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Il primo dopoguerra in Italia
        e il fascismo
Le dinamiche politiche tra 1919 e 1921
L’Italia al termine della I guerra mondiale

• L’Italia al termine della I guerra mondiale
  presentava i problemi degli altri stati dopo il
  conflitto
• La riconversione produttiva delle imprese
  industriali
• Flussi commerciali difficili
• Deficit pesantissimo del bilancio statale
• Inflazione molto alta
Operai, contadini, ceto medio
Socialmente e politicamente
• Gli operai recuperarono la libertà d’azione rivendicativa
  persa durante la guerra e lottarono per ottenre
  miglioramenti salariali e più voce in capitolo dentro le
  fabbriche.
  inoltre erano suggestionati dalla Rivoluzione d’ottobre e in
  alcuni settori mostravano velleità rivoluzionarie
• I contadini erano, alla fine della guerra, più consapevoli
  dei loro diritti e decisi a farli rispettare, premendo sulle
  forze politiche, affinché le promesse fatte durante il
  conflitto venissero mantenute
• I ceti medi, impiegati docenti piccoli commercianti,
  avevano sostenuto con forza la guerra e ne subirono le
  pesanti conseguenze economiche. Erano pronti a
  mobilitarsi e organizzarsi in difesa dei loro interessi e
  ideali
La nascita del Partito Popolare

            • I cattolici costruirono un partito politico, il Partito
              popolare italiano, grazie soprattutto all’azione di
              don Luigi Sturzo, sacerdote siciliano: 1919
            • Il Ppi aveva un programma di impostazione
              democratica, ma era anche legato strettamente
              alla Chiesa cattolica
            • Il Vaticano voleva usare il Ppi come argine rispetto
              all’espansione del socialismo, ateo e materialista, e
              quindi ne sostenne la nascita e il consolidamento
            • Dentro il Ppi esistevano diverse “anime” : dai
Don Luigi     sindacati bianchi alla corrente clerico-moderata
Sturzo      • La positività del Ppi stette nel dare una
              rappresentanza politica adeguata all’opinione
              pubblica cattolica, che il processo risorgimentale e i
              decenni postrisorgimentali avevano in parte
              emarginato, per le diffidenze reciproche che
              separavano liberali e cattolici
Il Partito socialista:
                              riformisti e massimalisti
                             • Il Partito socialista giunse a avere 200.000
                               tesserati nel 1920, e era la più
                               importante forza politica italiana, almeno
                               a livello numerico
                             • Al suo interno esso rimaneva diviso tra la
                               corrente riformista, minoritaria, che
                               guidava il gruppo parlamentare; e quella
                               massimalista, maggioritaria, che
                               esprimeva il leader del Psi, Giacinto
                               Serrati
Giacinto Menotti Serrati     • I massimalisti orientarono l’azione del Psi
Direttore dell’”Avanti!” e
leader massimalista
                               verso l’obiettivo della repubblica
del Psi                        socialista,anche se la loro strategia era di
                               non di spingere per un’azione
                               rivoluzionaria sul modello dei bolscevichi,
                               bensì di attendere la rivoluzione
                               socialista, che ritenevano inevitabile
La formazione del Partito comunista
                     •    L’ala di estrema sinistra del partito, in cui vi erano diversi giovani
                          intellettuali, tra cui Antonio Gramsci, Angelo Tasca e Palmiro
                          Togliatti e Amedeo Bordiga, avrebbe voluto “fare come in Russia”
                          in modo più deciso: un’azione rivoluzionaria di tipo bolscevico
                     •    Gramsci, sardo, ma attivo a Torino, e in contatto con gli ambienti
                          operai più radicali, aveva costituito un gruppo politico intorno alla
                          rivista “L’Ordine Nuovo” , e la sua idea era di riproporre anche in
Amadeo Bordiga            Italia l’esperienza dei soviet
                     •    I soviet dovevano essere sia uno strumento di lotta alla società
                          borghese, sia la base per una futura repubblica socialista
                     •    Bordiga, napoletano, riteneva invece necessario creare un partito
                          rivoluzionario sul modello di Lenin
                     •    Nel 1921, dopo che i socialisti massimalisti decisero di non aderire
                          alle imposizioni del II congresso del Comintern e di non espellere i
                          riformisti dal Psi, i gruppi di Gramsci e Bordiga a Livorno, durante
Simbolo del Pcd’I
                          il congresso del partito, abbandonarono il Psi
                     •    Venne costituito il Partito comunista d’Italia, che aveva una base
                          elettorale non ampia e un programma politico leninista




                    Palmiro Togliatti
Gli errori politici dei socialisti
• I socialisti, in quegli anni cruciali del primo dopoguerra,
  commisero due fondamentali errori politici
• La radicalizzazione delle posizioni politiche sul modello
  bolscevico impedì ogni collaborazione con le forze politiche
  democratico - borghesi, che rifiutavano la prospettiva di una
  rivoluzione russa in Italia, e soprattutto l’idea di una dittatura
  del proletariato
• La condanna persistente da parte dei massimalisti
  dell’esperienza bellica, dell’interventismo e di una
  prospettiva politica “nazionale” provocarono la profonda
  avversione verso il socialismo da parte dell’opinione
  pubblica piccolo-borghese (che di quelle idee era stata
  sostenitrice), e diedero argomenti antisocialisti all’azione
  politica dei gruppi “nazionalisti”, che invece difendevano i
  valori della vittoria
• L’effetto di questi errori strategici fu l’isolamento del
  movimento operaio, forte numericamente, ma privo di
  margini di azione politica.
La costituzione dei Fasci di combattimento
                             • Il 23 marzo 1919, a Milano, in Piazza S. Sepolcro, si
                               costituì un nuovo movimento politico, i “Fasci di
                               combattimento” , che per il momento si collocò a
                               sinistra, ma che aveva posizioni politiche più orientate
                               verso il nazionalismo e che rifiutava la prospettiva
                               politica socialista
                             • Il suo fondatore era il direttore del “Popolo d’Italia”
                               Benito Mussolini, che radunò intorno a se esponenti
                               politici dalle posizioni più disparate: ex combattenti, in
Piazza S.Sepolcro a Milano
                               primo luogo; ex socialisti; nazionalisti; sindacalisti
                               rivoluzionari; repubblicani
                             • Per quanto il movimento non avesse grande seguito, si
                               segnalò subito per il suo modo di intendere la politica,
                               che aveva come strategia l’azione diretta, anche
                               violenta, per l’affermazione delle idee e degli
                               obiettivi dei “Fasci”
                             • La novità emerse subito, il 15 aprile ‘19, quando
                               esponenti dei “Fasci” si scontrarono con un corteo
                               socialista a Milano e conclusero l’azione con l’incendio
                               della sede dell’ “Avanti!”,il quotidiano socialista

  Tessera di un “Fascio”
Gli esiti di Versailles per l’Italia
                          •   In questo quadro di notevole dinamismo politico interno si
                              inserì anche la vicenda relativa alle trattative di pace di
                              Versailles, nelle quali l’Italia aveva ottenuto due grossi
                              successi:
                          •   1. la dissoluzione dell’Impero asburgico, suo avversario
                              storico
                          •   2. l’annessione delle terre irredente, che completarono il
                              processo risorgimentale
                          •   Orlando e Sonnino, che trattavano per l’Italia a Versailles,
                              non ottennero però la Dalmazia, che era stata promessa
                              nel patto di Londra del ‘15 all’Italia, e che andò invece alla
                              neonata Jugoslavia, per opera soprattutto del presidente
                              statunitense Wilson
                          •   E soprattutto non ebbero la città di Fiume, anch’essa in
                              Dalmazia, città dove la popolazione italiana era in
                              maggioranza, ma che non poteva essere annessa all’Italia
                              sia perché fin dal Patto di Londra doveva rimanere
Nitti in una                  all’Impero asburgico, sia perché era in territorio jugoslavo
cartolina di              •   Al ritorno in Italia, Orlando si dimise a causa
propaganda                    dell’insuccesso e al suo posto Vittorio Emanuele III incaricò
elettorale del 1921           Francesco Saverio Nitti di formare il governo
La sindrome da
                  “vittoria mutilata”
• Una gran parte dell’opinione pubblica italiana rimase
  frustrata dalla conclusione delle trattative di pace a
  Versailles
• Gli ex alleati dell’Intesa erano visti come “traditori”
  perché avrebbero tolto all’Italia quanto le spettava per
  avere vinto la guerra
• La classe politica italiana era considerata fallimentare,
  a causa della sua incapacità di difendere gli interessi
  nazionali
• Il poeta Gabriele D’Annunzio promosse una campagna
  di propaganda all’insegna dello slogan per il quale la
  vittoria italiana era stata mutilata da quanto accaduto
  a Versailles
La sedizione militare di Fiume
             • Al termine dell’estate, il 12 settembre 1919, lo stesso
               D’Annunzio si mise a capo di un gruppo eterogeneo
               formato da soldati ribelli e da volontari che con una
               spedizione militare occupò la città di Fiume, secondo la
               strategia del “fatto compiuto”
             • D’Annunzio voleva dimostrare che la capacità d’iniziativa
               di minoranze ardite poteva risolvere situazioni
               compromesse dallo scarso coraggio dei governi
             • Il poeta dichiarò che era stata costituita la “Reggenza del
               Carnaro” e proclamò che la città era stata annessa
               all’Italia
             • Questo fu un colpo molto duro contro lo stato liberale, in
               quanto si trattava di una sedizione militare: a essa
               parteciparono quadri e ufficiali dell’esercito, era sostenuta
               dagli ambienti militari più reazionari
D’annunzio
“generale”
             • Il governo Nitti non volle usare la forza contro i “fiumani”
a Fiume        perché l’impresa ebbe un forte sostegno popolare e
               militare
             • La sua credibilità internazionale ne uscì compromessa, in
               quanto dimostrò incapacità di far rispettare i patti
               sottoscritti poche settimane prima
Fiume come laboratorio politico
            delle dittature reazionarie degli anni ‘20 e ‘30
                    • L’ “impresa” di Fiume fu uno strano laboratorio
                      politico, in cui si trovarono mescolati: ex ufficiali con
                      velleità da colpo di Stato; politici in cerca di
                      collocazione; idealisti e avventurieri; nazionalisti e
                      sindacalisti rivoluzionari; esuli scontenti dagli esiti di
                      Versailles
                    • L’ala anarchica di Alceste de Ambris voleva lanciare
                      da Fiume l’appello a un’insurrezione in Italia, che si
                      sarebbe conclusa con una “marcia su Roma” per
                      cacciare il governo
                    • A Fiume furono anche “sperimentati per la prima
                      volta formule e rituali collettivi (adunate
                      coreografiche, dialoghi tra il capo carismatico e la
Francobollo
emesso a Fiume        folla) che sarebbero stati applicati su ben più larga
durante               scala dai movimenti autoritari degli anni ‘20 e ’30”
l’occupazione del     (Sabbatucci-Vidotto)
1919 -20
La fine dell’avventura fiumana
• L’occupazione di Fiume durò circa un anno
• Essa fu però indebolita dalle divisioni interne agli
  occupanti; dalle difficoltà economiche crescenti del
  territorio, che suscitarono moti di protesta della
  popolazione; dall’ iniziativa diplomatica avviata da Nitti, e
  poi conclusa dal governo di Giolitti, per giungere a un
  accordo con la Jugoslavia, in modo da concedere alla
  popolazione di Fiume condizioni di favore
• Nella conferenza di Rapallo del 1920, italiani e jugoslavi si
  accordarono per il riconoscimento di Fiume come città
  libera (diventò italiana nel 1924) e per la rinuncia dell’Italia
  alla Dalmazia, tranne la città di Zara che le fu assegnata
• Le truppe italiane regolari costrinsero poi D’Annunzio e i
  suoi a lasciare la città alla fine del 1920.
L’inizio del “biennio rosso” in Italia

• Il clima politico e sociale in Italia prima delle elezioni del ‘19 era molto
  irrequieto
• I prezzi salirono a livelli molto elevati
• Questo determinò in molte città diverse tumulti contro il caro-vita
• Cominciò così un periodo che fu chiamato “biennio rosso”, segnato da
  agitazioni, scioperi, tumulti, occupazioni di stabilimenti, in cui ebbero un
  ruolo decisivo la Cgl, il Psi e la sinistra radicale in cui si riconoscevano
  politicamente buona parte degli operai e una parte consistente dei
  contadini
• Aumentarono di quasi 6 volte tra 1919 e 1920 rispetto al 1918 gli scioperi
  nell’industria, che raggiunsero la quota mai vista in Italia di 1 milione di
  scioperanti
• Gli scioperi nei servizi pubblici, anch’essi molto numerosi, determinarono
  disagi e rabbia tra l’opinione pubblica borghese e piccolo-borghese
Il biennio rosso
Il biennio rosso nelle campagne:
                leghe bianche e leghe rosse
• Anche le campagne furono coinvolte da numerosi, lunghi e violenti
  scioperi
• Nelle zone rurali i sindacati bianchi (cattolici) e quelli rossi (socialisti)
  erano in forte competizione per acquisire il sostegno dei contadini e
  guidarne le azioni rivendicative
• i sindacati rossi avevano la prevalenza nella Bassa Padana e in Italia
  centrale(Emilia, Romagna, Toscana, Marche), mentre il rapporto tra
  bianchi e rossi era più equilibrato tra Piemonte, Lombardia e Veneto
• Le leghe bianche avevano come obiettivo la diffusione delle forme di
  compartecipazione alla proprietà agricola, come la mezzadria, e in
  generale allo sviluppo della piccola proprietà
• Le organizzazioni rosse puntavano invece alla “socializzazione della terra”
• Nell’estate del ‘19 si rivididero, soprattutto nel Meridione, forme di lotta
  antica, ma ricorrenti: le occupazioni delle terre, in particolare i latifondi
• Le lotte sindacali di questo periodo, sia nelle città, sia nelle campagne,
  rimasero reciprocamente estranee o ostili
Elezioni del 1919:
          il nuovo sistema proporzionale
• Le elezioni del ‘19 furono tenute secondo il
  sistema di rappresentanza proporzionale, con il
  quale si confrontavano tra loro le liste, e non i
  singoli candidati (come avveniva nel precedente
  sistema uninominale maggioritario)
• Ovviamente le forze politiche ottenevano seggi
  in proporzione ai voti ottenuti
• Questo sistema di voto favoriva i partiti,
  organizzati sul piano nazionale, e danneggiava i
  gruppi formati da “notabili”, come quelli legati
  alla vecchia classe politica liberale, ad esempio i
  giolittiani
Le elezioni del 1919
           Sinistra        seggi               Destra                seggi
           Radicali         53           Liberali di Salandra          23
        Socialisti ind.-    22       Partito economico, Partito        15
        Soc.riformisti                         agrario,
                                            Gruppo misto
       “Rinnovamento”       33      Democrazia liberale (Giolitti)     91
              Psi          137                Popolari                 99

I gruppi liberal-democratici si presentarono divisi alle elezioni e persero così la
   maggioranza assoluta (rispetto al 1913 passarono da 300 a 200 seggi circa)
                Il Psi fu il primo partito, 1.800.000 voti, pari al 32%
   Il Partito popolare fu il secondo partito per numero di voti, 1.160.000 voti

  Il sistema proporzionale sfavoriva la formazione di maggioranze omogenee
      L’unica maggioranza che fu possibile formare univa
                                     popolari e liberal-democratici
   Il Psi rifiutava ogni alleanza o collaborazione politica con partiti “borghesi”
I fasci di combattimento presentatisi a Milano ottennero poche migliaia di voti
Governo Giolitti (1920-21)

• Il governo di Nitti fu indebolito dall’esito elettorale e si
  dimise a metà del 1920
• Gli successe un governo guidato da Giolitti, allora
  ottantenne, che governò per un anno
• Liberalizzò il prezzo del pane, che era stato mantenuto
  basso a spese dell’erario
• Non riuscì a tassare i titoli azionari e i profitti di guerra,
  nonostante questo facesse parte del programma di Giolitti
• Giolitti non realizzò la sua tradizionale politica di
  contenere le iniziative del movimento operaio, aprendo
  verso alcune richieste di riforme che venivano da esso
L’occupazione delle fabbriche
• Nella seconda metà del 1920 si verificò un evento di significato
  storico cruciale, l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai
  metalmeccanici
• L’occupazione si inserì nella dura vertenza in atto tra gli
  imprenditori metalmeccanici, che dovevano riconvertire le proprie
  aziende dalla produzione bellica a quella “pacifica” e quindi
  avevano cominciato una serie di licenziamenti di quanti, assunti
  nelle fabbriche in guerra, erano adesso considerati in esubero, e di
  riduzioni salariali
• E i lavoratori dell’industria, che formavano una categoria forte e
  decisa, guidata dalla Fiom (Federazione italiana operai
  metalmeccanici), organizzazione della Cgl
• Tuttavia nelle fabbriche si erano sviluppati anche i primi consigli di
  fabbrica, eletti dai lavoratori, e stimolati dall’iniziativa del giornale
  di Gramsci “Ordine nuovo”, che nei consigli vedeva una versione
  italiana dei soviet
L’occupazione: inizio e modalità
• La vertenza, dopo che la tensione aveva cominciato a salire dalla
  primavera, cominciò a fine agosto 1920 quando gli industriali, che
  non volevano trattare sulle rivendicazioni sindacali relative a orario
  di lavoro e salari, decisero la serrata, cioè la chiusura degli
  stabilimenti
• La Fiom ordinò allora ai suoi aderenti di occupare le fabbriche
• Tale occupazione fu estesissima, circa 400.000 operai ne furono
  coinvolti
• Le modalità di azione erano molto simili dappertutto: dopo
  l’occupazione, sui tetti della fabbrica era issata la bandiera rossa;
  veniva organizzato un servizio di vigilanza armata, gestito dagli
  operai stessi, che si chiamarono “guardie rosse”; il lavoro, se
  possibile, veniva proseguito dagli lavoratori stessi, senza la guida
  dei dirigenti e dei manager
• In realtà il movimento era imponente, ma scarsamente incisivo sul
  piano concreto: “fare come in Russia” era improbabile perché gli
  operai per avviare un processo rivoluzionario avrebbero dovuto
  collegarsi alle altre lotte in atto (soprattutto nelle campagne) e
  perseguire concretamente l’obiettivo di prendere il potere”
Dal “fare come in Russia” agli accordi economici

• La Cgl riuscì a far passare la sua linea, più economicista: lo
  scontro doveva avere in primo luogo obiettivi economici e
  puntare al controllo sindacale sulle aziende
• Giolitti, come al solito,mediò nella vertenza, senza far
  intervenire le forze dell’ordine per soffocare le
  occupazioni, come avrebbero,invece, voluto gli
  imprenditori
• Il 19 settembre l’accordo tra imprenditori e sindacati fu
  raggiunto grazie alla mediazione di Giolitti
• I sindacati riuscirono a far passare tutte le loro richieste
  economiche e fu formata una inutile commissione mista di
  esperti industriali e sindacali per avviare l’avvio del
  controllo sindacale sulle aziende
Gli effetti negativi dell’occupazione
                       e la fine del “biennio rosso”


• I venti giorni di settembre furono un successo economico per il sindacato
  e per gli operai, ma portarono effetti negativi nelle settimane e mesi
  successivi
• I sindacati scontarono un senso di delusione da parte di molti operai, che
  avevano intravisto la possibilità di una rivoluzione russa (in realtà
  improbabile) e li accusarono di tradimento.
• I socialisti furono attaccati da più parti, dall’interno del movimento
  operaio, perché si erano dimostrati timidi e incerti nei giorni caldi della
  crisi e non l’avevano spinta verso esiti “rivoluzionari”.
• Il gruppo dell’”Ordine nuovo” affrettò il processo di distacco dal Psi, che
  porterà alla fondazione del Pcd’I
• Gli imprenditori, a loro volta, erano irritati per il comportamento del
  governo, che li aveva spinti a accettare un accordo economicamente
  sfavorevole
• Di fatto, l’occupazione delle fabbriche mise fine al “biennio rosso” in
  Italia
Lo squadrismo fascista
Il simbolo del movimento
    riprende il fascio che veniva
     portato dai littori nell’antica
Roma, quando accompagnavano
               i magistrati             Il “covo”: l’ufficio usato da Mussolini, a Milano,
     Il fascio rappresenta quindi      come direttore de “Il popolo d’Italia” dal 1915 al
             giustizia e unità                                  1920
Il “combattimento” si riferisce sia
    all’attitudine del movimento
   orientato all’uso della forza e
della violenza, ma anche agli ex
  combattenti che erano il cuore
                 dei fasci
La strategia fascista alla fine del biennio rosso


                            • Durante il biennio rosso, il movimento
                              fascista aveva avuto un ruolo marginale
                            • La sostanziale difficoltà del socialismo e
                              del sindacato spinse Mussolini a attuare
                              un’iniziativa decisa per contrastare con
                              successo il Psi e le organizzazioni a esso
                              legate
Squadra d’azione “Filippo   • I Fasci costituirono “squadre d’azione”,
Corridoni” di Fermo (An)
                              con le quali intendevano affermare gli
                              obiettivi del movimento con l’uso della
                              forza e della violenza, da esercitare
                              soprattutto contro i socialisti, ma anche
                              contro i “bianchi”, in particolare nelle
                              campagne.
La situazione nelle campagne
                        controllate dalle leghe rosse

• Nelle zone rurali specie della Bassa Padana, le leghe rosse esercitavano un
  forte controllo economico e sociale
• Contando su un largo sostegno di iscritti, esse contrattavano con i proprietari
  modi e tempi di lavoro, e avevano ottenuto miglioramenti salariali notevoli
  per i contadini
• L’aspetto negativo di questo sistema pervasivo, fatto anche di cooperative e
  associazioni, stava nel fatto che chi ne rimaneva fuori, era escluso dal mercato
  del lavoro
• Inoltre i socialisti erano forti abbastanza da guidare buona parte dei comuni
  della Bassa Padana
• I proprietari accettavano la situazione, perché vi era convenienza anche per
  loro, in quanto le leghe rosse garantivano il lavoro e contrattavano i salari.
  Anche i mezzadri e i piccoli affittuari si erano adattati al sistema
• Tuttavia, le aspirazioni di questi ultimi a ottenere miglioramenti della loro
  condizione che passavano attraverso l’acquisizione di piccole proprietà terriere
  non erano soddisfatte da un’organizzazione socio-economica di questo tipo, più
  favorevole ai braccianti.
L’episodio di Palazzo d’Accursio, 21 novembre1920
• Il movimento fascista colse queste contraddizioni e vi si inserì, attraverso la
  sua strategia della violenza
• Il primo episodio che manifestò la novità dell’azione politica fascista avvenne
  a Bologna, dove il 21 novembre 1920 le squadre d’azione impedirono
  l’insediamento della giunta comunale massimalista a Palazzo d’Accursio, per
  evitare che i socialisti esponessero al balcone del palazzo la bandiera rossa al
  posto di quella tricolore
• Ne vennero incidenti e violenze gravi tra guardie rosse, squadre fasciste e
  forze dell’ordine regolari
• Sembra che le guardie rosse abbiano tirato, per errore, bombe a mano nel
  cortile del palazzo dove si erano rifugiate persone che cercavano di sfuggire
  alle violenze fasciste in Piazza, uccidendo dieci persone
• I fascisti ottennero comunque il loro scopo, il consiglio fu dichiarato decaduto
  dal prefetto, e al posto della giunta regolarmente eletta fu insediato al
  potere un commissario prefettizio
• Nelle settimane seguenti le squadre fasciste si scatenarono in tutta l’Emilia e
  la Romagna per punire, dicevano loro, i socialisti veri nemici del popolo.
• Lo squadrismo si espanse in tutto il centro – Italia e qualche episodio si
  verificò anche nel Nord: zone squadriste furono Emilia, Toscana e Venezia-
  Giulia, e nel sud la Puglia
Le azioni delle squadre fasciste
                                   • Il modus operandi delle squadracce era simile
                                     dappertutto
                                   • Partivano dai centri urbani in gruppi su
                                     camion, armati di bastoni e spranghe, e con
                                     fucili e pistole prese dai magazzini dei
                                     reggimenti o ricevute dalle associazioni
                                     agrarie; raggiungevano le zone rurali e qui
                                     scatenavano le loro azioni violente contro le
                                     sedi del Psi, delle leghe rosse, delle Camere del
                                     lavoro e contro i municipi governati da socialisti
                                   • Molti furono picchiati, bastonati, umiliati, e, in
                                     diverse circostanze, costretti a lasciare non
                                     solo il loro incarico, politico o istituzionale, ma
                                     anche il loro paese o la loro città
                                   • Nei mesi a cavallo tra 1920 e 1921 molti
                                     consigli comunali furono forzati a dimettersi a
                                     causa delle azioni fasciste e molte leghe rosse
Tra il 1919 e il 1922 le azioni      furono sciolte
delle squadre fasciste             • Spesso gli ex aderenti alle leghe rosse furono
portarono a un numero di morti       costretti dai fascisti a entrare loro
oscillante tra 2000 e 3000 tra i     organizzazioni, che si ponevano, tra gli obiettivi
socialisti e circa 700 fascisti      (di facciata più che altro, lo sviluppo della
                                     piccola proprietà agricola.
L’ideologia fascista
                               • Il fascismo volle presentarsi come il
                                 movimento che proseguiva il discorso
                                 nazionale e patriottico del Risorgimento.
                               • I caduti nella guerre nazionali (compresa la
                                 Grande guerra) erano la base sulla quale
                                 ricostruire l’Italia come grande nazione
                               • Per ricostruire l’Italia era necessaria la
                                 compattezza della nazione, per cui ogni
                                 divisione nella società e tra le forze
                                 politiche andava eliminata anche e
                                 soprattutto con la forza
Squadra d’azione fascista di
Rota d’Imagna (Bg), 1923
                               • Sulla base di questi presupposti i fascisti
                                 presentarono le violenze contro i socialisti
                                 come la via per ristabilire l’unità dell’Italia
                               • Anche il sistema parlamentare e la
                                 dialettica politica tra idee e forze diverse
                                 erano per i fascisti un male per l’unità
                                 nazionale, quindi andavano superati
SIMBOLOGIA FASCISTA




                                                             L’avversario attaccato dalle squadre viene
  I fascisti hanno una divisa                             catturato e costretto a bere olio di ricino, un
     che li contraddistingue:                              purgante che determina scariche diarroiche
   ricorda l’abbigliamento          Le aggressioni      Il prigioniero si riempie così delle proprie feci
 militare, la camicia è nera         agli avversari        e a quel punto, se possibile, viene costretto a
 e su di essa vi sono simboli       avvengono con       attraversare in quelle condizioni i luoghi pubblici,
di morte, come accadeva alle      mazze e bastoni,                    poi viene lasciato libero
    Sturmtruppen tedesche       oltre che con armi da
durante la Grande guerra e ai            fuoco.                 Il messaggio simbolico è chiaro:
Freikorps della Repubblica di         Bastone e         l’avversario se la fa addosso, come succede a
              Weimar              manganello sono          chi non ha il controllo dei proprio corpo, un
     Questi simboli mortuari     parte dell’immagine     bambino o un vecchio, e quindi non è un vero
    esprimono il disprezzo,        dello squadrista                           uomo.
    frutto della forza e del
  coraggio, verso la morte,
  ma anche l’attrazione per
               essa
Finanziatori, sostenitori e composizione delle squadre

• Le squadre fasciste furono appoggiate,anche
  economicamente, dai proprietari terrieri, che le usarono
  come strumento capace di ridurre e poi eliminare il potere
  delle leghe rosse
• L’opinione pubblica antisocialista, anticomunista e
  antisindacalista vide nel fascismo una difesa contro il
  pericolo rivoluzionario
• Le squadre, in quei mesi del 20-21, aumentarono in
  quantità, reclutando persone che appartenevano ad ambiti
  eterogenei: ex ufficiali dell’esercito, che dopo la guerra
  non trovavano posto nella società civile; piccolo-borghesi,
  che vedevano in esse una via per affermarsi politicamente;
  ragazzi giovani e giovanissimi, che non avevano avuto l’età
  per partecipare alla guerra e erano spinti dal desiderio di
  combattere i “nemici della patria”
Cosa e chi aiutò l’affermazione fascista

• Il successo dei fascisti fu dovuto all’uso deciso e
  inedito della violenza come strumento di lotta
  politica
• Fu favorito dagli errori dei socialisti, divisi tra
  loro, incerti sulla strategia da attuare per
  contrastare questi nuovi avversari politici, e
  quindi vulnerabili
• Tuttavia vi sono anche precise responsabilità
  dello Stato e dei suoi apparati, che facilitarono le
  iniziative delle squadre
• 1. la forza pubblica
• II. la magistratura
• III. il governo di Giolitti
I fiancheggiatori “passivi” del fascismo
• Le forze dell’ordine, in diverse circostanze, non
  intervennero con decisione contro i fascisti e spesso
  lasciarono loro la libera iniziativa , perché li videro come
  alleati nella lotta contro i sovversivi (ovviamente i
  socialisti)
• La magistratura non usò contro i fascisti la medesima
  autorità e severità che impiegava invece contro i “rossi”,
  limitandosi a condanne blande
• Il governo di Giolitti, a sua volta, pur richiamando i prefetti
  a mantenere l’ordine, non si impegnò a contrastare le
  iniziative illegali e criminali delle squadre
• Giolitti vedeva nel movimento fascista un uno strumento
  utile a controllare le pretese dei socialisti e dei popolari, e
  pensava di poterlo inserire, terminata la sua fase violenta,
  dentro le istituzioni parlamentari e rappresentative,
  all’interno della maggioranza moderata-conservatrice
La strategia di Giolitti
                    e il successo di Mussolini
• Giolitti volle, infatti, approfittare delle nuove dinamiche politiche
  createsi in quei mesi e spinse il re a convocare le elezioni nel maggio
  1921
• Il suo obiettivo era di “imbrigliare la la violenza fascista inglobando
  la sua dirigenza dentro una coalizione che andasse dai fascisti ai
  social-riformisti di Bonomi in una prospettiva di governo di salvezza
  nazionale” (D. Consiglio)
• I moderato-conservatori formarono i blocchi nazionali, ovvero liste di
  coalizione che aggregavano liberali, democratici, repubblicani,
  nazionalisti, in cui furono candidati anche esponenti politici fascisti,
  con l’obiettivo di fermare l’espansione elettorale del Psi e del Ppi
• “I fascisti ottenevano così una legittimazione da parte della classe
  dirigente, senza per questo dover rinunciare ai metodi illegali”
  (Sabbatucci-Vidotto)
• In effetti le violenze dei fascisti non si interruppero neppure durante
  la campagna elettorale, e influirono sul voto
I risultati delle elezioni del maggio 1921
         Gruppi                         Seggi
                                                              I socialisti ebbero una flessione
            Psi                           123
                                                              importante (7%), ma minore di
            Ppi                           108                 quanto atteso, considerando le
     Blocchi nazionali                     105                violenze fasciste che li colpirono e la
(giolittiani + Associazione   (giolittiani 50, nazionalisti   scissione del Pcd’I
  nazionalista italiana +                  17,
          fascisti)                    fascisti 38)
      Partito liberale                     68
                                                              I gruppi liberali guadagnarono voti
       democratico                                            rispetto al ‘19, ma non in misura tale
      Partito liberale                     43                 da poter controllare il Parlamento
Partito democratico sociale                29
                                                              Aumentarono i consensi dei
           Pcd’I                           15                 popolari (8 seggi in più rispetto al
   Partito repubblicano                    6                  1919)
          italiano
 Partito dei Combattenti                   10                 La vera novità furono i 38 deputati
                                                              fascisti, (alle elezioni precedenti i
     Slavi e tedeschi                      9                  fascisti avevano ottenuto solo poche
    Partito economico                      5                  migliaia di voti) capeggiati da
                                                              Mussolini, eletto a Milano
  Socialisti indipendenti                  1
 Fasci di combattimento                    2
L’inutile “pacificazione” tra fascisti e Psi
         • Pochi giorni prima del voto Mussolini aveva
           dichiarato di essere in disaccordo con la politica di
           Giolitti e che non avrebbe appoggiato una sua
           candidatura come capo del governo
         • Con il voto raggiunse il suo obiettivo politico, quello
           cioè di essere non solo un attore degli equilibri
Ivanoe     precari del dopoguerra, ma il protagonista                Dino Grandi
Bonomi     determinante dello scenario politico
         • A luglio Giolitti si dimise, e il re scelse come nuovo
           Presidente del consiglio Ivanoe Bonomi, ex
           socialista
         • Bonomi mediò tra socialisti e fascisti, che firmarono
           un patto di pacificazione, in cui, genericamente,
           entrambi rinunciavano all’uso della violenza
         • Il patto però fu osteggiato dai fascisti intransigenti,   R. Farinacci
           identificabili con i capi locali del movimento, detti
           ras, in particolare: Dino Grandi, di Bologna; Roberto
           Farinacci, a Cremona; Italo Balbo, a Ferrara
         • Questi prefigurarono la possibilità di sfiduciare
           Mussolini

                                                                     Italo Balbo
Il fascismo da movimento a partito
                    • All’inizio di novembre del 1921, si tenne a Roma il
                      congresso dei Fasci che rinunciarono al patto di
                      pacificazione
                    • Mussolini sapeva di avere bisogno dell’uso della
                      forza garantito dal fascismo agrario, per questo fece
                      rientrare il dissenso interno con questa rinuncia
                    • I capi locali a loro volta sapevano che la guida
                      politica di Mussolini era importante, quindi
                      accettarono la sua proposta di trasformare il
Simbolo del Pnf       movimento, molto più libero nelle sue azioni, in un
                      partito, molto più vincolato e gerarchico
                    • Fu così decisa dal congresso la nascita del Partito
                      nazionale fascista,Pnf. il cui primo segretario fu
                      Michele Bianchi, stretto collaboratore di Mussolini
                    • Mussolini fu acclamato “duce”, cioè condottiero del
                      partito
                    • Le squadre furono incorporate nel partito,
                      costituendo una milizia privata del Pnf, fatto del
                      tutto illegale
Michele Bianchi
I militanti del Pnf, 1921
Aderenti al Pnf nel 1921 per   percentuali
  appartenenza sociale e
      professionale
    Commercianti e               9,1%
      esercenti
       Industriali               2,8%
     Professionisti              6,6%
  Proprietari terrieri,         11,9%
  piccoli proprietari,
       affittuari
        Impiegati               14,5%
       Insegnanti                1,1%
        Studenti                 13%
      Lavoratori                15,4%
                                             Fonte: A.B.Banti,
     dell’industria
                                             Il senso del tempo,
Lavoratori della terra          24,2%        Roma-Bari, Laterza,
                                             2012
 Lavoratori del mare              1%
Il 1922
Il governo di Luigi Facta
              • Il governo Bonomi entrò in crisi
                all’inizio del 1922, ma i popolari,
                parte della maggioranza, si
                opposero a un incarico per Giolitti
              • Fu formato un nuovo dicastero
                guidato da Luigi Facta, uomo
Luigi Facta
                politico legato a Giolitti
              • Il governo di Facta rimase in carica
                fino alla fine di ottobre 1922,
                mostrando una debolezza profonda
                sfruttata pienamente dal fascismo
La strategia fascista: legalità apparente
                         e illegalità tollerata
• Il fascismo era ormai una forza politica molto vasta (200.000 iscritti),
  che godeva di un sostegno importante da parte soprattutto della
  piccola borghesia, ma che era visto con simpatia anche da molti
  ambienti del potere economico, nonché dalle forze dell’ordine, dall’
  esercito, dai prefetti e dalla magistratura.
• Mussolini spinse decisamente il Pnf fuori dai suoi limiti di movimento
  agrario
• Egli lavorava politicamente su due fronti: la manovra politica a livello
  parlamentare e l’azione diretta condotta dalle squadre
• La prima parte del 1922 fu segnata da iniziative fasciste sempre più
  violente e impunite, concentrate soprattutto nelle provincie a
  maggiore presenza socialista.
• Con l’uso della violenza e delle armi, e con la compiacenza delle
  autorità istituzionali e delle forze dell’ordine, i fascisti presero il
  controllo di città padane come Bologna , Ferrara e Cremona.
• “I fascisti,mettendo in discussione attraverso la violenza, la legittimità
  anche della mera esistenza di alcune forze politiche parlamentari,
  stavano reinventando gli spazi dello Stato di diritto e riscrivendo la
  costituzione materiale dell’Italia liberale” (Giulia Albanese)
L’impotenza socialista
• Il governo di Facta apparve chiaramente incapace di gestire la
  situazione e di garantire la legalità.
• I socialisti e il movimento sindacale rimasero spiazzati di fronte al
  fenomeno fascista, che non riuscirono a contrastare efficacemente
  né sul piano politico, né sotto l’aspetto dell’azione popolare
• Due decisioni si rivelarono inutili e sbagliate
• 1. in luglio il gruppo parlamentare socialista guidato da Turati
  diede la disponibilità a sostenere un governo democratico, contro
  la linea politica del Psi
• 2. In agosto la Cgl decise di organizzare uno sciopero generale in
  difesa della libertà costituzionali. Lo sciopero fu fallimentare negli
  esiti, ma scatenò ulteriormente la violenza dei fascisti, che
  affermando di voler garantire ordine e legalità assaltarono sezioni
  del Psi, Camere del lavoro, circoli e sedi dei giornali legati al
  socialismo
• In particolare furono vittime delle violenze fasciste le città più
  legate al Psi: Milano, Genova, Livorno, Ancona, Parma
Un episodio della violenza fascista:
                                   Milano, agosto 1922
•   Nel tardo pomeriggio del 3 agosto un gruppo di persone, in apparenza riunitosi spontaneamente, ma nella
    realtà guidati dai fascisti, preme contro le porte di Palazzo Marino, sede del comune
•   La polizia, a difesa dell'edificio, si scansa e lascia entrare la calca, mentre Gabriele D'Annunzio, che si trova a
    Milano viene chiamato ad arringare la folla presente con un discorso dal balcone del Municipio.
    Il giorno successivo, il procuratore generale Antonio Raimondi dichiara che quanto è accaduto non costituisce
    motivo di reato, e il prefetto Lusignoli esautora l'amministrazione, firmando un decreto con il quale nomina un
    commissario prefettizio
•   Altre rappresaglie si scatenano contro socialisti e comunisti: un camion si lancia contro la porta del circolo
    comunista di via Cellini, i fascisti vi penetrano dando fuoco a documenti e suppellettili: altri circoli sono assaltati,
    Abbandonata la sede del Municipio, i fascisti, sotto la guida del capitano Forni, che pronuncia un discorso per
    spingere i suoi a "riprendere la marcia verso la rigenerazione del paese, guastato dal sovversivismo",
    intraprendono un corteo per la città, cantando Giovinezza.
•   Giunti sotto la sede del giornale socialista "Avanti!" lo assaltano. La forza pubblica a difesa dell'edificio, cui
    erano stati aggiunti anche dei bersaglieri, sta schierata lungo il muro di cinta: distratti dall'arrivo del corteo
    fascista, non si accorgono che un altro manipolo di camicie nere, più numeroso, sopraggiungendo dalla parte
    opposta, riesce ad aprire una breccia nel muro, penetrando nella sede del giornale. Quando si sentono i primi
    scoppi l'incendio è ormai divampato dalle numerose bottiglie incendiarie lanciate dagli squadristi all'interno
    dell'edificio, dove gli operai sono intenti al lavoro.
    La lentezza di reazione sia della forza pubblica che dei vigili del fuoco, accorsi con molto ritardo, favorirono la
    propagazione dell'incendio dal pianterreno fino al primo piano, rovinando completamente i macchinari e
    mettendo nello stesso tempo in grave pericolo la stabilità dell'edifico stesso.
    La gente del quartiere e gli antifascisti si riversano per strada: rivoltellate, bombe e corpo a corpo contro i
    fascisti proseguono per ore fino a tarda notte.
•   Le forze dell’ordine sparano indiscriminatamente, e tra i morti vi sono anche tre squadristi
La conquista del potere come unica prospettiva
• Mussolini aveva già prospettato la volontà fascista di forzare la legalità
  istituzionale e di procedere a iniziative per la conquista del potere in un
  discorso parlamentare dell’estate 1922 con il quale motivava la
  decisione di non votare più la fiducia al governo dopo l’occupazione
  fascista del potere a Cremona
• Nel frattempo continuava le trattative con i liberali per entrare in un
  nuovo governo; rassicurava la monarchia con la sconfessione del suo
  passato di repubblicano; otteneva la benevolenza degli industriali,
  affermando di voler dare spazio all’iniziativa privata
• “Solo insediandosi al potere il partito avrebbe potuto andare incontro
  alle aspettative delle masse ormai ingenti che si raccoglievano nelle sue
  file ed evitare il pericolo di una reazione di rigetto da parte di quelle
  forze moderate che, avendo appoggiato lo squadrismo in funzione
  antisocialista,avrebbero potuto ritenere ormai esaurito il suo ruolo”
  (Sabbatucci - Vidotto)
• Tra agosto e ottobre i fascisti cominciarono a parlare, in modo sempre
  più di un’azione che veniva chiamata “marcia militare su Roma”, oppure,
  apertamente, “colpo di stato”, e, nel frattempo costituirono un corpo
  paramilitare, la “milizia fascista”guidata da Cesare Maria De Vecchi
La strategia del colpo di stato “annunciato”

• “La scelta di questa strategia va messa in relazione con le particolari
  circostanze politiche in cui l’avvenimento si realizzò: le forze a
  disposizione dei fascisti non erano tali da consentire, né far sperare,
  un esito vittorioso nell’eventualità di uno scontro, qualora lo Stato
  avesse fatto ricorso a tutte le sue forze per contrastarlo
• Per questo il discorso a metà segreto e a metà pubblico relativo alla
  marcia, accompagnato da una parte, dalle dichiarazioni di fedeltà al
  sovrano e, dall’altra, dalle dichiarazioni di amicizia nei confronti
  dell’esercito, serviva a preparare il terreno per una sollevazione in cui
  né il sostegno del sovrano né quello dell’esercito erano garantiti, pur
  essendo assolutamente necessari
• Lo stesso frequente ricorso alla violenza nella retorica fascista, come
  pure il continuo tono di sfida nei confronti dello Stato, rendevano meno
  problematica l’assenza di segretezza nel preparare la marcia su Roma:
  nessuno, infatti, credeva fino in fondo a quanto dicevano i fascisti,
  anche se alle loro parole frequentemente corrispondevano i fatti
  “(Giulia Albanese)
La preparazione della marcia su Roma
                       • A metà ottobre 1922 a Milano una riunione
             Emilio
             De Bono     pianificò la marcia su Roma, che sarebbe stata
                         guidata dai “quadrumviri per la rivoluzione”:
                         De Bono, Balbo, De Vecchi e Bianchi
                       • In realtà era un piano che non riguardava
Italo
Balbo
                         solo Roma e prevedeva l’occupazione degli
                         edifici pubblici nelle città più importanti; il
                         concentramento di camicie nere in quattro
                         zone di Roma; un ultimatum a Facta affinché
           Cesare        cedesse il potere; l’entrata a Roma e la presa
           De Vecchi     di possesso dei ministeri.
                       • Era previsto anche un piano alternativo in
                         caso di sconfitta dell’iniziativa, per cui le
                         milizie fasciste avrebbero ripiegato verso
 Michele
 Bianchi
                         l’Italia centrale, costituito in una città di
                         questa zona un governo fascista, per poi
                         radunarsi in Val Padana e tornare all’attacco di
                         Roma
La natura della marcia su Roma
                                     • La cosiddetta marcia su Roma fu
                                       una mobilitazione generale di
                                       tutte le forze fasciste per
                                       conquistare il potere
                                     • Secondo molti storici Mussolini
                                       non credeva che essa avrebbe
  Una colonna di fascisti
  avviati verso Roma,                  avuto successo in forma
  buona parte veniva dalla
  Toscana                              “militare”, ma che fosse utile
                                       come mezzo di pressione
                                       politica in una situazione in cui
                                       il governo era assai debole,
                                       mentre re e esercito erano
                                       incerti sul da farsi
L’”esuberanza” fascista esercitata
su un treno per Roma
L’occupazione delle città italiane
                                        • Già il 27 ottobre 1922 vi furono le occupazioni di
                                          alcune città, con sorpresa delle forze dell’ordine,
                                          che sulla base delle voci si aspettavano un’azione
                                          limitata solo a Roma
                                        • La prima città occupata fu Pisa, di cui seguirono
                                          Siena, Cremona, Foggia, Perugia, nominata
                                          “capitale della rivoluzione fascista”
                                        • Nella maggior parte delle città, le azioni si
                                          svolsero come trattative tra fascisti e forze
                                          dell’ordine,oppure con azioni di sorpresa,
                                          favorite dalla presenza dentro i luoghi da
                                          occupare, specie le caserme, di simpatizzanti o
                                          tesserati fascisti, che portarono all’occupazione di
                                          caserme,questure, prefetture, uffici telegrafici
                                        • Molte altre città furono occupate nella notte tra
                                          27 e 28 ottobre
                                        • Queste occupazioni dovevano servire come
          Prima pagina de
“Il popolo d’Italia”, 28 ottobre 1922
                                          strumento di pressione sul governo Facta
                                          affinché desse le dimissioni e per costringere il re
                                          a affidare l’incarico a Mussolini
La marcia su Roma,
il colpo di stato del 28 ottobre 1922

          • Il 28 ottobre 1922 cominciò la vera e
            propria marcia su Roma, e nel primo
            mattino il governo di Facta proclamò lo
            stato d’assedio, ma poi lo revocò a
            mezzogiorno, quando il re decise di non
            firmare l’ordine di mobilitare l’esercito
            contro i rivoltosi presentatogli da Facta
          • Questa revoca “rendeva chiaro, tanto alle
            autorità periferiche dello Stato che ai
            fascisti, che non c’era alcuna volontà
            politica di liquidare il movimento fascista”
            (Giulia Albanese)
          • A quel punto i fascisti, tra i quali giunse da
            Milano Mussolini, furono liberi di entrare a
            Roma in almeno 50.000
          • A sera, con i suoi ancora mobilitati,
            Mussolini rientrò a Milano e lasciò la
            situazione in mano ai quadrumviri, in
            attesa di una convocazione da parte del re
Il governo di Mussolini




Il telegramma con cui il re convocò a   Mussolini con i quattro triumviri   Mussolini e i triumviri
Roma Mussolini                          a Roma il 30 ottobre 1922           in un’immagine celebrativa
I fascisti rimangono mobilitati il 28, il 29 e il 30, fino a quando il re convoca
Mussolini, che era a Milano, la mattina del 30
Mussolini chiede e ottiene l’incarico di Presidente del consiglio per formare il
proprio governo
Il governo viene formato dal leader fascista in quarantotto ore: comprende
cinque fascisti, lui compreso ; tre indipendenti, ma filofascisti; due popolari; due
demosociali; due liberali; un nazionalista
Il capo di un partito che ha il 7% dei seggi ha formato un governo di cui lui è il
presidente, e che comprende una maggioranza di ministri che appartengono al
suo piccolo gruppo di parlamentari
La costruzione della dittatura




       Il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti
L’illegalità conquista il potere,
         pochi capiscono quanto è accaduto
• “La crisi si era risolta in modo quanto meno ambiguo
• I fascisti gridarono al trionfo e si convinsero di aver
  attuato una rivoluzione che in realtà era stata soltanto
  simulata
• I moderati si rallegrarono per il fatto che la legalità
  costituzionale, violata nei fatti, era stata rispettata
  almeno nelle forme
• Massimalisti e comunisti si illusero che nulla fosse
  fosse cambiato nella sostanza, dal momento che ai loro
  occhi ogni governo borghese era espressione della stessa
  dittatura di classe
• Il paese nel suo complesso seguì gli eventi con un misto
  di indifferenza e rassegnazione” (Sabbatucci-Vidotto)
“Potevo fare di quest’aula un bivacco di manipoli”
• Mussolini nel dibattito sulla fiducia alla Camere per il suo
  governo, il 16 novembre 1922, disse, tra l’altro:
        «Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi
  a tutto, e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io
  potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato
  di infangare il fascismo. Potevo fare di quest’aula sorda e
  grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il
  Parlamento e costituire un governo esclusivamente di
  fascisti. Potevo, ma non ho, almeno in questo primo tempo,
  voluto»
• Sulla base di questo discorso intimidatorio, la Camera votò
  la fiducia al governo Mussolini (favorevoli 306, contrari
  116), così come il Senato
• Inoltre, entrambi i rami del Parlamento votarono la
  concessione dei pieni poteri al governo per riformare il
  sistema tributario e la pubblica amministrazione
La strategia di Mussolini e
        la miopia degli alleati del fascismo
• La strategia politica di Mussolini rimase questa
  per tre anni, alternare alle promesse di un
  ritorno alla normalità del paese, in una
  prospettiva moderata, la minaccia di un
  ulteriore ricorso alla violenza eversiva
• “Questo fu possibile anche per la miopia delle
  altre forze politiche, in particolare degli alleati
  liberali e cattolici (i cosiddetti fiancheggiatori)”
  (Sabbatucci-Vidotto)
Il Gran consiglio e la Mvsn
                    • Lo svuotamento dello stato liberale si rafforzò tra la fine
                      del ‘22 e l’inizio del ‘23, con l’istituzione di due organi di
                      partito riconosciuti come legali
                    • I. Il Gran consiglio del Fascismo doveva indicare le linee
                      guida della politica fascista e collegare Pnf e Stato: esso
                      comprendeva il segretario del Pnf, il Presidente del
                      consiglio, i presidenti di Camera e Senato e i fascisti più
Seduta del Gran       importanti
consiglio (1928)    • II. La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale
                      (Mvsn), “è al servizio di Dio e della Patria italiana ed è
                      agli ordini del capo del governo. Provvede, in concorso
                      coi corpi armati per la pubblica sicurezza e con il R.
                      Esercito, a mantenere all’interno l’ordine pubblico;
                      prepara e conserva inquadrati i cittadini per la difesa
                      degli interessi dell’Italia nel mondo”
                    • Grazie alla Mvsn Mussolini voleva controllare le squadre
    Simbolo della     personalmente; tenerle a sua disposizione, fedeli solo a
    Mvsn              lui, come strumento di pressione verso gli avversari;
                      rassicurare gli ambienti conservatori che lo
                      appoggiavano
Gli inizi della repressione politica
• Gli avversari politici, specie quelli di sinistra e
  estrema sinistra, furono perseguitati legalmente
  e illegalmente
• Forze dell’ordine e magistratura procedettero a
  chiusure di giornali, scioglimento di
  amministrazioni comunali, arresti preventivi di
  militanti
• I primi a farne le spese furono i comunisti, che
  già nel 1923 furono ridotti alla semiclandestinità
• Il sindacato non fascista si scompaginò, solo
  alcune organizzazioni più forti come la Fiom
  riuscirono a sopravvivere
La politica economica del fascismo
• La politica economica dei primi anni fascisti fu
  organizzata e guidata dal ministro delle finanze De
  Stefani. Fu un’azione liberista, che favorì l’impresa
  privata
• Su di essa furono diminuite le tasse
• Lo Stato rinunciò al monopolio delle assicurazioni
  sulla vita
• Il servizio telefonico fu privatizzato
• La spesa pubblica fu ridotta, licenziando 20.000
  persone, tra cui molti ferrovieri (ritenuti politicamente
  e sindacalmente pericolosi)
  I risultati ottenuti furono positivi, l’industria e
  l’agricoltura ripresero a produrre in grandi quantità
• Il bilancio dello Stato raggiunse il pareggio nel 1925
La riforma Gentile della scuola,
                        “la più fascista delle riforme”
•   Nella primavera del 1923, su progetto del ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile viene avviata la
    riforma scolastica che prevede che i bambini dovranno studiare almeno fino a 14 anni.
•   La scuola elementare dura cinque anni
•   Al termine i ragazzi potranno iscriversi al ginnasio, 5 anni, per poi proseguire negli studi in un
    liceo classico, il cui diploma permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; o al liceo
    scientifico; o al liceo femminile; o all’istituto magistrale per preparare i maestri e le maestre
•   Il liceo classico permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; lo scientifico solo alle
    facoltà tecnico-scientifiche; le altre scuole terminavano con il solo diploma
•   l’istituto tecnico era articolato in un due corsi di tre (inferiore) e quattro anni (superiore)
•   Altrimenti era prevista la scuola complementare di avviamento al lavoro, che non permetteva, al
    termine dei tre anni, la frequenza a altre scuole
•   Le materie umanistiche e filosofiche avevano la prevalenza rispetto a quelle scientifiche per
    precisa convinzione filosofica di Gentile
•   Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e
    dell'educazione: una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, vista come
    strumento di selezione della futura classe dirigente.
•   Nelle scuole elementari veniva introdotta come materia obbligatoria la religione, “fondamento e
    coronamento dell’istruzione primaria”
•   Al termine di ogni ciclo di studi era previsto un esame di Stato: questo sistema favoriva le scuole
    private e parificate, in grande numero cattoliche, che potevano rilasciare diplomi che avevano lo
    stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole pubbliche
La legge Acerbo
                                    • Mussolini volle rafforzare elettoralmente il
                                      controllo politico che era riuscito a raggiungere
                                      dopo la marcia su Roma
                                    • Nell’estate del 1923, fascisti e fiancheggiatori
                                      approvarono una legge elettorale nuova, pensata
                                      su misura del consolidamento elettorale della
                                      maggioranza moderata, la legge Acerbo (dal
                                      nome del suo promotore)
                                    • Essa prevedeva che la lista elettorale che avesse
                                      ottenuto la maggioranza relativa dei voti
                                      avrebbe avuto il parlamento la maggioranza
La “pentarchia”; cioè la              assoluta dei 2/3 dei seggi. La lista vincente, per
commissione che preparò il            avere questo anomalo premio di maggioranza,
“listone” fascista:Rossi, Acerbo,
Finzi, Bianchi e Giunta, in piedi     doveva avere almeno il 25% dei voti
Moroni                              • Molti esponenti liberali, come Orlando e
                                      Salandra, e alcuni cattolici di destra, ex Ppi
                                      espulsi dal partito, decisero di candidarsi nelle
                                      liste nazionali presentatesi in tutta Italia con il
                                      simbolo fascista, il cosiddetto “listone” fascista
Gli errori delle opposizioni
                           e le violenze fasciste
                       • Le elezioni furono indirizzate anche dalla
                         scelta sbagliata delle opposizioni, che
                         non raggiunsero un accordo e
                         presentarono sei liste differenti, e in
                         questo modo rinunciarono a costituire
    Il liberale
    Giovanni             una valida alternativa al listone fascista: i
    Amendola             socialisti si erano divisi in due partiti
                         (riformista e massimalista), i comunisti, i
                         popolari, i liberali di Giovanni Amendola,
                         ciascuno andò per conto proprio
                       • La campagna elettorale fu segnata da
                         una delle più violente ondate di
      Il popolare
 Alcide de Gasperi
                         squadrismo: centinaia di candidati delle
succedette a Sturzo      liste non fasciste furono aggrediti, vi
come segretario del
Ppi nel 1924 e animò
                         furono devastazioni e incendi
    la secessione
     aventiniana
Le elezioni dell’aprile 1924

      Liste                  seggi
                                           Il listone fascista ottenne il 65%
 Lista nazionale           355 (356)
                                           dei voti e il 70% dei seggi
(listone fascista)      (4.305.936 voti)
       Ppi                    39           Il successo fu massiccio
       Psu                    24           soprattutto nel Sud e nelle isole,
                                           zone in cui il fascismo si era
       Psi                    22           rafforzato grazie all’ascesa al
      Pcd’I                   19           governo, che aveva provocato
    Liberali                  15           l’adesione al Pnf dei notabili locali e
                                           delle loro clientele
  Demosociali                 10
                                           Al nord, invece, il listone ottenne
                                           circa 1.360.000 voti contro
                                           1.431.000 delle opposizioni

                                           I seggi delle opposizioni furono
                                           appena 106
Il rapimento e l’omicidio di Giacomo Matteotti

                         • Il 30 maggio 1924, all’apertura della Camera, il
                           segretario del Psu Giacomo Matteotti denunciò le
                           intimidazioni e i brogli verificatisi durante le
                           elezioni.
                         • Il giorno dopo “Il Popolo d’Italia” affermò “Se
                           l’onorevole Matteotti avesse la testa rotta, ma
                           veramente rotta, non se ne meravigli”
  Giacomo Matteotti      • Il 10 giugno Matteotti fu sequestrato e ucciso a
                           Roma da un gruppo di fascisti guidato dal noto
                           squadrista Amerigo Dumini. Il suo corpo fu poi
                           nascosto nel bosco della Quartarella, appena fuori
                           dalla città e fu ritrovato sfigurato il 16 agosto
                         • L’assassinio era stato pianificato dentro il
                           ministero dell’Interno e vide coinvolti, anche se le
                           inchieste non hanno mai fatto chiarezza, Rossi,
                           capo ufficio stampa di Mussolini; Finzi,
Amerigo Dumini guidava
il gruppo che rapì
                           sottosegretario agli Interni; De Bono, capo della
Matteotti                  polizia, ma sembra chiaro che anche Mussolini ne
                           fosse informato
Mussolini reagisce attaccando

                              • Alla riapertura della Camera
                                del 3 gennaio 1925, Mussolini
                                tenne un discorso tutto
                                all’attacco delle opposizioni, in
                                cui si assunse la responsabilità
                                politica del delitto Matteotti e
Mussolini nel suo studio
di Presidente del consiglio     in generale dell’illegalità
                                fascista di quegli anni,
                                rivendicandone la giustezza e
                                la necessità.
Discorso di Mussolini alla Camera, 3 gennaio 1925

• «Ebbene,dichiaro qui,al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il
  popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale,
  storica di tutto quanto è avvenuto
• Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo
  e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e
  non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la
  colpa!. Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di
  questa associazione a delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci: "Tutti con
  voi!").
  Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico,
  politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo
  clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va
  dall'intervento ad oggi.
• Voi vedete da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha avuto
  profonde ripercussioni in tutto il paese. Allora viene il momento in cui si dice
  basta! Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è
  la forza. (vive approvazioni. vivi applausi. Commenti).
  Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non ce ne sarà mai.
  Ora io oso dire che il problema sarà risolto. Il fascismo, Governo e Partito,
  sono in piena efficienza.»
L’”Aventino delle coscienze”

• L’opinione pubblica attribuì a Mussolini e al fascismo il delitto, e per la
  prima volta in tre anni, nella seconda metà del 1924 il fascismo e il suo
  capo furono in grave difficoltà, quando anche gli alleati moderati
  presero le distanze, pur senza abbandonare il Pnf
• In questa situazione, le opposizioni erano comunque in una situazione
  difficile, perché mancavano della forza politica per mettere in
  minoranza il governo, e anche per mobilitare le piazze
• Decisero comunque di dare un segno forte e rinunciarono a partecipare
  alle sedute del Parlamento, per denunciare la situazione di illegalità in
  cui il paese viveva, la “questione morale”, e sperando che il re
  intervenisse.
• Questa scelta fu chiamata “Aventino delle coscienze” (in ricordo del
  colle su cui si riunirono i plebei in conflitto contro i patrizi nell’antica
  Roma)
• L’Aventino aveva un peso morale importante, ma non produsse effetti
  pratici: l’opposizione perse visibilità e il re non fece assolutamente nulla.
Repressione e fascistizzazione
                           • Subito dopo questo discorso cominciò la
                             repressione delle opposizioni, con
                             arresti, sequestri e perquisizioni di
                             uomini politici e dentro i giornali
                           • Molti antifascisti furono costretti a
Piero Gobetti, 1901-1926
                             andarsene dall’Italia: i liberali Giovanni
                             Amendola e Piero Gobetti, animatore
                             del periodico “Rivoluzione liberale”
                             morirono all’estero in conseguenza delle
                             violenze subite
                           • I grandi giornali, come “Corriere della
                             sera” e “La Stampa” furono
                             “fascistizzati” con l’imposizione di
                             direttori fascisti alla loro guida
Il patto di Palazzo Vidoni
         L’istituzione di podestà e consulte
• Nell’ottobre del 1925 fu firmato da industriali e
  sindacati fascisti il patto di Palazzo Vidoni,in base al
  quale la Confindustria riconosceva come controparte
  solo la Confederazione dei Fasci e delle Corporazioni,
  il sindacato fascista. Una legge del ‘26 ammetteva solo
  le associazioni sindacali riconosciute dal governo, e
  vietava scioperi e serrate
• Alla fine del 1925 venne ristabilita la regola, presente
  nello Statuto albertino, secondo cui il governo avrebbe
  risposto del suo operato solo al re
• Due leggi del 1926 creano i podestà e le consulte, di
  nomina governativa, che sostituivano sindaci e giunte
Gli attentati contro Mussolini (1925-1926)
                                 • Tra 1925 e il 1926 si
                                   verificarono quattro attentati
                                   contro Mussolini da parte di
                                   Tito Zaniboni (sventato), Violet
                                   Gibson (lo ferì al naso con un
                                   colpo di pistola), Gino Lucetti
Tito Zaniboni
                 Violet Gibson     (tentò di ucciderlo con una
                                   bomba) e Anteo Zamboni (un
                                   quindicenne che a Bologna gli
                                   sparò, senza colpirlo, e fu poi
Gino Lucetti
                                   accoltellato dai fascisti presenti
                                   guidati da Leandro Arpinati)
                Anteo Zamboni
Le leggi “fascistissime”

• Prendendo spunto da questi attentati, il 5 novembre 1926 il
  Consiglio dei ministri, su proposta di Federzoni (ministro
  dell’Interno) e Rocco (ministro della Giustizia) approvò le leggi
  eccezionali dette “fascistissime”, il cui obiettivo fu di ridurre al
  minimo gli spazi di azione politica antifascista, con una fortissima
  limitazione delle libertà civili
• Furono soppressi tutti i partiti e le associazioni antifasciste
• La polizia era autorizzata a sparare in caso di espatrio clandestino
• Furono chiusi tutti gli organi di stampa contrari al regime
• Fu istituito il confino di polizia per gli oppositori politici,cioè un
  periodo di allontanamento di questi ultimi in luoghi remoti d’Italia
• Fu creata una polizia contro i reati politici dipendente dalla Mvsn
• Fu reintrodotta la pena di morte per tutti coloro che avessero
  attentato contro la vita del re o del capo del governo
Il Tribunale speciale per la difesa dello stato

• I 120 deputati della secessione aventiniana
  furono espulsi dalla Camera il 9 novembre
• Un’ora dopo il Consiglio dei ministri approvò
  anche una legge speciale per la difesa dello stato,
  in cui era compresa l’istituzione del Tribunale
  speciale per la difesa dello stato,che doveva
  giudicare i reati politici stabiliti dalla legge
  speciale stessa
• Esso era composto da ufficiali della Mvsn e delle
  forze armate
Bibliografia

• Giulia Albanese, La marcia su Roma, Roma - Bari,
  Laterza
• Alberto De Bernardi - Scipione Guarracino (a cura
  di), Dizionario del fascismo, Milano, Bruno
  Mondadori
• Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario.1883-
  1920, Torino, Einaudi
• Giovanni Sabbatucci, “Il delitto Matteotti”, in
  Aa.Vv., Novecento italiano, Roma - Bari,Laterza
• Giovanni Sabbatucci - Vittorio Vidotto, Il mondo
  contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma - Bari,
  Laterza

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Dopoguerra e fascismo in Italia

  • 1. Il primo dopoguerra in Italia e il fascismo
  • 2. Le dinamiche politiche tra 1919 e 1921
  • 3. L’Italia al termine della I guerra mondiale • L’Italia al termine della I guerra mondiale presentava i problemi degli altri stati dopo il conflitto • La riconversione produttiva delle imprese industriali • Flussi commerciali difficili • Deficit pesantissimo del bilancio statale • Inflazione molto alta
  • 4. Operai, contadini, ceto medio Socialmente e politicamente • Gli operai recuperarono la libertà d’azione rivendicativa persa durante la guerra e lottarono per ottenre miglioramenti salariali e più voce in capitolo dentro le fabbriche. inoltre erano suggestionati dalla Rivoluzione d’ottobre e in alcuni settori mostravano velleità rivoluzionarie • I contadini erano, alla fine della guerra, più consapevoli dei loro diritti e decisi a farli rispettare, premendo sulle forze politiche, affinché le promesse fatte durante il conflitto venissero mantenute • I ceti medi, impiegati docenti piccoli commercianti, avevano sostenuto con forza la guerra e ne subirono le pesanti conseguenze economiche. Erano pronti a mobilitarsi e organizzarsi in difesa dei loro interessi e ideali
  • 5. La nascita del Partito Popolare • I cattolici costruirono un partito politico, il Partito popolare italiano, grazie soprattutto all’azione di don Luigi Sturzo, sacerdote siciliano: 1919 • Il Ppi aveva un programma di impostazione democratica, ma era anche legato strettamente alla Chiesa cattolica • Il Vaticano voleva usare il Ppi come argine rispetto all’espansione del socialismo, ateo e materialista, e quindi ne sostenne la nascita e il consolidamento • Dentro il Ppi esistevano diverse “anime” : dai Don Luigi sindacati bianchi alla corrente clerico-moderata Sturzo • La positività del Ppi stette nel dare una rappresentanza politica adeguata all’opinione pubblica cattolica, che il processo risorgimentale e i decenni postrisorgimentali avevano in parte emarginato, per le diffidenze reciproche che separavano liberali e cattolici
  • 6. Il Partito socialista: riformisti e massimalisti • Il Partito socialista giunse a avere 200.000 tesserati nel 1920, e era la più importante forza politica italiana, almeno a livello numerico • Al suo interno esso rimaneva diviso tra la corrente riformista, minoritaria, che guidava il gruppo parlamentare; e quella massimalista, maggioritaria, che esprimeva il leader del Psi, Giacinto Serrati Giacinto Menotti Serrati • I massimalisti orientarono l’azione del Psi Direttore dell’”Avanti!” e leader massimalista verso l’obiettivo della repubblica del Psi socialista,anche se la loro strategia era di non di spingere per un’azione rivoluzionaria sul modello dei bolscevichi, bensì di attendere la rivoluzione socialista, che ritenevano inevitabile
  • 7. La formazione del Partito comunista • L’ala di estrema sinistra del partito, in cui vi erano diversi giovani intellettuali, tra cui Antonio Gramsci, Angelo Tasca e Palmiro Togliatti e Amedeo Bordiga, avrebbe voluto “fare come in Russia” in modo più deciso: un’azione rivoluzionaria di tipo bolscevico • Gramsci, sardo, ma attivo a Torino, e in contatto con gli ambienti operai più radicali, aveva costituito un gruppo politico intorno alla rivista “L’Ordine Nuovo” , e la sua idea era di riproporre anche in Amadeo Bordiga Italia l’esperienza dei soviet • I soviet dovevano essere sia uno strumento di lotta alla società borghese, sia la base per una futura repubblica socialista • Bordiga, napoletano, riteneva invece necessario creare un partito rivoluzionario sul modello di Lenin • Nel 1921, dopo che i socialisti massimalisti decisero di non aderire alle imposizioni del II congresso del Comintern e di non espellere i riformisti dal Psi, i gruppi di Gramsci e Bordiga a Livorno, durante Simbolo del Pcd’I il congresso del partito, abbandonarono il Psi • Venne costituito il Partito comunista d’Italia, che aveva una base elettorale non ampia e un programma politico leninista Palmiro Togliatti
  • 8. Gli errori politici dei socialisti • I socialisti, in quegli anni cruciali del primo dopoguerra, commisero due fondamentali errori politici • La radicalizzazione delle posizioni politiche sul modello bolscevico impedì ogni collaborazione con le forze politiche democratico - borghesi, che rifiutavano la prospettiva di una rivoluzione russa in Italia, e soprattutto l’idea di una dittatura del proletariato • La condanna persistente da parte dei massimalisti dell’esperienza bellica, dell’interventismo e di una prospettiva politica “nazionale” provocarono la profonda avversione verso il socialismo da parte dell’opinione pubblica piccolo-borghese (che di quelle idee era stata sostenitrice), e diedero argomenti antisocialisti all’azione politica dei gruppi “nazionalisti”, che invece difendevano i valori della vittoria • L’effetto di questi errori strategici fu l’isolamento del movimento operaio, forte numericamente, ma privo di margini di azione politica.
  • 9. La costituzione dei Fasci di combattimento • Il 23 marzo 1919, a Milano, in Piazza S. Sepolcro, si costituì un nuovo movimento politico, i “Fasci di combattimento” , che per il momento si collocò a sinistra, ma che aveva posizioni politiche più orientate verso il nazionalismo e che rifiutava la prospettiva politica socialista • Il suo fondatore era il direttore del “Popolo d’Italia” Benito Mussolini, che radunò intorno a se esponenti politici dalle posizioni più disparate: ex combattenti, in Piazza S.Sepolcro a Milano primo luogo; ex socialisti; nazionalisti; sindacalisti rivoluzionari; repubblicani • Per quanto il movimento non avesse grande seguito, si segnalò subito per il suo modo di intendere la politica, che aveva come strategia l’azione diretta, anche violenta, per l’affermazione delle idee e degli obiettivi dei “Fasci” • La novità emerse subito, il 15 aprile ‘19, quando esponenti dei “Fasci” si scontrarono con un corteo socialista a Milano e conclusero l’azione con l’incendio della sede dell’ “Avanti!”,il quotidiano socialista Tessera di un “Fascio”
  • 10. Gli esiti di Versailles per l’Italia • In questo quadro di notevole dinamismo politico interno si inserì anche la vicenda relativa alle trattative di pace di Versailles, nelle quali l’Italia aveva ottenuto due grossi successi: • 1. la dissoluzione dell’Impero asburgico, suo avversario storico • 2. l’annessione delle terre irredente, che completarono il processo risorgimentale • Orlando e Sonnino, che trattavano per l’Italia a Versailles, non ottennero però la Dalmazia, che era stata promessa nel patto di Londra del ‘15 all’Italia, e che andò invece alla neonata Jugoslavia, per opera soprattutto del presidente statunitense Wilson • E soprattutto non ebbero la città di Fiume, anch’essa in Dalmazia, città dove la popolazione italiana era in maggioranza, ma che non poteva essere annessa all’Italia sia perché fin dal Patto di Londra doveva rimanere Nitti in una all’Impero asburgico, sia perché era in territorio jugoslavo cartolina di • Al ritorno in Italia, Orlando si dimise a causa propaganda dell’insuccesso e al suo posto Vittorio Emanuele III incaricò elettorale del 1921 Francesco Saverio Nitti di formare il governo
  • 11. La sindrome da “vittoria mutilata” • Una gran parte dell’opinione pubblica italiana rimase frustrata dalla conclusione delle trattative di pace a Versailles • Gli ex alleati dell’Intesa erano visti come “traditori” perché avrebbero tolto all’Italia quanto le spettava per avere vinto la guerra • La classe politica italiana era considerata fallimentare, a causa della sua incapacità di difendere gli interessi nazionali • Il poeta Gabriele D’Annunzio promosse una campagna di propaganda all’insegna dello slogan per il quale la vittoria italiana era stata mutilata da quanto accaduto a Versailles
  • 12. La sedizione militare di Fiume • Al termine dell’estate, il 12 settembre 1919, lo stesso D’Annunzio si mise a capo di un gruppo eterogeneo formato da soldati ribelli e da volontari che con una spedizione militare occupò la città di Fiume, secondo la strategia del “fatto compiuto” • D’Annunzio voleva dimostrare che la capacità d’iniziativa di minoranze ardite poteva risolvere situazioni compromesse dallo scarso coraggio dei governi • Il poeta dichiarò che era stata costituita la “Reggenza del Carnaro” e proclamò che la città era stata annessa all’Italia • Questo fu un colpo molto duro contro lo stato liberale, in quanto si trattava di una sedizione militare: a essa parteciparono quadri e ufficiali dell’esercito, era sostenuta dagli ambienti militari più reazionari D’annunzio “generale” • Il governo Nitti non volle usare la forza contro i “fiumani” a Fiume perché l’impresa ebbe un forte sostegno popolare e militare • La sua credibilità internazionale ne uscì compromessa, in quanto dimostrò incapacità di far rispettare i patti sottoscritti poche settimane prima
  • 13. Fiume come laboratorio politico delle dittature reazionarie degli anni ‘20 e ‘30 • L’ “impresa” di Fiume fu uno strano laboratorio politico, in cui si trovarono mescolati: ex ufficiali con velleità da colpo di Stato; politici in cerca di collocazione; idealisti e avventurieri; nazionalisti e sindacalisti rivoluzionari; esuli scontenti dagli esiti di Versailles • L’ala anarchica di Alceste de Ambris voleva lanciare da Fiume l’appello a un’insurrezione in Italia, che si sarebbe conclusa con una “marcia su Roma” per cacciare il governo • A Fiume furono anche “sperimentati per la prima volta formule e rituali collettivi (adunate coreografiche, dialoghi tra il capo carismatico e la Francobollo emesso a Fiume folla) che sarebbero stati applicati su ben più larga durante scala dai movimenti autoritari degli anni ‘20 e ’30” l’occupazione del (Sabbatucci-Vidotto) 1919 -20
  • 14. La fine dell’avventura fiumana • L’occupazione di Fiume durò circa un anno • Essa fu però indebolita dalle divisioni interne agli occupanti; dalle difficoltà economiche crescenti del territorio, che suscitarono moti di protesta della popolazione; dall’ iniziativa diplomatica avviata da Nitti, e poi conclusa dal governo di Giolitti, per giungere a un accordo con la Jugoslavia, in modo da concedere alla popolazione di Fiume condizioni di favore • Nella conferenza di Rapallo del 1920, italiani e jugoslavi si accordarono per il riconoscimento di Fiume come città libera (diventò italiana nel 1924) e per la rinuncia dell’Italia alla Dalmazia, tranne la città di Zara che le fu assegnata • Le truppe italiane regolari costrinsero poi D’Annunzio e i suoi a lasciare la città alla fine del 1920.
  • 15. L’inizio del “biennio rosso” in Italia • Il clima politico e sociale in Italia prima delle elezioni del ‘19 era molto irrequieto • I prezzi salirono a livelli molto elevati • Questo determinò in molte città diverse tumulti contro il caro-vita • Cominciò così un periodo che fu chiamato “biennio rosso”, segnato da agitazioni, scioperi, tumulti, occupazioni di stabilimenti, in cui ebbero un ruolo decisivo la Cgl, il Psi e la sinistra radicale in cui si riconoscevano politicamente buona parte degli operai e una parte consistente dei contadini • Aumentarono di quasi 6 volte tra 1919 e 1920 rispetto al 1918 gli scioperi nell’industria, che raggiunsero la quota mai vista in Italia di 1 milione di scioperanti • Gli scioperi nei servizi pubblici, anch’essi molto numerosi, determinarono disagi e rabbia tra l’opinione pubblica borghese e piccolo-borghese
  • 17. Il biennio rosso nelle campagne: leghe bianche e leghe rosse • Anche le campagne furono coinvolte da numerosi, lunghi e violenti scioperi • Nelle zone rurali i sindacati bianchi (cattolici) e quelli rossi (socialisti) erano in forte competizione per acquisire il sostegno dei contadini e guidarne le azioni rivendicative • i sindacati rossi avevano la prevalenza nella Bassa Padana e in Italia centrale(Emilia, Romagna, Toscana, Marche), mentre il rapporto tra bianchi e rossi era più equilibrato tra Piemonte, Lombardia e Veneto • Le leghe bianche avevano come obiettivo la diffusione delle forme di compartecipazione alla proprietà agricola, come la mezzadria, e in generale allo sviluppo della piccola proprietà • Le organizzazioni rosse puntavano invece alla “socializzazione della terra” • Nell’estate del ‘19 si rivididero, soprattutto nel Meridione, forme di lotta antica, ma ricorrenti: le occupazioni delle terre, in particolare i latifondi • Le lotte sindacali di questo periodo, sia nelle città, sia nelle campagne, rimasero reciprocamente estranee o ostili
  • 18. Elezioni del 1919: il nuovo sistema proporzionale • Le elezioni del ‘19 furono tenute secondo il sistema di rappresentanza proporzionale, con il quale si confrontavano tra loro le liste, e non i singoli candidati (come avveniva nel precedente sistema uninominale maggioritario) • Ovviamente le forze politiche ottenevano seggi in proporzione ai voti ottenuti • Questo sistema di voto favoriva i partiti, organizzati sul piano nazionale, e danneggiava i gruppi formati da “notabili”, come quelli legati alla vecchia classe politica liberale, ad esempio i giolittiani
  • 19. Le elezioni del 1919 Sinistra seggi Destra seggi Radicali 53 Liberali di Salandra 23 Socialisti ind.- 22 Partito economico, Partito 15 Soc.riformisti agrario, Gruppo misto “Rinnovamento” 33 Democrazia liberale (Giolitti) 91 Psi 137 Popolari 99 I gruppi liberal-democratici si presentarono divisi alle elezioni e persero così la maggioranza assoluta (rispetto al 1913 passarono da 300 a 200 seggi circa) Il Psi fu il primo partito, 1.800.000 voti, pari al 32% Il Partito popolare fu il secondo partito per numero di voti, 1.160.000 voti Il sistema proporzionale sfavoriva la formazione di maggioranze omogenee L’unica maggioranza che fu possibile formare univa popolari e liberal-democratici Il Psi rifiutava ogni alleanza o collaborazione politica con partiti “borghesi” I fasci di combattimento presentatisi a Milano ottennero poche migliaia di voti
  • 20. Governo Giolitti (1920-21) • Il governo di Nitti fu indebolito dall’esito elettorale e si dimise a metà del 1920 • Gli successe un governo guidato da Giolitti, allora ottantenne, che governò per un anno • Liberalizzò il prezzo del pane, che era stato mantenuto basso a spese dell’erario • Non riuscì a tassare i titoli azionari e i profitti di guerra, nonostante questo facesse parte del programma di Giolitti • Giolitti non realizzò la sua tradizionale politica di contenere le iniziative del movimento operaio, aprendo verso alcune richieste di riforme che venivano da esso
  • 21. L’occupazione delle fabbriche • Nella seconda metà del 1920 si verificò un evento di significato storico cruciale, l’occupazione delle fabbriche da parte degli operai metalmeccanici • L’occupazione si inserì nella dura vertenza in atto tra gli imprenditori metalmeccanici, che dovevano riconvertire le proprie aziende dalla produzione bellica a quella “pacifica” e quindi avevano cominciato una serie di licenziamenti di quanti, assunti nelle fabbriche in guerra, erano adesso considerati in esubero, e di riduzioni salariali • E i lavoratori dell’industria, che formavano una categoria forte e decisa, guidata dalla Fiom (Federazione italiana operai metalmeccanici), organizzazione della Cgl • Tuttavia nelle fabbriche si erano sviluppati anche i primi consigli di fabbrica, eletti dai lavoratori, e stimolati dall’iniziativa del giornale di Gramsci “Ordine nuovo”, che nei consigli vedeva una versione italiana dei soviet
  • 22. L’occupazione: inizio e modalità • La vertenza, dopo che la tensione aveva cominciato a salire dalla primavera, cominciò a fine agosto 1920 quando gli industriali, che non volevano trattare sulle rivendicazioni sindacali relative a orario di lavoro e salari, decisero la serrata, cioè la chiusura degli stabilimenti • La Fiom ordinò allora ai suoi aderenti di occupare le fabbriche • Tale occupazione fu estesissima, circa 400.000 operai ne furono coinvolti • Le modalità di azione erano molto simili dappertutto: dopo l’occupazione, sui tetti della fabbrica era issata la bandiera rossa; veniva organizzato un servizio di vigilanza armata, gestito dagli operai stessi, che si chiamarono “guardie rosse”; il lavoro, se possibile, veniva proseguito dagli lavoratori stessi, senza la guida dei dirigenti e dei manager • In realtà il movimento era imponente, ma scarsamente incisivo sul piano concreto: “fare come in Russia” era improbabile perché gli operai per avviare un processo rivoluzionario avrebbero dovuto collegarsi alle altre lotte in atto (soprattutto nelle campagne) e perseguire concretamente l’obiettivo di prendere il potere”
  • 23. Dal “fare come in Russia” agli accordi economici • La Cgl riuscì a far passare la sua linea, più economicista: lo scontro doveva avere in primo luogo obiettivi economici e puntare al controllo sindacale sulle aziende • Giolitti, come al solito,mediò nella vertenza, senza far intervenire le forze dell’ordine per soffocare le occupazioni, come avrebbero,invece, voluto gli imprenditori • Il 19 settembre l’accordo tra imprenditori e sindacati fu raggiunto grazie alla mediazione di Giolitti • I sindacati riuscirono a far passare tutte le loro richieste economiche e fu formata una inutile commissione mista di esperti industriali e sindacali per avviare l’avvio del controllo sindacale sulle aziende
  • 24. Gli effetti negativi dell’occupazione e la fine del “biennio rosso” • I venti giorni di settembre furono un successo economico per il sindacato e per gli operai, ma portarono effetti negativi nelle settimane e mesi successivi • I sindacati scontarono un senso di delusione da parte di molti operai, che avevano intravisto la possibilità di una rivoluzione russa (in realtà improbabile) e li accusarono di tradimento. • I socialisti furono attaccati da più parti, dall’interno del movimento operaio, perché si erano dimostrati timidi e incerti nei giorni caldi della crisi e non l’avevano spinta verso esiti “rivoluzionari”. • Il gruppo dell’”Ordine nuovo” affrettò il processo di distacco dal Psi, che porterà alla fondazione del Pcd’I • Gli imprenditori, a loro volta, erano irritati per il comportamento del governo, che li aveva spinti a accettare un accordo economicamente sfavorevole • Di fatto, l’occupazione delle fabbriche mise fine al “biennio rosso” in Italia
  • 26. Il simbolo del movimento riprende il fascio che veniva portato dai littori nell’antica Roma, quando accompagnavano i magistrati Il “covo”: l’ufficio usato da Mussolini, a Milano, Il fascio rappresenta quindi come direttore de “Il popolo d’Italia” dal 1915 al giustizia e unità 1920 Il “combattimento” si riferisce sia all’attitudine del movimento orientato all’uso della forza e della violenza, ma anche agli ex combattenti che erano il cuore dei fasci
  • 27. La strategia fascista alla fine del biennio rosso • Durante il biennio rosso, il movimento fascista aveva avuto un ruolo marginale • La sostanziale difficoltà del socialismo e del sindacato spinse Mussolini a attuare un’iniziativa decisa per contrastare con successo il Psi e le organizzazioni a esso legate Squadra d’azione “Filippo • I Fasci costituirono “squadre d’azione”, Corridoni” di Fermo (An) con le quali intendevano affermare gli obiettivi del movimento con l’uso della forza e della violenza, da esercitare soprattutto contro i socialisti, ma anche contro i “bianchi”, in particolare nelle campagne.
  • 28. La situazione nelle campagne controllate dalle leghe rosse • Nelle zone rurali specie della Bassa Padana, le leghe rosse esercitavano un forte controllo economico e sociale • Contando su un largo sostegno di iscritti, esse contrattavano con i proprietari modi e tempi di lavoro, e avevano ottenuto miglioramenti salariali notevoli per i contadini • L’aspetto negativo di questo sistema pervasivo, fatto anche di cooperative e associazioni, stava nel fatto che chi ne rimaneva fuori, era escluso dal mercato del lavoro • Inoltre i socialisti erano forti abbastanza da guidare buona parte dei comuni della Bassa Padana • I proprietari accettavano la situazione, perché vi era convenienza anche per loro, in quanto le leghe rosse garantivano il lavoro e contrattavano i salari. Anche i mezzadri e i piccoli affittuari si erano adattati al sistema • Tuttavia, le aspirazioni di questi ultimi a ottenere miglioramenti della loro condizione che passavano attraverso l’acquisizione di piccole proprietà terriere non erano soddisfatte da un’organizzazione socio-economica di questo tipo, più favorevole ai braccianti.
  • 29. L’episodio di Palazzo d’Accursio, 21 novembre1920 • Il movimento fascista colse queste contraddizioni e vi si inserì, attraverso la sua strategia della violenza • Il primo episodio che manifestò la novità dell’azione politica fascista avvenne a Bologna, dove il 21 novembre 1920 le squadre d’azione impedirono l’insediamento della giunta comunale massimalista a Palazzo d’Accursio, per evitare che i socialisti esponessero al balcone del palazzo la bandiera rossa al posto di quella tricolore • Ne vennero incidenti e violenze gravi tra guardie rosse, squadre fasciste e forze dell’ordine regolari • Sembra che le guardie rosse abbiano tirato, per errore, bombe a mano nel cortile del palazzo dove si erano rifugiate persone che cercavano di sfuggire alle violenze fasciste in Piazza, uccidendo dieci persone • I fascisti ottennero comunque il loro scopo, il consiglio fu dichiarato decaduto dal prefetto, e al posto della giunta regolarmente eletta fu insediato al potere un commissario prefettizio • Nelle settimane seguenti le squadre fasciste si scatenarono in tutta l’Emilia e la Romagna per punire, dicevano loro, i socialisti veri nemici del popolo. • Lo squadrismo si espanse in tutto il centro – Italia e qualche episodio si verificò anche nel Nord: zone squadriste furono Emilia, Toscana e Venezia- Giulia, e nel sud la Puglia
  • 30. Le azioni delle squadre fasciste • Il modus operandi delle squadracce era simile dappertutto • Partivano dai centri urbani in gruppi su camion, armati di bastoni e spranghe, e con fucili e pistole prese dai magazzini dei reggimenti o ricevute dalle associazioni agrarie; raggiungevano le zone rurali e qui scatenavano le loro azioni violente contro le sedi del Psi, delle leghe rosse, delle Camere del lavoro e contro i municipi governati da socialisti • Molti furono picchiati, bastonati, umiliati, e, in diverse circostanze, costretti a lasciare non solo il loro incarico, politico o istituzionale, ma anche il loro paese o la loro città • Nei mesi a cavallo tra 1920 e 1921 molti consigli comunali furono forzati a dimettersi a causa delle azioni fasciste e molte leghe rosse Tra il 1919 e il 1922 le azioni furono sciolte delle squadre fasciste • Spesso gli ex aderenti alle leghe rosse furono portarono a un numero di morti costretti dai fascisti a entrare loro oscillante tra 2000 e 3000 tra i organizzazioni, che si ponevano, tra gli obiettivi socialisti e circa 700 fascisti (di facciata più che altro, lo sviluppo della piccola proprietà agricola.
  • 31. L’ideologia fascista • Il fascismo volle presentarsi come il movimento che proseguiva il discorso nazionale e patriottico del Risorgimento. • I caduti nella guerre nazionali (compresa la Grande guerra) erano la base sulla quale ricostruire l’Italia come grande nazione • Per ricostruire l’Italia era necessaria la compattezza della nazione, per cui ogni divisione nella società e tra le forze politiche andava eliminata anche e soprattutto con la forza Squadra d’azione fascista di Rota d’Imagna (Bg), 1923 • Sulla base di questi presupposti i fascisti presentarono le violenze contro i socialisti come la via per ristabilire l’unità dell’Italia • Anche il sistema parlamentare e la dialettica politica tra idee e forze diverse erano per i fascisti un male per l’unità nazionale, quindi andavano superati
  • 32. SIMBOLOGIA FASCISTA L’avversario attaccato dalle squadre viene I fascisti hanno una divisa catturato e costretto a bere olio di ricino, un che li contraddistingue: purgante che determina scariche diarroiche ricorda l’abbigliamento Le aggressioni Il prigioniero si riempie così delle proprie feci militare, la camicia è nera agli avversari e a quel punto, se possibile, viene costretto a e su di essa vi sono simboli avvengono con attraversare in quelle condizioni i luoghi pubblici, di morte, come accadeva alle mazze e bastoni, poi viene lasciato libero Sturmtruppen tedesche oltre che con armi da durante la Grande guerra e ai fuoco. Il messaggio simbolico è chiaro: Freikorps della Repubblica di Bastone e l’avversario se la fa addosso, come succede a Weimar manganello sono chi non ha il controllo dei proprio corpo, un Questi simboli mortuari parte dell’immagine bambino o un vecchio, e quindi non è un vero esprimono il disprezzo, dello squadrista uomo. frutto della forza e del coraggio, verso la morte, ma anche l’attrazione per essa
  • 33. Finanziatori, sostenitori e composizione delle squadre • Le squadre fasciste furono appoggiate,anche economicamente, dai proprietari terrieri, che le usarono come strumento capace di ridurre e poi eliminare il potere delle leghe rosse • L’opinione pubblica antisocialista, anticomunista e antisindacalista vide nel fascismo una difesa contro il pericolo rivoluzionario • Le squadre, in quei mesi del 20-21, aumentarono in quantità, reclutando persone che appartenevano ad ambiti eterogenei: ex ufficiali dell’esercito, che dopo la guerra non trovavano posto nella società civile; piccolo-borghesi, che vedevano in esse una via per affermarsi politicamente; ragazzi giovani e giovanissimi, che non avevano avuto l’età per partecipare alla guerra e erano spinti dal desiderio di combattere i “nemici della patria”
  • 34. Cosa e chi aiutò l’affermazione fascista • Il successo dei fascisti fu dovuto all’uso deciso e inedito della violenza come strumento di lotta politica • Fu favorito dagli errori dei socialisti, divisi tra loro, incerti sulla strategia da attuare per contrastare questi nuovi avversari politici, e quindi vulnerabili • Tuttavia vi sono anche precise responsabilità dello Stato e dei suoi apparati, che facilitarono le iniziative delle squadre • 1. la forza pubblica • II. la magistratura • III. il governo di Giolitti
  • 35. I fiancheggiatori “passivi” del fascismo • Le forze dell’ordine, in diverse circostanze, non intervennero con decisione contro i fascisti e spesso lasciarono loro la libera iniziativa , perché li videro come alleati nella lotta contro i sovversivi (ovviamente i socialisti) • La magistratura non usò contro i fascisti la medesima autorità e severità che impiegava invece contro i “rossi”, limitandosi a condanne blande • Il governo di Giolitti, a sua volta, pur richiamando i prefetti a mantenere l’ordine, non si impegnò a contrastare le iniziative illegali e criminali delle squadre • Giolitti vedeva nel movimento fascista un uno strumento utile a controllare le pretese dei socialisti e dei popolari, e pensava di poterlo inserire, terminata la sua fase violenta, dentro le istituzioni parlamentari e rappresentative, all’interno della maggioranza moderata-conservatrice
  • 36. La strategia di Giolitti e il successo di Mussolini • Giolitti volle, infatti, approfittare delle nuove dinamiche politiche createsi in quei mesi e spinse il re a convocare le elezioni nel maggio 1921 • Il suo obiettivo era di “imbrigliare la la violenza fascista inglobando la sua dirigenza dentro una coalizione che andasse dai fascisti ai social-riformisti di Bonomi in una prospettiva di governo di salvezza nazionale” (D. Consiglio) • I moderato-conservatori formarono i blocchi nazionali, ovvero liste di coalizione che aggregavano liberali, democratici, repubblicani, nazionalisti, in cui furono candidati anche esponenti politici fascisti, con l’obiettivo di fermare l’espansione elettorale del Psi e del Ppi • “I fascisti ottenevano così una legittimazione da parte della classe dirigente, senza per questo dover rinunciare ai metodi illegali” (Sabbatucci-Vidotto) • In effetti le violenze dei fascisti non si interruppero neppure durante la campagna elettorale, e influirono sul voto
  • 37. I risultati delle elezioni del maggio 1921 Gruppi Seggi I socialisti ebbero una flessione Psi 123 importante (7%), ma minore di Ppi 108 quanto atteso, considerando le Blocchi nazionali 105 violenze fasciste che li colpirono e la (giolittiani + Associazione (giolittiani 50, nazionalisti scissione del Pcd’I nazionalista italiana + 17, fascisti) fascisti 38) Partito liberale 68 I gruppi liberali guadagnarono voti democratico rispetto al ‘19, ma non in misura tale Partito liberale 43 da poter controllare il Parlamento Partito democratico sociale 29 Aumentarono i consensi dei Pcd’I 15 popolari (8 seggi in più rispetto al Partito repubblicano 6 1919) italiano Partito dei Combattenti 10 La vera novità furono i 38 deputati fascisti, (alle elezioni precedenti i Slavi e tedeschi 9 fascisti avevano ottenuto solo poche Partito economico 5 migliaia di voti) capeggiati da Mussolini, eletto a Milano Socialisti indipendenti 1 Fasci di combattimento 2
  • 38. L’inutile “pacificazione” tra fascisti e Psi • Pochi giorni prima del voto Mussolini aveva dichiarato di essere in disaccordo con la politica di Giolitti e che non avrebbe appoggiato una sua candidatura come capo del governo • Con il voto raggiunse il suo obiettivo politico, quello cioè di essere non solo un attore degli equilibri Ivanoe precari del dopoguerra, ma il protagonista Dino Grandi Bonomi determinante dello scenario politico • A luglio Giolitti si dimise, e il re scelse come nuovo Presidente del consiglio Ivanoe Bonomi, ex socialista • Bonomi mediò tra socialisti e fascisti, che firmarono un patto di pacificazione, in cui, genericamente, entrambi rinunciavano all’uso della violenza • Il patto però fu osteggiato dai fascisti intransigenti, R. Farinacci identificabili con i capi locali del movimento, detti ras, in particolare: Dino Grandi, di Bologna; Roberto Farinacci, a Cremona; Italo Balbo, a Ferrara • Questi prefigurarono la possibilità di sfiduciare Mussolini Italo Balbo
  • 39. Il fascismo da movimento a partito • All’inizio di novembre del 1921, si tenne a Roma il congresso dei Fasci che rinunciarono al patto di pacificazione • Mussolini sapeva di avere bisogno dell’uso della forza garantito dal fascismo agrario, per questo fece rientrare il dissenso interno con questa rinuncia • I capi locali a loro volta sapevano che la guida politica di Mussolini era importante, quindi accettarono la sua proposta di trasformare il Simbolo del Pnf movimento, molto più libero nelle sue azioni, in un partito, molto più vincolato e gerarchico • Fu così decisa dal congresso la nascita del Partito nazionale fascista,Pnf. il cui primo segretario fu Michele Bianchi, stretto collaboratore di Mussolini • Mussolini fu acclamato “duce”, cioè condottiero del partito • Le squadre furono incorporate nel partito, costituendo una milizia privata del Pnf, fatto del tutto illegale Michele Bianchi
  • 40. I militanti del Pnf, 1921 Aderenti al Pnf nel 1921 per percentuali appartenenza sociale e professionale Commercianti e 9,1% esercenti Industriali 2,8% Professionisti 6,6% Proprietari terrieri, 11,9% piccoli proprietari, affittuari Impiegati 14,5% Insegnanti 1,1% Studenti 13% Lavoratori 15,4% Fonte: A.B.Banti, dell’industria Il senso del tempo, Lavoratori della terra 24,2% Roma-Bari, Laterza, 2012 Lavoratori del mare 1%
  • 42. Il governo di Luigi Facta • Il governo Bonomi entrò in crisi all’inizio del 1922, ma i popolari, parte della maggioranza, si opposero a un incarico per Giolitti • Fu formato un nuovo dicastero guidato da Luigi Facta, uomo Luigi Facta politico legato a Giolitti • Il governo di Facta rimase in carica fino alla fine di ottobre 1922, mostrando una debolezza profonda sfruttata pienamente dal fascismo
  • 43. La strategia fascista: legalità apparente e illegalità tollerata • Il fascismo era ormai una forza politica molto vasta (200.000 iscritti), che godeva di un sostegno importante da parte soprattutto della piccola borghesia, ma che era visto con simpatia anche da molti ambienti del potere economico, nonché dalle forze dell’ordine, dall’ esercito, dai prefetti e dalla magistratura. • Mussolini spinse decisamente il Pnf fuori dai suoi limiti di movimento agrario • Egli lavorava politicamente su due fronti: la manovra politica a livello parlamentare e l’azione diretta condotta dalle squadre • La prima parte del 1922 fu segnata da iniziative fasciste sempre più violente e impunite, concentrate soprattutto nelle provincie a maggiore presenza socialista. • Con l’uso della violenza e delle armi, e con la compiacenza delle autorità istituzionali e delle forze dell’ordine, i fascisti presero il controllo di città padane come Bologna , Ferrara e Cremona. • “I fascisti,mettendo in discussione attraverso la violenza, la legittimità anche della mera esistenza di alcune forze politiche parlamentari, stavano reinventando gli spazi dello Stato di diritto e riscrivendo la costituzione materiale dell’Italia liberale” (Giulia Albanese)
  • 44. L’impotenza socialista • Il governo di Facta apparve chiaramente incapace di gestire la situazione e di garantire la legalità. • I socialisti e il movimento sindacale rimasero spiazzati di fronte al fenomeno fascista, che non riuscirono a contrastare efficacemente né sul piano politico, né sotto l’aspetto dell’azione popolare • Due decisioni si rivelarono inutili e sbagliate • 1. in luglio il gruppo parlamentare socialista guidato da Turati diede la disponibilità a sostenere un governo democratico, contro la linea politica del Psi • 2. In agosto la Cgl decise di organizzare uno sciopero generale in difesa della libertà costituzionali. Lo sciopero fu fallimentare negli esiti, ma scatenò ulteriormente la violenza dei fascisti, che affermando di voler garantire ordine e legalità assaltarono sezioni del Psi, Camere del lavoro, circoli e sedi dei giornali legati al socialismo • In particolare furono vittime delle violenze fasciste le città più legate al Psi: Milano, Genova, Livorno, Ancona, Parma
  • 45. Un episodio della violenza fascista: Milano, agosto 1922 • Nel tardo pomeriggio del 3 agosto un gruppo di persone, in apparenza riunitosi spontaneamente, ma nella realtà guidati dai fascisti, preme contro le porte di Palazzo Marino, sede del comune • La polizia, a difesa dell'edificio, si scansa e lascia entrare la calca, mentre Gabriele D'Annunzio, che si trova a Milano viene chiamato ad arringare la folla presente con un discorso dal balcone del Municipio. Il giorno successivo, il procuratore generale Antonio Raimondi dichiara che quanto è accaduto non costituisce motivo di reato, e il prefetto Lusignoli esautora l'amministrazione, firmando un decreto con il quale nomina un commissario prefettizio • Altre rappresaglie si scatenano contro socialisti e comunisti: un camion si lancia contro la porta del circolo comunista di via Cellini, i fascisti vi penetrano dando fuoco a documenti e suppellettili: altri circoli sono assaltati, Abbandonata la sede del Municipio, i fascisti, sotto la guida del capitano Forni, che pronuncia un discorso per spingere i suoi a "riprendere la marcia verso la rigenerazione del paese, guastato dal sovversivismo", intraprendono un corteo per la città, cantando Giovinezza. • Giunti sotto la sede del giornale socialista "Avanti!" lo assaltano. La forza pubblica a difesa dell'edificio, cui erano stati aggiunti anche dei bersaglieri, sta schierata lungo il muro di cinta: distratti dall'arrivo del corteo fascista, non si accorgono che un altro manipolo di camicie nere, più numeroso, sopraggiungendo dalla parte opposta, riesce ad aprire una breccia nel muro, penetrando nella sede del giornale. Quando si sentono i primi scoppi l'incendio è ormai divampato dalle numerose bottiglie incendiarie lanciate dagli squadristi all'interno dell'edificio, dove gli operai sono intenti al lavoro. La lentezza di reazione sia della forza pubblica che dei vigili del fuoco, accorsi con molto ritardo, favorirono la propagazione dell'incendio dal pianterreno fino al primo piano, rovinando completamente i macchinari e mettendo nello stesso tempo in grave pericolo la stabilità dell'edifico stesso. La gente del quartiere e gli antifascisti si riversano per strada: rivoltellate, bombe e corpo a corpo contro i fascisti proseguono per ore fino a tarda notte. • Le forze dell’ordine sparano indiscriminatamente, e tra i morti vi sono anche tre squadristi
  • 46. La conquista del potere come unica prospettiva • Mussolini aveva già prospettato la volontà fascista di forzare la legalità istituzionale e di procedere a iniziative per la conquista del potere in un discorso parlamentare dell’estate 1922 con il quale motivava la decisione di non votare più la fiducia al governo dopo l’occupazione fascista del potere a Cremona • Nel frattempo continuava le trattative con i liberali per entrare in un nuovo governo; rassicurava la monarchia con la sconfessione del suo passato di repubblicano; otteneva la benevolenza degli industriali, affermando di voler dare spazio all’iniziativa privata • “Solo insediandosi al potere il partito avrebbe potuto andare incontro alle aspettative delle masse ormai ingenti che si raccoglievano nelle sue file ed evitare il pericolo di una reazione di rigetto da parte di quelle forze moderate che, avendo appoggiato lo squadrismo in funzione antisocialista,avrebbero potuto ritenere ormai esaurito il suo ruolo” (Sabbatucci - Vidotto) • Tra agosto e ottobre i fascisti cominciarono a parlare, in modo sempre più di un’azione che veniva chiamata “marcia militare su Roma”, oppure, apertamente, “colpo di stato”, e, nel frattempo costituirono un corpo paramilitare, la “milizia fascista”guidata da Cesare Maria De Vecchi
  • 47. La strategia del colpo di stato “annunciato” • “La scelta di questa strategia va messa in relazione con le particolari circostanze politiche in cui l’avvenimento si realizzò: le forze a disposizione dei fascisti non erano tali da consentire, né far sperare, un esito vittorioso nell’eventualità di uno scontro, qualora lo Stato avesse fatto ricorso a tutte le sue forze per contrastarlo • Per questo il discorso a metà segreto e a metà pubblico relativo alla marcia, accompagnato da una parte, dalle dichiarazioni di fedeltà al sovrano e, dall’altra, dalle dichiarazioni di amicizia nei confronti dell’esercito, serviva a preparare il terreno per una sollevazione in cui né il sostegno del sovrano né quello dell’esercito erano garantiti, pur essendo assolutamente necessari • Lo stesso frequente ricorso alla violenza nella retorica fascista, come pure il continuo tono di sfida nei confronti dello Stato, rendevano meno problematica l’assenza di segretezza nel preparare la marcia su Roma: nessuno, infatti, credeva fino in fondo a quanto dicevano i fascisti, anche se alle loro parole frequentemente corrispondevano i fatti “(Giulia Albanese)
  • 48. La preparazione della marcia su Roma • A metà ottobre 1922 a Milano una riunione Emilio De Bono pianificò la marcia su Roma, che sarebbe stata guidata dai “quadrumviri per la rivoluzione”: De Bono, Balbo, De Vecchi e Bianchi • In realtà era un piano che non riguardava Italo Balbo solo Roma e prevedeva l’occupazione degli edifici pubblici nelle città più importanti; il concentramento di camicie nere in quattro zone di Roma; un ultimatum a Facta affinché Cesare cedesse il potere; l’entrata a Roma e la presa De Vecchi di possesso dei ministeri. • Era previsto anche un piano alternativo in caso di sconfitta dell’iniziativa, per cui le milizie fasciste avrebbero ripiegato verso Michele Bianchi l’Italia centrale, costituito in una città di questa zona un governo fascista, per poi radunarsi in Val Padana e tornare all’attacco di Roma
  • 49. La natura della marcia su Roma • La cosiddetta marcia su Roma fu una mobilitazione generale di tutte le forze fasciste per conquistare il potere • Secondo molti storici Mussolini non credeva che essa avrebbe Una colonna di fascisti avviati verso Roma, avuto successo in forma buona parte veniva dalla Toscana “militare”, ma che fosse utile come mezzo di pressione politica in una situazione in cui il governo era assai debole, mentre re e esercito erano incerti sul da farsi L’”esuberanza” fascista esercitata su un treno per Roma
  • 50. L’occupazione delle città italiane • Già il 27 ottobre 1922 vi furono le occupazioni di alcune città, con sorpresa delle forze dell’ordine, che sulla base delle voci si aspettavano un’azione limitata solo a Roma • La prima città occupata fu Pisa, di cui seguirono Siena, Cremona, Foggia, Perugia, nominata “capitale della rivoluzione fascista” • Nella maggior parte delle città, le azioni si svolsero come trattative tra fascisti e forze dell’ordine,oppure con azioni di sorpresa, favorite dalla presenza dentro i luoghi da occupare, specie le caserme, di simpatizzanti o tesserati fascisti, che portarono all’occupazione di caserme,questure, prefetture, uffici telegrafici • Molte altre città furono occupate nella notte tra 27 e 28 ottobre • Queste occupazioni dovevano servire come Prima pagina de “Il popolo d’Italia”, 28 ottobre 1922 strumento di pressione sul governo Facta affinché desse le dimissioni e per costringere il re a affidare l’incarico a Mussolini
  • 51. La marcia su Roma, il colpo di stato del 28 ottobre 1922 • Il 28 ottobre 1922 cominciò la vera e propria marcia su Roma, e nel primo mattino il governo di Facta proclamò lo stato d’assedio, ma poi lo revocò a mezzogiorno, quando il re decise di non firmare l’ordine di mobilitare l’esercito contro i rivoltosi presentatogli da Facta • Questa revoca “rendeva chiaro, tanto alle autorità periferiche dello Stato che ai fascisti, che non c’era alcuna volontà politica di liquidare il movimento fascista” (Giulia Albanese) • A quel punto i fascisti, tra i quali giunse da Milano Mussolini, furono liberi di entrare a Roma in almeno 50.000 • A sera, con i suoi ancora mobilitati, Mussolini rientrò a Milano e lasciò la situazione in mano ai quadrumviri, in attesa di una convocazione da parte del re
  • 52. Il governo di Mussolini Il telegramma con cui il re convocò a Mussolini con i quattro triumviri Mussolini e i triumviri Roma Mussolini a Roma il 30 ottobre 1922 in un’immagine celebrativa I fascisti rimangono mobilitati il 28, il 29 e il 30, fino a quando il re convoca Mussolini, che era a Milano, la mattina del 30 Mussolini chiede e ottiene l’incarico di Presidente del consiglio per formare il proprio governo Il governo viene formato dal leader fascista in quarantotto ore: comprende cinque fascisti, lui compreso ; tre indipendenti, ma filofascisti; due popolari; due demosociali; due liberali; un nazionalista Il capo di un partito che ha il 7% dei seggi ha formato un governo di cui lui è il presidente, e che comprende una maggioranza di ministri che appartengono al suo piccolo gruppo di parlamentari
  • 53. La costruzione della dittatura Il ritrovamento del corpo di Giacomo Matteotti
  • 54. L’illegalità conquista il potere, pochi capiscono quanto è accaduto • “La crisi si era risolta in modo quanto meno ambiguo • I fascisti gridarono al trionfo e si convinsero di aver attuato una rivoluzione che in realtà era stata soltanto simulata • I moderati si rallegrarono per il fatto che la legalità costituzionale, violata nei fatti, era stata rispettata almeno nelle forme • Massimalisti e comunisti si illusero che nulla fosse fosse cambiato nella sostanza, dal momento che ai loro occhi ogni governo borghese era espressione della stessa dittatura di classe • Il paese nel suo complesso seguì gli eventi con un misto di indifferenza e rassegnazione” (Sabbatucci-Vidotto)
  • 55. “Potevo fare di quest’aula un bivacco di manipoli” • Mussolini nel dibattito sulla fiducia alla Camere per il suo governo, il 16 novembre 1922, disse, tra l’altro: «Con trecentomila giovani armati di tutto punto, decisi a tutto, e quasi misticamente pronti a un mio ordine, io potevo castigare tutti coloro che hanno diffamato e tentato di infangare il fascismo. Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un governo esclusivamente di fascisti. Potevo, ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto» • Sulla base di questo discorso intimidatorio, la Camera votò la fiducia al governo Mussolini (favorevoli 306, contrari 116), così come il Senato • Inoltre, entrambi i rami del Parlamento votarono la concessione dei pieni poteri al governo per riformare il sistema tributario e la pubblica amministrazione
  • 56. La strategia di Mussolini e la miopia degli alleati del fascismo • La strategia politica di Mussolini rimase questa per tre anni, alternare alle promesse di un ritorno alla normalità del paese, in una prospettiva moderata, la minaccia di un ulteriore ricorso alla violenza eversiva • “Questo fu possibile anche per la miopia delle altre forze politiche, in particolare degli alleati liberali e cattolici (i cosiddetti fiancheggiatori)” (Sabbatucci-Vidotto)
  • 57. Il Gran consiglio e la Mvsn • Lo svuotamento dello stato liberale si rafforzò tra la fine del ‘22 e l’inizio del ‘23, con l’istituzione di due organi di partito riconosciuti come legali • I. Il Gran consiglio del Fascismo doveva indicare le linee guida della politica fascista e collegare Pnf e Stato: esso comprendeva il segretario del Pnf, il Presidente del consiglio, i presidenti di Camera e Senato e i fascisti più Seduta del Gran importanti consiglio (1928) • II. La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (Mvsn), “è al servizio di Dio e della Patria italiana ed è agli ordini del capo del governo. Provvede, in concorso coi corpi armati per la pubblica sicurezza e con il R. Esercito, a mantenere all’interno l’ordine pubblico; prepara e conserva inquadrati i cittadini per la difesa degli interessi dell’Italia nel mondo” • Grazie alla Mvsn Mussolini voleva controllare le squadre Simbolo della personalmente; tenerle a sua disposizione, fedeli solo a Mvsn lui, come strumento di pressione verso gli avversari; rassicurare gli ambienti conservatori che lo appoggiavano
  • 58. Gli inizi della repressione politica • Gli avversari politici, specie quelli di sinistra e estrema sinistra, furono perseguitati legalmente e illegalmente • Forze dell’ordine e magistratura procedettero a chiusure di giornali, scioglimento di amministrazioni comunali, arresti preventivi di militanti • I primi a farne le spese furono i comunisti, che già nel 1923 furono ridotti alla semiclandestinità • Il sindacato non fascista si scompaginò, solo alcune organizzazioni più forti come la Fiom riuscirono a sopravvivere
  • 59. La politica economica del fascismo • La politica economica dei primi anni fascisti fu organizzata e guidata dal ministro delle finanze De Stefani. Fu un’azione liberista, che favorì l’impresa privata • Su di essa furono diminuite le tasse • Lo Stato rinunciò al monopolio delle assicurazioni sulla vita • Il servizio telefonico fu privatizzato • La spesa pubblica fu ridotta, licenziando 20.000 persone, tra cui molti ferrovieri (ritenuti politicamente e sindacalmente pericolosi) I risultati ottenuti furono positivi, l’industria e l’agricoltura ripresero a produrre in grandi quantità • Il bilancio dello Stato raggiunse il pareggio nel 1925
  • 60. La riforma Gentile della scuola, “la più fascista delle riforme” • Nella primavera del 1923, su progetto del ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile viene avviata la riforma scolastica che prevede che i bambini dovranno studiare almeno fino a 14 anni. • La scuola elementare dura cinque anni • Al termine i ragazzi potranno iscriversi al ginnasio, 5 anni, per poi proseguire negli studi in un liceo classico, il cui diploma permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; o al liceo scientifico; o al liceo femminile; o all’istituto magistrale per preparare i maestri e le maestre • Il liceo classico permetteva di accedere a tutte le facoltà universitarie; lo scientifico solo alle facoltà tecnico-scientifiche; le altre scuole terminavano con il solo diploma • l’istituto tecnico era articolato in un due corsi di tre (inferiore) e quattro anni (superiore) • Altrimenti era prevista la scuola complementare di avviamento al lavoro, che non permetteva, al termine dei tre anni, la frequenza a altre scuole • Le materie umanistiche e filosofiche avevano la prevalenza rispetto a quelle scientifiche per precisa convinzione filosofica di Gentile • Alla base di questa impostazione c'era una concezione aristocratica della cultura e dell'educazione: una scuola superiore riservata a pochi, considerati i migliori, vista come strumento di selezione della futura classe dirigente. • Nelle scuole elementari veniva introdotta come materia obbligatoria la religione, “fondamento e coronamento dell’istruzione primaria” • Al termine di ogni ciclo di studi era previsto un esame di Stato: questo sistema favoriva le scuole private e parificate, in grande numero cattoliche, che potevano rilasciare diplomi che avevano lo stesso valore di quelli rilasciati dalle scuole pubbliche
  • 61. La legge Acerbo • Mussolini volle rafforzare elettoralmente il controllo politico che era riuscito a raggiungere dopo la marcia su Roma • Nell’estate del 1923, fascisti e fiancheggiatori approvarono una legge elettorale nuova, pensata su misura del consolidamento elettorale della maggioranza moderata, la legge Acerbo (dal nome del suo promotore) • Essa prevedeva che la lista elettorale che avesse ottenuto la maggioranza relativa dei voti avrebbe avuto il parlamento la maggioranza La “pentarchia”; cioè la assoluta dei 2/3 dei seggi. La lista vincente, per commissione che preparò il avere questo anomalo premio di maggioranza, “listone” fascista:Rossi, Acerbo, Finzi, Bianchi e Giunta, in piedi doveva avere almeno il 25% dei voti Moroni • Molti esponenti liberali, come Orlando e Salandra, e alcuni cattolici di destra, ex Ppi espulsi dal partito, decisero di candidarsi nelle liste nazionali presentatesi in tutta Italia con il simbolo fascista, il cosiddetto “listone” fascista
  • 62. Gli errori delle opposizioni e le violenze fasciste • Le elezioni furono indirizzate anche dalla scelta sbagliata delle opposizioni, che non raggiunsero un accordo e presentarono sei liste differenti, e in questo modo rinunciarono a costituire Il liberale Giovanni una valida alternativa al listone fascista: i Amendola socialisti si erano divisi in due partiti (riformista e massimalista), i comunisti, i popolari, i liberali di Giovanni Amendola, ciascuno andò per conto proprio • La campagna elettorale fu segnata da una delle più violente ondate di Il popolare Alcide de Gasperi squadrismo: centinaia di candidati delle succedette a Sturzo liste non fasciste furono aggrediti, vi come segretario del Ppi nel 1924 e animò furono devastazioni e incendi la secessione aventiniana
  • 63. Le elezioni dell’aprile 1924 Liste seggi Il listone fascista ottenne il 65% Lista nazionale 355 (356) dei voti e il 70% dei seggi (listone fascista) (4.305.936 voti) Ppi 39 Il successo fu massiccio Psu 24 soprattutto nel Sud e nelle isole, zone in cui il fascismo si era Psi 22 rafforzato grazie all’ascesa al Pcd’I 19 governo, che aveva provocato Liberali 15 l’adesione al Pnf dei notabili locali e delle loro clientele Demosociali 10 Al nord, invece, il listone ottenne circa 1.360.000 voti contro 1.431.000 delle opposizioni I seggi delle opposizioni furono appena 106
  • 64. Il rapimento e l’omicidio di Giacomo Matteotti • Il 30 maggio 1924, all’apertura della Camera, il segretario del Psu Giacomo Matteotti denunciò le intimidazioni e i brogli verificatisi durante le elezioni. • Il giorno dopo “Il Popolo d’Italia” affermò “Se l’onorevole Matteotti avesse la testa rotta, ma veramente rotta, non se ne meravigli” Giacomo Matteotti • Il 10 giugno Matteotti fu sequestrato e ucciso a Roma da un gruppo di fascisti guidato dal noto squadrista Amerigo Dumini. Il suo corpo fu poi nascosto nel bosco della Quartarella, appena fuori dalla città e fu ritrovato sfigurato il 16 agosto • L’assassinio era stato pianificato dentro il ministero dell’Interno e vide coinvolti, anche se le inchieste non hanno mai fatto chiarezza, Rossi, capo ufficio stampa di Mussolini; Finzi, Amerigo Dumini guidava il gruppo che rapì sottosegretario agli Interni; De Bono, capo della Matteotti polizia, ma sembra chiaro che anche Mussolini ne fosse informato
  • 65. Mussolini reagisce attaccando • Alla riapertura della Camera del 3 gennaio 1925, Mussolini tenne un discorso tutto all’attacco delle opposizioni, in cui si assunse la responsabilità politica del delitto Matteotti e Mussolini nel suo studio di Presidente del consiglio in generale dell’illegalità fascista di quegli anni, rivendicandone la giustezza e la necessità.
  • 66. Discorso di Mussolini alla Camera, 3 gennaio 1925 • «Ebbene,dichiaro qui,al cospetto di questa Assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto • Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il fascismo non è stato che olio di ricino e manganello, e non invece una passione superba della migliore gioventù italiana, a me la colpa!. Se il fascismo è stato un'associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere! (Vivissimi applausi. Molte voci: "Tutti con voi!"). Se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico e morale, ebbene a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l'ho creato con una propaganda che va dall'intervento ad oggi. • Voi vedete da questa situazione che la sedizione, dell'Aventino ha avuto profonde ripercussioni in tutto il paese. Allora viene il momento in cui si dice basta! Quando due elementi sono in lotta e sono irriducibili, la soluzione è la forza. (vive approvazioni. vivi applausi. Commenti). Non c'è stata mai altra soluzione nella storia e non ce ne sarà mai. Ora io oso dire che il problema sarà risolto. Il fascismo, Governo e Partito, sono in piena efficienza.»
  • 67. L’”Aventino delle coscienze” • L’opinione pubblica attribuì a Mussolini e al fascismo il delitto, e per la prima volta in tre anni, nella seconda metà del 1924 il fascismo e il suo capo furono in grave difficoltà, quando anche gli alleati moderati presero le distanze, pur senza abbandonare il Pnf • In questa situazione, le opposizioni erano comunque in una situazione difficile, perché mancavano della forza politica per mettere in minoranza il governo, e anche per mobilitare le piazze • Decisero comunque di dare un segno forte e rinunciarono a partecipare alle sedute del Parlamento, per denunciare la situazione di illegalità in cui il paese viveva, la “questione morale”, e sperando che il re intervenisse. • Questa scelta fu chiamata “Aventino delle coscienze” (in ricordo del colle su cui si riunirono i plebei in conflitto contro i patrizi nell’antica Roma) • L’Aventino aveva un peso morale importante, ma non produsse effetti pratici: l’opposizione perse visibilità e il re non fece assolutamente nulla.
  • 68. Repressione e fascistizzazione • Subito dopo questo discorso cominciò la repressione delle opposizioni, con arresti, sequestri e perquisizioni di uomini politici e dentro i giornali • Molti antifascisti furono costretti a Piero Gobetti, 1901-1926 andarsene dall’Italia: i liberali Giovanni Amendola e Piero Gobetti, animatore del periodico “Rivoluzione liberale” morirono all’estero in conseguenza delle violenze subite • I grandi giornali, come “Corriere della sera” e “La Stampa” furono “fascistizzati” con l’imposizione di direttori fascisti alla loro guida
  • 69. Il patto di Palazzo Vidoni L’istituzione di podestà e consulte • Nell’ottobre del 1925 fu firmato da industriali e sindacati fascisti il patto di Palazzo Vidoni,in base al quale la Confindustria riconosceva come controparte solo la Confederazione dei Fasci e delle Corporazioni, il sindacato fascista. Una legge del ‘26 ammetteva solo le associazioni sindacali riconosciute dal governo, e vietava scioperi e serrate • Alla fine del 1925 venne ristabilita la regola, presente nello Statuto albertino, secondo cui il governo avrebbe risposto del suo operato solo al re • Due leggi del 1926 creano i podestà e le consulte, di nomina governativa, che sostituivano sindaci e giunte
  • 70. Gli attentati contro Mussolini (1925-1926) • Tra 1925 e il 1926 si verificarono quattro attentati contro Mussolini da parte di Tito Zaniboni (sventato), Violet Gibson (lo ferì al naso con un colpo di pistola), Gino Lucetti Tito Zaniboni Violet Gibson (tentò di ucciderlo con una bomba) e Anteo Zamboni (un quindicenne che a Bologna gli sparò, senza colpirlo, e fu poi Gino Lucetti accoltellato dai fascisti presenti guidati da Leandro Arpinati) Anteo Zamboni
  • 71. Le leggi “fascistissime” • Prendendo spunto da questi attentati, il 5 novembre 1926 il Consiglio dei ministri, su proposta di Federzoni (ministro dell’Interno) e Rocco (ministro della Giustizia) approvò le leggi eccezionali dette “fascistissime”, il cui obiettivo fu di ridurre al minimo gli spazi di azione politica antifascista, con una fortissima limitazione delle libertà civili • Furono soppressi tutti i partiti e le associazioni antifasciste • La polizia era autorizzata a sparare in caso di espatrio clandestino • Furono chiusi tutti gli organi di stampa contrari al regime • Fu istituito il confino di polizia per gli oppositori politici,cioè un periodo di allontanamento di questi ultimi in luoghi remoti d’Italia • Fu creata una polizia contro i reati politici dipendente dalla Mvsn • Fu reintrodotta la pena di morte per tutti coloro che avessero attentato contro la vita del re o del capo del governo
  • 72. Il Tribunale speciale per la difesa dello stato • I 120 deputati della secessione aventiniana furono espulsi dalla Camera il 9 novembre • Un’ora dopo il Consiglio dei ministri approvò anche una legge speciale per la difesa dello stato, in cui era compresa l’istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello stato,che doveva giudicare i reati politici stabiliti dalla legge speciale stessa • Esso era composto da ufficiali della Mvsn e delle forze armate
  • 73. Bibliografia • Giulia Albanese, La marcia su Roma, Roma - Bari, Laterza • Alberto De Bernardi - Scipione Guarracino (a cura di), Dizionario del fascismo, Milano, Bruno Mondadori • Renzo De Felice, Mussolini il rivoluzionario.1883- 1920, Torino, Einaudi • Giovanni Sabbatucci, “Il delitto Matteotti”, in Aa.Vv., Novecento italiano, Roma - Bari,Laterza • Giovanni Sabbatucci - Vittorio Vidotto, Il mondo contemporaneo. Dal 1848 a oggi, Roma - Bari, Laterza