3. L’Italia al termine della I guerra mondiale
• L’Italia al termine della I guerra mondiale
presentava i problemi degli altri stati dopo il
conflitto
• La riconversione produttiva delle imprese
industriali
• Flussi commerciali difficili
• Deficit pesantissimo del bilancio statale
• Inflazione molto alta
4. Operai, contadini, ceto medio
Socialmente e politicamente
• Gli operai recuperarono la libertà d’azione rivendicativa
persa durante la guerra e lottarono per ottenre
miglioramenti salariali e più voce in capitolo dentro le
fabbriche.
inoltre erano suggestionati dalla Rivoluzione d’ottobre e in
alcuni settori mostravano velleità rivoluzionarie
• I contadini erano, alla fine della guerra, più consapevoli
dei loro diritti e decisi a farli rispettare, premendo sulle
forze politiche, affinché le promesse fatte durante il
conflitto venissero mantenute
• I ceti medi, impiegati docenti piccoli commercianti,
avevano sostenuto con forza la guerra e ne subirono le
pesanti conseguenze economiche. Erano pronti a
mobilitarsi e organizzarsi in difesa dei loro interessi e
ideali
5. La nascita del Partito Popolare
• I cattolici costruirono un partito politico, il Partito
popolare italiano, grazie soprattutto all’azione di
don Luigi Sturzo, sacerdote siciliano: 1919
• Il Ppi aveva un programma di impostazione
democratica, ma era anche legato strettamente
alla Chiesa cattolica
• Il Vaticano voleva usare il Ppi come argine rispetto
all’espansione del socialismo, ateo e materialista, e
quindi ne sostenne la nascita e il consolidamento
• Dentro il Ppi esistevano diverse “anime” : dai
Don Luigi sindacati bianchi alla corrente clerico-moderata
Sturzo • La positività del Ppi stette nel dare una
rappresentanza politica adeguata all’opinione
pubblica cattolica, che il processo risorgimentale e i
decenni postrisorgimentali avevano in parte
emarginato, per le diffidenze reciproche che
separavano liberali e cattolici
6. Il Partito socialista:
riformisti e massimalisti
• Il Partito socialista giunse a avere 200.000
tesserati nel 1920, e era la più
importante forza politica italiana, almeno
a livello numerico
• Al suo interno esso rimaneva diviso tra la
corrente riformista, minoritaria, che
guidava il gruppo parlamentare; e quella
massimalista, maggioritaria, che
esprimeva il leader del Psi, Giacinto
Serrati
Giacinto Menotti Serrati • I massimalisti orientarono l’azione del Psi
Direttore dell’”Avanti!” e
leader massimalista
verso l’obiettivo della repubblica
del Psi socialista,anche se la loro strategia era di
non di spingere per un’azione
rivoluzionaria sul modello dei bolscevichi,
bensì di attendere la rivoluzione
socialista, che ritenevano inevitabile
7. La formazione del Partito comunista
• L’ala di estrema sinistra del partito, in cui vi erano diversi giovani
intellettuali, tra cui Antonio Gramsci, Angelo Tasca e Palmiro
Togliatti e Amedeo Bordiga, avrebbe voluto “fare come in Russia”
in modo più deciso: un’azione rivoluzionaria di tipo bolscevico
• Gramsci, sardo, ma attivo a Torino, e in contatto con gli ambienti
operai più radicali, aveva costituito un gruppo politico intorno alla
rivista “L’Ordine Nuovo” , e la sua idea era di riproporre anche in
Amadeo Bordiga Italia l’esperienza dei soviet
• I soviet dovevano essere sia uno strumento di lotta alla società
borghese, sia la base per una futura repubblica socialista
• Bordiga, napoletano, riteneva invece necessario creare un partito
rivoluzionario sul modello di Lenin
• Nel 1921, dopo che i socialisti massimalisti decisero di non aderire
alle imposizioni del II congresso del Comintern e di non espellere i
riformisti dal Psi, i gruppi di Gramsci e Bordiga a Livorno, durante
Simbolo del Pcd’I
il congresso del partito, abbandonarono il Psi
• Venne costituito il Partito comunista d’Italia, che aveva una base
elettorale non ampia e un programma politico leninista
Palmiro Togliatti
8. Gli errori politici dei socialisti
• I socialisti, in quegli anni cruciali del primo dopoguerra,
commisero due fondamentali errori politici
• La radicalizzazione delle posizioni politiche sul modello
bolscevico impedì ogni collaborazione con le forze politiche
democratico - borghesi, che rifiutavano la prospettiva di una
rivoluzione russa in Italia, e soprattutto l’idea di una dittatura
del proletariato
• La condanna persistente da parte dei massimalisti
dell’esperienza bellica, dell’interventismo e di una
prospettiva politica “nazionale” provocarono la profonda
avversione verso il socialismo da parte dell’opinione
pubblica piccolo-borghese (che di quelle idee era stata
sostenitrice), e diedero argomenti antisocialisti all’azione
politica dei gruppi “nazionalisti”, che invece difendevano i
valori della vittoria
• L’effetto di questi errori strategici fu l’isolamento del
movimento operaio, forte numericamente, ma privo di
margini di azione politica.
9. La costituzione dei Fasci di combattimento
• Il 23 marzo 1919, a Milano, in Piazza S. Sepolcro, si
costituì un nuovo movimento politico, i “Fasci di
combattimento” , che per il momento si collocò a
sinistra, ma che aveva posizioni politiche più orientate
verso il nazionalismo e che rifiutava la prospettiva
politica socialista
• Il suo fondatore era il direttore del “Popolo d’Italia”
Benito Mussolini, che radunò intorno a se esponenti
politici dalle posizioni più disparate: ex combattenti, in
Piazza S.Sepolcro a Milano
primo luogo; ex socialisti; nazionalisti; sindacalisti
rivoluzionari; repubblicani
• Per quanto il movimento non avesse grande seguito, si
segnalò subito per il suo modo di intendere la politica,
che aveva come strategia l’azione diretta, anche
violenta, per l’affermazione delle idee e degli
obiettivi dei “Fasci”
• La novità emerse subito, il 15 aprile ‘19, quando
esponenti dei “Fasci” si scontrarono con un corteo
socialista a Milano e conclusero l’azione con l’incendio
della sede dell’ “Avanti!”,il quotidiano socialista
Tessera di un “Fascio”
10. Gli esiti di Versailles per l’Italia
• In questo quadro di notevole dinamismo politico interno si
inserì anche la vicenda relativa alle trattative di pace di
Versailles, nelle quali l’Italia aveva ottenuto due grossi
successi:
• 1. la dissoluzione dell’Impero asburgico, suo avversario
storico
• 2. l’annessione delle terre irredente, che completarono il
processo risorgimentale
• Orlando e Sonnino, che trattavano per l’Italia a Versailles,
non ottennero però la Dalmazia, che era stata promessa
nel patto di Londra del ‘15 all’Italia, e che andò invece alla
neonata Jugoslavia, per opera soprattutto del presidente
statunitense Wilson
• E soprattutto non ebbero la città di Fiume, anch’essa in
Dalmazia, città dove la popolazione italiana era in
maggioranza, ma che non poteva essere annessa all’Italia
sia perché fin dal Patto di Londra doveva rimanere
Nitti in una all’Impero asburgico, sia perché era in territorio jugoslavo
cartolina di • Al ritorno in Italia, Orlando si dimise a causa
propaganda dell’insuccesso e al suo posto Vittorio Emanuele III incaricò
elettorale del 1921 Francesco Saverio Nitti di formare il governo
11. La sindrome da
“vittoria mutilata”
• Una gran parte dell’opinione pubblica italiana rimase
frustrata dalla conclusione delle trattative di pace a
Versailles
• Gli ex alleati dell’Intesa erano visti come “traditori”
perché avrebbero tolto all’Italia quanto le spettava per
avere vinto la guerra
• La classe politica italiana era considerata fallimentare,
a causa della sua incapacità di difendere gli interessi
nazionali
• Il poeta Gabriele D’Annunzio promosse una campagna
di propaganda all’insegna dello slogan per il quale la
vittoria italiana era stata mutilata da quanto accaduto
a Versailles
12. La sedizione militare di Fiume
• Al termine dell’estate, il 12 settembre 1919, lo stesso
D’Annunzio si mise a capo di un gruppo eterogeneo
formato da soldati ribelli e da volontari che con una
spedizione militare occupò la città di Fiume, secondo la
strategia del “fatto compiuto”
• D’Annunzio voleva dimostrare che la capacità d’iniziativa
di minoranze ardite poteva risolvere situazioni
compromesse dallo scarso coraggio dei governi
• Il poeta dichiarò che era stata costituita la “Reggenza del
Carnaro” e proclamò che la città era stata annessa
all’Italia
• Questo fu un colpo molto duro contro lo stato liberale, in
quanto si trattava di una sedizione militare: a essa
parteciparono quadri e ufficiali dell’esercito, era sostenuta
dagli ambienti militari più reazionari
D’annunzio
“generale”
• Il governo Nitti non volle usare la forza contro i “fiumani”
a Fiume perché l’impresa ebbe un forte sostegno popolare e
militare
• La sua credibilità internazionale ne uscì compromessa, in
quanto dimostrò incapacità di far rispettare i patti
sottoscritti poche settimane prima
13. Fiume come laboratorio politico
delle dittature reazionarie degli anni ‘20 e ‘30
• L’ “impresa” di Fiume fu uno strano laboratorio
politico, in cui si trovarono mescolati: ex ufficiali con
velleità da colpo di Stato; politici in cerca di
collocazione; idealisti e avventurieri; nazionalisti e
sindacalisti rivoluzionari; esuli scontenti dagli esiti di
Versailles
• L’ala anarchica di Alceste de Ambris voleva lanciare
da Fiume l’appello a un’insurrezione in Italia, che si
sarebbe conclusa con una “marcia su Roma” per
cacciare il governo
• A Fiume furono anche “sperimentati per la prima
volta formule e rituali collettivi (adunate
coreografiche, dialoghi tra il capo carismatico e la
Francobollo
emesso a Fiume folla) che sarebbero stati applicati su ben più larga
durante scala dai movimenti autoritari degli anni ‘20 e ’30”
l’occupazione del (Sabbatucci-Vidotto)
1919 -20
14. La fine dell’avventura fiumana
• L’occupazione di Fiume durò circa un anno
• Essa fu però indebolita dalle divisioni interne agli
occupanti; dalle difficoltà economiche crescenti del
territorio, che suscitarono moti di protesta della
popolazione; dall’ iniziativa diplomatica avviata da Nitti, e
poi conclusa dal governo di Giolitti, per giungere a un
accordo con la Jugoslavia, in modo da concedere alla
popolazione di Fiume condizioni di favore
• Nella conferenza di Rapallo del 1920, italiani e jugoslavi si
accordarono per il riconoscimento di Fiume come città
libera (diventò italiana nel 1924) e per la rinuncia dell’Italia
alla Dalmazia, tranne la città di Zara che le fu assegnata
• Le truppe italiane regolari costrinsero poi D’Annunzio e i
suoi a lasciare la città alla fine del 1920.
15. L’inizio del “biennio rosso” in Italia
• Il clima politico e sociale in Italia prima delle elezioni del ‘19 era molto
irrequieto
• I prezzi salirono a livelli molto elevati
• Questo determinò in molte città diverse tumulti contro il caro-vita
• Cominciò così un periodo che fu chiamato “biennio rosso”, segnato da
agitazioni, scioperi, tumulti, occupazioni di stabilimenti, in cui ebbero un
ruolo decisivo la Cgl, il Psi e la sinistra radicale in cui si riconoscevano
politicamente buona parte degli operai e una parte consistente dei
contadini
• Aumentarono di quasi 6 volte tra 1919 e 1920 rispetto al 1918 gli scioperi
nell’industria, che raggiunsero la quota mai vista in Italia di 1 milione di
scioperanti
• Gli scioperi nei servizi pubblici, anch’essi molto numerosi, determinarono
disagi e rabbia tra l’opinione pubblica borghese e piccolo-borghese
17. Il biennio rosso nelle campagne:
leghe bianche e leghe rosse
• Anche le campagne furono coinvolte da numerosi, lunghi e violenti
scioperi
• Nelle zone rurali i sindacati bianchi (cattolici) e quelli rossi (socialisti)
erano in forte competizione per acquisire il sostegno dei contadini e
guidarne le azioni rivendicative
• i sindacati rossi avevano la prevalenza nella Bassa Padana e in Italia
centrale(Emilia, Romagna, Toscana, Marche), mentre il rapporto tra
bianchi e rossi era più equilibrato tra Piemonte, Lombardia e Veneto
• Le leghe bianche avevano come obiettivo la diffusione delle forme di
compartecipazione alla proprietà agricola, come la mezzadria, e in
generale allo sviluppo della piccola proprietà
• Le organizzazioni rosse puntavano invece alla “socializzazione della terra”
• Nell’estate del ‘19 si rivididero, soprattutto nel Meridione, forme di lotta
antica, ma ricorrenti: le occupazioni delle terre, in particolare i latifondi
• Le lotte sindacali di questo periodo, sia nelle città, sia nelle campagne,
rimasero reciprocamente estranee o ostili
18. Elezioni del 1919:
il nuovo sistema proporzionale
• Le elezioni del ‘19 furono tenute secondo il
sistema di rappresentanza proporzionale, con il
quale si confrontavano tra loro le liste, e non i
singoli candidati (come avveniva nel precedente
sistema uninominale maggioritario)
• Ovviamente le forze politiche ottenevano seggi
in proporzione ai voti ottenuti
• Questo sistema di voto favoriva i partiti,
organizzati sul piano nazionale, e danneggiava i
gruppi formati da “notabili”, come quelli legati
alla vecchia classe politica liberale, ad esempio i
giolittiani
19. Le elezioni del 1919
Sinistra seggi Destra seggi
Radicali 53 Liberali di Salandra 23
Socialisti ind.- 22 Partito economico, Partito 15
Soc.riformisti agrario,
Gruppo misto
“Rinnovamento” 33 Democrazia liberale (Giolitti) 91
Psi 137 Popolari 99
I gruppi liberal-democratici si presentarono divisi alle elezioni e persero così la
maggioranza assoluta (rispetto al 1913 passarono da 300 a 200 seggi circa)
Il Psi fu il primo partito, 1.800.000 voti, pari al 32%
Il Partito popolare fu il secondo partito per numero di voti, 1.160.000 voti
Il sistema proporzionale sfavoriva la formazione di maggioranze omogenee
L’unica maggioranza che fu possibile formare univa
popolari e liberal-democratici
Il Psi rifiutava ogni alleanza o collaborazione politica con partiti “borghesi”
I fasci di combattimento presentatisi a Milano ottennero poche migliaia di voti
20. Governo Giolitti (1920-21)
• Il governo di Nitti fu indebolito dall’esito elettorale e si
dimise a metà del 1920
• Gli successe un governo guidato da Giolitti, allora
ottantenne, che governò per un anno
• Liberalizzò il prezzo del pane, che era stato mantenuto
basso a spese dell’erario
• Non riuscì a tassare i titoli azionari e i profitti di guerra,
nonostante questo facesse parte del programma di Giolitti
• Giolitti non realizzò la sua tradizionale politica di
contenere le iniziative del movimento operaio, aprendo
verso alcune richieste di riforme che venivano da esso
21. L’occupazione delle fabbriche
• Nella seconda metà del 1920 si verificò un evento di significato
storico cruciale, l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai
metalmeccanici
• L’occupazione si inserì nella dura vertenza in atto tra gli
imprenditori metalmeccanici, che dovevano riconvertire le proprie
aziende dalla produzione bellica a quella “pacifica” e quindi
avevano cominciato una serie di licenziamenti di quanti, assunti
nelle fabbriche in guerra, erano adesso considerati in esubero, e di
riduzioni salariali
• E i lavoratori dell’industria, che formavano una categoria forte e
decisa, guidata dalla Fiom (Federazione italiana operai
metalmeccanici), organizzazione della Cgl
• Tuttavia nelle fabbriche si erano sviluppati anche i primi consigli di
fabbrica, eletti dai lavoratori, e stimolati dall’iniziativa del giornale
di Gramsci “Ordine nuovo”, che nei consigli vedeva una versione
italiana dei soviet
22. L’occupazione: inizio e modalità
• La vertenza, dopo che la tensione aveva cominciato a salire dalla
primavera, cominciò a fine agosto 1920 quando gli industriali, che
non volevano trattare sulle rivendicazioni sindacali relative a orario
di lavoro e salari, decisero la serrata, cioè la chiusura degli
stabilimenti
• La Fiom ordinò allora ai suoi aderenti di occupare le fabbriche
• Tale occupazione fu estesissima, circa 400.000 operai ne furono
coinvolti
• Le modalità di azione erano molto simili dappertutto: dopo
l’occupazione, sui tetti della fabbrica era issata la bandiera rossa;
veniva organizzato un servizio di vigilanza armata, gestito dagli
operai stessi, che si chiamarono “guardie rosse”; il lavoro, se
possibile, veniva proseguito dagli lavoratori stessi, senza la guida
dei dirigenti e dei manager
• In realtà il movimento era imponente, ma scarsamente incisivo sul
piano concreto: “fare come in Russia” era improbabile perché gli
operai per avviare un processo rivoluzionario avrebbero dovuto
collegarsi alle altre lotte in atto (soprattutto nelle campagne) e
perseguire concretamente l’obiettivo di prendere il potere”
23. Dal “fare come in Russia” agli accordi economici
• La Cgl riuscì a far passare la sua linea, più economicista: lo
scontro doveva avere in primo luogo obiettivi economici e
puntare al controllo sindacale sulle aziende
• Giolitti, come al solito,mediò nella vertenza, senza far
intervenire le forze dell’ordine per soffocare le
occupazioni, come avrebbero,invece, voluto gli
imprenditori
• Il 19 settembre l’accordo tra imprenditori e sindacati fu
raggiunto grazie alla mediazione di Giolitti
• I sindacati riuscirono a far passare tutte le loro richieste
economiche e fu formata una inutile commissione mista di
esperti industriali e sindacali per avviare l’avvio del
controllo sindacale sulle aziende
24. Gli effetti negativi dell’occupazione
e la fine del “biennio rosso”
• I venti giorni di settembre furono un successo economico per il sindacato
e per gli operai, ma portarono effetti negativi nelle settimane e mesi
successivi
• I sindacati scontarono un senso di delusione da parte di molti operai, che
avevano intravisto la possibilità di una rivoluzione russa (in realtà
improbabile) e li accusarono di tradimento.
• I socialisti furono attaccati da più parti, dall’interno del movimento
operaio, perché si erano dimostrati timidi e incerti nei giorni caldi della
crisi e non l’avevano spinta verso esiti “rivoluzionari”.
• Il gruppo dell’”Ordine nuovo” affrettò il processo di distacco dal Psi, che
porterà alla fondazione del Pcd’I
• Gli imprenditori, a loro volta, erano irritati per il comportamento del
governo, che li aveva spinti a accettare un accordo economicamente
sfavorevole
• Di fatto, l’occupazione delle fabbriche mise fine al “biennio rosso” in
Italia
26. Il simbolo del movimento
riprende il fascio che veniva
portato dai littori nell’antica
Roma, quando accompagnavano
i magistrati Il “covo”: l’ufficio usato da Mussolini, a Milano,
Il fascio rappresenta quindi come direttore de “Il popolo d’Italia” dal 1915 al
giustizia e unità 1920
Il “combattimento” si riferisce sia
all’attitudine del movimento
orientato all’uso della forza e
della violenza, ma anche agli ex
combattenti che erano il cuore
dei fasci
27. La strategia fascista alla fine del biennio rosso
• Durante il biennio rosso, il movimento
fascista aveva avuto un ruolo marginale
• La sostanziale difficoltà del socialismo e
del sindacato spinse Mussolini a attuare
un’iniziativa decisa per contrastare con
successo il Psi e le organizzazioni a esso
legate
Squadra d’azione “Filippo • I Fasci costituirono “squadre d’azione”,
Corridoni” di Fermo (An)
con le quali intendevano affermare gli
obiettivi del movimento con l’uso della
forza e della violenza, da esercitare
soprattutto contro i socialisti, ma anche
contro i “bianchi”, in particolare nelle
campagne.
28. La situazione nelle campagne
controllate dalle leghe rosse
• Nelle zone rurali specie della Bassa Padana, le leghe rosse esercitavano un
forte controllo economico e sociale
• Contando su un largo sostegno di iscritti, esse contrattavano con i proprietari
modi e tempi di lavoro, e avevano ottenuto miglioramenti salariali notevoli
per i contadini
• L’aspetto negativo di questo sistema pervasivo, fatto anche di cooperative e
associazioni, stava nel fatto che chi ne rimaneva fuori, era escluso dal mercato
del lavoro
• Inoltre i socialisti erano forti abbastanza da guidare buona parte dei comuni
della Bassa Padana
• I proprietari accettavano la situazione, perché vi era convenienza anche per
loro, in quanto le leghe rosse garantivano il lavoro e contrattavano i salari.
Anche i mezzadri e i piccoli affittuari si erano adattati al sistema
• Tuttavia, le aspirazioni di questi ultimi a ottenere miglioramenti della loro
condizione che passavano attraverso l’acquisizione di piccole proprietà terriere
non erano soddisfatte da un’organizzazione socio-economica di questo tipo, più
favorevole ai braccianti.
29. L’episodio di Palazzo d’Accursio, 21 novembre1920
• Il movimento fascista colse queste contraddizioni e vi si inserì, attraverso la
sua strategia della violenza
• Il primo episodio che manifestò la novità dell’azione politica fascista avvenne
a Bologna, dove il 21 novembre 1920 le squadre d’azione impedirono
l’insediamento della giunta comunale massimalista a Palazzo d’Accursio, per
evitare che i socialisti esponessero al balcone del palazzo la bandiera rossa al
posto di quella tricolore
• Ne vennero incidenti e violenze gravi tra guardie rosse, squadre fasciste e
forze dell’ordine regolari
• Sembra che le guardie rosse abbiano tirato, per errore, bombe a mano nel
cortile del palazzo dove si erano rifugiate persone che cercavano di sfuggire
alle violenze fasciste in Piazza, uccidendo dieci persone
• I fascisti ottennero comunque il loro scopo, il consiglio fu dichiarato decaduto
dal prefetto, e al posto della giunta regolarmente eletta fu insediato al
potere un commissario prefettizio
• Nelle settimane seguenti le squadre fasciste si scatenarono in tutta l’Emilia e
la Romagna per punire, dicevano loro, i socialisti veri nemici del popolo.
• Lo squadrismo si espanse in tutto il centro – Italia e qualche episodio si
verificò anche nel Nord: zone squadriste furono Emilia, Toscana e Venezia-
Giulia, e nel sud la Puglia
30. Le azioni delle squadre fasciste
• Il modus operandi delle squadracce era simile
dappertutto
• Partivano dai centri urbani in gruppi su
camion, armati di bastoni e spranghe, e con
fucili e pistole prese dai magazzini dei
reggimenti o ricevute dalle associazioni
agrarie; raggiungevano le zone rurali e qui
scatenavano le loro azioni violente contro le
sedi del Psi, delle leghe rosse, delle Camere del
lavoro e contro i municipi governati da socialisti
• Molti furono picchiati, bastonati, umiliati, e, in
diverse circostanze, costretti a lasciare non
solo il loro incarico, politico o istituzionale, ma
anche il loro paese o la loro città
• Nei mesi a cavallo tra 1920 e 1921 molti
consigli comunali furono forzati a dimettersi a
causa delle azioni fasciste e molte leghe rosse
Tra il 1919 e il 1922 le azioni furono sciolte
delle squadre fasciste • Spesso gli ex aderenti alle leghe rosse furono
portarono a un numero di morti costretti dai fascisti a entrare loro
oscillante tra 2000 e 3000 tra i organizzazioni, che si ponevano, tra gli obiettivi
socialisti e circa 700 fascisti (di facciata più che altro, lo sviluppo della
piccola proprietà agricola.
31. L’ideologia fascista
• Il fascismo volle presentarsi come il
movimento che proseguiva il discorso
nazionale e patriottico del Risorgimento.
• I caduti nella guerre nazionali (compresa la
Grande guerra) erano la base sulla quale
ricostruire l’Italia come grande nazione
• Per ricostruire l’Italia era necessaria la
compattezza della nazione, per cui ogni
divisione nella società e tra le forze
politiche andava eliminata anche e
soprattutto con la forza
Squadra d’azione fascista di
Rota d’Imagna (Bg), 1923
• Sulla base di questi presupposti i fascisti
presentarono le violenze contro i socialisti
come la via per ristabilire l’unità dell’Italia
• Anche il sistema parlamentare e la
dialettica politica tra idee e forze diverse
erano per i fascisti un male per l’unità
nazionale, quindi andavano superati
32. SIMBOLOGIA FASCISTA
L’avversario attaccato dalle squadre viene
I fascisti hanno una divisa catturato e costretto a bere olio di ricino, un
che li contraddistingue: purgante che determina scariche diarroiche
ricorda l’abbigliamento Le aggressioni Il prigioniero si riempie così delle proprie feci
militare, la camicia è nera agli avversari e a quel punto, se possibile, viene costretto a
e su di essa vi sono simboli avvengono con attraversare in quelle condizioni i luoghi pubblici,
di morte, come accadeva alle mazze e bastoni, poi viene lasciato libero
Sturmtruppen tedesche oltre che con armi da
durante la Grande guerra e ai fuoco. Il messaggio simbolico è chiaro:
Freikorps della Repubblica di Bastone e l’avversario se la fa addosso, come succede a
Weimar manganello sono chi non ha il controllo dei proprio corpo, un
Questi simboli mortuari parte dell’immagine bambino o un vecchio, e quindi non è un vero
esprimono il disprezzo, dello squadrista uomo.
frutto della forza e del
coraggio, verso la morte,
ma anche l’attrazione per
essa
33. Finanziatori, sostenitori e composizione delle squadre
• Le squadre fasciste furono appoggiate,anche
economicamente, dai proprietari terrieri, che le usarono
come strumento capace di ridurre e poi eliminare il potere
delle leghe rosse
• L’opinione pubblica antisocialista, anticomunista e
antisindacalista vide nel fascismo una difesa contro il
pericolo rivoluzionario
• Le squadre, in quei mesi del 20-21, aumentarono in
quantità, reclutando persone che appartenevano ad ambiti
eterogenei: ex ufficiali dell’esercito, che dopo la guerra
non trovavano posto nella società civile; piccolo-borghesi,
che vedevano in esse una via per affermarsi politicamente;
ragazzi giovani e giovanissimi, che non avevano avuto l’età
per partecipare alla guerra e erano spinti dal desiderio di
combattere i “nemici della patria”
34. Cosa e chi aiutò l’affermazione fascista
• Il successo dei fascisti fu dovuto all’uso deciso e
inedito della violenza come strumento di lotta
politica
• Fu favorito dagli errori dei socialisti, divisi tra
loro, incerti sulla strategia da attuare per
contrastare questi nuovi avversari politici, e
quindi vulnerabili
• Tuttavia vi sono anche precise responsabilità
dello Stato e dei suoi apparati, che facilitarono le
iniziative delle squadre
• 1. la forza pubblica
• II. la magistratura
• III. il governo di Giolitti
35. I fiancheggiatori “passivi” del fascismo
• Le forze dell’ordine, in diverse circostanze, non
intervennero con decisione contro i fascisti e spesso
lasciarono loro la libera iniziativa , perché li videro come
alleati nella lotta contro i sovversivi (ovviamente i
socialisti)
• La magistratura non usò contro i fascisti la medesima
autorità e severità che impiegava invece contro i “rossi”,
limitandosi a condanne blande
• Il governo di Giolitti, a sua volta, pur richiamando i prefetti
a mantenere l’ordine, non si impegnò a contrastare le
iniziative illegali e criminali delle squadre
• Giolitti vedeva nel movimento fascista un uno strumento
utile a controllare le pretese dei socialisti e dei popolari, e
pensava di poterlo inserire, terminata la sua fase violenta,
dentro le istituzioni parlamentari e rappresentative,
all’interno della maggioranza moderata-conservatrice
36. La strategia di Giolitti
e il successo di Mussolini
• Giolitti volle, infatti, approfittare delle nuove dinamiche politiche
createsi in quei mesi e spinse il re a convocare le elezioni nel maggio
1921
• Il suo obiettivo era di “imbrigliare la la violenza fascista inglobando
la sua dirigenza dentro una coalizione che andasse dai fascisti ai
social-riformisti di Bonomi in una prospettiva di governo di salvezza
nazionale” (D. Consiglio)
• I moderato-conservatori formarono i blocchi nazionali, ovvero liste di
coalizione che aggregavano liberali, democratici, repubblicani,
nazionalisti, in cui furono candidati anche esponenti politici fascisti,
con l’obiettivo di fermare l’espansione elettorale del Psi e del Ppi
• “I fascisti ottenevano così una legittimazione da parte della classe
dirigente, senza per questo dover rinunciare ai metodi illegali”
(Sabbatucci-Vidotto)
• In effetti le violenze dei fascisti non si interruppero neppure durante
la campagna elettorale, e influirono sul voto
37. I risultati delle elezioni del maggio 1921
Gruppi Seggi
I socialisti ebbero una flessione
Psi 123
importante (7%), ma minore di
Ppi 108 quanto atteso, considerando le
Blocchi nazionali 105 violenze fasciste che li colpirono e la
(giolittiani + Associazione (giolittiani 50, nazionalisti scissione del Pcd’I
nazionalista italiana + 17,
fascisti) fascisti 38)
Partito liberale 68
I gruppi liberali guadagnarono voti
democratico rispetto al ‘19, ma non in misura tale
Partito liberale 43 da poter controllare il Parlamento
Partito democratico sociale 29
Aumentarono i consensi dei
Pcd’I 15 popolari (8 seggi in più rispetto al
Partito repubblicano 6 1919)
italiano
Partito dei Combattenti 10 La vera novità furono i 38 deputati
fascisti, (alle elezioni precedenti i
Slavi e tedeschi 9 fascisti avevano ottenuto solo poche
Partito economico 5 migliaia di voti) capeggiati da
Mussolini, eletto a Milano
Socialisti indipendenti 1
Fasci di combattimento 2
38. L’inutile “pacificazione” tra fascisti e Psi
• Pochi giorni prima del voto Mussolini aveva
dichiarato di essere in disaccordo con la politica di
Giolitti e che non avrebbe appoggiato una sua
candidatura come capo del governo
• Con il voto raggiunse il suo obiettivo politico, quello
cioè di essere non solo un attore degli equilibri
Ivanoe precari del dopoguerra, ma il protagonista Dino Grandi
Bonomi determinante dello scenario politico
• A luglio Giolitti si dimise, e il re scelse come nuovo
Presidente del consiglio Ivanoe Bonomi, ex
socialista
• Bonomi mediò tra socialisti e fascisti, che firmarono
un patto di pacificazione, in cui, genericamente,
entrambi rinunciavano all’uso della violenza
• Il patto però fu osteggiato dai fascisti intransigenti, R. Farinacci
identificabili con i capi locali del movimento, detti
ras, in particolare: Dino Grandi, di Bologna; Roberto
Farinacci, a Cremona; Italo Balbo, a Ferrara
• Questi prefigurarono la possibilità di sfiduciare
Mussolini
Italo Balbo
39. Il fascismo da movimento a partito
• All’inizio di novembre del 1921, si tenne a Roma il
congresso dei Fasci che rinunciarono al patto di
pacificazione
• Mussolini sapeva di avere bisogno dell’uso della
forza garantito dal fascismo agrario, per questo fece
rientrare il dissenso interno con questa rinuncia
• I capi locali a loro volta sapevano che la guida
politica di Mussolini era importante, quindi
accettarono la sua proposta di trasformare il
Simbolo del Pnf movimento, molto più libero nelle sue azioni, in un
partito, molto più vincolato e gerarchico
• Fu così decisa dal congresso la nascita del Partito
nazionale fascista,Pnf. il cui primo segretario fu
Michele Bianchi, stretto collaboratore di Mussolini
• Mussolini fu acclamato “duce”, cioè condottiero del
partito
• Le squadre furono incorporate nel partito,
costituendo una milizia privata del Pnf, fatto del
tutto illegale
Michele Bianchi
40. I militanti del Pnf, 1921
Aderenti al Pnf nel 1921 per percentuali
appartenenza sociale e
professionale
Commercianti e 9,1%
esercenti
Industriali 2,8%
Professionisti 6,6%
Proprietari terrieri, 11,9%
piccoli proprietari,
affittuari
Impiegati 14,5%
Insegnanti 1,1%
Studenti 13%
Lavoratori 15,4%
Fonte: A.B.Banti,
dell’industria
Il senso del tempo,
Lavoratori della terra 24,2% Roma-Bari, Laterza,
2012
Lavoratori del mare 1%
42. Il governo di Luigi Facta
• Il governo Bonomi entrò in crisi
all’inizio del 1922, ma i popolari,
parte della maggioranza, si
opposero a un incarico per Giolitti
• Fu formato un nuovo dicastero
guidato da Luigi Facta, uomo
Luigi Facta
politico legato a Giolitti
• Il governo di Facta rimase in carica
fino alla fine di ottobre 1922,
mostrando una debolezza profonda
sfruttata pienamente dal fascismo
43. La strategia fascista: legalità apparente
e illegalità tollerata
• Il fascismo era ormai una forza politica molto vasta (200.000 iscritti),
che godeva di un sostegno importante da parte soprattutto della
piccola borghesia, ma che era visto con simpatia anche da molti
ambienti del potere economico, nonché dalle forze dell’ordine, dall’
esercito, dai prefetti e dalla magistratura.
• Mussolini spinse decisamente il Pnf fuori dai suoi limiti di movimento
agrario
• Egli lavorava politicamente su due fronti: la manovra politica a livello
parlamentare e l’azione diretta condotta dalle squadre
• La prima parte del 1922 fu segnata da iniziative fasciste sempre più
violente e impunite, concentrate soprattutto nelle provincie a
maggiore presenza socialista.
• Con l’uso della violenza e delle armi, e con la compiacenza delle
autorità istituzionali e delle forze dell’ordine, i fascisti presero il
controllo di città padane come Bologna , Ferrara e Cremona.
• “I fascisti,mettendo in discussione attraverso la violenza, la legittimità
anche della mera esistenza di alcune forze politiche parlamentari,
stavano reinventando gli spazi dello Stato di diritto e riscrivendo la
costituzione materiale dell’Italia liberale” (Giulia Albanese)
44. L’impotenza socialista
• Il governo di Facta apparve chiaramente incapace di gestire la
situazione e di garantire la legalità.
• I socialisti e il movimento sindacale rimasero spiazzati di fronte al
fenomeno fascista, che non riuscirono a contrastare efficacemente
né sul piano politico, né sotto l’aspetto dell’azione popolare
• Due decisioni si rivelarono inutili e sbagliate
• 1. in luglio il gruppo parlamentare socialista guidato da Turati
diede la disponibilità a sostenere un governo democratico, contro
la linea politica del Psi
• 2. In agosto la Cgl decise di organizzare uno sciopero generale in
difesa della libertà costituzionali. Lo sciopero fu fallimentare negli
esiti, ma scatenò ulteriormente la violenza dei fascisti, che
affermando di voler garantire ordine e legalità assaltarono sezioni
del Psi, Camere del lavoro, circoli e sedi dei giornali legati al
socialismo
• In particolare furono vittime delle violenze fasciste le città più
legate al Psi: Milano, Genova, Livorno, Ancona, Parma
45. Un episodio della violenza fascista:
Milano, agosto 1922
• Nel tardo pomeriggio del 3 agosto un gruppo di persone, in apparenza riunitosi spontaneamente, ma nella
realtà guidati dai fascisti, preme contro le porte di Palazzo Marino, sede del comune
• La polizia, a difesa dell'edificio, si scansa e lascia entrare la calca, mentre Gabriele D'Annunzio, che si trova a
Milano viene chiamato ad arringare la folla presente con un discorso dal balcone del Municipio.
Il giorno successivo, il procuratore generale Antonio Raimondi dichiara che quanto è accaduto non costituisce
motivo di reato, e il prefetto Lusignoli esautora l'amministrazione, firmando un decreto con il quale nomina un
commissario prefettizio
• Altre rappresaglie si scatenano contro socialisti e comunisti: un camion si lancia contro la porta del circolo
comunista di via Cellini, i fascisti vi penetrano dando fuoco a documenti e suppellettili: altri circoli sono assaltati,
Abbandonata la sede del Municipio, i fascisti, sotto la guida del capitano Forni, che pronuncia un discorso per
spingere i suoi a "riprendere la marcia verso la rigenerazione del paese, guastato dal sovversivismo",
intraprendono un corteo per la città, cantando Giovinezza.
• Giunti sotto la sede del giornale socialista "Avanti!" lo assaltano. La forza pubblica a difesa dell'edificio, cui
erano stati aggiunti anche dei bersaglieri, sta schierata lungo il muro di cinta: distratti dall'arrivo del corteo
fascista, non si accorgono che un altro manipolo di camicie nere, più numeroso, sopraggiungendo dalla parte
opposta, riesce ad aprire una breccia nel muro, penetrando nella sede del giornale. Quando si sentono i primi
scoppi l'incendio è ormai divampato dalle numerose bottiglie incendiarie lanciate dagli squadristi all'interno
dell'edificio, dove gli operai sono intenti al lavoro.
La lentezza di reazione sia della forza pubblica che dei vigili del fuoco, accorsi con molto ritardo, favorirono la
propagazione dell'incendio dal pianterreno fino al primo piano, rovinando completamente i macchinari e
mettendo nello stesso tempo in grave pericolo la stabilità dell'edifico stesso.
La gente del quartiere e gli antifascisti si riversano per strada: rivoltellate, bombe e corpo a corpo contro i
fascisti proseguono per ore fino a tarda notte.
• Le forze dell’ordine sparano indiscriminatamente, e tra i morti vi sono anche tre squadristi
46. La conquista del potere come unica prospettiva
• Mussolini aveva già prospettato la volontà fascista di forzare la legalità
istituzionale e di procedere a iniziative per la conquista del potere in un
discorso parlamentare dell’estate 1922 con il quale motivava la
decisione di non votare più la fiducia al governo dopo l’occupazione
fascista del potere a Cremona
• Nel frattempo continuava le trattative con i liberali per entrare in un
nuovo governo; rassicurava la monarchia con la sconfessione del suo
passato di repubblicano; otteneva la benevolenza degli industriali,
affermando di voler dare spazio all’iniziativa privata
• “Solo insediandosi al potere il partito avrebbe potuto andare incontro
alle aspettative delle masse ormai ingenti che si raccoglievano nelle sue
file ed evitare il pericolo di una reazione di rigetto da parte di quelle
forze moderate che, avendo appoggiato lo squadrismo in funzione
antisocialista,avrebbero potuto ritenere ormai esaurito il suo ruolo”
(Sabbatucci - Vidotto)
• Tra agosto e ottobre i fascisti cominciarono a parlare, in modo sempre
più di un’azione che veniva chiamata “marcia militare su Roma”, oppure,
apertamente, “colpo di stato”, e, nel frattempo costituirono un corpo
paramilitare, la “milizia fascista”guidata da Cesare Maria De Vecchi
47. La strategia del colpo di stato “annunciato”
• “La scelta di questa strategia va messa in relazione con le particolari
circostanze politiche in cui l’avvenimento si realizzò: le forze a
disposizione dei fascisti non erano tali da consentire, né far sperare,
un esito vittorioso nell’eventualità di uno scontro, qualora lo Stato
avesse fatto ricorso a tutte le sue forze per contrastarlo
• Per questo il discorso a metà segreto e a metà pubblico relativo alla
marcia, accompagnato da una parte, dalle dichiarazioni di fedeltà al
sovrano e, dall’altra, dalle dichiarazioni di amicizia nei confronti
dell’esercito, serviva a preparare il terreno per una sollevazione in cui
né il sostegno del sovrano né quello dell’esercito erano garantiti, pur
essendo assolutamente necessari
• Lo stesso frequente ricorso alla violenza nella retorica fascista, come
pure il continuo tono di sfida nei confronti dello Stato, rendevano meno
problematica l’assenza di segretezza nel preparare la marcia su Roma:
nessuno, infatti, credeva fino in fondo a quanto dicevano i fascisti,
anche se alle loro parole frequentemente corrispondevano i fatti
“(Giulia Albanese)
48. La preparazione della marcia su Roma
• A metà ottobre 1922 a Milano una riunione
Emilio
De Bono pianificò la marcia su Roma, che sarebbe stata
guidata dai “quadrumviri per la rivoluzione”:
De Bono, Balbo, De Vecchi e Bianchi
• In realtà era un piano che non riguardava
Italo
Balbo
solo Roma e prevedeva l’occupazione degli
edifici pubblici nelle città più importanti; il
concentramento di camicie nere in quattro
zone di Roma; un ultimatum a Facta affinché
Cesare cedesse il potere; l’entrata a Roma e la presa
De Vecchi di possesso dei ministeri.
• Era previsto anche un piano alternativo in
caso di sconfitta dell’iniziativa, per cui le
milizie fasciste avrebbero ripiegato verso
Michele
Bianchi
l’Italia centrale, costituito in una città di
questa zona un governo fascista, per poi
radunarsi in Val Padana e tornare all’attacco di
Roma
49. La natura della marcia su Roma
• La cosiddetta marcia su Roma fu
una mobilitazione generale di
tutte le forze fasciste per
conquistare il potere
• Secondo molti storici Mussolini
non credeva che essa avrebbe
Una colonna di fascisti
avviati verso Roma, avuto successo in forma
buona parte veniva dalla
Toscana “militare”, ma che fosse utile
come mezzo di pressione
politica in una situazione in cui
il governo era assai debole,
mentre re e esercito erano
incerti sul da farsi
L’”esuberanza” fascista esercitata
su un treno per Roma
50. L’occupazione delle città italiane
• Già il 27 ottobre 1922 vi furono le occupazioni di
alcune città, con sorpresa delle forze dell’ordine,
che sulla base delle voci si aspettavano un’azione
limitata solo a Roma
• La prima città occupata fu Pisa, di cui seguirono
Siena, Cremona, Foggia, Perugia, nominata
“capitale della rivoluzione fascista”
• Nella maggior parte delle città, le azioni si
svolsero come trattative tra fascisti e forze
dell’ordine,oppure con azioni di sorpresa,
favorite dalla presenza dentro i luoghi da
occupare, specie le caserme, di simpatizzanti o
tesserati fascisti, che portarono all’occupazione di
caserme,questure, prefetture, uffici telegrafici
• Molte altre città furono occupate nella notte tra
27 e 28 ottobre
• Queste occupazioni dovevano servire come
Prima pagina de
“Il popolo d’Italia”, 28 ottobre 1922
strumento di pressione sul governo Facta
affinché desse le dimissioni e per costringere il re
a affidare l’incarico a Mussolini
51. La marcia su Roma,
il colpo di stato del 28 ottobre 1922
• Il 28 ottobre 1922 cominciò la vera e
propria marcia su Roma, e nel primo
mattino il governo di Facta proclamò lo
stato d’assedio, ma poi lo revocò a
mezzogiorno, quando il re decise di non
firmare l’ordine di mobilitare l’esercito
contro i rivoltosi presentatogli da Facta
• Questa revoca “rendeva chiaro, tanto alle
autorità periferiche dello Stato che ai
fascisti, che non c’era alcuna volontà
politica di liquidare il movimento fascista”
(Giulia Albanese)
• A quel punto i fascisti, tra i quali giunse da
Milano Mussolini, furono liberi di entrare a
Roma in almeno 50.000
• A sera, con i suoi ancora mobilitati,
Mussolini rientrò a Milano e lasciò la
situazione in mano ai quadrumviri, in
attesa di una convocazione da parte del re
52. Il governo di Mussolini
Il telegramma con cui il re convocò a Mussolini con i quattro triumviri Mussolini e i triumviri
Roma Mussolini a Roma il 30 ottobre 1922 in un’immagine celebrativa
I fascisti rimangono mobilitati il 28, il 29 e il 30, fino a quando il re convoca
Mussolini, che era a Milano, la mattina del 30
Mussolini chiede e ottiene l’incarico di Presidente del consiglio per formare il
proprio governo
Il governo viene formato dal leader fascista in quarantotto ore: comprende
cinque fascisti, lui compreso ; tre indipendenti, ma filofascisti; due popolari; due
demosociali; due liberali; un nazionalista
Il capo di un partito che ha il 7% dei seggi ha formato un governo di cui lui è il
presidente, e che comprende una maggioranza di ministri che appartengono al
suo piccolo gruppo di parlamentari
54. L’illegalità conquista il potere,
pochi capiscono quanto è accaduto
• “La crisi si era risolta in modo quanto meno ambiguo
• I fascisti gridarono al trionfo e si convinsero di aver
attuato una rivoluzione che in realtà era stata soltanto
simulata
• I moderati si rallegrarono per il fatto che la legalità
costituzionale, violata nei fatti, era stata rispettata
almeno nelle forme
• Massimalisti e comunisti si illusero che nulla fosse
fosse cambiato nella sostanza, dal momento che ai loro
occhi ogni governo borghese era espressione della stessa
dittatura di classe
• Il paese nel suo complesso seguì gli eventi con un misto
di indifferenza e rassegnazione” (Sabbatucci-Vidotto)
55. “Potevo fare di quest’aula un bivacco di manipoli”
• Mussolini nel dibattito sulla fiducia alla Camere per il suo
governo, il 16 novembre 1922, disse, tra l’altro:
«Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi
a tutto, e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io
potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato
di infangare il fascismo. Potevo fare di quest’aula sorda e
grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il
Parlamento e costituire un governo esclusivamente di
fascisti. Potevo, ma non ho, almeno in questo primo tempo,
voluto»
• Sulla base di questo discorso intimidatorio, la Camera votò
la fiducia al governo Mussolini (favorevoli 306, contrari
116), così come il Senato
• Inoltre, entrambi i rami del Parlamento votarono la
concessione dei pieni poteri al governo per riformare il
sistema tributario e la pubblica amministrazione
56. La strategia di Mussolini e
la miopia degli alleati del fascismo
• La strategia politica di Mussolini rimase questa
per tre anni, alternare alle promesse di un
ritorno alla normalità del paese, in una
prospettiva moderata, la minaccia di un
ulteriore ricorso alla violenza eversiva
• “Questo fu possibile anche per la miopia delle
altre forze politiche, in particolare degli alleati
liberali e cattolici (i cosiddetti fiancheggiatori)”
(Sabbatucci-Vidotto)
57. Il Gran consiglio e la Mvsn
• Lo svuotamento dello stato liberale si rafforzò tra la fine
del ‘22 e l’inizio del ‘23, con l’istituzione di due organi di
partito riconosciuti come legali
• I. Il Gran consiglio del Fascismo doveva indicare le linee
guida della politica fascista e collegare Pnf e Stato: esso
comprendeva il segretario del Pnf, il Presidente del
consiglio, i presidenti di Camera e Senato e i fascisti più
Seduta del Gran importanti
consiglio (1928) • II. La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale
(Mvsn), “è al servizio di Dio e della Patria italiana ed è
agli ordini del capo del governo. Provvede, in concorso
coi corpi armati per la pubblica sicurezza e con il R.
Esercito, a mantenere all’interno l’ordine pubblico;
prepara e conserva inquadrati i cittadini per la difesa
degli interessi dell’Italia nel mondo”
• Grazie alla Mvsn Mussolini voleva controllare le squadre
Simbolo della personalmente; tenerle a sua disposizione, fedeli solo a
Mvsn lui, come strumento di pressione verso gli avversari;
rassicurare gli ambienti conservatori che lo
appoggiavano
58. Gli inizi della repressione politica
• Gli avversari politici, specie quelli di sinistra e
estrema sinistra, furono perseguitati legalmente
e illegalmente
• Forze dell’ordine e magistratura procedettero a
chiusure di giornali, scioglimento di
amministrazioni comunali, arresti preventivi di
militanti
• I primi a farne le spese furono i comunisti, che
già nel 1923 furono ridotti alla semiclandestinità
• Il sindacato non fascista si scompaginò, solo
alcune organizzazioni più forti come la Fiom
riuscirono a sopravvivere
59. La politica economica del fascismo
• La politica economica dei primi anni fascisti fu
organizzata e guidata dal ministro delle finanze De
Stefani. Fu un’azione liberista, che favorì l’impresa
privata
• Su di essa furono diminuite le tasse
• Lo Stato rinunciò al monopolio delle assicurazioni
sulla vita
• Il servizio telefonico fu privatizzato
• La spesa pubblica fu ridotta, licenziando 20.000
persone, tra cui molti ferrovieri (ritenuti politicamente
e sindacalmente pericolosi)
I risultati ottenuti furono positivi, l’industria e
l’agricoltura ripresero a produrre in grandi quantità
• Il bilancio dello Stato raggiunse il pareggio nel 1925
60. La riforma Gentile della scuola,
“la più fascista delle riforme”
• Nella primavera del 1923, su progetto del ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile viene avviata la
riforma scolastica che prevede che i bambini dovranno studiare almeno fino a 14 anni.
• La scuola elementare dura cinque anni
• Al termine i ragazzi potranno iscriversi al ginnasio, 5 anni, per poi proseguire negli studi in un
liceo classico, il cui diploma permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; o al liceo
scientifico; o al liceo femminile; o all’istituto magistrale per preparare i maestri e le maestre
• Il liceo classico permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; lo scientifico solo alle
facoltà tecnico-scientifiche; le altre scuole terminavano con il solo diploma
• l’istituto tecnico era articolato in un due corsi di tre (inferiore) e quattro anni (superiore)
• Altrimenti era prevista la scuola complementare di avviamento al lavoro, che non permetteva, al
termine dei tre anni, la frequenza a altre scuole
• Le materie umanistiche e filosofiche avevano la prevalenza rispetto a quelle scientifiche per
precisa convinzione filosofica di Gentile
• Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e
dell'educazione: una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, vista come
strumento di selezione della futura classe dirigente.
• Nelle scuole elementari veniva introdotta come materia obbligatoria la religione, “fondamento e
coronamento dell’istruzione primaria”
• Al termine di ogni ciclo di studi era previsto un esame di Stato: questo sistema favoriva le scuole
private e parificate, in grande numero cattoliche, che potevano rilasciare diplomi che avevano lo
stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole pubbliche
61. La legge Acerbo
• Mussolini volle rafforzare elettoralmente il
controllo politico che era riuscito a raggiungere
dopo la marcia su Roma
• Nell’estate del 1923, fascisti e fiancheggiatori
approvarono una legge elettorale nuova, pensata
su misura del consolidamento elettorale della
maggioranza moderata, la legge Acerbo (dal
nome del suo promotore)
• Essa prevedeva che la lista elettorale che avesse
ottenuto la maggioranza relativa dei voti
avrebbe avuto il parlamento la maggioranza
La “pentarchia”; cioè la assoluta dei 2/3 dei seggi. La lista vincente, per
commissione che preparò il avere questo anomalo premio di maggioranza,
“listone” fascista:Rossi, Acerbo,
Finzi, Bianchi e Giunta, in piedi doveva avere almeno il 25% dei voti
Moroni • Molti esponenti liberali, come Orlando e
Salandra, e alcuni cattolici di destra, ex Ppi
espulsi dal partito, decisero di candidarsi nelle
liste nazionali presentatesi in tutta Italia con il
simbolo fascista, il cosiddetto “listone” fascista
62. Gli errori delle opposizioni
e le violenze fasciste
• Le elezioni furono indirizzate anche dalla
scelta sbagliata delle opposizioni, che
non raggiunsero un accordo e
presentarono sei liste differenti, e in
questo modo rinunciarono a costituire
Il liberale
Giovanni una valida alternativa al listone fascista: i
Amendola socialisti si erano divisi in due partiti
(riformista e massimalista), i comunisti, i
popolari, i liberali di Giovanni Amendola,
ciascuno andò per conto proprio
• La campagna elettorale fu segnata da
una delle più violente ondate di
Il popolare
Alcide de Gasperi
squadrismo: centinaia di candidati delle
succedette a Sturzo liste non fasciste furono aggrediti, vi
come segretario del
Ppi nel 1924 e animò
furono devastazioni e incendi
la secessione
aventiniana
63. Le elezioni dell’aprile 1924
Liste seggi
Il listone fascista ottenne il 65%
Lista nazionale 355 (356)
dei voti e il 70% dei seggi
(listone fascista) (4.305.936 voti)
Ppi 39 Il successo fu massiccio
Psu 24 soprattutto nel Sud e nelle isole,
zone in cui il fascismo si era
Psi 22 rafforzato grazie all’ascesa al
Pcd’I 19 governo, che aveva provocato
Liberali 15 l’adesione al Pnf dei notabili locali e
delle loro clientele
Demosociali 10
Al nord, invece, il listone ottenne
circa 1.360.000 voti contro
1.431.000 delle opposizioni
I seggi delle opposizioni furono
appena 106
64. Il rapimento e l’omicidio di Giacomo Matteotti
• Il 30 maggio 1924, all’apertura della Camera, il
segretario del Psu Giacomo Matteotti denunciò le
intimidazioni e i brogli verificatisi durante le
elezioni.
• Il giorno dopo “Il Popolo d’Italia” affermò “Se
l’onorevole Matteotti avesse la testa rotta, ma
veramente rotta, non se ne meravigli”
Giacomo Matteotti • Il 10 giugno Matteotti fu sequestrato e ucciso a
Roma da un gruppo di fascisti guidato dal noto
squadrista Amerigo Dumini. Il suo corpo fu poi
nascosto nel bosco della Quartarella, appena fuori
dalla città e fu ritrovato sfigurato il 16 agosto
• L’assassinio era stato pianificato dentro il
ministero dell’Interno e vide coinvolti, anche se le
inchieste non hanno mai fatto chiarezza, Rossi,
capo ufficio stampa di Mussolini; Finzi,
Amerigo Dumini guidava
il gruppo che rapì
sottosegretario agli Interni; De Bono, capo della
Matteotti polizia, ma sembra chiaro che anche Mussolini ne
fosse informato
65. Mussolini reagisce attaccando
• Alla riapertura della Camera
del 3 gennaio 1925, Mussolini
tenne un discorso tutto
all’attacco delle opposizioni, in
cui si assunse la responsabilità
politica del delitto Matteotti e
Mussolini nel suo studio
di Presidente del consiglio in generale dell’illegalità
fascista di quegli anni,
rivendicandone la giustezza e
la necessità.
66. Discorso di Mussolini alla Camera, 3 gennaio 1925
• «Ebbene,dichiaro qui,al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il
popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale,
storica di tutto quanto è avvenuto
• Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo
e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e
non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la
colpa!. Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di
questa associazione a delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci: "Tutti con
voi!").
Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico,
politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo
clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va
dall'intervento ad oggi.
• Voi vedete da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha avuto
profonde ripercussioni in tutto il paese. Allora viene il momento in cui si dice
basta! Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è
la forza. (vive approvazioni. vivi applausi. Commenti).
Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non ce ne sarà mai.
Ora io oso dire che il problema sarà risolto. Il fascismo, Governo e Partito,
sono in piena efficienza.»
67. L’”Aventino delle coscienze”
• L’opinione pubblica attribuì a Mussolini e al fascismo il delitto, e per la
prima volta in tre anni, nella seconda metà del 1924 il fascismo e il suo
capo furono in grave difficoltà, quando anche gli alleati moderati
presero le distanze, pur senza abbandonare il Pnf
• In questa situazione, le opposizioni erano comunque in una situazione
difficile, perché mancavano della forza politica per mettere in
minoranza il governo, e anche per mobilitare le piazze
• Decisero comunque di dare un segno forte e rinunciarono a partecipare
alle sedute del Parlamento, per denunciare la situazione di illegalità in
cui il paese viveva, la “questione morale”, e sperando che il re
intervenisse.
• Questa scelta fu chiamata “Aventino delle coscienze” (in ricordo del
colle su cui si riunirono i plebei in conflitto contro i patrizi nell’antica
Roma)
• L’Aventino aveva un peso morale importante, ma non produsse effetti
pratici: l’opposizione perse visibilità e il re non fece assolutamente nulla.
68. Repressione e fascistizzazione
• Subito dopo questo discorso cominciò la
repressione delle opposizioni, con
arresti, sequestri e perquisizioni di
uomini politici e dentro i giornali
• Molti antifascisti furono costretti a
Piero Gobetti, 1901-1926
andarsene dall’Italia: i liberali Giovanni
Amendola e Piero Gobetti, animatore
del periodico “Rivoluzione liberale”
morirono all’estero in conseguenza delle
violenze subite
• I grandi giornali, come “Corriere della
sera” e “La Stampa” furono
“fascistizzati” con l’imposizione di
direttori fascisti alla loro guida
69. Il patto di Palazzo Vidoni
L’istituzione di podestà e consulte
• Nell’ottobre del 1925 fu firmato da industriali e
sindacati fascisti il patto di Palazzo Vidoni,in base al
quale la Confindustria riconosceva come controparte
solo la Confederazione dei Fasci e delle Corporazioni,
il sindacato fascista. Una legge del ‘26 ammetteva solo
le associazioni sindacali riconosciute dal governo, e
vietava scioperi e serrate
• Alla fine del 1925 venne ristabilita la regola, presente
nello Statuto albertino, secondo cui il governo avrebbe
risposto del suo operato solo al re
• Due leggi del 1926 creano i podestà e le consulte, di
nomina governativa, che sostituivano sindaci e giunte
70. Gli attentati contro Mussolini (1925-1926)
• Tra 1925 e il 1926 si
verificarono quattro attentati
contro Mussolini da parte di
Tito Zaniboni (sventato), Violet
Gibson (lo ferì al naso con un
colpo di pistola), Gino Lucetti
Tito Zaniboni
Violet Gibson (tentò di ucciderlo con una
bomba) e Anteo Zamboni (un
quindicenne che a Bologna gli
sparò, senza colpirlo, e fu poi
Gino Lucetti
accoltellato dai fascisti presenti
guidati da Leandro Arpinati)
Anteo Zamboni
71. Le leggi “fascistissime”
• Prendendo spunto da questi attentati, il 5 novembre 1926 il
Consiglio dei ministri, su proposta di Federzoni (ministro
dell’Interno) e Rocco (ministro della Giustizia) approvò le leggi
eccezionali dette “fascistissime”, il cui obiettivo fu di ridurre al
minimo gli spazi di azione politica antifascista, con una fortissima
limitazione delle libertà civili
• Furono soppressi tutti i partiti e le associazioni antifasciste
• La polizia era autorizzata a sparare in caso di espatrio clandestino
• Furono chiusi tutti gli organi di stampa contrari al regime
• Fu istituito il confino di polizia per gli oppositori politici,cioè un
periodo di allontanamento di questi ultimi in luoghi remoti d’Italia
• Fu creata una polizia contro i reati politici dipendente dalla Mvsn
• Fu reintrodotta la pena di morte per tutti coloro che avessero
attentato contro la vita del re o del capo del governo
72. Il Tribunale speciale per la difesa dello stato
• I 120 deputati della secessione aventiniana
furono espulsi dalla Camera il 9 novembre
• Un’ora dopo il Consiglio dei ministri approvò
anche una legge speciale per la difesa dello stato,
in cui era compresa l’istituzione del Tribunale
speciale per la difesa dello stato,che doveva
giudicare i reati politici stabiliti dalla legge
speciale stessa
• Esso era composto da ufficiali della Mvsn e delle
forze armate
73. Bibliografia
• Giulia Albanese, La marcia su Roma, Roma - Bari,
Laterza
• Alberto De Bernardi - Scipione Guarracino (a cura
di), Dizionario del fascismo, Milano, Bruno
Mondadori
• Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario.1883-
1920, Torino, Einaudi
• Giovanni Sabbatucci, “Il delitto Matteotti”, in
Aa.Vv., Novecento italiano, Roma - Bari,Laterza
• Giovanni Sabbatucci - Vittorio Vidotto, Il mondo
contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma - Bari,
Laterza