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Villa Blanch
poi Richiello e Famiglietti
IL SISTEMA DELLE VILLE
SETTECENTESCHE
DI CAPODIMONTE
Una fascia ’di rispetto’ intorno alla Reggia
… affinchè sia abitato da ‘persone di mia casa’ …
(Re Giuseppe Bonaparte, 20 maggio 1808)
Tra ‘700 e ‘800, nel decennio napoleonico e durante la
seconda restaurazione borbonica si consolida a Napoli
un’idea della villa affacciata sul panorama come vera e
propria alternativa all’abitazione in città, aspirazione
delle classi colte o di nuovi ceti borghesi. Il paesaggio
agrario delle colline tende ad una prospettiva di sviluppo
che vede l’integrazione tra abitazione urbana e campa-
gna. Le ville, sorte in gran parte per concessione di pro-
prietà acquisite dallo stato a notabili del regno di fiducia
del sovrano, si strutturano secondo sistemi misti, dove gli
intenti estetici, talora di gusto esotico, convivono con
quelli produttivi, con avvicendamenti colturali e nuovi
metodi di coltivazione di fruttiferi e ortaggi. Proprio in
quegli anni Napoli applicava una riforma dell’agricoltura
nel solco tracciato dai riformisti dell’età dei lumi apren-
dosi a sperimentazioni agronomiche (convivenza di siste-
mi tradizionali mediterranei con quelli francesi, inglesi ed
orientali) e zootecniche. La produzione veniva anche
immessa sul mercato per rientrare dei costi di gestione.
Sul versante occidentale del bosco di Capodimonte si
concentravano le ville di maggiore interesse per dimen-
sione e bellezza dei giardini, come villa Colonna, villa
Forquet e le sontuose villa Ruffo e villa Gallo. Su quello
orientale, al Moiariello, si distinguevano invece la villa La
Riccia, villa Richiello, Villa De Rossi (oggi Anna), le Anti-
che Case Cotugno, il Casaccio (villa Casazza), villa De
Marsilio e più avanti, lungo via Ponti Rossi, villa Colletta e
villa Falcon, fino alla villa Macedonio (poi Dupont) e alla
romantica villa Ascoli (oggi Walpole). Manomissioni, talo-
ra profonde, hanno alterato i rapporti volumetrici e tipo-
logici originari mentre la costruzione della strada tangen-
ziale ne ha compromesso i delicati rapporti ambientali.
In base alla morfologia del giardino panoramico, alla
terrazza belvedere e al rapporto tra pendici coltivate ed
edificio è stata effettuata dalla Cattedra di Arte dei Giar-
dini dell’’Università di Napoli Federico II una schedatura
analitica a cura dei Proff. S.Bruno e P.Pisano, con abaco
delle soluzioni ricorrenti e classificazione tipologica 5
.
Il colle di Miradois
… da riscoprire e salvaguardare
La storia stratificata di questi luoghi, l’attuale permanenza
di caratteri agricoli, le sperimentazioni agronomiche e zoo-
tecniche realizzate appena fuori della cinta urbana, l’ at-
trezzatura di strutture civili e monumentali, di verde, di
realtà scientifiche tuttora operative a livelli di eccellenza,
rappresentano eredità di un passato da salvaguardare co-
me bene ambientale e culturale, con una tradizione di ela-
borazione e sviluppo al servizio della città e della scienza.
La ricomprensione, prima ancora che la riqualificazio-
ne, di questi luoghi sarebbe un atto doveroso e di giu-
stizia storica, e fornirebbe elementi integrativi di buon
rilievo agli obiettivi già previsti per il recupero del cen-
tro storico di Napoli.
Amministrazione Edificio via Ottavio Morisani 45
Edificio rampe Ottavio Morisani 2
Edificio rampe Ottavio Morisani 9-13
Arch. A. Barrak, studiotecnicocosta@libero.it
Testi ed elaborazione grafica: G.Corazzelli
gaetano.corazzelli@fastwebnet.itIl presente opuscolo ha mera finalità informativa, senza fine di lucro
Luogo di delizia, al civico 45 della odierna via Morisani in
Napoli, in posizione di dominio panoramico sul ciglio del
pendio orientale del colle Miradois, orientato a sud/sud-
est, verso il golfo e le emergenze del Vesuvio e di San
Martino, la Villa è appartenuta nel 700 alla famiglia
Blanch, trapiantata in Napoli dalla Spagna, nobile dal 1656
con diploma di Filippo IV d’Asburgo, stemma araldico
d’azzurro a nove stelle d’oro disposte 3, 3 e 3 e cappella
gentilizia nella Chiesa di San Domenico Maggiore. Ceduta
con atto del 10 marzo 1817 a Giosuè Richiello, venne poi
venduta il 2 giugno 1849 dagli eredi di questi a Giuseppe
Famiglietti i cui discendenti ne sono stati proprietari fino
al secolo scorso.
La tipologia architettonica assegnata è B1-1b,
‘edificio panoramico con giardino non pano-
ramico e terrazza belvedere sul fronte lungo’
Il polo scientifico della Napoli illuminista ...
L’area che dall’asse viario di via Foria si estende verso
Capodimonte ha rappresentato il polo scientifico della
Napoli del primo ’800. Nello spazio di alcune centinaia di
metri in linea d’aria furono ubicati, la Facoltà di Medicina
Veterinaria, l’Osservatorio Astronomico e il Real Giardino
delle piante (Orto Botanico). Con l’istituzione di
quest’ultimo nel 1807 si diede inizio a ricerche sistemati-
che sull’acclimatazione e sulla riproduzione di nuove spe-
cie botaniche, e si sperimentarono pratiche agronomiche
originali. Intanto l’area del Paradisiello, fin verso Sant’
Eframo Vecchio, vedeva realizzate innovative pratiche
zootecniche sotto l’impulso della Facoltà di Medicina Ve-
terinaria assegnata con decreto di Murat nel marzo del
1815 al complesso conventuale cinquecentesco di Santa
Maria degli Angeli alle Croci. Nel 1806, raccogliendo
l’eredità della Reale Accademia delle Scienze (1780-
1787), nasceva il Real Istituto di Incoraggiamento alle
Scienze Naturali (1806), da cui deriveranno, sulla scorta
degli indirizzi culturali e didattici formulati da Vincenzo
Cuoco, il primo istituto tecnico (oggi ‘Giovanbattista Della
Porta’) ed il primo liceo scientifico (‘Vincenzo Cuoco’) della
città. Questi ultimi, ubicati presso il complesso conventua-
le cistercense di San Carlo all’Arena, conservano pregevoli
laboratori ottocenteschi di chimica, fisica, agraria e scien-
ze naturali7
. Né va dimenticato come la zona ai piedi di
Miradois già dal 1682 ospitasse il cosiddetto Orto della
Montagnola,fondato dal cardinale Filomarino, un
‘giardino’ dedito alla coltivazione e allo studio, con funzio-
ne di didattica e di ricerca, delle piante medicinali (se ne
contavano più di 700 varietà), con produzioni erboristiche
medicamentose destinate ai malati degli Ospedali
dell’Annunziata, della Pacella ai Miracoli e degli Incurabili.
REFERENZE BIBLIOGRAFICHE
1. E. Ricca, La nobiltà delle Due Sicilie, I, Napoli 1859
2. A.S.Na., Trib. Nap., perizie, vol. 6, n. 506, 1866
3. A.S.Na., Cat. provv., vol. 196 (art. 85); ivi, vol. 199 (art. 1019); ivi, vol.
202 (art. 867); ivi, vol. 210 (art. 435 bis, 436 bis, 444 bis); ivi, vol. 214
(art. 1062 bis, art. 1063, art. 1063 bis).
4. A.S.Na., Trib. Nap., perizie, n. 16468, a. 1845
5. Fraticelli V.. Il giardino napoletano. ‘700 e ‘800.Electa Napoli 1996
6. Rippa M. Guida della collina di Capodimonte. Napoli 2009
7. Civitelli R e Geirola A. Via Foria, un itinerario napoletano,2006
Il poggio di Miradois si trova al centro del triangolo
che unisce tre poli monumentali di grande interesse
come il Museo Archeologico Nazionale, l’Albergo dei
Poveri in piazza Carlo III e la Reggia-Pinacoteca di
Capodimonte. Dall’alto dei suoi 156 metri, con la Spe-
cola dell’Osservatorio Astronomico fondato da Murat
nel 1809, e le ville del marchese La Riccia e del mar-
chese Blanch di Campolattaro’, entrambe già presenti
nella Mappa Topografica (1750-1775) di Giovanni
Carafa, duca di Noja, il colle dominava il centro antico
di Napoli offrendo una vista da nord che era proposta
ai visitatori della città nei secoli scorsi.
“ La principal veduta è di osservar Napoli in alto mare, donde
l’intiera città vi si presenta come un immenso anfiteatro. La
seconda è di guardarla da S. Martino, dove si vede sotto gli
occhi minutamente quasi tutta la città, ed il delizioso contor-
no del golfo. La terza è di veder Napoli dalla reale Specola,
o dal palazzo della Riccia: questo luogo per estensione della
sua veduta è detto con nome spagnuolo Miratodos. La quar-
ta è di contemplarla da’ reali giardini di Portici, e più dalla
villa del duca di Gravina, ch’è ad essi superiore “
(da G.M. Galanti, Napoli e Contorni, Ed. Borel 1829 , pag 3.)
La villa nell’800
Tra fine ‘700 e inizio ‘800, per la sua ubicazione all’interno
della direttrice Orto Botanico, Facoltà di Veterinaria e
Osservatorio Astronomico, istituzioni appena fondate, la
villa si venne a trovare nel cuore del polo scientifico-
naturalista nato a Napoli dalle istanze del razionalismo
illuminista, rappresentando punto di incontro per perso-
naggi colti e illustri dell’epoca. Una perizia di stima del
18454
, eseguita dopo la morte di Giosuè Richiello e a cui è
allegata una planimetria, consente di ricostruire l'aspetto
della proprietà a metà Ottocento. L'ingresso principale
della villa era segnalato sulla salita del Moiariello, difronte
alla settecentesca chiesetta di Santa Maria delle Grazie,
da uno slargo ad emiciclo, ornato da sedili e colonnine di
piperno e racchiuso tra pareti con al centro un vano ad
arco, di supporto ad un frontone recante l'emblema con le
iniziali G.R. Dallo slargo si entrava nel viale che, cinto da
muri intervallati da pilastri di sostegno ad un pergolato,
all'altezza di un altro slargo quasi semicircolare con nic-
chioni dipinti e sedili piegava a gomito in direzione dell'ac-
cesso principale del casino. Qui il viale si apriva ancora ad
emiciclo e superati alcuni gradini raggiungeva un
"ballatoio coverto da volta", dal quale si saliva con una
scala al secondo ed ultimo piano o si entrava nell'apparta-
mento nobile al primo piano, con cappella e "deliziosa
loggia" [per loggia o loggiato nella dizione ottocentesca si
intendono anche balconate e terrazze, n.d.r.] estesa lungo
tutto il fronte meridionale del fabbricato. In prossimità del
piazzale d'ingresso al casino il viale si collegava ad una
rampa che introduceva in un "ampio loggiato" a mezzo-
giorno, con sedili su due lati e cisterna nel mezzo. Una
scala, in comunicazione con questo "loggiato", disimpe-
gnava nel suo sviluppo diversi locali adibiti ad usi rustici o
ad abitazioni e, prima di raggiungere il fondo agricolo,
portava alla scuderia, alla "pagliera", ad un viale affacciato
a mezzogiorno che dava accesso ai vari ambienti del pian-
terreno, ad una scala a servizio dei piani superiori e ad un
piccolo giardino sul lato ovest del casino. Chiuso da un
cancello tra pilastri sor-
montati da vasi di terracot-
ta il giardinetto, ‘a parterre’
geometrico con due sedili
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oltre 28 moggia, di perti-
nenza della villa, si entrava
da tre ingressi: il primo, più
a nord, che coincideva con
il principale già descritto,
un secondo, più in basso,
sempre a settentrione ed il terzo a sud, all'inizio della
salita del Moiariello. Una rampa a gradoni esistente già
nel Settecento, cinta da muri e parapetti, risaliva il pendi-
o mettendo in comunicazione l'ingresso più in basso con
la terrazza belvedere (il "loggiato") ad est dell’edificio.
Racchiuso tra due anse della rampa vi era un secondo
giardinetto che, alberato con mandorli, pruni, agrumi ed
altro, aveva una aiuola nel mezzo, circondata da una su-
perficie lastricata con "quadrelli di argilla cotta", a sua
volta interna ad una "aiuola di cinta". Alla fine della ram-
pa, in direzione del casino si sviluppava un "lungo strado-
ne", fiancheggiato da un'aiuola con spalliera di agrumi,
che menava al secondo ingresso della proprietà. Numero-
se scale, disposte ai lati dello "stradone" o del viale prin-
cipale, introducevano in più parti del fondo che, disposto
a quote differenti, era interamente piantato, ad esclusio-
ne di una zona incolta, con alberi da frutta, quali pruni,
peschi, albicocchi, mandorli, viti di diversa età, gelsi e
qualche agrume, ma l'alberatura più frequente era costi-
tuita da fichi di numerose specie.
Dopo un lungo contenzioso tra gli eredi di Giosuè Richiel-
lo, Il 2 giugno 1849 la villa venne venduta a Giuseppe
Famiglietti,3
Patrocinatore presso i Tribunali, le Corti e le
Gran Corti del Regno, cui segui nella proprietà, oltre che
nella professione, il figlio Alfonso, Cavaliere con regio
decreto del 09 aprile 1915.
La villa nel ‘700 era una delle poche costruzioni sul colle di
Miradois nella Mappa Topografica (1750-1775) del duca di Noja,
insieme alla Villa La Riccia, al palazzo Navarro, più a valle, e alle pro-
prietà Gargiulo e Grossi a nord-est alla fine delle rampe Moiariello.
Proprietario nel ‘700 fu Francesco Maria Blanch, marchese di Campo-
lattaro per diploma di Ferdinando IV del 28 febbraio 1770 [il feudo
invece era stato acquisito per 8.000 ducati nel 1677 da Michele
Blanch (1590-1685)]1
.La villa era circondata da estesi possedimenti,
dettagliati al numero 3 del Tavolario Marchese in 20 pezzi del 1798 e
riportati con la denominazione ‘Giardini’.2
L’amenità e la gradevolez-
za del luogo è descritta nella seguente epigrafe composta in onore
del Nobile Marchese Blanch, insieme ad una lunga lettera per la
marchesa, che lo aveva ospitato per una ‘villeggiatura’, da Gennaro
Vico (1715-1806), panegirista ed epigrafista del re, maestro di Epigra-
fia latina e Storia ed Erudizione Antica, figlio del grande filosofo Gio-
vambattista (1668-1744) cui era succeduto alla Cattedra di Eloquenza
dell’Università. Un ritratto del marchese (olio su tela 100x72cm) e un
altro della marchesa, dipinti tra il 1760 e il 1770 dal parmense Fran-
cesco Liani, ritrattista della corte borbonica e dello stesso Ferdinan-
do IV, furono battuti all’asta a Roma da Finarte il 19.11.91 per quasi
36 milioni di lire e sono attualmente nella collezione privata di Franco
Maria Ricci esposti nelle sale della reggia farnesiana-borbonica di
Codorno di Parma. Alla morte di Francesco Maria Blanch (22 febbraio
1799) successe il figlio Giovanni Francesco, sposato a Maria Diodata
Caracciolo da cui era nato nel 1793 il primogenito Gennaro.1
Questi
succederà al padre e avrà due figlie, Maria e Giuseppa. Nel 1812 sul
pianoro che separava in cima alla collina le ville ‘La Riccia’ e ‘Blanch’
iniziò la costruzione dello Osservatorio Astronomico e nel 1817 la
villa venne venduta a Giosuè Richiello 3
. Nel 1813, Gennaro Blanch
aveva venduto anche il castello
medievale fortificato di Campo-
lattaro (oggi interamente visita-
bile) alla famiglia De Agostini,
attualmente ancora proprietaria.
Il titolo di Marchese di Campo-
lattaro è portato oggi dalla fami-
glia Capomazza a seguito del
matrimonio di Carlo Capomazza
con Giuseppa Blanch. Emilio
Capomazza marchese di Campo-
lattaro, sarà eletto sindaco di
Napoli nel 1896.
Attualmente, è scom-
parsa gran parte della
superficie coltivata e, con
essa, buona parte dell'an-
tica rampa che risaliva il
pendio, mentre uso e a-
spetto del casino sono
stati modificati nel tempo
dalla scomposizione in
appartamenti privati per uso abitativo. È probabile che
alcune modifiche risalgano già alla seconda metà dell’ ‘800,
se nella Pianta di Napoli ‘Schiavoni’ (Foglio VIII) nuovi edifi-
ci hanno preso il posto dell`ampio loggiato" a mezzogiorno
e del piccolo giardino lungo la rampa. Le maggiori alterazio-
ni però sono avvenute nel corso del ‘900, quando la villa è
stata privata dei viali d'accesso con i loro ornamenti, ed
una palazzina si è quasi addossata al casino, chiudendone
parte del fronte a mezzogiorno e cancellando ogni traccia
del giardinetto ‘a parterre’. La creazione di una terrazza al
secondo piano e la sopraelevazione di un ulteriore piano
hanno poi modificato il fronte panoramico a mezzogiorno
anche se tale facciata conserva ancora significativi episodi
del passato, come l'ampia balconata sorretta da loggette
ad arco5
. Negli anni Trenta tutta l’area di pertinenza della
Villa era attraversata da una strada di servizio nota come
Via Privata Rotabile della Villa Famiglietti, chiusa a Nord dal
‘portiere superiore’ 6
(attuale civico 38 di via O.Morisani)
mentre a Sud terminava all’attuale 13 bis di Salita Moiariel-
lo (‘portiere inferiore’). Nel 1935 la vasta area della Villa
venne lottizzata, i nuovi proprietari guadagnarono alle
rispettive proprietà ogni spazio fino ai margini della rotabi-
le, e la strada, con rogito del 11 aprile6
, venne donata al
Comune di Napoli divenendo la attuale via Ottavio Morisa-
ni, dal nome del medico ostetrico dell’Ospedale Incurabili
di Napoli che raggiunse fama internazionale nella seconda
metà del ‘800 divenendo anche senatore del Regno d’Italia.
Per la veduta sul golfo così bella, tale strada si è guadagna-
ta, a partire dagli anni ‘50, il nomignolo di ’piccola via
Petrarca’’. Per elementi storici, planimetrici e di prospetto
la costruzione è qualificata dal VPGR Centro Storico
(Tavola7— Scheda 13) come ‘Villa preottocentesca
suburbana’.La villa è oggi in ristrutturazione.
La Villa e le sue pertinenze
sul pendio orientale del
Colle di Miradois nel 1845
Villa Blanch
Colle Miradois
Villa La Riccia
Villa La Riccia
Villa Richiello
1830: pianta S. Carlo all’Arena
Real Officio topografico
“Villam hanc suburbanam
breve otii negotiique confinium
aeris salubritate laxiorisque amoenitate prospectus
facile principem
N. Blanch Campilactaris Marchio
sibi emptam sibi auctam
atque
ad ingeniosissimam elegantiam
compositam instructamque
genio suo comparavit.”
da Giovanni Gentile, Studi Vichiani. 2a Ed.Firenze, LeMonnier 1927, 245-6

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Architettura 700
 

Napoli capodimonte villa del settecento marchese Blanch di Campolattaro

  • 1. Villa Blanch poi Richiello e Famiglietti IL SISTEMA DELLE VILLE SETTECENTESCHE DI CAPODIMONTE Una fascia ’di rispetto’ intorno alla Reggia … affinchè sia abitato da ‘persone di mia casa’ … (Re Giuseppe Bonaparte, 20 maggio 1808) Tra ‘700 e ‘800, nel decennio napoleonico e durante la seconda restaurazione borbonica si consolida a Napoli un’idea della villa affacciata sul panorama come vera e propria alternativa all’abitazione in città, aspirazione delle classi colte o di nuovi ceti borghesi. Il paesaggio agrario delle colline tende ad una prospettiva di sviluppo che vede l’integrazione tra abitazione urbana e campa- gna. Le ville, sorte in gran parte per concessione di pro- prietà acquisite dallo stato a notabili del regno di fiducia del sovrano, si strutturano secondo sistemi misti, dove gli intenti estetici, talora di gusto esotico, convivono con quelli produttivi, con avvicendamenti colturali e nuovi metodi di coltivazione di fruttiferi e ortaggi. Proprio in quegli anni Napoli applicava una riforma dell’agricoltura nel solco tracciato dai riformisti dell’età dei lumi apren- dosi a sperimentazioni agronomiche (convivenza di siste- mi tradizionali mediterranei con quelli francesi, inglesi ed orientali) e zootecniche. La produzione veniva anche immessa sul mercato per rientrare dei costi di gestione. Sul versante occidentale del bosco di Capodimonte si concentravano le ville di maggiore interesse per dimen- sione e bellezza dei giardini, come villa Colonna, villa Forquet e le sontuose villa Ruffo e villa Gallo. Su quello orientale, al Moiariello, si distinguevano invece la villa La Riccia, villa Richiello, Villa De Rossi (oggi Anna), le Anti- che Case Cotugno, il Casaccio (villa Casazza), villa De Marsilio e più avanti, lungo via Ponti Rossi, villa Colletta e villa Falcon, fino alla villa Macedonio (poi Dupont) e alla romantica villa Ascoli (oggi Walpole). Manomissioni, talo- ra profonde, hanno alterato i rapporti volumetrici e tipo- logici originari mentre la costruzione della strada tangen- ziale ne ha compromesso i delicati rapporti ambientali. In base alla morfologia del giardino panoramico, alla terrazza belvedere e al rapporto tra pendici coltivate ed edificio è stata effettuata dalla Cattedra di Arte dei Giar- dini dell’’Università di Napoli Federico II una schedatura analitica a cura dei Proff. S.Bruno e P.Pisano, con abaco delle soluzioni ricorrenti e classificazione tipologica 5 . Il colle di Miradois … da riscoprire e salvaguardare La storia stratificata di questi luoghi, l’attuale permanenza di caratteri agricoli, le sperimentazioni agronomiche e zoo- tecniche realizzate appena fuori della cinta urbana, l’ at- trezzatura di strutture civili e monumentali, di verde, di realtà scientifiche tuttora operative a livelli di eccellenza, rappresentano eredità di un passato da salvaguardare co- me bene ambientale e culturale, con una tradizione di ela- borazione e sviluppo al servizio della città e della scienza. La ricomprensione, prima ancora che la riqualificazio- ne, di questi luoghi sarebbe un atto doveroso e di giu- stizia storica, e fornirebbe elementi integrativi di buon rilievo agli obiettivi già previsti per il recupero del cen- tro storico di Napoli. Amministrazione Edificio via Ottavio Morisani 45 Edificio rampe Ottavio Morisani 2 Edificio rampe Ottavio Morisani 9-13 Arch. A. Barrak, studiotecnicocosta@libero.it Testi ed elaborazione grafica: G.Corazzelli gaetano.corazzelli@fastwebnet.itIl presente opuscolo ha mera finalità informativa, senza fine di lucro Luogo di delizia, al civico 45 della odierna via Morisani in Napoli, in posizione di dominio panoramico sul ciglio del pendio orientale del colle Miradois, orientato a sud/sud- est, verso il golfo e le emergenze del Vesuvio e di San Martino, la Villa è appartenuta nel 700 alla famiglia Blanch, trapiantata in Napoli dalla Spagna, nobile dal 1656 con diploma di Filippo IV d’Asburgo, stemma araldico d’azzurro a nove stelle d’oro disposte 3, 3 e 3 e cappella gentilizia nella Chiesa di San Domenico Maggiore. Ceduta con atto del 10 marzo 1817 a Giosuè Richiello, venne poi venduta il 2 giugno 1849 dagli eredi di questi a Giuseppe Famiglietti i cui discendenti ne sono stati proprietari fino al secolo scorso. La tipologia architettonica assegnata è B1-1b, ‘edificio panoramico con giardino non pano- ramico e terrazza belvedere sul fronte lungo’ Il polo scientifico della Napoli illuminista ... L’area che dall’asse viario di via Foria si estende verso Capodimonte ha rappresentato il polo scientifico della Napoli del primo ’800. Nello spazio di alcune centinaia di metri in linea d’aria furono ubicati, la Facoltà di Medicina Veterinaria, l’Osservatorio Astronomico e il Real Giardino delle piante (Orto Botanico). Con l’istituzione di quest’ultimo nel 1807 si diede inizio a ricerche sistemati- che sull’acclimatazione e sulla riproduzione di nuove spe- cie botaniche, e si sperimentarono pratiche agronomiche originali. Intanto l’area del Paradisiello, fin verso Sant’ Eframo Vecchio, vedeva realizzate innovative pratiche zootecniche sotto l’impulso della Facoltà di Medicina Ve- terinaria assegnata con decreto di Murat nel marzo del 1815 al complesso conventuale cinquecentesco di Santa Maria degli Angeli alle Croci. Nel 1806, raccogliendo l’eredità della Reale Accademia delle Scienze (1780- 1787), nasceva il Real Istituto di Incoraggiamento alle Scienze Naturali (1806), da cui deriveranno, sulla scorta degli indirizzi culturali e didattici formulati da Vincenzo Cuoco, il primo istituto tecnico (oggi ‘Giovanbattista Della Porta’) ed il primo liceo scientifico (‘Vincenzo Cuoco’) della città. Questi ultimi, ubicati presso il complesso conventua- le cistercense di San Carlo all’Arena, conservano pregevoli laboratori ottocenteschi di chimica, fisica, agraria e scien- ze naturali7 . Né va dimenticato come la zona ai piedi di Miradois già dal 1682 ospitasse il cosiddetto Orto della Montagnola,fondato dal cardinale Filomarino, un ‘giardino’ dedito alla coltivazione e allo studio, con funzio- ne di didattica e di ricerca, delle piante medicinali (se ne contavano più di 700 varietà), con produzioni erboristiche medicamentose destinate ai malati degli Ospedali dell’Annunziata, della Pacella ai Miracoli e degli Incurabili. REFERENZE BIBLIOGRAFICHE 1. E. Ricca, La nobiltà delle Due Sicilie, I, Napoli 1859 2. A.S.Na., Trib. Nap., perizie, vol. 6, n. 506, 1866 3. A.S.Na., Cat. provv., vol. 196 (art. 85); ivi, vol. 199 (art. 1019); ivi, vol. 202 (art. 867); ivi, vol. 210 (art. 435 bis, 436 bis, 444 bis); ivi, vol. 214 (art. 1062 bis, art. 1063, art. 1063 bis). 4. A.S.Na., Trib. Nap., perizie, n. 16468, a. 1845 5. Fraticelli V.. Il giardino napoletano. ‘700 e ‘800.Electa Napoli 1996 6. Rippa M. Guida della collina di Capodimonte. Napoli 2009 7. Civitelli R e Geirola A. Via Foria, un itinerario napoletano,2006 Il poggio di Miradois si trova al centro del triangolo che unisce tre poli monumentali di grande interesse come il Museo Archeologico Nazionale, l’Albergo dei Poveri in piazza Carlo III e la Reggia-Pinacoteca di Capodimonte. Dall’alto dei suoi 156 metri, con la Spe- cola dell’Osservatorio Astronomico fondato da Murat nel 1809, e le ville del marchese La Riccia e del mar- chese Blanch di Campolattaro’, entrambe già presenti nella Mappa Topografica (1750-1775) di Giovanni Carafa, duca di Noja, il colle dominava il centro antico di Napoli offrendo una vista da nord che era proposta ai visitatori della città nei secoli scorsi. “ La principal veduta è di osservar Napoli in alto mare, donde l’intiera città vi si presenta come un immenso anfiteatro. La seconda è di guardarla da S. Martino, dove si vede sotto gli occhi minutamente quasi tutta la città, ed il delizioso contor- no del golfo. La terza è di veder Napoli dalla reale Specola, o dal palazzo della Riccia: questo luogo per estensione della sua veduta è detto con nome spagnuolo Miratodos. La quar- ta è di contemplarla da’ reali giardini di Portici, e più dalla villa del duca di Gravina, ch’è ad essi superiore “ (da G.M. Galanti, Napoli e Contorni, Ed. Borel 1829 , pag 3.)
  • 2. La villa nell’800 Tra fine ‘700 e inizio ‘800, per la sua ubicazione all’interno della direttrice Orto Botanico, Facoltà di Veterinaria e Osservatorio Astronomico, istituzioni appena fondate, la villa si venne a trovare nel cuore del polo scientifico- naturalista nato a Napoli dalle istanze del razionalismo illuminista, rappresentando punto di incontro per perso- naggi colti e illustri dell’epoca. Una perizia di stima del 18454 , eseguita dopo la morte di Giosuè Richiello e a cui è allegata una planimetria, consente di ricostruire l'aspetto della proprietà a metà Ottocento. L'ingresso principale della villa era segnalato sulla salita del Moiariello, difronte alla settecentesca chiesetta di Santa Maria delle Grazie, da uno slargo ad emiciclo, ornato da sedili e colonnine di piperno e racchiuso tra pareti con al centro un vano ad arco, di supporto ad un frontone recante l'emblema con le iniziali G.R. Dallo slargo si entrava nel viale che, cinto da muri intervallati da pilastri di sostegno ad un pergolato, all'altezza di un altro slargo quasi semicircolare con nic- chioni dipinti e sedili piegava a gomito in direzione dell'ac- cesso principale del casino. Qui il viale si apriva ancora ad emiciclo e superati alcuni gradini raggiungeva un "ballatoio coverto da volta", dal quale si saliva con una scala al secondo ed ultimo piano o si entrava nell'apparta- mento nobile al primo piano, con cappella e "deliziosa loggia" [per loggia o loggiato nella dizione ottocentesca si intendono anche balconate e terrazze, n.d.r.] estesa lungo tutto il fronte meridionale del fabbricato. In prossimità del piazzale d'ingresso al casino il viale si collegava ad una rampa che introduceva in un "ampio loggiato" a mezzo- giorno, con sedili su due lati e cisterna nel mezzo. Una scala, in comunicazione con questo "loggiato", disimpe- gnava nel suo sviluppo diversi locali adibiti ad usi rustici o ad abitazioni e, prima di raggiungere il fondo agricolo, portava alla scuderia, alla "pagliera", ad un viale affacciato a mezzogiorno che dava accesso ai vari ambienti del pian- terreno, ad una scala a servizio dei piani superiori e ad un piccolo giardino sul lato ovest del casino. Chiuso da un cancello tra pilastri sor- montati da vasi di terracot- ta il giardinetto, ‘a parterre’ geometrico con due sedili addossati a pilastrini, era piantato con diversi alberi da frutta e viti. Al fondo di oltre 28 moggia, di perti- nenza della villa, si entrava da tre ingressi: il primo, più a nord, che coincideva con il principale già descritto, un secondo, più in basso, sempre a settentrione ed il terzo a sud, all'inizio della salita del Moiariello. Una rampa a gradoni esistente già nel Settecento, cinta da muri e parapetti, risaliva il pendi- o mettendo in comunicazione l'ingresso più in basso con la terrazza belvedere (il "loggiato") ad est dell’edificio. Racchiuso tra due anse della rampa vi era un secondo giardinetto che, alberato con mandorli, pruni, agrumi ed altro, aveva una aiuola nel mezzo, circondata da una su- perficie lastricata con "quadrelli di argilla cotta", a sua volta interna ad una "aiuola di cinta". Alla fine della ram- pa, in direzione del casino si sviluppava un "lungo strado- ne", fiancheggiato da un'aiuola con spalliera di agrumi, che menava al secondo ingresso della proprietà. Numero- se scale, disposte ai lati dello "stradone" o del viale prin- cipale, introducevano in più parti del fondo che, disposto a quote differenti, era interamente piantato, ad esclusio- ne di una zona incolta, con alberi da frutta, quali pruni, peschi, albicocchi, mandorli, viti di diversa età, gelsi e qualche agrume, ma l'alberatura più frequente era costi- tuita da fichi di numerose specie. Dopo un lungo contenzioso tra gli eredi di Giosuè Richiel- lo, Il 2 giugno 1849 la villa venne venduta a Giuseppe Famiglietti,3 Patrocinatore presso i Tribunali, le Corti e le Gran Corti del Regno, cui segui nella proprietà, oltre che nella professione, il figlio Alfonso, Cavaliere con regio decreto del 09 aprile 1915. La villa nel ‘700 era una delle poche costruzioni sul colle di Miradois nella Mappa Topografica (1750-1775) del duca di Noja, insieme alla Villa La Riccia, al palazzo Navarro, più a valle, e alle pro- prietà Gargiulo e Grossi a nord-est alla fine delle rampe Moiariello. Proprietario nel ‘700 fu Francesco Maria Blanch, marchese di Campo- lattaro per diploma di Ferdinando IV del 28 febbraio 1770 [il feudo invece era stato acquisito per 8.000 ducati nel 1677 da Michele Blanch (1590-1685)]1 .La villa era circondata da estesi possedimenti, dettagliati al numero 3 del Tavolario Marchese in 20 pezzi del 1798 e riportati con la denominazione ‘Giardini’.2 L’amenità e la gradevolez- za del luogo è descritta nella seguente epigrafe composta in onore del Nobile Marchese Blanch, insieme ad una lunga lettera per la marchesa, che lo aveva ospitato per una ‘villeggiatura’, da Gennaro Vico (1715-1806), panegirista ed epigrafista del re, maestro di Epigra- fia latina e Storia ed Erudizione Antica, figlio del grande filosofo Gio- vambattista (1668-1744) cui era succeduto alla Cattedra di Eloquenza dell’Università. Un ritratto del marchese (olio su tela 100x72cm) e un altro della marchesa, dipinti tra il 1760 e il 1770 dal parmense Fran- cesco Liani, ritrattista della corte borbonica e dello stesso Ferdinan- do IV, furono battuti all’asta a Roma da Finarte il 19.11.91 per quasi 36 milioni di lire e sono attualmente nella collezione privata di Franco Maria Ricci esposti nelle sale della reggia farnesiana-borbonica di Codorno di Parma. Alla morte di Francesco Maria Blanch (22 febbraio 1799) successe il figlio Giovanni Francesco, sposato a Maria Diodata Caracciolo da cui era nato nel 1793 il primogenito Gennaro.1 Questi succederà al padre e avrà due figlie, Maria e Giuseppa. Nel 1812 sul pianoro che separava in cima alla collina le ville ‘La Riccia’ e ‘Blanch’ iniziò la costruzione dello Osservatorio Astronomico e nel 1817 la villa venne venduta a Giosuè Richiello 3 . Nel 1813, Gennaro Blanch aveva venduto anche il castello medievale fortificato di Campo- lattaro (oggi interamente visita- bile) alla famiglia De Agostini, attualmente ancora proprietaria. Il titolo di Marchese di Campo- lattaro è portato oggi dalla fami- glia Capomazza a seguito del matrimonio di Carlo Capomazza con Giuseppa Blanch. Emilio Capomazza marchese di Campo- lattaro, sarà eletto sindaco di Napoli nel 1896. Attualmente, è scom- parsa gran parte della superficie coltivata e, con essa, buona parte dell'an- tica rampa che risaliva il pendio, mentre uso e a- spetto del casino sono stati modificati nel tempo dalla scomposizione in appartamenti privati per uso abitativo. È probabile che alcune modifiche risalgano già alla seconda metà dell’ ‘800, se nella Pianta di Napoli ‘Schiavoni’ (Foglio VIII) nuovi edifi- ci hanno preso il posto dell`ampio loggiato" a mezzogiorno e del piccolo giardino lungo la rampa. Le maggiori alterazio- ni però sono avvenute nel corso del ‘900, quando la villa è stata privata dei viali d'accesso con i loro ornamenti, ed una palazzina si è quasi addossata al casino, chiudendone parte del fronte a mezzogiorno e cancellando ogni traccia del giardinetto ‘a parterre’. La creazione di una terrazza al secondo piano e la sopraelevazione di un ulteriore piano hanno poi modificato il fronte panoramico a mezzogiorno anche se tale facciata conserva ancora significativi episodi del passato, come l'ampia balconata sorretta da loggette ad arco5 . Negli anni Trenta tutta l’area di pertinenza della Villa era attraversata da una strada di servizio nota come Via Privata Rotabile della Villa Famiglietti, chiusa a Nord dal ‘portiere superiore’ 6 (attuale civico 38 di via O.Morisani) mentre a Sud terminava all’attuale 13 bis di Salita Moiariel- lo (‘portiere inferiore’). Nel 1935 la vasta area della Villa venne lottizzata, i nuovi proprietari guadagnarono alle rispettive proprietà ogni spazio fino ai margini della rotabi- le, e la strada, con rogito del 11 aprile6 , venne donata al Comune di Napoli divenendo la attuale via Ottavio Morisa- ni, dal nome del medico ostetrico dell’Ospedale Incurabili di Napoli che raggiunse fama internazionale nella seconda metà del ‘800 divenendo anche senatore del Regno d’Italia. Per la veduta sul golfo così bella, tale strada si è guadagna- ta, a partire dagli anni ‘50, il nomignolo di ’piccola via Petrarca’’. Per elementi storici, planimetrici e di prospetto la costruzione è qualificata dal VPGR Centro Storico (Tavola7— Scheda 13) come ‘Villa preottocentesca suburbana’.La villa è oggi in ristrutturazione. La Villa e le sue pertinenze sul pendio orientale del Colle di Miradois nel 1845 Villa Blanch Colle Miradois Villa La Riccia Villa La Riccia Villa Richiello 1830: pianta S. Carlo all’Arena Real Officio topografico “Villam hanc suburbanam breve otii negotiique confinium aeris salubritate laxiorisque amoenitate prospectus facile principem N. Blanch Campilactaris Marchio sibi emptam sibi auctam atque ad ingeniosissimam elegantiam compositam instructamque genio suo comparavit.” da Giovanni Gentile, Studi Vichiani. 2a Ed.Firenze, LeMonnier 1927, 245-6