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I COSTI ECONOMICI E SOCIALI
DELLA CORRUZIONE
COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI
FOCUS SULLA LEGGE 190/2012
LEDRO, 13 GIUGNO 2013
Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo
(Sistemi di gestione del Rischio di Reato)
I COSTI DELLA CORRUZIONE
I DANNI DELLA CORRUZIONE ALL’ECONOMIA,
ALL’AMBIENTE, ALLA CREDIBILITA’ DELLE
ISTITUZIONI E AL CONTESTO SOCIALE.
2
I COSTI DELLA CORRUZIONE
o Negli anni ‟70 e „80 alcuni economisti e sociologi(*)
hanno dato una chiave di lettura positiva della
corruzione, in termini di:
 «umanizzazione» degli interventi dello Stato;
 integrazione sociale e politica
 reazione all‟inefficienza del settore pubblico,
 sviluppo e stabilità economico-finanziaria
 costruzione e rafforzamento dei partiti politici, in presenza
di debolezze istituzionali.
(*) Per una trattazione approfondita di tali posizioni:
http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf
3
I COSTI DELLA CORRUZIONE
 A partire dagli anni „90, invece, le ricerche economiche (*)
hanno prevalentemente evidenziato i costi della
corruzione, in termini di:
 Riduzione della crescita;
 Diminuzione della qualità e sostenibilità degli investimenti
pubblici
 Contrazione degli investimenti nel settore privato
 Minori guadagni per le imprese (compensati dall‟aumento
del lavoro «nero» o dell‟evasione fiscale)
 Povertà e disuguaglianza sociale
(*) Per una trattazione approfondita di tati posizioni:
http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/
e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf 4
I COSTI DELLA CORRUZIONE
 Anche ammettendo che la corruzione svolga un ruolo in
certe fasi nello sviluppo politico e sociale, bisogna
ugualmente tenere in considerazione i danni che dalla
corruzione possono derivare.
 La corruzione assomiglia, sotto molti aspetti, alla
combustione: il fuoco è utilissimo alla vita dell‟uomo.
Buona parte della cultura e della tecnologia umana si
basa su processi di combustione. Tuttavia, il fuoco può
provocare incendi, con conseguenze molto gravi.
 I Piani Anticorruzione sono necessari, tanto quanto i
Piani Antincendio …
5
I COSTI DELLA CORRUZIONE
 Quando si parla di costi della corruzione, di solito ci si
riferisce a due cose in parte diverse fra loro.
1. Costi = peso economico della corruzione, cioè
quantità di risorse (denaro e altre utilità) “investite” dai
privati nella corruzione. Tale valore rappresenta una
“tassa occulta” nei rapporti con la pubblica
amministrazione, pagata per fornire o ricevere beni e
servizi. Un tassa che sottrae ai privati risorse che
potrebbero essere investite in altre attività economiche.
2. Costi = danni causati dalla corruzione alla sostenibilità
politica, ambientale, sociale e culturale.
6
IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
 Purtroppo, il valore/costo economico totale della
corruzione non può essere determinato in modo preciso.
E‟ solo possibile fare delle proiezioni, basandosi sui
casi di corruzione scoperti e perseguiti in sede
giudiziaria.
 Nel 2004 la Relazione Kauffman della World Bank ha
stimato che il costo globale della corruzione sia pari al
3% del PIL mondiale. Sottolineando, però, che questa
percentuale del 3% potrebbe variare sensibilmente da
Paese a Paese.
7
IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
 Quindi, in Italia, il costo della corruzione potrebbe
aggirarsi attorno ai 60 miliardi di Euro.
 Nel 2008 e nel 2010 il SAeT (Servizio Anticorruzione e
Trasparenza) del Dipartimento della Funzione Pubblica
ha diffuso questo dato, sottolineando però che tale cifra
non era supportata da alcun modello di calcolo
attendibile.
 Nel 2011 invece la Commissione Europea ha stimato
che la corruzione costi all‟economia dell‟UE 120 miliardi
di euro l‟anno. 8
IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE
 Se il costo della corruzione in Italia fosse veramente pari
a 60 miliardi di euro, l‟Italia da sola sarebbe
responsabile della metà dei fenomeni corruttivi su base
europea.
 Anche la Corte dei Conti, nel 2012, che sollevato delle
perplessità circa l‟attendibilità di questo dato.
 … La cifra di 60 miliardi di euro non convince nessuno
… ma nessuno ha proposto una cifra alternativa, forse
per paura di dare l‟dea di sottostimare il fenomeno.
9
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 La corruzione danneggia:
 il tessuto economico e produttivo
 l‟Ambiente
 la credibilità delle istituzioni e della politica
 Il contesto sociale
 Danni così diffusi incidono gravemente sulla
sostenibilità di un Paese, minando alle radici la
possibilità di sviluppo e di benessere futuro
10
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 Danni al tessuto economico e produttivo
 La corruzione impedisce la libera concorrenza;
 Disincentiva la scelta degli operatori economici
sulla base della loro reale capacità imprenditoriale
e della qualità dei servizi offerti;
 Rende più difficile la nascita e lo sviluppo di nuove
imprese
 Frena gli investimenti esteri.
11
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 Danni all’ Ambiente
 dal 1 gennaio 2010 al 30 settembre 2012 In Italia sono
state arrestate 1.109 persone per episodi di corruzione
connessi ad attività dal forte impatto ambientale (*)
 La corruzione in campo ambientale produce serie
conseguenze per la sicurezza e la salute dei cittadini:
dalle opere pubbliche (ospedali, scuole, viadotti)
realizzate con il “cemento depotenziato”, ai “ripristini
ambientali” delle cave trasformate in discariche abusive
di rifiuti (*).
 (*) Libera, Legambiente, Avviso Pubblico, Corruzione. La tassa
occulta che impoverisce e inquina il paese, Roma, 2012 12
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 Danni alla credibilità delle istituzioni e della politica
 Come suggerito dal filosofo Hans Jonas, il funzionario
pubblico disonesto mette a rischio «il tessuto fiduciario
su cui si fondano la società e la convivenza umana […]
mai garantito nella sua esistenza, totalmente dipendente
da noi»(*)
 I sistemi democratici si basano, più di altri, sulla fiducia
dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni. Fiducia che si
esprime, ad esempio, nell‟esercizio del diritto di voto
(attraverso il quale si delega qualcuno a rappresentare i
propri interessi).
 (*) Hans Jonas, Il Principio di Responsabilità, Einaudi, 2009 13
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 Danni al contesto sociale
 La corruzione incide sulla composizione della
spesa pubblica: si riducono le spese per l’istruzione
e la protezione sociale, e si concentrano le risorse
in settori più «produttivi» (di guadagni illeciti), come
l‟edilizia
 Chi ha un reddito medio-alto può compensare le
carenze dei servizi pubblici, rivolgendosi al mercato
privato.
 Le carenze di servizi pubblici pesano invece su chi
ha reddito basso o è indigente, con un aumento
della diseguaglianza sociale 14
I DANNI DELLA CORRUZIONE
 Danni al contesto sociale
 Infine, il pactum sceleris fra corrotto e corruttore
rappresenta anche un modello di relazione umana,
che può diventare un paradigma di esistenza
sociale: la corruzione «non permette di crescere in
libertà. Il corrotto non conosce la fraternità o
l’amicizia, ma la complicità. […]. La corruzione non
è un atto, ma uno stato, uno stato personale e
sociale, nel quale uno si abitua a vivere […] E’ una
cultura di pigmeizzazione» (*)
 Jorge Mario Bergoglio, Guarire dalla Corruzione, 2013 15
LA LEGGE 190/2012
NUOVI STRUMENTI e RESPONSABILITA’ PER LA
PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLA
CORRUZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
16
LA LEGGE 190/2012
 La “Legge Anticorruzione” (L. 6 novembre 2012,
n. 190) ha introdotto nelle pubbliche
amministrazioni: nuove responsabilità e nuovi
strumenti per la prevenzione e il contrasto della
corruzione
 Gli enti locali sono inclusi nell‟ambito di
applicazione della legge.
17
LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
 In base alla nuova legge, le strategie di
prevenzione e contrasto della corruzione sono
definite a livello nazionale dall'azione sinergica di
tre soggetti:
1. Un Comitato Interministeriale, che ha il compito di
fornire le linee di indirizzo.
2. il Dipartimento della Funzione Pubblica, che promuove
e coordina le strategie di prevenzione attraverso
l‟elaborazione di un Piano Nazionale Anticorruzione
3. la C.i.V.I.T., che, in qualità di autorità nazionale
anticorruzione, esercita poteri di vigilanza e controllo.
18
LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
 Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione
(RPC) è invece il soggetto-chiave per la
prevenzione dell‟illegalità all‟interno di ogni singola
amministrazione.
 Negli enti locali, il RPC è individuato di norma nel
segretario, salva diversa e motivata
determinazione.
 Nei Comuni, il RPC è nominato dal Sindaco, salvo
che il singolo Comune assegni tale potere di nomina
alla Giunta o al Consiglio (*)
 (*) CiVIT, Delibera 15/2013 19
LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
 Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione
è incaricato delle seguenti attività:
1. elaborare il Piano Triennale di Prevenzione della
Corruzione;
2. definire procedure di selezione e formazione per i
dipendenti destinati ad operare nei settori a rischio;
3. verificare l'attuazione del Piano Triennale e la sua
idoneità, proponendo modifiche in caso di
significative violazioni o di mutamenti
dell'organizzazione;
4. verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli
uffici in cui è più elevato il rischio di corruzione;
5. individuare il personale da inserire in percorsi di
formazione sui temi dell'etica e della legalità. 20
LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ
 La commissione di un reato di corruzione, accertato con
sentenza passata in giudicato, è fonte di responsabilità
dirigenziale per il RPC; che risponde anche sul piano
disciplinare e per il danno erariale e all'immagine della
pubblica amministrazione, a meno che non dimostri di
aver predisposto ed efficacemente attuato nell‟ente il
Piano Triennale di Prevenzione.
 La “responsabilità per omesso controllo” del RPC,
derivante dalla mancata prevenzione di un illecito,
richiama la “responsabilità amministrativa dipendente da
reato” introdotta, a carico delle imprese, dal d.lgs.
231/2001. 21
LEGGE 190/2012
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
Differenza fra contrastare e prevenire un reato
 Contrastare = andare incontro, affrontare,
combattere chi commette un reato, (al fine di
limitare/risarcire i danni derivanti dal suo reato e/o
impedire che commetta altri reati in futuro)
 Prevenire = ridurre la probabilità che qualcuno
commetta un reato.
22
LEGGE 190/2012:
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
 Misure di contrasto:
 Modifiche al Codice Penale, con l‟inasprimento
delle pene previste per alcune tipologie di Reati
contro la Pubblica Amministrazione (Corruzione,
Concussione, ecc. … )
 Introduzione di nuove fattispecie di reato
(corruzione tra privati e induzione indebita a dare o
promettere utilità)
 Tutela dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti
 Nuove e più severe disposizioni in materia di
Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive,
per le persone condannate per reati non colposi
23
LEGGE 190/2012:
MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE
Misure di prevenzione:
 Nuovi obblighi di trasparenza (d.lgs. 33/2013)
 Nuovi principi di condotta per i dipendenti pubblici (DPR
62/2013)
 Disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità di
incarichi presso le PA e presso gli enti privati di controllo
pubblico (d.lgs. 39/2013)
 L‟adozione di un Piano Nazionale Anticorruzione
 L‟adozione di Piani di prevenzione della Corruzione
nelle Pubbliche Amministrazioni
24
LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
 La legge 190/2012 si applica anche alle Regioni, alle
Province Autonome di Trento e di Bolzano, agli Enti
Locali, nonché agli enti pubblici e ai soggetti di
diritto privato sottoposti al loro controllo.
 Tutti questi soggetti avrebbero dovuto adottare i
propri piani triennali di prevenzione della corruzione
entro il 31 marzo 2013, dopo l‟approvazione:
1. delle intese in sede di Conferenza Unificata,
(previste dal comma 60 della L. 190/2012)
sull‟applicazione delle norme anticorruzione da
parte delle regioni e delle autonomie locali;
2. del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA),
predisposto dal DFP. 25
LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
 In realtà, già dal gennaio 2013, molti enti locali (primi fra
tutti i comuni di Caltanissetta e Pietraperzia, in Sicilia)
hanno cominciato ad adottare Piani Triennali
“provvisori”, senza attendere il PNA e le Intese in
Conferenza Unificata che (fra l‟altro), non sono ancora
stati approvati!
 In questo momento, quindi, gli enti locali stanno
giocando un ruolo molto attivo nell‟avvio delle politiche
anticorruzione, a fronte di una certa «inerzia» delle
autorità centrali (CiVIT e DFP)
26
LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
 I Comuni e le Province stanno elaborando e attuando i
propri Piani Triennali «provvisori» senza disporre di
«linee guida» specifiche.
 Le Linee di Indirizzo per il PNA (adottate il 12 marzo
2013 dal comitato interministeriale per il contrasto alla
corruzione),infatti, possono aiutare a definire i contenuti
e la struttura dei Piani, ma sono molto molto generiche
 Le Linee Guida di UNIONCAMERE (anch‟esse del
marzo 2013) possono essere un supporto per
strutturare il percorso di risk assessment ed individuare
le strategie di definizione, attuazione, monitoraggio del
Piano. Tuttavia, sono pensate per le Camere di
Commercio e non sempre generalizzabili agli enti locali
27
LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI
ENTI LOCALI
 Soprattutto in questa fase di avvio delle politiche
anticorruzione, affinché i Piani Triennali siano
davvero efficaci, è necessario che le
amministrazioni pubbliche chiamate ad adottarli
sviluppino la consapevolezza della complessità del
fenomeno (il rischio di corruzione), che tali
strumenti devono gestire, nonché la
consapevolezza degli obiettivi (obiettivi di legalità)
che con tali strumenti si vogliono raggiungere.
28
IL RISK ASSESSMENT
COME VALUTARE IL RISCHIO DI CORRUZIONE NELLE
ATTIVITA’ DELL’ENTE LOCALE
29
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Il comma 9 della Legge 190/2012 prescrive che i
Piani Triennali di Prevenzione debbano individuare
«le attività dell’ ente nell'ambito delle quali è più
elevato il rischio di corruzione».
 Con la circolare 1/2013 il Dipartimento della
Funzione pubblica ha poi suggerito di ricondurre il
rischio di corruzione all‟ «l'abuso da parte di un
soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere
vantaggi privati».
30
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Quindi, le attività a rischio non sono solo quelle in cui
può essere commesso un reato di corruzione (artt. 318,
319 e 319 ter, c.p.),
 L‟analisi deve essere allargata ad altri comportamenti a
rischio: «all’'intera gamma dei delitti contro la pubblica
amministrazione»(*) e alle situazioni in cui «a
prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza
un malfunzionamento dell'amministrazione a causa
dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite»(*).
 (*) circolare 1/2013 Dipartimento FP, p.4.
31
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Il comma 16 della legge 120/2012 individua anche già
una serie di attività considerate a rischio di corruzione:
 autorizzazione o concessione;
 scelta del contraente per l'affidamento di lavori,
forniture e servizi;
 concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi,
sussidi, ausili finanziari, vantaggi economici
 concorsi e prove selettive per l'assunzione del
personale e progressioni di carriera
32
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Il livello di rischio di una attività dipende dalla
probabilità e dalla gravità delle conseguenze dei
comportamenti a rischio che in tale attività possono
manifestarsi.
 In una singola attività è possibile identificare più di
un comportamento a rischio
33
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 I comportamenti a rischio possono essere identificati
coinvolgendo il personale dell‟amministrazione (attraverso
interviste, questionari, gruppi di lavoro, ecc…) ed
osservando:
1. Il livello di trasparenza nella gestione delle risorse
pubbliche e delle relazioni con i soggetti interni ed
esterni all‟ente
2. L‟esistenza e l‟efficacia di procedure per la gestione
delle attività
3. In che modo, nell‟ambito delle attività dei vari uffici, sono
distribuite ed esercitate le funzioni operative, di
autorizzazione, di controllo, ecc …
34
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 I comportamenti a rischio possono essere favoriti da:
1. Opacità nella gestione delle relazioni interne ed esterne
all‟ente
2. Arbitrarietà e non riproducibilità delle scelte
3. Assenza di procedure, discrezionalità
4. Monopoli di potere, eccessiva autonomia.
35
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Dopo aver identificato uno o più comportamenti a rischio,
è necessario determinare:
1) La gravità (G) delle conseguenze di tale comportamento
2) la probabilità (P) che tale comportamento abbia luogo
3) Il livello di rischio associato al comportamento, in
relazione alla gravità e alla probabilità, determinando
quali comportamenti evidenziano livelli di rischio
accettabili e quali comportamenti, invece, devono
essere prevenuti.
36
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 LE ATTIVITA’ MAGGIORMENTE ESPOSTE AL
RISCHIO DI CORRUZIONE SARANNO
«SEMPLICEMENTE» QUELLE IN CUI
RICORRONO COMPORTAMENTI
CARATTERIZZATI DA UN LIVELLODI RISCHIO PIU’
ELEVATO
37
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Per effettuare la valutazione del rischio, bisogna
definire i concetti di gravità e probabilità e disporre
di scale di valori, in base alle quali calcolare il livello
di rischio
 Per esempio …
38
GRAVITÀ DELLE CONSEGUENZE
 La gravità delle conseguenze di un comportamento può essere
definita in base all‟entità e alla tipologia del possibile danno
GRAVITA’ DELLE CONSEGUENZE
VALORE Descrizione
1
Il comportamento potrebbe causare danni trascurabili all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può causare un danno
trascurabile a soggetti esterni all‟amministrazione.
2
Il comportamento può causare danni di lieve entità all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può anche causare danni di
lieve entità a soggetti esterni all‟amministrazione.
3
 Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo all‟immagine e al
patrimonio dell‟amministrazione,
 Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo a soggetti esterni
all‟amministrazione.
4
Il comportamento può causare danni rilevanti all‟interno (danno all‟immagine e
al patrimonio dell‟ente) e all‟esterno (danni economici a soggetti terzi)
dell‟amministrazione. 39
PROBABILITA‟ DI UN COMPORTAMENTO A
RISCHIO
 La probabilità di un comportamento non può essere
definita in termini esclusivamente statistici, in quanto il
verificarsi di un comportamento dipende sempre dalla
scelta consapevole di un soggetto
 Potremmo quindi definire la probabilità di un
comportamento come un fattore complesso, che
dipende:
 alla frequenza delle attività svolte dal soggetto
(occuparsi spesso della medesima attività aumenta il
rischio di corruzione)
 e dal imodo in cui il soggetto si relaziona con
l‟organizzazione (la discrezionalità delle scelte e i
monopoli di potere aumentano il rischio di
corruzione). 40
FREQUENZA DELLE ATTIVITA‟
 La frequenza può essere è determinata in relazione al
soggetto e all‟attività nella quale è stato identificato il
comportamento a rischio
FREQUENZA
VALORE Descrizione
1
Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte
saltuariamente dal soggetto
2
Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte
con continuità dal soggetto
41
MODALITÀ DI RELAZIONE
 Introduciamo due fattori organizzativi (*), che descrivono il modo in cui il
soggetto si relaziona con l‟organizzazione, il suo ruolo, i suoi poteri, la sua
autonomia di scelta e di azione
 (*) Cfr. equazione di Klitgaard, C = M+D – A.
FATTORI ORGANIZZATIVI
VALORE Descrizione
1
MONOPOLIO – Il soggetto che mette in atto il comportamento a
rischio monopolizza l‟attività presa in considerazione, o alcune fasi di
essa (esempio: è l‟unico soggetto incaricato di gestire, autorizzare,
controllare, contabilizzare qualcosa)
1
DISCREZIONALITA‟ – Il soggetto che mette in atto il comportamento
a rischio può esercitare poteri discrezionali o effettuare scelte
discrezionali nell‟ambito dell‟attività presa in considerazione (per
esempio per la mancanza di procedure formalizzate)
42
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 La probabilità di un comportamento a rischio sarà calcolata sommando
il valore di frequenza al valore dei fattori organizzativi (Monopoli e
Discrezionalità)
frequenza Monopoli Discrezionalità Probabilità
1 0 0 1
1 1 0 2
1 0 1 2
1 1 1 3
2 0 0 2
2 1 0 3
2 0 1 3
2 1 1 4
43
IL RISCHIO DI CORRUZIONE
 Il Livello di rischio è determinato in relazione alla probabilità del
comportamento e alla gravità delle conseguenze
GRAVITA’
4
Critico Critico
critico critico
3
Rilevante
rilevante critico critico
2 medio-basso
rilevante
rilevante critico
1 trascurabile medio-basso
Rilevante
critico
1 2 3 4
PROBABILITA’
44
I PIANI TRIENNALI DI
PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
IL CONTENUTO E LA STRUTTURA DEI PIANI
TRIENNALI
45
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 I Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione
dovrebbero essere strutturati seguendo le linee guida
contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione (PNA).
 Il PNA non è ancora stato elaborato dal DFP ed
approvato dalla CiVIT.
 Attualmente, i contenuti e la struttura dei Piani Triennali sono
genericamente definiti nelle Linee di Indirizzo per il PNA
(adottate il 12 marzo 2013 dal comitato interministeriale per il
contrasto alla corruzione).
46
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 L‟ANCI, nel mese di marzo 2013, ha fornito ai comuni
alcune indicazioni in merito alle modalità di attuazione
delle principali misure ed adempimenti per l‟attuazione
della legge 190 del 2012
(http://www.anci.lombardia.it/notizie/Anticorruzione---Le-prime-
indicazioni-Anci-ai-comuni-sull-attuazione-della-legge-190-del-
2012.asp)
 Anche UNIONCAMERE ha elaborato proprie Linee
Guida
47
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 I contenuti essenziali dei Piani triennali di prevenzione
(definiti dalle linee di indirizzo), possono essere riassunti
in 7 punti:
1. Individuazione delle attività a maggior rischio di
corruzione
2. Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni
all'ente
3. Monitoraggio dei procedimenti
4. Misure generali di prevenzione
5. Misure specifiche di prevenzione
6. Misure di Integrazione
7. Responsabilizzazione dei dipendenti 48
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Individuazione delle attività a maggior rischio di
corruzione
 Il Piano deve riportare il risultato dell‟analisi del rischio di
corruzione, ed elencare le attività dell‟ente
maggiormente esposte al rischio.
 Come sottolineato dall‟ ANCI, l‟attuale assetto legislativo
prevede un ruolo molto attivo dei dirigenti in materia di
azioni volte alla prevenzione della corruzione
49
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 D.lgs. 165/2001, art. 16, comma 1: «I dirigenti di uffici
dirigenziali generali, comunque denominati, nell'ambito di
quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti
compiti e poteri:
 [OMISSIS]
 l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e
contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da
parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti;
 l-ter) forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per
l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il
rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla
prevenzione del rischio medesimo;
 l-quater) provvedono al monitoraggio delle attività nell'ambito delle
quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono
preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del
personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per
condotte di natura corruttiva
50
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni all'ente
 I dirigenti, e di tutto il personale impiegato nelle aree a più
elevato rischio, dovranno essere coinvolti nell'attività di:
 analisi e valutazione del livello di rischio,
 proposta e definizione delle misure di prevenzione
 proposta e definizione delle misure di monitoraggio per
l’implementazione del Piano.
 Il Piano Triennale di prevenzione, quindi, dovrà essere il
prodotto di un processo condiviso, nel quale i dipendenti non
sono considerati "fonti di rischio" ma "risorse" utili ala gestione
del rischio.
51
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Coinvolgimento Dei portatori di interesse esterni
 Le linee guida di UNIONCAMERE suggeriscono, inoltre,
di specificare nei Piani Triennali le modalità attraverso le
quali l‟Ente raccoglie feedback dagli stakeholder sul
livello di efficacia delle azioni di prevenzione e contrasto
della corruzione, nonché come raccoglie e gestisce
eventuali reclami sulla qualità delle informazioni
pubblicate o su ritardi o inadempienze riscontrate.
52
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Monitoraggio dei procedimenti
 Il Piano Triennale di prevenzione dovrà prevedere forme
di monitoraggio, per ciascuna attività a rischio, del
rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti.
 Infatti, scostamenti (positivi e negativi) dalle tempistiche
di conclusione dei procedimenti, potrebbero essere
sintomo di comportamenti a rischio di corruzione
 Inoltre, un sistema efficace di controllo sulla gestione dei
procedimenti aumenta l‟ accountability . 53
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Misure generali di prevenzione
 forme interne di controllo, per prevenire e far emergere
vicende di possibile esposizione al rischio corruttivo;
 sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio,
con l‟accortezza di mantenere continuità e coerenza degli
indirizzi e le necessarie competenze delle strutture.
 forme di tutela dei dipendenti che segnalano condotte illecite,
ferme restando le garanzie di veridicità dei fatti, a tutela del
denunciato;
 verifica del rispetto, da parte dei dipendenti, delle norme del
codice di comportamento , nonché delle prescrizioni
contenute nel Piano Triennale;
54
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Misure generali di prevenzione
 effettiva attivazione della responsabilità disciplinare dei
dipendenti, in caso di violazione dei doveri di
comportamento,
 effettiva attuazione delle disposizioni in materia di
inconferibilità e incompatibilità degli incarichi
 effettiva attuazione delle disposizioni di legge in materia
di autorizzazione di incarichi esterni,
 adozione di misure in materia di trasparenza,
 formazione del personale.
55
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Misure specifiche di prevenzione
 Il Piano Triennale potrà prevedere, per le attività
maggiormente esposte al rischio di corruzione, misure
specifiche di prevenzione:
 a) procedimenti a disciplina rinforzata,
 b) controlli specifici,
 c) valutazioni ex post (riesame) dei risultati raggiunti,
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del personale;
 e) ulteriori misure di trasparenza sulle attività svolte.
56
I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA
CORRUZIONE
 Misure di Integrazione
 Il Piano Triennale di Prevenzione della corruzione dovrà
l‟individuare delle forme di integrazione e di coordinamento
con il Piano Triennale della Performance e con il Programma
triennale per la trasparenza e l‟integrità
 Responsabilizzazione dei dipendenti
 I Dipendenti devono prendere atto dell‟esistenza del Piano di
Prevenzione della corruzione (e degli obblighi associati alla
prevenzione dell‟illegalità) all‟atto dell‟assunzione ed essere
aggiornati di eventuali modifiche al Piano 57
I COSTI ECONOMICI E SOCIALI
DELLA CORRUZIONE
COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI
FOCUS SULLA LEGGE 190/2012
LEDRO, 13 GIUGNO 2013
Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo
(Sistemi di gestione del Rischio di Reato)

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Costi economici e sociali della corruzione-prevenzione e contrasto - legge 190/2012

  • 1. I COSTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CORRUZIONE COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI FOCUS SULLA LEGGE 190/2012 LEDRO, 13 GIUGNO 2013 Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo (Sistemi di gestione del Rischio di Reato)
  • 2. I COSTI DELLA CORRUZIONE I DANNI DELLA CORRUZIONE ALL’ECONOMIA, ALL’AMBIENTE, ALLA CREDIBILITA’ DELLE ISTITUZIONI E AL CONTESTO SOCIALE. 2
  • 3. I COSTI DELLA CORRUZIONE o Negli anni ‟70 e „80 alcuni economisti e sociologi(*) hanno dato una chiave di lettura positiva della corruzione, in termini di:  «umanizzazione» degli interventi dello Stato;  integrazione sociale e politica  reazione all‟inefficienza del settore pubblico,  sviluppo e stabilità economico-finanziaria  costruzione e rafforzamento dei partiti politici, in presenza di debolezze istituzionali. (*) Per una trattazione approfondita di tali posizioni: http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/ e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf 3
  • 4. I COSTI DELLA CORRUZIONE  A partire dagli anni „90, invece, le ricerche economiche (*) hanno prevalentemente evidenziato i costi della corruzione, in termini di:  Riduzione della crescita;  Diminuzione della qualità e sostenibilità degli investimenti pubblici  Contrazione degli investimenti nel settore privato  Minori guadagni per le imprese (compensati dall‟aumento del lavoro «nero» o dell‟evasione fiscale)  Povertà e disuguaglianza sociale (*) Per una trattazione approfondita di tati posizioni: http://www.treccani.it/enciclopedia/corruzione_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/ e http://dipeco.economia.unimib.it/persone/stanca/tesi/tesist.pdf 4
  • 5. I COSTI DELLA CORRUZIONE  Anche ammettendo che la corruzione svolga un ruolo in certe fasi nello sviluppo politico e sociale, bisogna ugualmente tenere in considerazione i danni che dalla corruzione possono derivare.  La corruzione assomiglia, sotto molti aspetti, alla combustione: il fuoco è utilissimo alla vita dell‟uomo. Buona parte della cultura e della tecnologia umana si basa su processi di combustione. Tuttavia, il fuoco può provocare incendi, con conseguenze molto gravi.  I Piani Anticorruzione sono necessari, tanto quanto i Piani Antincendio … 5
  • 6. I COSTI DELLA CORRUZIONE  Quando si parla di costi della corruzione, di solito ci si riferisce a due cose in parte diverse fra loro. 1. Costi = peso economico della corruzione, cioè quantità di risorse (denaro e altre utilità) “investite” dai privati nella corruzione. Tale valore rappresenta una “tassa occulta” nei rapporti con la pubblica amministrazione, pagata per fornire o ricevere beni e servizi. Un tassa che sottrae ai privati risorse che potrebbero essere investite in altre attività economiche. 2. Costi = danni causati dalla corruzione alla sostenibilità politica, ambientale, sociale e culturale. 6
  • 7. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE  Purtroppo, il valore/costo economico totale della corruzione non può essere determinato in modo preciso. E‟ solo possibile fare delle proiezioni, basandosi sui casi di corruzione scoperti e perseguiti in sede giudiziaria.  Nel 2004 la Relazione Kauffman della World Bank ha stimato che il costo globale della corruzione sia pari al 3% del PIL mondiale. Sottolineando, però, che questa percentuale del 3% potrebbe variare sensibilmente da Paese a Paese. 7
  • 8. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE  Quindi, in Italia, il costo della corruzione potrebbe aggirarsi attorno ai 60 miliardi di Euro.  Nel 2008 e nel 2010 il SAeT (Servizio Anticorruzione e Trasparenza) del Dipartimento della Funzione Pubblica ha diffuso questo dato, sottolineando però che tale cifra non era supportata da alcun modello di calcolo attendibile.  Nel 2011 invece la Commissione Europea ha stimato che la corruzione costi all‟economia dell‟UE 120 miliardi di euro l‟anno. 8
  • 9. IL PESO ECONOMICO DELLA CORRUZIONE  Se il costo della corruzione in Italia fosse veramente pari a 60 miliardi di euro, l‟Italia da sola sarebbe responsabile della metà dei fenomeni corruttivi su base europea.  Anche la Corte dei Conti, nel 2012, che sollevato delle perplessità circa l‟attendibilità di questo dato.  … La cifra di 60 miliardi di euro non convince nessuno … ma nessuno ha proposto una cifra alternativa, forse per paura di dare l‟dea di sottostimare il fenomeno. 9
  • 10. I DANNI DELLA CORRUZIONE  La corruzione danneggia:  il tessuto economico e produttivo  l‟Ambiente  la credibilità delle istituzioni e della politica  Il contesto sociale  Danni così diffusi incidono gravemente sulla sostenibilità di un Paese, minando alle radici la possibilità di sviluppo e di benessere futuro 10
  • 11. I DANNI DELLA CORRUZIONE  Danni al tessuto economico e produttivo  La corruzione impedisce la libera concorrenza;  Disincentiva la scelta degli operatori economici sulla base della loro reale capacità imprenditoriale e della qualità dei servizi offerti;  Rende più difficile la nascita e lo sviluppo di nuove imprese  Frena gli investimenti esteri. 11
  • 12. I DANNI DELLA CORRUZIONE  Danni all’ Ambiente  dal 1 gennaio 2010 al 30 settembre 2012 In Italia sono state arrestate 1.109 persone per episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale (*)  La corruzione in campo ambientale produce serie conseguenze per la sicurezza e la salute dei cittadini: dalle opere pubbliche (ospedali, scuole, viadotti) realizzate con il “cemento depotenziato”, ai “ripristini ambientali” delle cave trasformate in discariche abusive di rifiuti (*).  (*) Libera, Legambiente, Avviso Pubblico, Corruzione. La tassa occulta che impoverisce e inquina il paese, Roma, 2012 12
  • 13. I DANNI DELLA CORRUZIONE  Danni alla credibilità delle istituzioni e della politica  Come suggerito dal filosofo Hans Jonas, il funzionario pubblico disonesto mette a rischio «il tessuto fiduciario su cui si fondano la società e la convivenza umana […] mai garantito nella sua esistenza, totalmente dipendente da noi»(*)  I sistemi democratici si basano, più di altri, sulla fiducia dei cittadini nei partiti e nelle istituzioni. Fiducia che si esprime, ad esempio, nell‟esercizio del diritto di voto (attraverso il quale si delega qualcuno a rappresentare i propri interessi).  (*) Hans Jonas, Il Principio di Responsabilità, Einaudi, 2009 13
  • 14. I DANNI DELLA CORRUZIONE  Danni al contesto sociale  La corruzione incide sulla composizione della spesa pubblica: si riducono le spese per l’istruzione e la protezione sociale, e si concentrano le risorse in settori più «produttivi» (di guadagni illeciti), come l‟edilizia  Chi ha un reddito medio-alto può compensare le carenze dei servizi pubblici, rivolgendosi al mercato privato.  Le carenze di servizi pubblici pesano invece su chi ha reddito basso o è indigente, con un aumento della diseguaglianza sociale 14
  • 15. I DANNI DELLA CORRUZIONE  Danni al contesto sociale  Infine, il pactum sceleris fra corrotto e corruttore rappresenta anche un modello di relazione umana, che può diventare un paradigma di esistenza sociale: la corruzione «non permette di crescere in libertà. Il corrotto non conosce la fraternità o l’amicizia, ma la complicità. […]. La corruzione non è un atto, ma uno stato, uno stato personale e sociale, nel quale uno si abitua a vivere […] E’ una cultura di pigmeizzazione» (*)  Jorge Mario Bergoglio, Guarire dalla Corruzione, 2013 15
  • 16. LA LEGGE 190/2012 NUOVI STRUMENTI e RESPONSABILITA’ PER LA PREVENZIONE E IL CONTRASTO DELLA CORRUZIONE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE 16
  • 17. LA LEGGE 190/2012  La “Legge Anticorruzione” (L. 6 novembre 2012, n. 190) ha introdotto nelle pubbliche amministrazioni: nuove responsabilità e nuovi strumenti per la prevenzione e il contrasto della corruzione  Gli enti locali sono inclusi nell‟ambito di applicazione della legge. 17
  • 18. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ  In base alla nuova legge, le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione sono definite a livello nazionale dall'azione sinergica di tre soggetti: 1. Un Comitato Interministeriale, che ha il compito di fornire le linee di indirizzo. 2. il Dipartimento della Funzione Pubblica, che promuove e coordina le strategie di prevenzione attraverso l‟elaborazione di un Piano Nazionale Anticorruzione 3. la C.i.V.I.T., che, in qualità di autorità nazionale anticorruzione, esercita poteri di vigilanza e controllo. 18
  • 19. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ  Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione (RPC) è invece il soggetto-chiave per la prevenzione dell‟illegalità all‟interno di ogni singola amministrazione.  Negli enti locali, il RPC è individuato di norma nel segretario, salva diversa e motivata determinazione.  Nei Comuni, il RPC è nominato dal Sindaco, salvo che il singolo Comune assegni tale potere di nomina alla Giunta o al Consiglio (*)  (*) CiVIT, Delibera 15/2013 19
  • 20. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ  Il Responsabile della Prevenzione della Corruzione è incaricato delle seguenti attività: 1. elaborare il Piano Triennale di Prevenzione della Corruzione; 2. definire procedure di selezione e formazione per i dipendenti destinati ad operare nei settori a rischio; 3. verificare l'attuazione del Piano Triennale e la sua idoneità, proponendo modifiche in caso di significative violazioni o di mutamenti dell'organizzazione; 4. verificare l'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici in cui è più elevato il rischio di corruzione; 5. individuare il personale da inserire in percorsi di formazione sui temi dell'etica e della legalità. 20
  • 21. LEGGE 190/2012: RESPONSABILITÀ  La commissione di un reato di corruzione, accertato con sentenza passata in giudicato, è fonte di responsabilità dirigenziale per il RPC; che risponde anche sul piano disciplinare e per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, a meno che non dimostri di aver predisposto ed efficacemente attuato nell‟ente il Piano Triennale di Prevenzione.  La “responsabilità per omesso controllo” del RPC, derivante dalla mancata prevenzione di un illecito, richiama la “responsabilità amministrativa dipendente da reato” introdotta, a carico delle imprese, dal d.lgs. 231/2001. 21
  • 22. LEGGE 190/2012 MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE Differenza fra contrastare e prevenire un reato  Contrastare = andare incontro, affrontare, combattere chi commette un reato, (al fine di limitare/risarcire i danni derivanti dal suo reato e/o impedire che commetta altri reati in futuro)  Prevenire = ridurre la probabilità che qualcuno commetta un reato. 22
  • 23. LEGGE 190/2012: MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE  Misure di contrasto:  Modifiche al Codice Penale, con l‟inasprimento delle pene previste per alcune tipologie di Reati contro la Pubblica Amministrazione (Corruzione, Concussione, ecc. … )  Introduzione di nuove fattispecie di reato (corruzione tra privati e induzione indebita a dare o promettere utilità)  Tutela dei dipendenti pubblici che segnalano illeciti  Nuove e più severe disposizioni in materia di Incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive, per le persone condannate per reati non colposi 23
  • 24. LEGGE 190/2012: MISURE DI CONTRASTO E PREVENZIONE Misure di prevenzione:  Nuovi obblighi di trasparenza (d.lgs. 33/2013)  Nuovi principi di condotta per i dipendenti pubblici (DPR 62/2013)  Disposizioni in tema di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le PA e presso gli enti privati di controllo pubblico (d.lgs. 39/2013)  L‟adozione di un Piano Nazionale Anticorruzione  L‟adozione di Piani di prevenzione della Corruzione nelle Pubbliche Amministrazioni 24
  • 25. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI ENTI LOCALI  La legge 190/2012 si applica anche alle Regioni, alle Province Autonome di Trento e di Bolzano, agli Enti Locali, nonché agli enti pubblici e ai soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.  Tutti questi soggetti avrebbero dovuto adottare i propri piani triennali di prevenzione della corruzione entro il 31 marzo 2013, dopo l‟approvazione: 1. delle intese in sede di Conferenza Unificata, (previste dal comma 60 della L. 190/2012) sull‟applicazione delle norme anticorruzione da parte delle regioni e delle autonomie locali; 2. del Piano Nazionale Anticorruzione (PNA), predisposto dal DFP. 25
  • 26. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI ENTI LOCALI  In realtà, già dal gennaio 2013, molti enti locali (primi fra tutti i comuni di Caltanissetta e Pietraperzia, in Sicilia) hanno cominciato ad adottare Piani Triennali “provvisori”, senza attendere il PNA e le Intese in Conferenza Unificata che (fra l‟altro), non sono ancora stati approvati!  In questo momento, quindi, gli enti locali stanno giocando un ruolo molto attivo nell‟avvio delle politiche anticorruzione, a fronte di una certa «inerzia» delle autorità centrali (CiVIT e DFP) 26
  • 27. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI ENTI LOCALI  I Comuni e le Province stanno elaborando e attuando i propri Piani Triennali «provvisori» senza disporre di «linee guida» specifiche.  Le Linee di Indirizzo per il PNA (adottate il 12 marzo 2013 dal comitato interministeriale per il contrasto alla corruzione),infatti, possono aiutare a definire i contenuti e la struttura dei Piani, ma sono molto molto generiche  Le Linee Guida di UNIONCAMERE (anch‟esse del marzo 2013) possono essere un supporto per strutturare il percorso di risk assessment ed individuare le strategie di definizione, attuazione, monitoraggio del Piano. Tuttavia, sono pensate per le Camere di Commercio e non sempre generalizzabili agli enti locali 27
  • 28. LEGGE 190/2012: APPLICAZIONE NEGLI ENTI LOCALI  Soprattutto in questa fase di avvio delle politiche anticorruzione, affinché i Piani Triennali siano davvero efficaci, è necessario che le amministrazioni pubbliche chiamate ad adottarli sviluppino la consapevolezza della complessità del fenomeno (il rischio di corruzione), che tali strumenti devono gestire, nonché la consapevolezza degli obiettivi (obiettivi di legalità) che con tali strumenti si vogliono raggiungere. 28
  • 29. IL RISK ASSESSMENT COME VALUTARE IL RISCHIO DI CORRUZIONE NELLE ATTIVITA’ DELL’ENTE LOCALE 29
  • 30. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Il comma 9 della Legge 190/2012 prescrive che i Piani Triennali di Prevenzione debbano individuare «le attività dell’ ente nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione».  Con la circolare 1/2013 il Dipartimento della Funzione pubblica ha poi suggerito di ricondurre il rischio di corruzione all‟ «l'abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati». 30
  • 31. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Quindi, le attività a rischio non sono solo quelle in cui può essere commesso un reato di corruzione (artt. 318, 319 e 319 ter, c.p.),  L‟analisi deve essere allargata ad altri comportamenti a rischio: «all’'intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione»(*) e alle situazioni in cui «a prescindere dalla rilevanza penale, venga in evidenza un malfunzionamento dell'amministrazione a causa dell'uso a fini privati delle funzioni attribuite»(*).  (*) circolare 1/2013 Dipartimento FP, p.4. 31
  • 32. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Il comma 16 della legge 120/2012 individua anche già una serie di attività considerate a rischio di corruzione:  autorizzazione o concessione;  scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi;  concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, vantaggi economici  concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera 32
  • 33. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Il livello di rischio di una attività dipende dalla probabilità e dalla gravità delle conseguenze dei comportamenti a rischio che in tale attività possono manifestarsi.  In una singola attività è possibile identificare più di un comportamento a rischio 33
  • 34. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  I comportamenti a rischio possono essere identificati coinvolgendo il personale dell‟amministrazione (attraverso interviste, questionari, gruppi di lavoro, ecc…) ed osservando: 1. Il livello di trasparenza nella gestione delle risorse pubbliche e delle relazioni con i soggetti interni ed esterni all‟ente 2. L‟esistenza e l‟efficacia di procedure per la gestione delle attività 3. In che modo, nell‟ambito delle attività dei vari uffici, sono distribuite ed esercitate le funzioni operative, di autorizzazione, di controllo, ecc … 34
  • 35. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  I comportamenti a rischio possono essere favoriti da: 1. Opacità nella gestione delle relazioni interne ed esterne all‟ente 2. Arbitrarietà e non riproducibilità delle scelte 3. Assenza di procedure, discrezionalità 4. Monopoli di potere, eccessiva autonomia. 35
  • 36. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Dopo aver identificato uno o più comportamenti a rischio, è necessario determinare: 1) La gravità (G) delle conseguenze di tale comportamento 2) la probabilità (P) che tale comportamento abbia luogo 3) Il livello di rischio associato al comportamento, in relazione alla gravità e alla probabilità, determinando quali comportamenti evidenziano livelli di rischio accettabili e quali comportamenti, invece, devono essere prevenuti. 36
  • 37. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  LE ATTIVITA’ MAGGIORMENTE ESPOSTE AL RISCHIO DI CORRUZIONE SARANNO «SEMPLICEMENTE» QUELLE IN CUI RICORRONO COMPORTAMENTI CARATTERIZZATI DA UN LIVELLODI RISCHIO PIU’ ELEVATO 37
  • 38. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Per effettuare la valutazione del rischio, bisogna definire i concetti di gravità e probabilità e disporre di scale di valori, in base alle quali calcolare il livello di rischio  Per esempio … 38
  • 39. GRAVITÀ DELLE CONSEGUENZE  La gravità delle conseguenze di un comportamento può essere definita in base all‟entità e alla tipologia del possibile danno GRAVITA’ DELLE CONSEGUENZE VALORE Descrizione 1 Il comportamento potrebbe causare danni trascurabili all‟immagine e al patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può causare un danno trascurabile a soggetti esterni all‟amministrazione. 2 Il comportamento può causare danni di lieve entità all‟immagine e al patrimonio dell‟amministrazione. Il comportamento può anche causare danni di lieve entità a soggetti esterni all‟amministrazione. 3  Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo all‟immagine e al patrimonio dell‟amministrazione,  Il comportamento potrebbe causare danni rilevanti solo a soggetti esterni all‟amministrazione. 4 Il comportamento può causare danni rilevanti all‟interno (danno all‟immagine e al patrimonio dell‟ente) e all‟esterno (danni economici a soggetti terzi) dell‟amministrazione. 39
  • 40. PROBABILITA‟ DI UN COMPORTAMENTO A RISCHIO  La probabilità di un comportamento non può essere definita in termini esclusivamente statistici, in quanto il verificarsi di un comportamento dipende sempre dalla scelta consapevole di un soggetto  Potremmo quindi definire la probabilità di un comportamento come un fattore complesso, che dipende:  alla frequenza delle attività svolte dal soggetto (occuparsi spesso della medesima attività aumenta il rischio di corruzione)  e dal imodo in cui il soggetto si relaziona con l‟organizzazione (la discrezionalità delle scelte e i monopoli di potere aumentano il rischio di corruzione). 40
  • 41. FREQUENZA DELLE ATTIVITA‟  La frequenza può essere è determinata in relazione al soggetto e all‟attività nella quale è stato identificato il comportamento a rischio FREQUENZA VALORE Descrizione 1 Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte saltuariamente dal soggetto 2 Il comportamento a rischio è stato identificato in attività svolte con continuità dal soggetto 41
  • 42. MODALITÀ DI RELAZIONE  Introduciamo due fattori organizzativi (*), che descrivono il modo in cui il soggetto si relaziona con l‟organizzazione, il suo ruolo, i suoi poteri, la sua autonomia di scelta e di azione  (*) Cfr. equazione di Klitgaard, C = M+D – A. FATTORI ORGANIZZATIVI VALORE Descrizione 1 MONOPOLIO – Il soggetto che mette in atto il comportamento a rischio monopolizza l‟attività presa in considerazione, o alcune fasi di essa (esempio: è l‟unico soggetto incaricato di gestire, autorizzare, controllare, contabilizzare qualcosa) 1 DISCREZIONALITA‟ – Il soggetto che mette in atto il comportamento a rischio può esercitare poteri discrezionali o effettuare scelte discrezionali nell‟ambito dell‟attività presa in considerazione (per esempio per la mancanza di procedure formalizzate) 42
  • 43. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  La probabilità di un comportamento a rischio sarà calcolata sommando il valore di frequenza al valore dei fattori organizzativi (Monopoli e Discrezionalità) frequenza Monopoli Discrezionalità Probabilità 1 0 0 1 1 1 0 2 1 0 1 2 1 1 1 3 2 0 0 2 2 1 0 3 2 0 1 3 2 1 1 4 43
  • 44. IL RISCHIO DI CORRUZIONE  Il Livello di rischio è determinato in relazione alla probabilità del comportamento e alla gravità delle conseguenze GRAVITA’ 4 Critico Critico critico critico 3 Rilevante rilevante critico critico 2 medio-basso rilevante rilevante critico 1 trascurabile medio-basso Rilevante critico 1 2 3 4 PROBABILITA’ 44
  • 45. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE IL CONTENUTO E LA STRUTTURA DEI PIANI TRIENNALI 45
  • 46. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  I Piani Triennali per la Prevenzione della Corruzione dovrebbero essere strutturati seguendo le linee guida contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione (PNA).  Il PNA non è ancora stato elaborato dal DFP ed approvato dalla CiVIT.  Attualmente, i contenuti e la struttura dei Piani Triennali sono genericamente definiti nelle Linee di Indirizzo per il PNA (adottate il 12 marzo 2013 dal comitato interministeriale per il contrasto alla corruzione). 46
  • 47. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  L‟ANCI, nel mese di marzo 2013, ha fornito ai comuni alcune indicazioni in merito alle modalità di attuazione delle principali misure ed adempimenti per l‟attuazione della legge 190 del 2012 (http://www.anci.lombardia.it/notizie/Anticorruzione---Le-prime- indicazioni-Anci-ai-comuni-sull-attuazione-della-legge-190-del- 2012.asp)  Anche UNIONCAMERE ha elaborato proprie Linee Guida 47
  • 48. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  I contenuti essenziali dei Piani triennali di prevenzione (definiti dalle linee di indirizzo), possono essere riassunti in 7 punti: 1. Individuazione delle attività a maggior rischio di corruzione 2. Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni all'ente 3. Monitoraggio dei procedimenti 4. Misure generali di prevenzione 5. Misure specifiche di prevenzione 6. Misure di Integrazione 7. Responsabilizzazione dei dipendenti 48
  • 49. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Individuazione delle attività a maggior rischio di corruzione  Il Piano deve riportare il risultato dell‟analisi del rischio di corruzione, ed elencare le attività dell‟ente maggiormente esposte al rischio.  Come sottolineato dall‟ ANCI, l‟attuale assetto legislativo prevede un ruolo molto attivo dei dirigenti in materia di azioni volte alla prevenzione della corruzione 49
  • 50. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  D.lgs. 165/2001, art. 16, comma 1: «I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell'ambito di quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:  [OMISSIS]  l-bis) concorrono alla definizione di misure idonee a prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione e a controllarne il rispetto da parte dei dipendenti dell'ufficio cui sono preposti;  l-ter) forniscono le informazioni richieste dal soggetto competente per l'individuazione delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione e formulano specifiche proposte volte alla prevenzione del rischio medesimo;  l-quater) provvedono al monitoraggio delle attività nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione svolte nell'ufficio a cui sono preposti, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva 50
  • 51. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Coinvolgimento dei "portatori di interesse" interni all'ente  I dirigenti, e di tutto il personale impiegato nelle aree a più elevato rischio, dovranno essere coinvolti nell'attività di:  analisi e valutazione del livello di rischio,  proposta e definizione delle misure di prevenzione  proposta e definizione delle misure di monitoraggio per l’implementazione del Piano.  Il Piano Triennale di prevenzione, quindi, dovrà essere il prodotto di un processo condiviso, nel quale i dipendenti non sono considerati "fonti di rischio" ma "risorse" utili ala gestione del rischio. 51
  • 52. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Coinvolgimento Dei portatori di interesse esterni  Le linee guida di UNIONCAMERE suggeriscono, inoltre, di specificare nei Piani Triennali le modalità attraverso le quali l‟Ente raccoglie feedback dagli stakeholder sul livello di efficacia delle azioni di prevenzione e contrasto della corruzione, nonché come raccoglie e gestisce eventuali reclami sulla qualità delle informazioni pubblicate o su ritardi o inadempienze riscontrate. 52
  • 53. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Monitoraggio dei procedimenti  Il Piano Triennale di prevenzione dovrà prevedere forme di monitoraggio, per ciascuna attività a rischio, del rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti.  Infatti, scostamenti (positivi e negativi) dalle tempistiche di conclusione dei procedimenti, potrebbero essere sintomo di comportamenti a rischio di corruzione  Inoltre, un sistema efficace di controllo sulla gestione dei procedimenti aumenta l‟ accountability . 53
  • 54. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Misure generali di prevenzione  forme interne di controllo, per prevenire e far emergere vicende di possibile esposizione al rischio corruttivo;  sistemi di rotazione del personale addetto alle aree a rischio, con l‟accortezza di mantenere continuità e coerenza degli indirizzi e le necessarie competenze delle strutture.  forme di tutela dei dipendenti che segnalano condotte illecite, ferme restando le garanzie di veridicità dei fatti, a tutela del denunciato;  verifica del rispetto, da parte dei dipendenti, delle norme del codice di comportamento , nonché delle prescrizioni contenute nel Piano Triennale; 54
  • 55. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Misure generali di prevenzione  effettiva attivazione della responsabilità disciplinare dei dipendenti, in caso di violazione dei doveri di comportamento,  effettiva attuazione delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità degli incarichi  effettiva attuazione delle disposizioni di legge in materia di autorizzazione di incarichi esterni,  adozione di misure in materia di trasparenza,  formazione del personale. 55
  • 56. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Misure specifiche di prevenzione  Il Piano Triennale potrà prevedere, per le attività maggiormente esposte al rischio di corruzione, misure specifiche di prevenzione:  a) procedimenti a disciplina rinforzata,  b) controlli specifici,  c) valutazioni ex post (riesame) dei risultati raggiunti,  d) interventi nell'organizzazione degli uffici e nella gestione del personale;  e) ulteriori misure di trasparenza sulle attività svolte. 56
  • 57. I PIANI TRIENNALI DI PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE  Misure di Integrazione  Il Piano Triennale di Prevenzione della corruzione dovrà l‟individuare delle forme di integrazione e di coordinamento con il Piano Triennale della Performance e con il Programma triennale per la trasparenza e l‟integrità  Responsabilizzazione dei dipendenti  I Dipendenti devono prendere atto dell‟esistenza del Piano di Prevenzione della corruzione (e degli obblighi associati alla prevenzione dell‟illegalità) all‟atto dell‟assunzione ed essere aggiornati di eventuali modifiche al Piano 57
  • 58. I COSTI ECONOMICI E SOCIALI DELLA CORRUZIONE COME PREVENIRLI E CONTRASTARLI FOCUS SULLA LEGGE 190/2012 LEDRO, 13 GIUGNO 2013 Relatore: Andrea Ferrarini, Consulente Organizzativo (Sistemi di gestione del Rischio di Reato)