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L’AFFERMAZIONE DEL CRISTIANESIMO
        (SECC. III – VI D.C.)
La crisi morale dei primi secoli dell’impero



                             Quando l’impero si affermò come
                              struttura politica, le aristocrazie delle
                              città persero progressivamente il loro
                              ruolo di guida politica.

                             Contemporaneamente anche i culti
                              tradizionali entrarono in crisi.


Iside                        Gli individui, soprattutto i più nobili e
                              facoltosi, messi in crisi dai nuovi assetti
                              politici, non si riconoscevano più nei culti
                              tradizionali e si rivolgevano a nuove
                              religioni salvifiche: culti di Iside, Mitra,
                              del Sole, ecc.
               Mitra
L’organizzazione interna delle comunità originarie


                     Le prime comunità cristiane si
                      organizzarono nelle città fra I e III secolo.
                     Già alla fine del I secolo vi era
                      separazione tra laici (fedeli non
                      consacrati) e sacerdoti.
                     Il gruppo sacerdotale era strutturato in
                             diaconi (si preparano al ministero
                                          sacerdotale)
                                 preti (sacerdoti consacrati)
                         vescovi (capi delle comunità cristiane).
S.Ignazio, uno
                     Il vescovo era il capo della comunità,
dei                   dotato di grande autorevolezza
primi vescovi
di
                      personale e religiosa
Antiochia
L’adesione al cristianesimo e il ruolo dei vescovi.


   L’adesione al cristianesimo era stata nei primi secoli
    soprattutto una scelta fatta da aristocratici, in modo
    particolare delle città, anche se non mancavano molti fedeli
    di estrazione sociale popolare.
   Gli aristocratici erano i personaggi politici più importanti
    delle comunità cittadine, non esercitavano né le professioni
    militari, né svolgevano lavori manuali, vivevano di rendita e
    si dedicavano liberamente alla politica e alla filosofia.
   I vescovi provenivano per lo più da questa classe sociale
    e la loro autorevolezza dipendeva anche da questa origine
    aristocratica.
   Quando, con la crisi finale dell’impero d’Occidente, i
    magistrati urbani vennero a mancare, i vescovi li
    sostituirono alla guida delle comunitàcittadine.
L’evangelizzazione rurale.
                            Pievi e diocesi


                           Dal V secolo le comunità cittadine
                            cominciarono un’opera massiccia di
                            evangelizzazione delle campagne
                            attraverso la creazione di pievi (dal latino
                            plebs, “popolo”), cioè territori che facevano
                            capo a chiese rurali dotate di un battistero,
                            che erano poste sotto l’autorità del
                            vescovo.
                           Le pievi sorgevano all’interno di diocesi, i
                            territori sottoposti al controllo di ogni
                            vescovo.
Pieve di S. Jacopo,        Le diocesi corrispondevano, grosso modo, ai
provincia di
Lucca                       territori che in epoca imperiale erano
                            soggette al controllo delle città.
Sedi vescovili in Italia alla metà del VI secolo



Densità delle sedi vescovili esistenti nel
territorio italiano verso la metà del VI
secolo.

Come si constata, la maggiore densità di
sede vescovili era concentrata nell’Italia
centro-meridionale, dove esistevano
molte città, e dove la presenza delle
aristocrazie e delle comunità urbane era
più consistente.

Qui le diocesi non erano in grado di
estendere la propria influenza fuori dalle
città

Nell’Italia centro-settentrionale,
invece, la minore presenza di città
favorì la creazione di diocesi
territorialmente estese
Evangelizzazione nelle campagne come scambio.




   L’evangelizzazione delle campagne si realizzò
    come scambio tra culture diverse.
   I culti tradizionali pagani nelle campagne ebbero
    influenza sul cristianesimo
   Si affermarono aspetti della religiosità cristiana
    vicini alla sensibilità popolare: il culto dei santi e
    delle reliquie.
La supremazia delle diocesi maggiori



   Le città italiane che erano sedi vescovili resistettero meglio alle
    crisi determinate dalle invasioni dei secoli IV – V
   I vescovi delle diocesi che avevano come sede le grandi città
    (metropoli) dell’impero romano – Costantinopoli, Antiochia,
    Alessandra, Roma, Ravenna, Aquileia, Milano – acquisirono
    una supremazia “naturale” sui vescovi delle città vicine.
   Questa supremazia era simile a quella che le aristocrazie
    urbane delle città maggiori ebbero al tempo dell’impero su
    quelle delle città meno grandi e importanti.
   Le diocesi maggiori furono dette “metropolite”.
   Il vescovo di Roma godeva di un particolare prestigio, sia per
    il prestigio della città, sia perché era considerato erede di
    Pietro, che a Roma era stato martirizzato.
IL MONACHESIMO NELLE SUE ARTICOLAZIONI




Anacoreti nel deserto                     S. Benedetto
                                          consegna la
                                          la sua regola
                           Gli stiliti
Il monachesimo delle origini (III – IV secolo)




                                                       “ Le tentazioni di S.Antonio nel deserto”
                                                       di F.P. Michetti.
                                                       Secondo i racconti che lo riguardano,
                                                       Antonio visse da eremita dentro il sepolcro
                                                       di una tomba vuota.



Il monachesimo è un fenomeno attestato solo dal III secolo d.C., soprattutto tra
    Medio Oriente e Egitto. I monaci erano chiamati anacoreti.
   La scelta di vivere lontano dagli altri uomini (monos= uno) era strettamente
    individuale e nasceva sia da un radicale rifiuto del mondo, sia dal desiderio di
    purificazione attraverso il sacrificio e l’ascesi
   Esso fu praticato soprattutto nei deserti ai margini delle città di Siria e Egitto.
   Forme particolari di monachesimo furono dendrismo (vita isolata su alberi) e stilitismo
    (vita isolata su colonne)
Il cenobitismo: da Pacomio alla Gallia occidentale (secoli IV –V)


                         Nel IV secolo Pacomio, un ex soldato devoto a
                          Cristo, in Egitto, dopo un’esperienza di monachesimo
                          individuale, diede inizio alla pratica del cenobitismo,
                          cioè la vita in comune dei monaci sulla base di una
                          regola che riguardava ogni aspetto della vita
                          quotidiana: preghiera, lavoro, abbigliamento e
                          alimentazione.
     Pacomio


                         In Occidente il monachesimo si diffuse nella forma
                          cenobitica, in primo luogo in Gallia occidentale per
                          impulso di Martino, vescovo di Tours.


                         Nel V secolo in Gallia sorsero diversi monasteri
                          (cenobi), come a Lérins.

S. Martino di Tours
I principali monasteri europei nel primo Medioevo (VI – VII sec)
L’azione di S. Girolamo


                                         In Italia le prime esperienze monastiche
                                          riguardarono l’aristocrazia romana
                                          alla fine del IV secolo.
                                         Girolamo di Stridone (Dalmazia) ebbe
                                          un ruolo importante in questa
                                          esperienza: egli visse come eremita
                                          nel deserto della Siria, studiando e
                                          pregando.
S. Girolamo,                             Tornato a Roma nel 382 divenne il
anacoreta nel
deserto                                   referente spirituale di molti nobili che
                                          praticavano la vita monastica nelle
                                          proprie case.
                S. Girolamo, monaco
                dopo il ritorno a        Egli promosse l’esperienza del
                Roma                      cenobitismo soprattutto tra le
                                          aristocratiche romane e poi in Italia.
Benedetto da Norcia e il monachesimo “regolare”



                                      L’azione di Benedetto da Norcia (480 –
                                       547) fu determinante per il monachesimo.


                                      Egli fondò nel 529 a Montecassino (Fr) un
                                       monastero, in cui la comunità dei residenti
                                       era organizzata sulla base di una Regola
                                       redatta dallo stesso Bendetto.
S. Benedetto , con la sua Regola



                                      In essa egli aveva fissato momenti precisi
                                       da dedicare durante la giornata
                                       (compresa la notte) alla preghiera e al
                                       lavoro, momenti che coesistevano e si
                                       integravano nella vita monastica
 L’Abbazia di Montecassino
I principali precetti della “Regola” benedettina


                            La Regola di Benedetto è basata sul fatto che la vita
                             monastica sia una scelta spirituale.
                            Il monaco è guidato dall’abate nella pratica della virtù
                             cristiane: obbedienza, silenzio,umiltà erano le più importanti.
                            La carità era il “fuoco” che vivificava l’esistenza individuale e
                             collettiva.
                            La vita del monaco benedettino era divisa tra l’ufficio divino,
Benedetto dà la sua
                             la penitenza, il lavoro quotidiano e le diverse responsabilità.
Regola ai monaci            Il lavoro manuale, artigiano e agricolo, era molto importante,
                             ma esso serve solo se funzionale al miglioramento spirituale
                             del monaco.
                            Il notissimo motto di S. Benedetto era, “Ora et labora”.
                            Intorno ai monasteri, i benedettini ricavarono campi da
                             coltivare, che affittavano a contadini, che pagavano un
                             affitto al monastero.
  Benedetto e Totila
I monaci trasmettono la cultura classica ai posteri



                           I monaci ebbero un ruolo
                            culturale importantissimo,
                            perché copiarono e
                            conservarono molti testi
                            della cultura classica che le
                            vicende della penisola
                            italiana e dell’Europa
                            occidentale avrebbero
                            condannato alla dispersione
                            o alla distruzione.
Un monaco al lavoro
nel suo scriptorium
I monasteri dall’Irlanda all’Europa.


                                              L’Irlanda fu l’area nord europea che vide il
                                               maggiore sviluppo del monachesimo.
                                              L’Irlanda non era mai stata conquistata dai romani
                                               e non conosceva urbanizzazione.
                                              Era socialmente divisa in tribù a capo delle quali
                                               erano i druidi, sacerdoti dei culti celtici tradizionali.
                                              Nell’isola l’evangelizzazione, a partire da
                                               S.Patrizio, fu condotta da monaci e il modello di
                                               organizzazione religiosa che si affermò fu quello
S. Colombano fu un grande abate                monastico.
    irlandese fondatore di monasteri:
    San Gallo in Svizzera e Bobbio            Gli abati, i capi delle comunità monastiche,
    (Pc) in Italia furono sue creazioni.       svolsero le funzioni che nell’Europa continentale
La peregrinatio,cioè la mobilità dei           ebbero i vescovi.
    monaci irlandesi attraverso
                                              I monaci irlandesi si portarono in Europa continentale
    l’Europa, fu il loro punto di forza:
    la loro missione era la
                                               e qui fondarono, tra Gallia, Europa centrale e Italia
    conversione.                               monasteri che obbedivano a una regola più rigida di
                                               quella bendettina.
La conversione dei barbari /1: re e aristocrazie.



   La conversione dei barbari al cristianesimo cominciò intorno ai
    secoli IV e V, a partire dalle aristocrazie politico – militari di
    ogni popolo e tribù.
   In genere il primo a convertirsi era il re, in quanto tra i popoli
    seminomadi il sovrano aveva un valore sacrale: se il re si
    convertiva, il suo popolo avrebbe perso il riferimento dei suoi
    culti tradizionali e quindi questa conversione facilitava quella
    dei suoi sudditi.
   Le aristocrazie dei popoli barbari capirono che per rafforzare
    il loro potere sociale e economico sarebbe stato utile
    intraprendere le carriere ecclesiastiche.
La conversione dei barbari/ 2: esaltazione del lato “eroico”
                        del cristianesimo


   Le nuove aristocrazie legate alla forza e alle armi
    penetrarono nelle gerarchie ecclesiastiche e religiose
    portandovi i propri valori: uso della forza, pratica quotidiana
    della violenza.
   Questi valori rafforzarono il lato eroico e combattivo della
    religione cristiana: vennero esaltate nella mentalità e nelle
    narrazioni religiose le figure dei martiri e la combattività della
    religione.
   I monasteri, per quanto fossero luoghi che rifiutavano
    programmaticamente la violenza, conobbero la diffusione di
    una terminologia militaresca, sulla base della quale il monaco
    era definito miles Dei (soldato di Dio), e la sua vita diventava.
    militia Christi
L’arianesimo e l’opera di apostolato di Ulfila



                                        Le popolazioni barbariche furono
                                         convertite al culto cristiano secondo la
                                         teologia ariana.
                                        L’arianesimo si diffuse con ampiezza
                                         perché era portato dai monaci che
                                         convertirono per primi le popolazioni
                                         germaniche.
  La traduzione della Bibbia in         Fu molto importante l’opera del
        lingua gota fatta
da Ulfila favorì la penetrazione
                                         vescovo Ulfila, visigoto, per la
               del                       cristianizzazione dei barbari.
messaggio cristiano tra i barbari.
L’arianesimo diventò un simbolo         Egli tradusse in lingua gota il testo
 di identità etnica più che una
        scelta teologica                 della Bibbia.
I contrasti teologici sulla figura di Cristo


                  Le interpretazioni dottrinali e le forme di culto furono rese
                   molto varie dal fatto che esistessero sia in Oriente, che in
                   Occidente, diverse sedi episcopali e che le sedi patriarcali
                   fossero numerose.
                  Nacquero contrasti dogmatici forti tra le diverse comunità
                   cristiane, soprattutto sulla questione della Trinità: la
                   molteplicità delle figure divine era in contrasto con la cultura
                   filosofica classica, per la quale l’Essere era Uno per
                   definizione.
                  I contrasti si incentrarono sulla necessità di definire la
                   natura di Cristo: umana o divina ?
Nestorio,
patriarca di
                  Ad Antiochia (Asia minore)si riteneva che la natura umana di
Antiochia          Cristo fosse prevalente, secondo l’insegnamento di Nestorio;
                  Ad Alessandria (Egitto) la posizione prevalente era che Cristo
                   avesse una natura prevalentemente divina (monofisitismo)
Lo scisma dei “Tre Capitoli”, vescovi italiani contro
                           Giustiniano.



   Nel 544 Giustiniano emanò l’editto dei Tre Capitoli (diviso appunto in tre
    disposizioni) con il quale condannava le posizioni di tre seguaci di
    Nestorio. Esso doveva valere per tutti i territori imperiali.
   I vescovi occidentali, guidati da Vigilio, vescovo di Roma, rifiutarono di
    applicare l’editto, non perché favorevoli ai nestoriani, ma per contrastare
    le mire espansionistiche di Giustiniano sull’Occidente.
   Vigilio fu arrestato, trasferito a Costantinopoli e costretto a firmare
    l’editto, ma gli altri vescovi della penisola italiana rifiutarono comunque
    l’editto, e questo provocò uno scisma: VI – VII secolo.
   Le sedi metropolite italiane rifiutavano ogni autorità centralistica, compresa
    quella del vescovo di Roma.
Bibliografia
   Aa.Vv. “Storia medievale”, Roma, Donzelli, 1997
   Massimo Montanari, “Storia medievale”, Roma-Bari,
    Laterza, 2002

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Cristianesimo dei primi secoli

  • 1. L’AFFERMAZIONE DEL CRISTIANESIMO (SECC. III – VI D.C.)
  • 2. La crisi morale dei primi secoli dell’impero  Quando l’impero si affermò come struttura politica, le aristocrazie delle città persero progressivamente il loro ruolo di guida politica.  Contemporaneamente anche i culti tradizionali entrarono in crisi. Iside  Gli individui, soprattutto i più nobili e facoltosi, messi in crisi dai nuovi assetti politici, non si riconoscevano più nei culti tradizionali e si rivolgevano a nuove religioni salvifiche: culti di Iside, Mitra, del Sole, ecc. Mitra
  • 3. L’organizzazione interna delle comunità originarie  Le prime comunità cristiane si organizzarono nelle città fra I e III secolo.  Già alla fine del I secolo vi era separazione tra laici (fedeli non consacrati) e sacerdoti.  Il gruppo sacerdotale era strutturato in  diaconi (si preparano al ministero sacerdotale)  preti (sacerdoti consacrati)  vescovi (capi delle comunità cristiane). S.Ignazio, uno  Il vescovo era il capo della comunità, dei dotato di grande autorevolezza primi vescovi di personale e religiosa Antiochia
  • 4. L’adesione al cristianesimo e il ruolo dei vescovi.  L’adesione al cristianesimo era stata nei primi secoli soprattutto una scelta fatta da aristocratici, in modo particolare delle città, anche se non mancavano molti fedeli di estrazione sociale popolare.  Gli aristocratici erano i personaggi politici più importanti delle comunità cittadine, non esercitavano né le professioni militari, né svolgevano lavori manuali, vivevano di rendita e si dedicavano liberamente alla politica e alla filosofia.  I vescovi provenivano per lo più da questa classe sociale e la loro autorevolezza dipendeva anche da questa origine aristocratica.  Quando, con la crisi finale dell’impero d’Occidente, i magistrati urbani vennero a mancare, i vescovi li sostituirono alla guida delle comunitàcittadine.
  • 5. L’evangelizzazione rurale. Pievi e diocesi  Dal V secolo le comunità cittadine cominciarono un’opera massiccia di evangelizzazione delle campagne attraverso la creazione di pievi (dal latino plebs, “popolo”), cioè territori che facevano capo a chiese rurali dotate di un battistero, che erano poste sotto l’autorità del vescovo.  Le pievi sorgevano all’interno di diocesi, i territori sottoposti al controllo di ogni vescovo. Pieve di S. Jacopo,  Le diocesi corrispondevano, grosso modo, ai provincia di Lucca territori che in epoca imperiale erano soggette al controllo delle città.
  • 6. Sedi vescovili in Italia alla metà del VI secolo Densità delle sedi vescovili esistenti nel territorio italiano verso la metà del VI secolo. Come si constata, la maggiore densità di sede vescovili era concentrata nell’Italia centro-meridionale, dove esistevano molte città, e dove la presenza delle aristocrazie e delle comunità urbane era più consistente. Qui le diocesi non erano in grado di estendere la propria influenza fuori dalle città Nell’Italia centro-settentrionale, invece, la minore presenza di città favorì la creazione di diocesi territorialmente estese
  • 7. Evangelizzazione nelle campagne come scambio.  L’evangelizzazione delle campagne si realizzò come scambio tra culture diverse.  I culti tradizionali pagani nelle campagne ebbero influenza sul cristianesimo  Si affermarono aspetti della religiosità cristiana vicini alla sensibilità popolare: il culto dei santi e delle reliquie.
  • 8. La supremazia delle diocesi maggiori  Le città italiane che erano sedi vescovili resistettero meglio alle crisi determinate dalle invasioni dei secoli IV – V  I vescovi delle diocesi che avevano come sede le grandi città (metropoli) dell’impero romano – Costantinopoli, Antiochia, Alessandra, Roma, Ravenna, Aquileia, Milano – acquisirono una supremazia “naturale” sui vescovi delle città vicine.  Questa supremazia era simile a quella che le aristocrazie urbane delle città maggiori ebbero al tempo dell’impero su quelle delle città meno grandi e importanti.  Le diocesi maggiori furono dette “metropolite”.  Il vescovo di Roma godeva di un particolare prestigio, sia per il prestigio della città, sia perché era considerato erede di Pietro, che a Roma era stato martirizzato.
  • 9. IL MONACHESIMO NELLE SUE ARTICOLAZIONI Anacoreti nel deserto S. Benedetto consegna la la sua regola Gli stiliti
  • 10. Il monachesimo delle origini (III – IV secolo) “ Le tentazioni di S.Antonio nel deserto” di F.P. Michetti. Secondo i racconti che lo riguardano, Antonio visse da eremita dentro il sepolcro di una tomba vuota. Il monachesimo è un fenomeno attestato solo dal III secolo d.C., soprattutto tra Medio Oriente e Egitto. I monaci erano chiamati anacoreti.  La scelta di vivere lontano dagli altri uomini (monos= uno) era strettamente individuale e nasceva sia da un radicale rifiuto del mondo, sia dal desiderio di purificazione attraverso il sacrificio e l’ascesi  Esso fu praticato soprattutto nei deserti ai margini delle città di Siria e Egitto.  Forme particolari di monachesimo furono dendrismo (vita isolata su alberi) e stilitismo (vita isolata su colonne)
  • 11. Il cenobitismo: da Pacomio alla Gallia occidentale (secoli IV –V)  Nel IV secolo Pacomio, un ex soldato devoto a Cristo, in Egitto, dopo un’esperienza di monachesimo individuale, diede inizio alla pratica del cenobitismo, cioè la vita in comune dei monaci sulla base di una regola che riguardava ogni aspetto della vita quotidiana: preghiera, lavoro, abbigliamento e alimentazione. Pacomio  In Occidente il monachesimo si diffuse nella forma cenobitica, in primo luogo in Gallia occidentale per impulso di Martino, vescovo di Tours.  Nel V secolo in Gallia sorsero diversi monasteri (cenobi), come a Lérins. S. Martino di Tours
  • 12. I principali monasteri europei nel primo Medioevo (VI – VII sec)
  • 13. L’azione di S. Girolamo  In Italia le prime esperienze monastiche riguardarono l’aristocrazia romana alla fine del IV secolo.  Girolamo di Stridone (Dalmazia) ebbe un ruolo importante in questa esperienza: egli visse come eremita nel deserto della Siria, studiando e pregando. S. Girolamo,  Tornato a Roma nel 382 divenne il anacoreta nel deserto referente spirituale di molti nobili che praticavano la vita monastica nelle proprie case. S. Girolamo, monaco dopo il ritorno a  Egli promosse l’esperienza del Roma cenobitismo soprattutto tra le aristocratiche romane e poi in Italia.
  • 14. Benedetto da Norcia e il monachesimo “regolare”  L’azione di Benedetto da Norcia (480 – 547) fu determinante per il monachesimo.  Egli fondò nel 529 a Montecassino (Fr) un monastero, in cui la comunità dei residenti era organizzata sulla base di una Regola redatta dallo stesso Bendetto. S. Benedetto , con la sua Regola  In essa egli aveva fissato momenti precisi da dedicare durante la giornata (compresa la notte) alla preghiera e al lavoro, momenti che coesistevano e si integravano nella vita monastica L’Abbazia di Montecassino
  • 15. I principali precetti della “Regola” benedettina  La Regola di Benedetto è basata sul fatto che la vita monastica sia una scelta spirituale.  Il monaco è guidato dall’abate nella pratica della virtù cristiane: obbedienza, silenzio,umiltà erano le più importanti.  La carità era il “fuoco” che vivificava l’esistenza individuale e collettiva.  La vita del monaco benedettino era divisa tra l’ufficio divino, Benedetto dà la sua la penitenza, il lavoro quotidiano e le diverse responsabilità. Regola ai monaci  Il lavoro manuale, artigiano e agricolo, era molto importante, ma esso serve solo se funzionale al miglioramento spirituale del monaco.  Il notissimo motto di S. Benedetto era, “Ora et labora”.  Intorno ai monasteri, i benedettini ricavarono campi da coltivare, che affittavano a contadini, che pagavano un affitto al monastero. Benedetto e Totila
  • 16. I monaci trasmettono la cultura classica ai posteri  I monaci ebbero un ruolo culturale importantissimo, perché copiarono e conservarono molti testi della cultura classica che le vicende della penisola italiana e dell’Europa occidentale avrebbero condannato alla dispersione o alla distruzione. Un monaco al lavoro nel suo scriptorium
  • 17. I monasteri dall’Irlanda all’Europa.  L’Irlanda fu l’area nord europea che vide il maggiore sviluppo del monachesimo.  L’Irlanda non era mai stata conquistata dai romani e non conosceva urbanizzazione.  Era socialmente divisa in tribù a capo delle quali erano i druidi, sacerdoti dei culti celtici tradizionali.  Nell’isola l’evangelizzazione, a partire da S.Patrizio, fu condotta da monaci e il modello di organizzazione religiosa che si affermò fu quello S. Colombano fu un grande abate monastico. irlandese fondatore di monasteri: San Gallo in Svizzera e Bobbio  Gli abati, i capi delle comunità monastiche, (Pc) in Italia furono sue creazioni. svolsero le funzioni che nell’Europa continentale La peregrinatio,cioè la mobilità dei ebbero i vescovi. monaci irlandesi attraverso  I monaci irlandesi si portarono in Europa continentale l’Europa, fu il loro punto di forza: la loro missione era la e qui fondarono, tra Gallia, Europa centrale e Italia conversione. monasteri che obbedivano a una regola più rigida di quella bendettina.
  • 18. La conversione dei barbari /1: re e aristocrazie.  La conversione dei barbari al cristianesimo cominciò intorno ai secoli IV e V, a partire dalle aristocrazie politico – militari di ogni popolo e tribù.  In genere il primo a convertirsi era il re, in quanto tra i popoli seminomadi il sovrano aveva un valore sacrale: se il re si convertiva, il suo popolo avrebbe perso il riferimento dei suoi culti tradizionali e quindi questa conversione facilitava quella dei suoi sudditi.  Le aristocrazie dei popoli barbari capirono che per rafforzare il loro potere sociale e economico sarebbe stato utile intraprendere le carriere ecclesiastiche.
  • 19. La conversione dei barbari/ 2: esaltazione del lato “eroico” del cristianesimo  Le nuove aristocrazie legate alla forza e alle armi penetrarono nelle gerarchie ecclesiastiche e religiose portandovi i propri valori: uso della forza, pratica quotidiana della violenza.  Questi valori rafforzarono il lato eroico e combattivo della religione cristiana: vennero esaltate nella mentalità e nelle narrazioni religiose le figure dei martiri e la combattività della religione.  I monasteri, per quanto fossero luoghi che rifiutavano programmaticamente la violenza, conobbero la diffusione di una terminologia militaresca, sulla base della quale il monaco era definito miles Dei (soldato di Dio), e la sua vita diventava. militia Christi
  • 20. L’arianesimo e l’opera di apostolato di Ulfila  Le popolazioni barbariche furono convertite al culto cristiano secondo la teologia ariana.  L’arianesimo si diffuse con ampiezza perché era portato dai monaci che convertirono per primi le popolazioni germaniche. La traduzione della Bibbia in  Fu molto importante l’opera del lingua gota fatta da Ulfila favorì la penetrazione vescovo Ulfila, visigoto, per la del cristianizzazione dei barbari. messaggio cristiano tra i barbari. L’arianesimo diventò un simbolo  Egli tradusse in lingua gota il testo di identità etnica più che una scelta teologica della Bibbia.
  • 21. I contrasti teologici sulla figura di Cristo  Le interpretazioni dottrinali e le forme di culto furono rese molto varie dal fatto che esistessero sia in Oriente, che in Occidente, diverse sedi episcopali e che le sedi patriarcali fossero numerose.  Nacquero contrasti dogmatici forti tra le diverse comunità cristiane, soprattutto sulla questione della Trinità: la molteplicità delle figure divine era in contrasto con la cultura filosofica classica, per la quale l’Essere era Uno per definizione.  I contrasti si incentrarono sulla necessità di definire la natura di Cristo: umana o divina ? Nestorio, patriarca di  Ad Antiochia (Asia minore)si riteneva che la natura umana di Antiochia Cristo fosse prevalente, secondo l’insegnamento di Nestorio;  Ad Alessandria (Egitto) la posizione prevalente era che Cristo avesse una natura prevalentemente divina (monofisitismo)
  • 22. Lo scisma dei “Tre Capitoli”, vescovi italiani contro Giustiniano.  Nel 544 Giustiniano emanò l’editto dei Tre Capitoli (diviso appunto in tre disposizioni) con il quale condannava le posizioni di tre seguaci di Nestorio. Esso doveva valere per tutti i territori imperiali.  I vescovi occidentali, guidati da Vigilio, vescovo di Roma, rifiutarono di applicare l’editto, non perché favorevoli ai nestoriani, ma per contrastare le mire espansionistiche di Giustiniano sull’Occidente.  Vigilio fu arrestato, trasferito a Costantinopoli e costretto a firmare l’editto, ma gli altri vescovi della penisola italiana rifiutarono comunque l’editto, e questo provocò uno scisma: VI – VII secolo.  Le sedi metropolite italiane rifiutavano ogni autorità centralistica, compresa quella del vescovo di Roma.
  • 23. Bibliografia  Aa.Vv. “Storia medievale”, Roma, Donzelli, 1997  Massimo Montanari, “Storia medievale”, Roma-Bari, Laterza, 2002