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Riflessioni sul programma JSF F35
1. Negli anni 50 gli aerei militari sono stati praticamente donati dagli USA
all’Italia; li abbiamo pagati in altro modo ovviamente. Questo ha comportato
il rapido tramonto dell’industria aeronautica italiana e di ogni capacità
progettativa autonoma sopravvissute alla guerra. Si trattava di un
complesso certamente sovradimensionato alle esigenze di quegli anni ma
con una grande storia fatta di brillanti realizzazioni tecniche che avevano
marcato lo sviluppo dell’aviazione mondiale della prima metà del 900.
2. Negli anni 60 abbiamo cominciato a produrre in proprio, però quasi
esclusivamente su licenza americana. L’industria aeronautica è così
potuta rinascere su basi moderne e razionali ma solo per gli aspetti
manifatturieri, essendo limitata al minimo ogni attività progettativa.
3. Dagli anni 70 abbiamo cominciato a progettare, oltre che a produrre in
Italia i nostri aerei, tramite consorzi industriali europei. Così sono stati
realizzati il Tornado e, successivamente, l’Eurofighter. Alle nostre
industrie venivano garantite quote di lavoro progettativo e costruttivo
proporzionali alla partecipazione dell’Italia al programma (principio del
Cost sharing=Work sharing). Un sistema economicamente oneroso, infatti
ha richiesto grandi investimenti pubblici ma allo stesso tempo ha consentito
la crescita tecnologica dell’industria aeronautica italiana in quanto,
nonostante si fosse responsabili solamente di una parte del progetto,
vi era piena visibilità di tutti gli aspetti del programma. La critica che da
talune parti veniva mossa a questo tipo di attività consortile era che non
stimolava l’industria nazionale a competere sul mercato.
4. Alla metà degli anni 90 è apparso un programma americano innovativo: il
JSF. Questo:
• Era annunciato come poco costoso, (si parlava di cfre tra i 38 ed i 60 M $
a pezzo) in quanto avrebbe capitalizzato gli investimenti e le tecnologie USA
già sviluppate per l’F117 e l’F22;
• Appariva una eccellente opportunità per l’Italia per acquisire
tecnologie innovative;
• Le modalità di partecipazione apparivano ugualmente innovative. Nulla era
garantito in termini di lavoro e non vi era diretta rispondenza fra il numero di
aerei acquisiti e la quota di lavoro da assegnare all’industria italiana. Però se
questa fosse risultata abbastanza competitiva avrebbe potuto acquisire
lavoro anche in eccedenza.
Il JSF appariva quindi una ottima occasione per spingere la nostra industria
verso la competività. Proprio su basi essenzialmente di strategia economica e
industriale venne deciso di pagare una sorta di ticket di adesione agli americani
del valore di oltre un miliardo di $ per far competere le nostre industrie per quote
di attività nel programma.
Purtroppo non è andata così perche’;.
a)-I costi sono lievitati notevolmente, sia quelli di sviluppo che quelli previsti di
acquisizione e di mantenimento, cosa peraltro prevedibile per mezzi di tale
complessità tecnologica.
b)-La competizione industriale che avrebbe dovuto essere aperta e basata
esclusivamente su parametri tecnici ed economici, non lo è stata. Hanno
pesato a nostro sfavore un oggettivo differenziale di dimensioni fra l’industria
USA e quella italiana, ma soprattutto, i vincoli di segretezza posti dal
Congresso su moltissime parti del progetto che devono rimanere di
esclusiva pertinenza americana.
Di fatto siamo stati esclusi dalle aree tecnologiche più appetibili ( motore,
guerra elettronica, radar ed altri sensori, integrazione dei sistemi elettronici
di bordo e stealth )
Ad oggi la quota di lavoro portata a casa è ampiamente inferiore al ticket di oltre
un miliardo di $ già pagato, e il futuro non è roseo.
Inoltre, come Italia, abbiamo molto insistito per costruire la FACO ( Final Check
Out and Overhaul) a Cameri, investendovi più di un miliardo di Euro. Di fatto è
uno stabilimento costruito ex-novo con fondi pubblici che rappresenta una
duplicazione produttiva, vista male dagli americani, e destinata nelle nostre
intenzioni ad assemblare i velivoli italiani ( 90 ) e eventualmente quelli di altri
paesi, ma nulla al momento è garantito. Nulla è inoltre garantito circa la
nostra aspirazione di poter revisionare i velivoli JSF USA che saranno
dislocati in Europa. Ci saranno in futuro velivoli USA in Europa? Quanti
saranno? Saranno disposti gli USA ad inviarli alla FACO di Cameri invece
che nei loro stabilimenti americani?
A Cameri, nello stesso sito della FACO, Finmeccanica ha avviato la costruzione
delle ali ( nell’ordine del migliaio ??) che è riuscita ad aggiudicarsi. Anche se
apprezzabile come lavoro, si tratta comunque di lavoro manufatturiero su
tecnologia gia’ conosciuta dallo Eurofighter.
Il JSF comunque, superati i normali problemi tecnici che comporteranno un
ulteriore inevitabile aumento di costi, sarà sicuramente un progetto formidabile
per le dimensioni economiche e per le capacità operative.
Per noi forse troppo!
Bisogna sempre tenere presente che il JSF è il progetto di una superpotenza
pensato per un possibile confronto militare, nei prossimi 30/40 anni, con altre
grandi potenze (Cina, India, Russia, Indonesia……..) e non certo con i Paesi del
Mediterraneo o dei Balcani che rientrano nel nostro orizzonte. Onestamente è
difficile immaginare l’Italia, con i vincoli posti dalla sua Costituzione e con il suo
livello di ambizione, affiancare gli USA in confronti militari dei massimi livelli. Il
nostro orizzonte è più limitato e per tali potenziali avversari quello che abbiamo in
termini di mezzi aerei e quello che è in via di immissione in servizio ( gli
Eurofighter degli ultimi lotti devono ancora essere consegnati ) basta e
avanza.
E’ significativo che né Francia né Germania partecipano al JSF, solo UK fra
le potenze della nostra dimensione è nel programma; da notare però che UK ha
un bilancio della difesa che è tre volte il nostro ed inoltre ha un rapporto unico
con gli USA.
Germania e Francia progettano quindi il futuro delle loro aeronautiche su un
unico caccia (Eurofighter e Rafale rispettivamente). Noi, meno ricchi e più
“malandati”, su due: Eurofighter e JSF rendendo evidente anche ai profani
gli sprechi derivanti dalle duplicazioni manutentive, addestrative e di
supporto che questo comporterà.
Bisogna tenere presente infine che con il JSF la nostra industria aeronautica
retrocede agli anni 60, vanificando gran parte della crescita tecnologica e
progettativa acquisita faticosamente con i grandi investimenti pubblici
effettuati nei programmi europei Tornado e Eurofighter .
Che fare quindi?
A malincuore per i soldi già spesi appare ora ragionevole negoziare l’abbandono
del programma. I pochi JSF necessari per la portaerei della Marina, sempre che
sia sensato per l’Italia avere uno strumento con tali capacità, si possono
comprare direttamente dagli USA e solo verso la meta’ degli anni venti!!.
L’Aeronautica dovrebbe essere dimensionata per un solo caccia: l’Eurofighter
che è nuovissimo (gli esemplari più evoluti come già detto sono tutt’ora in
consegna). Potrebbero esserne acquisiti altri per garantire lavoro alla nostra
industria e per sostituire i Tornado e gli AMX che gradualmente usciranno di
linea dall’inizio della prossima decade. Ovviamente saranno in numero molto
limitato in quanto le capacità degli Eurofighter sono di gran lunga superiori
ai velivoli che sostituiranno e non ha senso una sostituzione uno a uno.
Tutti, oppure una aliquota di Eurofighter dovrebbero essere equipaggiati per
operazioni di attacco al suolo in maniera da avere tutto lo spettro delle
capacità necessarie.
Avremo così una Aeronautica meno ambiziosa ma anche meno costosa essendo
basata su una sola linea di velivoli da combattimento; quel che più conta è che
avremo una Aeronautica maggiormente in linea con la realtà del nostro Paese.
Così facendo non ipotecheremo il futuro oltre che economicamente anche con
delle scelte tecniche che sarebbero decisamente in favore di mezzi aerei pilotati.
Molte delle aeronautiche infatti stanno seguendo gli sviluppi dei “droni” in
particolare degli UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicle ) cui devolvere in
futuro, in tutto o in parte, le missioni di attacco al suolo.
L’Italia è stata ed è all’avanguardia in Europa nell’utilizzo di droni, sebbene solo
per ricognizione. La nostra Industria è attualmente partner in progetti europei di
sviluppo di UCAV. Conviene quindi, anche per questa ultima ragione,
mantenersi le mani libere per una molto probabile diffusione massiva di
UCAV e non ipotecare i prossimi 40 anni dell’Aeronautica italiana con il
JSF.

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f35

  • 1. Riflessioni sul programma JSF F35 1. Negli anni 50 gli aerei militari sono stati praticamente donati dagli USA all’Italia; li abbiamo pagati in altro modo ovviamente. Questo ha comportato il rapido tramonto dell’industria aeronautica italiana e di ogni capacità progettativa autonoma sopravvissute alla guerra. Si trattava di un complesso certamente sovradimensionato alle esigenze di quegli anni ma con una grande storia fatta di brillanti realizzazioni tecniche che avevano marcato lo sviluppo dell’aviazione mondiale della prima metà del 900. 2. Negli anni 60 abbiamo cominciato a produrre in proprio, però quasi esclusivamente su licenza americana. L’industria aeronautica è così potuta rinascere su basi moderne e razionali ma solo per gli aspetti manifatturieri, essendo limitata al minimo ogni attività progettativa. 3. Dagli anni 70 abbiamo cominciato a progettare, oltre che a produrre in Italia i nostri aerei, tramite consorzi industriali europei. Così sono stati realizzati il Tornado e, successivamente, l’Eurofighter. Alle nostre industrie venivano garantite quote di lavoro progettativo e costruttivo proporzionali alla partecipazione dell’Italia al programma (principio del Cost sharing=Work sharing). Un sistema economicamente oneroso, infatti ha richiesto grandi investimenti pubblici ma allo stesso tempo ha consentito la crescita tecnologica dell’industria aeronautica italiana in quanto, nonostante si fosse responsabili solamente di una parte del progetto, vi era piena visibilità di tutti gli aspetti del programma. La critica che da talune parti veniva mossa a questo tipo di attività consortile era che non stimolava l’industria nazionale a competere sul mercato. 4. Alla metà degli anni 90 è apparso un programma americano innovativo: il JSF. Questo: • Era annunciato come poco costoso, (si parlava di cfre tra i 38 ed i 60 M $ a pezzo) in quanto avrebbe capitalizzato gli investimenti e le tecnologie USA già sviluppate per l’F117 e l’F22; • Appariva una eccellente opportunità per l’Italia per acquisire tecnologie innovative; • Le modalità di partecipazione apparivano ugualmente innovative. Nulla era garantito in termini di lavoro e non vi era diretta rispondenza fra il numero di aerei acquisiti e la quota di lavoro da assegnare all’industria italiana. Però se
  • 2. questa fosse risultata abbastanza competitiva avrebbe potuto acquisire lavoro anche in eccedenza. Il JSF appariva quindi una ottima occasione per spingere la nostra industria verso la competività. Proprio su basi essenzialmente di strategia economica e industriale venne deciso di pagare una sorta di ticket di adesione agli americani del valore di oltre un miliardo di $ per far competere le nostre industrie per quote di attività nel programma. Purtroppo non è andata così perche’;. a)-I costi sono lievitati notevolmente, sia quelli di sviluppo che quelli previsti di acquisizione e di mantenimento, cosa peraltro prevedibile per mezzi di tale complessità tecnologica. b)-La competizione industriale che avrebbe dovuto essere aperta e basata esclusivamente su parametri tecnici ed economici, non lo è stata. Hanno pesato a nostro sfavore un oggettivo differenziale di dimensioni fra l’industria USA e quella italiana, ma soprattutto, i vincoli di segretezza posti dal Congresso su moltissime parti del progetto che devono rimanere di esclusiva pertinenza americana. Di fatto siamo stati esclusi dalle aree tecnologiche più appetibili ( motore, guerra elettronica, radar ed altri sensori, integrazione dei sistemi elettronici di bordo e stealth ) Ad oggi la quota di lavoro portata a casa è ampiamente inferiore al ticket di oltre un miliardo di $ già pagato, e il futuro non è roseo. Inoltre, come Italia, abbiamo molto insistito per costruire la FACO ( Final Check Out and Overhaul) a Cameri, investendovi più di un miliardo di Euro. Di fatto è uno stabilimento costruito ex-novo con fondi pubblici che rappresenta una duplicazione produttiva, vista male dagli americani, e destinata nelle nostre intenzioni ad assemblare i velivoli italiani ( 90 ) e eventualmente quelli di altri paesi, ma nulla al momento è garantito. Nulla è inoltre garantito circa la nostra aspirazione di poter revisionare i velivoli JSF USA che saranno dislocati in Europa. Ci saranno in futuro velivoli USA in Europa? Quanti saranno? Saranno disposti gli USA ad inviarli alla FACO di Cameri invece che nei loro stabilimenti americani? A Cameri, nello stesso sito della FACO, Finmeccanica ha avviato la costruzione delle ali ( nell’ordine del migliaio ??) che è riuscita ad aggiudicarsi. Anche se apprezzabile come lavoro, si tratta comunque di lavoro manufatturiero su tecnologia gia’ conosciuta dallo Eurofighter.
  • 3. Il JSF comunque, superati i normali problemi tecnici che comporteranno un ulteriore inevitabile aumento di costi, sarà sicuramente un progetto formidabile per le dimensioni economiche e per le capacità operative. Per noi forse troppo! Bisogna sempre tenere presente che il JSF è il progetto di una superpotenza pensato per un possibile confronto militare, nei prossimi 30/40 anni, con altre grandi potenze (Cina, India, Russia, Indonesia……..) e non certo con i Paesi del Mediterraneo o dei Balcani che rientrano nel nostro orizzonte. Onestamente è difficile immaginare l’Italia, con i vincoli posti dalla sua Costituzione e con il suo livello di ambizione, affiancare gli USA in confronti militari dei massimi livelli. Il nostro orizzonte è più limitato e per tali potenziali avversari quello che abbiamo in termini di mezzi aerei e quello che è in via di immissione in servizio ( gli Eurofighter degli ultimi lotti devono ancora essere consegnati ) basta e avanza. E’ significativo che né Francia né Germania partecipano al JSF, solo UK fra le potenze della nostra dimensione è nel programma; da notare però che UK ha un bilancio della difesa che è tre volte il nostro ed inoltre ha un rapporto unico con gli USA. Germania e Francia progettano quindi il futuro delle loro aeronautiche su un unico caccia (Eurofighter e Rafale rispettivamente). Noi, meno ricchi e più “malandati”, su due: Eurofighter e JSF rendendo evidente anche ai profani gli sprechi derivanti dalle duplicazioni manutentive, addestrative e di supporto che questo comporterà. Bisogna tenere presente infine che con il JSF la nostra industria aeronautica retrocede agli anni 60, vanificando gran parte della crescita tecnologica e progettativa acquisita faticosamente con i grandi investimenti pubblici effettuati nei programmi europei Tornado e Eurofighter . Che fare quindi? A malincuore per i soldi già spesi appare ora ragionevole negoziare l’abbandono del programma. I pochi JSF necessari per la portaerei della Marina, sempre che sia sensato per l’Italia avere uno strumento con tali capacità, si possono comprare direttamente dagli USA e solo verso la meta’ degli anni venti!!. L’Aeronautica dovrebbe essere dimensionata per un solo caccia: l’Eurofighter che è nuovissimo (gli esemplari più evoluti come già detto sono tutt’ora in consegna). Potrebbero esserne acquisiti altri per garantire lavoro alla nostra industria e per sostituire i Tornado e gli AMX che gradualmente usciranno di
  • 4. linea dall’inizio della prossima decade. Ovviamente saranno in numero molto limitato in quanto le capacità degli Eurofighter sono di gran lunga superiori ai velivoli che sostituiranno e non ha senso una sostituzione uno a uno. Tutti, oppure una aliquota di Eurofighter dovrebbero essere equipaggiati per operazioni di attacco al suolo in maniera da avere tutto lo spettro delle capacità necessarie. Avremo così una Aeronautica meno ambiziosa ma anche meno costosa essendo basata su una sola linea di velivoli da combattimento; quel che più conta è che avremo una Aeronautica maggiormente in linea con la realtà del nostro Paese. Così facendo non ipotecheremo il futuro oltre che economicamente anche con delle scelte tecniche che sarebbero decisamente in favore di mezzi aerei pilotati. Molte delle aeronautiche infatti stanno seguendo gli sviluppi dei “droni” in particolare degli UCAV (Unmanned Combat Aerial Vehicle ) cui devolvere in futuro, in tutto o in parte, le missioni di attacco al suolo. L’Italia è stata ed è all’avanguardia in Europa nell’utilizzo di droni, sebbene solo per ricognizione. La nostra Industria è attualmente partner in progetti europei di sviluppo di UCAV. Conviene quindi, anche per questa ultima ragione, mantenersi le mani libere per una molto probabile diffusione massiva di UCAV e non ipotecare i prossimi 40 anni dell’Aeronautica italiana con il JSF.