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SETTEMBRE 2012 CMI Customer Management Insights10
Tutta colpa del microblogging? Sì, e anche no. Tutti - utenti
agguerriti, opinion leader che “twittano” il loro pensiero, le aziende
stesse che commettono errori di valutazione - sono responsabili
delle crisi sui nuovi canali social. Per non trovarsi a gestire situazioni
incontrollabili, meglio muoversi in anticipo.
Come mostrato nella Figura 1, il servizio di microblogging1
è responsabile di oltre il 50% delle crisi, distanziando am-
piamente altri canali quali Facebook, Youtube e blog. An-
che se la dimensione del campione esaminato nello studio
è abbastanza limitata, la ricerca di Christian Faller conferma
il parere di numerosi esperti di settore, che attribuiscono a
Twitter un ruolo fondamentale per la gestione di un brand
aziendale sui social media.
I risultati sull’origine delle crisi social diventano ancora più
interessanti se confrontati con i dati della precedente analisi
di Altimeter Group (Figura 2). Siamo infatti in presenza di
una sensibile variazione nella distribuzione dei canali a van-
taggio di Twitter: il servizio di microblogging passa dal 18%
al 53%, quasi triplicando la sua incidenza sulle crisi social,
mentre Facebook cresce di pochi punti percentuali.
Crisi sui Social Media:
prevenire è meglio che curare
Roberto Grossi
Da sempre uno dei temi più discussi da chi si occupa di
marketing - e uno dei banchi di prova per la gestione delle
comunicazioni aziendali - è la gestione di una crisi. Con la
crescita dei social network, le crisi sui canali “social” (le co-
siddette Social Media Crises) hanno guadagnato un posto
di rilievo tra gli argomenti maggiormente trattati in rete e
sulla letteratura specializzata: una ricerca per “social media
crisis management” su Amazon ci restituisce oltre 230 titoli
di libri. Analoga ricerca su Google fornisce oggi oltre un mi-
lione di risultati, con un’ampia casistica di esempi concreti,
quali Groupalia, McDonald’s, Volkswagen e molti altri, e di
pareri di autorevoli esperti.
Uno sguardo più approfondito su questa abbondanza di in-
formazioni rivela però che si parla in prevalenza di tattiche e
strategie da adoperare per la gestione delle crisi, dedican-
do invece poco spazio ad analizzarne le cause e origini. Co-
stituisce invece una piacevole novità lo studio “The Epicen-
ters of Social Media Crises”, tesi di laurea di Christian Faller,
in cui vengono esaminate in dettaglio alcune crisi originate
dai Social Media durante il 2011, nell’ottica di ricavare indi-
cazioni utili per le aziende che vogliano dedicare tempo e
risorse per la prevenzione di queste crisi. La ricerca analizza
crisi di 30 aziende appartenenti a diversi settori merceologi-
ci e di varia nazionalità (Chrysler, BlackBerry, PayPal, Vodafo-
ne, Adidas, ecc.), cercando di rispondere a tre fondamentali
quesiti: dove nascono le crisi social? Chi ne è l’artefice prin-
cipale? Quali sono le cause delle crisi?
I casi di studio sono stati esaminati con l’ausilio di servizi on-
line gratuiti, quali Google Trends, Trendistic, Alexa, e con-
frontati con i risultati di una precedente ricerca di Altimeter
Group (J. Owyang 2011) relativa alle crisi social avvenute tra
il 2001 e il 2011.
Dove nascono le crisi?
Sebbene per loro natura le crisi social tendano a diffonder-
si contemporaneamente su diversi canali, quasi sempre è
possibile individuare la piattaforma sulla quale è scoccata la
prima scintilla, che ha contribuito a scatenarne la diffusione
in maniera virale.
In relazione a questo quesito, lo studio ci dice che la mag-
gior parte delle crisi social del 2011 sono nate su Twitter.
Roberto Grossi
Titolare di Social Media Easy, ha una
pluriennale esperienza nel marketing
di prodotti e servizi ad alto contenuto
tecnologico. Si occupa di consulenza e
formazione alle aziende su web e social
media marketing
Figura 1: Dove nascono le crisi social (Fonte: Christian Faller, The
Epicenters of Social Media Crises”, 2012)
11SETTEMBRE 2012www.cmimagazine.it
Una prima spiegazione per questo trend risiede nel fatto
che Twitter è nato come servizio nel 2006, solo a metà del
periodo di osservazione preso in considerazione dalla ricer-
ca di Altimeter Group (2001 – 2011).
Una valutazione più approfondita ci fa però pensare che
stiamo assistendo agli effetti dello sviluppo esplosivo del
fenomeno più generale del microblogging.
Sistemi come Twitter giocano oggi un ruolo molto importan-
te nella diffusione di una crisi, in virtù di fattori quali il volu-
me e la velocità di diffusione dei messaggi. In particolare, la
filosofia della condivisione di messaggi sulle piattaforme di
microblogging rende possibile la diffusione di informazioni
in maniera estremamente veloce. Come sanno gli utenti di
Twitter più affezionati, molto spesso si tende a inoltrare un
messaggio senza nemmeno approfondirne il contenuto vi-
sitando l’eventuale link allegato, contribuendo quindi in pri-
ma persona a generare un effetto valanga. Inoltre, è ormai
risaputo che questa piattaforma vanta la maggiore densità
in rete da parte degli opinion leader, rendendo molto alta
la probabilità per un messaggio, che abbia raggiunto un in-
fluencer, di propagarsi in maniera virale.
Un ulteriore fattore da tenere in considerazione, e forse il più
importante, è che la condivisione di messaggi di microblog-
ging avviene secondo una modalità di broadcasting, quindi
un’eventuale customer experience negativa non rimane ri-
stretta e circoscritta all’interazione cliente-customer center.
Di chi è la colpa?
Come prevedibile, il cliente gioca un ruolo fondamentale
nello scatenamento di una crisi. Lo studio di Christian Faller
riporta, infatti, che in quasi il 54% dei casi sono le organiz-
zazioni dei clienti a essere i principali artefici di una crisi sui
Social Media, mentre lo sono in misura inferiore le aziende
stesse (33%) e gli stakeholder antagonisti (13%), identifican-
do con quest’ultimo termine tutte quelle organizzazioni - in
prevalenza no profit - che rappresentano interessi contrap-
posti all’impresa.
Questi numeri ci dicono comunque che il ruolo delle azien-
de nel provocare esse stesse una crisi non è trascurabile.
Anche in presenza di un’adeguata strategia aziendale di
comunicazione, la disattenzione di un singolo dipendente
inesperto può accendere la scintilla che porta al propagarsi
di una crisi sui Social Media.
Tra le 10 principali cause di una crisi, lo studio (Figura 3) ne
indica infatti alcune che possono presentarsi indipendente-
mente dalla presenza aziendale sui Social Media, quali la
violazione di principi etici (25%) o legali (4%), il comporta-
mento scorretto da parte dei dipendenti (11%), la pubblica-
zione di contenuti inappropriati (11%).
Risulterebbe quindi errato pensare che le crisi non sareb-
bero avvenute se l’azienda avesse evitato la propria parte-
cipazione ai social network. Purtroppo questa convinzione è
ancora molto diffusa tra le imprese italiane e, a nostro pare-
re, rappresenta il modo meno efficace di prevenire una crisi.
Che ci piaccia o no, i clienti hanno il megafono e condivido-
no i loro giudizi sui social network, indipendentemente dalla
nostra presenza su questi nuovi media.
Come non trasformare un semplice problema in una crisi
Alla fine di questo articolo, vogliamo condividere alcuni
suggerimenti che scaturiscono dalla lettura dello studio di
Christian Faller e dalla nostra diretta esperienza di collabo-
razione sul mercato italiano:
-	 Non pensate di poter controllare i Social Media
-	 Non sottovalutate l’impatto di Twitter e dei social network
sul brand aziendale e sul customer service
-	 Affidate la gestione delle interazioni sui social a persone
con la necessaria esperienza e competenza: la conoscenza
della sola tecnologia non è sufficiente
-	 Avviate un sistema di monitoraggio dei Social Media pri-
ma che scoppi una crisi, non dopo
-	 Non affidatevi completamente a sistemi di monitoraggio
automatici che potrebbero avere difficoltà a riconoscere
ironia, sarcasmo e manifestazioni di insoddisfazione, viste
le particolarità della lingua italiana
-	 Preparate per tempo delle procedure di escalation per le
situazioni di crisi.
Figura 2: Dove nascono le crisi social – confronto con indagine di
Altimeter Group (Fonte: Christian Faller, The Epicenters of Social
Media Crises”, 2012)
Figura 3: Le principali cause delle crisi social (Fonte: Christian
Faller, The Epicenters of Social Media Crises”, 2012)
1
Secondo Wikipedia: “Il microblogging è una forma di pubblicazione costante di piccoli contenuti in rete, sotto forma di messaggi di testo (normalmente
fino a 140 caratteri), immagini, video, audio MP3 ma anche segnalibri, citazioni, appunti. Questi contenuti vengono pubblicati in un servizio di rete sociale,
visibili a tutti o soltanto alle persone della propria comunità”.

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Crisi sui Social Media: prevenire è meglio che curare - CMI settembre 2012

  • 1. SETTEMBRE 2012 CMI Customer Management Insights10 Tutta colpa del microblogging? Sì, e anche no. Tutti - utenti agguerriti, opinion leader che “twittano” il loro pensiero, le aziende stesse che commettono errori di valutazione - sono responsabili delle crisi sui nuovi canali social. Per non trovarsi a gestire situazioni incontrollabili, meglio muoversi in anticipo. Come mostrato nella Figura 1, il servizio di microblogging1 è responsabile di oltre il 50% delle crisi, distanziando am- piamente altri canali quali Facebook, Youtube e blog. An- che se la dimensione del campione esaminato nello studio è abbastanza limitata, la ricerca di Christian Faller conferma il parere di numerosi esperti di settore, che attribuiscono a Twitter un ruolo fondamentale per la gestione di un brand aziendale sui social media. I risultati sull’origine delle crisi social diventano ancora più interessanti se confrontati con i dati della precedente analisi di Altimeter Group (Figura 2). Siamo infatti in presenza di una sensibile variazione nella distribuzione dei canali a van- taggio di Twitter: il servizio di microblogging passa dal 18% al 53%, quasi triplicando la sua incidenza sulle crisi social, mentre Facebook cresce di pochi punti percentuali. Crisi sui Social Media: prevenire è meglio che curare Roberto Grossi Da sempre uno dei temi più discussi da chi si occupa di marketing - e uno dei banchi di prova per la gestione delle comunicazioni aziendali - è la gestione di una crisi. Con la crescita dei social network, le crisi sui canali “social” (le co- siddette Social Media Crises) hanno guadagnato un posto di rilievo tra gli argomenti maggiormente trattati in rete e sulla letteratura specializzata: una ricerca per “social media crisis management” su Amazon ci restituisce oltre 230 titoli di libri. Analoga ricerca su Google fornisce oggi oltre un mi- lione di risultati, con un’ampia casistica di esempi concreti, quali Groupalia, McDonald’s, Volkswagen e molti altri, e di pareri di autorevoli esperti. Uno sguardo più approfondito su questa abbondanza di in- formazioni rivela però che si parla in prevalenza di tattiche e strategie da adoperare per la gestione delle crisi, dedican- do invece poco spazio ad analizzarne le cause e origini. Co- stituisce invece una piacevole novità lo studio “The Epicen- ters of Social Media Crises”, tesi di laurea di Christian Faller, in cui vengono esaminate in dettaglio alcune crisi originate dai Social Media durante il 2011, nell’ottica di ricavare indi- cazioni utili per le aziende che vogliano dedicare tempo e risorse per la prevenzione di queste crisi. La ricerca analizza crisi di 30 aziende appartenenti a diversi settori merceologi- ci e di varia nazionalità (Chrysler, BlackBerry, PayPal, Vodafo- ne, Adidas, ecc.), cercando di rispondere a tre fondamentali quesiti: dove nascono le crisi social? Chi ne è l’artefice prin- cipale? Quali sono le cause delle crisi? I casi di studio sono stati esaminati con l’ausilio di servizi on- line gratuiti, quali Google Trends, Trendistic, Alexa, e con- frontati con i risultati di una precedente ricerca di Altimeter Group (J. Owyang 2011) relativa alle crisi social avvenute tra il 2001 e il 2011. Dove nascono le crisi? Sebbene per loro natura le crisi social tendano a diffonder- si contemporaneamente su diversi canali, quasi sempre è possibile individuare la piattaforma sulla quale è scoccata la prima scintilla, che ha contribuito a scatenarne la diffusione in maniera virale. In relazione a questo quesito, lo studio ci dice che la mag- gior parte delle crisi social del 2011 sono nate su Twitter. Roberto Grossi Titolare di Social Media Easy, ha una pluriennale esperienza nel marketing di prodotti e servizi ad alto contenuto tecnologico. Si occupa di consulenza e formazione alle aziende su web e social media marketing Figura 1: Dove nascono le crisi social (Fonte: Christian Faller, The Epicenters of Social Media Crises”, 2012)
  • 2. 11SETTEMBRE 2012www.cmimagazine.it Una prima spiegazione per questo trend risiede nel fatto che Twitter è nato come servizio nel 2006, solo a metà del periodo di osservazione preso in considerazione dalla ricer- ca di Altimeter Group (2001 – 2011). Una valutazione più approfondita ci fa però pensare che stiamo assistendo agli effetti dello sviluppo esplosivo del fenomeno più generale del microblogging. Sistemi come Twitter giocano oggi un ruolo molto importan- te nella diffusione di una crisi, in virtù di fattori quali il volu- me e la velocità di diffusione dei messaggi. In particolare, la filosofia della condivisione di messaggi sulle piattaforme di microblogging rende possibile la diffusione di informazioni in maniera estremamente veloce. Come sanno gli utenti di Twitter più affezionati, molto spesso si tende a inoltrare un messaggio senza nemmeno approfondirne il contenuto vi- sitando l’eventuale link allegato, contribuendo quindi in pri- ma persona a generare un effetto valanga. Inoltre, è ormai risaputo che questa piattaforma vanta la maggiore densità in rete da parte degli opinion leader, rendendo molto alta la probabilità per un messaggio, che abbia raggiunto un in- fluencer, di propagarsi in maniera virale. Un ulteriore fattore da tenere in considerazione, e forse il più importante, è che la condivisione di messaggi di microblog- ging avviene secondo una modalità di broadcasting, quindi un’eventuale customer experience negativa non rimane ri- stretta e circoscritta all’interazione cliente-customer center. Di chi è la colpa? Come prevedibile, il cliente gioca un ruolo fondamentale nello scatenamento di una crisi. Lo studio di Christian Faller riporta, infatti, che in quasi il 54% dei casi sono le organiz- zazioni dei clienti a essere i principali artefici di una crisi sui Social Media, mentre lo sono in misura inferiore le aziende stesse (33%) e gli stakeholder antagonisti (13%), identifican- do con quest’ultimo termine tutte quelle organizzazioni - in prevalenza no profit - che rappresentano interessi contrap- posti all’impresa. Questi numeri ci dicono comunque che il ruolo delle azien- de nel provocare esse stesse una crisi non è trascurabile. Anche in presenza di un’adeguata strategia aziendale di comunicazione, la disattenzione di un singolo dipendente inesperto può accendere la scintilla che porta al propagarsi di una crisi sui Social Media. Tra le 10 principali cause di una crisi, lo studio (Figura 3) ne indica infatti alcune che possono presentarsi indipendente- mente dalla presenza aziendale sui Social Media, quali la violazione di principi etici (25%) o legali (4%), il comporta- mento scorretto da parte dei dipendenti (11%), la pubblica- zione di contenuti inappropriati (11%). Risulterebbe quindi errato pensare che le crisi non sareb- bero avvenute se l’azienda avesse evitato la propria parte- cipazione ai social network. Purtroppo questa convinzione è ancora molto diffusa tra le imprese italiane e, a nostro pare- re, rappresenta il modo meno efficace di prevenire una crisi. Che ci piaccia o no, i clienti hanno il megafono e condivido- no i loro giudizi sui social network, indipendentemente dalla nostra presenza su questi nuovi media. Come non trasformare un semplice problema in una crisi Alla fine di questo articolo, vogliamo condividere alcuni suggerimenti che scaturiscono dalla lettura dello studio di Christian Faller e dalla nostra diretta esperienza di collabo- razione sul mercato italiano: - Non pensate di poter controllare i Social Media - Non sottovalutate l’impatto di Twitter e dei social network sul brand aziendale e sul customer service - Affidate la gestione delle interazioni sui social a persone con la necessaria esperienza e competenza: la conoscenza della sola tecnologia non è sufficiente - Avviate un sistema di monitoraggio dei Social Media pri- ma che scoppi una crisi, non dopo - Non affidatevi completamente a sistemi di monitoraggio automatici che potrebbero avere difficoltà a riconoscere ironia, sarcasmo e manifestazioni di insoddisfazione, viste le particolarità della lingua italiana - Preparate per tempo delle procedure di escalation per le situazioni di crisi. Figura 2: Dove nascono le crisi social – confronto con indagine di Altimeter Group (Fonte: Christian Faller, The Epicenters of Social Media Crises”, 2012) Figura 3: Le principali cause delle crisi social (Fonte: Christian Faller, The Epicenters of Social Media Crises”, 2012) 1 Secondo Wikipedia: “Il microblogging è una forma di pubblicazione costante di piccoli contenuti in rete, sotto forma di messaggi di testo (normalmente fino a 140 caratteri), immagini, video, audio MP3 ma anche segnalibri, citazioni, appunti. Questi contenuti vengono pubblicati in un servizio di rete sociale, visibili a tutti o soltanto alle persone della propria comunità”.