata breve, governata da cicli regolari e prevedibili

Le capacità comunicative che il neonato manifesta
precocemente possono svilupparsi e trovare una più articolata
coerenza attraverso l’incontro con un partner intuitivamente
responsivo

Tali capacità si consoliderebbero
intorno alle sei settimane di vita del
bambino
Secondo alcune ricerche di Haviland e Lelwica
(1987), il bambino si dimostra capace di riconoscere
le emozioni della madre, discriminandone le
espressioni :
 i bambini di 10 settimane rispondono con il sorriso
alle espressioni di gioia della madre
 reagiscono con l’aggrottamento delle sopracciglia
a quelle di collera
 manifestano disagio (sbavando con la bocca,
masticando a vuoto,…), a fronte di quelle di
tristezza
L’uso della comunicazione emotiva nei
bambini piccoli appare fondamentale

Non solo per sollecitare le azioni di
cura e accudimento da parte
dell’adulto

Ma anche per costruire con lui un
coinvolgimento positivo (funzione
metacomunicativa, riferita al rapporto di
sé con l’altro)
Verso i sei mesi compaiono interazioni giocose con
l’adulto caratterizzate da elementi di scherzo è
“canzonatura” (teasing game) → il bambino si
esibisce, “fa il clown”, prendendosi in giro con smorfie
ridicole, si muove con esagerazione in modo
istrionico, allestendo dei veri e propri spettacolini.

GIOCHI PROTOSIMBOLICI
Centrati sull’esibizione consapevole e
ritualizzata di sé; implicano una modalità
comunicativa caratterizzata da una maggiore
consapevolezza sociale, relativa a una
maggiore comprensione di sé in rapporto alle
reazioni dell’altro
Intersoggettività secondaria

A partire dal quinto mese si assiste a una frattura nella
relazione diadica madre-bambino fondata sulla comunicazione
faccia-a-faccia (inizia l’interesse del bambino a esplorare
l’ambiente circostante e diminuisce l’interesse per la
comunicazione con la madre)
(Riva Crugnola, p. 16-17)

Fino ai nove mesi il bambino non è ancora in grado di
coordinare la sua interazione con la madre e
quella con gli oggetti
Trevarthen (1993), in posizione radicale rispetto agli altri
autori, sottolinea come la consapevolezza dell’altro sia
presente nel bambino già dalle
prime settimane di vita

“Già alla nascita (i bambini) sono in grado di
partecipare a uno scambio dinamico di stati
mentali che ha un’organizzazione e una
motivazione conversazionale, ed è
potenzialmente una condivisione di
intenzione e conoscenza”
(Trevarthen, 1993, p.187)
L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN
RICERCHE RECENTI
STERN (1977-1985)

Le sue ricerche si collocano nell’area
dell’esperienza del senso di sé che
sorgerebbe nei primi mesi di vita, legato
in un primo tempo all’attività percettiva
del neonato e in seguito alla
condivisione degli stati emotivi con la
madre
L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN
RICERCHE RECENTI
STERN (1977-1985)

PROPONE UN INTERFACCIA TRA

BAMBINO CLINICO
RICOSTRUITO ATTRAVERSO I
RICORDI NEL CORSO DELLA
PSICOTERAPIA PSICOANALITICA

PROSPETTIVA
RETROGRADA
VISIONE ADULTOMORFA
DELLA PRIMA INFANZIA

BAMBINO
OSSERVATO

PROSPETTIVA
ANTEROGRADA
PER COMPRENDERE LO
SVILUPPO NORMALE E
SPIEGARE L’ONTOGENESI DI
FORME PATOLOGICHE
DANIEL STERN

 INTENZIONI

BAMBINO CAPACE DI

 DISCRIMINAZIONI
 ATTACCAMENTO
 RIFERIMENTI SELETTIVI

DOTATO DI CAPACITÀ PERCETTIVE COMPLESSE

SENSIBILE A QUANTO PRESCRIVONO LE INTERAZIONI
CHE REGOLANO GLI SCAMBI CON LA FIGURA DI
ACCUDIMENTO
BAMBINO COME PARTE DI UN
SISTEMA INTERAZIONALE

VISTO COME UN SISTEMA BIOLOGICAMENTE
STRUTTURATO ATTRAVERSO MECCANISMI DI
AUTOREGOLAZIONE ORIENTATI VERSO

CONSERVAZIONE
DI UN EQUILIBRIO
DINAMICO

SVILUPPO DI UNA
ORGANIZZAZIONE
DI COMPLESSITÀ
CRESCENTE
IL NEONATO NON CERCA DI LIBERARSI
DALL’ECCITAZIONE AL FINE DI RAGGIUNGERE UN
EQUILIBRIO INTERNO, MA FIN DALLA NASCITA È
DISPONIBILE ALLA STIMOLAZIONE

NECESSARIA PER FORNIRE
LA MATERIA PRIMA PER LA
MATURAZIONE DEI
PROCESSI

SENSO-MOTORI

PERCETTIVI
COGNITIVI
DANIEL STERN

AFFERMA CHE LA SUA TEORIA HA
MOLTO IN COMUNE CON
 TEORIA PSICOANALITICA TRADIZIONALE
 TEORIA DELL’ATTACCAMENTO

MA NE DIFFERISCE PERCHÉ ASSUME
COME PRINCIPIO ORGANIZZATORE IL
SENSO
SOGGETTIVO DEL SÈ
DANIEL STERN

LE CAPACITÀ DEL BAMBINO SONO ORGANIZZATE
E TRASFORMATE IN PROSPETTIVE SOGGETTIVE
ORGANIZZANTI IL SENSO DEL SÉ E DELL’ALTRO

IL SENSO DEL SÉ VIENE VISTO COME
UN’ESPERIENZA SOGGETTIVA
ORGANIZZANTE
DANIEL STERN
Ognuno dei sensi del Sé emerge in congiunzione con le

nuove capacità che accompagnano i cambiamenti dello
sviluppo infantile precoce

Pur emergendo in momenti

SENSI DEL SÈ

successivi, Stern ritiene che operino
contemporaneamente per tutto il
corso della vita

Rappresentano forme diverse e specifiche
di fare esperienza di Sé e delle relazioni
interpersonali
Innovazioni di Stern
Contesta radicalmente la nozione di fasi evolutive collegate a
specifiche entità cliniche (es. oralità, attaccamento, autonomia,
indipendenza, fiducia).

Preferisce parlare di aspetti che permangono lungo l’intero arco
della vita e che operano in ogni momento dello sviluppo.

Molti “dogmi” della psicoanalisi sono applicabili solo
dopo la comparsa del linguaggio: la teoria
psicoanalitica non viene smentita, però Stern ritiene
che non funzioni troppo bene nel primo periodo della
vita (non lo riesce a descrivere adeguatamente)
L’analisi di
paralleli:

Stern

si

muove

su

due

livelli

1) Critica la concettualizzazione e la terminologia utilizzate dalla
Mahler che a suo parere legano in maniera impropria condizioni
patologiche successive, come l’autismo e la simbiosi, a periodi
evolutivi normali, riflettendo quella che egli considera una visione
patomorfica e retrospettiva dello sviluppo.

2) Inverte le tappe di questo processo proponendo un modello che
sostiene fondamentalmente la precoce capacità del bambino di
sperimentare l’emergere di un’organizzazione del Sé fin dai primi
mesi di vita e quindi un’embrionale capacità di differenziazione tra il
Sé e l’altro.
DANIEL STERN
SENSI DEL SÈ

SENSO DEL SÈ VERBALE
SENSO DEL SÈ SOGGETTIVO
SENSO DEL SÈ NUCLEARE
SENSO DEL SÈ EMERGENTE
0-2

2-6

7-15
(Età – mesi)

15-18
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
EMERGENTE

CAMPO DI RELAZIONE
EMERGENTE

Dalla nascita fino al 2° mese di vita
avviene un processo nel quale il
bambino si applica attivamente nel
porre in relazione tra loro differenti
esperienze, grazie anche alle
capacità innate (il corpo acquisisce
dati sensoriali )
Per esempio, i bambini sono capaci di
percepire una forma toccando un
oggetto; ciò significa che essi sanno
come deve essere l’oggetto senza mai
averlo visto prima
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
NUCLEARE

CAMPO DI RELAZIONE
NUCLEARE

Si verifica tra il 2° e il 6° mese di
vita, quando il bambino avverte
che lui e la madre sono entità
fisiche separate, agenti distinti con
distinte esperienze affettive e storie
separate
Il Sè fisico viene sperimentato come
una entità fisica unitaria dotata di una
volontà, di una vita affettiva e di una
storia proprie. Esso opera al di fuori
della consapevolezza: viene
considerato implicito ed è difficilmente
verbalizzabile
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
NUCLEARE

CAMPO DI RELAZIONE
NUCLEARE

Il bambino esperisce un senso di
coesione relativo alle sensazioni
trasmesse dal corpo.
Il bambino acquisisce il senso di
continuità del Sé trasversale nel tempo,
nella forma di memoria dell’esperienza
di sé
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
SOGGETTIVO

CAMPO DI RELAZIONE
SOGGETTIVO

Fra il 7° e il 9°mese di vita i bambini
“scoprono” che esistono altre menti
oltre alla loro, rendendo possibile
un’intersoggettività tra bambino e
genitore (condivisione delle
intenzioni)
Il bambino acquisisce la capacità di
avere un oggetto comune di
attenzione, di attribuire agli altri
intenzioni e motivazioni e di percepirle
correttamente,di attribuire agli altri
degli stati d’animo e capire se sono o
no conformi ai propri
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
VERBALE

CAMPO DI RELAZIONE
VERBALE

Tra il 15° e il 18° mese il bambino
possiede una riserva personale di
esperienza e di conoscenza del mondo.
Questa conoscenza può essere
oggettivata ed espressa in simboli che
divengono veicoli di significati da
comunicare attraverso il linguaggio
Questo nuovo senso del Sé opera nel
campo della relazione verbale e poggia su
nuove capacità: la capacità di oggettivare
il Sé, di essere autoriflessivi, di
comprendere e produrre il linguaggio
DANIEL STERN

SENSO DEL SÉ
NARRATIVO

CAMPO DI RELAZIONE
NARRATIVO

Il Sé viene definito dalle narrative
autobiografiche, che comunque includono
(e sono condizionate da) alcune
caratteristiche dei precedenti stadi di
sviluppo del Sé.
La ricostruzione in forma narrativa delle
esperienze precedentemente vissute
nell’ambito degli altri sensi del Sé ha
probabilmente un effetto organizzante
nuovo e trasformativo sull’esperienza
stessa e sulla sua rappresentazione.
DANIEL STERN

GLI STUDI DI STERN MOSTRANO COME LO
SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE E DELLA
REGOLAZIONE DELL’ESPERIENZA AVVENGA
ALL’INTERNO DI UN

SISTEMA
RECIPROCA

DI INFLUENZA
MADRE-BAMBINO

ALL’INTERNO DI TALE SISTEMA IL BAMBINO
ACQUISISCE UNA PROPRIA CAPACITÀ DI
REGOLAZIONE DEL SÈ E FORMA LE BASI DELLA
PROPRIA PERSONALITÀ
DANIEL STERN
LA STIMOLAZIONE CHE IL BAMBINO RICEVE NEL
RAPPORTO CON LA MADRE GLI CONSENTE DI
ELABORARE

SCHEMI MENTALI

DEGLI OGGETTI

SONO IL RISULTATO DELL’ESPERIENZA
 SENSO- MOTORIA
 SENSO- PERCETTIVA
RELATIVA ALL’OGGETTO STESSO
DANIEL STERN
I BAMBINI UTILIZZANO QUESTE CAPACITÀ
RAPPRESENTATIVE ALL’INTERNO DI
CONTESTI INTERATTIVI
SVILUPPANO ASPETTATIVE DEI
PRIMI EVENTI SOCIALI

SI FORMA COSÌ LA RAPPRESENTAZIONE DELLA STRUTTURA
INTERATTIVA, CIOÈ DEL MODELLO DI UNA REGOLAZIONE
RECIPROCA ORGANIZZATO SECONDO PARAMETRI
TEMPORALI

SPAZIALI

AFFETTIVI
DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA
ALLA SINTONIZZAZIONE
Grande attenzione al comportamento materno nel processo di
regolazione affettiva
Tale meccanismo regolativo si struttura all’interno di una matrice
relazionale ed è dipendente dalla capacità della madre di
strutturare il repertorio di espressioni emotive e comunicative
infantili

L’ATTENZIONE NON VIENE POSTA
UNICAMENTE SUL BAMBINO, MA SULLA

RELAZIONE MADRE - BAMBINO
DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA
ALLA SINTONIZZAZIONE
PRECOCE ATTIVITÀ
COMUNICATIVA DEL
BAMBINO

secondo la definizione data
dalla teoria
dell’attaccamento
RISPOSTA PRONTA E
ADEGUATA AI BISOGNI DEL
BAMBINO

ha portato

A UN RIPENSAMENTO
RELATIVAMENTE AL RUOLO
SVOLTO DAL CAREGIVER
RIGUARDO LA

RESPONSIVITA’
AI SEGNALI DEL LATTANTE
DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA
ALLA SINTONIZZAZIONE

CONCETTO DI RESPONSIVITÀ RIPRESO E INTEGRATO
NEL COSTRUTTO PIÙ AMPIO DI

AFFECT ATTUNEMENT (Stern,
1985)

CAPACITÀ MATERNA DI ANDARE OLTRE LA
SEMPLICE IMITAZIONE DEL COMPORTAMENTO
INFANTILE E DI SINTONIZZARSI CONDIVIDENDO
LO STATO EMOTIVO DEL BAMBINO
DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA
ALLA SINTONIZZAZIONE

Attraverso la sintonizzazione emotiva la madre non solo
rispecchia il comportamento espressivo e motorio del bambino
(primo semestre di vita), ma lo ritraduce in differenti modalità
espressive.

Sulla base di questo scambio il bambino impara a
modulare le proprie risposte comportamentali ed emotive,
come se agisse all’unisono con la madre e facessero
parte di un loro mondo, di uno spazio sentito (companion
space, Brazelton, 1998).
DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA
ALLA SINTONIZZAZIONE

Il punto di vista soggettivo del bambino in interazione con il
caregiver è la base per la concettualizzazione degli

SCHEMI-DI-ESSERE-CON

Rappresentazioni che contengono un protocopione con un
agente, un’azione, degli strumenti per compiere l’azione e
un contesto
(Fonagy & Target, p. 325 esempio madre depressa)
RESPONSIVITÀ, EMOZIONI E FUNZIONI
PARENTALI NELLA TRASMISSIONE
DELL’ATTACCAMENTO
La responsività in senso comportamentale rappresenta la
risposta contingente del genitore ai bisogni del bambino

In questa accezione la responsività appare solo
parzialmente responsabile dell’associazione tra i
modelli di attaccamento genitoriali e tipo di
attaccamento dei bambini
Per Haft e Slade (1989) la responsività è la capacità della
madre di condividere in modo sintonico (Stern, 1985) gli affetti
positivi e negativi del proprio bambino. Esiste una correlazione
tra i modelli operativi interni della madre circa l’attaccamento e
la sua capacità di sintonizzarsi con il figlio

Per Emde il ruolo della madre è quello di “validare” le emozioni
del bambino, in particolare quelle positive, attraverso il loro
rispecchiamento e la loro condivisione, fornendogli in questo
modo la base per la costruzione di fonti interne di fiducia
Belsky (1991,1997), rivela come la sicurezza dei pattern di
attaccamento del bambino sia collegata alla capacità della
madre di effettuare scambi positivi con lui nei primi anni di
vita e come questo si correli al grado di coinvolgimento del
padre nella relazione con la madre

Lo scarso coinvolgimento del padre sembra determinare un
aumento degli scambi affettivi negativi tra madre e bambino
I padri tendono a improntare la loro interazione
con il figlio nel corso del primo anno di vita
attraverso una modalità maggiormente ludica,
centrata sul contatto fisico, e caratterizzata da
un livello di arousal più elevato, con picchi di
attivazione positiva e passaggi repentini a
situazioni di pausa rispetto al livello di
attivazione più regolare e prevedibile
dell’interazione materna
RESPONSIVITÀ E FUNZIONE
RIFLESSIVA
Fonagy (1992,1995,1999), muovendosi congiuntamente nell’ambito
dell’orientamento psicoanalitico e della teoria dell’attaccamento,
ha dato un contributo originale all’ipotesi relativa alla
trasmissione intergenerazionale dei modelli di attaccamento

La trasmissione intergenerazionale coinvolge anche le
modalità difensive o elaborative che il genitore adotta
verso le proprie esperienze emotive legate alle relazioni
con le figure parentali della propria infanzia
Una madre con uno stato della mente di tipo distanziante
trasmetterebbe al bambino, attraverso la mancata
responsività ai suoi bisogni, l’incapacità di entrare in
contatto con i propri affetti, incapacità maturata nel corso
delle sue relazioni infantili con le figure genitoriali,
contribuendo alla costruzione del bambino stesso di un
pattern attaccamento insicuro evitante

Le strategie difensive adottate dai
genitori nei confronti del bambino hanno
nel contempo un influsso anche sulle
modalità che questi ha di rappresentarsi
la sua relazione con loro
Nel caso di genitori distanzianti o preoccupanti, le
rappresentazioni di sé e dell’altro che il bambino inizia a
costruire insieme ai modelli operativi interni di
attaccamento possono essere soggette a processi
di restrizione o di distorsione dell’informazione, generando
modelli multipli ed incoerenti di sé e delle figure di
attaccamento
Fonagy ha ipotizzato che la responsività del genitore
si fondi su una funzione riflessiva del Sé
attraverso la quale egli costituisce il bambino, fin dai
suoi primi mesi, come oggetto di stati mentali, quali
pensieri, desideri, emozioni, attribuendo al figlio
appena nato una “teoria della mente” corrispondente
alla propria
Fonagy approfondisce quegli aspetti della funzione della
madre che Bion e Winnicott, nell’ambito dell’orientamento
psicoanalitico, hanno definito capacità di contenimento e di
rèverie

Bion (1962) la definisce come la duplice capacità della
madre di contenere mentalmente ogni emozione di segno
positivo o negativo, che il neonato le trasmette, nonché di
restituirgliele trasformate ed elaborate.
Se la madre non è in grado di assolvere a tale funzione,
soprattutto nel caso di emozioni negative, il neonato può
essere sommerso da emozioni molto intense,
sperimentando in condizioni estreme un
terrore senza nome.
nome
Secondo Winnicott (1965), l’incapacità della madre di
funzionare in modo sufficientemente buono, soddisfacendo e
fornendo un contenimento ai bisogni emotivi del figlio, può
provocare nel bambino ansie “impensabili”, quali il
sentimento di andare in pezzi, di essere senza orientamento,
di precipitare senza limiti, influenzando i suoi processi di
costruzione e integrazione dei primi nuclei del sé.
Secondo Fonagy, il genitore con un modello
operativo interno di tipo sicuro dispiega una funzione
riflessiva nei confronti del figlio, contribuendo a
renderlo capace di esplorare senza deformazioni e
restrizioni i propri stati mentali.

Un genitore, invece, con un modello di attaccamento
di tipo insicuro, non rappresentandosi il bambino
compiutamente come un soggetto di stati mentali,
non sarebbe in grado di tollerarne le emozioni,
costringendolo in questo modo a sacrificarne
l’espressione pur di mantenere il proprio legame di
attaccamento.
La trasmissione dei modelli di attaccamento ha come
mediatore privilegiato la funzione riflessiva del Sé del
genitore.

Il bambino a contatto con un genitore con un’adeguata
funzione riflessiva non solo può interiorizzare a livello
intrapsichico un’istanza parentale che è in grado di
contenere e trasformare i suoi stati emotivi, ma che è
anche in grado di “pensarlo” e quindi di rifletterne
l’immagine come soggetto di stati mentali.

Il bambino, in questo modo, può trovare se stesso
nell’altro.
La funzione riflessiva del Sé della madre o del padre diventa,
quindi, un fattore protettivo per la trasmissione della
sicurezza dell’attaccamento, anche nel caso in cui il bambino
si trovi in contesti familiari “a rischio”, implicanti vari tipi di
deprivazione sociale e affettiva.
Fonagy, nel 1999, evidenzia che i MOI sicuri o
insicuri non sono acquisizioni definitive nella vita
mentale infantile e adulta, ma stati della mente
suscettibili di continue oscillazioni.
Il caregiver ha la funzione di agevolare nel bambino il
passaggio da uno stato mentale di base (inizialmente
insicuro) a una prevalenza di stati sicuri, che gli
permetteranno l’esplorazione dell’ambiente circostante e
del proprio mondo interno.

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5 psicodinamica dello sviluppo (1)

  • 1. Corso di Laurea in Scienze e Tecniche Psicologiche a.a. 2007/2008 PSICODINAMICA DELLO SVILUPPO E DELLE RELAZIONI FAMILIARI Dott. ssa Silvia Pogliano
  • 2. AREE DI INTERSEZIONE TRA PSICOANALISI E PSICOLOGIA EVOLUTIVA DAGLI ANNI ’70 SI È VERIFICATO UN GRANDE IMPULSO ALLA RICERCA E ALLA COSTRUZIONE TEORICA NEL CAMPO DELLO SVILUPPO INFANTILE PARTE DELLA RICERCA SULLO SVILUPPO PRECOCE SI È INDIRIZZATA VERSO L’ELABORAZIONE DI UN MODELLO TEORICO IN GRADO DI INTEGRARE STUDI SULL’ATTACCAMENT O TRADIZIONE PSICOANALITIC A PSICOLOGIA DEL SÉ DA QUESTO INCONTRO HA PRESO CORPO LA INFANT RESEARCH
  • 3. INFANT RESEARCH RICERCA SULLO SVILUPPO INFANTILE ORIENTATA DA QUESITI CLINICI DIMOSTRA CHE LA SPINTA A CREARE E A MANTENERE LE RELAZIONI È CENTRALE NEL BAMBINO E NELL’UOMO E NE ORGANIZZA L’ESPERIENZA PSICOLOGICA (Sameroff, Emde 1989; Stern 1985)
  • 4. AREE DI INTERSEZIONE TRA PSICOANALISI E PSICOLOGIA EVOLUTIVA AREA INTERATTIVO-COGNITIVISTA (TREVARTHEN) attenzione particolare allo studio delle forme primarie di relazione e interazione che il bambino crea insieme alle proprie figure di accudimento. Tale attenzione ha avuto un supporto fondamentale nella tecnica di indagine microanalitica delle osservazione dei momenti interattivi CONTRIBUTO DI STERN studi che, per mezzo dell’indagine microanalitica, hanno contribuito alla scoperta delle competenze comunicative del neonato CONTRIBUTO DI EMDE propone un modello evolutivo in cui gli affetti svolgono il ruolo di organizzatori della vita psichica del bambino
  • 5. NUOVI METODI DI OSSERVAZIONE PSICOLOGIA EVOLUTIVA METODI OSSERVATIVI PIÙ SOFISTICATI DATI MICROANALITICI INFANT OBSERVATION (teoria psicoanalitica)
  • 6. INFANT OBSERVATION PARTICOLARE TECNICA DI OSSERVAZIONE, MESSA A PUNTO DA E. BICK NEL 1949, UTILIZZATA INIZIALMENTE COME TRAINING FORMATIVO PER GLI PSICOTERAPEUTI INFANTILI È UN’OSSERVAZIONE PSICOANALITICA, CHE CONSIDERA L’OSSERVATORE COME SOGGETTO E NON SOLO COME STRUMENTO DI REGISTRAZIONE
  • 7. SCOPI DELL’INFANT OBSERVATION  OSSERVARE Lo sviluppo della relazione madre-bambino in famiglia. L’osservatore ha come unica responsabilità quella di mantenere una presenza non intrusiva e attenta  APPRENDERE attraverso l’esperienza la peculiarità e le modalità di una relazione  ESPERIRE in diretta la fatica e gli ostacoli che la coppia madre-bambino può incontrare nella costruzione della relazione  RICONOSCERE attraverso il controtransfert la messa in atto dei meccanismi difensivi che possono “inquinare i dati osservativi”
  • 8. CARATTERISTICHE DELL’ INFANT OBSERVATION  L’osservazione è all’interno del nucleo familiare  L’attenzione è focalizzata sulla relazione del bambino con le figure parentali  Transfert e controtransfert servono come guida per una comprensione profonda della situazione emotiva dell’osservatore, della madre e del bambino
  • 9. L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN RICERCHE RECENTI TREVARTHEN (1984) DALLO STUDIO DEL BAMBINO RICAVA DATI SULLA NATURA E SULLA FUNZIONE DELLE EMOZIONI UMANE L’obiettivo delle emozioni umane è quello di regolare le rappresentazioni mentali  dei contatti  delle relazioni interpersonali Le sue ricerche (1984,1998,2001,2005) sulle prime forme di intersoggettività presuppongono una precoce relazionalità del neonato (innate protoconversational readiness)
  • 10. INTERSOGGETTIVITÀ PRIMARIA Trevarthen alla fine degli anni Settanta individuò, nel corso del primo anno di vita del bambino, l’emergere di due differenti forme di intersoggettività Intersoggettività primaria (fino al quinto mese di vita) Intersoggettività secondaria (a partire dal quinto mese di vita)
  • 11. Intersoggettività primaria Il concetto di intersoggettività primaria sottende tutte le forme di interazione che emergono dal secondo mese di vita fino all’incirca al quinto → “dialoghi sociali” (scambi di sguardi, sorrisi e vocalizzazioni) Già nel corso dei primi giorni e delle prime settimane di vita il neonato manifesta un orientamento preferenziale verso l’adulto, in particolare la madre:  dimostra di riconoscerla quando si avvicina  concentra lo sguardo su di lei  mostra attenzione nei confronti dei movimenti del suo volto  dimostra interesse per la sua voce
  • 12. TREVARTHEN Per Trevarthen esiste nel neonato una motivazione innata a comunicare che si esprime già nel secondo mese di vita unitamente alla consapevolezza dell’altro come interlocutore → nel neonato, fin dalla nascita, è presente una motivazione al dialogo e un interlocutore come “altro virtuale” Non è semplicemente la madre che attribuisce significato e intenzionalità ai primi segnali comunicativi del bambino inserendosi nel flusso della sue attività (Schaffer), ma è il bambino stesso a essere un competente e precoce comunicatore (Riva Crugnola, p. 5)
  • 13. TREVARTHEN Dopo la sesta settimana il neonato è emotivamente coerente e capace di attivare una comunicazione giocosa in stato di veglia C’è nel bambino una tendenza innata ad ingaggiare relazioni (companionship) differente dai segnali di attaccamento che egli rivolge all’adulto per ottenere protezione e supporto alla base della costruzione dei legami di attaccamento (Trevarthen, 2001; Riva Crugnola p.7)
  • 14. La madre o il caregiver tende a rispecchiare la mimica espressiva del neonato, in particolare l’espressione di emozioni positive attraverso l’imitazione drammatizzata ed enfatizzata dei suoi primi atti comunicativi (Stern, 1985) Per Trevarthen (1998,2001) il bambino possiede competenze di tipo percettivo in base alle quali è in grado di discriminare la voce della madre L’interazione madre-bambino già nei primi mesi è regolata da schematizzazioni della reciproca relazione che permettono al singolo partner di predire e anticipare il comportamento dell’altro
  • 15. Nei primi mesi gli episodi comunicativi tra bambino e caregiver hanno durata breve, governata da cicli regolari e prevedibili Le capacità comunicative che il neonato manifesta precocemente possono svilupparsi e trovare una più articolata coerenza attraverso l’incontro con un partner intuitivamente responsivo Tali capacità si consoliderebbero intorno alle sei settimane di vita del bambino
  • 16. Secondo alcune ricerche di Haviland e Lelwica (1987), il bambino si dimostra capace di riconoscere le emozioni della madre, discriminandone le espressioni :  i bambini di 10 settimane rispondono con il sorriso alle espressioni di gioia della madre  reagiscono con l’aggrottamento delle sopracciglia a quelle di collera  manifestano disagio (sbavando con la bocca, masticando a vuoto,…), a fronte di quelle di tristezza
  • 17. L’uso della comunicazione emotiva nei bambini piccoli appare fondamentale Non solo per sollecitare le azioni di cura e accudimento da parte dell’adulto Ma anche per costruire con lui un coinvolgimento positivo (funzione metacomunicativa, riferita al rapporto di sé con l’altro)
  • 18. Verso i sei mesi compaiono interazioni giocose con l’adulto caratterizzate da elementi di scherzo è “canzonatura” (teasing game) → il bambino si esibisce, “fa il clown”, prendendosi in giro con smorfie ridicole, si muove con esagerazione in modo istrionico, allestendo dei veri e propri spettacolini. GIOCHI PROTOSIMBOLICI Centrati sull’esibizione consapevole e ritualizzata di sé; implicano una modalità comunicativa caratterizzata da una maggiore consapevolezza sociale, relativa a una maggiore comprensione di sé in rapporto alle reazioni dell’altro
  • 19. Intersoggettività secondaria A partire dal quinto mese si assiste a una frattura nella relazione diadica madre-bambino fondata sulla comunicazione faccia-a-faccia (inizia l’interesse del bambino a esplorare l’ambiente circostante e diminuisce l’interesse per la comunicazione con la madre) (Riva Crugnola, p. 16-17) Fino ai nove mesi il bambino non è ancora in grado di coordinare la sua interazione con la madre e quella con gli oggetti
  • 20. Trevarthen (1993), in posizione radicale rispetto agli altri autori, sottolinea come la consapevolezza dell’altro sia presente nel bambino già dalle prime settimane di vita “Già alla nascita (i bambini) sono in grado di partecipare a uno scambio dinamico di stati mentali che ha un’organizzazione e una motivazione conversazionale, ed è potenzialmente una condivisione di intenzione e conoscenza” (Trevarthen, 1993, p.187)
  • 21. L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN RICERCHE RECENTI STERN (1977-1985) Le sue ricerche si collocano nell’area dell’esperienza del senso di sé che sorgerebbe nei primi mesi di vita, legato in un primo tempo all’attività percettiva del neonato e in seguito alla condivisione degli stati emotivi con la madre
  • 22. L’USO DELL’OSSERVAZIONE IN RICERCHE RECENTI STERN (1977-1985) PROPONE UN INTERFACCIA TRA BAMBINO CLINICO RICOSTRUITO ATTRAVERSO I RICORDI NEL CORSO DELLA PSICOTERAPIA PSICOANALITICA PROSPETTIVA RETROGRADA VISIONE ADULTOMORFA DELLA PRIMA INFANZIA BAMBINO OSSERVATO PROSPETTIVA ANTEROGRADA PER COMPRENDERE LO SVILUPPO NORMALE E SPIEGARE L’ONTOGENESI DI FORME PATOLOGICHE
  • 23. DANIEL STERN  INTENZIONI BAMBINO CAPACE DI  DISCRIMINAZIONI  ATTACCAMENTO  RIFERIMENTI SELETTIVI DOTATO DI CAPACITÀ PERCETTIVE COMPLESSE SENSIBILE A QUANTO PRESCRIVONO LE INTERAZIONI CHE REGOLANO GLI SCAMBI CON LA FIGURA DI ACCUDIMENTO
  • 24. BAMBINO COME PARTE DI UN SISTEMA INTERAZIONALE VISTO COME UN SISTEMA BIOLOGICAMENTE STRUTTURATO ATTRAVERSO MECCANISMI DI AUTOREGOLAZIONE ORIENTATI VERSO CONSERVAZIONE DI UN EQUILIBRIO DINAMICO SVILUPPO DI UNA ORGANIZZAZIONE DI COMPLESSITÀ CRESCENTE
  • 25. IL NEONATO NON CERCA DI LIBERARSI DALL’ECCITAZIONE AL FINE DI RAGGIUNGERE UN EQUILIBRIO INTERNO, MA FIN DALLA NASCITA È DISPONIBILE ALLA STIMOLAZIONE NECESSARIA PER FORNIRE LA MATERIA PRIMA PER LA MATURAZIONE DEI PROCESSI SENSO-MOTORI PERCETTIVI COGNITIVI
  • 26. DANIEL STERN AFFERMA CHE LA SUA TEORIA HA MOLTO IN COMUNE CON  TEORIA PSICOANALITICA TRADIZIONALE  TEORIA DELL’ATTACCAMENTO MA NE DIFFERISCE PERCHÉ ASSUME COME PRINCIPIO ORGANIZZATORE IL SENSO SOGGETTIVO DEL SÈ
  • 27. DANIEL STERN LE CAPACITÀ DEL BAMBINO SONO ORGANIZZATE E TRASFORMATE IN PROSPETTIVE SOGGETTIVE ORGANIZZANTI IL SENSO DEL SÉ E DELL’ALTRO IL SENSO DEL SÉ VIENE VISTO COME UN’ESPERIENZA SOGGETTIVA ORGANIZZANTE
  • 28. DANIEL STERN Ognuno dei sensi del Sé emerge in congiunzione con le nuove capacità che accompagnano i cambiamenti dello sviluppo infantile precoce Pur emergendo in momenti SENSI DEL SÈ successivi, Stern ritiene che operino contemporaneamente per tutto il corso della vita Rappresentano forme diverse e specifiche di fare esperienza di Sé e delle relazioni interpersonali
  • 29. Innovazioni di Stern Contesta radicalmente la nozione di fasi evolutive collegate a specifiche entità cliniche (es. oralità, attaccamento, autonomia, indipendenza, fiducia). Preferisce parlare di aspetti che permangono lungo l’intero arco della vita e che operano in ogni momento dello sviluppo. Molti “dogmi” della psicoanalisi sono applicabili solo dopo la comparsa del linguaggio: la teoria psicoanalitica non viene smentita, però Stern ritiene che non funzioni troppo bene nel primo periodo della vita (non lo riesce a descrivere adeguatamente)
  • 30. L’analisi di paralleli: Stern si muove su due livelli 1) Critica la concettualizzazione e la terminologia utilizzate dalla Mahler che a suo parere legano in maniera impropria condizioni patologiche successive, come l’autismo e la simbiosi, a periodi evolutivi normali, riflettendo quella che egli considera una visione patomorfica e retrospettiva dello sviluppo. 2) Inverte le tappe di questo processo proponendo un modello che sostiene fondamentalmente la precoce capacità del bambino di sperimentare l’emergere di un’organizzazione del Sé fin dai primi mesi di vita e quindi un’embrionale capacità di differenziazione tra il Sé e l’altro.
  • 31. DANIEL STERN SENSI DEL SÈ SENSO DEL SÈ VERBALE SENSO DEL SÈ SOGGETTIVO SENSO DEL SÈ NUCLEARE SENSO DEL SÈ EMERGENTE 0-2 2-6 7-15 (Età – mesi) 15-18
  • 32. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ EMERGENTE CAMPO DI RELAZIONE EMERGENTE Dalla nascita fino al 2° mese di vita avviene un processo nel quale il bambino si applica attivamente nel porre in relazione tra loro differenti esperienze, grazie anche alle capacità innate (il corpo acquisisce dati sensoriali ) Per esempio, i bambini sono capaci di percepire una forma toccando un oggetto; ciò significa che essi sanno come deve essere l’oggetto senza mai averlo visto prima
  • 33. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ NUCLEARE CAMPO DI RELAZIONE NUCLEARE Si verifica tra il 2° e il 6° mese di vita, quando il bambino avverte che lui e la madre sono entità fisiche separate, agenti distinti con distinte esperienze affettive e storie separate Il Sè fisico viene sperimentato come una entità fisica unitaria dotata di una volontà, di una vita affettiva e di una storia proprie. Esso opera al di fuori della consapevolezza: viene considerato implicito ed è difficilmente verbalizzabile
  • 34. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ NUCLEARE CAMPO DI RELAZIONE NUCLEARE Il bambino esperisce un senso di coesione relativo alle sensazioni trasmesse dal corpo. Il bambino acquisisce il senso di continuità del Sé trasversale nel tempo, nella forma di memoria dell’esperienza di sé
  • 35. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ SOGGETTIVO CAMPO DI RELAZIONE SOGGETTIVO Fra il 7° e il 9°mese di vita i bambini “scoprono” che esistono altre menti oltre alla loro, rendendo possibile un’intersoggettività tra bambino e genitore (condivisione delle intenzioni) Il bambino acquisisce la capacità di avere un oggetto comune di attenzione, di attribuire agli altri intenzioni e motivazioni e di percepirle correttamente,di attribuire agli altri degli stati d’animo e capire se sono o no conformi ai propri
  • 36. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ VERBALE CAMPO DI RELAZIONE VERBALE Tra il 15° e il 18° mese il bambino possiede una riserva personale di esperienza e di conoscenza del mondo. Questa conoscenza può essere oggettivata ed espressa in simboli che divengono veicoli di significati da comunicare attraverso il linguaggio Questo nuovo senso del Sé opera nel campo della relazione verbale e poggia su nuove capacità: la capacità di oggettivare il Sé, di essere autoriflessivi, di comprendere e produrre il linguaggio
  • 37. DANIEL STERN SENSO DEL SÉ NARRATIVO CAMPO DI RELAZIONE NARRATIVO Il Sé viene definito dalle narrative autobiografiche, che comunque includono (e sono condizionate da) alcune caratteristiche dei precedenti stadi di sviluppo del Sé. La ricostruzione in forma narrativa delle esperienze precedentemente vissute nell’ambito degli altri sensi del Sé ha probabilmente un effetto organizzante nuovo e trasformativo sull’esperienza stessa e sulla sua rappresentazione.
  • 38. DANIEL STERN GLI STUDI DI STERN MOSTRANO COME LO SVILUPPO DELL’ORGANIZZAZIONE E DELLA REGOLAZIONE DELL’ESPERIENZA AVVENGA ALL’INTERNO DI UN SISTEMA RECIPROCA DI INFLUENZA MADRE-BAMBINO ALL’INTERNO DI TALE SISTEMA IL BAMBINO ACQUISISCE UNA PROPRIA CAPACITÀ DI REGOLAZIONE DEL SÈ E FORMA LE BASI DELLA PROPRIA PERSONALITÀ
  • 39. DANIEL STERN LA STIMOLAZIONE CHE IL BAMBINO RICEVE NEL RAPPORTO CON LA MADRE GLI CONSENTE DI ELABORARE SCHEMI MENTALI DEGLI OGGETTI SONO IL RISULTATO DELL’ESPERIENZA  SENSO- MOTORIA  SENSO- PERCETTIVA RELATIVA ALL’OGGETTO STESSO
  • 40. DANIEL STERN I BAMBINI UTILIZZANO QUESTE CAPACITÀ RAPPRESENTATIVE ALL’INTERNO DI CONTESTI INTERATTIVI SVILUPPANO ASPETTATIVE DEI PRIMI EVENTI SOCIALI SI FORMA COSÌ LA RAPPRESENTAZIONE DELLA STRUTTURA INTERATTIVA, CIOÈ DEL MODELLO DI UNA REGOLAZIONE RECIPROCA ORGANIZZATO SECONDO PARAMETRI TEMPORALI SPAZIALI AFFETTIVI
  • 41. DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA ALLA SINTONIZZAZIONE Grande attenzione al comportamento materno nel processo di regolazione affettiva Tale meccanismo regolativo si struttura all’interno di una matrice relazionale ed è dipendente dalla capacità della madre di strutturare il repertorio di espressioni emotive e comunicative infantili L’ATTENZIONE NON VIENE POSTA UNICAMENTE SUL BAMBINO, MA SULLA RELAZIONE MADRE - BAMBINO
  • 42. DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA ALLA SINTONIZZAZIONE PRECOCE ATTIVITÀ COMUNICATIVA DEL BAMBINO secondo la definizione data dalla teoria dell’attaccamento RISPOSTA PRONTA E ADEGUATA AI BISOGNI DEL BAMBINO ha portato A UN RIPENSAMENTO RELATIVAMENTE AL RUOLO SVOLTO DAL CAREGIVER RIGUARDO LA RESPONSIVITA’ AI SEGNALI DEL LATTANTE
  • 43. DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA ALLA SINTONIZZAZIONE CONCETTO DI RESPONSIVITÀ RIPRESO E INTEGRATO NEL COSTRUTTO PIÙ AMPIO DI AFFECT ATTUNEMENT (Stern, 1985) CAPACITÀ MATERNA DI ANDARE OLTRE LA SEMPLICE IMITAZIONE DEL COMPORTAMENTO INFANTILE E DI SINTONIZZARSI CONDIVIDENDO LO STATO EMOTIVO DEL BAMBINO
  • 44. DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA ALLA SINTONIZZAZIONE Attraverso la sintonizzazione emotiva la madre non solo rispecchia il comportamento espressivo e motorio del bambino (primo semestre di vita), ma lo ritraduce in differenti modalità espressive. Sulla base di questo scambio il bambino impara a modulare le proprie risposte comportamentali ed emotive, come se agisse all’unisono con la madre e facessero parte di un loro mondo, di uno spazio sentito (companion space, Brazelton, 1998).
  • 45. DALLA RESPONSIVITÀ MATERNA ALLA SINTONIZZAZIONE Il punto di vista soggettivo del bambino in interazione con il caregiver è la base per la concettualizzazione degli SCHEMI-DI-ESSERE-CON Rappresentazioni che contengono un protocopione con un agente, un’azione, degli strumenti per compiere l’azione e un contesto (Fonagy & Target, p. 325 esempio madre depressa)
  • 46. RESPONSIVITÀ, EMOZIONI E FUNZIONI PARENTALI NELLA TRASMISSIONE DELL’ATTACCAMENTO La responsività in senso comportamentale rappresenta la risposta contingente del genitore ai bisogni del bambino In questa accezione la responsività appare solo parzialmente responsabile dell’associazione tra i modelli di attaccamento genitoriali e tipo di attaccamento dei bambini
  • 47. Per Haft e Slade (1989) la responsività è la capacità della madre di condividere in modo sintonico (Stern, 1985) gli affetti positivi e negativi del proprio bambino. Esiste una correlazione tra i modelli operativi interni della madre circa l’attaccamento e la sua capacità di sintonizzarsi con il figlio Per Emde il ruolo della madre è quello di “validare” le emozioni del bambino, in particolare quelle positive, attraverso il loro rispecchiamento e la loro condivisione, fornendogli in questo modo la base per la costruzione di fonti interne di fiducia
  • 48. Belsky (1991,1997), rivela come la sicurezza dei pattern di attaccamento del bambino sia collegata alla capacità della madre di effettuare scambi positivi con lui nei primi anni di vita e come questo si correli al grado di coinvolgimento del padre nella relazione con la madre Lo scarso coinvolgimento del padre sembra determinare un aumento degli scambi affettivi negativi tra madre e bambino
  • 49. I padri tendono a improntare la loro interazione con il figlio nel corso del primo anno di vita attraverso una modalità maggiormente ludica, centrata sul contatto fisico, e caratterizzata da un livello di arousal più elevato, con picchi di attivazione positiva e passaggi repentini a situazioni di pausa rispetto al livello di attivazione più regolare e prevedibile dell’interazione materna
  • 50. RESPONSIVITÀ E FUNZIONE RIFLESSIVA Fonagy (1992,1995,1999), muovendosi congiuntamente nell’ambito dell’orientamento psicoanalitico e della teoria dell’attaccamento, ha dato un contributo originale all’ipotesi relativa alla trasmissione intergenerazionale dei modelli di attaccamento La trasmissione intergenerazionale coinvolge anche le modalità difensive o elaborative che il genitore adotta verso le proprie esperienze emotive legate alle relazioni con le figure parentali della propria infanzia
  • 51. Una madre con uno stato della mente di tipo distanziante trasmetterebbe al bambino, attraverso la mancata responsività ai suoi bisogni, l’incapacità di entrare in contatto con i propri affetti, incapacità maturata nel corso delle sue relazioni infantili con le figure genitoriali, contribuendo alla costruzione del bambino stesso di un pattern attaccamento insicuro evitante Le strategie difensive adottate dai genitori nei confronti del bambino hanno nel contempo un influsso anche sulle modalità che questi ha di rappresentarsi la sua relazione con loro
  • 52. Nel caso di genitori distanzianti o preoccupanti, le rappresentazioni di sé e dell’altro che il bambino inizia a costruire insieme ai modelli operativi interni di attaccamento possono essere soggette a processi di restrizione o di distorsione dell’informazione, generando modelli multipli ed incoerenti di sé e delle figure di attaccamento Fonagy ha ipotizzato che la responsività del genitore si fondi su una funzione riflessiva del Sé attraverso la quale egli costituisce il bambino, fin dai suoi primi mesi, come oggetto di stati mentali, quali pensieri, desideri, emozioni, attribuendo al figlio appena nato una “teoria della mente” corrispondente alla propria
  • 53. Fonagy approfondisce quegli aspetti della funzione della madre che Bion e Winnicott, nell’ambito dell’orientamento psicoanalitico, hanno definito capacità di contenimento e di rèverie Bion (1962) la definisce come la duplice capacità della madre di contenere mentalmente ogni emozione di segno positivo o negativo, che il neonato le trasmette, nonché di restituirgliele trasformate ed elaborate. Se la madre non è in grado di assolvere a tale funzione, soprattutto nel caso di emozioni negative, il neonato può essere sommerso da emozioni molto intense, sperimentando in condizioni estreme un terrore senza nome. nome
  • 54. Secondo Winnicott (1965), l’incapacità della madre di funzionare in modo sufficientemente buono, soddisfacendo e fornendo un contenimento ai bisogni emotivi del figlio, può provocare nel bambino ansie “impensabili”, quali il sentimento di andare in pezzi, di essere senza orientamento, di precipitare senza limiti, influenzando i suoi processi di costruzione e integrazione dei primi nuclei del sé.
  • 55. Secondo Fonagy, il genitore con un modello operativo interno di tipo sicuro dispiega una funzione riflessiva nei confronti del figlio, contribuendo a renderlo capace di esplorare senza deformazioni e restrizioni i propri stati mentali. Un genitore, invece, con un modello di attaccamento di tipo insicuro, non rappresentandosi il bambino compiutamente come un soggetto di stati mentali, non sarebbe in grado di tollerarne le emozioni, costringendolo in questo modo a sacrificarne l’espressione pur di mantenere il proprio legame di attaccamento.
  • 56. La trasmissione dei modelli di attaccamento ha come mediatore privilegiato la funzione riflessiva del Sé del genitore. Il bambino a contatto con un genitore con un’adeguata funzione riflessiva non solo può interiorizzare a livello intrapsichico un’istanza parentale che è in grado di contenere e trasformare i suoi stati emotivi, ma che è anche in grado di “pensarlo” e quindi di rifletterne l’immagine come soggetto di stati mentali. Il bambino, in questo modo, può trovare se stesso nell’altro.
  • 57. La funzione riflessiva del Sé della madre o del padre diventa, quindi, un fattore protettivo per la trasmissione della sicurezza dell’attaccamento, anche nel caso in cui il bambino si trovi in contesti familiari “a rischio”, implicanti vari tipi di deprivazione sociale e affettiva. Fonagy, nel 1999, evidenzia che i MOI sicuri o insicuri non sono acquisizioni definitive nella vita mentale infantile e adulta, ma stati della mente suscettibili di continue oscillazioni. Il caregiver ha la funzione di agevolare nel bambino il passaggio da uno stato mentale di base (inizialmente insicuro) a una prevalenza di stati sicuri, che gli permetteranno l’esplorazione dell’ambiente circostante e del proprio mondo interno.