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Breve analisi economica di un’impresa illecita: l’impresa
                                                     mafiosa.
                                                                                     di Ghelli Luca
         Sul piano definitorio, può dirsi illecita quell’impresa in cui l’illiceità caratterizza l’attività in
quanto tale, così che o il suo oggetto o il suo fine perseguito sono contrari a norma imperative,
all’ordine pubblico o al buon costume. Pertanto, è illecita sia l’impresa che utilizza beni strumentali
illeciti sia quella che produce o scambia beni o servizi la cui produzione o il cui scambio non sono
consentiti in ragione della Legge o addirittura sono contrari al buon costume. Il fine dell’impresa va
inteso, in tale contesto, come l’orientamento complessivo della sua attività, la quale concerne
effettività e concretezza. L’illiceità può riguardare singoli atti d’impresa o l’impresa nella sua totalità.
Nella prima ipotesi, il divieto normativo colpisce comportamenti che costituiscono solo elementi
specifici; nella seconda il comportamento vietato coincide con l’impresa stessa, investendola nella sua
interezza.
     L’impresa mafiosa, una definizione
         Le classiche definizioni di criminalità economica sono incentrate principalmente sulla figura
dell’autore del reato, tipicamente il cosiddetto colletto bianco, e non vanno a considerare, come invece
dovrebbero, le fattispecie organizzative che rappresentano oggi il fulcro dei comportamenti criminali,
specie allorquando trattasi di strutture societarie all’apparenza legali. Si assiste, infatti, al proliferare di
quel fenomeno per cui attività criminali e criminali stessi vanno a confondersi in maniera camaleontica
con attività “legali”, in settori dove imprese e professionisti operano nell’alveo della legalità. Utilizzando
un enunciato assai noto in dottrina, possiamo affermare che “la criminalità organizzata, prima ancora di
essere un’associazione fra persone con intenti criminali, è una formula organizzativa che il più delle
volte assume la forma dell’impresa”.1
         La più tristemente nota fra le realtà sopra descritte, è indubbiamente l’impresa mafiosa, la
quale può essere definita come quella tipologia particolare di impresa illecita in cui le associazioni
mafiose (Mafia, Camorra, Sacra Corona Unita, ’ndrangheta)2 svolgono attività a carattere produttivo,
commerciale e finanziario, per lo più ad oggetto lecito, mediante l’utilizzo di capitali di provenienza
illecita. La motivazione alla base della creazione di un’impresa di questo tipo risiede nel fatto che si
vengono a creare opportunità in cui è possibile massimizzare i profitti e al contempo minimizzare i
rischi. La criminalità economica è, infatti, generalmente più difficile da investigare ed è spesso
sanzionata con pene meno severe rispetto a quelle previste per i reati tradizionali, permettendo altresì
1
  Bini, Il polimorfismo dell'impresa criminale,1997pp 1-14.
2
 Ai fini della trattazione, quando si parlerà d’ora in poi di impresa mafiosa e di mafia, per comodità, si intenderanno tutte
queste organizzazioni.

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guadagni estremamente più elevati rispetto a questi ultimi. La formazione dell’impresa mafiosa è
dunque conseguente alla necessità di trovare canali maggiormente redditizi e meno rischiosi per il
reinvestimento di capitali “sporchi”. Il fatto che la criminalità organizzata assuma una veste economico-
finanziaria costituisce certamente un salto di qualità della contrapposizione frontale con lo Stato.
         Le dinamiche che portano al fenomeno dell’impresa mafiosa partono dalla seconda metà degli
anni sessanta, da quando cioè la vecchia mafia passa da istituzione di mutuo soccorso che creava nei
quartieri sicurezza e protezione a “mafia imprenditrice”3.
         Tale tipologia d’impresa, presenta alcune caratteristiche peculiari, altamente interrelate fra
loro, che la distinguono chiaramente rispetto all’impresa “normale”; vediamole:
               L’impresa mafiosa non persegue un profitto economico bensì una forma di rendita
                   mediante l’esercizio del potere e dunque di una “attività militare”
               Cerca dapprima di assicurarsi il monopolio territoriale e solo in seguito ricorre a forme
                   di alleanza per tentare di espandere il proprio dominio
               Oltre al classico rischio d’impresa, deve anche fronteggiare il rischio rappresentato dalla
                   lotta dello Stato
               Mantiene distinto il profilo criminale da quello più semplicemente illegale degli affari,
                   ottenendo una divisione in più dimensioni;
               Si avvale prevalentemente di un sistematico coinvolgimenti di nuclei familiari e dei suoi
                   affiliati
               Le risorse necessarie all’attività svolta derivano dall’espropriazione e non dalla
                   produzione.
         Benché questi rappresentino i tratti salienti di un’impresa di questo tipo, bisogna però
rimarcare che tali organizzazioni si configurano come strutture estremamente flessibili e varie, a
seconda anche dell’ambito territoriale in cui si insediano, di modo da poter mutare nel breve periodo,
adattandosi prontamente all’evoluzione continua dei propri obiettivi che sono essenzialmente la
perenne ricerca di un monopolio territoriale stabile e duraturo. Nonostante tali affermazioni è possibile
individuare almeno tre tipologie ben definite di impresa mafiosa 4:
             i.    La prima, la più semplice, è quella collocabile all’interno della disciplina
                   dell’imprenditore occulto: la soggettività mafiosa è a capo del reale titolare dell’impresa
                   e non dell’impresa, la quale può svolgere anche attività perfettamente lecita;




3
  Pino Arlacchi - La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo - Il Mulino, Bologna 1983
4
  Ignazio Gibilaro e Claudio Marcucci – La criminalità organizzata di stampo mafioso. Evoluzioni del fenomeno e strumenti di
contrasto. – Guardia di Finanza Scuola di polizia tributaria, 1995

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ii.   La seconda, quella più frequente, ha il suo fulcro nella provenienza illecita dei capitali
                  dai quali si origina l’attività imprenditoriale e il suo scopo precipuo è quello
                  dell’investimento di denaro sporco;
           iii.   L’ultima fattispecie riguarda il caso in cui è proprio l’impresa a configurarsi come
                  soggetto mafioso, in quanto tale comportamento riguarda il suo manifestarsi nel
                  mercato.
         Ovviamente tali distinzioni sono puramente convenzionali, giacché è dimostrato dalla realtà dei
fatti come l’impresa mafiosa può manifestarsi unitariamente avendo in sé tutte e tre le tipologie sopra
descritte. Sinteticamente possiamo poi definire il processo di accumulazione mafiosa il quale consta di
tre momenti:
              1. La formazione di risorse finanziarie attraverso le più svariate attività criminali
              2. Il reinvestimento di una parte di tali risorse nel mantenimento e nella riproduzione di
                  tali attività e il riciclaggio e la “pulitura” della rimanente parte
              3. Il reinvestimento di quest’ultima parte di denaro, ormai pulito nei normali circuiti
                  finanziari e nell’economia, realizzando in tal modo l’integrazione con l’economia e la
                  finanza legali di cui si diceva in precedenza.
         A causa del ruolo rilevante che ricopre all’interno del processo in esame, sembra opportuno
soffermarsi brevemente sul concetto di riciclaggio, il quale, come vedremo poi in seguito, ha come
effetto immediato quello di alterare il ciclo economico, distorcendo i normali meccanismi di accumulo
della ricchezza e di approvvigionamento delle fonti di finanziamento. Il fenomeno del riciclaggio, punito
dall’ordinamento italiano in ossequio all’art. 648 bis del Codice Penale, è quell’insieme di operazioni
mirate a rendere leciti capitali la cui provenienza è illecita, rendendone più difficile l’identificazione e il
successivo eventuale recupero. Esso sottende tre fasi essenziali. La prima è quella del collocamento nel
sistema finanziario dei fondi di provenienza illecita; la seconda è quella della pulitura, la quale inizia
quando i proventi illeciti passano dalle mani della criminalità a quelle di un intermediario finanziario
(complice o meno) di modo da allontanare i fondi dalla fonte di provenienza mediante il passaggio fra
vari istituti; la terza è la fase dell’integrazione economica o riciclaggio in senso stretto, quando cioè, una
volta tornato su un conto corrente, il denaro è pronto per essere investito collocandolo stabilmente sul
mercato. Tra le tecniche più diffuse vi è il cosiddetto commingling, cioè l’unione di capitali illeciti con
capitali leciti all’interno della stessa impresa, di modo da poter nascondere assai più facilmente l’origine
illecita dei capitali stessi.

     Un’analisi economica del fenomeno
         Osservando il fenomeno in esame da un’angolatura squisitamente economica, si può affermare
che il sistema imprenditoriale mafioso si basa essenzialmente su di un profitto monopolistico, frutto del


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trasferimento del metodo tipico della mafia nell’organizzazione aziendale e nella conduzione degli
affari. Com’è noto, nel caso di un monopolio, il monopolista consegue profitti maggiori con un livello di
produzione più basso, rispetto ad un modello di concorrenza. Evidentemente, quando si parla di
impresa mafiosa, è indubbia l’incompatibilità intrinseca tra essa ed un mercato concorrenziale. Infatti,
l’affermazione dell’impresa mafiosa non si realizza nel rispetto delle leggi tipiche del mercato, che sono
innovazione e concorrenza, bensì mediante il loro esatto contrario. Tale tipologia di impresa, non solo
non favorisce lo sviluppo dell’economia legale, ma ne impedisce tanto la formazione quanto lo sviluppo
e la sopravvivenza, imponendo regole e modelli comportamentali incompatibili che mal si conciliano
con la cultura d’impresa.
Il fatto che essa si trovi in una situazione di così forte vantaggio, essenzialmente, è dovuto ad alcuni
differenziali competitivi indebiti di cui questa gode rispetto alle altre imprese legali. Ci riferiamo in
particolare all’intimidazione mafiosa, alla compressione salariale, all’enorme disponibilità di capitale,
alla fluidità della manodopera occupata e all’illegalità senza rischio. Procediamo ad analizzarli.
        L’intimidazione mafiosa può essere considerata alla stregua di un vero e proprio fattore
produttivo esclusivo. Grazie ad esso, le imprese mafiose possono, dal lato della domanda reperire merci
e materie prime e di consumo a prezzo ridotto, dal lato dell’offerta possono ottenere commesse,
appalti e possibilità di vendita in maniera agevolata e possono infine assicurarsi il dominio del mercato
attraverso l’allontanamento di possibili concorrenti. Lo scoraggiamento della concorrenza, in
particolare, ha creato dei veri e propri monopoli zonali di settori economici e di risorse naturali che si
sono andati a sostituire al monopolio territoriale della violenza tipico delle mafie tradizionali.
        La compressione salariale si ottiene essenzialmente mediante il mancato rispetto delle
prescrizioni in materia di tutela del lavoro; il mancato pagamento dei contributi INPS e INAIL, la pratica
del lavoro nero e il mancato riconoscimento delle ore straordinarie e dei festivi fanno si che vi sia una
riduzione dei costi di produzione: l’impresa mafiosa può quindi offrire i propri prodotti e servizi ad un
prezzo inferiore e conseguentemente otterrà un aumento delle quote di mercato e quindi dei profitti. A
ciò vada ad aggiungersi la maggiore disponibilità e fluidità della manodopera, a causa dei sistemi
autoritari di cui prima, che prevedono tra l’altro una serie di controlli ed interventi anche sulla vita
extralavorativa dei dipendenti, tali da scoraggiare proteste o rivendicazioni sindacali da parte dei
lavoratori. Questi devono subire oltre salari più bassi, anche un’elevata insicurezza e irregolarità della
prestazione lavorativa. Per contro, tale oppressione, operata dal potere mafioso, aumenta i livelli di
produttività, consentendo l’estrazione di una maggiore quantità di surplus.
        La grande disponibilità di risorse finanziarie derivanti dal circuito di attività criminali sottostante
l’impresa mafiosa, fa sì che queste possano investire ingenti somme nelle proprie attività, con un costo
del credito praticamente nullo: l’impresa mafiosa non sostiene i costi del credito come avviene per le


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altre imprese. Da ciò è chiaro come ne derivi una forte solidità patrimoniale ed un’elevata capacità di
adattamento al mercato, oltre che ad un altissimo livello di liquidità.
        L’ultimo punto vuole porre l’accento su come in un sistema ove non sia presente un efficace
sistema sanzionatorio e repressivo di comportamenti illeciti, norme quali la tutela ambientale, gli
standard di qualità o la sicurezza sul lavoro manchino di effettività, allorquando un’organizzazione
come l’impresa mafiosa può scardinare il controllo dei poteri pubblici, grazie alla corruzione e al suo
potere intimidatorio, potendo così non sopportare il “costo” che la legalità richiede.
        Per l’effetto di tali vantaggi competitivi, l’impresa mafiosa tende naturalmente all’espansione,
arrivando ad essere monopolio di fatto, perseguendo un successo sleale e anticompetitivo che però
alimenta il mito della mafia, capace di creare benessere economico e sociale. In realtà si tratta di un
benessere effimero poiché le pratiche con cui è condotta l’attività d’impresa, conducono
l’organizzazione ad un inevitabile localismo: essa è forte esclusivamente nel contesto ambientale e
sociale in cui opera, deprimendo sul piano dello sviluppo i territori in cui è radicata; essa produce
inoltre un danno all’intero sistema economico, con l’espulsione di imprese efficienti dal tessuto e con la
creazione di barriere all’entrata mediante l’intimidazione, senza dimenticare la mancata produzione
d’innovazione, data l’assenza di stimoli all’efficienza. La conseguenza di tutto questo è un’economia
interamente dipendente dal potere dispotico dei criminali, senza alcun tipo di regole, instabile fino a tal
punto di minare la democrazia stessa. L’intero sistema risulta così essere inquinato, distorto, sotto tre
dimensioni essenziali: quella finanziaria, quella economica e quella sociale.
        Partendo dal primo punto di vista, ci riagganciamo al fenomeno del riciclaggio. Il sistematico
ricorso a questo strumento da parte della criminalità organizzata in generale e dell’impresa mafiosa in
particolare, ha prodotto e continua a produrre alterazioni in riferimento agli operatori, ai prodotti e alle
attività finanziarie offerte. Il necessario ricorso agli intermediari finanziari, che possono essere sia
compiacenti che ignari (tutta l’operazione avviene alla presenza di un’assoluta asimmetria informativa,
sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta), altera fortemente il mercato di settore, poiché
l’intermediario riciclatore ha accesso ad un volume di fondi estremamente maggiore recando un danno
ai propri concorrenti. Dal punto di vista dei prodotti finanziari, il coinvolgimento degli intermediari nelle
operazioni di riciclaggio influenza l’attività di erogazione dei servizi alla clientela, poiché vi è un
allontanamento dalla funzione tipica di supporto all’economia reale in favore di altre esigenze ora più
stringenti, creando addirittura quello che può essere definito come un mercato finanziario parallelo.
        Dal punto di vista economico possiamo ovviamente analizzare separatamente le variabili
microeconomiche da quelle macroeconomiche reali (risparmio, investimenti e consumi). Delle prime si
è implicitamente già parlato, discutendo dei vantaggi competitivi dell’impresa mafiosa, la quale, grazie
ad essi, distrugge il libero mercato concorrenziale per conseguire una posizione di monopolista e quindi


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una rendita di posizione, potendo ricorrere a pratiche di vendita sotto costo, prezzi predatori ed in
generale ottenere prezzi altamente competitivi sul mercato. Come detto ciò rende impossibile la
competizione e l’efficienza economica e la scomparsa delle imprese legali. Sempre implicitamente si è
già parlato degli effetti sul mercato del lavoro: l’impresa si sostituisce agli statuiti organi per la selezione
e il collocamento della manodopera e con il suo potere sfrutta attraverso l’intimidazione e la pressione i
propri dipendenti, costretti a subire continui abusi. Ciò è ancora più evidente e marcato in quei territori
che soffrono di disoccupazione “strutturale”, in cui è più semplice reclutare forza lavoro a basso costo.
Dal lato macroeconomico si possono ulteriormente distinguere gli effetti, sul comparto privato e sul
comparto pubblico. Sul comparto privato si hanno sostanzialmente una sottrazione di quote di
risparmio dai reali processi di accumulazione originaria, sia per effetto del riciclaggio che per effetto
della concorrenza che i beni illeciti fanno nei confronti di quelli ordinari, facendone lievitare i consumi;
ha luogo inoltre una fuga degli investimenti dal territorio ove l’impresa mafiosa si è insediata e il
conseguente scoraggiamento ad effettuarne di nuovi; si ha uno spostamento delle preferenze e quindi
dei consumi, passando dai beni primari a quelli di lusso, poiché il sistema risente del processo
decisionale dei percettori di reddito illegale (Dossier); infine i risparmi lievitano, poiché diminuendo il
reddito sul fronte legale, dove sono privilegiati i consumi, aumenta quello sul fronte illegale, dove è
maggiore la propensione al consumo differito. Come evidenziato da un articolo sul Sole24Ore del
14/12/95 di Centorrino, l’effetto finale aggregato è quello dell’ “equilibrio mafioso di sottoimpiego”:
l’uguaglianza di domanda ed offerta sul mercato dei beni e della moneta ad un livello inferiore rispetto
a quello normale. Sul comparto pubblico gli effetti si hanno essenzialmente sul sistema tributario, che
risente di un minor gettito fiscale dovuto alla sottrazione di risorse all’imposizione fiscale, sia dal lato
dei bilanci pubblici, poiché le imprese mafiose riescono spesso ad ottenere finanziamenti indebiti dalla
macchina statale, sottraendo risorse pubbliche che potrebbero essere destinate al benessere della
collettività e a soggetti realmente meritevoli. Sempre nel campo delle commesse pubbliche, il problema
che si vuole segnalare, oltre all’esclusione di concorrenti regolari, è quello inerente alla validità tecnica
delle infrastrutture realizzate e la qualità dei beni somministrati, che fa innalzare il rischio che queste
non raggiungano un livello di affidabilità sufficiente e che, specie nel caso di esecuzione di opere di
pubblico interesse, il lento scorrere dei lavori allunghi i tempi e dunque faccia lievitare i prezzi della
fornitura finale.

     CONCLUSIONI: ”L’inquinamento” sociale e possibili soluzioni
        Le riflessioni conclusive riguardano il fenomeno dell’inquinamento sociale che l’impresa
mafiosa provoca, il quale può essere visto come l’agglomerato risultante dall’unione delle
considerazioni fin qui svolte. Tutte le tematiche sin qui affrontate, che ci portano ad evidenziare come
l’impresa mafiosa distorca la dimensione finanziaria ed economica, mostrano come tale attività si


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traduca in un costo per la collettività. Ma se fin qui si è parlato di perdite finanziarie ed economiche,
non possiamo trascurare i costi derivanti dagli “attentati” ai patrimoni e alle iniziative personali, oltre a
quelli alla persona stessa, sia quelli concernenti l’attività di contrasto e repressione operata dalle forze
dell’ordine, per il ripristino della legalità. Nondimeno, non possiamo trascurare l’effetto distorsivo che
l’impresa mafiosa genera nelle coscienze collettive. Come affermato in precedenza, e qui si ribadisce, si
crea l’illusione della creazione di un benessere (pur effimero che sia) che attira la società civile, illusa dal
miraggio dell’occupazione, della protezione e dalla ricchezza. Non va dimenticato, infatti, che le mafie
nascono come istituzione sostitutiva dello Stato e pertanto essa si presenta come il canto della sirena
che attira coloro che sono sfiduciati verso quest’ultimo e che non credono più in esso. Il costo maggiore
quindi è rappresentato dal vacillare delle istituzioni democratiche e dal pericolo per la Democrazia
stessa.
          Data l’enorme posta in gioco, è evidente come, tra gli strumenti di contrasto alle mafie,
debbano essere presi in considerazione anche quelli idonei a creare una protezione che impedisca
all’impresa mafiosa di penetrare nel mercato. Per poter perseguire tale fine, si ricorre a due semplici
parole chiave: trasparenza e concorrenza. Grazie a questi concetti, l’ente regolatore (lo Stato nel
secondo caso e le Pubbliche Amministrazioni nel primo) può da un lato impedire l’ingresso
nell’economia regolare da parte della criminalità organizzata e dall’altro espellere quelle imprese
mafiose che già vi si sono insediate. La difesa del sistema economico passa imprescindibilmente dalla
difesa dei valori del mercato e della libera competizione, componenti fondamentali per la lotta alla
criminalità organizzata.
          Abbiamo dunque definito la trasparenza come primo elemento di contrasto all’infiltrazione
delle mafie nell’economia. È empiricamente dimostrato che il principale campo in cui si confondono
poteri dello Stato e poteri criminali è quello dei mercati il cui accesso è regolato e limitato ad una
cerchia ristretta di soggetti. In particolare ci si riferisce ai monopoli naturali o ai mercati riservati per
Legge. Come abbiamo già illustrato, è proprio nell’ambito delle commesse pubbliche che l’impresa
mafiosa trova il suo terreno fertile e per questo motivo è fondamentale che in tali contesti, le
procedure di affidamento di quest’ultime siano svolte in situazioni in cui sia garantita la massima
legalità. Il mezzo previsto dall’ordinamento è la procedura ad evidenza pubblica la quale, garantendo
trasparenza, parità di condizioni e procedure definite, realizza il fenomeno della “concorrenza per il
mercato” 5, valido contrasto all’accesso delle imprese illecite sul mercato.
          Implicazione della trasparenza è dunque la concorrenza. Abbiamo affermato che con le
procedure ad evidenza pubblica (previste per istituti quali il Partenariato pubblico privato o per


5
 Luigi Fiorentino – Attività di impresa della criminalità organizzata e distorsioni della concorrenza – Incontri seminariali su
“Cultura e legalità per lo sviluppo; l’impresa criminale organizzata e il libero mercato” 2009.

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l’affidamento dei servizi pubblici locali) si tenta di bloccare l’ingresso nel mercato delle organizzazioni
criminali e abbiamo visto come una politica di questo tipo sia propedeutica ad un aumento del livello di
concorrenza sul mercato: ciò può certamente contribuire ad espellere l’impresa mafiosa dall’economia
legale, promuovendo lo sviluppo economico locale tramite l’imprenditoria sana ed eliminando le sue
fonti di rendita, spezzando inoltre i legami esistenti tra legale ed illegale, rendendo netta la linea di
confine tra i due. È comunque evidente come per raggiungere tali obiettivi, sia imprescindibile
un’azione rigorosa e forte, e una continua vigilanza da parte dello Stato e delle autorità garanti, senza le
quale si assisterebbe a fenomeni collusivi e di corruzione e ad una continua confusione dell’impresa
mafiosa nel mercato.

Bibliografia e sitografia
          Pino Arlacchi - La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo - Il Mulino, Bologna 1983;
       Francesco Cassano – Impresa illecita e impresa mafiosa – Incontro di studio: “Nuove forme di prevenzione della
        criminalità organizzata: gli strumenti di aggressione dei profili di reato” CSM 1998;
          Dillinger.it > Dossier Palude Italia – Il crimine organizzato letto dal punto di vista economico: l’impresa criminale-
        L’articolo prende spunto dalla seguente letteratura:
             o    G. Falcone (1991) “Cose di Cosa Nostra”, Universale Rizzoli, Milano
             o    G.M. Rey (1995) “L’impresa criminale”, Laterza, Bari
             o    Laboratorio Milanese Antimafia (1993) “ Quando il crimine si organizza”, Calice ed., Roma
             o    P. Arlacchi (1983) “La mafia imprenditrice”, il Mulino, Bologna;
          Dillinger.it > Dossier Palude Italia – Crimine organizzato ed economia legale di riferimento: i fattori di minaccia al
        sistema economico- L’articolo prende spunto dalla seguente letteratura:
             o    L. Campiglio (1993): “ Le relazioni di fiducia nel mercato e nello Stato”, in “Mercati illegali e mafia” (a cura di
                  S. Zamagni), Il Mulino, Bologna
             o    G.M.Rey (1995): ” L’impresa criminale”, Laterza, Bari
             o    V.Centorrino M.: “ La mafia fa bene all’economia? Un equivoco che proprio non regge”, Il Sole 24 Ore,
                  14/12/1995
             o    G.Tullio e S.Quarella (1999): “Convergenza economica tra le regioni italiane: il ruolo della criminalità e della
                  spesa pubblica, 1960-1993”, in “Rivista di Politica Economica”, n°3, pp.77-128;
          Enzo Fantò – L’impresa a partecipazione mafiosa: economia legale ed economia criminale – Edizioni Dedalo, Bari
        1999;
          Luigi Fiorentino – Attività di impresa della criminalità organizzata e distorsioni della concorrenza – Incontri
        seminariali su “Cultura e legalità per lo sviluppo; l’impresa criminale organizzata e il libero mercato” 2009;
          Ignazio Gibilaro e Claudio Marcucci – La criminalità organizzata di stampo mafioso. Evoluzioni del fenomeno e
        strumenti di contrasto. – Guardia di Finanza Scuola di polizia tributaria, 1995;
          Filippo Labellarte – L’impresa illecita – Incontro di studi: “Secondo corso di diritto commerciale: questioni di
        diritto dell’impresa, diritto industriale e diritto societario” CSM 2002;
          Ernesto U. Savona – Economia e criminalità - Enciclopedia delle Scienze Sociali, Istituto della enciclopedia Italiana
        Treccani, Vol. IX, 2001, pp. 92-100.




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Impresa mafiosa

  • 1. Breve analisi economica di un’impresa illecita: l’impresa mafiosa. di Ghelli Luca Sul piano definitorio, può dirsi illecita quell’impresa in cui l’illiceità caratterizza l’attività in quanto tale, così che o il suo oggetto o il suo fine perseguito sono contrari a norma imperative, all’ordine pubblico o al buon costume. Pertanto, è illecita sia l’impresa che utilizza beni strumentali illeciti sia quella che produce o scambia beni o servizi la cui produzione o il cui scambio non sono consentiti in ragione della Legge o addirittura sono contrari al buon costume. Il fine dell’impresa va inteso, in tale contesto, come l’orientamento complessivo della sua attività, la quale concerne effettività e concretezza. L’illiceità può riguardare singoli atti d’impresa o l’impresa nella sua totalità. Nella prima ipotesi, il divieto normativo colpisce comportamenti che costituiscono solo elementi specifici; nella seconda il comportamento vietato coincide con l’impresa stessa, investendola nella sua interezza.  L’impresa mafiosa, una definizione Le classiche definizioni di criminalità economica sono incentrate principalmente sulla figura dell’autore del reato, tipicamente il cosiddetto colletto bianco, e non vanno a considerare, come invece dovrebbero, le fattispecie organizzative che rappresentano oggi il fulcro dei comportamenti criminali, specie allorquando trattasi di strutture societarie all’apparenza legali. Si assiste, infatti, al proliferare di quel fenomeno per cui attività criminali e criminali stessi vanno a confondersi in maniera camaleontica con attività “legali”, in settori dove imprese e professionisti operano nell’alveo della legalità. Utilizzando un enunciato assai noto in dottrina, possiamo affermare che “la criminalità organizzata, prima ancora di essere un’associazione fra persone con intenti criminali, è una formula organizzativa che il più delle volte assume la forma dell’impresa”.1 La più tristemente nota fra le realtà sopra descritte, è indubbiamente l’impresa mafiosa, la quale può essere definita come quella tipologia particolare di impresa illecita in cui le associazioni mafiose (Mafia, Camorra, Sacra Corona Unita, ’ndrangheta)2 svolgono attività a carattere produttivo, commerciale e finanziario, per lo più ad oggetto lecito, mediante l’utilizzo di capitali di provenienza illecita. La motivazione alla base della creazione di un’impresa di questo tipo risiede nel fatto che si vengono a creare opportunità in cui è possibile massimizzare i profitti e al contempo minimizzare i rischi. La criminalità economica è, infatti, generalmente più difficile da investigare ed è spesso sanzionata con pene meno severe rispetto a quelle previste per i reati tradizionali, permettendo altresì 1 Bini, Il polimorfismo dell'impresa criminale,1997pp 1-14. 2 Ai fini della trattazione, quando si parlerà d’ora in poi di impresa mafiosa e di mafia, per comodità, si intenderanno tutte queste organizzazioni. 1
  • 2. guadagni estremamente più elevati rispetto a questi ultimi. La formazione dell’impresa mafiosa è dunque conseguente alla necessità di trovare canali maggiormente redditizi e meno rischiosi per il reinvestimento di capitali “sporchi”. Il fatto che la criminalità organizzata assuma una veste economico- finanziaria costituisce certamente un salto di qualità della contrapposizione frontale con lo Stato. Le dinamiche che portano al fenomeno dell’impresa mafiosa partono dalla seconda metà degli anni sessanta, da quando cioè la vecchia mafia passa da istituzione di mutuo soccorso che creava nei quartieri sicurezza e protezione a “mafia imprenditrice”3. Tale tipologia d’impresa, presenta alcune caratteristiche peculiari, altamente interrelate fra loro, che la distinguono chiaramente rispetto all’impresa “normale”; vediamole:  L’impresa mafiosa non persegue un profitto economico bensì una forma di rendita mediante l’esercizio del potere e dunque di una “attività militare”  Cerca dapprima di assicurarsi il monopolio territoriale e solo in seguito ricorre a forme di alleanza per tentare di espandere il proprio dominio  Oltre al classico rischio d’impresa, deve anche fronteggiare il rischio rappresentato dalla lotta dello Stato  Mantiene distinto il profilo criminale da quello più semplicemente illegale degli affari, ottenendo una divisione in più dimensioni;  Si avvale prevalentemente di un sistematico coinvolgimenti di nuclei familiari e dei suoi affiliati  Le risorse necessarie all’attività svolta derivano dall’espropriazione e non dalla produzione. Benché questi rappresentino i tratti salienti di un’impresa di questo tipo, bisogna però rimarcare che tali organizzazioni si configurano come strutture estremamente flessibili e varie, a seconda anche dell’ambito territoriale in cui si insediano, di modo da poter mutare nel breve periodo, adattandosi prontamente all’evoluzione continua dei propri obiettivi che sono essenzialmente la perenne ricerca di un monopolio territoriale stabile e duraturo. Nonostante tali affermazioni è possibile individuare almeno tre tipologie ben definite di impresa mafiosa 4: i. La prima, la più semplice, è quella collocabile all’interno della disciplina dell’imprenditore occulto: la soggettività mafiosa è a capo del reale titolare dell’impresa e non dell’impresa, la quale può svolgere anche attività perfettamente lecita; 3 Pino Arlacchi - La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo - Il Mulino, Bologna 1983 4 Ignazio Gibilaro e Claudio Marcucci – La criminalità organizzata di stampo mafioso. Evoluzioni del fenomeno e strumenti di contrasto. – Guardia di Finanza Scuola di polizia tributaria, 1995 2
  • 3. ii. La seconda, quella più frequente, ha il suo fulcro nella provenienza illecita dei capitali dai quali si origina l’attività imprenditoriale e il suo scopo precipuo è quello dell’investimento di denaro sporco; iii. L’ultima fattispecie riguarda il caso in cui è proprio l’impresa a configurarsi come soggetto mafioso, in quanto tale comportamento riguarda il suo manifestarsi nel mercato. Ovviamente tali distinzioni sono puramente convenzionali, giacché è dimostrato dalla realtà dei fatti come l’impresa mafiosa può manifestarsi unitariamente avendo in sé tutte e tre le tipologie sopra descritte. Sinteticamente possiamo poi definire il processo di accumulazione mafiosa il quale consta di tre momenti: 1. La formazione di risorse finanziarie attraverso le più svariate attività criminali 2. Il reinvestimento di una parte di tali risorse nel mantenimento e nella riproduzione di tali attività e il riciclaggio e la “pulitura” della rimanente parte 3. Il reinvestimento di quest’ultima parte di denaro, ormai pulito nei normali circuiti finanziari e nell’economia, realizzando in tal modo l’integrazione con l’economia e la finanza legali di cui si diceva in precedenza. A causa del ruolo rilevante che ricopre all’interno del processo in esame, sembra opportuno soffermarsi brevemente sul concetto di riciclaggio, il quale, come vedremo poi in seguito, ha come effetto immediato quello di alterare il ciclo economico, distorcendo i normali meccanismi di accumulo della ricchezza e di approvvigionamento delle fonti di finanziamento. Il fenomeno del riciclaggio, punito dall’ordinamento italiano in ossequio all’art. 648 bis del Codice Penale, è quell’insieme di operazioni mirate a rendere leciti capitali la cui provenienza è illecita, rendendone più difficile l’identificazione e il successivo eventuale recupero. Esso sottende tre fasi essenziali. La prima è quella del collocamento nel sistema finanziario dei fondi di provenienza illecita; la seconda è quella della pulitura, la quale inizia quando i proventi illeciti passano dalle mani della criminalità a quelle di un intermediario finanziario (complice o meno) di modo da allontanare i fondi dalla fonte di provenienza mediante il passaggio fra vari istituti; la terza è la fase dell’integrazione economica o riciclaggio in senso stretto, quando cioè, una volta tornato su un conto corrente, il denaro è pronto per essere investito collocandolo stabilmente sul mercato. Tra le tecniche più diffuse vi è il cosiddetto commingling, cioè l’unione di capitali illeciti con capitali leciti all’interno della stessa impresa, di modo da poter nascondere assai più facilmente l’origine illecita dei capitali stessi.  Un’analisi economica del fenomeno Osservando il fenomeno in esame da un’angolatura squisitamente economica, si può affermare che il sistema imprenditoriale mafioso si basa essenzialmente su di un profitto monopolistico, frutto del 3
  • 4. trasferimento del metodo tipico della mafia nell’organizzazione aziendale e nella conduzione degli affari. Com’è noto, nel caso di un monopolio, il monopolista consegue profitti maggiori con un livello di produzione più basso, rispetto ad un modello di concorrenza. Evidentemente, quando si parla di impresa mafiosa, è indubbia l’incompatibilità intrinseca tra essa ed un mercato concorrenziale. Infatti, l’affermazione dell’impresa mafiosa non si realizza nel rispetto delle leggi tipiche del mercato, che sono innovazione e concorrenza, bensì mediante il loro esatto contrario. Tale tipologia di impresa, non solo non favorisce lo sviluppo dell’economia legale, ma ne impedisce tanto la formazione quanto lo sviluppo e la sopravvivenza, imponendo regole e modelli comportamentali incompatibili che mal si conciliano con la cultura d’impresa. Il fatto che essa si trovi in una situazione di così forte vantaggio, essenzialmente, è dovuto ad alcuni differenziali competitivi indebiti di cui questa gode rispetto alle altre imprese legali. Ci riferiamo in particolare all’intimidazione mafiosa, alla compressione salariale, all’enorme disponibilità di capitale, alla fluidità della manodopera occupata e all’illegalità senza rischio. Procediamo ad analizzarli. L’intimidazione mafiosa può essere considerata alla stregua di un vero e proprio fattore produttivo esclusivo. Grazie ad esso, le imprese mafiose possono, dal lato della domanda reperire merci e materie prime e di consumo a prezzo ridotto, dal lato dell’offerta possono ottenere commesse, appalti e possibilità di vendita in maniera agevolata e possono infine assicurarsi il dominio del mercato attraverso l’allontanamento di possibili concorrenti. Lo scoraggiamento della concorrenza, in particolare, ha creato dei veri e propri monopoli zonali di settori economici e di risorse naturali che si sono andati a sostituire al monopolio territoriale della violenza tipico delle mafie tradizionali. La compressione salariale si ottiene essenzialmente mediante il mancato rispetto delle prescrizioni in materia di tutela del lavoro; il mancato pagamento dei contributi INPS e INAIL, la pratica del lavoro nero e il mancato riconoscimento delle ore straordinarie e dei festivi fanno si che vi sia una riduzione dei costi di produzione: l’impresa mafiosa può quindi offrire i propri prodotti e servizi ad un prezzo inferiore e conseguentemente otterrà un aumento delle quote di mercato e quindi dei profitti. A ciò vada ad aggiungersi la maggiore disponibilità e fluidità della manodopera, a causa dei sistemi autoritari di cui prima, che prevedono tra l’altro una serie di controlli ed interventi anche sulla vita extralavorativa dei dipendenti, tali da scoraggiare proteste o rivendicazioni sindacali da parte dei lavoratori. Questi devono subire oltre salari più bassi, anche un’elevata insicurezza e irregolarità della prestazione lavorativa. Per contro, tale oppressione, operata dal potere mafioso, aumenta i livelli di produttività, consentendo l’estrazione di una maggiore quantità di surplus. La grande disponibilità di risorse finanziarie derivanti dal circuito di attività criminali sottostante l’impresa mafiosa, fa sì che queste possano investire ingenti somme nelle proprie attività, con un costo del credito praticamente nullo: l’impresa mafiosa non sostiene i costi del credito come avviene per le 4
  • 5. altre imprese. Da ciò è chiaro come ne derivi una forte solidità patrimoniale ed un’elevata capacità di adattamento al mercato, oltre che ad un altissimo livello di liquidità. L’ultimo punto vuole porre l’accento su come in un sistema ove non sia presente un efficace sistema sanzionatorio e repressivo di comportamenti illeciti, norme quali la tutela ambientale, gli standard di qualità o la sicurezza sul lavoro manchino di effettività, allorquando un’organizzazione come l’impresa mafiosa può scardinare il controllo dei poteri pubblici, grazie alla corruzione e al suo potere intimidatorio, potendo così non sopportare il “costo” che la legalità richiede. Per l’effetto di tali vantaggi competitivi, l’impresa mafiosa tende naturalmente all’espansione, arrivando ad essere monopolio di fatto, perseguendo un successo sleale e anticompetitivo che però alimenta il mito della mafia, capace di creare benessere economico e sociale. In realtà si tratta di un benessere effimero poiché le pratiche con cui è condotta l’attività d’impresa, conducono l’organizzazione ad un inevitabile localismo: essa è forte esclusivamente nel contesto ambientale e sociale in cui opera, deprimendo sul piano dello sviluppo i territori in cui è radicata; essa produce inoltre un danno all’intero sistema economico, con l’espulsione di imprese efficienti dal tessuto e con la creazione di barriere all’entrata mediante l’intimidazione, senza dimenticare la mancata produzione d’innovazione, data l’assenza di stimoli all’efficienza. La conseguenza di tutto questo è un’economia interamente dipendente dal potere dispotico dei criminali, senza alcun tipo di regole, instabile fino a tal punto di minare la democrazia stessa. L’intero sistema risulta così essere inquinato, distorto, sotto tre dimensioni essenziali: quella finanziaria, quella economica e quella sociale. Partendo dal primo punto di vista, ci riagganciamo al fenomeno del riciclaggio. Il sistematico ricorso a questo strumento da parte della criminalità organizzata in generale e dell’impresa mafiosa in particolare, ha prodotto e continua a produrre alterazioni in riferimento agli operatori, ai prodotti e alle attività finanziarie offerte. Il necessario ricorso agli intermediari finanziari, che possono essere sia compiacenti che ignari (tutta l’operazione avviene alla presenza di un’assoluta asimmetria informativa, sia dal lato della domanda che dal lato dell’offerta), altera fortemente il mercato di settore, poiché l’intermediario riciclatore ha accesso ad un volume di fondi estremamente maggiore recando un danno ai propri concorrenti. Dal punto di vista dei prodotti finanziari, il coinvolgimento degli intermediari nelle operazioni di riciclaggio influenza l’attività di erogazione dei servizi alla clientela, poiché vi è un allontanamento dalla funzione tipica di supporto all’economia reale in favore di altre esigenze ora più stringenti, creando addirittura quello che può essere definito come un mercato finanziario parallelo. Dal punto di vista economico possiamo ovviamente analizzare separatamente le variabili microeconomiche da quelle macroeconomiche reali (risparmio, investimenti e consumi). Delle prime si è implicitamente già parlato, discutendo dei vantaggi competitivi dell’impresa mafiosa, la quale, grazie ad essi, distrugge il libero mercato concorrenziale per conseguire una posizione di monopolista e quindi 5
  • 6. una rendita di posizione, potendo ricorrere a pratiche di vendita sotto costo, prezzi predatori ed in generale ottenere prezzi altamente competitivi sul mercato. Come detto ciò rende impossibile la competizione e l’efficienza economica e la scomparsa delle imprese legali. Sempre implicitamente si è già parlato degli effetti sul mercato del lavoro: l’impresa si sostituisce agli statuiti organi per la selezione e il collocamento della manodopera e con il suo potere sfrutta attraverso l’intimidazione e la pressione i propri dipendenti, costretti a subire continui abusi. Ciò è ancora più evidente e marcato in quei territori che soffrono di disoccupazione “strutturale”, in cui è più semplice reclutare forza lavoro a basso costo. Dal lato macroeconomico si possono ulteriormente distinguere gli effetti, sul comparto privato e sul comparto pubblico. Sul comparto privato si hanno sostanzialmente una sottrazione di quote di risparmio dai reali processi di accumulazione originaria, sia per effetto del riciclaggio che per effetto della concorrenza che i beni illeciti fanno nei confronti di quelli ordinari, facendone lievitare i consumi; ha luogo inoltre una fuga degli investimenti dal territorio ove l’impresa mafiosa si è insediata e il conseguente scoraggiamento ad effettuarne di nuovi; si ha uno spostamento delle preferenze e quindi dei consumi, passando dai beni primari a quelli di lusso, poiché il sistema risente del processo decisionale dei percettori di reddito illegale (Dossier); infine i risparmi lievitano, poiché diminuendo il reddito sul fronte legale, dove sono privilegiati i consumi, aumenta quello sul fronte illegale, dove è maggiore la propensione al consumo differito. Come evidenziato da un articolo sul Sole24Ore del 14/12/95 di Centorrino, l’effetto finale aggregato è quello dell’ “equilibrio mafioso di sottoimpiego”: l’uguaglianza di domanda ed offerta sul mercato dei beni e della moneta ad un livello inferiore rispetto a quello normale. Sul comparto pubblico gli effetti si hanno essenzialmente sul sistema tributario, che risente di un minor gettito fiscale dovuto alla sottrazione di risorse all’imposizione fiscale, sia dal lato dei bilanci pubblici, poiché le imprese mafiose riescono spesso ad ottenere finanziamenti indebiti dalla macchina statale, sottraendo risorse pubbliche che potrebbero essere destinate al benessere della collettività e a soggetti realmente meritevoli. Sempre nel campo delle commesse pubbliche, il problema che si vuole segnalare, oltre all’esclusione di concorrenti regolari, è quello inerente alla validità tecnica delle infrastrutture realizzate e la qualità dei beni somministrati, che fa innalzare il rischio che queste non raggiungano un livello di affidabilità sufficiente e che, specie nel caso di esecuzione di opere di pubblico interesse, il lento scorrere dei lavori allunghi i tempi e dunque faccia lievitare i prezzi della fornitura finale.  CONCLUSIONI: ”L’inquinamento” sociale e possibili soluzioni Le riflessioni conclusive riguardano il fenomeno dell’inquinamento sociale che l’impresa mafiosa provoca, il quale può essere visto come l’agglomerato risultante dall’unione delle considerazioni fin qui svolte. Tutte le tematiche sin qui affrontate, che ci portano ad evidenziare come l’impresa mafiosa distorca la dimensione finanziaria ed economica, mostrano come tale attività si 6
  • 7. traduca in un costo per la collettività. Ma se fin qui si è parlato di perdite finanziarie ed economiche, non possiamo trascurare i costi derivanti dagli “attentati” ai patrimoni e alle iniziative personali, oltre a quelli alla persona stessa, sia quelli concernenti l’attività di contrasto e repressione operata dalle forze dell’ordine, per il ripristino della legalità. Nondimeno, non possiamo trascurare l’effetto distorsivo che l’impresa mafiosa genera nelle coscienze collettive. Come affermato in precedenza, e qui si ribadisce, si crea l’illusione della creazione di un benessere (pur effimero che sia) che attira la società civile, illusa dal miraggio dell’occupazione, della protezione e dalla ricchezza. Non va dimenticato, infatti, che le mafie nascono come istituzione sostitutiva dello Stato e pertanto essa si presenta come il canto della sirena che attira coloro che sono sfiduciati verso quest’ultimo e che non credono più in esso. Il costo maggiore quindi è rappresentato dal vacillare delle istituzioni democratiche e dal pericolo per la Democrazia stessa. Data l’enorme posta in gioco, è evidente come, tra gli strumenti di contrasto alle mafie, debbano essere presi in considerazione anche quelli idonei a creare una protezione che impedisca all’impresa mafiosa di penetrare nel mercato. Per poter perseguire tale fine, si ricorre a due semplici parole chiave: trasparenza e concorrenza. Grazie a questi concetti, l’ente regolatore (lo Stato nel secondo caso e le Pubbliche Amministrazioni nel primo) può da un lato impedire l’ingresso nell’economia regolare da parte della criminalità organizzata e dall’altro espellere quelle imprese mafiose che già vi si sono insediate. La difesa del sistema economico passa imprescindibilmente dalla difesa dei valori del mercato e della libera competizione, componenti fondamentali per la lotta alla criminalità organizzata. Abbiamo dunque definito la trasparenza come primo elemento di contrasto all’infiltrazione delle mafie nell’economia. È empiricamente dimostrato che il principale campo in cui si confondono poteri dello Stato e poteri criminali è quello dei mercati il cui accesso è regolato e limitato ad una cerchia ristretta di soggetti. In particolare ci si riferisce ai monopoli naturali o ai mercati riservati per Legge. Come abbiamo già illustrato, è proprio nell’ambito delle commesse pubbliche che l’impresa mafiosa trova il suo terreno fertile e per questo motivo è fondamentale che in tali contesti, le procedure di affidamento di quest’ultime siano svolte in situazioni in cui sia garantita la massima legalità. Il mezzo previsto dall’ordinamento è la procedura ad evidenza pubblica la quale, garantendo trasparenza, parità di condizioni e procedure definite, realizza il fenomeno della “concorrenza per il mercato” 5, valido contrasto all’accesso delle imprese illecite sul mercato. Implicazione della trasparenza è dunque la concorrenza. Abbiamo affermato che con le procedure ad evidenza pubblica (previste per istituti quali il Partenariato pubblico privato o per 5 Luigi Fiorentino – Attività di impresa della criminalità organizzata e distorsioni della concorrenza – Incontri seminariali su “Cultura e legalità per lo sviluppo; l’impresa criminale organizzata e il libero mercato” 2009. 7
  • 8. l’affidamento dei servizi pubblici locali) si tenta di bloccare l’ingresso nel mercato delle organizzazioni criminali e abbiamo visto come una politica di questo tipo sia propedeutica ad un aumento del livello di concorrenza sul mercato: ciò può certamente contribuire ad espellere l’impresa mafiosa dall’economia legale, promuovendo lo sviluppo economico locale tramite l’imprenditoria sana ed eliminando le sue fonti di rendita, spezzando inoltre i legami esistenti tra legale ed illegale, rendendo netta la linea di confine tra i due. È comunque evidente come per raggiungere tali obiettivi, sia imprescindibile un’azione rigorosa e forte, e una continua vigilanza da parte dello Stato e delle autorità garanti, senza le quale si assisterebbe a fenomeni collusivi e di corruzione e ad una continua confusione dell’impresa mafiosa nel mercato. Bibliografia e sitografia  Pino Arlacchi - La mafia imprenditrice. L'etica mafiosa e lo spirito del capitalismo - Il Mulino, Bologna 1983;  Francesco Cassano – Impresa illecita e impresa mafiosa – Incontro di studio: “Nuove forme di prevenzione della criminalità organizzata: gli strumenti di aggressione dei profili di reato” CSM 1998;  Dillinger.it > Dossier Palude Italia – Il crimine organizzato letto dal punto di vista economico: l’impresa criminale- L’articolo prende spunto dalla seguente letteratura: o G. Falcone (1991) “Cose di Cosa Nostra”, Universale Rizzoli, Milano o G.M. Rey (1995) “L’impresa criminale”, Laterza, Bari o Laboratorio Milanese Antimafia (1993) “ Quando il crimine si organizza”, Calice ed., Roma o P. Arlacchi (1983) “La mafia imprenditrice”, il Mulino, Bologna;  Dillinger.it > Dossier Palude Italia – Crimine organizzato ed economia legale di riferimento: i fattori di minaccia al sistema economico- L’articolo prende spunto dalla seguente letteratura: o L. Campiglio (1993): “ Le relazioni di fiducia nel mercato e nello Stato”, in “Mercati illegali e mafia” (a cura di S. Zamagni), Il Mulino, Bologna o G.M.Rey (1995): ” L’impresa criminale”, Laterza, Bari o V.Centorrino M.: “ La mafia fa bene all’economia? Un equivoco che proprio non regge”, Il Sole 24 Ore, 14/12/1995 o G.Tullio e S.Quarella (1999): “Convergenza economica tra le regioni italiane: il ruolo della criminalità e della spesa pubblica, 1960-1993”, in “Rivista di Politica Economica”, n°3, pp.77-128;  Enzo Fantò – L’impresa a partecipazione mafiosa: economia legale ed economia criminale – Edizioni Dedalo, Bari 1999;  Luigi Fiorentino – Attività di impresa della criminalità organizzata e distorsioni della concorrenza – Incontri seminariali su “Cultura e legalità per lo sviluppo; l’impresa criminale organizzata e il libero mercato” 2009;  Ignazio Gibilaro e Claudio Marcucci – La criminalità organizzata di stampo mafioso. Evoluzioni del fenomeno e strumenti di contrasto. – Guardia di Finanza Scuola di polizia tributaria, 1995;  Filippo Labellarte – L’impresa illecita – Incontro di studi: “Secondo corso di diritto commerciale: questioni di diritto dell’impresa, diritto industriale e diritto societario” CSM 2002;  Ernesto U. Savona – Economia e criminalità - Enciclopedia delle Scienze Sociali, Istituto della enciclopedia Italiana Treccani, Vol. IX, 2001, pp. 92-100. 8