1. Resoconto Generale Escursioni
Ottobre 6, 2001 - sabato
Monte Sant’Angelo a Tre Pizzi, m. 1444 (M. Lattari).
Rosario, Pierino, Paoletto. [dia]
Partenza da S. Maria del Castello (ore 8.35), utilizzando l’Alta Via dei Lattari 00. Primo tratto con
soli 100 metri di dislivello fino alla Caserma Forestale. Alle spalle della suddetta, a differenza di
quanto riportato sulla carta, si separano già i sentieri: 00 (per la Conocchia), 02 (per Agerola) e
29 (per Positano).
Comincia quindi la lunga salita che porta, usciti dal bosco di querce e cipressi, ad un balcone
belvedere (leggermente fuori sentiero). Quindi si continua l’irta salita su una spalla che nasconde
alla vista il vallone che apre alla Croce della Conocchia. Dopo un incrocio dubbio (i segni CAI
puntavano a sinistra, il mio orientamento - risultato poi errato - consigliava a destra: trattasi
dell’incrocio posto a q. 1050, ovviamente bisogna seguire i segni…) ed un acuto aggancio a gomito
sulla cresta, si giunge finalmente al vallone di cui sopra e, soprattutto, al tratto più impegnativo
dell’escursione. [n.b. Ho avuto l’impressione che da questo punto in poi il sentiero sia diverso da
come rappresentato sulla carta: si imbocca la cresta (che più in basso prende il nome di Riva
Erbatenera) e si punta decisamente ad est, non verso Croce della Conocchia, quanto piuttosto
verso la cima segnata sulla carta q. 1314, per girare infine - raggiunta la vetta - verso nord e
riallacciarsi allo 00 tracciato sulla carta. Mah!] Guadagnata la quota, resta la parte finale e poco
difficoltosa del sentiero: incrociamo il bivio per il sentiero 50, che porta alla Chiesa di S. Michele e
(ci è stato poi detto) anche ad una fonte perenne (15 min. ca.); ci affacciamo sulla testata di un
valloncello che fa’ da valico tra il versante di Positano e quello di Pimonte (e viene battezzato
Passo di Gustav Malher per la somiglianza di una roccia con il profilo del musicista, a detta di
Pierino…); e affrontiamo infine l’ultima, breve ma erta, salita per guadagnare il Molare dopo 3.30
h dalla partenza.
Incontri interessanti durante l’ascesa: gechi, cornacchie, un rapace con una macchia bianca sotto
le ali, un serpente bruno di circa 70 cm. Per il ritorno impieghiamo solo 1.55 h.
Ottobre 8-9, 2001 – lun.-mar.
Trentinara (Cilento).
Prof. Barattolo, Antonio, Enrica del Vecchio.
Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.
Ottobre 13-14, 2001 – sab.-dom.
Cappio con Cima delle Murelle, m. 2596 - Monte Acquaviva, m. 2737 – Monte Focalone, m. 2676
(Massiccio della Majella).
Rosario, Antonio & Francesca. [dia]
Ottima due-giorni nel Parco Nazionale della Majella. Il sabato pomeriggio è impiegato per lo
spostamento in auto, la serata per una buona cena nel Rifugio Pomilio (q. 1892) e per osservare lo
stellato cielo abruzzese, la notte – infine – per un tormentato sonno.
Domenica: partenza dal termine della provinciale della Majelletta alle ore 8.10. Dopo un’ora di
cammino facile e sempre in splendida vista sui Valloni delle Tre Grotte e, dopo, di Selvaromana
(ma non passando per la Blockhaus, né per M. Cavallo, né per la Tavola dei Briganti) giungiamo al
1
2. Fontanino di Grotta Celano con bell’acqua fresca ma stillicidiante e viriamo a sinistra a mezza
costa. Attraversando un’intricata mugheta saliamo lentamente di quota e, mediate breve
passaggio attrezzato, cambiamo versante lasciando i Pinus mugo ma guadagnando una magnifica
visuale sulle Valle delle Murelle, che ci promette grand’impegno...
Infatti arrivo senza fiato al sovrastante Anfiteatro delle Murelle, surreale. Continuando a salire,
puntando verso est alla Cima delle Murelle, una meravigliosa sorpresa ci fa’ piombare nel mistero
che fu di questi luoghi: su una roccia, piccola e piatta, ritroviamo alcune incisioni tra cui si
distinuguono poche parole, che sembrano nomi (Pasqua), dei numeri e in tre croci in basso. Si
tratta di un’incisione del periodo dei briganti! Ma solo una vista dall’alto, poco dopo, rivelerà la
bellezza dell’Anfiteatro ad ogni livello: si legge chiaramente il circolo glaciale e gli accumuli
morenici su cui si sono impiantati estesi ghiaioni, mentre alcune pietre sul fondale - che solo
adesso appaiono allineate in circolo - denunciano la presenza (in età passate) di numerosi stazzi
utilizzati, probabilmente, durante le transumanze. Risalendo inoltre scopriamo Rudiste di
invidiabile bellezza. Agganciamo una delle creste (con direzione NO-SE) e cominciamo il tratto più
impegnativo che ci porta in vetta alle 10.55 (m. 2596, Cima delle Murelle). Ottimo panorama a
nord, segue disegno (vedi fig. 1). Alle undici e mezza lasciamo la nostra prima conquista perdendo
quota in direzione SO e continuando a costeggiare il bell’Anfiteatro. Raggiungo, sempre con
grande affanno, il valichetto tra l’Acquaviva e il Focalone, da cui viene anche avvistato il Matese,
e puntiamo poi in direzione della seconda cima della Majella. Ci fanno compagnia cuscini di Sylene
acaulis. Alle 12.40 siamo sul M. Acquaviva (m. 2737) per un amplissimo sguardo a 360° e per un
meritatissimo panino.
Dopo lunga pausa (alle 14.00) lasciamo la vetta e segniamo il passo anche sul M. Focalone (m.
2676) che, osservato dal nostro punto di provenienza, è piuttosto un altopiano. Scendiamo ancora,
stavolta in direzione nord, e possiamo osservare a sinistra la parte alta del Vallone dell’Orfento,
più grande ma meno orrido di quelli incontrati in mattinata, che ha piccoli nevai in testa. Non
seguiamo la cresta in maniera diretta ma deviamo ad est verso il Bivacco Fusco (m. 2455 – ore
15.05) per un’ulteriore lunga sosta (oltre 50 min.) durante la quale lasciamo una firma ed
assaggiamo del the preparato al momento da simpatici escursionisti di Francavilla al Mare. Alle
16.25 chiudiamo il cappio doppiando il Fontanino e alle 17.20 siamo all’auto.
Degno di nota è un punto (battezzato per l’occasione Imbocco della Nummulite) in cui è possibile
osservare Nummuliti con oltre 5 cm di diametro. É lungo il primo tratto del percorso dopo un
valico (Est-Ovest) che ospita un tombino e immediatamente dopo un segnale in legno per i sentieri
che porta tre frecce.
Incontri interessanti: gracchi a volontà (probabilmente anche un gracchio corallino) ma
soprattutto la bellezza nuova e particolare del Pinus mugo.
Siamo arrivati a casa solo alle 23.05, tra documenti smarriti, carabinieri e il traffico a Caserta.
Corno Grande
Sirente Centenario
Sibilla
Velino
Fig. 1 Montagne
Laga
dei Fiori
Novembre 4, 2001 – dom.
Passeggiata a S. Liberatore, m. 466.
-/-
La bellezza e la pulizia di cielo del sabato e della domenica mi spingono a fare quattro passi,
anche se brevi ed in solitaria, dopo pranzo. Dalla “Valle di San Liberatore” alla cima (35 min.)
osservando rocce, arbusti e bei panorami. Attendo il tramonto affacciato sulla valle metelliana,
giocando con la bruna penombra e i casali. Poi vado via: ne valeva la pena!
Novembre 20, 2001 – mar.
Roccadaspide
Antonio, Enrica.
Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.
2
3. Novembre 21-22, 2001 – mer.-gio.
Trentinara
Antonio, Emilio.
Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.
Novembre 25, 2001 – dom.
Passeggiata su Le Creste (anticima nord), m. 644 (Colline Salernitane)
-/-
In tarda mattinata ed in solitaria decido per una brevissima passeggiata. Da Varco della Foce
(Cava-Pellezzano) mi sposto sulla crestina a prevalente direzione S-E per raggiungere in 20 min. la
prima anticima nord de Le Creste (644 m.) passando sotto un boschetto misto di giovani castagni
e ontani. Dal toppo osservo curioso il panorama poco familiare che si apre ad ovest e riconosco (da
nord a sud) M. San Michele e gli adiacenti Mai, l’imponente Monna, il vicino gruppo del Monte
Stella e, in un profilo geologicamente utilissimo, il M. Tobenna.
Dicembre 2, 2001 – dom.
Anello con Monte La Nuda, m. 1709 (Massiccio degli Alburni)
Rosario e Francesco, Antonio & Francesca e i caini: Gianni De Fazio (capocordata), Mino, Antonio,
Harling. [video]
Prima escursione effettuata in pieno inverno, con le bellezze e le difficoltà caratteristiche della
stagione.
Partiamo alle ore 9.00 da Postiglione (q. 650) sotto un bosco a prevalenza di faggi giovani e
querce, procedendo a zig-zag e salendo di quota. Dopo 45 minuti passiamo accanto alla Grotta di
S. Elia (q. 867) e, poco dopo, ci raccordiamo alla base delle alte pareti del Colle Medoro. Lungo
questa parte del tracciato incontriamo spesso stalattiti di ghiaccio e, ciò che desta più meraviglia,
numerosi pinnacoli e guglie, strapiombanti su di noi. Alle ore 11.50 arriviamo al Valico dell’Arco
(q. 1482) guadagnando la visuale finora nascosta e riuscendo a leggere nella cresta che continua a
ovest e poi a sud la monoclinale del Massiccio. Approfittando della sosta mi reco, con Antonio, alla
vicinissima cima del Guardiano della Nuda (come battezzata dal capocordata).
Continuiamo per cresta con direzione prevalente est; a luoghi ci accompagnano il vento e bianchi
lembi di nubi, che vediamo crearsi e disfarsi con estrema rapidità. Pochi metri sotto la vetta un
valichetto accentuato, fungendo da corridoio per una corrente che batte sui nostri corpi sempre
più forte, ci dona per la prima volta il magico aspetto degli alberi con la galaverna, mentre il
vento strappa, a raffiche, cristalli di ghiaccio dai rami. Sono le 12.40 quando raggiungiamo la cima
di Monte La Nuda (m. 1709), il termometro segna –2. Per consumare il pasto cerchiamo un riparo
dall’implacabile vento gelido e dal tumulto delle candide nubi che, sempre più spesso,
permettono al sole di riscaldarci.
Dopo una sosta di oltre un’ora continuiamo l’anello spostandoci prima lungo la cresta principale e
poi, dopo alcuni imbocchi ghiacciati - e quindi scartati - che ci hanno costretto a proseguire sulla
principale più del voluto, lungo una crestina secondaria [ciò non mi è dato di sapere con
precisione poiché eravamo tutti privi di carta topografica mentre il De Fazio (unico conoscitore
della zona) non aveva fissato in precedenza un itinerario né illustrava il percorso, così come avrei
preferito, in modo da potermi orientare]. Abbiamo, però, avuto in tal modo la possibilità di
effettuare una serie di saliscendi che hanno offerto punti di vista ampi o raccolti, ma sempre
estremamente suggestivi: panorami mozzafiato e ventosi sulle rupi verso nordest, tratti silenziosi
sotto mature faggete dal suolo innevato, e doline - veri piccoli campi in quota - con una bellissima
cornice di faggi ghiacciati dalla galaverna. L’ultima cima raggiunta (quindi la più orientale) prima
del dietrofront ci permette di spaziare a 360° sulle restanti vette degli Alburni, sul percorso
coperto, sulla costa tirrenica, sulla piana e la sottostante valle del Sele.
Comincia così il lungo ritorno dapprima ancora su cresta, poi giù lungo una spalla del Monte
Palermo (dalla quale abbiamo ammirato un poetico tramonto) e infine su comoda mulattiera che si
inoltra lentamente nel bosco così come il meriggio si inoltrava nella sera e questa nella notte,
tanto da farci accendere le torce. Abbiamo così concluso l’escursione praticamente in notturna
alle ore 17.50, dopo un dislivello complessivo di circa 1250 metri.
Dicembre 16, 2001 dom.
3
4. Pendici del Monte Caruso (Parco Naturale Diecimare) – vetta mancata.
Rosario. [dia]
Il freddo intenso e la neve di questi giorni, effimera ma continua, mi avevano convinto nel tentare
di ripetere un’escursione che fosse squisitamente invernale. Il tempo minaccioso ci ha prima
trattenuti dall’andare nei Picentini, poi convinti a non sprecare, almeno, la mattinata. E siamo
così andati al Parco di Diecimare.
Dal Centro Visite del Parco (q. 425 ca. – da controllare) imbocchiamo il sentiero principale (ore
11.30), quindi il sentiero Natura e poi il sentiero del Falco. Dopo 20 min. di cammino usciamo dal
bosco (pini e cipressi rimpiantati) e poco dopo lasciamo la mulattiera segnata dal Parco, che
probabilmente porta solo al varco con l’adiacente Forcella della Cava, e giriamo a sinistra verso
Monte Caruso. La neve diventa più abbondante, in aria ed a terra.
La cima - ormai completamente avvolta - ci sfugge alla vista, il vento cresce ad ogni minuto, il
sentiero intrapreso non ha più neppure i segni rossi del CAI, la traccia diventa labile e l’ora tarda.
A malincuore decidiamo di fare ritorno (ore 12.50) consapevoli che manca poco (ma non riusciamo
a capire quanto poco) dalla vetta. In discesa il tempo peggiora: le raffiche di vento scagliano i
piccoli fiocchi di neve sul volto e negli occhi e a volte ci fanno fermare. Quando siamo giunti di
nuovo al Centro Visite (ore 13.30) scopriamo che anche lì la neve, assente prima, aveva
cominciato ad accumularsi a terra...
Dicembre 28, 2001 ven.
Trentinara
Antonio
Per le note consultare il file “Pro-tesi a Trentinara”.
Dicembre 30, 2001 dom.
Anello sui Monti del Demanio (M. Lattari)
Rosario & Francesco, Antonio, Pierino & Paoletto [dia]
Anello concepito per approfondire la conoscenza dei sentieri che interessano la cresta tra Monte
Finestra e l’Avvocata. È risultato molto più avventuroso del previsto!
Nonostante il cielo completamente coperto, le previsioni che portavano pioggia e i dissensi
familiari, ci rechiamo (ore 9.00) alla base del progettato itinerario (Corpo di Cava, q. 450 ca.):
l’intenzione è quella di giungere sulla vetta sud del Finestra utilizzando il sentiero n. 6, quindi di
tornare indietro con l’Alta Via e discendere con il n. 4. Imbocchiamo il sentiero n. 6 ma dopo
pochi tornanti un casolare con recinti di maiali e cinghiali ci fa tornare sui nostri passi. Insicuri che
la strada abbandonata fosse stata quella giusta, abbiamo seguito un chiaro sentiero con segni rossi
che parte dal sottostante casone. Ben presto l’orientamento e lo sviluppo del percorso mi
suggeriscono che siamo ridiscesi, in realtà, sul n. 4; e la conferma arriva poco dopo.
Il sentiero è trascuratissimo: a tratti si perde tra le ginestre e gli arbusti mentre segni rossi nuovi
sono pochi (più frequenti sono invece vecchi segni scoloriti); a questo si aggiunga il fatto che,
essendoci ormai inoltrati nelle grigie e fitte nubi, la visibilità è scesa sotto i 25 metri e il tracciato
è costantemente umido, quindi a rischio di pericolosi scivoloni... Le brutte condizioni di viaggio e
il continuo smarrimento del sentiero spingono molti a ritenere più sicura l’Alta Via verso
l’Avvocata piuttosto che verso M. Finestra; soprattutto ritenevo importante il fatto che con questa
modifica al programma saremmo stati, sul tardi, su sentieri molto familiari e – soprattutto – non
saremmo stati costretti a utilizzare per la discesa sentieri potenzialmente di uguale difficoltà,
quali il 6 o il 4 all’inverso.
Giungiamo in cresta laddove il n. 4 si aggancia sullo 00, e purtroppo siamo invece convinti di aver
appena raggiunto la spalla Chianiello: quindi giriamo a destra, come da carta. Il sentiero
letteralmente scompare... Controllata la bussola, mi accorgo che la direzione generale assunta è
nord! Siamo in direzione M. Finestra! Bisogna tornare indietro! Il vento è più forte, i dubbi
d’orientamento sono moltissimi, la bussola perde simbolicamente il vetrino di protezione ed io
faccio un bel salto con scivolata in un rudere. Torniamo sui nostri passi e, fortunatamente, i
“conti” tornano: ci rendiamo conto della nostra posizione, riconosciamo il sentiero 00 e
decidiamo, infine, di attuare la predetta variante caldeggiata soprattutto dal sottoscritto
capocordata, da Antonio e da Francesco.
La tranquillità, in breve, torna nella truppa e in circa un’ora (anche con interessanti passaggi di
discreta difficoltà) percorriamo la cresta per giungere all’incrocio triplo dell’Alta Via (Avvocata –
Demanio – Badia). Sono le 12.10. Il pasto riscalda ancora di più il morale e così, dopo tre quarti
4
5. d’ora, prendiamo la via del ritorno verso Cappella Vecchia. Alle 15.20 siamo alla Badia e dopo 35
minuti ritorniamo alle auto, un po’ lontane...
Gennaio 5, 2002 sab.
Monti Mai, m.1607 (Monti Picentini) – vetta mancata.
Rosario, Pierino & Paoletto [video]
Escursione bella e divertente, anche se incompleta.
Da Capo Calvanico bisogna seguire le indicazioni per il Santuario di San Michele, continuando su
strada asfaltata.
Dopo pochi km, alla comparsa del segnale 16A, lasciamo l’auto (ore 8.55; in realtà sulla carta il
sentiero coincide già con il precedente tratto asfaltato). Il forte vento ci accoglie nel vallone
dell’Acqua Brecciarella. La mulattiera è comoda e ben segnata.
Aggirato sulla sinistra un grosso spuntone roccioso (sulla cima del quale si apre un discreto
panorama sul percorso coperto e su quello da coprire) assumiamo prevalente direzione est
mantenendoci sulla destra orografica del bel Vallone del Faggeto: le chiazze di neve e le stalattiti
di ghiaccio aumentano, e ben presto ci ritroviamo a camminare su oltre 1 metro di neve (!!!). A
tratti incontriamo difficoltà d’orientamento solo perché la copertura nevosa cela il sentiero
altrimenti evidentissimo. Ci sono tuttavia anche dei segni rossi che indicano tracciati non presenti
sulla carta (uno di questi inaspettati incroci è, probabilmente, quello segnato a q. 1125 che vede a
destra il 16A e a sinistra un sentiero che mena più direttamente a Tuppo dell’Uovo). Alle 10.35 ci
concediamo una piccola pausa-cioccolatosa (15 min.) a quota 1260, in un zona di incrocio di
sentieri (anch’essa apparentemente del tutto assente sulla carta dei Monti Picentini): ci troviamo
in zona Scarfatella. Infatti poco dopo comincia l’ascesa che risulta un po’ più impegnativa, e
quindi più lunga, del dovuto a causa dell’abbondante neve. In compenso il bosco innevato è
bellissimo...
Alle ore 11.35 raggiungiamo la cresta ed un vento, gelido ma atteso. Procediamo verso SSE, a volte
spediti a volte lentamente dal momento che la cresta è spesso affilata e la neve spesso ghiacciata;
la combinazione impone indiscutibilmente un’estrema cautela: uno scivolone lassù può risultare
fatale. Con difficoltà sempre maggiore ci spingiamo fino a poco meno di 100 metri di dislivello
dalla vetta, ma andare avanti è cosa proibitiva... Quindi (ore 12.35) decidiamo per il dietrofront
e, appena trovato un luogo riparato ma con “vista”, facciamo colazione.
La discesa è rapidissima: alle 13.50 siamo già alla Spalluccia del Cioccolato e alle 15.15 vicini
alle auto.
Gennaio 19, 2002 sab.
Monte Finestra (cima sud) – vetta mancata.
Rosario, Pierino & Paoletto.
La maledizione della “Finestra da Sud” continua! Dopo il fallito tentativo di un mese fa,
ritorniamo sulla cresta (a noi sì cara...) Avvocata-Finestra convinti che da lì sarà facile
raggiungere Monte Finestra. Non avevamo fatto i conti con l’Alta Via...
Partiamo alle ore 8.40 dalla Badia di Cava, utilizzando il neo-trovato sentiero 2, e continuiamo
piuttosto lentamente poiché il sentiero non è d’immediata individuazione né curato. Alla fine
infatti lo perdiamo (complice anche l’abbondante neve e le imprecisioni della carta – di cui dirò
più tardi...) e siamo costretti a raggiungere l’ormai vicina cresta in direttissima, tra arbusti e
tronchi abbattuti (!?) di giovani faggi. Sbuchiamo (11.10) nella parte alta dell’Aria del Grano, tra i
montarozzi segnati 933 m. e 932 m.: il panorama è bello, ma molto più bello ed inatteso è
l’incontro con sei cavalli pascolanti sulla cresta. La loro presenza rende più dolce l’ambiente e
meno amara un’escursione che sarà senza cima... Per l’occasione il suddetto valico (quote
932-933) viene battezzato Località Cavalli (n.b. probabilmente corrisponde al valico tra la fronte
e il naso del famoso Profilo di Dante). Ci volgiamo verso nord e in 40 minuti ritroviamo il Casotto
che si erge là dove dovrebbe arrivare il sentiero n. 2 e, adiacente, il valico dell’incrocio con il 4,
ovvero il Rudere della Caduta (secondo nuovo toponimo della giornata!).
E qui, come in un dejavù (ma senza la nebbia...), troviamo le stesse difficoltà del 30 dicembre: i
segni ci sono, ma il sentiero praticamente non esiste! Continuiamo insistenti (soprattutto Rosario)
verso nord ma la fatica è inconciliabile con l’orario (sono le 13.00) e le volontà: siamo quindi
costretti ad un dietrofront che ci indispone. All’una e mezza siamo di nuovo ai Cavalli, per
mangiare e godersi un po’ di pace dopo le arrabbiature dello 00 vecchio, non curato e quindi
impraticabile.
5
6. Per la discesa ci proponiamo tre possibilità: continuare sull’Alta Via verso il bivio per l’Avvocata
(facsimile del 30 dicembre...); inventarsi una strada verso la sottostante e visibile mulattiera per
Cappella Vecchia; ritrovare il 2, che dovrebbe essere qui giù, a NE, da qualche parte... Scegliamo
l’ultima busta e partiamo (ore 14.30). In effetti scendiamo seguendo prima le nostre impronte
sulla neve e poi dei segnali rossi (ma come... il 2 sta qui?). Dopo poco capiamo tutto: il sentiero
numero due non è come tracciato sulla carta, esso raggiunge la cresta molto prima mantenendosi
quasi sempre parallelo alla crestina secondaria del Colonnello. Sulla carta invece il due raggiunge
la cresta molto più avanti e a nordovest, presso il Casotto vicino al Rudere della Caduta. [p.s.
altro errore della carta: tra la località Cavalli e il Rudere della Caduta lo 00 non procede affatto
sul versante occidentale (né perde 150 metri di quota come segnato sulla carta dei sentieri!), ma
si mantiene pressoché in cresta o sul lato cavese].
La morale finale della giornata escursionistica – conclusasi alle 15.45 – è che il Cai riceverà ben
presto una nostra visita e, soprattutto, le nostre lamentele!
Gennaio 29, 2002 mar.
Trentinara
Antonio
Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.
Febbraio 17, 2002 dom.
Anello sul Monte Maggiore
Rosario, Antonio & Francesca, Pierino ed ”altri”. Comunque uno in più dell’immaginabile...
[video]
La più affollata escursione a cui abbia mai partecipato: di conseguenza, anche se l’ambiente era
promettente, il risultato è stato pessimo. Non è esagerato ritenere che oltre un centinaio di
persone abbia cinto e conquistato, in questo stesso giorno, le pendici e la vetta del M. Maggiore!
Erano presenti tre sezioni Cai (Piedimonte, Caserta e Napoli) organizzate in una miriade di gruppi
e gruppini che hanno attaccato il monte da diversi fronti, su sentieri diversi e con mete varie. Una
biblica folla festante e curiosa di bimbi, presso uno dei santuari incontrati sul percorso, ha
rappresentato la ciliegina sulla torta...
Il sentiero parte sulla destra lungo la strada che da Rocchetta porta a Pietramelara, dopo aver
valicato. La spedizione comincia (in ritardo) alle 10.00, attraversa subito un pianoro e sale di
quota zigzagando nel bosco e accompagnata dalle solite stazioni di una Via Crucis (cominciamo
quindi ad intuire che la prima parte del tracciato è una sorte di Avvocata). Dopo 40 minuti
incontriamo la Cappella di Frade-Janne (q. 930), un primo panorama verso i settori NE e NO ed
una folla degna dell’esodo d’ebraica memoria.
Alle 11.00 ripartiamo in fila e, dopo un quarto d’ora decidiamo (anche con la speranza, rimasta
delusa, di far “fluire” un po’ la maggior parte dei deportati) di deviare verso il Santuario del SS.
Salvatore. Quivi Rosario, novello esploratore di terre mai raggiunte dall’Uomo Bianco, s’imbatte in
divertiti autoctoni dalla giovane età. Lentissimamente torniamo indietro e solo alle 11.35 siamo di
nuovo sul sentiero per la vetta (mi consola che lungo tale deviazione c’imbattiamo nel livello a
Cladocoropsis). La salita è a velocità bassa e costante: alle 12.25 siamo all’anticima e - dopo
ancora un quarto d’ora – in vetta.
Il pasto dei numerosi caini è abbondante, duraturo e, purtroppo, produce anche un inatteso
inquinamento... Sono le due quando lasciamo la cima e alle 15.20 siamo al punto di partenza: la
folla si disperde tra le auto e lungo le strade. Torna il silenzio.
Marzo 10, 2002 dom.
Monte Cerreto, m.1316 (Monti Lattari)
Rosario, Pierino & Paoletto [video]
Combinando il sentiero 22 e l’Alta Via, realizziamo un’escursione di mezza giornata su una cima
non ancora scalata dei nostri Monti.
Alle 8.25 partiamo utilizzando il sentiero 22, segnato sulla carta ma non in campagna, che si
presenta comunque abbastanza evidente. Incontriamo tagliaboschi iperattivi e raggiungiamo in
un’ora il valico del Tuoro (q. 796) e quindi il segmento di cresta. Da qui, intenzionati ad usare la
comoda Alta Via, puntiamo a SSW verso il chiaro Colle Calavricito: i segni rossi sono assenti (anche
se erano comparsi al valico) ma la direzione è sacrosantamente giusta, come da carta. Dopo un
po’ il cammino diventa più impegnativo e, per questo, più basso l’umore generale. Poi, aggirando
6
7. la Vena S. Marco, la nostra posizione diventa sempre più sicura; compaiono inoltre a destra alte e
belle parete, e a sinistra bei scorci verso Tramonti e lungo il profilo Sant’Angelo-Finestra-Avvocata
(S.A.F.A), in inusuale veduta riflessa.
Mancano dieci minuti alle 10 quando raggiungiamo il valico e l’annessa casetta del Tuoro di
Stellante (q. 880). Qui ricompaiono i segni bianco-rossi (‘u pittato, come suggerito dal
tagliaboschi) e quindi puntiamo a SW ben determinati e ben indirizzati (grazie ai segni che ci
accompagneranno fino alla fine) non prima di aver attraversato un delizioso tratto della cresta
completamente invaso da crochi e che gli hanno reso il battesimo di Via dei Crochi. Il sentiero è
sicuro, escursionisticamente interessante, paesaggisticamente gratificante e impegnativo nel
finale; e alle undici in punto siamo in cima (M. Cerreto, m. 1316). La colazione è breve e il
panorama è per lo più celato dalle nubi (compariranno a tratti il Vesuvio, Sant’Angelo a Tre Pizzi,
l’Agro, il S.A.F.A.), così dopo mezz’ora lasciamo già la vetta.
Giunti al Tuoro di Stellante riusciamo a seguire senza difficoltà i segni e comprendiamo, strada
facendo, che la vera Alta Via passa costantemente a mezza costa (fianco SE dell’allineamento
Vena S. Marco – Calavricito). Lo 00, quindi, utilizza non la cresta ma quel sentiero (tracciato sulla
carta ma comunque mai evidenziato in rosso) che da Tuoro di Stellante mena a WNW, taglia in alto
il Vallone Pietra Piana, scende fino ai 775 metri e si congiunge al Tuoro con netta direzione N-S.
Tale valico ci rivede all’una meno un quarto e alle 13.25 siamo di nuovo all’auto.
Aprile 27, 2002 sab.
Monte Accellica, m. 1660 (Monti Picentini)
Rosario & Francesco, Piero & Paolo [dia]
Giornata destinata al dimenticatoio perché caratterizzata da una fitta nebbia che ha reso
inesistente qualsiasi panorama.
Si parte alle 8.45 pronti a percorrere un itinerario misto, ma già rodato, costituito dai sentieri
11b, 11 e 4. Fino a Varco Colla Finestra (ore 10.00) l’escursione è semplice e, purtroppo, già avara
d’interessi. Dal varco parte l’erta salita, sotto fitti faggi e - ben presto – anche sotto una sempre
più fitta nebbia. Dopo mezz’ora ci dedichiamo una breve pausa (15 min.): ci troviamo a quota
1260 (Ninni dell’Accellica) e il cammino è piuttosto impegnativo. Ripartiti, ci agganciamo subito al
filo della cresta secondaria (la spalla d’ascesa) con netta direzione N-S, in un bosco a tratti fitto a
tratti rado: il panorama è comunque assente. Alle 11.10 siamo in cresta e la domanda
è:”Dobbiamo continuare?”. La via è sicura, ma il tempo è orribile; siamo immersi in una nube,
quindi in un 100% d’umidità, e temiamo in un improvviso rovescio.
Decidiamo di continuare e viriamo a est. Un forte vento australe, carico d’umidità, bagna e poi
gela da destra: l’umidità nell’aria è così tanta che giù per i tronchi colano lavarelle d’acqua dalla
portata mai vista! Nel finale della cresta due diversivi svegliano le sinapsi intorpidite dalle
infiltrazioni: prima si perdono i segni rossi (ma la via è unica), poi Paoletto ci annuncia una vetta
(senza alcun segnale da “vetta”...) che subito si scopre essere invece un’anticima (Anticima
Paoletto, probabilmente il picco segnato con m. 1627). Il vero traguardo giunge poco dopo (M.
Accellica, m. 1660); sono le 12.05. Purtroppo null’altro, se non la vetta, è possibile vedere da
lassù e dopo solo 10 minuti siamo già di ritorno.
Mancano 10 minuti all’una quando lasciamo la cresta e alle 13.25 siamo di nuovo al Valico Colla
Finestra. La sterrata finale è lunga e noiosa come non mai, vivificata soltanto dal puzzo delle
flatulenze di cinque vacche che sospingeremo per un bel po’. Alle 14.35 rientriamo - infreddoliti e
umidicci - nell’auto: lì consumeremo sciapi panini...
Maggio 18, 2002 sab.
Monte Polveracchio, m. 1790 (Monti Picentini) – vetta mancata.
Rosario, Piero & Paolo [dia]
Il progetto, rivelatosi anche più ambizioso del previsto, prevedeva l’uso dei sentieri 7-b e 7-a per
raggiungere la vetta. L’attacco del sentiero è raggiungibile da Acerno svoltando a destra nella
piazza principale (provenendo da Montecorvino) e quindi subito a sinistra: la strada, che mena a
Campagna, è molto dissestata e dopo circa 15 minuti, terminato l’asfalto, abbiamo convenuto di
fermare l’auto per proseguire a
piedi. Eravamo a circa 700 m. altri segni Acerno
s.l.m. 7a
L’escursione comincia, in ritardo sentiero
rispetto al previsto, alle ore 9.40
continuando la suddetta strada 7a sterrata
N
7
Fig. 2
7b
8. per Campagna, ormai divenuta sterrata. Poco dopo, in un acceso tornante a destra, troviamo uno
(ed unico sarà…) segnale rosso su tronco: abbiamo incrociato il sentiero 7-b. Lasciamo la strada e
scendiamo a sinistra. I segni si dimostrano appunto limitati a quell’unico visibile lungo la strada;
noi continuiamo con sicurezza – bussola e carta alla mano – nella direzione riportata sulla carta dei
sentieri, ma ciononostante non esistono segni rossi. Attraversiamo uno slargo-stazzo e siamo
prossimi al fiumiciattolo del Vallone Puzunito, che attraversiamo poco più avanti dopo aver
intravisto un animale a pelo lungo di piccola taglia scomparire nel bosco (una faina?).
Raggiungiamo, tutt’insieme, una sterrata, una baracca e un mandriano; che ci indirizza verso la
direzione giusta. Seguendo la sterrata troviamo i segni 7-a e, poco dopo, un’atroce zona d’incrocio
di sterrate (circoletto in fig. 2) con annesso tombino: probabilmente era questo, un tempo,
l’immacolato punto d’incrocio tra il 7-a e il 7-bprosieguo Sentiero Italia (q. 907).
Sono le 10.35 e, più o meno sicuri su dove ci troviamo, giriamo a est cominciando la lunga risalita
del versante più occidentale del Polveracchio. L’ambiente è molto affascinante, e bellissimo è a
tratti il bosco di faggi, ma il dislivello è notevole. Alla mezza siamo a quota 1460 circa, in
corrispondenza di un valico di una delle spalle settentrionali della dorsale. I segni, in realtà
abbastanza presenti sinora, scompaiono: ci dirigiamo comunque a sud, come da carta, e li
ritroviamo infatti poco più su.
Alle 12.50 siamo finalmente, abbastanza stanchi, all’attacco della cresta (che si trova a q. 1500,
non 1527 come sulla carta: probabilmente il percorso effettuato non è lo stesso tracciato sulla
carta) da cui parte anche il 7-c (e non dal precedente valichetto: altro errore della mappa). Un
quarto d’ora di pausa, dedicato soprattutto all’Albero della Facile Arrampicata, e poi via verso
est. L’ampia e luminosa cresta ovest ci dona bei panorami e stancanti saliscendi (più sali che
scendi). Purtroppo giunti a q. 1620 i segni si annullano, lasciandoci in vista della vicina vetta ma
non intenzionati a girare a zonzo per conquistarla: il rischio è quello di rallentamenti a causa delle
numerose macchie boscose, di incappare in punti che costringano al dietrofront e, infine ma
primo, di perdere troppo tempo nel tentativo di trovare la strada giusta o, altrimenti, di scegliere
la migliore ad essa alternativa. L’orario (14.15) ci fa decidere e, subito, accomodare
sull’accomodante prato assolato che vedrà solo per pochi minuti i nostri agognati panini.
Esattamente un’ora dopo lasciamo la pseudo-meta. Alle quattro lasciamo anche la cresta e alle
17.15 rivediamo la zona-incroci-tombino (fig. 2). Invece di utilizzare la “via vecchia” (7-b verso
SSE), fraintendendo le indicazioni date dal mandriano sette ore prima, proviamo la sterrata verso
W con l’idea che ci porti prima all’auto. In realtà ci allontaniamo vistosamente ed inutilmente
verso NW: quindi dietrofront! Il tombino ci rivede per la terza volta (manca poco alle diciotto).
Proviamo a seguire i segni rossi 7-b (“In un modo o in un altro porteranno alla strada della
mattina! Rivedremo quell’unico segno! O no?”), ma altre nuove sterrate ci disorientano tanto da
farci fare l’ennesimo dietrofront. La parte finale (attraversamento fiumiciattolo, stazzo-vacche,
sentierino NE-SW come-da-mappa-ma-senza-segnali) sarà tutta affidata alle nostre quattro menti
e alle loro capacità di memoria, e sarà arricchita dalla palpabile tensione del Piero preoccupato
per l’oscurità che calava. Ma questo è un film a lieto fine: l’auto ci rivedrà alle 18.55.
Maggio 26, 2002 dom.
Cappio con Monte Tartaro, m. 2192 - Monte Meta, m. 2242 (Parco Nazionale D’Abruzzo – Lazio -
Molise)
Antonio & Francesca, Bruno Perillo, Mimmo, Paolo Lipu e due coppie [dia]
Escursione di indubbia ricchezza che a causa del tempo inclemente (nonostante le previsioni
fossero state positive) è infine risultata meno interessante di quanto potesse essere.
La giornata comincia alle 5.15, sveglia necessaria per essere a Prato di Mezzo (q. 1420 - Picinisco)
e partire alle 9.30. Purtroppo fin dall’inizio (e in effetti già si intuiva dalla strada) siamo immersi
nelle nubi tanto che il paesaggio circostante è del tutto assente. S’intuisce che il bosco viene
subito lasciato, ma gli ampi panorami di cui dovremmo di conseguenza godere ci sono proibiti!
Alle 10.45, dopo aver lasciato alle spalle un bell’esemplare di Ellipsactinia, siamo al bivio N1-N3 e
alle porte di un grazioso pianoro (finalmente si vede qualcosa…) ricco di Genzianelle. I segni qui si
perdono un po’: seguiamo la direzione N – NW e alcuni ometti, superiamo strettamente a destra la
Torretta Paradiso e giungiamo in vista (per lo più assente) della Val Canneto. L’escursione
continua a mezza costa e registra interessantissimi incontri con i camosci e un’impennata di quota
solo in corrispondenza di uno Stazzo delle Bombole, presso il quale bisogna tenersi molto più a
destra di quanto suggerisca un evidente sentiero che (testimonianza di Antonio) non mena al
valico di nostro interesse.
Raggiungiamo tale valico, e quindi la cresta, all’una: finalmente riusciamo a vedere gli ampi e
promessi panorami, che ci accompagneranno a singhiozzi, ma sempre e solo sul lato sinistro della
cresta, ovvero internamente al Parco: riusciremo a leggere la tipica forma delle valle glaciali,
8
9. accumuli morenici, lo Jamiccio, il lago di Barrea in lontananza, lingue di neve invernale sotto di
noi, ecc…
Dopo solo 25 minuti siamo sulla prima vetta (M. Tartaro, m. 2191) su cui riposiamo e mangiamo.
Alle 13.55 continuiamo la traversata per cresta con altri camosci e incontrando anche la Primula
Orecchia d’Orso, pianta dall’areale piuttosto ristretto. Il tempo peggiora e pioggia e vento ci
accompagnano in cima al M. Meta (q. 2242, ore 15.00) che ci trattiene per un’altra ora circa. Per
il rientro, quindi, puntiamo a Passo Monaci, in corrispondenza del quale pioggia e grandine ci
inzuppano per benino. Orami sono pronto a tutto!
Chiudiamo rapidamente il cappio e alle 18.10 siamo alle auto, tutto sommato soddisfatti, ma con
la sensazione di non aver fatto tutto, lungo il sentiero…
Giugno 2, 2002 dom.
Cappio con Serra del Campitello, m. 2026 – Monte della Corte, m. 2182 (Parco Nazionale
D’Abruzzo – Lazio - Molise)
Rosario, Antonio & Francesca, Aldo Colleoni, Mino sbarbato, due giovani di Piedimonte, alcuni
caini di Cassino [dia]
La trasferta comincia la sera prima, ospitati in Casa Giordano.
Il percorso ha impiegato diversi sentieri del Parco (tutti A e Y), con partenza dalla Valle di Prato
Rosso, vicinissima a Pescasseroli. Alle 8.40 lasciamo alle spalle le auto, poco dopo la fontana e il
cartello del Parco, a quota 1300 circa. Dopo quaranta minuti di bosco e radurette, passiamo per il
nodo del cappio (lo Stazzo, incrocio A6-A1) e proseguiamo diritti (A1) per giungere all’incrocio del
Rifugio (chiuso) di Prato Rosso: delle tre strade che si parano avanti (A2, A4, A5) prendiamo quella
centrale e continuiamo sotto un bosco sempre fitto e maturo.
Alle 10 sbuchiamo sull’alta valle di Prato Rosso che, poco più avanti, si mostrerà chiaramente con
la sua origine glaciale. Il sentiero ci porta sul lato sinistro della valle, guadagniamo quota e ci
agganciamo alla crestina (in effetti già Serra del Campitello) che continueremo in direzione sud.
È passato solo un quarto d’ora quando siamo sulla nostra prima cima (Serra del Campitello, m.
2026); ma continuiamo senza sosta, mantenendo la direzione. Superiamo la testata della valle,
che lasciamo a destra, e si apre ai nostri occhi una seconda valletta (sì cara all’Antonio, tanto da
determinare il battesimo Conca Giordano) ampia e serena, dal colore verde piacevolmente
passante - più in alto - al bianco calcareo; al centro della stessa un casolare in pietra aiuta
nell’intuire le proporzioni. Alle 11.50 ci concediamo una pausa-colazione, sempre in vista della
suddetta Conca e, purtroppo, anche di numerosi figuri che raccolgono illegalmente (siamo in un
Parco!) gli orapi.
Ripreso il cammino, seguiamo sempre l’allineamento di cime e cimette della nostra cresta, la
quale congiunge il Campitello con La Corte e borda a est e a sud la Conca Giordano, per arrivare
infine sulla seconda vetta (Monte della Corte, m. 2182 – ore 12.55) dopo una intensa erta finale
che da una parte invita (il sottoscritto, tra gli altri…)a risparmiar fiato e dall’altra incita
all’impresa personale! (Rosario).
Il tempo che minaccia inclemenza ci suggerisce una pausa pranzo piuttosto breve, solo trenta
minuti, dopo i quali lasciamo la vetta scendendo per un diverso versante (più ad ovest) con cui, in
pratica, circuiamo la neonata Conca. Tale versante inoltre ci dona la vista di bei prati
ricchissimamente colorati del blu elettrico delle Genzianelle, del viola e del giallo delle Viole, del
rosa intenso della Silene acaulis, che a cuscinetti sbuca sul verde brillante dell’erbette, e – infine
– del prezioso giallo dalla Primula Orecchia d’Orso.
Rientriamo nel bosco della Val di Corte e comincia un lungo e stancante tratto sul greto del fiume,
su cui è impiantato il sentiero (A 6). Ben presto osserviamo sulla destra la rialzata Fonte
Schiappito e, solo molto più tardi (alle 15.15), chiudiamo il cappio in località Stazzo.
Alle quattro in punto siamo alle auto, con una leggera pioggerellina che a tratti aveva cominciato
ad accompagnarci. La pioggia, forte e abbondante, arriverà solo più tardi, quand’ormai si era già
al sicuro. Fortunatamente!
Giugno 23, 2002 dom.
Vallone Pinzarrino (Monti Picentini)
Rosario, Antonio, Alessandro.
Brevissima passeggiata in occasione del genetliaco dell’Alessandro.
Il punto di partenza si raggiunge da Acerno seguendo le indicazioni per Piana del Gaudo e
guadagnando subito il greto del fiume all’altezza del tornante che piega a destra (sentiero 14A).
Seguiamo l’alveo asciutto, meravigliati per l’abbondante mondezza inattesa, che culmina con una
9
10. carcassa d’auto nel bel mezzo del corso fluviale (ancora asciutto). Il rottame ha, almeno, segnato
la fine dell’area soggetta all’inquinamento umano. Infatti a monte il greto è pulito e piacevole.
Ci attenderebbe una svolta a sinistra, seguendo un rio tributario, che purtroppo non si paleserà
mai ai nostri occhi. Continuiamo così il ramo principale che porta alla Fiumara Tànnera: le pareti
della valle si accostano e diventano ripide, l’acqua compare prima in pozze poi fluente e
abbondante, la fauna (a testimonianza della purezza delle acque) brulica di insettini protetti da
un involucro, uova di anfibi, vermi probabilmente nematodi e infine (e all’apice della piramide
alimentare, eccetto l’uomo) di numerose ed enormi trote fario. Quest’ultime sinuose s’adagiano in
una pozza profonda e buia, serrata tra lisciate e scivolose pareti, posta sotto una cascatella. Il
bagno completo rappresenterebbe l’unica possibilità di prosecuzione.
Ma non siamo d’accordo. E così si impone il dietrofront, tra l’altro suggerito anche dall’orario, che
ci porta (fatta eccezione per un blando tentativo di scovare il sentiero CAI) univocamente all’auto.
Un tortino festeggerà il festeggiato, poi: ciao-ciao.
Agosto 1-8, 2002 – gio./gio.
Gruppo dei Monti Sibillini (Appennino umbro-marchigiano).
Antonio & Francesca, Alex, Pietro e altri caini delle sezioni di Piedimonte Matese, Napoli, Caserta
[poche fotografie]
Bella e remunerativa settimana trascorsa nel cuore dei Monti della Sibilla, rifugiati nel comodo
Centro Escursionistico Giovanile di Castelluccio di Norcia (q. 1452), ottimamente gestito da Enzo
Cori, presidente della sezione Cai di Spoleto.
Il Pian Grande di Castelluccio, circondato da vette e valli, è stato il suggestivo contesto che ci ha
ospitati.
Giovedì 1° agosto. Arrivo e notturna.
Siamo in sei: io, Antonio & Francesca, Alex, Pietro Delle Piane e Sergio il Vomerese. All’arrivo
in Castelluccio il primo parere è stato di un paese per metà vecchio e per metà nuovo,
diroccato e restaurato, turistico eppure destinato a sparire. La settimana che qui
trascorreremo in effetti mi darà ragione…
In serata mangiamo la pizza di patate e le melanzane della mamma e ospitiamo Ilaria, girl-
scout agesci, che gira per l’Umbria chiedendo ospitalità e offrendo aiuto in casa (è la sua
missione). L’indomani mattina scopriremo che è iscritta a Scienze Naturali a Napoli e che è
una delle prossime erasmine in terra rumena. Morale: ci siamo già incontrati nello studio del
Prof! Quando si dice che il mondo è piccolo…
Breve escursione in notturna (eccetto il sottoscritto e il collega paleontologo, impegnati a
preparasi geologicamente per il giorno successivo) verso Poggio di Croce, q. 1833.
Venerdì 2 agosto. Circuito dei Monti Bove (m. 2112 e m. 2169) e Monte Bicco (m. 2052).
Partenza dall’Hotel Felicita in Pian dell’Arco (Frontignano). Utilizzando il sentiero n.15 e
attraversando un bosco ricchissimo di funghi (le “vesce” e un Phallus impudicus) raggiungiamo
la Val di Bove e, dopo la fonte a quota 1597, viriamo a sinistra. Per tutto l’itinerario
seguiremo la classica serie umbro-marchigiana (serie U-M) con il Calare Massiccio (cima del
Bicco), le Marne a Posidonia (cima del Bove Nord) e i Calcari Diasprigni, la Maiolica (cima del
Bove Sud e cresta tra i due Bove). Probabilmente è anche presente la Formazione de Calcari a
Saccocoma ed aptici (eteropica ai Calcari Diasprigni) dal momento che più volte sono stati
ritrovati aptici interi o frammentati in sedimenti quasi totalmente calcarei (gli aptici che
vedremo nei calcari marnosi rossi dell’Acquasanta appartengono al Bugarone e quindi non sono
coevi). È stato anche raccolto un campione purtroppo tuttora disperso.
Raggiungiamo la Croce di Monte Bove (q. 1905) e, con direzione netta est e un bel po’ di
fatica, il M. Bove Nord (q. 2112) da cui si riconosce la continuità – tipica dei Sibillini – di vette
in successione collegate da creste; in questo caso: M. Rotondo, Pizzo Tre Vescovi, Pizzo Berro
e, più lontano, la Priora. Continuiamo il circuito che borda la chiara valle glaciale dell’attuale
Val di Bove, con bellissimi panorami su Val Panìco e Val di Tenna, e raggiungiamo il top di M.
Bove Sud (q. 2169) dal quale lo sguardo può seguire un altro allineamento (la Sibilla, Cima
Vallelunga, M. Porche) mentre lontano s’intravede la coppia Vettore-Redentore. Pausa
colazione dopo aver coperto, all’incirca, 1000 metri di dislivello. Ultima cima della giornata
sarà Monte Bicco (m. 2052).
Il rientro avverrà su due strade: alcuni (io, Antonio, Alex) tornano indietro e usano un
canalone su cui è sorto un impianto di risalita e che porta direttamente al punto di partenza,
gli altri superano il Bicco e si ricollegano alla Val di Bove.
In serata ci sarà una confusa cena alla taverna-reception e l’arrivo di Bruno Cherillo e Aldo
Geront-Lover.
10
11. Sabato 3 agosto. Escursione geo-paleontologica in Valle Acquasanta [altri: cresta Sibilla-
Vallelunga-Porche].
Il gruppo si divide in due: mentre la maggior parte compie un’impegnativa e lunga traversata
d’andata e ritorno con cui si toccheranno le cime Sibilla, Vallelunga e M. Porche, i
paleontologi Luca e Antonio, consultate le mappe, si recano a Bolognola con l’intento duplice
di soddisfare il Prof Barattolo e le proprie seti d’ammoniti.
Percorrendo il sentiero 35 cogliamo il primo obiettivo e, in più, riceviamo in regalo la visione
di bellezze geologiche-naturalistiche quasi uniche. Il sentiero in questione attraversa la serie
U-M nella porzione dei Calcari a Posidonia (di cui forse osserviamo qualche esemplare
frammentato), della Maiolica (l’oggetto della nostra ricerca), delle Marne a Fucoidi
(abbondanti e facilmente riconoscibili) e della Scaglia Rossa (che compare alla fine e
osserviamo da lontano). Raccolti sette campioni di Maiolica ad altezze stratigrafiche diverse, e
continuando a salire la serie, ci ritroviamo nelle Marne a Fucoidi piegate e fagliate: qui
l’entusiasmo è unico! Mesopieghe a iosa sul nostro versante e su quello opposto confondono le
nostre menti abituate ad una geologia non plastica; spesso il nucleo è eroso (forse perché ivi
la roccia, per le tensioni deformative, è sbrecciata in scaglie minute) e vi si impostano piccole
cavità naturali molto suggestive; altrettanto spesso le ali delle pieghe sono asimmetriche e il
lato più corto è bruscamente raccordato a quello lungo successivo mediante superfici che
paiono di faglia. Ben presto all’esaltazione tettonica si aggiunge quella naturalistica con
l’arrivo, dall’alto, di un gran numero di rivoli, impegnati a trovare la propria strada verso il
basso oppure a scavarsela. In fondo al tratto percorribile del sentiero, una cascatella cade da
oltre 25 metri d’altezza mentre, poco dietro, il rio dell’Acquasanta salta giù da una chiusa che
dell’ultima e più bella parte della valle fluviale lo sguardo esclude.
Lì procedere costa cautela (per il pericolo di caduta rocce) e infrazioni (dal momento che un
divieto d’accesso proibisce all’escursionista quel cuore della Valle). Sfacciato e armato di
coraggio mi isso sulla sgangherata scalaccia di ferro arrugginito che si arrampica sulla parete
verticale della chiusa. In cima gli ultimi due metri sono da percorrere sulle grate inclinate ed
invase dalle alghe, su cui scorre l’acqua. Scivolare è una verità fisica, almeno per me che non
accompagno l’Antonio in quell’ultima conquista.
Fu così, tra l’altro, che ho capito quanto l’arrampicata non appartenga alla mia natura.
Soddisfatti da quel piccolo paradiso nascosto, torniamo indietro sui nostri passi per il secondo
intento: le ammoniti del Bugarone. L’affioramento si slarga intorno al chilometro 19 della
strada che da Bolognola mena a Piastra. Le promesse vengono mantenute, ma non per tutti.
Fu così, tra l’altro, che l’Antonio portò a casa un’elegante ammonite da esposizione mentre il
sottoscritto raccolse brandelli d’aptici e frammenti vari, attualmente in corso di studio.
In serata al rifugio si crea un super gruppone per l’arrivo degli ospiti Mauro e Graziella da
Fabriano (si fermeranno solo fino alla sera successiva) e di una consistente fetta dei caini
previsti, con Geppino, Gabriella, Cignola, Lina, Luisa, Paola Sindachessa. Cena sociale senza
l’Alex, dormiente catalettico.
Domenica 4 agosto. Circuito con M. Patino (m. 1883) e M. Lieto (m. 1944) [altri: Grotte di
Frasassi]
Giornata mista: il terzetto Alex-Bruno-Aldo si dirige a Frasassi; la coppia Paola-Graziella va
verso le medesime grotte, ma per altre strade; il gruppone infine (a cui si aggiungono per la
giornata gli amici Loredana e Paolo) si incammina verso le cime a nord ovest del Piano, con
partenza da Castelluccio.
Coprendo il sentiero 19 A ci rifocilliamo di lamponi, fragole e more, attraversiamo Coste le
Prata e poi – lasciandolo - giungiamo senza toccar cime ai piedi del Monte delle Rose, affollato
di recinti per ovini. La comitiva, eccetto due defaillances, giunge a Forca di Giuda tramite il
Sentiero Italia e, con il n. 21, al M. Patino (m. 1833). Ritorniamo sui nostri passi, aggiriamo il
M. delle Rose e tocchiamo il valico (q. 1683) tra Valle Canàtra e Valle di Rapegna,
quest’ultima risulterà molto bella per la ricca vegetazione e le aspre rocce della testa. La
seconda cima viene conquistata “alla larga” usando la mulattiera a mezza costa che punta a
nord e virando, poi, a sud-est da quota 1843 sul sentiero 22 A. Sulla vetta (ore 14.00 - M.
Lieto, m. 1944) ci rifocilliamo. La discesa è rapida, prima continuando sul 22 A poi scendendo
giù a capofitto dal valico verso il Vallone Canàtra, nel quale assisteremo alla scena piuttosto
insolita di una capra che ha appena partorito, come segnalato dal cordone ombelicale ancora
attaccato, col piccolo traballante sulle zampe.
Al ritorno a Castelluccio troviamo gli ultimi arrivi del Cai di Piedimonte: Concetta, Domenico,
Pino, Tonino.
Lunedì 5 agosto. Monte Redentore, m. 2448 [altri, in aggiunta: Vettore e lago di Pilato]
Primi saluti: Aldo e Bruno. Quasi al completo, la compagnia si reca sul gruppo Vettore-
Redentore con partenza sfalsata a causa della disponibilità dei bagni… I “giovani” partono alle
11
12. 8.00 da Forca di Presta (sentiero n. 1), ma il gap tra le due spedizioni si azzera già al rifugio
Zizioli che sarà quindi usato come punto di riferimento per tutta l’escursione. Da qui infatti
(q. 2233) partiranno tutte le possibili combinazioni della giornata: alcuni (come il sottoscritto)
scaleranno solo la bellissima cima del Redentore, altri solo quella del Vettore, altri ancora
segneranno prima l’una poi l’altra.
La cresta (con Punta di Prato Pulito, m. 2373, e Cima del Lago, m.2422) che dallo Zizioli
porta al Redentore è probabilmente la più bella mai incontrata in tutte le mie passeggiate in
montagna: si offre intera - in tutta la sua lunghezza - agli occhi, aerea e affilata, col Pian
Grande aperto e solarissimo da un lato ed il Vettore col laghetto di Pilato dall’altro. Sulla
cima (Cima del Redentore, m. 2448) il panorama è mozzafiato ed impone un silenzio quasi
sacro, che suggerisce la solitudine prima ancora del rispetto per questi luoghi e per la Natura.
Così me ne torno da solo, circondato da saettanti fringuelli (?) e nobili Stelle alpine,
apprezzando a pieno gli sfuggenti orizzonti riempiti dai restanti Sibillini, dal Corno Grande e
dalla Montagna dei Fiori, dalla Laga.
Ritrovatici di nuovo allo Zizioli, e consumati un sempre-sorprendente-pranzo-cai, ci
ridividiamo in due: il grosso scende al lago e, valicando Forca Viola, sarà poi recuperato a
Fonte San Lorenzo, i restanti (io, Antonio, Alex, Concetta e Tonino) ricalcano la via
dell’andata, tempestata da accese raffiche di vento stranamente assente sulle creste.
In serata la cena dall’Erborista sarà un po’ deludente…
Martedì 6 agosto. Escursione cittadina a Spoleto e Cascia [altri: Pizzo Tre Vescovi e Valle
Acquasanta]
Mentre tutti partecipano all’escursione su Pizzo Tre Vescovi e Valle Acquasanta (soluzione di
ripiego al posto di un Pizzo Berro – Priora proibitiva a causa del forte vento) una piccola
spedizione (io, Antonio, Alex e Concetta) si concede una gita turistica a Spoleto, così
accompagniamo Sergio alla stazione, e al santuario di Santa Rita a Cascia.
La cena ci vedrà di nuovo, e per l’ultima volta, tutti insieme al tavolo del rifugio.
Mercoledì 7 agosto. [altri: Gole dell’Infernaccio]
Il programma della giornata prevedeva la risalita del Vallone del Garrafo, nei Monti della Laga.
Purtroppo, giunti sul luogo, uno scivolone brusco e rischioso e l’acqua alta e torbida, a causa
delle piogge della notte, ci vietano di proseguire.
E così, salutato il terzetto Domenico – Pino – Tonino, la comitiva si sposta all’Infernaccio (e, a
sentire i racconti, si consola molto bene…) tranne i capi Luca e Antonio costretti al rientro per
l’arrivo di Enzo Cori. Mi darà molta dolcezza i giochi di luce del pomeriggio e la passeggiata in
solitaria nel mezzo del Pian Grande.
Giovedì 8 agosto. [altri: Argentella e Palazzo Borghese]
La mezza giornata a disposizione, piuttosto che impiegarla per l’escursione in calendario, la
giochiamo – io e il Sandro – con una passeggiata e un po’ di shopping a Norcia.
Un saluto a tutti, arrivederci alla prossima!
Settembre 29, 2002 - dom.
Trentinara
Antonio.
Per le note consultare il file “Tesi antoniana a Trentinara”.
Ottobre 25-28, 2002 - ven./lun.
Villaggio Pino Grande (Sila Grande)
Antonio, Fabio Villani e Daniela Buonocore [foto]
Fine settimana (un po’ allargato) nella cara Sila, ospiti di Casa Giordano. L’iniziale gruppo,
numerosissimo, si è ridotto a solo quattro unità. La presenza di Fabio è stata preziosa per le
conoscenze sulla geologia della Calabria; a tale proposito consultare il file “Sila-Calabria e due
modelli di subduzione”.
Venerdì 25 ottobre.
Arrivo in serata. Chiacchiere e progetti per il giorno dopo e per i successivi, mentre si
consumano cibi cotti da casa.
Sabato 26 ottobre. Sentiero numero 4.
Escursione negli affascinanti boschi della Fossiata e di Gallopane: il percorso ci terrà occupati
per tutta la giornata.
Il primo tratto, in salita, presenta pini mediamente più piccoli, successivamente però il bosco
diventa più maturo e ricchissimo di angoli mirabili. Pini larici (Pinus nigra, sottospecie laricio),
12
13. faggi, abeti bianchi e pochi tassi sono le specie arboree incontrate che, grazie alla stagione,
colorano il bosco e il sottobosco d’una varietà di tinte dal verde scuro, al verde intenso e al
chiaro, dal bruno al marrone e al giallo. Ben presto compaiono anche i funghi, che in serata
saranno cucinati e mangiati con grande soddisfazione. Si tratta soprattutto di Hydnum
repandum (noto anche come steccherino), d’immediato riconoscimento grazie all’imenoforo
ad aghetti, di qualche Lycoperdon sp. (conosciuto in Calabria come vescia, ma noto anche
come Pirito di Lupo o Loffa) e di un unico Lactarius deliciousus, volgarmente chiamato rosito,
che si differenzia dall’altrettanto commestibile Russula perché le lamelle di quest’ultimo sono
bianche mentre nel rosito sono giallastre. Anche la vescia è di facile riconoscimento: il corpo
(il carpoforo) è bianco, subsferico e di consistenza elastica prima (quando può essere raccolto
e consumato) e diventa bruno e pulvurulento alla maturità, quando libera con uno sbuffo le
spore, se viene calpestato.
All’itinerario previsto sulla carta abbiamo aggiunto una breve deviazione con cui è stato
raggiunto il Cozzo Pupàtolo: la deviazione si prende nel tratto più a nord del sentiero
proseguendo sulla sterrata, al posto di lasciarla girando a destra in direzione Col del Lupo.
L’escursione si è conclusa con un secondo, più breve, allontanamento dal tracciato (a destra,
lungo un rio secondario della Valle della Fossiata, in cui è stata avvistata la trota fario) alla
ricerca infruttuosa dei Giganti del Parco, e con il ritorno ad anello sulla statale 282.
In serata ci aspetta un’ottima cena preparata dalla Daniela ed un dopocena a base di
Lovecraft.
Domenica 27 ottobre. Longobucco.
Giornata alternativa. La mattinata è dedicata al tennis, il pomeriggio invece alla geologia (con
buona pazienza di Daniela).
Dopo pranzo, infatti, raggiungiamo la città di Longobucco allo scopo di ritrovare ammoniti e
brachiopodi. L’affioramento d’interesse è lungo la strada che da Longobucco porta a
Cropalati, dopo l’incrocio (solitamente non segnato sulle carte) per l’Ortiano ma prima di
quello per Puntadura, sulla sinistra. Entrambi i taxa fossili sono stati ritrovati ma, in entrambi
i casi, non è stato possibile prelevare campioni. Una sintesi dei discorsi della giornata è
consultabile nel file “Sila-Calabria e due modelli di subduzione”.
Una breve sosta a Longobucco ha preceduto il rientro a casa, con l’ennesima ottima cena
preparata da Daniela.
Lunedì 28 ottobre.
Il rientro è cominciato in tarda mattinata. Durante il viaggio Fabio ha proposto, ed è stato
accettato, uno stop a Rivello, piccolo centro nel Lagonegrese. Piacevole paese ed ultima, e
per questo spiacevole, passeggiata della piccola comitiva. A presto!
Dicembre 8, 2002 - dom.
Cappio con Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).
Francesco, Antonio & Francesca, Pierino & Paoletto.
Dopo una lunga interruzione riprendiamo l’attività escursionistica nelle nostre zone. Il Rosario,
organizzatore della spedizione, sarà costretto all’ultimo minuto a mancare l’appuntamento (con
cui apriamo anche la stagione invernale) a causa di una condizione generale non ottima. Il vento
ed il freddo ha però reso più che giustificata la sua assenza.
La comitiva aveva in programma la classica delle classiche: ascensione su “La Montagna” (per i
cavesi) tramite il sentiero n. 8. Pochi passi dopo l’avvio però, la sempreattiva Francesca propone
con successo il numero 10. Durante la risalita restano alcuni dubbi sulla fattibilità del sentiero, ma
saranno alimentati per poco tempo e, ben presto, al loro posto troverà spazio la soddisfazione e
insieme il dispiacere di aver violato un tabù che da anni si tramandava, da generazione in
generazione. Il percorso n. 10 è infatti il cosiddetto “Sergio Rosa”.
A causa della trasformazione del Casone in un agriturismo, l’attacco doppio (nn. 8 e 10) del
sentiero è attualmente posto sulla destra prima degli ultimi due tornanti, molto evidente (ma
ciononostante mancato in questa escursione). Dopo il bivio il sentiero si trasforma in traccia, i
segni rossi sono comunque spesso numerosi ed evidenti. Il tracciato, però, non corrisponde con la
carta. La spalla rocciosa, ad esempio, prima della località Cisterne non viene aggirata: il sentiero
porta direttamente al punto di quota 743; più a monte il sentiero si muove sempre in vista del
vallone centrale e punta alla cima senza spostarsi a destra come segnala la carta.
In più punti è risultato necessario un attento uso di mani e piedi, tutti tesi a trovare il migliore
appiglio e costretti a discrete contorsioni.
Dopo una breve pausa-colazione sulla vetta nord (Il Telefono, m.1128), scendiamo alla finestra e
subito torniamo a valle utilizzando il noto sentiero 8. Ci attende un pranzo domenicale, in
compagnia di Antonio & Francesca.
13
14. Dicembre 10, 2002 – mar.
Parco Diecimare
Rosario
Il doppio desiderio di una breve passeggiata e di far visita all’amico obiettore Agostino ci ha spinti
al Parco Decimare nel primo pomeriggio.
Con la supervisione del suddetto obiettore, risaliamo nell’area protetta fino al recinto di caprioli,
portando loro il cibo. L’attesa del loro arrivo resterà delusa e il freddo, che invece era diventato
sempre più presente, verrà poi temperato dal tè offertoci nel centro visite. Buon lavoro, Agostino.
Dicembre 15, 2002 – dom.
Anello con M. Sant’Angelo, m. 1130, e Valico Tramontane.
Rosario
Escursione di mezza giornata non particolarmente bella ma utile per la conoscenza dei sentieri
caini dei Monti Lattari. E’ stato effettuato un circuito con i sentieri 14 e 12, anche se l’intenzione
era quella di percorrerli al contrario (prima 12 e poi 14).
L’attacco doppio (12 e 14) è al Contrapone. Per raggiungerlo bisogna arrivare prima nelle
vicinanze della chiesa di Passiano, senza mai raggiungerla però, e continuare poi – piuttosto - sulla
strada principale (seguendo già delle frecce rosse) che conduce ad uno slargo. Il sentiero comincia
(ore 8.20) come una larga strada di sterro. Ben presto, in corrispondenza di una curva a destra
(che tra l’altro nasconde alla vista una barra che chiude la sterrata) i segni rossi fanno lasciare la
suddetta sterrata per guadagnare un sentiero sulla destra. E’ questo il bivio 12-14, ma non è
affatto chiaro dal momento che sono visibili solo i segni del 14 (quelli che abbiamo seguito),
nessun numero è segnato ed il sentiero 12, che in pratica continua lungo la sterrata, non viene in
alcun modo segnalato. Tutto ciò verrà scoperto strada facendo e il quadro dei sentieri verrà
chiarito solo alla fine, quando sarà chiuso il cappio.
Il sentiero 14 è, comunque, ampiamente segnato: solo in una parte centrale, più arbustiva che
boschiva, c’è qualche dubbio sulla direzione, dubbio alimentato anche dal fatto che si pensava di
essere sul sentiero n. 12. La direzione generale del tracciato, la nostra posizione e, infine, la
parete rocciosa (che parte dalla quota 900 circa) sotto la quale passa il 14 ci hanno –
definitivamente – chiarito dove stavamo andando. Questa parete, per la funzione svolta in tale
occasione, è stata battezzata lo Scoglio dell’Orientamento. Alle 10.30 raggiungiamo Punta
Nevarra (q. 1036), molto poco panoramica a causa degli alberi e puntiamo a est verso la vetta. Le
nubi, sotto cui ci infiliamo, ci vietano ulteriormente la vista. Dopo mezz’ora circondiamo gli
orribili edifici posti in cima a Monte Sant’Angelo (m. 1130) e subito viriamo a sud, verso il varco
delle Tramontane, liberi da qualsiasi segno Cai ma con una strada univoca: la cresta. Alle 11.45
attraversiamo il Varco (q. 895) e lasciamo la cresta impiegando il sentiero 12.
Durante la discesa notiamo alcuni punti del percorso che meritano un po’ d’attenzione per il
corretto orientamento, dal momento che in passato gli stessi escursionisti sullo stesso sentiero in
salita (n.12) si sono smarriti. Circa a quota 800, o meno, c’è un incrocio [A] la cui esatta direzione
è segnalata da un cartello che però risulta piuttosto nascosto: per chi sale è sulla sinistra, quasi
alle spalle, su un ramo alto. Più in basso (circa 700 m) c’è un altro incrocio [B] con segni nascosti,
e di nuovo la direzione corretta è a sinistra, sempre per chi sale. Incroci successivi, blandamente
segnati, possono essere decisi seguendo la sterrata principale. Ad un invasivo incrocio [C] a 4 tra
due strade di sterro (praticamente scavate nella roccia e perpendicolari tra di loro) bisogna
voltare a destra se si sta salendo (ovviamente bisogna girare a sinistra, se si sta scendendo).
Nell’ultimo tratto della discesa, in corrispondenza di un acceso tornate a destra, un segno
equivoco ci fa allontanare dalla sterrata (strada principale) per un sentiero, ma la deviazione è
inutile dal momento che si riallaccia poco più in basso alla stessa sterrata. Si attraversa, infine, il
mega tornantone a q. 468 (che sulla carta non è interessato dal sentiero) per ricongiungersi poi al
cappio 12-14, posto a ridosso della barra.
[L’escursione successiva, oltre che particolarissima per chi vi partecipa, chiarirà ulteriormente
questo versante del gruppo Finestra-Santangelo.]
Gennaio 2, 2003 – gio.
Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord - m. 1128).
Rosario, papà Gerardo e zio Alfonso, Sandro argentino e Valeriano [video]
14
15. Escursione dalle sfumature internazionali e con un
assortimento di partecipanti più unico che raro.
Soddisfacendo due desideri (quello vecchio dello zio Alfonso
di ritornare, a distanza di molti anni, sulla Finestra e quello
freschissimo del di lui nipote argentino Sandro di fare un giro tornantone
sui monti dei luoghi d’origine della sua famiglia) conduciamo
una lunga, impegnativa ma gratificante escursione sul Monte
caro ai cavesi, aggiungendo un bel tratto di cresta. Il circuito fig. 3
(riguardando i sentieri 12, Alta Via e 8) è risultato altresì
utile per completare e consolidare la conoscenza del
tracciato 12 già percorso durante la precedente escursione, a cui converrà rimandarsi allorquando
per brevità verrà indicato: vedi 15/12.
Partenza da Contrapone [vedi 15/12/02] alle 8.25. Seguiamo il sentiero 12 superando la barra
posta in una curva ove è collocato, senza indicazioni, l’incrocio con il 14 [vedi 15/12]. L’ascesa è
tranquilla anche se il bosco è giovanissimo a causa dei tagli e privo di particolari bellezze. Non si
lascia mai la sterrata principale per sentieri o altre sterrate laterali. Le maggiori sono tre,
stilizzate in rosso in fig. 3, delle quali la prima è subito dopo il tornantone di quota 468 (ca. 30
min. dalla partenza e 500 m. di quota) mentre le altre sono poste in corrispondenza di tornanti
(nota: il disegno non è in scala e le posizioni reciproche dei tre stralci non sono esatte). A quota
580 circa (45 min. dalla partenza) passiamo per l’invasivo incrocio di sterrate [vedi [C] in 15/12]
voltando a destra e poco dopo, ad una biforcazione, prendiamo di nuovo a destra (sull’altra strada
si vede una piccola edicola in legno). La sterrata perde di quota, offre sulla sinistra un
inverosimile cartello M. Finestra-Xxx e giunge ad un tornante a destra.
Successivamente (1 ora dalla partenza, q. 670 circa) troviamo una biforcazione [[B] in 15/12]: un
segno sbiadito segna a sinistra. Dopo 10 minuti (q. 730 circa) nuovo incrocio con un cartello di
faccia (non visto durante la 15/12) che segna a sinistra “Pietra’nghiana”: per giungere al Varco
Tramontane bisogna continuare diritto sulla sterrata. Dopo altri 5 minuti (h 1.15 dalla partenza, q.
750 circa) troviamo, praticamente in successione: una prima deviazione a sinistra (leggera traccia
in salita, presenza di due strane frecce divergenti e congiunte alla base, disegnate su una roccia
all’inizio di questo sentiero) che non bisogna prendere e una seconda deviazione a sinistra che
bisogna intraprendere (incrocio [A] del 15/12, presenza di cartello alle spalle di chi sale, posto su
un ramo tagliato). Da questo momento comincia il sentiero in zig-zag che ci porterà, alle 10.05,
sul belvedere del Varco delle Tramontane (q. 895).
Ma da questo momento in poi tutto il percorso, spostandoci sulla cresta, sarà un belvedere. I
panorami tra il versante cavese e quello tramontìno si sprecano. Dopo un’ora esatta giungiamo al
valico a quota 938, presso il quale emerge anche un altro sentiero da est. Dopo tale valico (che
ospita un palo, una campana rotta ed una strana edicoletta votiva) i segni rossi portano –
inaspettatamente – sul lato orientale di Vena del Covello anche se a destra (oltre una casettaccia
con mattoni di cemento che pare in costruzione!!!!!) è ben evidente un sentiero-mulattiera, molto
invitante per la comodità [tra l’altro ricordo anche di aver effettuato tale percorso in passato con
l’Antonio e mi sembra che la strada allora impiegata sia stata quella di destra…].
La cresta diventa più impegnativa e alle 12.15 siamo sulla vetta nord di M. Finestra (q. 1128). La
colazione è breve: il tempo fino a quel punto ottimo (a dispetto delle previsioni) cominciava a
cedere alle minacce dei nuvoloni provenienti soprattutto dall’invidioso Monte Sant’Angelo. All’una
siamo alla rituale finestra (con piccola celebrazione per onorare il ritorno dello zio sul Monte di
Cava) e alle 13.20 ci rimettiamo in viaggio impiegando il sentiero n. 8.
La discesa purtroppo risulterà lenta e sempre più lenta. Le cause? La stanchezza della comitiva; il
sentiero fangoso o comunque su rocce umide, che minacciava scivoloni ad alto rischio; l’acclività
dell’itinerario, che costringeva i già provati corpi degli ultra cinquantenni e settantenni a vibranti
colpi a carico delle loro indolenzite gambe e braccia. Piccola variante: all’altezza dello Spuntone
Belvedere invece di proseguire dritti seguendo i segni, giriamo a sinistra sotto il boschetto
abbandonando la crestina. In tal modo si evita il grottino I get up I get down, ma si passa per la
fonte “Pantaniello ‘e l’avese” per riunirsi ai segni poco più avanti, in corrispondenza di un incrocio
un tempo segnato anche da un cartello oggi smarrito.
L’auto del gentil Francesco sarà raggiunta solo alle 16.05!
Gennaio 19, 2003 – dom.
Doppio cappio sul Monte Circeo (m. 541).
Rosario, Antonio, Conte Puccescu, il rumeno Florìn, i caini Domenico, Aldo Colleone, Luisa ‘a
ribelle, Gigliola e Geppino, Antonio Romano ed altri soci delle sezioni di Piedimonte e Caserta per
un totale di oltre 20 partecipanti. [foto digitali]
15
16. Ritorniamo a cinque anni di distanza e con piacere sul promontorio del Circeo. La comitiva è
affollata e attardante – come al solito – ma può fregiarsi di una coppia di partecipanti
d’eccezione: il Conte Puccescu e il rumeno Flopo! La partenza (dopo che la sveglia era suonata
alle 5.30, per noi più meridionali…) si è avuta alle 10.05 da Torre Paola, in uno slargo che
praticamente giace sul curvone della statale che da San Felice Circeo porta al Lido di Sabaudia.
Per tutto il percorso i segni bianco-rossi del Cai saranno presenti e chiari, anche se in cresta ben
poche sono le possibilità d’errore. La sterrata iniziale viene quasi subito abbandonata per un
sentiero sulla destra, che si muove sotto il fitto bosco. La risalita è acclive e anche scivolosa (quel
versante della montagna è, almeno in inverno, sempre all’ombra) ma in poco tempo, 40 minuti,
usciamo allo scoperto agganciando la cresta e guadagnando i primi panorami sui laghi costieri del
Pontino. La cresta è affilata, a tratti così erta da richiedere necessariamente l’uso delle mani. Una
prima anticima, ancora molto distante dalla vetta, offre panorami sempre più interessanti,
soprattutto verso la costa rocciosa sottostante. E’ presente un solo incrocio, ben segnalato, poco
prima della meta, che mena a sinistra ridiscendendo sulla sterrata. Nel complesso la risalita è
piuttosto lenta e alle 12.15 siamo sulla cima (Monte Circeo, q. 541) per una lunga pausa pranzo,
in perfetto stile cai-piedimontese…
Solo alle 14.00 lasciamo l’ampio panorama a 360°, un po’ velato dalla foschia, e discendiamo
utilizzando il percorso della risalita. A quell’unico incrocio il gruppo però si divide in due: alcuni
utilizzeranno lo stesso sentiero dell’andata, altri (la maggior parte, anche se spezzettata in molti
microgruppi) girano invece a destra, buttandosi a capofitto, subito nel bosco. In questo modo, e in
meno di 50 minuti, si torna alla sterrata laddove termina, ovvero soltanto un po’ più avanti
rispetto al punto in cui la si aveva lasciata all’andata. L’ultimo quarto d’ora è impiegato per
percorrere tale sterrata e rivedere le auto.
L’attesa che tutti i partecipanti facessero ritorno fu piacevolissimamente consumata sulla sabbia
del lido, passeggiando tra la risacca e invitati dal vento a raccogliere conchiglie.
Gennaio 26, 2003 – dom.
Circuito aperto con cappio terminale nella Valle delle Ferriere (Monti Lattari)
Rosario, Antonio & Francesca, Barbara, Fabio Villani, Maria [foto]
Le abbondanti piogge durante la settimana avevano consigliato all’Antonio di bissare questa
spedizione (che aveva compiuto già 15 giorni prima) portando quindi anche noialtri, per la prima
volta, in questa eccezionale valle dei cari Lattari.
Si parte alle 9.00 dalla piazzetta belvedere di Pogerola, terra sacra ai Paolillo, utilizzando il
sentiero numero 59. In realtà è possibile anche partire a piedi da Amalfi, salendo per le vecchie
scale nella roccia che, fino a qualche tempo fa, rappresentavano l’unico collegamento tra il casale
paolilliano e la bella città marinara. Il percorso, segnato con bolli rossi, si insinua tra le casine di
Pogerola ma già in vista del bel Vallone delle Ferriere. Dopo le abitazioni, si prosegue su
mulattiera e in 45 minuti ci si immette sul sentiero 01, che scende da sinistra.
Si passa quindi alla base di una prima cascatella, visibile già in lontananza, di discreta altezza (il
panorama dal versante opposto che osserveremo al ritorno, mostrerà che in effetti quella
cascatella, così come molte altre, scende da quote molto più alte e giunge fino sul fondo della
valle dopo una serie di salti e di tratti in cui assume carattere di rapida) e subito dopo si passa per
un bivio: bisogna prendere a sinistra, leggermente in salita. Su entrambi i sentieri sono presenti
dei segni rossi (anche se quelli di sinistra non sono visibili dall’incrocio perché posti solo dopo un
po’ di strada), ma il sentiero di destra porta a valle. Da questo momento la vegetazione è più fitta
e i segni più radi.
Si giunge ad una seconda cascata, che per essere attraversata richiede maggiore perizia, e infine
si scende a T su di una netta mulattiera (ore 10.50) allineata alla valle. La carta è imprecisa:
probabilmente sono presenti molti più sentieri di quanti essa ne riporta e, di sicuro, molti sono
segnati in rosso sul terreno ma non sulla carta. Alle 11.00 arriviamo al tornantino che segna il
punto più interno ufficialmente raggiungibile nella Riserva Valle delle Ferriere: l’acqua, già
abbondante e bella, diviene la protagonista indiscussa. Il torrente copioso ne riceve da sinistra e
da destra, scendendo tumultuoso tra salti e rapide, mentre scava marmitte o rallenta negli angusti
slarghi. A dispetto del cartello di divieto, varchiamo il tornante e troviamo due bellissimi salti del
torrente, dei quali il secondo viene visitato alla base, sotto la polvere d’acqua nebulizzata e una
strana brezza alimentata dalla stessa caduta d’acqua. Poco più su attraversiamo un blando
incrocio: a sinistra (straccetti sugli alberi) il sentiero dovrebbe far aggirare la testata della valle
molto più a monte, curvare e portare infine a Monte Rotondo; a destra, che intraprendiamo, il
sentiero continua a costeggiare il torrente e giungiamo (ore 12.15) all’angolo più profondo della
valle: continuare non sarebbe possibile dal momento che ci sono solo alte pareti a chiudere lo
16
17. sguardo, dalle quali continua a scendere acqua. La maggiore di queste cascate ha una portata
minore di quelle al tornantino ma compie un salto molto più alto.
Mezz’ora di pausa per un panino e poi facciamo dietrofront. Ripassiamo al tornatino con cartelli-
divieto, chiudendo il cappio, e proseguiamo sul nuovo versante della valle. Si rivelerà molto più
panoramico del primo, arricchito a sinistra dalle pareti strapiombanti sulle nostre teste, a destra
dalle ampie vedute sulle pareti opposte (ricche d’acqua e di alberi), sotto di noi dalla valle e dai
suoi dirupati opifici e - dinanzi - da Amalfi, stretta tra i piani di Pogerola e Pontone, tra il mare e
la valle coltivata ad agrumi.
Alle 14.00 vediamo l’incrocio con il n.57 e, dopo venti minuti, svoltiamo a destra (poco prima del
grosso silos giallo posto sulla cresta). Alle 15.00 chiudiamo il circuito ritrovando l’auto lasciata di
mattina a Pontone e, mentre tutti gli altri vanno a riprendere le restanti auto, il sottoscritto e la
Francesca scendono a piedi per le gradinate che da Pontone portano ad Amalfi, tra limoni, cani
rabbiosi e gatti socievoli.
Febbraio 2, 2003 – dom.
Doppio cappio con Monte Caruso, (m. 761) e Forcella della Cava – vetta mancata - (Parco
Diecimare).
Antonio.
Escursione inaspettatamente bella. La neve intorno Cava ci spinge nel vicino Parco di Diecimare,
in compagnia di Antonio, alla fine unico compagno dell’escursione dal momento che il Rosario e
l’obiettore Agostino resteranno nei pressi dell’area del capriolo. La neve è stata sicuramente la
caratteristica chiave che ha giocato la differenza per questa escursione, altrimenti banale,
compiuta nell’arco della sola mattinata.
Dal Centro Visite, percorrendo prima il sentiero natura e poi quello del falco, puntiamo dritti su
Monte Caruso. Il sentiero, pur se all’inizio segnato con abbondante attenzione, giunto in
prossimità di una palizzata con filo spinato si dissolve, lasciando la tonda e brulla cima quale unica
ma inequivocabile indicazione. La neve è già abbondante, come abbondanti saranno su di lei
numerose impronte.
La vetta innevata (Monte Caruso, m. 761) circondata da un panorama innevato (che abbraccia i
Picentini, i Lattari ed il Vesuvio) è piacevolissima. Subito scendiamo a sud, attraversiamo il valico
della Pannèra e continuiamo per la crestina. Ci troviamo adesso sul sentiero dei due golfi, in un
paesaggio inusualmente ricco del candore nivale. Si passa per il casolare con pozzo e quindi,
ancora a sud, verso Forcella della Cava. La neve accumulata a terra risulta sempre di più, tanto
che per accelerare la risalita lasciamo il sentiero principale (o ciò che ci sembrava tale, attraverso
il manto della neve che tutto nasconde…) per arrampicarci di traverso verso l’alto. La divagazione
purtroppo ci costerà la vetta, che resta immacolata mentre noi, per cautela, preferiamo non
rischiare scivoloni e così torniamo indietro.
Alla Pannèra (nodo del cappio superiore) continuiamo a percorrere il sentiero dei due golfi che,
stranamente o per nostra disattenzione, ci conduce di nuovo sul sentiero del falco, alla base del
Caruso (e così chiudiamo il nodo del cappio inferiore). Al Centro Visite del Parco ci aspettano dopo
una mattinata spesa con i caprioli ma per niente proficua…
Febbraio 8, 2003 – sab.
Piano Laceno (Picentini)
Rosario & Francesco, Piero e Paolo [foto]
Era intenzione dei partecipanti raggiungere il Monte Cervialto. Per tale scopo siamo stati in grado
di trovarci al Piano Laceno, angolo Ristorante La Lucciola, alle 8.45.
Il cielo azzurro che garantiva una chilometrica visibilità, la candida neve presente ovunque sugli
alberi e abbondantissima a terra (oltre 1 metro) ed infine una temperatura record mai osservata
da noi poveri abitanti vicino-costieri (all’arrivo sul piano: -13.5°!!!!) sembravano le premesse di
una escursione memorabile. Di sicuro resterà unica solo la bellezza della giornata. Eccezionale!
Purtroppo il sentiero prescelto (n. 13) non verrà imboccato, fin dall’inizio. Questo sarà la causa
dapprima di una risalita tra valloncelli al seguito di segni rossi equivocamente interpretati come
d’origine caina, e - successivamente - di un tentativo di risalita libera (quando tali segni sono
spariti) su acclivi e innevatissime spalle. Le difficoltà e la mancanza di volontà da parte di alcuni
nel procedere saranno la causa di un infamante dietrofront, durante il quale riusciamo comunque
a spiegare l’errore della partenza e a riconoscere, poi, il vero attacco del 13.
17
18. Dopo aver almeno goduto di divertenti scivoli scavati nella neve e di ovattati agguati alle retrovie,
seguiranno una mortificante colazione in “stile pic-nic sul Terminio” ed un prematuro rientro a
casa. Prematuro, ma mai quanto l’incondiviso vaglio di recedere.
Febbraio 16, 2003 – dom.
Piano Laceno (Picentini)
Rosario & Francesco, Gerardo & Elena.
Con il preciso scopo di fare quattro passi sulla neve e prendere un conveniente caffè al Piano
Laceno, ci rechiamo sugli stessi passi delle settimana scorsa.
La mattinata sarà trascorsa piacevolmente a “sciuliare” sulla neve, in divertente assetto da
famiglia.
Febbraio 23, 2003 – dom.
Anello con Monte Falerio, m. 684, e Monte dell’Avvocata, m. 1014 (Lattari)
Rosario & Francesco, Antonio [video]
Lungo ed interessante anello che, pur toccando luoghi per noi sì noti e frequentati, ci ha permesso
di utilizzare sentieri ancora inesplorati donando nuove prospettive su familiari cime. L’impegno,
discreto, ha completato il quadro, rendendo l’escursione pienamente gratificante.
L’anello, segnato sulla nuova carta dei Lattari ma assente sulla precedente edizione (a cui
facciamo riferimento), ha per punto di partenza ed arrivo Cetara. L’attacco è –esattamente- in via
Carcarella, traversina destra della strada principale della città; si passa a destra del cimitero
(raggiungibile anche in auto) e si comincia a risalire la cresta che, con direzione SSW-NNE, punta
al Falerio. Vi sono, qua e là, vecchi segni rossi, ma Il sentiero non è unico. All’arrivo presso un
casone giallo, lo si supera sulla destra seguendo una freccia rossa.
Alle 9.15, dopo quaranta minuti dalla partenza, in prossimità di una piccola casetta dirupata
incontriamo il bivio (non segnato a terra, ma probabilmente corrisponde sulla carta a quello
quotato a 365 m.) che distingue il sentiero per la cresta e per la vetta (a destra, che impieghiamo)
da quello che aggira il Falerio alla base delle pareti, per buona parte evidentissimo da tutto il
resto dell’Alta Via. Lungo la cresta ci saranno pochi segni rossi all’inizio, ma poi sarà possibile
seguire facilmente e liberamente il filo per arrivare in cima: ore 10.00, Monte Falerio (m. 684).
Dopo una pausa di dieci minuti discendiamo verso nord (si imbocca il sentierino spostandosi verso
destra) e per le 10.35 siamo già alla familiarissima Cappella Vecchia. Dopo una breve
socializzazione con i caini della sezione di Cava, lì scovati, ci mettiamo in cammino sull’Alta Via,
nella sua parte più nota e più cara a noi cavesi. Dopo circa un’ora siamo alla fonte Scetate ca è
juorn’ (chiusa, ma abbiamo scoperto che sulla destra, poco più su, ce n’è un’altra che in quel
momento menava) e alle 12.15, dopo aver lasciato lo 00 per salire -in 15 minuti- la cresta che dal
valico delle Vene di San Pietro porta al Montagnone, siamo in cima alla Montagna dell’Avvocata
(m. 1014), in cui brighiamo una breve pausa.
Infatti subito caliamo, liberamente fuori sentiero, verso SE raggiungendo il mitico Bell’vede’ e poi
attraversiamo l’ancor più mitico (perché pericolosissimo per i numerosissimi escursionisti-fedeli)
sentiero che lo collega al Santuario, a cui arriviamo alle 12.50. Nuvole che velano il sole, presente
invece per tutta la mattinata, ci spingono ad una sosta piuttosto breve e così, dopo una visita alla
sottostante grottina, all’una e mezza siamo sulla via del ritorno. Il sentiero che ci porterà a Cetara
è il numero 5, che dovrà essere percorso in parte. Lo si può prendere dalle mura del Santuario,
all’altezza della fontana, laddove termina la staccionata di legno.
La discesa è facile. Numerosi sono gli incroci che si incrociano. Nei due più marcati si è sempre
andati a sinistra (la destra dovrebbe portare a Maiori), inoltre poco dopo il secondo compare sulla
roccia una frecciona con scritto “Cetara”: probabilmente il prima dei due è l’incrocio 5-7 della
carta (ed il secondo è il successivo, vicino). Ad un’ora circa di cammino, dopo un tratto dissestato,
si perviene ad un altro incrocio: destra Erchie, sinistra Cetara. Infatti proseguendo a sinistra si
attraversa un rigagnolo, in corrispondenza di un tornatino, dopo il quale compare la scritta
“Cetara”. L’incrocio in questione, ed il susseguente tornantino con attraversamento, sono posti a
circa 400 m., dunque quasi sicuramente il disegno del tracciato n.5 sulla carta è sbagliato: tale
incrocio e tale tornante possono verosimilmente essere individuati (sulla carta) poco oltre i 400
metri di quota, su una linea che è più a valle del 5, nella zona opposta a Piano di Viesco ma
sempre nella parte alta del vallone di Erchie. Dopo un ulteriore quarto d’ora (14.45) raggiungiamo
un grosso edificio posto sullo stesso Piano di Viesco, che qui appare suggestivo e in bellissima
posizione per un ampio panorama sulle retrostanti cime. (Sulla carta tale costruzione potrebbe
corrispondere al pozzo segnato q. 439, tra il Piano ed il Feliceto). Dopo appena 10 minuti ci si
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19. imbatte nell’ultimo incrocio: si volta a destra e cominciano i gradini che accompagneranno fino
alla fine. A sinistra è segnato come numero di sentiero il n. 2. Trattasi sicuramente di una vecchia
numerazione. D’altra parte però, lo stesso tratto su gradini che ci attende riporterà più volte il
segno 1 + 2, stando quindi ad indicare un tratto comune ai due percorsi, che si sarebbero poi
separati a monte: 1 a sinistra (salendo), verso Piano di Viesco e l’Avvocata, e 2 a destra (sempre
per chi sale) verso… non si sa!
L’arrivo a Cetara si ha per direttissima usando la crestina di una spalla (quella con una Madonna
del Popolo, tra l’altro non trovata) che punta dritta al centro del corso. Vi sbucheremo, alle
15.35, uscendo da via Turillo, praticamente coincidente con la via Carcarella dell’andata, dopo
quasi 1100 metri di dislivello.
Marzo 22, 2003 – sab.
Anello con Monte Caruso, m. 761, e Forcella della Cava, m. 852 (Parco Diecimare)
Rosario, Piero & Paolo con Remì [foto]
Piacevole escursione di mezza giornata nei dintorni di Cava, alla scoperta di luoghi e panorami
tanto vicini quanto ignoti. Per tutti i partecipanti si tratta, inoltre, della prima ascensione sulla
maggiore delle cime orientali di Cava, la rocciosa Forcella.
Alle 8.30, dopo aver lasciato il civile Agostino al suo dovere presso il Centro Visite, percorriamo il
comodo sentiero n. 2 del Parco che, allontanandosi da esso guadagna poca quota e aggira il tondo
Caruso alla base. Successivamente il sentiero risale a zig-zag e torna indietro verso la direzione di
partenza, assestandosi ad una quota maggiore. Dopo l’incrocio 2 – 4 (che permetterebbe,
continuando sul due, di chiudere subito un anello breve) ci immettiamo sul sentiero n. 4 (del
falco) che risale il brullo cucuzzolo. Il tracciato di questi sentieri non ci era stato mai chiarissimo:
abbiamo sempre pensato che questa traccia portasse fin sulla cima, in realtà porta al valico Santa
Lucia (n.b. per l’ascesa al Caruso la stessa guardia, incontrata alla fine nel Centro, ci ha indicato
la cresta che dal succitato valico va verso nord). Allorquando ci è stato chiaro che stavamo
puntando al valico (in località nota anche come la Pannera), abbiamo abbandonato il sentiero e
liberamente siamo risaliti a sinistra lungo il precisissimo profilo di Caruso, giungendo in vetta (m.
761, ore 9.45) sotto il tagliente sguardo di rapaci gironzolanti.
Dopo una pausa di soli dieci minuti, scendiamo dalla bella cima andando verso sud, puntando al
Valico di Santa Lucia (m. 642), che superiamo, e pervenendo poi alla Casermetta (ore 10.25).
Lungo il filo della crestina il sentiero è facile e panoramico, abbellito da muscari e ancora da
qualche crocus. La cima della Forcella della Cava (m. 852) (che, per chi viene da nord, viene
prima superata e poi riagganciata da sud) sarà raggiunta alle undici, guadagnando un belvedere su
Cava, sui monti Picentini e sul sottostante castagneto di Decimare.
Per il ritorno, piuttosto che ripercorrere i medesimi sentieri, decidiamo di continuare verso sud
lungo la cresta, che saremo comunque costretti a lasciare –prima o poi – per virare a destra e
puntare, a occhio, verso il Centro.
Infatti ci agganceremo sul sentiero del bosco, poco prima dell’area dei bombi, concludendo
l’anello alle 12.30, in perfetto orario per una doccia e per il pranzo domenicale. Da notare che
l’iperattivo Remì ha compiuto un percorso perlomeno triplo rispetto a noialtri partecipanti.
Marzo 29, 2003 – sab.
Alta Valle del Sabato (Monti Picentini)
Barbara.
Spedizione preliminare di mezza giornata finalizzata alla conoscenza dell’eventuale area di lavoro
della tesi di Barbara. Oggetto di studio sono stati gli alberi della valle, ma la mancanza di foglie e
infiorescenze ha impedito il riconoscimento di molte specie.
Marzo 30, 2003 – dom.
Circuito aperto con Valico delle Tramontane e Monte Finestra (vetta nord, m. 1128, e vetta sud,
m.1145).
Rosario, Antonio & Francesca, Fabio Villani, Gabriella Riselli, Pietro Rotunno, Mauro e Graziella di
Fabriano e moltissimi altri caini tra cui: Domenico, Mino, Aldo Colleoni, signor Antonio, Paola
Sindaco, Pompeo. Bonus track: prof.ssa Coppa-De Castro. [foto]
Escursione inserita nel programma del Cai di Piedimonte Matese, con la guida di Antonio &
Francesca ai quali si è dovuto aggiungere il nostro prezioso contributo quali conoscitori della parte
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