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Comunicare la politica
(settima edizione)
Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali,
il ruolo dei social media:
una professione in radicale cambiamento
Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali,
il ruolo dei social media:
una professione in radicale cambiamento
di Dino Amenduni
Eurogiovani
Corso in non conventional
marketing e social media
Settembre-dicembre 2013
di Dino Amenduni
Eurogiovani
Corso in non conventional
marketing e social media
Settembre-dicembre 2013
Chi sono
Mi chiamo Dino Amenduni
(dino.amenduni@proformaweb.it -
http://about.me/dinoamenduni)
Sono il responsabile dei nuovi media e consulente
per la comunicazione politica per l’agenzia Proforma
di Bari (www.proformaweb.it)
Sono collaboratore e blogger per
Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media
marketing e comunicazione politica)
Tutte le mie presentazioni sono disponibili
gratuitamente (sia consultazione che download)
all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie
Premessa
La fine del mondo
è quando si cessa
di aver fiducia.
(Madeleine Ouellette-Michalska)
Il web 2.0 – modelli teorici
di riferimento
Coda lunga
Saggezza della folla
A. La coda lunga
La coda lunga è una teoria economica formulata da
Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004
È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti
del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei
beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in
grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che
regolano il tradizionale meccanismo distributivo
(produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
A. La coda lunga
La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque
momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso
di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il
legame che vincolava il successo alla visibilità
La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha
rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente,
vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più
redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli
Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda
difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
A. La coda lunga - cause
Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che
permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica,
video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli
Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che
forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni
immateriali
Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es.
attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti
siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza
pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell’autore
(es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
A. La coda lunga - cause
Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati
per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa,
di magazzino e di spedizione)
Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la
divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer,
ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
A. La coda lunga -
conseguenze
Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di
persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come
pubblico
Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è
economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non
quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti
professionali, ha costi nulli per la distribuzione
Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il
mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più
soddisfano le loro necessità
B. Saggezza della folla
È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso
un’infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa
teoria, una variabile è misurata in modo più preciso
da una massa di persone inesperte che da un gruppo
di specialisti
B. Saggezza della folla
Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100
persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro
peso stimato. A seguire, fece ripetere l’esperimento a 10 allevatori
Il peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla
“massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il
peso del vitello)
Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca
universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle
elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base
dell’orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto,
sia su quanto si punta)
Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei
sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
Ted – Video #1
Clay Shirky: come il surplus
cognitivo cambierà il mondo
TED, un’eccellenza
del web-marketing
Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è
riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne
di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono
state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le
lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che
include scienza, arte, politica, temi globali, architettura,
musica e altri saperi
Video #1 – Surplus Cognitivo
http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_will_cha
Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso
online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre
siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e
sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo
migliore e più cooperativo.
Il terreno di gioco
L’inizio dell’era biomediatica
(indagine Censis, ottobre 2012)
1. La dieta mediatica degli italiani
Evoluzione del consumo mediatico in Italia (2007-2012)
1. La dieta mediatica degli italiani
1. Televisione e radio non arretrano, anzi
2. Cala l’accesso agli strumenti
informativi, sia cartacei (molto) che
elettronici (poco) = l’informazione sempre
più di frequente passa per i social media
3. Avvento definitivo della connessione in
mobilità anche in Italia
4. Quasi due italiani su tre sono utenti
attivi di Internet
2. Tv ubiqua, connessione ubiqua
Fruizione della tv e accesso alla Rete da dispositivi mobili
2. Tv ubiqua, connessione ubiqua
1. Youtube è il primo canale di fruizione
video nella fascia 14-29 anni
2. Un italiano su tre si connette in mobilità
3. La connessione in mobilità non è più
un’esclusiva dei più giovani
4. L’accesso a Internet si allarga non tanto
per il miglioramento delle condizioni
infrastrutturali, quanto per la diffusione
dei dispositivi mobili
3. Un italiano su due è su Facebook
Gli usi della Rete
3. Un italiano su due è su Facebook
1. Tendenziale sovrapposizione tra
Internet e Facebook
2. Due utenti di Internet su tre sono su FB
(+17% in dodici mesi)
3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila
iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni
4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti
attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
4. Diete audiovisive e miste
Cultural divide e digital divide
4. Diete audiovisive e miste
1. Un italiano su quattro ha accesso
esclusivo ai mezzi tradizionali
2. Un italiano su cinque, invece, ha
abbandonato la comunicazione su stampa
3. Quasi un italiano due è “estraneo” a
Internet come mezzo di informazione
4. Un italiano su tre si informa (anche) su
Internet
5. Rete e comportamenti d’acquisto
Nuovi fattori di influenza
5. Rete e comportamenti d’acquisto
1. Due italiani su tre consultano Internet per
valutare l’acquisto di un prodotto
2. Quasi un italiano su tre può convincersi
leggendo un commento di un altro utente su
forum o social media
3. Per un italiano su quattro Internet è il
luogo dove si cercano offerte
4. Un italiano su dieci chiede espressamente
aiuto nelle valutazioni attraverso i social
media
6. La TV è sempre la TV, ma…
Fonti di messaggi pubblicitari
6. La TV è sempre la TV, ma…
1. Internet è il secondo mezzo più
“influenzante” in termini pubblicitari, più dei
giornali e della radio (giornali + riviste >
Internet)
2. La televisione è sempre al primo posto, ma
non esiste un dominio assoluto di un mezzo
sugli altri
3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet
cede il passo ai mezzi tradizionali
4. Internet è più efficace tra i più istruiti
Video #2
Ivan Krastev
Può esistere democrazia
senza fiducia?
#2 – Democrazia senza fiducia
http://www.ted.com/talks/lang/it/ivan_krastev_can_democracy_exist_wit
Cinque grandi rivoluzioni hanno modellato la cultura
politica degli ultimi 50 anni, spiega il teorico Ivan
Krastev, che mostra come ogni passo in avanti - dalla
rivoluzione culturale degli anni '60 alle recenti
scoperte nel settore delle neuroscienze - abbia anche
contribuito a erodere la fiducia negli strumenti della
democrazia. Come lui stesso dice, "Quello che è
andato bene è anche quello che è andato storto". La
democrazia può sopravvivere?
Dove sono i voti
degli italiani?
Democrazia senza fiducia, comunicazione
extramediale, il ruolo di Internet: le nuove
dinamiche di socializzazione elettorale
Democrazia senza fiducia, comunicazione
extramediale, il ruolo di Internet: le nuove
dinamiche di socializzazione elettorale
Sommario
A. Analisi dei dati della ricerca Censis “Il primato
dell’opinione nella comunicazione orizzontale”
(18 giugno 2013)
- Calo della fiducia nei media, in Italia e in Europa
- Nuovi agenti di socializzazione elettorale
- Internet e democrazia: un’alleanza non
automatica
B. Come cambia l’organizzazione e la
comunicazione politica: cinque idee per
“aggiornare” i partiti
Premessa (1): i media sono io
Le nuove modalità di comunicazione si sono definite
con l’affermazione su vasta scala in seno alla società di
due paradigmi fondamentali:
- da una parte, la moltiplicazione e l’integrazione dei
mezzi di informazione e comunicazione di cui
disponiamo;
- dall’altra, una finora inedita centralità dell’utente,
che oggi è tendenzialmente in grado di comporre
attivamente i propri palinsesti fatti su misura, in base ai
propri gusti e desideri, e di realizzare e diffondere con
grande facilità, grazie alle tecnologie digitali, contenuti
autoprodotti.
(Censis, giugno 2013)
Premessa (2): non mi fido più
Solo tre istituzioni, in Italia, superano il 50% di fiducia.
Il problema di fiducia riguarda la politica,
ma non è l’unica “malata”
(dati Demos-Repubblica, 31 dicembre 2012)
Scenario
Le nuove campagne elettorali si giocheranno su un
terreno caratterizzato dalle seguenti tendenze:
- Sfiducia generalizzata nei “mittenti” (politici e non
politici)
- Fiducia crescente nei “vicini” (reti prossimali di
relazioni)
- Controllo crescente dell’attendibilità dei messaggi dei
mittenti da parte dei destinatari: fine delle promesse,
fine della stagione degli annunci, fine della retorica
- Aumento della mediatizzazione della politica, anche
se i media sembrano sempre più deboli
- Autocomunicazione di massa come nuovo, cruciale,
obiettivo delle campagne elettorali: tutti devono poter
parlare con la stessa voce e gli stessi contenuti, ma
ogni sostenitore deve poter scegliere quando e come
farlo
1. Democrazia
senza fiducia
Meno tv generalista,
meno giornali,
meno fiducia nelle istituzioni:
le conseguenze
1a Fiducia nei media (2011-2012)
-11%: fiducia nella televisione in Italia vs media europea
(in Italia la televisione è vista dal 98.3% della popolazione)
1a Fiducia nei media (2011-2012)
Fiducia nell’informazione radiofonica in Svezia: 80%
(Italia: 39%)
Fiducia nell’informazione televisiva in Austria: 70%
(Italia: 37%)
Fiducia nella stampa in Olanda: 57% (Italia: 35%)
Internet è l’unico canale in cui in Italia c’è più fiducia
rispetto alla media europea, ma è un dato comunque
piuttosto basso (38%)
Conseguenze: dispersione della fiducia, atteggiamento
dubbioso dei destinatari dell’informazione, riduzione
della capacità di influenza del mittente sui
destinatari
1b Fuga dai giornali (2000-2012)
-34.3%: calo delle vendite dei quotidiani
negli ultimi dodici anni (due milioni di copie)
1b Fuga dai giornali (2000-2012)
Cause/conseguenze
A. Press divide: “cresce il numero di quelli che non
hanno mai fatto uso dei media a stampa o non lo fanno
più: non solo perché non si accostano alla lettura, ma
anche, e specialmente, perché usano Internet per
informarsi e per accedere a tutti gli strumenti che per
comunicare si avvalgono della scrittura” (Censis)
B. Perdita del peso sociale dei quotidiani, da prima a
ultima porta di accesso alle notizie: “le grandi aziende
editoriali rischiano di andare incontro a un
ridimensionamento di ruolo e di capacità d’influenza in
ragione dei processi di frammentazione innescati dalla
moltiplicazione dei media e dai percorsi individuali di
acquisizione delle informazioni da parte del pubblico”
(Censis)
1c Meno tv generalista (2000-2012)
-17.1%: calo dello share di Rai e Mediaset dal 2000 a oggi
(la somma degli ascolti resta comunque alta: 73.6%)
1c Meno tv generalista (2000-2012)
Cause/conseguenze
A. Rai: -7.5%; Mediaset -9.6% negli ultimi 12 anni ->
coda lunga della televisione
B. Stesso trend per i telegiornali: lo share medio del
Tg1 è sceso dal 26,9% del 2010 al 22,6% del 2012,
quello del Tg5 dal 22,4% al 19,2%
C. 1992-2011: incremento medio dei consumi del
20,3%, la spesa per computer e accessori è
aumentata del 329,5%, mentre la spesa per libri e
giornali ha segnato un -20,3% -> coda lunga
dell’informazione, preferenza per mezzi “individuali” di
produzione e ricezione di contenuti giornalistici
1d Facebook, Twitter, popolo, elite
-35.9%: italiani che usano Twitter
rispetto a quelli che usano Facebook
(-68.1% tra gli under 30)
1d Facebook, Twitter, popolo, elite
Cause/conseguenze
A. Youtube popolare quanto Facebook tra gli under
30 -> “dominio del video” tra le fasce più giovani (42.4%
degli italiani guarda programmi TV via Youtube, 56.6%
tra gli under30)
B.La prevalenza di Facebook su Twitter è
trasversale: tra i più giovani, tra i più istruiti, tra gli utenti
attivi di Internet. Youtube, invece, tiene testa a
Facebook in tutte le categorie -> Facebook è più utile
a parlare con il grande pubblico online, Twitter è più
utile a influenzare il dibattito sui media tradizionali
C. 80% degli under30 è iscritto a Facebook e usa
Youtube (solo 11.6 è iscritto a Twitter) -> elettori 18-30
vanno raggiunti quasi esclusivamente sui social media
1e Manipolazione vs indipendenza
7 su 10: gli italiani che pensano che “gli apparati
dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”
1e Manipolazione vs. indipendenza
Cause/conseguenze
A.Gli italiani pensano di potersi informare senza alcun
aiuto esterno: 85% -> facile informare, altrettanto facile
disinformare
B.Pur considerandolo “manipolatorio” (70%), gli italiani
non considerando il sistema dei media attuale
“superato” (è così solo per il 36% della popolazione) ->
la crisi di fiducia è nei confronti dei giornalisti
italiani, non del giornalismo in genere
C.La partecipazione degli utenti garantisce
l’indipendenza delle notizie per il 44% degli italiani
-> fiducia in Internet come tecnologia, non nel
giornalismo su Internet
Sintesi e tendenze (1)
Giornali mai così deboli, mai così forti
Anche se i giornali sono sempre meno letti, le loro
storie sono la benzina necessaria per il dibattito, sui
vecchi e sui nuovi media. Il dibattito può nascere da
opinioni e non solo da fatti. Questo disperde la
discussione pubblica in mille rivoli e la dispersione,
paradossalmente, rimette al centro la capacità di sintesi
dei grandi gruppi editoriali, specie se sono tra loro
“alleati”.
“La TV cerca nei giornali una legittimazione e i giornali
si infilano nei palinsesti televisivi. In base a questa
salda alleanza dell’informazione mainstream, se serve
un commento autorevole, si invita il giornalista della
carta stampata e il direttore di un quotidiano fa la sua
comparsa nei talk show politici.” (Censis)
Sintesi e tendenze (2)
Twitter fa (e farà) notizia anche con meno pubblico
Se i giornali (e i giornalisti) hanno ancora un controllo
molto forte sull’agenda del dibattito pubblico, soprattutto
nazionale, è l’interazione tra organizzazione e media a
favorire la notiziabilità di un’azione di comunicazione.
Se giornali e giornalisti usano Twitter (più che
Facebook) come strumento di reperimento e
produzione di contenuti, è lì che in questa fase si gioca
la partita della mediazione giornalistica.
La partita della disintermediazione (contatto diretto
mittenti-destinatari), invece, si gioca su Facebook (24
milioni di utenti in Italia). Facebook è il luogo della
conversazione, Twitter della relazione.
2. Nuovi agenti
di socializzazione politica
Le campagne elettorali
del futuro prossimo:
extramediali (ma ipermediali)
2a Non mi fido dei media, mi fido di
te
+24.9%: italiani che acquisiscono informazioni
da parenti e amici prima di votare (2009-2013)
2a Non mi fido dei media, mi fido di te
Cause/conseguenze
A.I talk show politici (+6.6%) si avvicinano molto ai
telegiornali (-14%) per capacità di influenza -> ogni
apparizione televisiva può far perdere o guadagnare
voti. L’impreparazione è nociva
B.Totale perdita di centralità della comunicazione
istituzionale dei partiti come capacità di influenza
(materiali di propaganda: 9%; siti Internet dei partiti
5.9%; eventi “fisici” 4%) -> non sprecare soldi in questo
genere di attività
C.I social media non “spostano voti” (blog + Facebook +
forum di discussione: 8.7%) -> Internet non è il luogo
della propaganda, ma il luogo dell’organizzazione
politica e dell’offerta di contenuti
2b Non mi fido dei media, mi fido di te
Agenti di socializzazione elettorale nelle ultime elezioni politiche (2013)
(dato disaggregato per coalizione)
2b Non mi fido dei media, mi fido di te
Cause/conseguenze
A.Le differenze tra coalizioni ci sono, ma non sono così
rilevanti. I telegiornali sono “primi” per tutti (tranne
elettori M5S), il passaparola è “secondo” per tutti (primo
per M5S) -> le differenze tra centrosinistra e
centrodestra nel mix mediale degli agenti di
socializzazione sono state sopravvalutate
B.Uniche differenze significative (e prevedibili): più peso
della tv per il centrodestra, più peso degli eventi “fisici”
per il centrosinistra -> al centrosinistra serve la buona
televisione per vincere
C.I social media hanno pesato come strumento di
propaganda diretta solo per il M5S -> dato stabile o
volatile?
Sintesi e tendenze
Internet non sposta un voto, ma fa molto di più
Se il paradigma fondamentale della comunicazione che si
è affermato nella società con la rivoluzione digitale è la
moltiplicazione dei media e la personalizzazione del loro
impiego, Internet è diventata la nuova spina dorsale
dell’intero sistema della comunicazione. La
caratteristica che meglio contraddistingue l’evoluzione
dell’habitat mediatico nell’era digitale è la progressiva
integrazione dei diversi strumenti di comunicazione: grazie
alla diffusione di device sempre più piccoli e mobili e al
successo dei social network, questa integrazione è ormai
compiuta. (Censis)
Produzione (digitale) del contenuto -> distribuzione sui
nuovi media -> diffusione sui mezzi tradizionali
-> interpretazione e dibattito sui nuovi media ->
comunicazione extramediale
3. Internet e democrazia:
un’alleanza
non automatica
Più connessi, più scettici,
più attivi, (più astenuti)
3a Always on, everywhere on
50.9%: percentuale di ricavi delle compagnie telefoniche
(rapporto spese per telefonate/spese per navigazione –
nel 2005 era 25.1%)
3a Always on, everywhere on
Cause/conseguenze
A.Comunicazione politica generativa -> si è (quasi)
tutti in campagna elettorale su Internet sempre,
comunque, dovunque, da qualsiasi dispositivo, che ci
piaccia o meno
B.Era biomediatica -> ogni utente, produttore e
consumatore di contenuti allo stesso tempo, può
produrre contenuti capaci di “spostare voti”, senza la
minima mediazione delle organizzazioni politiche
tradizionali
C.I partiti devono comunicare 24 ore su 24, sette
giorni su sette (esattamente come i loro elettori fanno
già da anni, senza chiedere il permesso a nessuno)
3b Internet “peggiora” la politica?
35.3%: percentuale di italiani che ritiene che
le nuove tecnologie digitali abbiano
“peggiorato l’organizzazione dei movimenti politici” (solo il 15%
pensa che sia migliorato)
3b Internet “peggiora” la politica?
Cause/conseguenze
A.Il settore maggiormente favorito dalle tecnologie
digitali è l’informazione, secondo gli italiani ->
giornalismo senza fiducia + Internet = percezione di
emancipazione “collettiva” dai gruppi editoriali
B.Il 28.8% degli italiani ritiene che la formazione delle
opinioni politiche sia peggiorata con Internet -> era
biomediatica o solipsismo? Autocomunicazione di
massa o populismo?
C.Il 53% degli elettori di centrosinistra parteciperebbe a
referendum consultivi online (35.6% centrodestra, 69%
MoVimento5Stelle) -> una quota non trascurabile di
italiani chiede di ricostruire il rapporto tra tecnologie e
volontà politica
Sintesi e tendenze (1)
Internet aiuta la democrazia solo se
la democrazia vuole farsi aiutare da Internet
Il rapporto ambivalente tra gli italiani e Internet (fiducia più
alta della media europea vs. scarso ruolo dei social media
nelle azioni di propaganda dirette; percezione di
indipendenza vs. percezione di peggioramento della vita
politica) è tale perché mediato da una terza variabile: la
sfiducia nella politica.
Gli italiani vogliono partecipare, non trovano i luoghi giusti
per farlo, hanno ascoltato per anni promesse vuote sulla
partecipazione, ora rispondono con frustrazione.
Conoscono la maturità degli strumenti, li usano
giornalmente, ora si aspettano lo stesso da partiti e
politici.
Sintesi e tendenze (2)
Non esiste alcuna correlazione tra accesso a Internet
e aumento della partecipazione diretta al voto
Affluenza politiche 2008-politiche 2013: -6%
Accesso a Internet in Italia 2008-2013: +16%
Più informazione = più disillusione = più astensione?
È una tendenza solo italiana o universale?
Le risposte a queste domande richiedono analisi continue
e dettagliate, ma il solo fatto che ci si debba porre questi
due interrogativi ci dice che Internet può favorire
l’accesso a processi democratici, ma questo accesso
non è affatto automatico. Serve delega politica e serve
dare “un senso” misurabile alla partecipazione (io-militante
dedico tempo alla partecipazione, la mia partecipazione
contribuisce a cambiare le cose)
Conclusioni
Cinque idee operative
per “aggiornare i partiti”
1 Da opinion maker a problem solver
Il sistema dei media è aumentato per complessità e
velocità. L’agenda può essere dettata da più attori. I
media tradizionali, pur essendo più deboli, hanno
comunque la possibilità di orientare il dibattito sui social
e di “interpretarlo” secondo proprie logiche editoriali.
Per queste ragioni è quasi impossibile che un partito
“detti l’agenda” attraverso sue iniziative (che, come
abbiamo visto, non incidono neanche sulle intenzioni di
voto). Più che provare a farsi sentire con proprie idee
slegate dal contesto, i partiti dovrebbero sapere cosa
dire, in qualsiasi momento, a commento e supporto di
un fatto di attualità.
Esempio: episodio di cronaca -> partito fa proposta di
legge/iniziativa online sul tema entro 12 ore dal picco di
attivazione. Partito = “servizio assistenza elettori”
1 Da opinion maker a problem solver
Dalla democrazia del consenso…
(cioè) “riconoscimento di una pluralità e complessità di
orientamenti e istanze sociali; sull’azione di soggetti di
rappresentanza intermedi (i partiti di massa, il grande
sindacato, l’associazionismo imprenditoriale) capaci di
ampia rappresentatività e identificazione di interessi
collettivi; su processi di costruzione del consenso
attraverso il confronto nelle sedi istituzionali appropriate
e la composizione delle diverse tensioni in gioco”
(Censis)
1 Da opinion maker a problem solver
…alla democrazia dell’opinione
…fondata, al contrario, sulla logica della
semplificazione, che accentua l’importanza dei singoli
eventi piuttosto che le strutture durevoli e i processi
storico-sociali in cui si determinano; sulla immediatezza
dei messaggi e la non mediazione dei contenuti
(dall’uso spregiudicato dei sondaggi ai confronti
televisivi dei leader di schieramento); sul legame a
doppio filo con il sistema dei media, chiamati a essere i
principali interpreti dell’opinione degli italiani e, al
tempo stesso, i principali strumenti di formazione
delle opinioni (Censis)
2 Tutti i contenuti pronti, sempre
La velocità di risposta politica ai picchi di attivazione
mediatica dipende dalla capacità di elaborazione
politica pregressa. Se un partito non sa “cosa dire” su
un tema diventato (improvvisamente) di attualità, sarà
semplicemente oscurato dagli altri partiti e dagli altri
attori mediatici. Non sarà percepito, e dunque, non sarà
considerato utile.
Passaggio dalla logica delle “campagne” (tematiche,
stagionali) alla logica Wiki: i documenti politico-
programmatici devono essere sempre aggiornabili, da
parte dei dirigenti e degli iscritti, anche
contemporaneamente anche online, per garantire
qualità e flessibilità. Se manca una delle due
componenti, manca la capacità dell’iniziativa politica ai
tempi della comunicazione orizzontale e diffusa.
3 Partito instant: la “regola dello 0.1%”
Non si vive di sola tattica (per fortuna!), ma i voti si
“spostano” ogni giorno e su diversi canali di
comunicazione. Per questo le organizzazioni politiche
devono dotarsi di strutture creative rapide, capaci di
realizzare campagne di comunicazione “instant”, buone
per inserirsi nel dibattito frenetico dei nuovi media per
24-36 ore, attraverso micro-campagne tematiche, azioni
di satira o adottando maggiore aggressività nei
confronti degli avversari rispetto al solito, allo scopo di
capitalizzare i difetti di comunicazione degli altri o per
sottolineare caratteristiche identitarie. Per provare a
guadagnare (o a non perdere) lo 0.1% dei voti, tutti i
giorni.
Nota bene: tattica senza strategia = comunicazione
senza contenuto = fuffa.
4 Partecipazione = democrazia interna
Qualsiasi iniziativa che chieda ai cittadini di
“partecipare” e che non porti alcun risultato concreto in
termini politici equivale a una promessa non mantenuta.
Anche se organizzata con i migliori auspici, la
partecipazione frustrata genera disillusione,
sfiducia, disinteresse, esattamente come una
qualsiasi, cattiva, gestione politica. I processi di
partecipazione possono funzionare solo se sono
“obbligatori”, cioè se c’è una connessione certa tra
attivazione e comportamenti.
LiquidFeedback non funzionerà se il dibattito gira a
vuoto, così come progetti come TuParlamento possono
diventare boomerang se i politici che promettono
“democrazia” non possono poi garantirla a causa di vizi
di democrazia interna nei loro partiti.
5 Comunicare meno
Interviste, dichiarazioni, promesse, aspettative:
l’iperpresenza comunicativa della politica non ha
portato consenso, ma sfiducia. Gli attuali livelli di
sfiducia impongono uno stile di gestione pubblica
completamente differente rispetto al recente passato:
- i politici dovrebbero parlare solo quando hanno
qualcosa di nuovo da dire;
- i politici dovrebbero parlare con i media solo quando
devono annunciare grandi novità strategiche o
informare su risultati acquisiti (no promesse, no
polemiche);
- i politici non dovrebbero fare annunci, perché oggi è
troppo facile chiedere loro conto di eventuali fallimenti
- ogni azione di comunicazione deve avere il fine
principale di illustrare la ricaduta immediata di ciò che
si propone sulla vita quotidiana dei cittadini.
Video #3
John Maeda
Il contributo di arte
tecnologia e design alla
leadership creativa
Video #3 – John Maeda
http://www.ted.com/talks/lang/it/john_maeda_how_art_technology_and_
John Maeda, Presidente della Rhode Island School of
Design, parla in modo divertente e affascinante della
propria esperienza lavorativa nel campo dell'arte, del
design e della tecnologia, e conclude con
un'immagine della leadership creativa del futuro.
Vedrete i primi lavori dimostrativi di Maeda -- e
perfino un computer fatto di persone.
Campagne elettorali
Dieci cose che ho imparato
(fino ad ora)
Prima delle dieci cose
La premessa:
non prendiamoci troppo sul serio
Non prendiamoci sul serio
“La maggior parte delle
elezioni è già decisa
prima ancora che la
campagna abbia inizio”
(Legge di Farley)
Non prendiamoci sul serio
Conseguenze
A. Un tecnico della comunicazione che dice a una
candidato di essere in grado di ribaltare l’esito di
un elezione solo con la forza del suo lavoro (di
spin doctoring, di creatività, di grafica, sui social
media) sta dicendo una cosa non vera
B. Non esiste un tecnico della comunicazione che
può salvare il candidato da una sconfitta certa,
non esistono agenzie della provvidenza né miracoli
#1
La variabile più importante
è l’avversario
#1 L’avversario
Il posizionamento, i punti di forza e di debolezza
del candidato, i vantaggi competitivi, i temi
distintivi e le parole d’ordine non sono costrutti
che valgono in assoluto ma cambiano sulla base
dello scenario
Per questo motivo è sbagliato impostare una
campagna elettorale prima ancora di conoscere le
caratteristiche degli sfidanti
È giusto posizionare il candidato, non è un errore
partire in anticipo (se si hanno idee), ma è
sbagliato basare la campagna solo su se stessi
#1 L’avversario
Alcuni esempi
A.Una campagna a due (centrosinistra vs
centrodestra) è molto diversa da una campagna a
tre (centrosinistra vs centrodestra vs Terzo Polo),
specie se i candidati sono stati precedentemente
alleati tra loro
B.Alle elezioni regionali (turno secco), il ruolo del
Movimento5Stelle è potenzialmente più decisivo
C.Una campagna tra sindaco uscente e avversario
è molto diversa da una campagna tra due
candidati ‘nuovi’
#2
Molto spesso le campagne si
vincono per errori degli avversari,
non per meriti propri
(Mario Rodriguez)
#2 Gli errori
Non tutte le campagne elettorali possono essere
intense e spumeggianti, non tutti i candidati sono
abili comunicatori, non tutti i comunicatori sono
abili. E soprattutto, quando i candidati si
equivalgono (specie in contesti locali) è più
difficile scegliere e cogliere le differenze
Proprio per questa ragione è più importante
evitare scelte strategiche sbagliate, lavorando al
massimo per evidenziare l’errore
dell’avversario, piuttosto che cercare il colpo a
effetto o la mossa strategica definitiva
#2 Gli errori
Alcuni esempi
A.Giuliano Pisapia vs Letizia Moratti a Milano
(Amministrative 2011): il confronto TV e la
moschea di Sucate
B.Barack Obama vs John McCain (Presidenziali USA
2008): la scelta di Sarah Palin
C.2009: il centrodestra a Bari rallenta l’apertura
del Teatro Petruzzelli, Michele Emiliano ne fa
una bandiera di campagna elettorale e anche
grazie a questo recupera dieci punti percentuali in
nove mesi, vincendo le elezioni
#3
Senza un’analisi (con dati) iniziale
e un campaign manager non si
dovrebbe neanche iniziare
#3 I dati
Nessuna campagna elettorale si svolge “in teoria”
o “nel vuoto”. Ogni città ha il suo contesto, ogni
quartiere ha i suoi problemi, ogni regione ha la
sua storia
Un’analisi quantitativa (esempio: sondaggi) e
qualitativa (esempio: focus group) è il punto di
partenza per capire chi siamo (come siamo
percepiti), di cosa c’è bisogno (issues rilevanti) e
dove vogliamo andare (parole d’ordine, obiettivi
della comunicazione)
Senza dati si procede per approssimazione, per
‘istinto’: il contrario di un lavoro scientifico
#3 Il campaign manager
Il coordinatore della campagna elettorale è la
figura più importante dell’intero staff (secondo,
e non sempre, solo al candidato)
Ha il compito di gestire le relazioni con tutti i
nodi della macchina organizzativa:
- Il candidato e la sua cabina di regia politica
- L’ufficio stampa e lo staff sui social media
- I partiti e i candidati della coalizione
- I fornitori
- I comunicatori
- I volontari
- L’ufficio amministrativo/burocratico
#3 Il campaign manager
Il campaign manager è un ruolo forte, che
richiede caratteristiche eterogenee e molto
precise:
A. Fiducia totale da parte del candidato (deve
poter parlare in suo nome)
B. Capacità di visione strategica e organizzativa
C. Capacità di analisi politica
D. Resistenza in condizioni di stress
E. Capacità diplomatiche
F. Competenze comunicative (almeno minime)
Se è l’agenzia di comunicazione a coordinare la
campagna elettorale, è un brutto segno
#4
La campagna elettorale che stai
facendo è sempre la più
importante di tutte
#4 La campagna più importante
Non importa se il candidato è in corsa per la
Presidenza del Consiglio o per la candidatura a
consigliere comunale. Per lui la campagna elettorale è
decisiva allo stesso modo: decisiva per la sua carriera,
il suo futuro, la sua vita
Per questa ragione, le aspettative del candidato verso
i comunicatori (in termini di ore di lavoro, impegno e
coinvolgimento emotivo) sono massime, a prescindere
dal contesto di campagna elettorale. Ed è giusto così
È opportuno che i tecnici della comunicazione siano
consapevoli di questo, quando scelgono quante e quali
(e con quale budget) campagne prendere in
considerazione
#5
È quasi impossibile
essere spin doctor
per più di una campagna per volta
#5 Spindoctoring
I compiti di spindoctoring, ossia di consulenza
strategico-politica a tutti i livelli, è un lavoro
totalizzante, sia nei tempi che nel carico
emotivo/cognitivo da sopportare
Così come un candidato si impegna con il massimo
delle energie sulla campagna, allo stesso modo deve
fare lo spin doctor per essere all’altezza del ruolo, a
prescindere dalla difficoltà della campagna e
dall’aggressività degli avversari
Per queste ragioni è molto difficile, se non addirittura
sconsigliato, avere responsabilità strategiche per più
di un candidato per volta
(anche questa variabile è decisiva nella scelta delle campagne
elettorali da accettare)
#6
Non sempre vince
chi ha più denaro
(ma non si può fare neanche una
campagna a costo zero)
#6 I soldi
I soldi non fanno la felicità e, di conseguenza, non
stabiliscono a priori neanche i vincitori e gli
sconfitti di una campagna elettorale
Non basta essere ricchi, bisogna anche saper
scegliere gli strumenti giusti per comunicare e,
soprattutto, non bisogna dimenticarsi che
‘content is king’, la politica viene sempre prima
della comunicazione, la credibilità di un candidato
non si può costruire artificialmente e in pochi
mesi solo attraverso la comunicazione, anche se
fosse la migliore campagna possibile
#6 I soldi
Attenzione, però, all’eccesso contrario: fare una
campagna a costo zero è quasi impossibile. Serve una
struttura economica minima che permetta di coprire le
spese necessarie:
- costi di gestione del comitato elettorale;
- acquisto di spazi pubblicitari sui mezzi di
comunicazione di massa e sul web;
- organizzazione della mobilitazione (esempio: gazebo)
- organizzazione di eventi
La capacità di raccolta fondi, specie se indipendente
e trasparente, può essere decisiva per vincere le
elezioni
#6 I soldi
Alcuni esempi (costi complessivi dichiarati)
•Giuliano Pisapia (1.7 milioni) vs Letizia Moratti
(10 milioni) a Milano (Amministrative 2011)
•Nichi Vendola (800mila) vs Rocco Palese (5
milioni) in Puglia (Regionali 2010)
•Federico Pizzarotti (6mila) vs Vincenzo
Bernazzoli (200mila) a Parma (Amministrative
2012)
#7
In campagna elettorale non
esistono orari, non esistono i
weekend, non esistono i giorni
festivi, non esistono nemmeno le
mansioni codificate
#7 Addio tempo libero
Se siete abituati al rispetto dell’orario d’ufficio, ai
weekend liberi, al telefono aziendale spento di
sera, ai pranzi con la famiglia nei giorni festivi, a
compiti definiti e ben distribuiti, la campagna
elettorale non è il lavoro che fa per voi
Il candidato può avere bisogno del vostro aiuto (o,
semplicemente, una buona idea da condividere)
sette giorni su sette, ventiquattro ore su
ventiquattro
I telegiornali vanno in onda tutti i giorni, un fatto
di attualità può accadere in qualsiasi momento
#7 Addio mansioni codificate
Le campagne elettorali sono sofisticati dispositivi
organizzativi in emergenza permanente. C’è
sempre qualcosa da fare, c’è sempre qualcuno
occupato e c’è sempre urgenza
Per questa ragione, al di là dei compiti che
ognuno ha (e si dà), bisogna essere pronti a fare
di tutto: lo spin doctor scrive il comunicato, il
campaign manager monta un palco, un volontario
accompagna il candidato a un evento, un
candidato consigliere organizza l’evento finale per
il candidato sindaco, e così via
#8
È sempre meglio lavorare
insieme a un’altra agenzia
di comunicazione
del luogo in cui ci sono le elezioni
#8 I professionisti del posto
Non sempre i tecnici della comunicazione possono
lavorare sulle campagne elettorali nella città dove
vivono, e non sempre chi lavora sulle campagne
elettorali lavora solo con la politica
Questa è la prima ragione per non caricarsi tutto il
lavoro creativo e giocare di squadra con altri
professionisti, magari di agenzie più piccole o
freelance, che però vivono e lavorano nel
territorio, che possono impegnarsi sulle
declinazioni degli strumenti sui vari mezzi di
comunicazione, oltre a raddoppiare il contributo
di idee e creatività
#8 I professionisti del posto
La seconda ragione, forse ancora più importante
della prima, riguarda la capacità di chi vive nei
territori di sentire il ‘polso’ di ciò che sta
accadendo, molto di più e molto meglio di quanto
possa fare un professionista esterno
Un’idea apparentemente buona può essere
profondamente sbagliata se non si conosce con
precisione la biografia dei candidati, il tessuto
sociale di riferimento, la storia recente del
territorio, le conseguenze di ciò che si dice e di
ciò che si fa
#9
Se non ci sono militanti, volontari
e sostenitori offline,
non li troveremo di certo online
#9 I militanti
Esiste un luogo comune, nato soprattutto in questi
anni, che va subito depotenziato: la Rete non è ‘il
luogo dei volontari’ (né il luogo del ‘gratis’, né il
luogo del ‘facile’. Spesso è vero il contrario)
Se non ci sono militanti e volontari ad animare il
comitato elettorale di un candidato, il problema è
organizzativo o di appeal del candidato stesso.
Questi problemi prescindono dagli strumenti
utilizzati per comunicare e, dunque, non si
risolvono cercando altrove la mobilitazione o
provando a crearla artificialmente (con il denaro o
con l’uso di Internet)
#10
Quando il candidato si convince
del contrario di ciò che pensi sia
giusto (e questo non è così grave),
non perdere tempo:
‘attacca il ciuccio
dove vuole il padrone’
#10 Attacca il ciuccio
Una delle regole non scritte delle campagne
elettorali è: ci sarà almeno un caso in cui un’idea,
già approvata dallo staff o dal candidato, viene
poi riconsiderata e bocciata
Le ragioni per cui ciò accade sono numerose e
talvolta imponderabili. Per questo, quando questo
improvviso cambio di direzione accade (e non è
affatto raro) e quando ciò non comporta un danno
irrecuperabile, è inutile impegnarsi in estenuanti
e spesso inutili trattative: meglio fare un passo
indietro e guardare subito avanti
Dopo le dieci cose
La conclusione:
non prendiamoci troppo sul serio
Non prendiamoci sul serio
Corollari (o forse qualcosa di più)
1.Il candidato (o il partito) è sempre più importante
dei comunicatori
2.La politica è sempre più importante della
comunicazione
3.Il contenuto è sempre più importante delle tecniche di
presentazione dello stesso
4.Il comunicatore politico deve essere esperto sia di
comunicazione che di politica, altrimenti non si
chiamerebbe comunicatore politico
5.Quando non sai che fare, rivolgiti prima di tutto ai politici
‘storici’ del territorio: la loro esperienza è preziosissima
6.Prima di iniziare una campagna elettorale, chiedi consigli
agli amici e ai conoscenti che vivono nel luogo in cui si va a
votare
Scrivere (per) la politica
Creatività, emozione, dati:
dieci idee per costruire un discorso politico efficace
(i risultati di un’esercitazione)
Creatività, emozione, dati:
dieci idee per costruire un discorso politico efficace
(i risultati di un’esercitazione)
Sommario
1. La comunicazione politica dal dopoguerra ai giorni
nostri: dieci stimoli, dieci brainstorming
2. Dalla teoria alla pratica e viceversa: la costruzione
collettiva di un decalogo di buone pratiche per la
scrittura creativa per la politica (esercitazione)
L’esercitazione ha avuto luogo a Putignano (Bari), il 17 luglio
2013, all’interno di un laboratorio del progetto Scrivoanchio.
Hanno partecipato 20 ragazzi tra i 14 e i 18 anni, finalisti di un
concorso nazionale di scrittura, i quali hanno liberamente
commentato le campagne da noi proposte (efficacia, impatto,
attualità, scelte grafiche, testi, musiche…).
Il brainstorming ha offerto gli spunti per la definizione del
decalogo della buona scrittura per la politica
Esercitazione: il modello
Fase1: brainstorming e dibattito sui dieci stimoli, presentati
singolarmente
Fase2: stesura e condivisione delle buone pratiche tra i
partecipanti
Fase3: divisione in quattro gruppi, ognuno dei quali aveva il
compito di scrivere un appello al voto di un candidato presidente
del Consiglio di max 3 minuti. Il testo poteva tener conto del
decalogo appena realizzato e doveva essere interpretato da un
candidato scelto dal gruppo davanti a una telecamera.
Durata complessiva dell’esercitazione: circa due ore
Il modello di esercitazione (brainstorming più definizione condivisa di buone pratiche più
eventuale simulazione finale) può essere riprodotto liberamente in altri contesti.
Il brainstorming
50 anni di comunicazione politica
in dieci messaggi
1. Democrazia Cristiana, 1963
“Mai più dittature”
(campagna DC per la giornata della Liberazione
Tema: la comunicazione identitaria)
2. Partito Comunista Italiano, 1976
“Noi abbiamo le mani pulite, chi può dire altrettanto?”
(campagna PCI per le elezioni politiche anticipate
Tema: la comunicazione elettorale)
3. Kennedy a Berlino, 1963
(tema: l’emozione in politica)
Duemila anni fa -- Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire
"civis Romanus sum.” Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio
è dire "Ich bin ein Berliner.” […]
La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non
abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri -- per
impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che
vivono a molte miglia da qua dall'altra parte dell'Atlantico, che sono
distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la
storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna
città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e
forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.
4. Forza Italia, 1994
“E Forza Italia, per fare per crescere”
(video e inno fondativo del partito
Tema: il video e la musica in politica)
5. Il risotto di D’Alema, 1997
Bruno Vespa manda in onda un filmato amatoriale
(video - Tema: la politica pop)
6. Nichi Vendola, 2005
“Pericoloso – come tutte le persone oneste”
(campagna per le elezioni regionali
Tema: comunicare gli outsider)
7. Barack Obama, 2008
“Yes we can”
(campagna per le elezioni presidenziali americane
Tema: comunicare per “fare la storia”)
8. Satira politica, 2001
“Meno tasse per Totti”
(adbusting satirico, campagna elettorale di Berlusconi,
elezioni politiche 2001
Tema: il “purché se ne parli” è un approccio corretto?)
9. Licia Ronzulli, 2012
Il primo voto al ritorno in Parlamento Europeo dopo la maternità
(nella foto, Licia Ronzulli con sua figlia Vittoria
Tema: opportunità e rischi dell’umanizzazione)
10. Partito Democratico, 2013
“Lo smacchiamo”
(video-spot per il web, elezioni politiche 2013
Tema: la comunicazione autoreferenziale)
Ted – Video #4
Kevin Allocca:
perché i video
diventano virali
#4 – i segreti della viralità
http://www.ted.com/talks/kevin_allocca_why_videos_go_viral.html?
lang=it
Kevin Allocca è responsabile dei trend di YouTube, e ha
opinioni profonde sui video stupidi che si trovano in
rete. In questo discorso a TEDYouth, espone i 3 motivi
per cui un video diventa virale.
Il decalogo della buona
scrittura per la politica
I risultati del processo
di brainstorming
1. Semplicità (non banalità)
Il messaggio politico deve essere chiaro, non
complesso. Non deve essere di difficile comprensione
né contenere elementi in potenziale contraddizione tra
loro.
Una buona comunicazione può consistere anche in un
solo messaggio forte. Bisogna resistere alla tentazione
di dire tanto (tutto? Troppo?) in un unico manifesto o in
un unico stimolo di comunicazione, perché affatica il
destinatario ed è meno facile da ricordare.
Semplificare, però, non significa banalizzare.
Ridurre un messaggio all’essenziale vuol dire lavorare
duramente (e nel dettaglio) sulla rifinitura, che può
richiedere anche un lungo periodo di studio preliminare.
2. Definizione della tua identità
I cittadini devono sapere chi sei, cosa vuoi fare, come
intendi farlo, da dove parti, dove vuoi arrivare. Devono
conoscere la tua storia, i tuoi punti di forza, i tuoi valori.
Serve definire un quadro coerente, e per certi versi
prevedibile, che permetta al cittadino di sapere cosa il
partito o il politico farà senza che debba ripeterlo tutte le
volte. Se questo quadro non c’è, il messaggio politico (e
dunque il mittente) sarà considerato ambiguo,
provvisorio, inaffidabile.
L’identità non si costruisce solo definendo chi o cosa si è,
ma anche definendo chi o cosa non si è, o
determinandosi in modo oppositivo, sulla base delle
caratteristiche dell’avversario.
3. Coerenza tra forme e contenuti
Il contenuto del messaggio deve essere confermato,
sottolineato, rinforzato dal suo contenitore.
La manifestazione di una volontà o di un’ideale non è
credibile se le scelte di comunicazione (e le scelte
politiche conseguenti) sono diverse da ciò che si vuole
sostenere.
Questa coerenza va perseguita in tutte le valutazioni
sulla comunicazione della “forma”, anche nelle scelte
grafiche, visive, di testo, di pianificazione dei mezzi,
persino di vissuto biografico di chi sta comunicando.
Il rischio, in caso contrario, è di apparire ipocriti, se
non addirittura falsi.
4. A prova di fact-checking
L’autoaffermazione del proprio valore può essere una
scelta di comunicazione vincente solo se ciò che è
sostenuto può essere facilmente dimostrato.
Questo è stato vero sempre ma lo è ancora di più ora, a
causa della diffusione dei social media e della possibilità
(anche individuale) di verificare l’attendibilità delle fonti.
Le promesse (elettorali) oggi rappresentano sempre più
una fonte di rischio e sempre meno un’opportunità per
costruire consenso. Le promesse troppo grandi possono
essere facilmente “smontate” trasformandosi in un
boomerang, specie quando il mancato raggiungimento
degli obiettivi non dipende (solamente) dal mittente.
5. La verità è strategica
Nessuna campagna di comunicazione sarà “buona” se il
prodotto è scadente.
Il tema della verità è dunque centrale sia in senso positivo
che in senso negativo.
Dire tutta la verità può non essere sempre utile, soprattutto
se i contesti sono fluidi e complessi. In alcuni casi il bluff
comunicativo può funzionare di più.
Questa riflessione assai pragmatica non deve però essere
considerato un alibi. La comunicazione politica dovrebbe
essere prima di tutto un esercizio di correttezza, sempre e
comunque. Anche perché, comunicare il falso è un’azione
che prima o poi, ti si ritorce contro.
6. Empatia, non ruffianeria
La comunicazione emozionale, “di pancia”, non è
necessariamente svincolata da logiche razionali di
decodifica. Anche l’emozione può essere percepita come
vera o falsa, attendibile o inattendibile. Può essere verificata.
Il confine tra empatia (comunico in modo emozionale
perché conosco ciò di cui sto parlando e sono dunque
sinceramente coinvolto) e ruffianeria (comunico in modo
emozionale nel tentativo di portare il pubblico dalla mia
parte, ma senza che il mittente sia coinvolto a sua volta) è
molto labile.
In periodi di profonda sfiducia verso la (comunicazione)
politica, è molto importante abbandonare del tutto ogni
forma di ruffianeria retorica: non funziona più.
7. Pathos e concretezza
Puntare su un solo registro di comunicazione (emozionale
vs. razionale) appare oggi insufficiente.
Emozionare, parlare di ideali e valori, raccontare storie,
coinvolgere è una tecnica efficace solo se non si perde di
vista la necessità di rassicurare gli elettori con messaggi
concreti, pratici, che non diano la sensazione che il politico
sia solo un bravo comiziante, e non un amministratore
all’altezza.
Allo stesso modo, è vero il ragionamento contrario: pensare
di poter convincere qualcuno solo snocciolando dati,
statistiche, competenza è sbagliato. I dati devono essere
annunciati in modo non asettico, ma coinvolgente,
inserendoli in una narrazione convincente e calda.
8. Parlare della vita delle persone
Qualsiasi ragionamento, dal più semplice al più complesso,
dal più “alto” al più “basso”, deve essere declinato tenendo
in mente un obiettivo comune: il cittadino, il destinatario,
deve poter comprendere i benefici immediati delle
proposte sulla sua vita quotidiana.
L’uso di metafore, comparazioni, paragoni, storie
esemplificative sono certamente utili a facilitare la
comprensione dei messaggi, ma le metafore da sole non
bastano, perché serve studiare il contesto, la situazione
economica e culturale, per poter davvero riuscire a
trasformare il generale in iper-particolare, e dunque
comunicare in modo convincente e interessante per chi
ascolta.
9. Politica-pop, un tema delicato
“Umanizzare” i candidati, comunicare gli aspetti extra-
politici della propria attività, è certamente una tecnica utile
a favorire meccanismi di empatia e coinvolgimento tra
politici e cittadini.
Ma l’umanizzazione non è sempre una scelta corretta.
Diventa persino dannosa se il processo narrativo è
visibilmente incoerente con la storia personale del
candidato, o se i tentativi di umanizzazione sono artificiali,
troppo ancorati a modelli teorici, estemporanei (solo in
campagna elettorale).
I cittadini hanno oramai imparato a riconoscere
l’umanizzazione “vera” da quella “falsa” e puniscono la
seconda.
10. Evitare l’autoreferenzialità
Spesso i politici e i partiti comunicano se stessi dando per
scontato che il grande pubblico conosca tutto di loro,
segua ogni giorno ciò che dicono e fanno, rinunciando così
a una comunicazione chiara, semplice, descrittiva,
didascalica.
Questo è il modo più semplice per non farsi capire, per
apparire elitari, per arroccarsi nelle proprie posizioni, finendo
per risultare persino antipatici.
Le polemiche nei circoletti della politica e del giornalismo
non fanno guadagnare voti proprio per questo: perché alla
fine, anche se non sembrerebbe, rappresentano una forma
di comunicazione di nicchia, che interessa molto poco al
di fuori degli addetti ai lavori.
Cattive pratiche di
comunicazione (politica)
online
Cosa non fare su Internet se si è
personaggi pubblici, organizzazioni
o aziende
Cos’è un cattiva pratica
Un’azione di comunicazione (politica) (online) non
funziona se:
-non è compresa dai destinatari
-diventa un boomerang;
-mette in evidenza l’incoerenza tra immagine
reale e immagine percepita del mittente;
-aumenta il livello di crisi comunicativa invece di
diminuirlo;
-trasforma una non-notizia in notizia;
-non tiene conto della natura del pubblico;
-non tiene conto della natura dello strumento;
-è un errore così grande da cancellare i meriti
(politici) del mittente
1. Messaggi
incomprensibili
Un aggiornamento
di Vendola su Facebook
(è colpa mia, è colpa mia)
1. Messaggi incomprensibili
Nichi Vendola su Facebook, 13 agosto 2012
(post di Francesco Nicodemo)
1. Messaggi incomprensibili
Caso: utilizzo di un estratto di una lettera aperta di
Nichi Vendola (sull’ILVA, pubblicata dal Manifesto) su
Facebook
Errore: l’utilizzo di un linguaggio complesso per
esprimere un concetto generico e non necessario (da
parte di un politico spesso oggetto di ironie per
l’eccessiva complessità e vaghezza del suo eloquio
pubblico (errore di chi scrive: la pubblicazione
dell’aggiornamento è stata decisa da me)
Buona pratica: post più brevi (lunghi solo quando
necessario), concetti chiari, meglio se inediti. Niente
acronimi o gergo tecnico, meglio essere didascalici
2. Boomerang
PDL: la campagna
pro-Berlusconi
(#9anni) su Twitter
2. Boomerang
Andamento dell’hashtag #9anni, 8 dicembre 2012
(screenshot da Twitter)
2. Boomerang
Caso: utilizzo di un hashtag da parte del PDL per
promuovere una campagna di racconto di 9 anni del
governo Berlusconi
Errore: l’utilizzo di un hashtag legato a una domanda
aperta (e generica) da parte di un partito con livelli
di consenso e fiducia molto bassi, soprattutto su
Internet
Buona pratica: evitare hashtag scelti “dall’alto”
(perché dividono e non sono utilizzati da tutti),
evitare domande aperte, valutare il clima di opinione
sui social media prima di coinvolgere gli utenti in
un’azione collettiva
3. Incoerenza
reale-percepito
L’UFO di Roberto Formigoni e
l’iperumanizzazione
3. Incoerenza reale-percepito
Avvistamento di un UFO a Parigi,
il tweet di Roberto Formigoni (22 novembre 2012)
3. Incoerenza reale-percepito
Caso: Il Presidente della Regione Lombardia
Formigoni twitta una notizia inverosimile
(l’avvistamento di un UFO)
Errore: Formigoni eccede in ‘umanizzazione’: pur di
sembrare uguale a tutti gli altri, diventa inverosimile
(perché comunque presidente di Regione e al centro
di una grande pressione mediatica per le indagini in
Lombardia)
Buona pratica: ignorare le pressioni dell’opinione
pubblica e far finta di niente sui social media crea
l’effetto di aumentare la pressione (evocando
l’assenza di risposte), non la riduce né distrae
4. Allargamento della
crisi comunicativa
Letizia Moratti
e la moschea di Sucate
4. Aumento della crisi comunicativa
Letizia Moratti risponde a un utente Twitter: nessuna
moschea a Sucate, in via Puppa (23 maggio 2011)
4. Aumento della crisi comunicativa
Caso: L’account ufficiale di Twitter di Letizia Moratti
(allora sindaco di Milano) risponde seriamente a un
tweet satirico
Errore: Moratti (o meglio, il suo staff) non riconosce
la trappola geografica (il quartiere di Sucate non
esiste): così facendo comunica di non conoscere la
città e favorisce un’onda satirica (ancora più forte
dopo #ècolpadipisapia)
Buona pratica: leggere con attenzione tutti i tweet,
rispondere a tutti (o ignorare quelli evidentemente
irridenti), utilizzare satira e ironia come risposta a
satira e ironia
5. Da non-notizia
a notizia
1. Gasparri e i quarantotto follower
2. Cetica e ‘tua sorella’
5. Da non-notizia a notizia
Maurizio Gasparri litiga con un utente su Twitter: la
notizia diventa un caso nazionale (1 ottobre 2012)
5. Da non-notizia a notizia
Caso: Maurizio Gasparri, capogruppo del PDL al
Senato, risponde su Twitter a un utente provando a
delegittimarlo perché aveva “solo” 48 follower
Errore: Gasparri si rivolge all’utente ma non
considera che il suo tweet sarà letto non solo dai 48
follower del suo interlocutore, ma anche dai suoi e
da quelli di Franco Bechis (nella conversazione)
Buona pratica: non utilizzare il numero di follower
dell’interlocutore come argomento per
delegittimarlo, specie se si usa il proprio profilo (di
personaggio pubblico) per farlo
5. Da non-notizia a notizia
L’assessore al bilancio della Regione Lazio e la sorella
del capogruppo del PD alla Regione (11 dicembre 2012)
5. Da non-notizia a notizia
Caso: Stefano Cetica, assessore al bilancio della
Regione Lazio, giunta Polverini, risponde in modo
poco elegante al capogruppo del PD in Regione
Montino
Errore: Cetica dimentica che lo scambio non avviene
in privato tra lui e Montino ma che c’è un pubblico.
Questo pubblico può trasformare (sui blog o sui
giornali) uno scambio anche violento in notizia, a
prescindere dai contenuti dello scambio
Buona pratica: in generale, non coinvolgere i
familiari (in modo greve) negli scambi con valore
politico. Nello specifico, non farlo in pubblico
6. Chi mi legge?
1. Marta Vincenzi e lo sfogo
dopo le Primarie a Genova
2. Giuseppe Ripa
e la “signorina Vendola”
6. Chi mi legge?
Lo sfogo dell’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi (su
Twitter dopo aver perso le Primarie del centrosinistra
(14 febbraio 2012)
6. Chi mi legge?
Caso: Marta Vincenzi, sindaco uscente di Genova,
perde le Primarie (Amministrative 2012) e si sfoga su
Twitter
Errore: Vincenzi produce moltissimi tweet a breve
distanza l’uno dall’altro: è evidentemente uno sfogo
istintivo. Ma ogni tweet ha un suo peso e una sua
notiziabilità (e la combinazione di quei tweet è una
notizia in sé)
Buona pratica: va bene sfogarsi, va bene farlo
online. Ma bisogna sempre tenere conto delle
conseguenze mediatiche di ciò che si fa. Meglio
scrivere un unico post, magari lungo, a freddo
6. Chi mi legge?
Giuseppe Ripa, assessore al bilancio del Comune di
Lecce, parla così (su Facebook) del presidente della
Regione Puglia Vendola (9 gennaio 2012)
6. Chi mi legge?
Caso: Giuseppe Ripa, assessore al Bilancio del
Comune di Lecce, chiama Vendola ‘signorina’
attaccandolo sulla sanità. Nel tentativo di rettificare
insiste con ragionamenti omofobi
Errore: Ripa prima si lascia andare a un commento
infelice. A post oramai circolato cancella il
contenuto, creando un effetto boomerang. A quel
punto prova a spiegarsi ma facendolo “motiva” il
commento infelice. Sarà costretto a dimettersi.
Buona pratica: non cancellare il commento infelice e
chiedere scusa. Ci sarà tempo e modo per spiegarsi
(Ripa sarà poi rieletto consigliere pochi mesi dopo)
7. Beffati dallo
strumento
1.Il retweet anti-Pisapia
di Guido Podestà
2. Il retweet anti-nomadi
di Gianni Alemanno
7. Beffati dallo strumento
Guido Podestà retweeta un commento su Pisapia, poi si
scusa e parla di ‘retweet sbagliato’ e di ‘errore dello
staff’ (20 marzo 2012)
7. Beffati dallo strumento
Gianni Alemanno retweeta una richiesta ‘particolare’ di
un utente (14 settembre 2012)
7. Beffati dallo strumento
Casi (speculari): Guido Podestà, presidente della
Provincia di Milano, e Gianni Alemanno, sindaco di
Roma, retweetano contenuti prodotti da altri utenti
ad alto coefficiente di controversia
Errore: Podestà e Alemanno non considerano che un
retweet, pur prodotto da altri, è comunque da
considerare un tweet ‘personale’. Retweet non
sempre è endorsement, ma in questi casi è difficile
fare un chiaro distinguo
Buona pratica: evitare il RT di contenuti controversi.
Se la si pensa in un modo (che potrà generare
polemiche), meglio dirlo con parole proprie
8. L’errore fatale
Antony Weiner
e quel messaggio privato
inviato a tutti
8. L’errore fatale
Antony Weiner, parlamentare democratico americano
(sposato), invia pubblicamente una sua foto intima a
tutti i followers invece che in privato a una ragazza di
21 anni (27 maggio 2011)
8. L’errore fatale
Caso: Antony Weiner, deputato democratico, invia
per sbaglio una foto (destinata a un messaggio
privato) a tutti i suoi follower. L’errore è avvenuto
attraverso la piattaforma Tweetdeck.
Errore: La foto era un autoscatto del proprio pene in
erezione, inviato a una ragazza di ventuno anni.
Quanto basta per obbligarlo alle dimissioni (che
arrivano solo tre settimane dopo l’episodio e dopo
aver tentato di minimizzare l’accaduto)
Buona pratica: ogni ulteriore commento è
ovviamente superfluo
In sintesi: cosa non fare
Piccolo vademecum per evitare figuracce (vale
anche per la comunicazione commerciale,
istituzionale, pubblica: la politica, in questo caso,
insegna)
-Meglio parlare poco e bene che tanto e male;
-Meglio sopravvalutare che sottovalutare il peso
mediatico del contesto (e dunque, meglio la
prudenza);
-Umani sì, ma non troppo umani;
-Ogni atto di comunicazione sui social media è
pubblico: bisogna scrivere ciò che si potrebbe
sostenere anche in una piazza gremita;
-Non fare tutto da soli
La paranoia uccide
la conversazione.
Questo è il punto.
Ma la mancanza di conversazione
uccide le aziende.
(Cluetrain Manifesto,
tesi #52, 1999)
Ted – Video finale
Sherry Turkle:
connessi ma soli?
Video finale – insieme ma soli
http://www.ted.com/talks/lang/it/sherry_turkle_alone_together.html
Mentre ci aspettiamo di più dalla tecnologia, ci aspettiamo
meno l'uno dall'altro? Sherry Turkle studia come i nostri
dispositivi elettronici e i nostri profili online stiano
ridefinendo le connessioni umane e la comunicazione, e ci
chiede di riflettere approfonditamente sui nuovi tipi di
connessione che vorremmo avere.
Grazie!
Dino Amenduni
http://about.me/dinoamenduni
dino.amenduni@proformaweb.it

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Greenpeace e la comunicazione politica (ambientale)
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Comunicare la politica (settima edizione)

  • 1. Comunicare la politica (settima edizione) Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali, il ruolo dei social media: una professione in radicale cambiamento Crisi di fiducia, centralità dei media tradizionali, il ruolo dei social media: una professione in radicale cambiamento di Dino Amenduni Eurogiovani Corso in non conventional marketing e social media Settembre-dicembre 2013 di Dino Amenduni Eurogiovani Corso in non conventional marketing e social media Settembre-dicembre 2013
  • 2. Chi sono Mi chiamo Dino Amenduni (dino.amenduni@proformaweb.it - http://about.me/dinoamenduni) Sono il responsabile dei nuovi media e consulente per la comunicazione politica per l’agenzia Proforma di Bari (www.proformaweb.it) Sono collaboratore e blogger per Finegil-Gruppo Espresso e formatore (su social media marketing e comunicazione politica) Tutte le mie presentazioni sono disponibili gratuitamente (sia consultazione che download) all’indirizzo: www.slideshare.net/doonie
  • 3. Premessa La fine del mondo è quando si cessa di aver fiducia. (Madeleine Ouellette-Michalska)
  • 4. Il web 2.0 – modelli teorici di riferimento Coda lunga Saggezza della folla
  • 5. A. La coda lunga La coda lunga è una teoria economica formulata da Chris Anderson (fondatore di Wired) nel 2004 È un modello che sembra poter spiegare i funzionamenti del mercato. È una teoria attuale per il mercato dei beni immateriali e “futuribile” perché pare essere in grado di teorizzare il cambiamento delle leggi che regolano il tradizionale meccanismo distributivo (produzione/stoccaggio/vendita al dettaglio)
  • 6. A. La coda lunga La diffusione di internet, il non-luogo dove chiunque in qualunque momento può consultare infiniti elenchi di prodotti, ha permesso di abbattere i costi di distribuzione e magazzino, spezzando il legame che vincolava il successo alla visibilità La possibilità di gestire un catalogo virtuale pressoché illimitato ha rivoluzionato il modello economico dominante: semplicemente, vendere anche solo poche copie al mese di migliaia di titoli è più redditizio che vendere migliaia di copie di pochi titoli Oggi: le corporazioni dei beni immateriali sono in profonda difficoltà (esempi: mercato discografico e pornografia)
  • 7. A. La coda lunga - cause Nuove tecnologie hardware e software a basso costo che permettono ai produttori di beni immateriali (grafica, musica, video, servizi) di farlo a costi contenuti o addirittura nulli Servizi (Internet, archiviazione dati) a costi contenuti che forniscono banda e hosting illimitato ai produttori di beni immateriali Possibilità di distribuire i propri prodotti a costo zero (es. attraverso Youtube), combinata alla possibilità che questi prodotti siano fruiti da chiunque attraverso Internet, anche senza pubblicità o senza conoscenza diretta del prodotto o dell’autore (es. attraverso Google o aggregatori di notizie)
  • 8. A. La coda lunga - cause Approcci di marketing e comunicazione più efficienti e misurati per la distribuzione di questi prodotti (niente più costi di stampa, di magazzino e di spedizione) Possibilità per tutti di entrare in questo mercato (finisce la divisione tra produttore e consumatore: si parla di prosumer, ovvero di un utente che fa entrambe le cose in contemporanea)
  • 9. A. La coda lunga - conseguenze Dal broadcasting al narrowcasting: da una platea con milioni di persone come pubblico a milioni di platee con poche persone come pubblico Questo modello economico, chiamato “coda lunga”, è economicamente sostenibile proprio perché non ha costi se non quelli (minimi) per produrre il contenuto e, in caso di contenuti professionali, ha costi nulli per la distribuzione Gli utenti, avendo molte più alternative di scelta, abbandonano il mainstream e si rivolgono alle nicchie di mercato che più soddisfano le loro necessità
  • 10. B. Saggezza della folla È una teoria dimostrata da James Surowiecki attraverso un’infinità di prove empiriche (2005). Secondo questa teoria, una variabile è misurata in modo più preciso da una massa di persone inesperte che da un gruppo di specialisti
  • 11. B. Saggezza della folla Esempio (1): durante una fiera, Surowiecki fece scommettere 100 persone sul peso di un vitello. Le 100 persone dichiararono il loro peso stimato. A seguire, fece ripetere l’esperimento a 10 allevatori Il peso del vitello fu indovinato con precisione assoluta dalla “massa” (il valore medio delle 100 valutazioni era precisamente il peso del vitello) Esempio (2): prediction markets – un istituto di ricerca universitario permise ai cittadini di scommettere sul vincitore alle elezioni. Nelle scommesse, le quote variano sulla base dell’orientamento della giocata (sia sulla base di chi viene scelto, sia su quanto si punta) Il risultato del prediction market fu più affidabile di quello dei sondaggi nel misurare la distanza tra i vincitori
  • 12. Ted – Video #1 Clay Shirky: come il surplus cognitivo cambierà il mondo
  • 13. TED, un’eccellenza del web-marketing Ted è una conferenza multidisciplinare la cui missione è riassunta nella formula "ideas worth spreading" (idee degne di essere diffuse) e, in effetti, le migliori conferenze sono state pubblicate gratuitamente sul sito web del TED. Le lezioni abbracciano una vasta gamma di argomenti che include scienza, arte, politica, temi globali, architettura, musica e altri saperi
  • 14. Video #1 – Surplus Cognitivo http://www.ted.com/talks/lang/ita/clay_shirky_how_cognitive_surplus_will_cha Clay Shirky indaga sul "surplus cognitivo", il lavoro condiviso online che eseguiamo con i nostri cicli mentali liberi. Mentre siamo occupati nel redarre Wikipedia, postare su Ushahidi (e sì, anche creando i lolcats), stiamo costruendo un mondo migliore e più cooperativo.
  • 15. Il terreno di gioco L’inizio dell’era biomediatica (indagine Censis, ottobre 2012)
  • 16. 1. La dieta mediatica degli italiani Evoluzione del consumo mediatico in Italia (2007-2012)
  • 17. 1. La dieta mediatica degli italiani 1. Televisione e radio non arretrano, anzi 2. Cala l’accesso agli strumenti informativi, sia cartacei (molto) che elettronici (poco) = l’informazione sempre più di frequente passa per i social media 3. Avvento definitivo della connessione in mobilità anche in Italia 4. Quasi due italiani su tre sono utenti attivi di Internet
  • 18. 2. Tv ubiqua, connessione ubiqua Fruizione della tv e accesso alla Rete da dispositivi mobili
  • 19. 2. Tv ubiqua, connessione ubiqua 1. Youtube è il primo canale di fruizione video nella fascia 14-29 anni 2. Un italiano su tre si connette in mobilità 3. La connessione in mobilità non è più un’esclusiva dei più giovani 4. L’accesso a Internet si allarga non tanto per il miglioramento delle condizioni infrastrutturali, quanto per la diffusione dei dispositivi mobili
  • 20. 3. Un italiano su due è su Facebook Gli usi della Rete
  • 21. 3. Un italiano su due è su Facebook 1. Tendenziale sovrapposizione tra Internet e Facebook 2. Due utenti di Internet su tre sono su FB (+17% in dodici mesi) 3. Facebook in Italia nel 2008: 600mila iscritti. Cinque anni dopo: 21 milioni 4. Youtube in Italia: 61.8% degli utenti attivi (Twitter, circa 2.5 milioni di iscritti)
  • 22. 4. Diete audiovisive e miste Cultural divide e digital divide
  • 23. 4. Diete audiovisive e miste 1. Un italiano su quattro ha accesso esclusivo ai mezzi tradizionali 2. Un italiano su cinque, invece, ha abbandonato la comunicazione su stampa 3. Quasi un italiano due è “estraneo” a Internet come mezzo di informazione 4. Un italiano su tre si informa (anche) su Internet
  • 24. 5. Rete e comportamenti d’acquisto Nuovi fattori di influenza
  • 25. 5. Rete e comportamenti d’acquisto 1. Due italiani su tre consultano Internet per valutare l’acquisto di un prodotto 2. Quasi un italiano su tre può convincersi leggendo un commento di un altro utente su forum o social media 3. Per un italiano su quattro Internet è il luogo dove si cercano offerte 4. Un italiano su dieci chiede espressamente aiuto nelle valutazioni attraverso i social media
  • 26. 6. La TV è sempre la TV, ma… Fonti di messaggi pubblicitari
  • 27. 6. La TV è sempre la TV, ma… 1. Internet è il secondo mezzo più “influenzante” in termini pubblicitari, più dei giornali e della radio (giornali + riviste > Internet) 2. La televisione è sempre al primo posto, ma non esiste un dominio assoluto di un mezzo sugli altri 3. Tendenze stabili fino a 45 anni, poi Internet cede il passo ai mezzi tradizionali 4. Internet è più efficace tra i più istruiti
  • 28. Video #2 Ivan Krastev Può esistere democrazia senza fiducia?
  • 29. #2 – Democrazia senza fiducia http://www.ted.com/talks/lang/it/ivan_krastev_can_democracy_exist_wit Cinque grandi rivoluzioni hanno modellato la cultura politica degli ultimi 50 anni, spiega il teorico Ivan Krastev, che mostra come ogni passo in avanti - dalla rivoluzione culturale degli anni '60 alle recenti scoperte nel settore delle neuroscienze - abbia anche contribuito a erodere la fiducia negli strumenti della democrazia. Come lui stesso dice, "Quello che è andato bene è anche quello che è andato storto". La democrazia può sopravvivere?
  • 30. Dove sono i voti degli italiani? Democrazia senza fiducia, comunicazione extramediale, il ruolo di Internet: le nuove dinamiche di socializzazione elettorale Democrazia senza fiducia, comunicazione extramediale, il ruolo di Internet: le nuove dinamiche di socializzazione elettorale
  • 31. Sommario A. Analisi dei dati della ricerca Censis “Il primato dell’opinione nella comunicazione orizzontale” (18 giugno 2013) - Calo della fiducia nei media, in Italia e in Europa - Nuovi agenti di socializzazione elettorale - Internet e democrazia: un’alleanza non automatica B. Come cambia l’organizzazione e la comunicazione politica: cinque idee per “aggiornare” i partiti
  • 32. Premessa (1): i media sono io Le nuove modalità di comunicazione si sono definite con l’affermazione su vasta scala in seno alla società di due paradigmi fondamentali: - da una parte, la moltiplicazione e l’integrazione dei mezzi di informazione e comunicazione di cui disponiamo; - dall’altra, una finora inedita centralità dell’utente, che oggi è tendenzialmente in grado di comporre attivamente i propri palinsesti fatti su misura, in base ai propri gusti e desideri, e di realizzare e diffondere con grande facilità, grazie alle tecnologie digitali, contenuti autoprodotti. (Censis, giugno 2013)
  • 33. Premessa (2): non mi fido più Solo tre istituzioni, in Italia, superano il 50% di fiducia. Il problema di fiducia riguarda la politica, ma non è l’unica “malata” (dati Demos-Repubblica, 31 dicembre 2012)
  • 34. Scenario Le nuove campagne elettorali si giocheranno su un terreno caratterizzato dalle seguenti tendenze: - Sfiducia generalizzata nei “mittenti” (politici e non politici) - Fiducia crescente nei “vicini” (reti prossimali di relazioni) - Controllo crescente dell’attendibilità dei messaggi dei mittenti da parte dei destinatari: fine delle promesse, fine della stagione degli annunci, fine della retorica - Aumento della mediatizzazione della politica, anche se i media sembrano sempre più deboli - Autocomunicazione di massa come nuovo, cruciale, obiettivo delle campagne elettorali: tutti devono poter parlare con la stessa voce e gli stessi contenuti, ma ogni sostenitore deve poter scegliere quando e come farlo
  • 35. 1. Democrazia senza fiducia Meno tv generalista, meno giornali, meno fiducia nelle istituzioni: le conseguenze
  • 36. 1a Fiducia nei media (2011-2012) -11%: fiducia nella televisione in Italia vs media europea (in Italia la televisione è vista dal 98.3% della popolazione)
  • 37. 1a Fiducia nei media (2011-2012) Fiducia nell’informazione radiofonica in Svezia: 80% (Italia: 39%) Fiducia nell’informazione televisiva in Austria: 70% (Italia: 37%) Fiducia nella stampa in Olanda: 57% (Italia: 35%) Internet è l’unico canale in cui in Italia c’è più fiducia rispetto alla media europea, ma è un dato comunque piuttosto basso (38%) Conseguenze: dispersione della fiducia, atteggiamento dubbioso dei destinatari dell’informazione, riduzione della capacità di influenza del mittente sui destinatari
  • 38. 1b Fuga dai giornali (2000-2012) -34.3%: calo delle vendite dei quotidiani negli ultimi dodici anni (due milioni di copie)
  • 39. 1b Fuga dai giornali (2000-2012) Cause/conseguenze A. Press divide: “cresce il numero di quelli che non hanno mai fatto uso dei media a stampa o non lo fanno più: non solo perché non si accostano alla lettura, ma anche, e specialmente, perché usano Internet per informarsi e per accedere a tutti gli strumenti che per comunicare si avvalgono della scrittura” (Censis) B. Perdita del peso sociale dei quotidiani, da prima a ultima porta di accesso alle notizie: “le grandi aziende editoriali rischiano di andare incontro a un ridimensionamento di ruolo e di capacità d’influenza in ragione dei processi di frammentazione innescati dalla moltiplicazione dei media e dai percorsi individuali di acquisizione delle informazioni da parte del pubblico” (Censis)
  • 40. 1c Meno tv generalista (2000-2012) -17.1%: calo dello share di Rai e Mediaset dal 2000 a oggi (la somma degli ascolti resta comunque alta: 73.6%)
  • 41. 1c Meno tv generalista (2000-2012) Cause/conseguenze A. Rai: -7.5%; Mediaset -9.6% negli ultimi 12 anni -> coda lunga della televisione B. Stesso trend per i telegiornali: lo share medio del Tg1 è sceso dal 26,9% del 2010 al 22,6% del 2012, quello del Tg5 dal 22,4% al 19,2% C. 1992-2011: incremento medio dei consumi del 20,3%, la spesa per computer e accessori è aumentata del 329,5%, mentre la spesa per libri e giornali ha segnato un -20,3% -> coda lunga dell’informazione, preferenza per mezzi “individuali” di produzione e ricezione di contenuti giornalistici
  • 42. 1d Facebook, Twitter, popolo, elite -35.9%: italiani che usano Twitter rispetto a quelli che usano Facebook (-68.1% tra gli under 30)
  • 43. 1d Facebook, Twitter, popolo, elite Cause/conseguenze A. Youtube popolare quanto Facebook tra gli under 30 -> “dominio del video” tra le fasce più giovani (42.4% degli italiani guarda programmi TV via Youtube, 56.6% tra gli under30) B.La prevalenza di Facebook su Twitter è trasversale: tra i più giovani, tra i più istruiti, tra gli utenti attivi di Internet. Youtube, invece, tiene testa a Facebook in tutte le categorie -> Facebook è più utile a parlare con il grande pubblico online, Twitter è più utile a influenzare il dibattito sui media tradizionali C. 80% degli under30 è iscritto a Facebook e usa Youtube (solo 11.6 è iscritto a Twitter) -> elettori 18-30 vanno raggiunti quasi esclusivamente sui social media
  • 44. 1e Manipolazione vs indipendenza 7 su 10: gli italiani che pensano che “gli apparati dell’informazione tradizionale tendono a manipolare le notizie”
  • 45. 1e Manipolazione vs. indipendenza Cause/conseguenze A.Gli italiani pensano di potersi informare senza alcun aiuto esterno: 85% -> facile informare, altrettanto facile disinformare B.Pur considerandolo “manipolatorio” (70%), gli italiani non considerando il sistema dei media attuale “superato” (è così solo per il 36% della popolazione) -> la crisi di fiducia è nei confronti dei giornalisti italiani, non del giornalismo in genere C.La partecipazione degli utenti garantisce l’indipendenza delle notizie per il 44% degli italiani -> fiducia in Internet come tecnologia, non nel giornalismo su Internet
  • 46. Sintesi e tendenze (1) Giornali mai così deboli, mai così forti Anche se i giornali sono sempre meno letti, le loro storie sono la benzina necessaria per il dibattito, sui vecchi e sui nuovi media. Il dibattito può nascere da opinioni e non solo da fatti. Questo disperde la discussione pubblica in mille rivoli e la dispersione, paradossalmente, rimette al centro la capacità di sintesi dei grandi gruppi editoriali, specie se sono tra loro “alleati”. “La TV cerca nei giornali una legittimazione e i giornali si infilano nei palinsesti televisivi. In base a questa salda alleanza dell’informazione mainstream, se serve un commento autorevole, si invita il giornalista della carta stampata e il direttore di un quotidiano fa la sua comparsa nei talk show politici.” (Censis)
  • 47. Sintesi e tendenze (2) Twitter fa (e farà) notizia anche con meno pubblico Se i giornali (e i giornalisti) hanno ancora un controllo molto forte sull’agenda del dibattito pubblico, soprattutto nazionale, è l’interazione tra organizzazione e media a favorire la notiziabilità di un’azione di comunicazione. Se giornali e giornalisti usano Twitter (più che Facebook) come strumento di reperimento e produzione di contenuti, è lì che in questa fase si gioca la partita della mediazione giornalistica. La partita della disintermediazione (contatto diretto mittenti-destinatari), invece, si gioca su Facebook (24 milioni di utenti in Italia). Facebook è il luogo della conversazione, Twitter della relazione.
  • 48. 2. Nuovi agenti di socializzazione politica Le campagne elettorali del futuro prossimo: extramediali (ma ipermediali)
  • 49. 2a Non mi fido dei media, mi fido di te +24.9%: italiani che acquisiscono informazioni da parenti e amici prima di votare (2009-2013)
  • 50. 2a Non mi fido dei media, mi fido di te Cause/conseguenze A.I talk show politici (+6.6%) si avvicinano molto ai telegiornali (-14%) per capacità di influenza -> ogni apparizione televisiva può far perdere o guadagnare voti. L’impreparazione è nociva B.Totale perdita di centralità della comunicazione istituzionale dei partiti come capacità di influenza (materiali di propaganda: 9%; siti Internet dei partiti 5.9%; eventi “fisici” 4%) -> non sprecare soldi in questo genere di attività C.I social media non “spostano voti” (blog + Facebook + forum di discussione: 8.7%) -> Internet non è il luogo della propaganda, ma il luogo dell’organizzazione politica e dell’offerta di contenuti
  • 51. 2b Non mi fido dei media, mi fido di te Agenti di socializzazione elettorale nelle ultime elezioni politiche (2013) (dato disaggregato per coalizione)
  • 52. 2b Non mi fido dei media, mi fido di te Cause/conseguenze A.Le differenze tra coalizioni ci sono, ma non sono così rilevanti. I telegiornali sono “primi” per tutti (tranne elettori M5S), il passaparola è “secondo” per tutti (primo per M5S) -> le differenze tra centrosinistra e centrodestra nel mix mediale degli agenti di socializzazione sono state sopravvalutate B.Uniche differenze significative (e prevedibili): più peso della tv per il centrodestra, più peso degli eventi “fisici” per il centrosinistra -> al centrosinistra serve la buona televisione per vincere C.I social media hanno pesato come strumento di propaganda diretta solo per il M5S -> dato stabile o volatile?
  • 53. Sintesi e tendenze Internet non sposta un voto, ma fa molto di più Se il paradigma fondamentale della comunicazione che si è affermato nella società con la rivoluzione digitale è la moltiplicazione dei media e la personalizzazione del loro impiego, Internet è diventata la nuova spina dorsale dell’intero sistema della comunicazione. La caratteristica che meglio contraddistingue l’evoluzione dell’habitat mediatico nell’era digitale è la progressiva integrazione dei diversi strumenti di comunicazione: grazie alla diffusione di device sempre più piccoli e mobili e al successo dei social network, questa integrazione è ormai compiuta. (Censis) Produzione (digitale) del contenuto -> distribuzione sui nuovi media -> diffusione sui mezzi tradizionali -> interpretazione e dibattito sui nuovi media -> comunicazione extramediale
  • 54. 3. Internet e democrazia: un’alleanza non automatica Più connessi, più scettici, più attivi, (più astenuti)
  • 55. 3a Always on, everywhere on 50.9%: percentuale di ricavi delle compagnie telefoniche (rapporto spese per telefonate/spese per navigazione – nel 2005 era 25.1%)
  • 56. 3a Always on, everywhere on Cause/conseguenze A.Comunicazione politica generativa -> si è (quasi) tutti in campagna elettorale su Internet sempre, comunque, dovunque, da qualsiasi dispositivo, che ci piaccia o meno B.Era biomediatica -> ogni utente, produttore e consumatore di contenuti allo stesso tempo, può produrre contenuti capaci di “spostare voti”, senza la minima mediazione delle organizzazioni politiche tradizionali C.I partiti devono comunicare 24 ore su 24, sette giorni su sette (esattamente come i loro elettori fanno già da anni, senza chiedere il permesso a nessuno)
  • 57. 3b Internet “peggiora” la politica? 35.3%: percentuale di italiani che ritiene che le nuove tecnologie digitali abbiano “peggiorato l’organizzazione dei movimenti politici” (solo il 15% pensa che sia migliorato)
  • 58. 3b Internet “peggiora” la politica? Cause/conseguenze A.Il settore maggiormente favorito dalle tecnologie digitali è l’informazione, secondo gli italiani -> giornalismo senza fiducia + Internet = percezione di emancipazione “collettiva” dai gruppi editoriali B.Il 28.8% degli italiani ritiene che la formazione delle opinioni politiche sia peggiorata con Internet -> era biomediatica o solipsismo? Autocomunicazione di massa o populismo? C.Il 53% degli elettori di centrosinistra parteciperebbe a referendum consultivi online (35.6% centrodestra, 69% MoVimento5Stelle) -> una quota non trascurabile di italiani chiede di ricostruire il rapporto tra tecnologie e volontà politica
  • 59. Sintesi e tendenze (1) Internet aiuta la democrazia solo se la democrazia vuole farsi aiutare da Internet Il rapporto ambivalente tra gli italiani e Internet (fiducia più alta della media europea vs. scarso ruolo dei social media nelle azioni di propaganda dirette; percezione di indipendenza vs. percezione di peggioramento della vita politica) è tale perché mediato da una terza variabile: la sfiducia nella politica. Gli italiani vogliono partecipare, non trovano i luoghi giusti per farlo, hanno ascoltato per anni promesse vuote sulla partecipazione, ora rispondono con frustrazione. Conoscono la maturità degli strumenti, li usano giornalmente, ora si aspettano lo stesso da partiti e politici.
  • 60. Sintesi e tendenze (2) Non esiste alcuna correlazione tra accesso a Internet e aumento della partecipazione diretta al voto Affluenza politiche 2008-politiche 2013: -6% Accesso a Internet in Italia 2008-2013: +16% Più informazione = più disillusione = più astensione? È una tendenza solo italiana o universale? Le risposte a queste domande richiedono analisi continue e dettagliate, ma il solo fatto che ci si debba porre questi due interrogativi ci dice che Internet può favorire l’accesso a processi democratici, ma questo accesso non è affatto automatico. Serve delega politica e serve dare “un senso” misurabile alla partecipazione (io-militante dedico tempo alla partecipazione, la mia partecipazione contribuisce a cambiare le cose)
  • 61. Conclusioni Cinque idee operative per “aggiornare i partiti”
  • 62. 1 Da opinion maker a problem solver Il sistema dei media è aumentato per complessità e velocità. L’agenda può essere dettata da più attori. I media tradizionali, pur essendo più deboli, hanno comunque la possibilità di orientare il dibattito sui social e di “interpretarlo” secondo proprie logiche editoriali. Per queste ragioni è quasi impossibile che un partito “detti l’agenda” attraverso sue iniziative (che, come abbiamo visto, non incidono neanche sulle intenzioni di voto). Più che provare a farsi sentire con proprie idee slegate dal contesto, i partiti dovrebbero sapere cosa dire, in qualsiasi momento, a commento e supporto di un fatto di attualità. Esempio: episodio di cronaca -> partito fa proposta di legge/iniziativa online sul tema entro 12 ore dal picco di attivazione. Partito = “servizio assistenza elettori”
  • 63. 1 Da opinion maker a problem solver Dalla democrazia del consenso… (cioè) “riconoscimento di una pluralità e complessità di orientamenti e istanze sociali; sull’azione di soggetti di rappresentanza intermedi (i partiti di massa, il grande sindacato, l’associazionismo imprenditoriale) capaci di ampia rappresentatività e identificazione di interessi collettivi; su processi di costruzione del consenso attraverso il confronto nelle sedi istituzionali appropriate e la composizione delle diverse tensioni in gioco” (Censis)
  • 64. 1 Da opinion maker a problem solver …alla democrazia dell’opinione …fondata, al contrario, sulla logica della semplificazione, che accentua l’importanza dei singoli eventi piuttosto che le strutture durevoli e i processi storico-sociali in cui si determinano; sulla immediatezza dei messaggi e la non mediazione dei contenuti (dall’uso spregiudicato dei sondaggi ai confronti televisivi dei leader di schieramento); sul legame a doppio filo con il sistema dei media, chiamati a essere i principali interpreti dell’opinione degli italiani e, al tempo stesso, i principali strumenti di formazione delle opinioni (Censis)
  • 65. 2 Tutti i contenuti pronti, sempre La velocità di risposta politica ai picchi di attivazione mediatica dipende dalla capacità di elaborazione politica pregressa. Se un partito non sa “cosa dire” su un tema diventato (improvvisamente) di attualità, sarà semplicemente oscurato dagli altri partiti e dagli altri attori mediatici. Non sarà percepito, e dunque, non sarà considerato utile. Passaggio dalla logica delle “campagne” (tematiche, stagionali) alla logica Wiki: i documenti politico- programmatici devono essere sempre aggiornabili, da parte dei dirigenti e degli iscritti, anche contemporaneamente anche online, per garantire qualità e flessibilità. Se manca una delle due componenti, manca la capacità dell’iniziativa politica ai tempi della comunicazione orizzontale e diffusa.
  • 66. 3 Partito instant: la “regola dello 0.1%” Non si vive di sola tattica (per fortuna!), ma i voti si “spostano” ogni giorno e su diversi canali di comunicazione. Per questo le organizzazioni politiche devono dotarsi di strutture creative rapide, capaci di realizzare campagne di comunicazione “instant”, buone per inserirsi nel dibattito frenetico dei nuovi media per 24-36 ore, attraverso micro-campagne tematiche, azioni di satira o adottando maggiore aggressività nei confronti degli avversari rispetto al solito, allo scopo di capitalizzare i difetti di comunicazione degli altri o per sottolineare caratteristiche identitarie. Per provare a guadagnare (o a non perdere) lo 0.1% dei voti, tutti i giorni. Nota bene: tattica senza strategia = comunicazione senza contenuto = fuffa.
  • 67. 4 Partecipazione = democrazia interna Qualsiasi iniziativa che chieda ai cittadini di “partecipare” e che non porti alcun risultato concreto in termini politici equivale a una promessa non mantenuta. Anche se organizzata con i migliori auspici, la partecipazione frustrata genera disillusione, sfiducia, disinteresse, esattamente come una qualsiasi, cattiva, gestione politica. I processi di partecipazione possono funzionare solo se sono “obbligatori”, cioè se c’è una connessione certa tra attivazione e comportamenti. LiquidFeedback non funzionerà se il dibattito gira a vuoto, così come progetti come TuParlamento possono diventare boomerang se i politici che promettono “democrazia” non possono poi garantirla a causa di vizi di democrazia interna nei loro partiti.
  • 68. 5 Comunicare meno Interviste, dichiarazioni, promesse, aspettative: l’iperpresenza comunicativa della politica non ha portato consenso, ma sfiducia. Gli attuali livelli di sfiducia impongono uno stile di gestione pubblica completamente differente rispetto al recente passato: - i politici dovrebbero parlare solo quando hanno qualcosa di nuovo da dire; - i politici dovrebbero parlare con i media solo quando devono annunciare grandi novità strategiche o informare su risultati acquisiti (no promesse, no polemiche); - i politici non dovrebbero fare annunci, perché oggi è troppo facile chiedere loro conto di eventuali fallimenti - ogni azione di comunicazione deve avere il fine principale di illustrare la ricaduta immediata di ciò che si propone sulla vita quotidiana dei cittadini.
  • 69. Video #3 John Maeda Il contributo di arte tecnologia e design alla leadership creativa
  • 70. Video #3 – John Maeda http://www.ted.com/talks/lang/it/john_maeda_how_art_technology_and_ John Maeda, Presidente della Rhode Island School of Design, parla in modo divertente e affascinante della propria esperienza lavorativa nel campo dell'arte, del design e della tecnologia, e conclude con un'immagine della leadership creativa del futuro. Vedrete i primi lavori dimostrativi di Maeda -- e perfino un computer fatto di persone.
  • 71. Campagne elettorali Dieci cose che ho imparato (fino ad ora)
  • 72. Prima delle dieci cose La premessa: non prendiamoci troppo sul serio
  • 73. Non prendiamoci sul serio “La maggior parte delle elezioni è già decisa prima ancora che la campagna abbia inizio” (Legge di Farley)
  • 74. Non prendiamoci sul serio Conseguenze A. Un tecnico della comunicazione che dice a una candidato di essere in grado di ribaltare l’esito di un elezione solo con la forza del suo lavoro (di spin doctoring, di creatività, di grafica, sui social media) sta dicendo una cosa non vera B. Non esiste un tecnico della comunicazione che può salvare il candidato da una sconfitta certa, non esistono agenzie della provvidenza né miracoli
  • 75. #1 La variabile più importante è l’avversario
  • 76. #1 L’avversario Il posizionamento, i punti di forza e di debolezza del candidato, i vantaggi competitivi, i temi distintivi e le parole d’ordine non sono costrutti che valgono in assoluto ma cambiano sulla base dello scenario Per questo motivo è sbagliato impostare una campagna elettorale prima ancora di conoscere le caratteristiche degli sfidanti È giusto posizionare il candidato, non è un errore partire in anticipo (se si hanno idee), ma è sbagliato basare la campagna solo su se stessi
  • 77. #1 L’avversario Alcuni esempi A.Una campagna a due (centrosinistra vs centrodestra) è molto diversa da una campagna a tre (centrosinistra vs centrodestra vs Terzo Polo), specie se i candidati sono stati precedentemente alleati tra loro B.Alle elezioni regionali (turno secco), il ruolo del Movimento5Stelle è potenzialmente più decisivo C.Una campagna tra sindaco uscente e avversario è molto diversa da una campagna tra due candidati ‘nuovi’
  • 78. #2 Molto spesso le campagne si vincono per errori degli avversari, non per meriti propri (Mario Rodriguez)
  • 79. #2 Gli errori Non tutte le campagne elettorali possono essere intense e spumeggianti, non tutti i candidati sono abili comunicatori, non tutti i comunicatori sono abili. E soprattutto, quando i candidati si equivalgono (specie in contesti locali) è più difficile scegliere e cogliere le differenze Proprio per questa ragione è più importante evitare scelte strategiche sbagliate, lavorando al massimo per evidenziare l’errore dell’avversario, piuttosto che cercare il colpo a effetto o la mossa strategica definitiva
  • 80. #2 Gli errori Alcuni esempi A.Giuliano Pisapia vs Letizia Moratti a Milano (Amministrative 2011): il confronto TV e la moschea di Sucate B.Barack Obama vs John McCain (Presidenziali USA 2008): la scelta di Sarah Palin C.2009: il centrodestra a Bari rallenta l’apertura del Teatro Petruzzelli, Michele Emiliano ne fa una bandiera di campagna elettorale e anche grazie a questo recupera dieci punti percentuali in nove mesi, vincendo le elezioni
  • 81. #3 Senza un’analisi (con dati) iniziale e un campaign manager non si dovrebbe neanche iniziare
  • 82. #3 I dati Nessuna campagna elettorale si svolge “in teoria” o “nel vuoto”. Ogni città ha il suo contesto, ogni quartiere ha i suoi problemi, ogni regione ha la sua storia Un’analisi quantitativa (esempio: sondaggi) e qualitativa (esempio: focus group) è il punto di partenza per capire chi siamo (come siamo percepiti), di cosa c’è bisogno (issues rilevanti) e dove vogliamo andare (parole d’ordine, obiettivi della comunicazione) Senza dati si procede per approssimazione, per ‘istinto’: il contrario di un lavoro scientifico
  • 83. #3 Il campaign manager Il coordinatore della campagna elettorale è la figura più importante dell’intero staff (secondo, e non sempre, solo al candidato) Ha il compito di gestire le relazioni con tutti i nodi della macchina organizzativa: - Il candidato e la sua cabina di regia politica - L’ufficio stampa e lo staff sui social media - I partiti e i candidati della coalizione - I fornitori - I comunicatori - I volontari - L’ufficio amministrativo/burocratico
  • 84. #3 Il campaign manager Il campaign manager è un ruolo forte, che richiede caratteristiche eterogenee e molto precise: A. Fiducia totale da parte del candidato (deve poter parlare in suo nome) B. Capacità di visione strategica e organizzativa C. Capacità di analisi politica D. Resistenza in condizioni di stress E. Capacità diplomatiche F. Competenze comunicative (almeno minime) Se è l’agenzia di comunicazione a coordinare la campagna elettorale, è un brutto segno
  • 85. #4 La campagna elettorale che stai facendo è sempre la più importante di tutte
  • 86. #4 La campagna più importante Non importa se il candidato è in corsa per la Presidenza del Consiglio o per la candidatura a consigliere comunale. Per lui la campagna elettorale è decisiva allo stesso modo: decisiva per la sua carriera, il suo futuro, la sua vita Per questa ragione, le aspettative del candidato verso i comunicatori (in termini di ore di lavoro, impegno e coinvolgimento emotivo) sono massime, a prescindere dal contesto di campagna elettorale. Ed è giusto così È opportuno che i tecnici della comunicazione siano consapevoli di questo, quando scelgono quante e quali (e con quale budget) campagne prendere in considerazione
  • 87. #5 È quasi impossibile essere spin doctor per più di una campagna per volta
  • 88. #5 Spindoctoring I compiti di spindoctoring, ossia di consulenza strategico-politica a tutti i livelli, è un lavoro totalizzante, sia nei tempi che nel carico emotivo/cognitivo da sopportare Così come un candidato si impegna con il massimo delle energie sulla campagna, allo stesso modo deve fare lo spin doctor per essere all’altezza del ruolo, a prescindere dalla difficoltà della campagna e dall’aggressività degli avversari Per queste ragioni è molto difficile, se non addirittura sconsigliato, avere responsabilità strategiche per più di un candidato per volta (anche questa variabile è decisiva nella scelta delle campagne elettorali da accettare)
  • 89. #6 Non sempre vince chi ha più denaro (ma non si può fare neanche una campagna a costo zero)
  • 90. #6 I soldi I soldi non fanno la felicità e, di conseguenza, non stabiliscono a priori neanche i vincitori e gli sconfitti di una campagna elettorale Non basta essere ricchi, bisogna anche saper scegliere gli strumenti giusti per comunicare e, soprattutto, non bisogna dimenticarsi che ‘content is king’, la politica viene sempre prima della comunicazione, la credibilità di un candidato non si può costruire artificialmente e in pochi mesi solo attraverso la comunicazione, anche se fosse la migliore campagna possibile
  • 91. #6 I soldi Attenzione, però, all’eccesso contrario: fare una campagna a costo zero è quasi impossibile. Serve una struttura economica minima che permetta di coprire le spese necessarie: - costi di gestione del comitato elettorale; - acquisto di spazi pubblicitari sui mezzi di comunicazione di massa e sul web; - organizzazione della mobilitazione (esempio: gazebo) - organizzazione di eventi La capacità di raccolta fondi, specie se indipendente e trasparente, può essere decisiva per vincere le elezioni
  • 92. #6 I soldi Alcuni esempi (costi complessivi dichiarati) •Giuliano Pisapia (1.7 milioni) vs Letizia Moratti (10 milioni) a Milano (Amministrative 2011) •Nichi Vendola (800mila) vs Rocco Palese (5 milioni) in Puglia (Regionali 2010) •Federico Pizzarotti (6mila) vs Vincenzo Bernazzoli (200mila) a Parma (Amministrative 2012)
  • 93. #7 In campagna elettorale non esistono orari, non esistono i weekend, non esistono i giorni festivi, non esistono nemmeno le mansioni codificate
  • 94. #7 Addio tempo libero Se siete abituati al rispetto dell’orario d’ufficio, ai weekend liberi, al telefono aziendale spento di sera, ai pranzi con la famiglia nei giorni festivi, a compiti definiti e ben distribuiti, la campagna elettorale non è il lavoro che fa per voi Il candidato può avere bisogno del vostro aiuto (o, semplicemente, una buona idea da condividere) sette giorni su sette, ventiquattro ore su ventiquattro I telegiornali vanno in onda tutti i giorni, un fatto di attualità può accadere in qualsiasi momento
  • 95. #7 Addio mansioni codificate Le campagne elettorali sono sofisticati dispositivi organizzativi in emergenza permanente. C’è sempre qualcosa da fare, c’è sempre qualcuno occupato e c’è sempre urgenza Per questa ragione, al di là dei compiti che ognuno ha (e si dà), bisogna essere pronti a fare di tutto: lo spin doctor scrive il comunicato, il campaign manager monta un palco, un volontario accompagna il candidato a un evento, un candidato consigliere organizza l’evento finale per il candidato sindaco, e così via
  • 96. #8 È sempre meglio lavorare insieme a un’altra agenzia di comunicazione del luogo in cui ci sono le elezioni
  • 97. #8 I professionisti del posto Non sempre i tecnici della comunicazione possono lavorare sulle campagne elettorali nella città dove vivono, e non sempre chi lavora sulle campagne elettorali lavora solo con la politica Questa è la prima ragione per non caricarsi tutto il lavoro creativo e giocare di squadra con altri professionisti, magari di agenzie più piccole o freelance, che però vivono e lavorano nel territorio, che possono impegnarsi sulle declinazioni degli strumenti sui vari mezzi di comunicazione, oltre a raddoppiare il contributo di idee e creatività
  • 98. #8 I professionisti del posto La seconda ragione, forse ancora più importante della prima, riguarda la capacità di chi vive nei territori di sentire il ‘polso’ di ciò che sta accadendo, molto di più e molto meglio di quanto possa fare un professionista esterno Un’idea apparentemente buona può essere profondamente sbagliata se non si conosce con precisione la biografia dei candidati, il tessuto sociale di riferimento, la storia recente del territorio, le conseguenze di ciò che si dice e di ciò che si fa
  • 99. #9 Se non ci sono militanti, volontari e sostenitori offline, non li troveremo di certo online
  • 100. #9 I militanti Esiste un luogo comune, nato soprattutto in questi anni, che va subito depotenziato: la Rete non è ‘il luogo dei volontari’ (né il luogo del ‘gratis’, né il luogo del ‘facile’. Spesso è vero il contrario) Se non ci sono militanti e volontari ad animare il comitato elettorale di un candidato, il problema è organizzativo o di appeal del candidato stesso. Questi problemi prescindono dagli strumenti utilizzati per comunicare e, dunque, non si risolvono cercando altrove la mobilitazione o provando a crearla artificialmente (con il denaro o con l’uso di Internet)
  • 101. #10 Quando il candidato si convince del contrario di ciò che pensi sia giusto (e questo non è così grave), non perdere tempo: ‘attacca il ciuccio dove vuole il padrone’
  • 102. #10 Attacca il ciuccio Una delle regole non scritte delle campagne elettorali è: ci sarà almeno un caso in cui un’idea, già approvata dallo staff o dal candidato, viene poi riconsiderata e bocciata Le ragioni per cui ciò accade sono numerose e talvolta imponderabili. Per questo, quando questo improvviso cambio di direzione accade (e non è affatto raro) e quando ciò non comporta un danno irrecuperabile, è inutile impegnarsi in estenuanti e spesso inutili trattative: meglio fare un passo indietro e guardare subito avanti
  • 103. Dopo le dieci cose La conclusione: non prendiamoci troppo sul serio
  • 104. Non prendiamoci sul serio Corollari (o forse qualcosa di più) 1.Il candidato (o il partito) è sempre più importante dei comunicatori 2.La politica è sempre più importante della comunicazione 3.Il contenuto è sempre più importante delle tecniche di presentazione dello stesso 4.Il comunicatore politico deve essere esperto sia di comunicazione che di politica, altrimenti non si chiamerebbe comunicatore politico 5.Quando non sai che fare, rivolgiti prima di tutto ai politici ‘storici’ del territorio: la loro esperienza è preziosissima 6.Prima di iniziare una campagna elettorale, chiedi consigli agli amici e ai conoscenti che vivono nel luogo in cui si va a votare
  • 105. Scrivere (per) la politica Creatività, emozione, dati: dieci idee per costruire un discorso politico efficace (i risultati di un’esercitazione) Creatività, emozione, dati: dieci idee per costruire un discorso politico efficace (i risultati di un’esercitazione)
  • 106. Sommario 1. La comunicazione politica dal dopoguerra ai giorni nostri: dieci stimoli, dieci brainstorming 2. Dalla teoria alla pratica e viceversa: la costruzione collettiva di un decalogo di buone pratiche per la scrittura creativa per la politica (esercitazione) L’esercitazione ha avuto luogo a Putignano (Bari), il 17 luglio 2013, all’interno di un laboratorio del progetto Scrivoanchio. Hanno partecipato 20 ragazzi tra i 14 e i 18 anni, finalisti di un concorso nazionale di scrittura, i quali hanno liberamente commentato le campagne da noi proposte (efficacia, impatto, attualità, scelte grafiche, testi, musiche…). Il brainstorming ha offerto gli spunti per la definizione del decalogo della buona scrittura per la politica
  • 107. Esercitazione: il modello Fase1: brainstorming e dibattito sui dieci stimoli, presentati singolarmente Fase2: stesura e condivisione delle buone pratiche tra i partecipanti Fase3: divisione in quattro gruppi, ognuno dei quali aveva il compito di scrivere un appello al voto di un candidato presidente del Consiglio di max 3 minuti. Il testo poteva tener conto del decalogo appena realizzato e doveva essere interpretato da un candidato scelto dal gruppo davanti a una telecamera. Durata complessiva dell’esercitazione: circa due ore Il modello di esercitazione (brainstorming più definizione condivisa di buone pratiche più eventuale simulazione finale) può essere riprodotto liberamente in altri contesti.
  • 108. Il brainstorming 50 anni di comunicazione politica in dieci messaggi
  • 109. 1. Democrazia Cristiana, 1963 “Mai più dittature” (campagna DC per la giornata della Liberazione Tema: la comunicazione identitaria)
  • 110. 2. Partito Comunista Italiano, 1976 “Noi abbiamo le mani pulite, chi può dire altrettanto?” (campagna PCI per le elezioni politiche anticipate Tema: la comunicazione elettorale)
  • 111. 3. Kennedy a Berlino, 1963 (tema: l’emozione in politica) Duemila anni fa -- Duemila anni fa, il più grande orgoglio era dire "civis Romanus sum.” Oggi, nel mondo libero, il più grande orgoglio è dire "Ich bin ein Berliner.” […] La libertà ha molte difficoltà e la democrazia non è perfetta. Ma non abbiamo mai costruito un muro per tenere dentro i nostri -- per impedir loro di lasciarci. Voglio dire a nome dei miei compatrioti che vivono a molte miglia da qua dall'altra parte dell'Atlantico, che sono distanti da voi, che sono orgogliosi di poter dividere con voi la storia degli ultimi 18 anni. Non conosco nessun paese, nessuna città, che è stata assediata per 18 anni e ancora vive con vitalità e forza, e speranza e determinazione come la città di Berlino Ovest.
  • 112. 4. Forza Italia, 1994 “E Forza Italia, per fare per crescere” (video e inno fondativo del partito Tema: il video e la musica in politica)
  • 113. 5. Il risotto di D’Alema, 1997 Bruno Vespa manda in onda un filmato amatoriale (video - Tema: la politica pop)
  • 114. 6. Nichi Vendola, 2005 “Pericoloso – come tutte le persone oneste” (campagna per le elezioni regionali Tema: comunicare gli outsider)
  • 115. 7. Barack Obama, 2008 “Yes we can” (campagna per le elezioni presidenziali americane Tema: comunicare per “fare la storia”)
  • 116. 8. Satira politica, 2001 “Meno tasse per Totti” (adbusting satirico, campagna elettorale di Berlusconi, elezioni politiche 2001 Tema: il “purché se ne parli” è un approccio corretto?)
  • 117. 9. Licia Ronzulli, 2012 Il primo voto al ritorno in Parlamento Europeo dopo la maternità (nella foto, Licia Ronzulli con sua figlia Vittoria Tema: opportunità e rischi dell’umanizzazione)
  • 118. 10. Partito Democratico, 2013 “Lo smacchiamo” (video-spot per il web, elezioni politiche 2013 Tema: la comunicazione autoreferenziale)
  • 119. Ted – Video #4 Kevin Allocca: perché i video diventano virali
  • 120. #4 – i segreti della viralità http://www.ted.com/talks/kevin_allocca_why_videos_go_viral.html? lang=it Kevin Allocca è responsabile dei trend di YouTube, e ha opinioni profonde sui video stupidi che si trovano in rete. In questo discorso a TEDYouth, espone i 3 motivi per cui un video diventa virale.
  • 121. Il decalogo della buona scrittura per la politica I risultati del processo di brainstorming
  • 122. 1. Semplicità (non banalità) Il messaggio politico deve essere chiaro, non complesso. Non deve essere di difficile comprensione né contenere elementi in potenziale contraddizione tra loro. Una buona comunicazione può consistere anche in un solo messaggio forte. Bisogna resistere alla tentazione di dire tanto (tutto? Troppo?) in un unico manifesto o in un unico stimolo di comunicazione, perché affatica il destinatario ed è meno facile da ricordare. Semplificare, però, non significa banalizzare. Ridurre un messaggio all’essenziale vuol dire lavorare duramente (e nel dettaglio) sulla rifinitura, che può richiedere anche un lungo periodo di studio preliminare.
  • 123. 2. Definizione della tua identità I cittadini devono sapere chi sei, cosa vuoi fare, come intendi farlo, da dove parti, dove vuoi arrivare. Devono conoscere la tua storia, i tuoi punti di forza, i tuoi valori. Serve definire un quadro coerente, e per certi versi prevedibile, che permetta al cittadino di sapere cosa il partito o il politico farà senza che debba ripeterlo tutte le volte. Se questo quadro non c’è, il messaggio politico (e dunque il mittente) sarà considerato ambiguo, provvisorio, inaffidabile. L’identità non si costruisce solo definendo chi o cosa si è, ma anche definendo chi o cosa non si è, o determinandosi in modo oppositivo, sulla base delle caratteristiche dell’avversario.
  • 124. 3. Coerenza tra forme e contenuti Il contenuto del messaggio deve essere confermato, sottolineato, rinforzato dal suo contenitore. La manifestazione di una volontà o di un’ideale non è credibile se le scelte di comunicazione (e le scelte politiche conseguenti) sono diverse da ciò che si vuole sostenere. Questa coerenza va perseguita in tutte le valutazioni sulla comunicazione della “forma”, anche nelle scelte grafiche, visive, di testo, di pianificazione dei mezzi, persino di vissuto biografico di chi sta comunicando. Il rischio, in caso contrario, è di apparire ipocriti, se non addirittura falsi.
  • 125. 4. A prova di fact-checking L’autoaffermazione del proprio valore può essere una scelta di comunicazione vincente solo se ciò che è sostenuto può essere facilmente dimostrato. Questo è stato vero sempre ma lo è ancora di più ora, a causa della diffusione dei social media e della possibilità (anche individuale) di verificare l’attendibilità delle fonti. Le promesse (elettorali) oggi rappresentano sempre più una fonte di rischio e sempre meno un’opportunità per costruire consenso. Le promesse troppo grandi possono essere facilmente “smontate” trasformandosi in un boomerang, specie quando il mancato raggiungimento degli obiettivi non dipende (solamente) dal mittente.
  • 126. 5. La verità è strategica Nessuna campagna di comunicazione sarà “buona” se il prodotto è scadente. Il tema della verità è dunque centrale sia in senso positivo che in senso negativo. Dire tutta la verità può non essere sempre utile, soprattutto se i contesti sono fluidi e complessi. In alcuni casi il bluff comunicativo può funzionare di più. Questa riflessione assai pragmatica non deve però essere considerato un alibi. La comunicazione politica dovrebbe essere prima di tutto un esercizio di correttezza, sempre e comunque. Anche perché, comunicare il falso è un’azione che prima o poi, ti si ritorce contro.
  • 127. 6. Empatia, non ruffianeria La comunicazione emozionale, “di pancia”, non è necessariamente svincolata da logiche razionali di decodifica. Anche l’emozione può essere percepita come vera o falsa, attendibile o inattendibile. Può essere verificata. Il confine tra empatia (comunico in modo emozionale perché conosco ciò di cui sto parlando e sono dunque sinceramente coinvolto) e ruffianeria (comunico in modo emozionale nel tentativo di portare il pubblico dalla mia parte, ma senza che il mittente sia coinvolto a sua volta) è molto labile. In periodi di profonda sfiducia verso la (comunicazione) politica, è molto importante abbandonare del tutto ogni forma di ruffianeria retorica: non funziona più.
  • 128. 7. Pathos e concretezza Puntare su un solo registro di comunicazione (emozionale vs. razionale) appare oggi insufficiente. Emozionare, parlare di ideali e valori, raccontare storie, coinvolgere è una tecnica efficace solo se non si perde di vista la necessità di rassicurare gli elettori con messaggi concreti, pratici, che non diano la sensazione che il politico sia solo un bravo comiziante, e non un amministratore all’altezza. Allo stesso modo, è vero il ragionamento contrario: pensare di poter convincere qualcuno solo snocciolando dati, statistiche, competenza è sbagliato. I dati devono essere annunciati in modo non asettico, ma coinvolgente, inserendoli in una narrazione convincente e calda.
  • 129. 8. Parlare della vita delle persone Qualsiasi ragionamento, dal più semplice al più complesso, dal più “alto” al più “basso”, deve essere declinato tenendo in mente un obiettivo comune: il cittadino, il destinatario, deve poter comprendere i benefici immediati delle proposte sulla sua vita quotidiana. L’uso di metafore, comparazioni, paragoni, storie esemplificative sono certamente utili a facilitare la comprensione dei messaggi, ma le metafore da sole non bastano, perché serve studiare il contesto, la situazione economica e culturale, per poter davvero riuscire a trasformare il generale in iper-particolare, e dunque comunicare in modo convincente e interessante per chi ascolta.
  • 130. 9. Politica-pop, un tema delicato “Umanizzare” i candidati, comunicare gli aspetti extra- politici della propria attività, è certamente una tecnica utile a favorire meccanismi di empatia e coinvolgimento tra politici e cittadini. Ma l’umanizzazione non è sempre una scelta corretta. Diventa persino dannosa se il processo narrativo è visibilmente incoerente con la storia personale del candidato, o se i tentativi di umanizzazione sono artificiali, troppo ancorati a modelli teorici, estemporanei (solo in campagna elettorale). I cittadini hanno oramai imparato a riconoscere l’umanizzazione “vera” da quella “falsa” e puniscono la seconda.
  • 131. 10. Evitare l’autoreferenzialità Spesso i politici e i partiti comunicano se stessi dando per scontato che il grande pubblico conosca tutto di loro, segua ogni giorno ciò che dicono e fanno, rinunciando così a una comunicazione chiara, semplice, descrittiva, didascalica. Questo è il modo più semplice per non farsi capire, per apparire elitari, per arroccarsi nelle proprie posizioni, finendo per risultare persino antipatici. Le polemiche nei circoletti della politica e del giornalismo non fanno guadagnare voti proprio per questo: perché alla fine, anche se non sembrerebbe, rappresentano una forma di comunicazione di nicchia, che interessa molto poco al di fuori degli addetti ai lavori.
  • 132. Cattive pratiche di comunicazione (politica) online Cosa non fare su Internet se si è personaggi pubblici, organizzazioni o aziende
  • 133. Cos’è un cattiva pratica Un’azione di comunicazione (politica) (online) non funziona se: -non è compresa dai destinatari -diventa un boomerang; -mette in evidenza l’incoerenza tra immagine reale e immagine percepita del mittente; -aumenta il livello di crisi comunicativa invece di diminuirlo; -trasforma una non-notizia in notizia; -non tiene conto della natura del pubblico; -non tiene conto della natura dello strumento; -è un errore così grande da cancellare i meriti (politici) del mittente
  • 134. 1. Messaggi incomprensibili Un aggiornamento di Vendola su Facebook (è colpa mia, è colpa mia)
  • 135. 1. Messaggi incomprensibili Nichi Vendola su Facebook, 13 agosto 2012 (post di Francesco Nicodemo)
  • 136. 1. Messaggi incomprensibili Caso: utilizzo di un estratto di una lettera aperta di Nichi Vendola (sull’ILVA, pubblicata dal Manifesto) su Facebook Errore: l’utilizzo di un linguaggio complesso per esprimere un concetto generico e non necessario (da parte di un politico spesso oggetto di ironie per l’eccessiva complessità e vaghezza del suo eloquio pubblico (errore di chi scrive: la pubblicazione dell’aggiornamento è stata decisa da me) Buona pratica: post più brevi (lunghi solo quando necessario), concetti chiari, meglio se inediti. Niente acronimi o gergo tecnico, meglio essere didascalici
  • 137. 2. Boomerang PDL: la campagna pro-Berlusconi (#9anni) su Twitter
  • 138. 2. Boomerang Andamento dell’hashtag #9anni, 8 dicembre 2012 (screenshot da Twitter)
  • 139. 2. Boomerang Caso: utilizzo di un hashtag da parte del PDL per promuovere una campagna di racconto di 9 anni del governo Berlusconi Errore: l’utilizzo di un hashtag legato a una domanda aperta (e generica) da parte di un partito con livelli di consenso e fiducia molto bassi, soprattutto su Internet Buona pratica: evitare hashtag scelti “dall’alto” (perché dividono e non sono utilizzati da tutti), evitare domande aperte, valutare il clima di opinione sui social media prima di coinvolgere gli utenti in un’azione collettiva
  • 140. 3. Incoerenza reale-percepito L’UFO di Roberto Formigoni e l’iperumanizzazione
  • 141. 3. Incoerenza reale-percepito Avvistamento di un UFO a Parigi, il tweet di Roberto Formigoni (22 novembre 2012)
  • 142. 3. Incoerenza reale-percepito Caso: Il Presidente della Regione Lombardia Formigoni twitta una notizia inverosimile (l’avvistamento di un UFO) Errore: Formigoni eccede in ‘umanizzazione’: pur di sembrare uguale a tutti gli altri, diventa inverosimile (perché comunque presidente di Regione e al centro di una grande pressione mediatica per le indagini in Lombardia) Buona pratica: ignorare le pressioni dell’opinione pubblica e far finta di niente sui social media crea l’effetto di aumentare la pressione (evocando l’assenza di risposte), non la riduce né distrae
  • 143. 4. Allargamento della crisi comunicativa Letizia Moratti e la moschea di Sucate
  • 144. 4. Aumento della crisi comunicativa Letizia Moratti risponde a un utente Twitter: nessuna moschea a Sucate, in via Puppa (23 maggio 2011)
  • 145. 4. Aumento della crisi comunicativa Caso: L’account ufficiale di Twitter di Letizia Moratti (allora sindaco di Milano) risponde seriamente a un tweet satirico Errore: Moratti (o meglio, il suo staff) non riconosce la trappola geografica (il quartiere di Sucate non esiste): così facendo comunica di non conoscere la città e favorisce un’onda satirica (ancora più forte dopo #ècolpadipisapia) Buona pratica: leggere con attenzione tutti i tweet, rispondere a tutti (o ignorare quelli evidentemente irridenti), utilizzare satira e ironia come risposta a satira e ironia
  • 146. 5. Da non-notizia a notizia 1. Gasparri e i quarantotto follower 2. Cetica e ‘tua sorella’
  • 147. 5. Da non-notizia a notizia Maurizio Gasparri litiga con un utente su Twitter: la notizia diventa un caso nazionale (1 ottobre 2012)
  • 148. 5. Da non-notizia a notizia Caso: Maurizio Gasparri, capogruppo del PDL al Senato, risponde su Twitter a un utente provando a delegittimarlo perché aveva “solo” 48 follower Errore: Gasparri si rivolge all’utente ma non considera che il suo tweet sarà letto non solo dai 48 follower del suo interlocutore, ma anche dai suoi e da quelli di Franco Bechis (nella conversazione) Buona pratica: non utilizzare il numero di follower dell’interlocutore come argomento per delegittimarlo, specie se si usa il proprio profilo (di personaggio pubblico) per farlo
  • 149. 5. Da non-notizia a notizia L’assessore al bilancio della Regione Lazio e la sorella del capogruppo del PD alla Regione (11 dicembre 2012)
  • 150. 5. Da non-notizia a notizia Caso: Stefano Cetica, assessore al bilancio della Regione Lazio, giunta Polverini, risponde in modo poco elegante al capogruppo del PD in Regione Montino Errore: Cetica dimentica che lo scambio non avviene in privato tra lui e Montino ma che c’è un pubblico. Questo pubblico può trasformare (sui blog o sui giornali) uno scambio anche violento in notizia, a prescindere dai contenuti dello scambio Buona pratica: in generale, non coinvolgere i familiari (in modo greve) negli scambi con valore politico. Nello specifico, non farlo in pubblico
  • 151. 6. Chi mi legge? 1. Marta Vincenzi e lo sfogo dopo le Primarie a Genova 2. Giuseppe Ripa e la “signorina Vendola”
  • 152. 6. Chi mi legge? Lo sfogo dell’ex sindaco di Genova Marta Vincenzi (su Twitter dopo aver perso le Primarie del centrosinistra (14 febbraio 2012)
  • 153. 6. Chi mi legge? Caso: Marta Vincenzi, sindaco uscente di Genova, perde le Primarie (Amministrative 2012) e si sfoga su Twitter Errore: Vincenzi produce moltissimi tweet a breve distanza l’uno dall’altro: è evidentemente uno sfogo istintivo. Ma ogni tweet ha un suo peso e una sua notiziabilità (e la combinazione di quei tweet è una notizia in sé) Buona pratica: va bene sfogarsi, va bene farlo online. Ma bisogna sempre tenere conto delle conseguenze mediatiche di ciò che si fa. Meglio scrivere un unico post, magari lungo, a freddo
  • 154. 6. Chi mi legge? Giuseppe Ripa, assessore al bilancio del Comune di Lecce, parla così (su Facebook) del presidente della Regione Puglia Vendola (9 gennaio 2012)
  • 155. 6. Chi mi legge? Caso: Giuseppe Ripa, assessore al Bilancio del Comune di Lecce, chiama Vendola ‘signorina’ attaccandolo sulla sanità. Nel tentativo di rettificare insiste con ragionamenti omofobi Errore: Ripa prima si lascia andare a un commento infelice. A post oramai circolato cancella il contenuto, creando un effetto boomerang. A quel punto prova a spiegarsi ma facendolo “motiva” il commento infelice. Sarà costretto a dimettersi. Buona pratica: non cancellare il commento infelice e chiedere scusa. Ci sarà tempo e modo per spiegarsi (Ripa sarà poi rieletto consigliere pochi mesi dopo)
  • 156. 7. Beffati dallo strumento 1.Il retweet anti-Pisapia di Guido Podestà 2. Il retweet anti-nomadi di Gianni Alemanno
  • 157. 7. Beffati dallo strumento Guido Podestà retweeta un commento su Pisapia, poi si scusa e parla di ‘retweet sbagliato’ e di ‘errore dello staff’ (20 marzo 2012)
  • 158. 7. Beffati dallo strumento Gianni Alemanno retweeta una richiesta ‘particolare’ di un utente (14 settembre 2012)
  • 159. 7. Beffati dallo strumento Casi (speculari): Guido Podestà, presidente della Provincia di Milano, e Gianni Alemanno, sindaco di Roma, retweetano contenuti prodotti da altri utenti ad alto coefficiente di controversia Errore: Podestà e Alemanno non considerano che un retweet, pur prodotto da altri, è comunque da considerare un tweet ‘personale’. Retweet non sempre è endorsement, ma in questi casi è difficile fare un chiaro distinguo Buona pratica: evitare il RT di contenuti controversi. Se la si pensa in un modo (che potrà generare polemiche), meglio dirlo con parole proprie
  • 160. 8. L’errore fatale Antony Weiner e quel messaggio privato inviato a tutti
  • 161. 8. L’errore fatale Antony Weiner, parlamentare democratico americano (sposato), invia pubblicamente una sua foto intima a tutti i followers invece che in privato a una ragazza di 21 anni (27 maggio 2011)
  • 162. 8. L’errore fatale Caso: Antony Weiner, deputato democratico, invia per sbaglio una foto (destinata a un messaggio privato) a tutti i suoi follower. L’errore è avvenuto attraverso la piattaforma Tweetdeck. Errore: La foto era un autoscatto del proprio pene in erezione, inviato a una ragazza di ventuno anni. Quanto basta per obbligarlo alle dimissioni (che arrivano solo tre settimane dopo l’episodio e dopo aver tentato di minimizzare l’accaduto) Buona pratica: ogni ulteriore commento è ovviamente superfluo
  • 163. In sintesi: cosa non fare Piccolo vademecum per evitare figuracce (vale anche per la comunicazione commerciale, istituzionale, pubblica: la politica, in questo caso, insegna) -Meglio parlare poco e bene che tanto e male; -Meglio sopravvalutare che sottovalutare il peso mediatico del contesto (e dunque, meglio la prudenza); -Umani sì, ma non troppo umani; -Ogni atto di comunicazione sui social media è pubblico: bisogna scrivere ciò che si potrebbe sostenere anche in una piazza gremita; -Non fare tutto da soli
  • 164. La paranoia uccide la conversazione. Questo è il punto. Ma la mancanza di conversazione uccide le aziende. (Cluetrain Manifesto, tesi #52, 1999)
  • 165. Ted – Video finale Sherry Turkle: connessi ma soli?
  • 166. Video finale – insieme ma soli http://www.ted.com/talks/lang/it/sherry_turkle_alone_together.html Mentre ci aspettiamo di più dalla tecnologia, ci aspettiamo meno l'uno dall'altro? Sherry Turkle studia come i nostri dispositivi elettronici e i nostri profili online stiano ridefinendo le connessioni umane e la comunicazione, e ci chiede di riflettere approfonditamente sui nuovi tipi di connessione che vorremmo avere.