Gli anni compresi fra il 2007 e il 2011 hanno rappresentato un periodo di transizione particolarmente difficile per tutte le aziende italiane e il deterioramento del contesto economico si è riflesso in una dinamica delle principali variabili di bilancio in larga misura attesa nelle sue direzioni.
La domanda interna, che era cresciuta per oltre un decennio a tassi molto modesti, ha subito un brusco calo associato alla sensibile caduta del commercio mondiale nel corso del 2009 e alla turbolenza sui mercati finanziari.
Il sensibile calo dei ricavi complessivi nel corso del 2009, dopo il calo già registrato nell’anno precedente, ha portato a una reazione rapida delle imprese che hanno ridotto gli acquisti in valore di materie prime e soprattutto di semilavorati (contraendo le quantità acquistate e/o beneficiando di una riduzione dei prezzi unitari) con un ridimensionamento percentuale in valore superiore a quello dei ricavi.
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2
SINTESI DELLE PRINCIPALI EVIDENZE 2007-2011
1 PREMESSA
Gli anni compresi tra il 2007 e il 2011, oggetto delle letture che seguono sui bilanci
delle imprese italiane, hanno rappresentato per tutte le tipologie di società un periodo
di transizione particolarmente difficile.
La domanda interna italiana, che era cresciuta per oltre un decennio a tassi molto
modesti, ha subito un brusco calo associato alla sensibile caduta del commercio
mondiale nel corso del 2009 e alla turbolenza sui mercati dei fattori con una stasi
sostanziale nel biennio successivo e un ulteriore forte calo nel 2012 legati a fattori ciclici
(per quanto possa essere definita ciclica la profondissima crisi di questi anni) e
all’incidenza del carico fiscale sul reddito disponibile oltre che alle preoccupazioni
diffuse sul versante della ricchezza finanziaria.
La criticità finanziaria ha rappresentato un carattere comune nell’intero periodo, ma la
sua intensità, il suo carattere e i riflessi sul sistema produttivo sono stati molto
diversificati. A una prima fase in cui le difficoltà dei mercati finanziari internazionali si
sono riflesse solo in misura ridotta sugli equilibri dei bilanci bancari italiani, la diffusione
della crisi cosiddetta dei “debiti sovrani”, associata all’applicazione delle nuove e più
restrittive regole, hanno comportato un’apprezzabile revisione delle strategie bancarie
influenzando i bilanci 2011 e quelli prossimi del 2012.
Al mutare degli scenari internazionali e nazionali e alla variazione delle strategie del
sistema bancario si sono associate profonde trasformazioni del sistema produttivo.
Le letture che seguono sono divise in due sezioni, una relativa alla fase 2007-2009 e
una successiva riferita alla parziale ripresa del triennio 2009-2011.
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3
I dati esposti si riferiscono all’insieme dell’universo di riferimento (costituito da circa
1.300.000 aziende per le quali risulta disponibile almeno un bilancio depositato nel
periodo 2006-2011) in tutti i settori di attività dei soggetti privati. Il triennio 2009-2011
viene analizzato ricorrendo a un cosiddetto “panel chiuso” per una stima accurata delle
variazioni intervenute (cfr. Nota Metodologica alla fine del testo).
Si tratta di una mole considerevole di informazioni per le quali si offrono alcune letture
di carattere generale con una prima suddivisione in dieci settori produttivi e in quattro
macroaree geografiche.
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4
2 I BILANCI DELLE IMPRESE ITALIANE: 2007-2011
Il deterioramento del contesto economico in cui si sono trovate ad operare le imprese
italiane e soprattutto la loro componente maggioritaria rappresentata dalle PMI si è
riflesso in una dinamica delle principali variabili di bilancio in larga misura attesa nelle
sue direzioni, ma con intensità molto diversificate e con aspetti di interesse particolare.
Il sensibile calo dei ricavi complessivi nel corso del 2009 (-12,7% rispetto al 2008), dopo il
calo già registrato nell’anno precedente, ha portato a una reazione rapida delle imprese
che hanno ridotto gli acquisti in valore di materie prime e soprattutto di semilavorati
(contraendo le quantità acquistate e/o beneficiando di una riduzione dei prezzi unitari)
con un ridimensionamento percentuale in valore superiore a quello dei ricavi; una minore
riduzione hanno registrato anche gli acquisti di servizi e, in misura pari al 4%, il lavoro.
Ciò ha determinato un calo della redditività relativamente contenuto con un valor medio
del ROI (Return On Investment) che è passato al 3,97% dal 4,79% del 2008. Anche altri
indicatori di redditività hanno seguito un andamento analogo con variazioni influenzate
dalla riduzione dei tassi di interesse e dei livelli di indebitamento, nonché delle aliquote di
tassazione.
La ripresa del fatturato nel 2010 e nel 2011 ha compensato solo parzialmente il calo
registrato in attesa di un 2012 ancora negativo.
Complessivamente i valori di fatturato a prezzi correnti si collocano nel 2011 a livelli
appena superiori rispetto a quelli del 2006.
A differenza della fase precedente, i mutamenti principali sulla struttura dei costi si sono
avuti con riferimento agli acquisti intermedi e soprattutto ai servizi, ma va rilevato in
modo particolare il ridimensionamento progressivo del costo del lavoro, la cui spesa cala
progressivamente in termini percentuali e tocca nel 2011 i valori minimi del periodo.
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5
Un approfondimento particolare merita la distribuzione del fenomeno tra i diversi
segmenti del sistema produttivo nazionale. A conferma di indagini di campo sul sistema
industriale pubblicate1
, i settori più colpiti dalla crisi nel 2009 sono stati quelli più aperti
alla pressione competitiva internazionale e al commercio mondiale: in modo particolare il
settore dei macchinari e delle altre industrie manifatturiere2
(e collegato a ciò le regioni
del Nord-Est e del Nord-Ovest che in tali settori sono maggiormente specializzate) hanno
subito i principali cali sia con riferimento al fatturato che alla redditività (pur
mantenendo in questo caso livelli ancora superiori alla media). Va sottolineata la
brillante performance del settore Alimentare che sembra muoversi in controtendenza, con
miglioramenti apprezzabili.
La dinamica del biennio 2010-2011 vede gli stessi settori più aperti alla concorrenza
internazionale reagire con maggiore efficacia e crescere più rapidamente.
Si ha un’ulteriore crescita della performance dell’Alimentare, ma la ripresa più rapida si
ha per i settori delle Apparecchiature, degli altri settori industriali e dell’Abbigliamento.
Queste dinamiche settoriali si riflettono in quelle territoriali con un andamento delle
regioni meridionali meno negativo nel primo biennio, ma in ritardo nel cogliere le
opportunità –sia pure modeste- delle piccole fasi di espansione.
1
www.met-economia.it e volume R.Brancati, 2010, Fatti in cerca di idee, Donzelli ed.
2
I settori sono stati creati facendo riferimento alla classificazione ATECO2007. Alimentare: tutta la trasformazione
alimentare e delle bevande; sono esclusi Agricoltura e Tabacco); Abbigliamento: abbigliamento, pelletteria,
accessori, gioielleria e bigiotteria, calzature, finissaggio tessile; Arredamento: mobili, biancheria da casa, tappeti e
moquette, apparecchi di illuminazione; Apparecchiature: meccanica strumentale, elettrotecnica, elettrodomestici;
Altro Manifatturiero: tutta l’attività manifatturiera tranne energia, attività estrattiva e i quattro comparti
manifatturieri sopra menzionati; Costruzioni: attività edilizie (Genio Civile, nuova edificazione, rifacimenti,
ristrutturazioni…), tutti i materiali per edilizia, cemento, calce, gesso, calcestruzzo, carpenteria metallica, infissi,
vetro piano, piastrelle; Turismo: alberghi, pubblici esercizi (ristoranti, catering, bar…); Servizi: tutti i servizi privati
tranne quelli del turismo; Commercio all’ingrosso: tutte le attività di vendita all’ingrosso; Commercio al dettaglio:
tutte le attività di vendita al dettaglio.
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6
Va sottolineata, inoltre, la presenza di una forte differenziazione dei comportamenti con
un gruppo di eccellenza che riesce a registrare performance economiche di rilievo pur in
presenza di valori mediani non particolarmente positivi (cfr. figura 5 e 6).
Una riflessione separata meritano gli indicatori legati alla struttura finanziaria: in modo
forzato o meno le imprese italiane hanno registrato un calo dell’indebitamento
complessivo (approssimato dal rapporto Capitale di terzi/capitale proprio). Tale calo
risulta ulteriormente rafforzato negli ultimi anni considerati con una lieve ulteriore
riduzione e distribuito in tutte le ripartizioni geografiche italiane. Ciò sembra essere
dovuto in parte a una restrizione operata dalle banche su alcune fasce di clientela
(concentrata sugli operatori con livelli di leverage più elevati) e in parte ad un calo della
domanda delle stesse imprese a fronte di un minor livello di capitale circolante da
finanziare e della ricerca di una minore rischiosità complessiva.
Gli stessi tassi di interesse impliciti (ovvero gli oneri finanziari in relazione ai debiti
finanziari) hanno registrato un calo nel corso del 2009, calo che, per il 50% delle imprese
è stato prossimo ai 2 punti percentuali. I tassi impliciti, tuttavia, si sono mantenuti a livelli
corrispondenti al 5,7% (valore mediano della distribuzione). Nel 2010 il calo è proseguito
(valore mediano al 4,5%); va sottolineato in modo particolare il calo sensibile per i livelli
di tasso riferiti alle imprese con costi più elevati, passati in un quinquennio dal 12,2%
all’8,5% (forse segnalando anche la presenza di fenomeni di razionamento)3
.
Nel 2011 il fenomeno di discesa dei tassi sembra arrestarsi bruscamente segnalando
anche una possibile inversione di tendenza.
3
Ci si riferisce al 75esimo percentile, ovvero all’ipotetica impresa che si posizione al 75% della distribuzione
ordinata in modo crescente per tutte le imprese con oneri finanziari.
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7
2.1.1 Analisi del conto economico aggregato
Il conto economico aggregato per il totale delle imprese4
rivela un’evoluzione
negativa della produzione a valori correnti a partire dal 2008 (-1,2% rispetto
all’anno precedente). Il rallentamento dell’economia mondiale in quest’anno,
associato alla persistente debolezza della domanda interna, ha fatto emergere i primi
effetti reali della crisi dei mercati finanziari internazionali.
Figura 1. Produzione, variazione percentuale 2007-2009 e 2009-2011 per
ripartizione geografica.
Fonte: Questa tabella e tutte le tabelle successive sono Elaborazioni MET/FORMAT su
dati CRIBIS D&B
4
Il database che alimenta le analisi proposte di seguito è costituito da 1.253.852 imprese per le
quali esiste almeno un bilancio nel periodo 2007-2010; i settori presi in esame sono quelli del
manifatturiero, delle costruzioni, del commercio, del turismo e dei servizi alle imprese e alla
famiglia. Per il 2010, vedi nota conclusiva, si è fatto ricorso a un panel di imprese 2009 e 2010.
L’insieme di imprese sulle quali sono state effettuate le analisi è stato ulteriormente limitato,
considerando esclusivamente le aziende in attività, e ripulendo l’insieme dai record
caratterizzati da evidenti anomalie.
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8
Nel 2009 la situazione si è ulteriormente aggravata sia sul fronte internazionale,
con un calo del commercio mondiale mai registrato nel dopoguerra, che su quello
interno: il Pil mondiale ha segnato una flessione di qualche decimo di punto e quello
delle economie avanzate del 3.2%, mentre la domanda interna al nostro paese si è
ridotta del 4%; lo stesso commercio mondiale ha registrato un calo compreso tra il 15%
e il 19% (a seconda dei beni e servizi considerati).
In conseguenza del deterioramento dei mercati interni ed esteri nel corso del 2009, le
imprese italiane hanno accusato una flessione produttiva, iscritta a bilancio a valori
correnti, del 13.9%.
Il recupero del 2010 e del 2011 (+12% circa) riporta i valori nominali del fatturato
a livelli non lontani da quelli del 2006.
L’analisi del conto economico aggregato mostra andamenti differenziati.
Con riferimento al primo periodo 2007-2009, mentre la contrazione della produzione e
la discesa del prezzo dei beni acquistati si sono riflesse in una complessiva riduzione
delle spese per “Materie prime e semilavorati”, sia in livello assoluto che in percentuale
della produzione, le voci del conto economico legate all’impiego del fattore lavoro e ai
servizi sono calate in misura meno che proporzionale, determinando un aumento della
loro incidenza sul valore della produzione di 3.1 punti percentuali tra il 2007 e il 2009.
Nel 2010-2011 la ripresa dei valori della produzione si è accompagnata a mutamenti
apprezzabili, presumibilmente di carattere strutturale.
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10
Gli acquisti di materie prime e semilavorati sono aumentati più del fatturato (con un
aumento sensibile delle rimanenze), mentre gli acquisti di servizi e il costo del lavoro
hanno registrato crescite molto più contenute del fatturato stesso. Va sottolineato
come l’incidenza del costo del lavoro sul fatturato sia in calo progressivo giungendo al
12,7% del valore del fatturato. Valore minimo del periodo.
I fenomeni, quindi, prospettano una strategia di reazione alla crisi fondata su un
contenimento dei costi caratterizzati da maggiore flessibilità nella prima fase (2008 e
2009), con una ricostituzione delle scorte e un controllo severo sui servizi acquistati e
sul costo del lavoro negli anni di lieve ripresa, il 2010 e 2011. Gli effetti sulla redditività
sono stati evidenti.
Il Margine operativo lordo – come valore medio – non si deteriora nel periodo iniziale
della crisi e mostra una tendenza a una sua rapida contrazione nell’ultimo biennio. Ciò
a fronte di un calo lieve dell’utile netto derivante dalla contemporanea riduzione degli
oneri finanziari e delle imposte rispetto alla fase pre-crisi. Va sottolineato, in modo
particolare, che mentre il calo degli oneri finanziari appare continuo tra il 2008 e il 2010
(ma con una lieve ripresa già dal 2011), la riduzione delle imposte, in conseguenza del
taglio delle aliquote IRES operato con la legge Finanziaria 2008, ha presentato un
“gradino” nel 2008 e nel 2009, con una successiva tenuta.
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12
Nonostante la ripresa dell’ultimo anno considerato, i principali indicatori di redditività
(ROI e ROE) registrano nel 2010 un ulteriore calo (stabilizzatosi nel 2011) segnalando,
probabilmente, una gestione prudente delle poste amministrative in presenza di una
crisi profonda e duratura.
La maggiore sensibilità al ciclo si manifesta nelle regioni centrali e in quelle del Nord-
Ovest, mentre le imprese meridionali hanno subito in misura inferiore il calo del 2009,
con un’analoga minore reazione alla crescita del 2010.
Figura 4. Redditività (ROI) per settore, 2008-2011
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13
2.2 UN DETTAGLIO SULLA DISTRIBUZIONE INTERNA DEI FENOMENI
Una volta fornito un quadro generale dei dati di bilancio e prima di offrire un sintetico
approfondimento settoriale, è utile affrontare brevemente alcune caratteristiche legate
alla distribuzione delle variabili di interesse tra classi e regioni.
Un primo elemento di approfondimento è relativo alla distribuzione dei valori
relativi all’andamento del fatturato.
Per analizzare nel dettaglio gli effetti della crisi sull’andamento della produzione si è
cercato di osservare il comportamento delle imprese al netto dei fenomeni di nuovi
ingressi e di uscite; i dati sono stati quindi selezionati in modo da creare un campione
“chiuso” di imprese, considerando un insieme di operatori per i quali risultasse
disponibile il bilancio sia nel 2007 che nel 2009 e nel 2011. Ciò non è rappresentativo
dell’intero sistema economico (che include le cessazioni e i nuovi nati), ma offre
un’indicazione più precisa della dinamica delle attività sempre presenti.
La distribuzione del fenomeno evidenzia come nel periodo 2007-2009 oltre il 50% delle
imprese abbia registrato un calo del fatturato (valore mediano5
pari a -2,4%). Per il 25%
delle imprese “peggiori” i ricavi si sono ridotti di almeno il 25% (25° percentile pari a -
24,8%). E’ interessante osservare come circa un quarto degli operatori abbia registrato
una crescita del volume di affari a tassi superiori al +21%.
Il quadro generale non è particolarmente diverso da quanto già sottolineato: i dati sulla
variazione del fatturato mostrano un calo sensibile tra il 2007 e il 2009, più accentuato
5
Si ricorda, relativamente agli indici di posizione di una distribuzione utilizzati, che il 25° percentile (o primo
quartile) lascia prima di sé il 25 per cento delle unità che hanno modalità inferiori e dopo di sé il 75 per cento di
unità con modalità superiori; il 50° percentile corrisponde alla mediana e divide la distribuzione in due parti uguali,
lasciando prima di sé il 50 per cento di unità con modalità più piccole. Il terzo quartile (75°percentile), è quella
modalità che divide in due parti la distribuzione ordinata, lasciando prima di sé il 75 per cento delle unità che
presentano modalità inferiori e dopo di sé il 25% delle unità con valori più alti della grandezza in esame.
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nel Nord-Est e Nord-Ovest. Viceversa, il Sud mostra performance relativamente migliori
rispetto alla media nazionale, con un valore mediano con segno positivo.
Figura 5. Variazione del fatturato 2007-2009 per area geografica, valori
percentuali su campione chiuso.
Nel biennio successivo si osserva un miglioramento lungo l’intera distribuzione del
fenomeno. Oltre la metà delle imprese ha registrato una ripresa dei ricavi (mediana
+3,2%), mentre il 25% delle imprese meno performanti ha ottenuto una contrazione dei
ricavi pari almeno al -15%. Una fascia consistente di imprese ha fatto registrare una
ripresa a ritmi sostenuti, con un 25% delle imprese che ha ottenuto una crescita del
fatturato superiore al +30% circa. La presenza di questo gruppo di imprese ad alta
crescita sembra essere comune a tutto il territorio nazionale.
L’analisi dell’intera distribuzione, tuttavia, conferma come nelle regioni meridionali il
periodo 2009-2011 sia stato particolarmente negativo, con un peggioramento lungo
l’intera distribuzione rispetto ai risultati del biennio precedente. Al centro-nord si
osserva un miglioramento dell’intera distribuzione, con le migliori performance
registrate al Nord, con un valore mediano che indica una ripresa del volume di affari
pari al +5%.
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15
Il periodo più recente mostra dunque un’inversione tra Nord e Sud, segno che le
imprese meno esposte a livello internazionale hanno subito in media shock
inferiori in termini di performance.
Figura 6. Variazione del fatturato 2009-2011 per area geografica, valori
percentuali su campione chiuso.
I dati emersi in tale contesto sono coerenti con la tesi di una maggiore difficoltà
dei settori più internazionalizzati, che hanno quindi risentito in misura superiore del
crollo del commercio mondiale del 2009 ed anche di una pressione competitiva
particolarmente accentuata. Un ulteriore indizio può esser dedotto dalla
differenziazione per zone nazionali. Quest’ultima mostra come le imprese più colpite
siano localizzate in prevalenza in quelle regioni tradizionalmente caratterizzate da
una maggiore internazionalizzazione (Nord-Ovest e Nord-Est) mentre il Centro e, in
misura ancora maggiore, il Sud-Italia sembrerebbero aver sofferto meno in termini
relativi della crisi generale.
A livello settoriale, nella fase più acuta della crisi, le fasce più colpite sono i settori
delle apparecchiature, l’abbigliamento, l’arredamento, e in generale tutto il
manifatturiero, mentre si evidenzia una sostanziale tenuta dei servizi ad imprese e
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famiglie e del commercio al dettaglio; il settore alimentare si segnala, in
controtendenza, con un incremento medio del fatturato.
Si evidenzia un'elevatissima variabilità del settore delle costruzioni, con i valori più alti
in valore assoluto dei dati relativi sia al 25° percentile che al 75° percentile.
Nel biennio 2010-2011 l’industria fa registrare le performance migliori con particolare
riferimento al comparto dell’abbigliamento, a quello delle apparecchiature; l’alimentare
continua a presentare un andamento migliore della media. Altrettanto positiva è la
ripresa del fatturato che si rileva nel settore del commercio all’ingrosso, mentre nel
commercio al dettaglio si osserva u significativo rallentamento. Anche in questo
periodo le imprese delle costruzioni presentano un grado di eterogeneità interna molto
elevato, con un universo di attività polarizzato tra aziende che sono cresciute a tassi tra
i più alti in assoluto ed altre che, al contrario, hanno visto crollare il proprio volume di
affari.
Figura 7. Variazione del fatturato 2007-2009, valori percentuali su campione
chiuso. Dettaglio settoriale
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18
Per ciò che concerne la redditività guardando alla distribuzione del fenomeno e non al
solo valor medio indicato nel paragrafo precedente6
, il quadro che emerge offre
ulteriori spunti di interesse. Rispetto ai valori mediani la redditività, calcolata come ROI,
ha subito un calo di circa il 30% tra il 2007 e il 2009 cui ha fatto seguito una lieve
ripresa, pari al +7% circa, nel biennio successivo.
L’incremento dei livelli di redditività nel periodo 2010-2011 è avvenuto lungo l’intera
distribuzione, con un miglioramento relativo particolarmente evidente per il 5° di
imprese meno redditive. E’ presumibile che questo risultato sia il frutto sia di un relativo
miglioramento del quadro economico che per la cessazione di una parte delle imprese
in situazione di maggiore criticità.
6
I valori non coincidono dal momento che si tratta di media (nel paragrafo precedente) e di mediana (in questo) in
una distribuzione non normale.
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19
Figura 9. Distribuzione dei livelli di redditività (ROI), 2007, 2009 e 2011
A tal riguardo va rilevato come la quota di imprese in liquidazione7
, sul totale dei
bilanci depositati, è progressivamente aumentata, passando dal 4,5% del 2007 al 5,2%
del 2009 fino al 5,4% dell’ultimo dato disponibile. Particolarmente critico appare il dato
delle regioni centrali e di quelle del Nord-ovest, dove la quota di attività in liquidazione
è aumentata rispettivamente del 28% e del 22% tra il 2007 e il 2011. Nel nord-est, al
contrario, i valori si collocano sistematicamente sui livelli più bassi nell’intero periodo.
7
Il dato relativo alle procedure di liquidazione è ricavato attraverso procedure di ricerca testuale applicate alla
ragione sociale delle imprese contenute nel database.
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20
Figura 10. Imprese in liquidazione, dettaglio per area geografica. Valori
percentuali.
Il passaggio dal 2007 al 2009 ha prodotto in media un aumento del 26% nel
numero imprese che dichiarano una perdita finanziaria nel bilancio di esercizio ante
imposte (del 15% se si considera il risultato dopo le imposte). Nel biennio successivo
tale quota si è ridotta sensibilmente: la quota di imprese con bilanci in perdita al lordo
delle imposte è infatti passata dal 25,4% del 2009 al 21,1% del 2011, per effetto della
ripresa delle attività evidenziata nel paragrafo precedente, va tuttavia considerato
l’ulteriore incidenza della probabile uscita dal mercato delle imprese che erano in
situazioni di maggiori criticità. Se si considera il risultato al netto delle imposte la
percentuale di imprese che ha chiuso il bilancio in perdita è passata dal 32,2% al 27,9%.
Tra il 2010 e il 2011 la situazione non evidenzia modifiche rilevanti, tuttavia si segnala
un lievissimo miglioramento se misurato al lordo delle imposte e un lieve
peggioramento se si considera il risultato dopo le imposte. Vale la pena di evidenziare
come il rapporto tra i risultati di esercizio dopo le imposte e quelli al lordo della
tassazione si sia ridotto a partire dal 2008 a seguito della riduzione dell’IRES, fino al
2009 per poi aumentare nel biennio seguente.
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21
Figura 11. Percentuale di imprese in perdita (utile ante imposte e dopo le
imposte e netto), 2007-2011
Per quanto riguarda la dinamica del leverage8
, in media l'intero campione mostra una
riduzione del grado di indebitamento, al netto dei crediti, del 20% tra il 2007 e il 2009
cui segue un ulteriore riduzione pari al -7,6%.
In generale la riduzione dell’esposizione finanziaria delle imprese è proseguita
nell’intero periodo analizzato ed ha riguardato l’intera distribuzione del fenomeno, sia
delle imprese più indebitate sia di quelle meno esposte. Il calo della leva è
particolarmente evidente nel caso delle imprese più indebitate, ma in termini
percentuali la riduzione della leva nel caso delle aziende mediamente esposte è stato
particolarmente forte.
Questo fenomeno di rientro dalle posizioni di indebitamento ha riguardato l’intera
penisola, anche se è stato relativamente più intenso al centro-nord, con il risultato che
al 2011 le regioni meridionali presentano un grado di esposizione mediamente più
elevato.
8
L’indicatore è il rapporto tra la differenza tra il Passivo e il Patrimonio Netto, al netto dei crediti, e il Patrimonio
Netto.
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22
Il dato di maggiore preoccupazione è quello che segnala come una quota pari ad un
quarto dell’intero sistema produttivo presenti un incidenza dei debiti di almeno 6 volte
più alta dei mezzi propri delle imprese stesse.
Figura 12. Indice di esposizione netta (Passivo – Patrimonio Netto – Totale
Crediti/ Patrimonio Netto)
Figura 13. Indice di esposizione netta (Passivo – Patrimonio Netto – Totale
Crediti/ Patrimonio Netto). Dettaglio per area geografica.
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Di seguito si propongono alcune elaborazioni che suddividono l’andamento
dell’indebitamento tra due tipologie di aziende, quelle più indebitate e quelle meno
indebitate nell’anno iniziale.
Si può notare come i comportamenti siano radicalmente diversi per tutte le tipologie
(in tabella sono riportate le differenza per ripartizione geografica) con regolarità
evidenti. I soggetti meno indebitati subiscono meno la restrizione della prima fase e,
nell’ultimo periodo, beneficiano anche di una relativa espansione.
Da notare i fenomeni nelle regioni meridionali che paiono ancor meno stringenti per
questa tipologia di operatori.
Sarà da verificare se l’ulteriore stretta del 2012 manterrà le stesse caratteristiche.
Tabella 2. Variazione percentuale del leverage tra il 2007 e il 2009 rispetto al
livello di leverage nel 2007
Variazione percentuale del leverage 2007-2009
25° Percentile Mediana 75° Percentile
Nord-ovest
Meno esposti nel 2007
-43,96 -15,74 25,26
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24
Più esposti nel 2007
-57,70 -24,65 15,35
Meno esposti nel 2007
-42,90 -14,89 25,24
Nord-est
Più esposti nel 2007
-56,26 -24,02 15,37
Meno esposti nel 2007 -40,35 -10,08 38,12
Centro
Più esposti nel 2007 -55,95 -22,56 17,10
Meno esposti nel 2007
-33,60 -1,76 54,75
Sud
Più esposti nel 2007 -54,70 -22,31 16,99
Meno esposti nel 2007 -41,24 -11,99 32,96
Italia
Più esposti nel 2007
-56,37 -23,63 16,06
Nota: La tabella considera la variazione percentuale dell’indicatore di leverage tra il 2007 e il 2009
(25° percentile, mediana e 75° percentile), disaggregando le imprese in due sottogruppi a seconda
del livello di leva finanziaria misurata al 2007: quelle con un leverage superiore al valore mediano,
definite come “più esposte”, e quelle con una leva inferiore a tale valore, definite come “meno
esposte”.
Tabella 3. Variazione percentuale del leverage tra il 2009 e il 2011 rispetto al
livello di leverage nel 2009
Variazione percentuale del leverage 2007-2009
25° Percentile Mediana 75° Percentile
Nord-ovest
Meno esposti nel 2009
-22,76 ,82 38,42
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25
Più esposti nel 2009
-39,78 -10,08 26,42
Meno esposti nel 2009
-22,73 1,14 37,49
Nord-est
Più esposti nel 2009
-38,32 -9,27 25,22
Meno esposti nel 2009
-24,93 ,68 41,88
Centro
Più esposti nel 2009
-39,73 -10,50 25,02
Meno esposti nel 2009
-22,07 3,68 48,75
Sud
Più esposti nel 2009
-40,12 -9,96 25,42
Meno esposti nel 2009
-23,13 1,34 40,53
Italia
Più esposti nel 2009
-39,42 -9,98 25,60
I tassi di interesse impliciti (ovvero il rapporto tra oneri finanziari e debiti finanziari)
riportano il calo dei tassi di interesse verificatosi sui mercati del credito. Il calo è
relativamente omogeneo per tutta la distribuzione del fenomeno e tocca sia le imprese
con i minori tassi impliciti, sia la fascia centrale che quella con i maggiori costi del
debito. Da notare che un quarto del totale del sistema delle imprese nazionali
registrava nel 2009 oneri finanziari superiori al 10% dei debiti bancari contabilizzati.
Il 2011 sembra indicare una inversione di tendenza con un nuovo incremento dei
tassi (presumibilmente confermato e approfondito nel 2012).
27. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
27
3 IL CONTO ECONOMICO DELLE IMPRESE PER SETTORE DI
ATTIVITÀ
3.1 ALIMENTARE
Domanda e produzione. I consumi alimentari delle famiglie italiane, dopo il leggero
recupero evidenziato nel 2010 (+0.5% in termini reali), nel 2011 hanno ripreso il trend
negativo in atto da qualche anno, registrando una riduzione a prezzi costanti dell’1.7%.
Tale variazione negativa si è accentuata nel 2012 (-3%). La spesa alimentare a valori
correnti si è, invece, ampliata nel corso del 2011 dell’1.1%, grazie a una crescita dei
prezzi del 2.8% circa.
Figura 15. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
In un quadro recessivo dei consumi interni, le importazioni di prodotti alimentari hanno
continuato a crescere dell’8.5% a valori correnti nel 2011, confermando la progressiva
erosione di quote di mercato italiano da parte di produttori esteri, soprattutto non
europei (+14.8%). Alla fine del 2011 i prodotti alimentari di provenienza estera
28. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
28
soddisfano oltre il 16% della domanda alimentare italiana (quota calcolata come
rapporto tra importazioni e spesa delle famiglie, a valori correnti).
La flessione della domanda interna nel 2011 ha spinto le imprese italiane del settore
alimentare a guardare con crescente interesse verso i mercati esteri, dove le
esportazioni italiane sono aumentate del 10% circa: l’incremento delle esportazioni ha
così compensato la crescita delle importazioni e ha mantenuto invariato il saldo
commerciale del settore alimentare. Si stima che nel 2011 i produttori italiani siano
riusciti ad ampliare le quote di mercato nei tradizionali mercati di esportazione, quelli
europei, dove, a fronte di una domanda alimentare poco dinamica, i flussi di prodotti
alimentari provenienti dall’Italia sono cresciuti dell’8.3% a valori correnti.
In sintesi, nel 2011 le imprese del settore sono riuscite a stabilizzare il valore della
produzione (+0.6%), secondo i dati di bilancio disponibili, grazie alle vendite realizzate
sui mercati esteri - che hanno compensato il rallentamento della domanda interna - e
grazie alla capacità di imporre prezzi crescenti. Le imprese più dinamiche sono risultate,
per il secondo anno consecutivo, quelle del Centro, che sembrano aver incrementato
soprattutto le vendite in volume.
Costi e redditività. Nel 2011 i costi di produzione delle imprese del settore alimentare
hanno mostrato una crescita superiore all’incremento del valore della produzione
(+1.6% contro 0.6%), crescita imputabile soprattutto ai costi per acquisto di materie
prime (+4.9%). L’aumento del costo di tale fattore produttivo ha riflesso la forte
inflazione delle materie prime alimentari sui mercati internazionali, che, secondo la
CCIA di Milano, nel 2011 si è attestata su un +20%. L’incidenza del costo delle materie
prime sul valore della produzione è, pertanto, passata dal 62% del 2010 al 64.6% del
2011 e ha eroso buona parte del Margine Operativo Lordo (ridottosi del -10.1%). A fine
anno il MOL della media delle imprese alimentari italiane costituiva il 6.8% del valore
della produzione (era il 7.6% nel 2010).
Figura 16. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
29. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
29
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
5,0
6,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
La minore capacità delle imprese del settore di creare margini crescenti, o per lo meno
stabili, nel corso del 2011 è evidente anche dalla progressione del ROS che scende al
3.7% dal 4.3% del 2010, raggiungendo un livello inferiore a quello medio del complesso
dell’economia (4.5%). Tale indicatore, esprimendo la relazione tra costi, prezzi e volumi,
mette in luce il crescente assorbimento dei ricavi di vendita da parte dei costi di
produzione (in questo caso materie prime) con sacrificio del Margine Operativo Lordo.
La riduzione del MOL, associata ad un incremento degli oneri finanziari derivante dalla
crescita dei tassi di interesse, si è tradotta in una riduzione degli utili per la media delle
imprese della trasformazione alimentare e in un peggioramento della redditività, sia
della gestione caratteristica (indicata dal ROI), che della gestione complessiva (ROE): la
redditività del capitale proprio è scesa dal 6.2% del 2010 al 4.3% del 2011.
Classificando le imprese per area geografica, i dati di bilancio rivelano una crescita della
produzione maggiore per le imprese del Centro (+8.2% il valore della produzione)
rispetto a quelle delle altre aree. Queste imprese, tuttavia, si sono caratterizzate anche
per il maggior indebitamento e per indicatori di redditività peggiori di quelli medi delle
imprese alimentari italiane: il bilancio aggregato è risultato in perdita, con un ROE
fortemente negativo, una marginalità sulle vendite (ROS) molto inferiore a quella media
32. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
32
3.2 ABBIGLIAMENTO
Domanda e produzione. Negli ultimi anni la domanda di abbigliamento si è
progressivamente ridotta nel nostro paese e il 2011 non ha fatto eccezione a un trend
che ormai appare di lungo periodo. Secondo i conti dell’ISTAT, le famiglie italiane
hanno ridotto gli acquisti di abbigliamento e calzature in volume dello 0.4%, mentre a
valori correnti la spesa è cresciuta dell’1.3%, con un rincaro del prezzo medio di vendita
dell’1.7% circa.
Figura 17. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-40,0 -30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
Le imprese del settore hanno cercato di fronteggiare la debolezza della domanda
interna sfruttando le opportunità offerte dai mercati esteri, dove le esportazioni italiane
di abbigliamento e calzature sono cresciute del 8.3% a valori correnti nel 2011.
Si sono incrementati soprattutto i flussi diretti ai paesi non UE, a cui sono destinate
oltre il 50% delle esportazioni italiane di abbigliamento, in cui i consumi delle famiglie
sono ancora vivaci. Grazie a una crescita della domanda di articoli italiani in questi
33. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
33
paesi del 18% circa nel 2011, le imprese del settore sono riuscite ad incrementare il
valore della produzione del 3.2%. Differenze importanti si evidenziano a livello
geografico, con le imprese del Nord Ovest e del Centro in espansione produttiva del
5.5% circa a valori correnti, con le imprese del Nord Est che accusano qualche difficoltà
ad aumentare la produzione (+1.2%) e con le imprese del Sud in caduta produttiva (-
4.3%): in quest’area a minore vocazione all’export le difficoltà a salvaguardare
produzione, margini e redditività si sono accentuate negli ultimi anni, fino a portare le
imprese del Sud a realizzare appena l’8% della produzione totale di abbigliamento
effettuata nel nostro paese.
Nonostante la debolezza degli acquisti di abbigliamento delle famiglie italiane, nel
2011 le importazioni dall’estero sono cresciute dell’8% circa in valore. Secondo i dati di
commercio estero dell’ISTAT, sono stati soprattutto gli articoli provenienti dai paesi
europei a registrare la crescita maggiore delle vendite sul mercato italiano (+12.3% in
valore), evidenziando una crescente concorrenza per le imprese italiane apportata da
produttori esteri che operano nel medesimo segmento di mercato: nel biennio 2010-
2011, infatti, la crescente penetrazione di produzioni del Sud Est asiatico - o comunque
di paesi non UE - sembra aver accusato una battuta d’arresto, in parte riconducibile alla
fine di una prima fase di delocalizzazione di produzioni italiane in paesi a basso costo
del lavoro che dà luogo a importazioni di ritorno, in parte collegata ad una saturazione
del mercato da parte di articoli di bassa qualità di provenienza prevalentemente cinese.
Costi e redditività. Similmente a quanto accaduto nel 2010, la anche nel 2011
l’incremento dei costi delle materie prime per il settore dell’abbigliamento è stato più
che proporzionale alla crescita della produzione in valore, riflettendo l’inflazione delle
materie prime sui mercati internazionali: secondo le rilevazioni della CCIA di Milano il
costo di acquisto in euro delle fibre è cresciuto oltre il 40% per il secondo anno
consecutivo. Nel 2011 la voce di costo materie prime è arrivata a rappresentare il 47.3%
del valore della produzione (era il 45.7% nel 2009).
Fortunatamente la riduzione del costo dei servizi ha calmierato nel 2011 la crescita del
costo degli input nel suo complesso, consentendo alle imprese del settore di
34. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
34
stabilizzare il Margine Operativo Lordo sul 7.5% del valore della produzione.
Conseguentemente è risultato stabile anche il ROS, indicatore che esprime la capacità
delle imprese di produrre margini a fronte di una determinata evoluzione dei costi di
produzione.
La crescita del MOL associata a quella produttiva ha permesso alla media delle imprese
del settore, nel 2011, di ottenere un Utile d’esercizio sui medesimi livelli dell’anno
precedente, di stabilizzare la redditività del capitale proprio (ROE) e di migliorare la
redditività operativa (ROI), strettamente legata all’attività caratteristica del settore.
Figura 18. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
5,0
6,0
7,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
Il ricorso al capitale di terzi in questo settore resta inferiore a quello di tutti gli altri
settori considerati in questo Rapporto, a causa della minore dimensione delle imprese
che ne compongono il tessuto produttivo - che rende più difficile e oneroso il ricorso al
credito per finanziare l’attività - e grazie alle caratteristiche della produzione stessa che
richiede minori investimenti in capitale fisso rispetto a quelli richiesti da altri settori
produttivi.
A livello di area geografica, nel 2011 le imprese del Sud non solo si sono distinte da
quelle delle altre aree per l’andamento negativo della produzione, ma anche per una
perdita di esercizio che trova origine in un appesantimento molto forte della struttura
37. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
37
3.3 ARREDAMENTO
Domanda e produzione. Secondo i dati di bilancio, nel 2011 le imprese del settore
dell’Arredamento hanno accusato, in media, una riduzione del valore della produzione
del 3.1%. Tale andamento cedente a un primo sguardo non trova corrispondenza né
nell’andamento leggermente crescente della domanda di mobili delle famiglie italiane
(+1.8% a prezzi costanti nel 2011), né nell’andamento delle esportazioni, in espansione
del 3.8% in valore.
Figura 19. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
La riduzione dell’attività economica del 2011 potrebbe trovare origine, invece, in un
progressivo adeguamento della struttura produttiva del settore a un mercato interno di
mobili che è sostanzialmente fermo da 13 anni. Sui mercati esteri, inoltre, le imprese
italiane hanno incontrato crescenti difficoltà a competere nei segmenti di mercato che
sono soddisfatti da produzioni standardizzate e a minore contenuto di design. In
questo difficile contesto economico, l’elevata frammentazione presente nel settore del
mobile nel nostro paese - che pur vanta per quantità e qualità delle produzioni un
primato a livello mondiale - ha comportato l’uscita dal tessuto produttivo delle imprese
38. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
38
più deboli, nella fase di contrazione della domanda interna. Alcune imprese di maggiori
dimensioni hanno tentato la via della delocalizzazione in importanti mercati esetri più
convenienti anche sotto il profilo dei costi di produzione, mentre altre si sono riallocate
su mercati di nicchia con produzioni svolte prevalentemente in Italia. Tutto ciò ha
comportato una progressiva riduzione dei livelli di produzione nel settore, sia in
quantità che in valore, come i dati di bilancio evidenziano da alcuni anni.
Per quanto riguarda le importazioni, negli ultimi anni sono state alimentate da flussi di
ritorno di produzioni italiane spostate all’estero. Di pari passo col procedere della
delocalizzazione delle imprese italiane crescevano anche queste importazioni, andando
a soddisfare una domanda di mobili strutturalmente orientata su produzioni a marchio
italiano. Terminata questa prima fase di ingresso delle importazioni di ritorno, anche
questi flussi sembrano aver iniziato a risentire della debolezza del mercato inerno,
come l’andamento stazionario delle importazioni nel 2011 (+0.1% a valori correnti)
sembra confermare.
Il dettaglio dei dati per aree geografiche rivela che solo le imprese del Nord Ovest sono
riuscite, in media, a registrare una crescita del valore della produzione nel 2011, mentre
gli operatori del resto d’Italia hanno accusato flessioni dell’attività economica che sono
risultate particolarmente forti nel Sud (-13.3%), dove oramai la produzione di mobili
rappresenta meno dell’8% di quanto realizzato nel nostro paese.
Costi e redditività. Nel settore dell’Arredamento la riduzione dei costi di produzione
nel 2011 è andata di pari passo con quella produttiva. Ciò ha consentito alla media
delle imprese di stabilizzare il peso degli input sul conto economico, mantenendo il
margine operativo lordo in percentuale della produzione sul 6% anche nel 2011.
Figura 20. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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39
0,0
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2,0
3,0
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6,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
La stabilizzazione del MOL sul valore della produzione non ha riguardato, tuttavia, le
imprese del Sud, dove la riduzione della produzione si è associata ad un
peggioramento della capacità di produrre margini (-30% il livello del MOL). Tale
situazione è evidente anche nell’andamento del ROS, che mette in relazione volumi di
produzione, prezzi di vendita e costi degli input: in quest’area il ROS ha assunto un
valore addirittura negativo nel 2011, indicando che, data una certa struttura dei costi,
l’attività di trasformazione ha azzerato il risultato economico, prima ancora di pagare il
costo del dedito (oneri finanziari). Al contrario, sono state le imprese del Nord Ovest a
conseguire i risultati più soddisfacenti nel controllo dei costi, abbassando l’incidenza sul
valore della produzione degli input Materie prime e Lavoro.
In termini di redditività, la situazione in cui versa il settore dell’Arredamento continua
ad essere molto compromessa, con indicatori molto inferiori a quelli relativi all’insieme
dei settori economici. Nel 2011, tuttavia, la media di settore segnala un miglioramento
della redditività operativa (ROI) e un segno positivo del ROE, dopo un biennio di segni
negativi. La formazione di utili è avvenuta in tutte le aree geografiche, tranne al Sud,
dove anche nel 2011, come in tutti gli anni precedenti, si è verificata una perdita
d’esercizio.
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41
3.4 APPARECCHIATURE
Domanda e produzione. Nel 2011 la domanda interna rivolta al settore delle
Apparecchiature ha presentato una flessione dell’1.5% in termini reali: gli investimenti
in macchinari e attrezzature hanno accusato da una parte il rallentamento
dell’economia italiana (+0.4% il PIL), dall’altra le condizioni meno favorevoli sul mercato
del credito, sia in termini di tassi di interesse - in ripresa rispetto all’anno precedente –
che sotto il profilo dell’accesso al credito. A scoraggiare piani di investimento e
rinnovamento di impianti e macchinari nelle imprese manifatturiere del nostro paese si
è aggiunta la bassa crescita delle economie europee (nella Ue a 27 paesi la domanda
interna si è praticamente fermata a +0.5% nel 2011) che costituiscono ancora il 56% dei
mercati di sbocco dei manufatti italiani.
Figura 21. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
Sono invece cresciute ancora velocemente le esportazioni di Apparecchiature, sia nei
paesi Ue che nelle aree extra europee (+12% circa): ciò significa che la meccanica
strumentale e l’elettrotecnica italiana continuano a godere di un buon posizionamento
internazionale nonostante la crescente concorrenza di Cina, India e altre economie del
42. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
42
Sud est asiatico e la consolidata presenza di vecchi competitor come Germania, Stati
Uniti, Giappone.
La debolezza della domanda italiana di investimento ha rallentato anche la crescita
delle importazioni (+6% circa in valore), sia nelle provenienze europee che extra
europee, migliorando il saldo commerciale del settore.
Il rallentamento di tutte le componenti della domanda ha comportato, nel corso del
2011, una decelerazione del valore della produzione del settore delle Apparecchiature
del 3.9% circa, secondo i dati di bilancio disponibili. A livello di area geografica, le
imprese del Nord - che hanno maggiormente accusato il peggioramento della
congiuntura sia all’interno che all’estero – hanno presentato una crescita del valore
della produzione appena del 3% in valore, mentre le imprese del Centro-sud, pur
avendo un peso sul settore inferiore al 15%, sono riuscite a crescere un po’ più
velocemente.
Complessivamente il settore non è riuscito a recuperare con la crescita produttiva del
biennio 2010-2011 (+14.7%) la contrazione del 2009 (-22.7%).
Costi e redditività. Anche il settore delle Apparecchiature nel corso del 2011 ha
accusato la crescita dei costi delle materie prime: secondo la CCIA di Milano il costo di
acquisto di “metalli” e altri materiali per l’industria ha registrato un’inflazione del 12%
circa e quello per i prodotti energetici del 31%. L’incidenza della voce di costo relativa a
materie prime e semilavorati sul valore della produzione è continuata a crescere, così,
anche nel 2011, fino a raggiungere il 53.9%. Il contenimento dei costi dei servizi e del
lavoro non è stato sufficiente a stabilizzare il Margine Operativo Lordo, che è sceso
leggermente rispetto all’anno precedente.
Figura 22. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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43
0,0
1,0
2,0
3,0
4,0
5,0
6,0
7,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
In termini di Utile, invece, le imprese delle Apparecchiature hanno migliorato la loro
situazione, grazie a una riduzione degli ammortamenti e a un apporto positivo delle
poste straordinarie che hanno sostenuto l’Ebit. Tuttavia, se depuriamo i dati di settore
da quelli relativi a una grossa impresa del Centro che ha registrato una anomala
crescita dei proventi finanziari in grado di influenzare i risultati economici non solo
dell’area di appartenenza, ma anche del settore delle Apparecchiature per il totale Italia,
otteniamo una stabilizzazione dell’Ebit e del ROS e non un suo miglioramento.
Scendendo nell’analisi del conto economico, gli oneri finanziari, pur muovendosi in
linea con l’innalzamento dei tassi di interesse del 2011, non hanno compromesso la
redditività del settore, che è migliorata, sia intermini di ROI che, soprattutto, di ROE.
Risultati opposti, tuttavia, si osservano escludendo sempre la medesima impresa, con
un Utile netto in riduzione nel 2011 e una redditività del capitale proprio in leggero
deterioramento invece che in forte crescita.
Anche in questo settore nel 2011 è proseguita la capitalizzazione delle società -
segnalata dall’incremento dell’Equity e dalla progressiva diminuzione del rapporto
Capitale di terzi/Capitale proprio - che appare l’unica via per migliorare i bilanci delle
imprese quando il peso dei debiti finanziari raggiunge livelli troppo elevati e i margini
rischiano di non essere sufficienti a onorare il debito.
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44
Tra le imprese del Nord, che totalizzano oltre l’85% della produzione di Macchinari e
Attrezzature realizzata in Italia, quelle del Nord Ovest hanno registrato una modesta
crescita produttiva, utili in calo e un peggioramento degli indicatori di redditività,
mentre le imprese del Nord Est hanno incrementato più velocemente il valore della
produzione e parallelamente migliorato utili e redditività.
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3.5 RIMANENTE INDUSTRIA
Domanda e produzione. La prevalenza di imprese produttrici di beni intermedi che
caratterizza questo settore lo rende particolarmente esposto al ciclo economico.
Pertanto, l’evoluzione del settore va letta congiuntamente a quella del Pil del nostro
paese, che, dopo le flessioni del biennio 2008-2009, ha mostrato un recupero nel
biennio successivo (2010-2011).
Nel 2011 la produzione industriale italiana - che costituisce una buona
approssimazione della domanda interna rivolta ad un settore che produce per la
maggior parte beni intermedi destinati alle successive trasformazioni industriali - ha
accusato una leggera flessione (-0.6%), condizionando la crescita del valore della
produzione del settore. Al contrario, la componente estera della domanda si è
presentata in crescita nel 2011, come evidenzia l’andamento delle esportazioni con
l’esclusione di quelle di Alimentare, Abbigliamento, Apparecchiature e Arredamento:
nel complesso le esportazioni di prodotti del settore sono cresciute dell’11.8% e
nell’insieme dei paesi Ue del 9.8%.
Figura 23. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-40,0 -20,0 0,0 20,0 40,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
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47
La debolezza della domanda interna rivolta al settore non ha rallentato le importazioni
di prodotti dall’estero che sono cresciute del 9.5% a valori correnti nel complesso delle
provenienze e del 5.9% da quelle europee.
Nonostante il peggioramento dell’interscambio commerciale del settore, che a causa
della presenza dei prodotti energetici è strutturalemente deficitario e soprattutto
collegato dell’andamento delle quotazioni internazionali delle materie prime
energetiche, il valore della produzione è cresciuto nel corso del 2011 del 6%.
Costi e redditività. Nel 2011 le imprese del settore, che rappresentano circa il 60%
della produzione manifatturiera italiana, hanno registrato una crescita dei costi in linea
con la crescita del valore della produzione: l’incremento del costo per acquisto di
materie prime (+8.1%) - che ha portato l’incidenza di questa voce di costo sul valore
della produzione dal 61.6% del 2010 al 62.8% del 2011 – è stato parzialmente
compensato da una sostanziale stabilità del costo del lavoro (+0.3%) e da un crescita
moderata del costo per servizi e spese generali (+2.3%), comportando solo una lieve
riduzione del MOL in percentuale della produzione. Anche nel 2011 a peggiorare
l’andamento dei margini è intervenuta una riduzione negli altri ricavi al netto degli
oneri diversi di gestione.
Figura 24. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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48
0,0
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3,0
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2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
Il controllo sui costi di produzione e sugli investimenti, che ha ridotto il peso degli
ammortamenti sul conto economico, ha consentito alla media delle imprese del settore
di ottenere un EBIT stabile al 4.1% del valore della produzione e la formazione di un
Utile lordo che, nonostante la crescita degli oneri finanziari indotta dall’incremento dei
tassi di interesse, è rimasto quello del 2010.
Per quanto riguarda l’Utile d’esercizio, sceso leggermente in percentuale del valore
della produzione, si stima che sia migliorato tra le imprese del Nord Est: queste
imprese, grazie ad una struttura dei costi più leggera rispetto alla media degli operatori
delle altre aree geografiche e ad un maggior controllo sui costi di acquisto delle
materie prime, sono riuscite ad incrementare maggiormente i margini e a presentare un
Utile d’esercizio in crescita rispetto all’anno precedente. Ciò ha consentito a questo
gruppo di imprese di migliorare tutti gli indicatori di bilancio nel corso del 2011. Anche
le imprese del Nord Ovest hanno migliorato i propri bilanci nel 2011, seppur meno
vistosamente rispetto a quelle del Nord Est, mentre le imprese del Centro e del
Mezzogiorno sembrano aver faticato maggiormente nel contenere i costi di produzione
in presenza di un mercato fattosi più debole e difficile.
Il processo di ricapitalizzazione delle imprese ha mostrato un assestamento in questo
settore nell’ultimo biennio: il capitale di terzi è stabilmente 2.1 volte il capitale proprio,
un valore inferiore a quello medio delle imprese del totale economia. Secondo i bilanci
49. www.met-economia.it www.cribis.com www.formatresearch.com
49
delle imprese, nel 2011, pur essendo sceso il livello di indebitamento in questo settore,
l’orientamento più restrittivo da parte degli operatori finanziari nella concessione del
credito e la crescita dei tassi di interesse hanno aumentato gli oneri finanziari del
19.1% per la media delle imprese.
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3.6 COSTRUZIONI
Domanda e produzione. Nel nostro paese la crisi degli investimenti in Costruzioni si è
prolungata anche nel 2011, condizionando l’attività del settore. La fase riflessiva degli
investimenti in Costruzioni, iniziata nel 2008 e non solo in Italia, negli ultimi anni è stata
accentuata da politiche restrittive sulla spesa pubblica, che hanno depresso la
componente degli investimenti in Opere del Genio Civile, e da una stabilità
demografica che ha penalizzato gli investimenti in Residenziale nuovo. Ma è stato
soprattutto il calo del reddito disponibile delle famiglie (-5% cumulato in 4 anni) a
tradursi in una crisi del mercato immobiliare, concretizzatasi sia in una minor domanda
di abitazioni che in un calo del prezzo degli immobili. Buona parte delle nuove
abitazioni edificate negli ultimi anni giacciono invendute e anche gli interventi di
ristrutturazione – che pur sarebbero necessari data la vetustà del patrimonio edilizio del
nostro paese – hanno registrato rallentamenti. Nel 2011 gli investimenti in Costruzioni,
secondo i conti dell’ISTAT, si sono ridotti del 2.6%, risultando, dopo 4 anni di cali
progressivi, del 19% inferiori a quelli del 2007 (e anche nel 2012 il calo è stato
consistente: -6,2%).
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52
Figura 25. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-20,0 -15,0 -10,0 -5,0 0,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
Poiché il settore che fornisce beni e servizi per le costruzioni si rivolge quasi
esclusivamente al mercato interno, anche nel 2011 a fronte di investimenti depressi le
imprese del settore delle Costruzioni non sono riuscite a trovare elementi di crescita,
accusando una contrazione del valore della produzione del 6.1%. Sono 4 anni di
difficoltà che hanno tagliato i livelli di attività del settore a valori correnti del 19%, un
risultato del tutto in linea con il calo degli investimenti in Costruzioni del nostro paese.
La crisi dell’edilizia, essendo estesa all’intero territorio italiano e a tutti i settori delle
costruzioni, non ha risparmiato le imprese di nessuna area geografica. Tuttavia, nelle
regioni del Centro-Sud, che sviluppano solo il 35% del valore complessivo della
produzione del settore delle Costruzioni, la riduzione dei livelli di attività sembra essersi
accentuata nell’ultimo biennio di cui si dispone di dati di bilancio (2010-2011), mentre
nel Settentrione l’anno peggiore è ancora il 2009 e nel 2011 il calo della produzione in
valore è stato più contenuto (-3.5% in media).
Costi e redditività. Nel 2011 nel settore delle Costruzioni il calo dell’attività si è
accompagnato ad una riduzione di pari entità dei costi di produzione. Se il controllo del
costo per acquisto di materie prime appare del tutto fisiologico in un settore che
raggruppa sia imprese che producono materiali da costruzione che imprese che
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utilizzano detti materiali per svolgere l’attività di edificazione, il controllo sul costo dei
servizi e su quello del lavoro non appare del tutto scontato. Infatti, nel costo dei servizi
è compreso il costo del trasporto, che incide particolarmente nel trasporto dei materiali
da costruzione e dei semilavorati (ad esempio elementi prefabbricati di grandi
dimensioni). Anche il costo dell’energia ha registrato una forte crescita nel 2011,
penalizzando sia il costo del trasporto che, direttamente, quello dell’attività edilizia. Il
controllo sul costo del lavoro - cercato talvolta con un sostituzione di manovalanze
specializzate con figure con una minore formazione lavorativa – non è riuscito alle
imprese del settore, come testimonia il rapporto tra valore aggiunto e costo del lavoro
che in questo settore, al contrario di quanto è accaduto nella media dell’industria, del
commercio e dei servizi, è progressivamente calato negli ultimi anni e anche nel 2011.
Figura 26. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
4,5
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
Il controllo complessivo dei costi di produzione ha stabilizzato il Margine Operativo
Lordo, nella media delle imprese del settore, sul 9% del valore della produzione nel
2011, un risultato superiore a quello medio dell’industria e del totale economia, in cui,
tolti i costi, resta un margine del 7.5% circa.
Fino a questo punto del conto economico di settore la situazione sembra sotto
controllo, ma l’Ebit si è ridotto nel 2011 per effetto di ammortamenti ancora elevati e di
poste straordinarie di segno negativo e l’Utile lordo ha accusato una crescita degli
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54
oneri finanziari che in questo settore pesano quasi il doppio, rispetto al valore della
produzione, di quanto pesano nella media della manifattura italiana. Infatti nel settore
delle costruzioni il Capitale di terzi continua ad essere oltre 3 volte e mezzo il Capitale
proprio, contro una media delle imprese italiane inferiore a 2 volte e mezzo.
Il dimezzamento dell’utile nell’ultimo biennio ha di fatto ulteriormente compromesso la
capacità di autofinanziamento delle imprese del settore.
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56
3.7 COMMERCIO AL DETTAGLIO
Domanda e produzione. L’evoluzione del fatturato delle imprese che operano nel
Commercio al dettaglio dipende dall’andamento degli acquisti di beni sul territorio
italiano, che tra il 2007 e il 2011 ha mostrato una crescita del 2.9% in valore, ma una
riduzione dell’1.2% in termini reali, cioè tolta l’inflazione. La crisi dei redditi delle
famiglie italiane, che ha lungo corso ma che si è accentuata dal 2008, ha
progressivamente depresso i consumi e messo in difficoltà le aziende del settore,
soprattutto quelle più deboli e meno strutturate. L’uscita dal mercato delle realtà più
deboli, ha consentito, tuttavia, alle imprese rimaste - che sono quelle che fanno parte
dell’aggregato di bilanci qui analizzato - di realizzare una crescita produttiva del 5.6% a
valori correnti nel medesimo periodo storico.
Figura 27. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
Nel 2011, tuttavia, anche queste imprese stanno incontrando crescenti ostacoli a
sostenere il proprio giro d’affari, restando pressochè ferme al valore del 2010 in termini
di fatturato corrente (-0.3%). Tale situazione tradotta in termini reali – ovvero
deflazionando la dinamica del fatturato con l’indice dei prezzi al consumo relativo ai
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57
beni – indica una diminuzione delle quantità intermediate del 3.5% circa per queste
imprese.
La crisi dei consumi si è estesa all’intero territorio italiano, tuttavia ha mostrato accenti
più decisi nelle regioni del Mezzogiorno, condizionando maggiormente i fatturati delle
imprese che operano nelle regioni del Sud: nel 2011 questi operatori del commercio
hanno accusato una calo del fatturato mediamente del 7.3% a fronte di andamenti
ancora crescenti dei fatturati degli operatori delle altre aree del Paese. Si stima che,
oltre alla maggiore riduzione dei consumi, a determinare l’andamento peggiore
dell’attività degli operatori del commercio del Sud vi sia anche una minor presenza in
quest’area di imprese organizzate in rete e GDO (grandi distributori organizzati) che
offrono ai propri affiliati attività centralizzate di acquisto dei prodotti da
commercializzare – con un maggiore potere contrattuale nei confronti dei fornitori e
benefici sui prezzi e le promozioni – sia investimenti pubblicitari centralizzati che
possono aiutare le vendite nelle fasi di difficile congiuntura economica.
Costi e redditività. Nel conto economico di questo settore l’acquisto di materie
coincide con l’acquisto dei beni da intermediare: l’incidenza maggiore che ha questa
voce di costo rispetto alla media dei settori industriali (72% contro una media
dell’industria del 60%) è collegata ai maggiori costi dei prodotti finiti rispetto alle
materie prime e semilavorati. L’abbassamento di questa voce di costo sul valore della
produzione non è ottenibile tramite quei miglioramenti nel processo produttivo che
sono, invece, possibili in un settore industriale. Solo attraverso l’incremento del
contenuto di servizio di un bene commercializzato è possibile ridurre l’incidenza del
costo di acquisto dei prodotti.
Anche il guadagno di produttività del lavoro e il contenimento delle spese generali
sono importanti nel sostenere i margini, ma, data la minore incidenza che queste voci
di costo hanno nel settore del commercio, controllare questi costi non è sufficiente,
anche perché un abbassamento di questi fattori può ridurre il contenuto di servizio dei
prodotti, incentrando l’attenzione del consumatore solo sul prezzo.
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Nel settore del Commercio al dettaglio nel 2011 i costi di produzione sono rimasti
identici a quelli dell’anno precedente, ma la difficoltà che le imprese hanno incontrato
ad aumentare i ricavi di vendita hanno compromesso i margini (MOL). Infatti, questo è
stato per le imprese del commercio l’anno più difficile da affrontare tra quelli analizzati,
a causa di un mercato cedente divenuto particolarmente sensibile a politiche di prezzo.
Si stima che il 2012 sia stato ancora peggiore.
Figura 28. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
0,0
0,5
1,0
1,5
2,0
2,5
3,0
3,5
4,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
La difficile situazione in cui versa il settore del Commercio al dettaglio è evidente, non
solo nella dinamica del fatturato e dei margini, ma anche nella forte contrazione
dell’Utile e nel peggioramento di tutti gli indicatori di redditività (ROS, ROI, ROE): la
riduzione del capitale di terzi impiegato a sostegno dell’attività rispetto al capitale
proprio non è stata sufficiente ad impedire una crescita degli oneri finanziari indotta
dall’innalzamento dei tassi di interesse e da peggiori condizioni sul mercato del credito,
specie per i piccoli operatori.
Nelle diverse aree geografiche si segnala il migliore andamento dei margini e della
redditività delle imprese del Nord Est, più strutturate e di maggiore dimensione.
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3.8 COMMERCIO ALL’INGROSSO
Domanda e produzione. Secondo i bilanci disponibili fino al 2011, nel corso
dell’ultimo biennio il settore del Commercio all’ingrosso ha registrato una crescita
vigorosa: nel 2010 ha recuperato i livelli di attività che si erano ridotti nel periodo di
crisi 2008-2009, nel 2011, invece, ha innalzato il valore della produzione dell’11.8%.
Figura 29. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-30,0 -20,0 -10,0 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
La domanda rivolta ai grossisti proviene direttamente dal settore del commercio al
dettaglio, dai settori che producono beni finali e che si riforniscono di beni intermedi
presso i grossisti e, infine, dai settori dei servizi (sia privati che pubblici) che si
riforniscono all’ingrosso di beni necessari allo svolgimento della loro attività. La
domanda di questo settore dovrebbe, quindi, essere ciclica, legata all’andamento
dell’intera economia. Osservando il trend di sviluppo della produzione del settore
dell’ingrosso la ciclicità è evidente nell’alternanza delle fasi di espansione e di
contrazione dell’attività - che sono le stesse del Pil del nostro paese - ma l’intensità
delle variazioni nelle fasi di crescita o di calo è certamente più accentuata in questo
settore che nel totale economia. Anche volendo collegare l’andamento della
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61
produzione del settore a quella dei principali settori attivanti – ovvero Alimentare,
Arredamento, Abbigliamento, Apparecchiature, Rimanente industria, Costruzioni,
Commercio al dettaglio, Servizi e Turismo – si ottiene la medesima informazione: infatti
nel 2011, a fronte di un andamento del valore della produzione dell’insieme di questi
settori dello 0.9%, il settore del commercio all’ingrosso ha sviluppato un fatturato in
crescita del 10.8%.
Nel 2011 si sono palesate differenze di dinamica a livello di area geografica molto
marcate: mentre il giro d’affari dell’ingrosso nel Nord Ovest è cresciuto addirittura del
23.5%, nel Sud si è contratto del 3.3%. Le restanti aree hanno evidenziato un profilo
crescente ma più smussato. Le differenze di andamento tra le imprese del Nord Ovest e
quelle del Sud ricalcano, a tinte più accese, l’andamento dell’economia di queste aree
del paese.
Costi e redditività. La struttura dei costi del settore del Commercio all’ingrosso
conferma l’elevata incidenza del costo per acquisto di materie sul valore della
produzione, che nel 2011 ha raggiunto un valore superiore al 78%. Difficile fare margini
quando il costo di approvvigionamento dei prodotti da intermediare cresce più
velocemente del valore della loro rivendita. I produttori sembrano non essere riusciti a
controllare il costo di acquisto dei beni così come avevano fatto nel 2010, e ciò in parte
per una crescita dei prezzi alla produzione derivante principalmente dalla crescita dei
costi delle materie prime, in parte per un minore potere contrattuale nei confronti dei
loro fornitori in presenza di un leggero recupero della domanda finale. Il sacrificio sui
margini derivante dall’impennata dei costi di acquisto dei beni da intermediare
(+14.1%) è stato limitato da un maggior controllo sui costi dei servizi (+0.0%) e del
lavoro (+1%). Il MOL è pertanto sceso nel 2011 solo dell’1.7%, riducendo la sua
incidenza sul valore della produzione dello 0.5% (è risultato pari al 4.3% a fine anno).
Figura 30. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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4,0
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6,0
2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
La tenuta dei margini si è riflessa in questo settore in un incremento dell’Ebit grazie
anche alla riduzione degli ammortamenti, certamente collegata ad una minore attività
di investimento della media delle imprese del settore.
Anche se nel 2011 le imprese del settore hanno mediamente pagato più oneri finanziari
dell’anno precedente, la forte crescita dell’Equity (Capitale proprio) ha abbassato il
ricorso al capitale di terzi che, a fine anno, è risultato 2.5 volte il capitale proprio (era 3
volte nel 2007). La creazione di utile positivo e crescente ha poi determinato una
sostanziale tenuta del ROE, che indica la redditività del Capitale proprio investito.
Anche la redditività della gestione caratteristica si è confermata soddisfacente e
superiore a quella media del totale dei settori economici: il ROI di settore è risultato nel
2011 pari a 4.2% contro una media del totale economia di 3.3%.
Il miglioramento dell’attività e della redditività media delle imprese del settore del
Commercio all’ingrosso nel biennio 2010-2011 si ricollega anche ad una situazione di
mercato particolarmente difficile nel biennio 2008-2009 che ha imposto una selezione
all’interno del settore e l’uscita delle imprese meno strutturate, o comunque più fragili,
incapaci di effettuare gli investimenti necessari a restare competitive sul mercato.
L’uscita dal settore di queste imprese ha innalzato le opportunità di crescita e di
guadagno per le imprese rimaste, come evidenziano i dati dell’aggregato di bilanci
analizzato.
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64
3.9 TURISMO
Domanda e produzione. Secondo i conti dell’ISTAT, la spesa delle famiglie sul
territorio economico in alberghi e pubblici esercizi nel 2011 è cresciuta del 2.2% a
prezzi costanti e del 4.3% a valori correnti. L’evoluzione di questa componente di
domanda è stata, pertanto positiva, riflettendo la tendenza dei consumatori a non
rinunciare ai pasti fuori casa e alle vacanze anche in presenza di riduzioni del reddito
disponibile (-0.9% nel 2011). Per una valutazione della componente di spesa in alberghi
e pubblici esercizi costituita dagli acquisti dei turisti possiamo prendere quella
complessivamente effettuata sul territorio economico dai non residenti, che nel 2011 si
è mostrata crescente, sia in quantità (2.7%) che a valori correnti (+5.6%).
Figura 31. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0 10,0 15,0 20,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
In risposta all’andamento favorevole della domanda, gli operatori del settore turistico
hanno registrato una crescita dell’attività del 3.2%, a valori correnti. Superiore alla
media nazionale è stato il risultato nelle regioni del Nord e del Centro, mentre nel Sud
gli operatori hanno accusato un calo dei ricavi del 4.3%, secondo i dati di bilancio
disponibili. I fattori che hanno determinato l’andamento peggiore dell’attività degli
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operatori di servizi di alloggio e ristorazione del Sud Italia sono da ricercarsi da una
parte in una crisi dei redditi che ha colpito maggiormente le famiglie del Mezzogiorno,
indebolendo la domanda di servizi di ristorazione dei consumatori ivi residenti,
dall’altra in una minor presenza in questo territorio di operatori strutturati e di media
dimensione - capaci di migliorare il livello di servizio nello svolgimento dell’attività
alberghiera e di ristorazione e di aumentare la propria visibilità - che ha depresso la
domanda turistica, soprattutto straniera, in un momento di congiuntura economica
difficile anche negli altri paesi.
Il sempre più frequente utilizzo di internet per la ricerca e la prenotazione in autonomia
di viaggi e vacanze da parte delle famiglie ha favorito anche nel 2011 quegli operatori
del settore che si sono attrezzati per aumentare la propria visibilità e risultare
competitivi in termini di servizi offerti e di prezzi.
Costi e redditività. Nel corso del 2011 le imprese del settore, complessivamente
considerate, hanno evidenziato un’ulteriore perdita di esercizio (la quinta consecutiva
secondo i bilanci disponibili). La crescita dei ricavi di vendita non è stata sufficiente a
coprire i costi, finanziare gli investimenti e remunerare il capitale di terzi: infatti l’elevato
livello di ammortamenti (che in questo settore assorbono tra il 7% e l’8% del valore
della produzione) e di indebitamento ha eroso buona parte del margine e determinato,
dopo il pagamento delle imposte da parte delle imprese in utile, un dato aggregato dei
risultati di tutte le imprese incluse nel settore di segno negativo (perdita). Le imprese di
questo settore stanno continuando a ridurre il capitale proprio e a ricorrere al capitale
di credito per finanziare gli investimenti e l’attività economica: tra il 2007 e il 2011 il
capitale di terzi è cresciuto del 24% nel settore del Turismo, contro una media di tutti i
settori analizzati del 6%. Il pagamento degli oneri finanziari in questo settore ammonta
al 2.4% del valore della produzione contro una media del totale dell’economia
dell’1.4%.
Figura 32. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
L’osservazione dei dati di bilancio a livello territoriale non individua nessuna area
geografica con imprese mediamente in utile anziché in perdita: anche le imprese del
Nord Est, che pure hanno presentato una crescita dei ricavi del 6% nel 2011 sfruttando
una migliore organizzazione dell’attività, riescono a fare utili e a migliorare la redditività
del capitale proprio (ROE). Queste imprese riescono, però, a migliorare discretamente la
redditività della gestione caratteristica, presentando una ROI in crescita dopo il minimo
toccato nel 2009.
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3.10 SERVIZI
Domanda e produzione. Nel 2011 la domanda rivolta al settore dei Servizi dalle
famiglie italiane – comprensiva di tutti i servizi con l’esclusione della spesa per alberghi
e pubblici esercizi, afferente al Turismo - ha presentato una crescita dell’1.4% a prezzi
costanti e del 4.2% a valori correnti, presentando un’accelerazione in valore rispetto al
risultato del 2010 e una crescita analoga in termini reali. Complessivamente, quindi, la
domanda delle famiglie ha presentato un’evoluzione favorevole, complice un
incremento della propensione al consumo che ha compensato la contrazione del
reddito disponibile che ha afflitto le famiglie italiane anche nel 2011.
Figura 33. Andamento della produzione per area geografica, 2007-2009 e
2009-2011
-15,0 -10,0 -5,0 0,0 5,0
Nord-ovest
Nord-est
Centro
Sud
Totale
2009-2011
2007-2009
La componente di domanda proveniente dalle imprese (servizi di consulenza
professionale, funzioni aziendali date in outsourcing come pubblicità, marketing,
amministrazione, contabilità, informatica etc.), invece, ha riflesso la debolezza
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69
dell’attività economica del paese, evidente in una crescita del Pil dello 0.4% appena nel
2011. Si stima che questa componente della domanda sia risultata, pertanto, cedente
nel corso dell’anno, mostrando un profilo simile a quello degli investimenti immateriali
delle imprese italiane che nel 2011 si sono ridotti per il quarto anno consecutivo.
Le imprese del settore dei Servizi nel 2011 hanno aggiunto un’ulteriore contrazione dei
ricavi (-3.9%) a quelle degli anni precedenti, raggiungendo a fine anno un livello di
attività del 13% inferiore a quello del 2007.
Meglio della media italiana è risultato il giro d’affari delle imprese ubicate nel Nord
Ovest che rappresentano oltre il 40% del totale del settore. Le imprese del Sud, invece,
sono state travolte in pieno sia dalla debolezza della domanda delle famiglie che dalla
riduzione degli investimenti delle imprese, registrando una riduzione del valore della
produzione del 10%.
Costi e redditività. Dopo il forte deterioramento della redditività causato, nel 2010, da
un’impennata del costo dei servizi e spese generali (+7.9%) che non ha lasciato spazio
alla creazione di margini remunerativi, nel 2011 le imprese del settore hanno
dimostrato un maggior controllo sui costi di produzione, ottenendo un incremento
della quota dei ricavi di vendita destinata ai margini. L’evoluzione del ROS - che è
passato dal 6.5% al 6.7% tra il 2010 e il 2011 – ha confermato la capacità degli operatori
del settore di compensare la progressiva crescita dell’incidenza del costo del lavoro
contenendo le altre spese di gestione.
Figura 34. Redditività (ROI) e Leverage, 2007-2011
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2007 2008 2009 2010 2011
ROI
Leverage
Grazie alla crescita del MOL in percentuale della produzione, le imprese del settore
sono riuscite a frenare la riduzione dell’Utile, stabilizzandolo all’1.8% del valore della
produzione. Gli indicatori di redditività (ROI e ROE) non si sono pertanto ulteriormente
deteriorati dopo il forte peggioramento del 2010, anno in cui la forte crescita del costo
dei servizi e delle spese generali aveva compromesso la remuneratività dei fattori
produttivi e ridotto di 2/3 l’utile in percentuale della produzione.
Le minori risorse disponibili nel 2011 hanno ridotto l’Equity del settore dei Servizi per la
prima volta nel periodo analizzato in questo Rapporto: nonostante le imprese del
settore abbiano cercato di contrastare il peggioramento di tutte le condizioni sul
mercato del credito frenando l’indebitamento – evidente nella stabilizzazione del
rapporto Capitale di terzi su Capitale proprio – e limitando l’attività di investimento in
presenza di incerte prospettive della congiuntura economica (gli ammortamenti sono
infatti calati), gli oneri finanziari sono comunque cresciuti per effetto della crescita dei
tassi di interesse.
In tale contesto di riduzione dei livelli di attività, le imprese del Sud, che più delle altre
hanno accusato il calo dei ricavi di vendita, hanno quasi azzerato l’Utile d’esercizio e la
redditività del Capitale proprio: il ROE della media delle imprese del meridione è
risultato pari a 0.7% nel 2011. In quest’area gli ammortamenti si sono ridotti addirittura
del 10%, segnalando un’attività di investimento limitata dalla necessità delle imprese di
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sostenere l’utile in presenza di una congiuntura del mercato tanto difficile in questa
area del paese.
Un risultato economico migliore hanno ottenuto le imprese dei Servizi del Nord Est e
del Centro che, grazie ad un maggior controllo esercitato sui costi di produzione, sono
riuscite nel 2011 a stabilizzare il MOL sul livello dell’anno precedente , ad incrementarlo
in percentuale della produzione e a migliorare l’Utile d’esercizio e la redditività
dell’attività economica.
Il quadro complessivo di questo settore resta comunque molto depresso e la redditività
molto compromessa, in media, dopo 4 anni di difficoltà.
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4 NOTA METODOLOGICA
I risultati presentati si riferiscono ai bilanci presentati da circa 1.300.000 società di
capitali tra il 2007 e il 2011.
Le letture contenute sono divise in due sezioni, una relativa alla fase 2007-2009 e una
successiva riferita alla parziale ripresa del triennio 2009-2011.
Lo studio a livello settoriale ha riguardato i seguenti comparti: alimentare,
abbigliamento, arredamento, apparecchiature, altro industria, costruzioni, commercio al
dettaglio, commercio all’ingrosso, turismo, servizi.
Le informazioni del presente documento sono Elaborazioni MET/FORMAT su dati
CRIBIS D&B.
5 AUTORI
Il presente documento è stato redatto da: (alfabetico)
Dott. Pierluigi Ascani
Prof. Raffaele Brancati
Dott. Andrea Maresca
Dott.ssa Caterina Nascè
Dott. Daniele Serio