Costi economici e sociali della corruzione-prevenzione e contrasto - legge 190/2012
1. I COSTI ECONOMICI E SOCIALI
DELLA CORRUZIONE
COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI
FOCUS SULLA LEGGE 190/2012
LEDRO, 13 GIUGNO 2013
Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo
(Sistemi di gestione del Rischio di Reato)
2. I COSTI DELLA CORRUZIONE
I DANNI DELLA CORRUZIONE ALL’ECONOMIA,
ALL’AMBIENTE, ALLA CREDIBILITA’ DELLE
ISTITUZIONI E AL CONTESTO SOCIALE.
2
3. I COSTI DELLA CORRUZIONE
o Negli anni ‟70 e „80 alcuni economisti e sociologi(*)
hanno dato una chiave di lettura positiva della
corruzione, in termini di:
«umanizzazione» degli interventi dello Stato;
integrazione sociale e politica
reazione all‟inefficienza del settore pubblico,
sviluppo e stabilità economico-finanziaria
costruzione e rafforzamento dei partiti politici, in presenza
di debolezze istituzionali.
(*) Per una trattazione approfondita di tali posizioni:
http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf
3
4. I COSTI DELLA CORRUZIONE
A partire dagli anni „90, invece, le ricerche economiche (*)
hanno prevalentemente evidenziato i costi della
corruzione, in termini di:
Riduzione della crescita;
Diminuzione della qualità e sostenibilità degli investimenti
pubblici
Contrazione degli investimenti nel settore privato
Minori guadagni per le imprese (compensati dall‟aumento
del lavoro «nero» o dell‟evasione fiscale)
Povertà e disuguaglianza sociale
(*) Per una trattazione approfondita di tati posizioni:
http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf 4
5. I COSTI DELLA CORRUZIONE
Anche ammettendo che la corruzione svolga un ruolo in
certe fasi nello sviluppo politico e sociale, bisogna
ugualmente tenere in considerazione i danni che dalla
corruzione possono derivare.
La corruzione assomiglia, sotto molti aspetti, alla
combustione: il fuoco è utilissimo alla vita dell‟uomo.
Buona parte della cultura e della tecnologia umana si
basa su processi di combustione. Tuttavia, il fuoco può
provocare incendi, con conseguenze molto gravi.
I Piani Anticorruzione sono necessari, tanto quanto i
Piani Antincendio …
5
6. I COSTI DELLA CORRUZIONE
Quando si parla di costi della corruzione, di solito ci si
riferisce a due cose in parte diverse fra loro.
1. Costi = peso economico della corruzione, cioè
quantità di risorse (denaro e altre utilità) “investite” dai
privati nella corruzione. Tale valore rappresenta una
“tassa occulta” nei rapporti con la pubblica
amministrazione, pagata per fornire o ricevere beni e
servizi. Un tassa che sottrae ai privati risorse che
potrebbero essere investite in altre attività economiche.
2. Costi = danni causati dalla corruzione alla sostenibilità
politica, ambientale, sociale e culturale.
6
7. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
Purtroppo, il valore/costo economico totale della
corruzione non può essere determinato in modo preciso.
E‟ solo possibile fare delle proiezioni, basandosi sui
casi di corruzione scoperti e perseguiti in sede
giudiziaria.
Nel 2004 la Relazione Kauffman della World Bank ha
stimato che il costo globale della corruzione sia pari al
3% del PIL mondiale. Sottolineando, però, che questa
percentuale del 3% potrebbe variare sensibilmente da
Paese a Paese.
7
8. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
Quindi, in Italia, il costo della corruzione potrebbe
aggirarsi attorno ai 60 miliardi di Euro.
Nel 2008 e nel 2010 il SAeT (Servizio Anticorruzione e
Trasparenza) del Dipartimento della Funzione Pubblica
ha diffuso questo dato, sottolineando però che tale cifra
non era supportata da alcun modello di calcolo
attendibile.
Nel 2011 invece la Commissione Europea ha stimato
che la corruzione costi all‟economia dell‟UE 120 miliardi
di euro l‟anno. 8
9. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
Se il costo della corruzione in Italia fosse veramente pari
a 60 miliardi di euro, l‟Italia da sola sarebbe
responsabile della metà dei fenomeni corruttivi su base
europea.
Anche la Corte dei Conti, nel 2012, che sollevato delle
perplessità circa l‟attendibilità di questo dato.
… La cifra di 60 miliardi di euro non convince nessuno
… ma nessuno ha proposto una cifra alternativa, forse
per paura di dare l‟dea di sottostimare il fenomeno.
9
10. I DANNI DELLA CORRUZIONE
La corruzione danneggia:
il tessuto economico e produttivo
l‟Ambiente
la credibilità delle istituzioni e della politica
Il contesto sociale
Danni così diffusi incidono gravemente sulla
sostenibilità di un Paese, minando alle radici la
possibilità di sviluppo e di benessere futuro
10
11. I DANNI DELLA CORRUZIONE
Danni al tessuto economico e produttivo
La corruzione impedisce la libera concorrenza;
Disincentiva la scelta degli operatori economici
sulla base della loro reale capacità imprenditoriale
e della qualità dei servizi offerti;
Rende più difficile la nascita e lo sviluppo di nuove
imprese
Frena gli investimenti esteri.
11
12. I DANNI DELLA CORRUZIONE
Danni all’ Ambiente
dal 1 gennaio 2010 al 30 settembre 2012 In Italia sono
state arrestate 1.109 persone per episodi di corruzione
connessi ad attività dal forte impatto ambientale (*)
La corruzione in campo ambientale produce serie
conseguenze per la sicurezza e la salute dei cittadini:
dalle opere pubbliche (ospedali, scuole, viadotti)
realizzate con il “cemento depotenziato”, ai “ripristini
ambientali” delle cave trasformate in discariche abusive
di rifiuti (*).
(*) Libera, Legambiente, Avviso Pubblico, Corruzione. La tassa
occulta che impoverisce e inquina il paese, Roma, 2012 12
13. I DANNI DELLA CORRUZIONE
Danni alla credibilità delle istituzioni e della politica
Come suggerito dal filosofo Hans Jonas, il funzionario
pubblico disonesto mette a rischio «il tessuto fiduciario
su cui si fondano la società e la convivenza umana […]
mai garantito nella sua esistenza, totalmente dipendente
da noi»(*)
I sistemi democratici si basano, più di altri, sulla fiducia
dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni. Fiducia che si
esprime, ad esempio, nell‟esercizio del diritto di voto
(attraverso il quale si delega qualcuno a rappresentare i
propri interessi).
(*) Hans Jonas, Il Principio di Responsabilità, Einaudi, 2009 13
14. I DANNI DELLA CORRUZIONE
Danni al contesto sociale
La corruzione incide sulla composizione della
spesa pubblica: si riducono le spese per l’istruzione
e la protezione sociale, e si concentrano le risorse
in settori più «produttivi» (di guadagni illeciti), come
l‟edilizia
Chi ha un reddito medio-alto può compensare le
carenze dei servizi pubblici, rivolgendosi al mercato
privato.
Le carenze di servizi pubblici pesano invece su chi
ha reddito basso o è indigente, con un aumento
della diseguaglianza sociale 14
15. I DANNI DELLA CORRUZIONE
Danni al contesto sociale
Infine, il pactum sceleris fra corrotto e corruttore
rappresenta anche un modello di relazione umana,
che può diventare un paradigma di esistenza
sociale: la corruzione «non permette di crescere in
libertà. Il corrotto non conosce la fraternità o
l’amicizia, ma la complicità. […]. La corruzione non
è un atto, ma uno stato, uno stato personale e
sociale, nel quale uno si abitua a vivere […] E’ una
cultura di pigmeizzazione» (*)
Jorge Mario Bergoglio, Guarire dalla Corruzione, 2013 15
16. LA LEGGE 190/2012
NUOVI STRUMENTI e RESPONSABILITA’ PER LA
PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLA
CORRUZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
16
17. LA LEGGE 190/2012
La “Legge Anticorruzione” (L. 6 novembre 2012,
n. 190) ha introdotto nelle pubbliche
amministrazioni: nuove responsabilità e nuovi
strumenti per la prevenzione e il contrasto della
corruzione
Gli enti locali sono inclusi nell‟ambito di
applicazione della legge.
17
18. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
In base alla nuova legge, le strategie di
prevenzione e contrasto della corruzione sono
definite a livello nazionale dall'azione sinergica di
tre soggetti:
1. Un Comitato Interministeriale, che ha il compito di
fornire le linee di indirizzo.
2. il Dipartimento della Funzione Pubblica, che promuove
e coordina le strategie di prevenzione attraverso
l‟elaborazione di un Piano Nazionale Anticorruzione
3. la C.i.V.I.T., che, in qualità di autorità nazionale
anticorruzione, esercita poteri di vigilanza e controllo.
18
19. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione
(RPC) è invece il soggetto-chiave per la
prevenzione dell‟illegalità all‟interno di ogni singola
amministrazione.
Negli enti locali, il RPC è individuato di norma nel
segretario, salva diversa e motivata
determinazione.
Nei Comuni, il RPC è nominato dal Sindaco, salvo
che il singolo Comune assegni tale potere di nomina
alla Giunta o al Consiglio (*)
(*) CiVIT, Delibera 15/2013 19
20. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione
è incaricato delle seguenti attività:
1. elaborare il Piano Triennale di Prevenzione della
Corruzione;
2. definire procedure di selezione e formazione per i
dipendenti destinati ad operare nei settori a rischio;
3. verificare l'attuazione del Piano Triennale e la sua
idoneità, proponendo modifiche in caso di
significative violazioni o di mutamenti
dell'organizzazione;
4. verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli
uffici in cui è più elevato il rischio di corruzione;
5. individuare il personale da inserire in percorsi di
formazione sui temi dell'etica e della legalità. 20
21. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
La commissione di un reato di corruzione, accertato con
sentenza passata in giudicato, è fonte di responsabilità
dirigenziale per il RPC; che risponde anche sul piano
disciplinare e per il danno erariale e all'immagine della
pubblica amministrazione, a meno che non dimostri di
aver predisposto ed efficacemente attuato nell‟ente il
Piano Triennale di Prevenzione.
La “responsabilità per omesso controllo” del RPC,
derivante dalla mancata prevenzione di un illecito,
richiama la “responsabilità amministrativa dipendente da
reato” introdotta, a carico delle imprese, dal d.lgs.
231/2001. 21
22. LEGGE 190/2012
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
Differenza fra contrastare e prevenire un reato
Contrastare = andare incontro, affrontare,
combattere chi commette un reato, (al fine di
limitare/risarcire i danni derivanti dal suo reato e/o
impedire che commetta altri reati in futuro)
Prevenire = ridurre la probabilità che qualcuno
commetta un reato.
22
23. LEGGE 190/2012:
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
Misure di contrasto:
Modifiche al Codice Penale, con l‟inasprimento
delle pene previste per alcune tipologie di Reati
contro la Pubblica Amministrazione (Corruzione,
Concussione, ecc. … )
Introduzione di nuove fattispecie di reato
(corruzione tra privati e induzione indebita a dare o
promettere utilità)
Tutela dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti
Nuove e più severe disposizioni in materia di
Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive,
per le persone condannate per reati non colposi
23
24. LEGGE 190/2012:
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
Misure di prevenzione:
Nuovi obblighi di trasparenza (d.lgs. 33/2013)
Nuovi principi di condotta per i dipendenti pubblici (DPR
62/2013)
Disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi presso le PA e presso gli enti privati di controllo
pubblico (d.lgs. 39/2013)
L‟adozione di un Piano Nazionale Anticorruzione
L‟adozione di Piani di prevenzione della Corruzione
nelle Pubbliche Amministrazioni
24
25. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
La legge 190/2012 si applica anche alle Regioni, alle
Province Autonome di Trento e di Bolzano, agli Enti
Locali, nonché agli enti pubblici e ai soggetti di
diritto privato sottoposti al loro controllo.
Tutti questi soggetti avrebbero dovuto adottare i
propri piani triennali di prevenzione della corruzione
entro il 31 marzo 2013, dopo l‟approvazione:
1. delle intese in sede di Conferenza Unificata,
(previste dal comma 60 della L. 190/2012)
sull‟applicazione delle norme anticorruzione da
parte delle regioni e delle autonomie locali;
2. del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA),
predisposto dal DFP. 25
26. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
In realtà, già dal gennaio 2013, molti enti locali (primi fra
tutti i comuni di Caltanissetta e Pietraperzia, in Sicilia)
hanno cominciato ad adottare Piani Triennali
“provvisori”, senza attendere il PNA e le Intese in
Conferenza Unificata che (fra l‟altro), non sono ancora
stati approvati!
In questo momento, quindi, gli enti locali stanno
giocando un ruolo molto attivo nell‟avvio delle politiche
anticorruzione, a fronte di una certa «inerzia» delle
autorità centrali (CiVIT e DFP)
26
27. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
I Comuni e le Province stanno elaborando e attuando i
propri Piani Triennali «provvisori» senza disporre di
«linee guida» specifiche.
Le Linee di Indirizzo per il PNA (adottate il 12 marzo
2013 dal comitato interministeriale per il contrasto alla
corruzione),infatti, possono aiutare a definire i contenuti
e la struttura dei Piani, ma sono molto molto generiche
Le Linee Guida di UNIONCAMERE (anch‟esse del
marzo 2013) possono essere un supporto per
strutturare il percorso di risk assessment ed individuare
le strategie di definizione, attuazione, monitoraggio del
Piano. Tuttavia, sono pensate per le Camere di
Commercio e non sempre generalizzabili agli enti locali
27
28. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
Soprattutto in questa fase di avvio delle politiche
anticorruzione, affinché i Piani Triennali siano
davvero efficaci, è necessario che le
amministrazioni pubbliche chiamate ad adottarli
sviluppino la consapevolezza della complessità del
fenomeno (il rischio di corruzione), che tali
strumenti devono gestire, nonché la
consapevolezza degli obiettivi (obiettivi di legalità)
che con tali strumenti si vogliono raggiungere.
28
29. IL RISK ASSESSMENT
COME VALUTARE IL RISCHIO DI CORRUZIONE NELLE
ATTIVITA’ DELL’ENTE LOCALE
29
30. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Il comma 9 della Legge 190/2012 prescrive che i
Piani Triennali di Prevenzione debbano individuare
«le attività dell’ ente nell'ambito delle quali è più
elevato il rischio di corruzione».
Con la circolare 1/2013 il Dipartimento della
Funzione pubblica ha poi suggerito di ricondurre il
rischio di corruzione all‟ «l'abuso da parte di un
soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere
vantaggi privati».
30
31. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Quindi, le attività a rischio non sono solo quelle in cui
può essere commesso un reato di corruzione (artt. 318,
319 e 319 ter, c.p.),
L‟analisi deve essere allargata ad altri comportamenti a
rischio: «all’'intera gamma dei delitti contro la pubblica
amministrazione»(*) e alle situazioni in cui «a
prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza
un malfunzionamento dell'amministrazione a causa
dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite»(*).
(*) circolare 1/2013 Dipartimento FP, p.4.
31
32. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Il comma 16 della legge 120/2012 individua anche già
una serie di attività considerate a rischio di corruzione:
autorizzazione o concessione;
scelta del contraente per l'affidamento di lavori,
forniture e servizi;
concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi,
sussidi, ausili finanziari, vantaggi economici
concorsi e prove selettive per l'assunzione del
personale e progressioni di carriera
32
33. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Il livello di rischio di una attività dipende dalla
probabilità e dalla gravità delle conseguenze dei
comportamenti a rischio che in tale attività possono
manifestarsi.
In una singola attività è possibile identificare più di
un comportamento a rischio
33
34. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
I comportamenti a rischio possono essere identificati
coinvolgendo il personale dell‟amministrazione (attraverso
interviste, questionari, gruppi di lavoro, ecc…) ed
osservando:
1. Il livello di trasparenza nella gestione delle risorse
pubbliche e delle relazioni con i soggetti interni ed
esterni all‟ente
2. L‟esistenza e l‟efficacia di procedure per la gestione
delle attività
3. In che modo, nell‟ambito delle attività dei vari uffici, sono
distribuite ed esercitate le funzioni operative, di
autorizzazione, di controllo, ecc …
34
35. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
I comportamenti a rischio possono essere favoriti da:
1. Opacità nella gestione delle relazioni interne ed esterne
all‟ente
2. Arbitrarietà e non riproducibilità delle scelte
3. Assenza di procedure, discrezionalità
4. Monopoli di potere, eccessiva autonomia.
35
36. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Dopo aver identificato uno o più comportamenti a rischio,
è necessario determinare:
1) La gravità (G) delle conseguenze di tale comportamento
2) la probabilità (P) che tale comportamento abbia luogo
3) Il livello di rischio associato al comportamento, in
relazione alla gravità e alla probabilità, determinando
quali comportamenti evidenziano livelli di rischio
accettabili e quali comportamenti, invece, devono
essere prevenuti.
36
37. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
LE ATTIVITA’ MAGGIORMENTE ESPOSTE AL
RISCHIO DI CORRUZIONE SARANNO
«SEMPLICEMENTE» QUELLE IN CUI
RICORRONO COMPORTAMENTI
CARATTERIZZATI DA UN LIVELLODI RISCHIO PIU’
ELEVATO
37
38. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Per effettuare la valutazione del rischio, bisogna
definire i concetti di gravità e probabilità e disporre
di scale di valori, in base alle quali calcolare il livello
di rischio
Per esempio …
38
39. GRAVITÀ DELLE CONSEGUENZE
La gravità delle conseguenze di un comportamento può essere
definita in base all‟entità e alla tipologia del possibile danno
GRAVITA’ DELLE CONSEGUENZE
VALORE Descrizione
1
Il comportamento potrebbe causare danni trascurabili all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può causare un danno
trascurabile a soggetti esterni all‟amministrazione.
2
Il comportamento può causare danni di lieve entità all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può anche causare danni di
lieve entità a soggetti esterni all‟amministrazione.
3
Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione,
Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo a soggetti esterni
all‟amministrazione.
4
Il comportamento può causare danni rilevanti all‟interno (danno all‟immagine e
al patrimonio dell‟ente) e all‟esterno (danni economici a soggetti terzi)
dell‟amministrazione. 39
40. PROBABILITA‟ DI UN COMPORTAMENTO A
RISCHIO
La probabilità di un comportamento non può essere
definita in termini esclusivamente statistici, in quanto il
verificarsi di un comportamento dipende sempre dalla
scelta consapevole di un soggetto
Potremmo quindi definire la probabilità di un
comportamento come un fattore complesso, che
dipende:
alla frequenza delle attività svolte dal soggetto
(occuparsi spesso della medesima attività aumenta il
rischio di corruzione)
e dal imodo in cui il soggetto si relaziona con
l‟organizzazione (la discrezionalità delle scelte e i
monopoli di potere aumentano il rischio di
corruzione). 40
41. FREQUENZA DELLE ATTIVITA‟
La frequenza può essere è determinata in relazione al
soggetto e all‟attività nella quale è stato identificato il
comportamento a rischio
FREQUENZA
VALORE Descrizione
1
Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte
saltuariamente dal soggetto
2
Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte
con continuità dal soggetto
41
42. MODALITÀ DI RELAZIONE
Introduciamo due fattori organizzativi (*), che descrivono il modo in cui il
soggetto si relaziona con l‟organizzazione, il suo ruolo, i suoi poteri, la sua
autonomia di scelta e di azione
(*) Cfr. equazione di Klitgaard, C = M+D – A.
FATTORI ORGANIZZATIVI
VALORE Descrizione
1
MONOPOLIO – Il soggetto che mette in atto il comportamento a
rischio monopolizza l‟attività presa in considerazione, o alcune fasi di
essa (esempio: è l‟unico soggetto incaricato di gestire, autorizzare,
controllare, contabilizzare qualcosa)
1
DISCREZIONALITA‟ – Il soggetto che mette in atto il comportamento
a rischio può esercitare poteri discrezionali o effettuare scelte
discrezionali nell‟ambito dell‟attività presa in considerazione (per
esempio per la mancanza di procedure formalizzate)
42
43. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
La probabilità di un comportamento a rischio sarà calcolata sommando
il valore di frequenza al valore dei fattori organizzativi (Monopoli e
Discrezionalità)
frequenza Monopoli Discrezionalità Probabilità
1 0 0 1
1 1 0 2
1 0 1 2
1 1 1 3
2 0 0 2
2 1 0 3
2 0 1 3
2 1 1 4
43
44. IL RISCHIO DI CORRUZIONE
Il Livello di rischio è determinato in relazione alla probabilità del
comportamento e alla gravità delle conseguenze
GRAVITA’
4
Critico Critico
critico critico
3
Rilevante
rilevante critico critico
2 medio-basso
rilevante
rilevante critico
1 trascurabile medio-basso
Rilevante
critico
1 2 3 4
PROBABILITA’
44
45. I PIANI TRIENNALI DI
PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
IL CONTENUTO E LA STRUTTURA DEI PIANI
TRIENNALI
45
46. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
I Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione
dovrebbero essere strutturati seguendo le linee guida
contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione (PNA).
Il PNA non è ancora stato elaborato dal DFP ed
approvato dalla CiVIT.
Attualmente, i contenuti e la struttura dei Piani Triennali sono
genericamente definiti nelle Linee di Indirizzo per il PNA
(adottate il 12 marzo 2013 dal comitato interministeriale per il
contrasto alla corruzione).
46
47. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
L‟ANCI, nel mese di marzo 2013, ha fornito ai comuni
alcune indicazioni in merito alle modalità di attuazione
delle principali misure ed adempimenti per l‟attuazione
della legge 190 del 2012
(http://www.anci.lombardia.it/notizie/Anticorruzione---Le-prime-
indicazioni-Anci-ai-comuni-sull-attuazione-della-legge-190-del-
2012.asp)
Anche UNIONCAMERE ha elaborato proprie Linee
Guida
47
48. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
I contenuti essenziali dei Piani triennali di prevenzione
(definiti dalle linee di indirizzo), possono essere riassunti
in 7 punti:
1. Individuazione delle attività a maggior rischio di
corruzione
2. Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni
all'ente
3. Monitoraggio dei procedimenti
4. Misure generali di prevenzione
5. Misure specifiche di prevenzione
6. Misure di Integrazione
7. Responsabilizzazione dei dipendenti 48
49. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Individuazione delle attività a maggior rischio di
corruzione
Il Piano deve riportare il risultato dell‟analisi del rischio di
corruzione, ed elencare le attività dell‟ente
maggiormente esposte al rischio.
Come sottolineato dall‟ ANCI, l‟attuale assetto legislativo
prevede un ruolo molto attivo dei dirigenti in materia di
azioni volte alla prevenzione della corruzione
49
50. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
D.lgs. 165/2001, art. 16, comma 1: «I dirigenti di uffici
dirigenziali generali, comunque denominati, nell'ambito di
quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti
compiti e poteri:
[OMISSIS]
l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e
contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da
parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti;
l-ter) forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per
l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il
rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla
prevenzione del rischio medesimo;
l-quater) provvedono al monitoraggio delle attività nell'ambito delle
quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono
preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del
personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per
condotte di natura corruttiva
50
51. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni all'ente
I dirigenti, e di tutto il personale impiegato nelle aree a più
elevato rischio, dovranno essere coinvolti nell'attività di:
analisi e valutazione del livello di rischio,
proposta e definizione delle misure di prevenzione
proposta e definizione delle misure di monitoraggio per
l’implementazione del Piano.
Il Piano Triennale di prevenzione, quindi, dovrà essere il
prodotto di un processo condiviso, nel quale i dipendenti non
sono considerati "fonti di rischio" ma "risorse" utili ala gestione
del rischio.
51
52. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Coinvolgimento Dei portatori di interesse esterni
Le linee guida di UNIONCAMERE suggeriscono, inoltre,
di specificare nei Piani Triennali le modalità attraverso le
quali l‟Ente raccoglie feedback dagli stakeholder sul
livello di efficacia delle azioni di prevenzione e contrasto
della corruzione, nonché come raccoglie e gestisce
eventuali reclami sulla qualità delle informazioni
pubblicate o su ritardi o inadempienze riscontrate.
52
53. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Monitoraggio dei procedimenti
Il Piano Triennale di prevenzione dovrà prevedere forme
di monitoraggio, per ciascuna attività a rischio, del
rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti.
Infatti, scostamenti (positivi e negativi) dalle tempistiche
di conclusione dei procedimenti, potrebbero essere
sintomo di comportamenti a rischio di corruzione
Inoltre, un sistema efficace di controllo sulla gestione dei
procedimenti aumenta l‟ accountability . 53
54. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Misure generali di prevenzione
forme interne di controllo, per prevenire e far emergere
vicende di possibile esposizione al rischio corruttivo;
sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio,
con l‟accortezza di mantenere continuità e coerenza degli
indirizzi e le necessarie competenze delle strutture.
forme di tutela dei dipendenti che segnalano condotte illecite,
ferme restando le garanzie di veridicità dei fatti, a tutela del
denunciato;
verifica del rispetto, da parte dei dipendenti, delle norme del
codice di comportamento , nonché delle prescrizioni
contenute nel Piano Triennale;
54
55. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Misure generali di prevenzione
effettiva attivazione della responsabilità disciplinare dei
dipendenti, in caso di violazione dei doveri di
comportamento,
effettiva attuazione delle disposizioni in materia di
inconferibilità e incompatibilità degli incarichi
effettiva attuazione delle disposizioni di legge in materia
di autorizzazione di incarichi esterni,
adozione di misure in materia di trasparenza,
formazione del personale.
55
56. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Misure specifiche di prevenzione
Il Piano Triennale potrà prevedere, per le attività
maggiormente esposte al rischio di corruzione, misure
specifiche di prevenzione:
a) procedimenti a disciplina rinforzata,
b) controlli specifici,
c) valutazioni ex post (riesame) dei risultati raggiunti,
d) interventi nell'organizzazione degli uffici e nella gestione
del personale;
e) ulteriori misure di trasparenza sulle attività svolte.
56
57. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
Misure di Integrazione
Il Piano Triennale di Prevenzione della corruzione dovrà
l‟individuare delle forme di integrazione e di coordinamento
con il Piano Triennale della Performance e con il Programma
triennale per la trasparenza e l‟integrità
Responsabilizzazione dei dipendenti
I Dipendenti devono prendere atto dell‟esistenza del Piano di
Prevenzione della corruzione (e degli obblighi associati alla
prevenzione dell‟illegalità) all‟atto dell‟assunzione ed essere
aggiornati di eventuali modifiche al Piano 57
58. I COSTI ECONOMICI E SOCIALI
DELLA CORRUZIONE
COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI
FOCUS SULLA LEGGE 190/2012
LEDRO, 13 GIUGNO 2013
Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo
(Sistemi di gestione del Rischio di Reato)