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ANNO ACCADEMICO 2008-2009




     PSICOLOGIA DELLA PUBBLICITÀ




      La copertina dei libri.
Mero packaging o specchio del contenuto?



              Cristina Cocever




                                           1
Introduzione

        Ogni lettore, più o meno accanito, ha un vissuto di esperienze personali che
hanno caricato di valori affettivi ed emozionali il suo rapporto con i libri. In genere
succede così: c’è stato un libro in particolare, una pietra miliare nel suo passato,
che ha fatto scattare questo meccanismo e l’esperienza è stata così intensa da
indurre a desiderare di riviverla ancora, magari leggendo l’intera bibliografia di
quell’autore.
        È questo il primo passo per diventare dei non frettolosi frequentatori di
librerie, dei consumatori fidelizzati che cercano tra gli scaffali di soddisfare il loro
bisogno di sognare, di conoscere. Considerando il libro come un prodotto di
consumo, la cui funzione è di soddisfare un bisogno reale di un pubblico (target),
si può dunque cercare di delineare quali siano i bisogni per cui si acquista un libro.
        Il benefit del lettore potrebbe essere:

   •il confronto ideologico
   •lo sviluppo critico del pensiero
   •il confronto e il conforto psicologico
   •l’apprendimento in generale
   •l’apprendimento del linguaggio
   •l’aggiornamento
   •l’approfondimento di qualcosa
   •la crescita interiore
   •la crescita intellettuale
   •l’allegria, lo svago
   •…

    I puntini di sospensione alludono a tutto quello che ognuno di noi vorrebbe
aggiungere, proprio perché essendo la lettura un’esperienza soggettiva, il beneficio
che possiamo trarne ha potenzialmente tutte le sfumature della nostra sfera più
intima e personale.
    Oggi una delle risorse più preziose è il tempo ed uno dei modi per quantificare
il valore che attribuiamo alle cose è la misura del tempo che siamo disposti ad
investire per ottenerle. La lettura richiede tempo e sarebbe contradditorio affidare
la scelta di un libro ad un impulso repentino, privo di cognizione di causa. Ma chi
si occupa di marketing sa che il potenziale consumatore, soprattutto se non
parliamo di beni durevoli, spesso agisce proprio impulsivamente, perché sollecitato
da stimoli immediati, studiati per far leva sui suoi bisogni latenti. In effetti sulla
durevolezza del bene “libro” si potrebbe discutere visto che in genere fa bella
mostra di sé sui nostri scaffali per ben più di tre anni, ma il suo valore economico è
tale da non implicare un impegno di spesa particolarmente oneroso e nel rapporto
costi/benefici il peso dei primi non dovrebbe condizionare troppo i secondi.
    Il libro è spesso anche un oggetto da regalo e in questo caso il criterio di scelta
si basa principalmente sul tentativo di interpretare i gusti, non sempre espliciti, del
destinatario. Il valore economico può rivestire un ruolo importante, soprattutto se il
regalo vuole essere di prestigio e in questo senso il mercato editoriale offre al
consumatore edizioni più o meno economiche della stessa opera. Una vasta scelta è

                                                                                      2
offerta anche dai libri per ragazzi tipicamente acquistati da genitori, parenti vari e
amici, raramente sulla base di desideri espressi dall’interessato, ma piuttosto in
relazione alle proiezioni personali di chi opera la scelta.
    Lo scopo di questa ricerca è di verificare quanto l’impatto visivo dell’oggetto
libro, ovvero la copertina, influisca nella scelta d’acquisto. Dopo un cenno agli
aspetti connessi al design delle copertine, sia dal punto di vista grafico sia
dell’immagine della marca editoriale, la ricerca sarà completata da alcune
interviste qualitative a “consumatori” di libri.

                                      Il libro e il suo look

       Navigando in internet la frase più citata a proposito della grafica delle
copertine dei libri è di Bruno Munari: «La copertina di un libro è un piccolo
manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è
qualcosa di interessante per lui»
       In effetti la copertina dovrebbe essere una sorta di annuncio pubblicitario il
cui scopo è di spingere il potenziale lettore ad allungare il braccio per porre fine a
quel distacco fisico che gli impedisce di procedere nell’esplorazione dell’oggetto
libro. Questo avviene in una libreria, in una biblioteca, ma oggi non sempre la
scelta di un libro passa per il contatto diretto con l’oggetto. Larga diffusione hanno
gli acquisti online, ma anche sui siti la componente visiva continua a giocare un
ruolo determinante con la consuetudine di riportare l’immagine della copertina. Si
sopperisce all’impossibilità dell’indagine diretta, fornendo l’abstract che poi
spesso non è altro che il contenuto della quarta di copertina e, sfruttando le
tecniche di viral marketing e i mezzi del Web 2.0, si lascia spazio ai commenti e ai
giudizi di altri lettori che diventano un’ulteriore fonte di informazioni utili ai fini
della scelta.
       Marco Maraviglia nel suo breve corso su Come realizzare una copertina di
successo1, fornisce tutta una serie di consigli pratici su come dovrebbe essere
l’impostazione grafica di una copertina perché assolva efficacemente alla sua
funzione. Riprendendo una regola aurea del grafico scozzese Ogilvy, sostiene che
la copertina, come un annuncio pubblicitario, non deve contenere più di tre
elementi [Ogilvy, 1998] (autore, titolo/sottotitolo, editore) ed essere leggibile ad
una distanza di 2-3 metri.
       Dario Moretto nel suo libro “Il progetto grafico del libro” (Editrice
Bibliografica, 1993) spiega:

         … la percezione della copertina è qualcosa di più complesso della semplice lettura di
una pagina. Prima di tutto avviene in almeno due fasi: una prima percezione globale in cui lo
sguardo, percorrendo l’ambiente in cui il libro si trova, si ferma sulla copertina nel suo
complesso, e una seconda fase in cui hanno luogo una lettura vera e propria del testo (autore e
titolo) e un esame più particolareggiato dell’immagine eventualmente presente. Per questa
ragione occorre che la copertina sia strutturata su almeno due livelli di lettura: uno immediato e
“alla lontana”, e uno più ravvicinato, in grado di comunicare informazioni particolareggiate. Va
sottolineato che il primo livello percettivo (quello che cattura l’attenzione dell’osservatore
nell’ambiente) si gioca pressoché totalmente su elementi visivi e quindi di competenza del
grafico (forma dei caratteri, scelta dei contrasti cromatici).

1
    http://www.gutenberg2000.org/impaginazione_copertina_libro.htm

                                                                                                3
Molto importante è dunque il rilievo grafico del titolo che funge da
headline e che dovrebbe riportare alcune tra le parole chiave del testo del libro
suscitando interesse ed emozione quel tanto che basta per solleticare la curiosità
del cliente. L’origine del luogo comune che vuole che il nome dell’autore e il titolo
figurino sempre nella parte superiore della copertina deriva dal fatto che in passato
il testo nella parte alta serviva a far sì che il libro fosse identificabile con la
massima chiarezza nelle vetrine, dove i librai, per problemi di spazio, disponevano
i volumi in file parzialmente sovrapposte: un titolo collocato troppo in basso
sarebbe stato nascosto dalla fila inferiore. Oggi si è compreso che l’esposizione dei
libri in forma più ordinata e ariosa giova alla loro visibilità, ma la regola del titolo
nella parte superiore sopravvive come consuetudine.
          Fondamentale è anche la scelta del colore predominante che definisce
l’atmosfera di base del libro. Un titolo in colore giallo su una copertina nera fa
normalmente intuire che il libro sia un giallo; il titolo in rosso sullo stesso fondo
nero fa pensare ad un noir; un testo nero su un fondo bianco patinato lucido
suggerisce attualità. Per quanto riguarda l’immagine non sempre è necessaria, ma
quando c’è deve essere chiaramente leggibile al primo impatto visivo e deve essere
coerente con il titolo. L’immagine come il resto deve avere uno story appeal:
comunicare interesse per la storia senza rivelarla e il grafico per farlo può servirsi
di un centro emozionale visivo giocato ad esempio su un particolare a colori che
spicca sull’insieme reso in bianco e nero. L’occhio del grafico deve essere attento
a non incorrere in alcuni errori che potrebbero offuscare il titolo: bisogna evitare
che i testi si confondano con l’immagine non permettendo che particolari effetti
estetici rendano illeggibili le parole.
        Spesso capita di vedere copertine bellissime ma poco chiare, perché chi le
ha ideate si è dimenticato che non sono opere d’arte da esporre in una galleria, ma
che il loro scopo è principalmente la leggibilità. Anche l’immagine può produrre
un effetto vampiro, un po’ come succede per alcuni spot pubblicitari: splendide
immagini ed effetti, ma alla fine non ricordiamo il nome del prodotto
pubblicizzato.
        Enzo Mari, maestro di design e inventore di copertine storiche (Bollati
Boringhieri), afferma: «Nella copertina le informazioni essenziali sono: autore,
titolo, editore», ma a proposito dell’uso delle illustrazioni sulla copertina aggiunge
anche: «Ci sono cascato anch’io qualche volta. Una bella copertina con una bella
illustrazione e un libro bruttissimo. E questo accade perché oggi un libro vive
quindici giorni, poi scompare per lasciare il posto alle nuove uscite. In questo
sistema del supermercato la copertina diventa un’esca per accalappiare il
pubblico». Giovanni Lussu, grafico e direttore delle collane “Il progetto grafico”
(NIS) e “Scritture” (Stampa alternativa), dice: «La copertina deve essere uno
specchio di quanto si trova all’interno. Con l’introduzione del packaging si è perso
questo rapporto. Il marketing è convinto che la copertina sia determinante. Per me
quel che fa il successo di un libro continua a essere il passaparola»2.
        A sentire chi le copertine le fa sembrerebbe dunque di assistere ad una lotta
in cui la deontologia professionale tende a soccombere davanti alle istanze del


2
 Citazioni tratte dall’articolo I vestiti dei libri di Dario Olivero, pubblicato su La Repubblica del
17/06/2007

                                                                                                        4
mercato, ma è proprio così? Ed è proprio vero che è sufficiente una copertina
intrigante e suggestiva per indurci a comprare un libro?
        Beh, devo confessarlo: a me è successo. Autore sconosciuto, genere poco
chiaro, ma una copertina affascinante e misteriosa. Era in offerta, mi aspettava un
lungo viaggio, l’ho comprato, ho iniziato a leggerlo e non sono arrivata neanche a
metà.

                       La copertina come immagine di marca

        La copertina rimane comunque un elemento importante per identificare un
determinato libro. Capita spesso che, ripensando all’ultimo libro letto, la prima
cosa che ci viene in mente è proprio l’immagine della copertina, che, usando una
metafora antropomorfica, è in qualche misura rispetto all’opera di un autore, un
po’ quello che è la nostra immagine rispetto al nostro mondo interiore. La
copertina non è l’opera dell’autore, ma ne identifica visivamente una specifica
manifestazione editoriale, aggiungendo agli occhi dei lettori significati al
contenuto autoriale vero e proprio.
        Dario Moretti, nel libro già menzionato, sostiene che le soluzioni grafiche
più frequentemente adottate possono essere classificate secondo il rapporto tra
testo e immagini. Ad esempio le copertine a «immagine piena» fondano il loro
richiamo su un’illustrazione o su una fotografia a piena pagina. Il nome
dell’autore, il titolo e il sottotitolo sono sovrapposti all’immagine e la soluzione
privilegia l’identità del singolo libro su quella dell’editore o della collana. Sono
layout comuni in specifici generi editoriali come i libri d’arte, la narrativa a forte
tiratura, le biografie e i saggi di costume e di attualità politica rivolti al largo
pubblico. Le copertine a «immagine incorniciata» permettono invece un
equilibrio efficace tra identità del libro e identità del produttore che lo propone al
pubblico. L’immagine identifica la singola opera, ma viene accompagnata da
elementi grafici riconoscibili che consentono di individuare l’editore e/o la collana,
quali garanti di un marchio di qualità. È adottata di solito per libri destinati a un
pubblico non popolare e sono numerosi gli esempi illustri nella storia editoriale
italiana.
        Primo fra tutti è il frutto della storica collaborazione tra la casa editrice
Einaudi e Bruno Munari. Nel 1965 Munari disegnò le tre collane che
determinarono lo stile dell’Einaudi nel corso degli anni successivi: il Nuovo
politecnico, la Nuova Universale Einaudi, e la Piccola Biblioteca Einaudi. Se si
ripensa al Nuovo Politecnico ci si rende conto che tutto è fondato sul quadrato
rosso in campo bianco e sul nero tipografico del titolo in maiuscolo.




                                                                                    5
Accostando libri diversi della collana si vede
                                    che il quadrato non è mai allineato, ma va su è giù a
                                    seconda della lunghezza dei titoli (il nome
                                    dell’editore, la collana e la data di edizione sono
                                    indicati nella prima riga in alto, sopra il nome
                                    dell’autore). In effetti niente è più semplice del
                                    quadrato, ma al tempo stesso niente è più visibile su
                                    un bancone di libreria di questi piccoli volumi.
                                    Queste copertine si assomigliano tutte, ma sono
                                    sempre diverse: bisogna leggerle. Marco Meneguzzo
                                    nel suo libro (Bruno Munari, Laterza, 1990) fa notare
                                    che Munari ha sempre puntato sul libro-oggetto e
                                    non sul suo contenuto, si è riferito all’arte della
                                    stampa e non a quel che viene stampato, ma così
                                    facendo ha creato un marchio inconfondibile che
                                    contiene scritture diverse.




                                            Altro storico caso è lo stile grafico
                                     dell’Adelphi, una delle poche case editrici che ha
                                     conservato negli ultimi trent’anni un’ininterrotta
                                     riconoscibilità del proprio segno grafico. Il segreto
                                     delle copertine dell’Adelphi sta nelle cornici stile
                                     liberty che figurano sia nelle collane narrative, sia
                                     in quelle saggistiche. La loro origine è da ricercarsi
                                     nell’opera di Aubrey Beardsley, incisore e
                                     disegnatore inglese, famoso per avere illustrato la
                                     Salomé di Oscar Wilde e l’effetto è un senso di
                                     aristocratica eleganza, dove le cornici su uno sfondo
                                     prevalentemente di tinte pastello, comunicano
                                     un’idea di esattezza e di precisione, ma nel
                                     contempo creano doppi e tripli spazi con un effetto
                                     di crescita arborea.

La toeletta di Salomè in un'illustrazione di Aubrey Beardsley, dall'edizione originale del dramma




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Anche un libro dell’Adelphi è riconoscibile a
                                 colpo d’occhio sul bancone di una libreria e il suo stile
                                 grafico sobrio ed elegante connota inevitabilmente i
                                 contenuti, creando nel lettore un’aspettativa di pari
                                 livello.




Esempio di copertina per la collana Biblioteca Adelphi

       A questi esempi illustri si aggiungono poi le numerose case editrici che
hanno optato per un packaging eclatante da best seller. In questi casi le copertine si
assomigliano tutte per una precisa scelta degli editori che hanno adottato
un’identica tecnica di stampa: la termografia. Le copertine, come pure le
sovraccoperte, recano scritture in rilievo che si ottengono con la stampa in offset e
poi con una plastificazione opaca: l’effetto è quello di rendere in lucido e in rilievo
alcune parti della copertina, di solito il titolo e il nome dell’autore. Le rilievografie
che dominano nelle copertine dei libri hanno un’origine precisa: il packaging, la
tecnica americana per realizzare e decorare i contenitori e le scatole (stile
Kellogg’s), ma il lettore scafato sa già che a tale look corrisponderà un determinato
prodotto, non necessariamente, ma probabilmente di livello diverso rispetto ai casi
menzionati precedentemente.




Esempi di copertine con effetto packaging



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In un articolo pubblicato su La Repubblica del 17/06/2007 Dario Olivero
parlando de I vestiti dei libri, sostiene che dopo anni di “abiti” stravaganti la
tendenza sia per un ritorno alla semplicità. È interessante anche questa metafora
della copertina intesa come vestito che ancora una volta allude ad una sorta di
antropomorfizzazione del libro: il vestito è in genere qualcosa di più che un mezzo
per coprirsi. È frutto di una scelta in funzione dell’immagine che vogliamo dare di
noi stessi agli altri e spesso, proprio per il nostro naturale bisogno di essere
accettati dal contesto sociale in cui viviamo, segue il trend delle mode. Esistono
dunque anche le mode del momento nel look delle copertine, con tutte le
declinazioni dettate dai generi e dalle diverse storie editoriali.
        Olivero ci offre un’interessante tassonomia degli stili prevalenti nelle
copertine che va dalle “minimaliste”, in genere monocolore, di Einaudi e Garzanti
a quelle “espressioniste” dai colori senza toni di compromesso dei Canguri
Feltrinelli, alle “inossidabili” della Sellerio e dell’Adelphi, rimaste sempre fedeli al
loro stile.
        Ma il libro è anche un prodotto che, in quanto tale, per essere acquistato
deve essere conosciuto, come avviene dunque il lancio di un nuovo libro?

                           Il lancio di un nuovo libro

        Può capitare di provare un intenso desiderio di “lanciare” fuori dalla finestra
il libro appena acquistato ed iniziato a leggere (come dicevo a me è successo) e si
può evitare che questo accada non procedendo all’acquisto unicamente spinti da un
impulso estemporaneo. Le campagne pubblicitarie che accompagnano il lancio dei
nuovi libri dovrebbero quindi porre particolare attenzione alla diffusione di
informazioni utili sui contenuti e sugli autori.
        Al fine di orientare la comunicazione sui percorsi fisici e psicologici più
congeniali al destinatario, è fondamentale, prima di iniziare la campagna
promozionale di un nuovo libro, chiedersi quali siano le abitudini d’acquisto e gli
interessi dei potenziali lettori.
     Un elenco di possibili domande utili in fase di promozione potrebbe essere:

   •   Il nostro potenziale pubblico frequenta abitualmente le librerie?
    • Cerca un libro di cui non conosce l’esistenza o entra in libreria già sapendo
       il titolo e magari anche l’ISBN?
    • Quanto tempo dedica alla scelta?
    • Preferisce acquistare un libro in edicola o all’ipermercato?
    • Quando sceglie in genere si affida ad una recensione letta su un giornale
       specializzato, all’opinione di un giornalista autorevole o ad una promozione
       televisiva?
    • Usa abitualmente mezzi di trasporto pubblico?
    • È un pendolare?
    • Quanti giorni al mese trascorre in albergo per lavoro?
    • Quanto tempo dedica alla lettura?
    • Abitualmente legge quotidiani o periodici?
    Se ad esempio il nostro target è un operaio che esce la mattina, va in fabbrica e
torna la sera con la metropolitana, non avrà senso concentrare la comunicazione
                                                                                      8
con espositori da banco in librerie, mentre sarà molto più utile servirsi di locandine
nelle stazioni ferroviarie e nelle edicole.
    La diffusione dell’immagine del nuovo libro, ovvero la copertina, rimane
comunque il modo più efficace per imprimere nella mente del “consumatore” il
ricordo del libro avvertito come desiderabile, ad esempio dopo aver seguito
l’intervista televisiva con l’autore. A distanza di tempo difficilmente ricorderà il
nome dell’autore, soprattutto se poco conosciuto, men che meno il titolo esatto, ma
di fronte all’immagine della copertina non avrà dubbi.
    Nel mio lavoro di bibliotecaria ho riscontrato varie volte questo meccanismo, e
a tal proposito riporto una delle richieste, probabilmente la più paradossale, che mi
è stata rivolta: «… mi serve assolutamente un libro che avevo già preso in prestito
tempo fa e che mi era stato utilissimo per l’esame. Non mi ricordo il titolo, l’autore
e neanche l’argomento, ma la copertina ha dei colori sgargianti e se lo vedo lo
riconosco subito». Effettivamente può essere un problema in una biblioteca di
15.000 volumi collocati tutti verticalmente, con il dorso come unica parte visibile.
    In fase di promozione qualsiasi sia il supporto scelto (segnalibro, cartolina,
locandina, pieghevole) è dunque fondamentale dare un forte rilievo visivo alla
copertina, mentre in libreria si può ricorrere all’esposizione in vetrina di varie
copie affiancate che sfruttando il classico effetto “a macchia” catturano di più
l’attenzione.
    Da utente mi rendo conto che quando entro in una libreria senza uno scopo
preciso, sono subito attratta dagli “ammucchiamenti” dei libri con varie copie
impilate una sull’altra, in genere tatticamente posizionati vicino all’ingresso e solo
dopo averli esaminati, incomincio ad addentrarmi nei meandri delle sezioni
tematiche. È un percorso costruito proprio allo scopo di catturare subito
l’attenzione, proponendo le novità e in effetti magari spinti dalla voglia di
aggiornarsi sulle new entries si finisce con l’imbattersi proprio in quella copertina
che tanto ricorda quel romanzo così bello, letto un po’ di tempo fa.
    È proprio lui: il nuovo romanzo dello stesso autore e la copertina con
quell’immagine magica e raffinata riporta a galla il ricordo di un’esperienza
intensa e coinvolgente. Con me ha funzionato e per Natale ne ho regalate varie
copie; si tratta de “Il gioco dell’angelo” di Carlos Ruiz Zafón. La scelta di
Mondadori di utilizzare per la sovraccoperta un’immagine simile a quella del
romanzo precedente nel mio caso è stata vincente.




                                                                                    9
Ma cosa ne pensano i consumatori: copertina come specchio del
                    contenuto o come semplice packaging?

        Allo scopo di verificare il peso dell’impatto visivo del libro in fase di
acquisto, ho intervistato due consumatori, un uomo e una donna di età compresa
tra i 25 e i 30 anni. Si tratta di lettori accaniti, assidui frequentatori di librerie e
biblioteche, con un livello culturale piuttosto alto. La scelta è nata dall’idea che
questa categoria di lettori dovrebbe essere dotata di quei filtri culturali necessari
per non cadere vittima unicamente delle suggestioni di immagini evocative. Nel
contempo sono persone con un particolare interesse verso l’oggetto libro, avvezze
a considerarlo non solo in funzione di bisogni pratici (ad esempio per studiare), ma
come un regalo prezioso per sé e per gli altri: i tipici opinion leader del settore.
        Le domande, dapprima orientate a comprendere l’atteggiamento generale
verso i libri e le abitudini di consumo degli interessati, poi sono entrate nello
specifico del tema, ovvero la funzione della copertina in fase di acquisto.
        Ho preferito lasciare che la conversazione non fosse troppo compressa in
una griglia rigida, ma per evitare eccessive dispersioni ho preparato una serie di
domande che poi ho rivolto in momenti e contesti diversi a seconda della piega
presa dal discorso. Le domande sono le seguenti:
    1. Quanti libri mediamente compri in un anno?
    2. Come li acquisti (libreria, online, corrispondenza)?
    3. Perché li compri?
    4. Quali canali usi per informarti sulle novità?
    5. Hai delle case editrici di fiducia?
    6. A distanza di tempo, ripensando ad un libro letto, qual è il primo ricordo
        che ti viene in mente?
    7. Sapresti descrivermi la copertina di un libro che ti è particolarmente
        piaciuto?
    8. Ti è mai capitato di guardare la copertina di un libro appena letto e di
        pensare che non era adatta a quel testo?
    9. Ti è mai capitato di acquistare un libro principalmente perché affascinata/o
        dalla copertina e magari poi di restarne deluso?
    10. Ti è mai capitato di riconoscere il nuovo romanzo di un autore conosciuto
        semplicemente dalla copertina che ricorda quelle dei precedenti?
    11. Secondo te la copertina è importante e come dovrebbe essere la copertina
        ideale di un libro?
    12. Hai mai pensato a come vorresti fosse la copertina di un libro scritto da te?
    13. Hai l’abitudine di copertinare i tuoi libri personali per non sciuparli?
    Gli intervistati fanno sicuramente parte di quel 13,3% che da fonti ISTAT3 nel
2007 ha letto più di 12 libri l’anno, limite che superano abbondantemente. Nelle
modalità di acquisto vedono i servizi online nei casi in cui il libro sia già noto,
anche se, prima di concludere la transazione, entrambi dichiarano di usare spesso
quei tipici strumenti dell’e-commerce che consentono ad esempio di conoscere
altri testi scelti da chi ha acquistato lo stesso libro. Gli acquisti in libreria sono
riservati ai momenti di relax, di disimpegno e sono amati e temuti, perché: «è
meglio che mi tengo alla larga dalle librerie perché non riesco mai ad uscirne
3
    http://www.istat.it/dati/catalogo/20081112_00/PDF/cap8.pdf

                                                                                     10
incolume» e ancora «devo andarci senza soldi perché se li ho li spendo tutti».
Entrambi parlano di alcune librerie in particolare dove sono soliti andare per
acquisti e i principali motivi di apprezzamento sono l’autorevolezza del personale
che, se interpellato, dimostra cultura e consapevolezza degli argomenti e
l’organizzazione dei libri esposti che, se ben congeniata, rende il cliente
autosufficiente, ma anche maggiormente adescabile grazie alla prossimità dei libri
di argomento affine. L’aggiornamento sulle novità librarie è occasionale e perlopiù
avviene direttamente in libreria, anche consultando i cataloghi editoriali e le
brochure lì disponibili. Nella scelta qualche volta si affidano ai consigli di persone
esperte o a recensioni pubblicate nel settimanale di fiducia e la marca editoriale
contribuisce a connotare di maggiore o minore serietà i contenuti. Le motivazioni
all’acquisto sono le più varie: necessità collegate allo studio e
all’approfondimento, ricerca di evasione, un regalo per un amico, ma anche il puro
desiderio di possesso dell’oggetto libro. Uno degli intervistati confessa di aver
letto tutti i romanzi di Pennac prendendoli in prestito in biblioteca e di esserseli poi
comprati solo per averli intonsi nella propria libreria. Questa voluttà di possesso
dell’oggetto libro è presente in entrambi gli intervistati e viene spiegata come una
conseguenza del bisogno di conoscenza, inteso come “potere del conoscere”. Il
fatto di possedere le fonti che possono soddisfare il bisogno di conoscenza rende
più sicuri. Solo il fatto di averle lì sullo scaffale a portata di mano, fa sentire meno
in balia del dubbio e dell’approssimazione.
    Alla richiesta di riportare il primo pensiero collegato al ricordo di un libro letto
e che è particolarmente piaciuto, uno ha dichiarato di aver pensato a delle
immagini mentali che alcune descrizioni gli avevano suggerito, l’altra ha parlato
della trama della storia. Entrambi ricordano bene le copertine e dichiarano che
mentre leggono un libro spesso si soffermano sulla copertina, che assume un
significato diverso mano a mano che ci si addentra nella lettura. Alla luce dei
significati espressi dal testo non sono infrequenti valutazioni negative rispetto alla
scelta grafica delle copertine. La donna, che nel corso dell’intervista rivela una
maggiore sensibilità ai risvolti emozionali collegati alle immagini, afferma che è
sua abitudine una volta finito il libro, richiuderlo per riguardare la copertina, come
se fosse necessario questo atto finale per fissarne definitivamente il ricordo.
    La fascinazione della copertina che porta all’acquisto irrazionale è
un’esperienza vissuta dalla donna intervistata, che ricorda un paio di casi in cui sa
di aver acquistato i libri solo perché sedotta dalla carica emotiva che le parole del
titolo e l’immagine le avevano comunicato. Nell’intervistato prevale un
atteggiamento, se vogliamo, più maschile, dove la componente emozionale non
gioca un ruolo determinante. Dal punto di vista grafico dichiara di prediligere le
copertine razionali “stile Einaudi” e di non ricordarsi casi in cui l’acquisto sia
partito da un impulso meramente emotivo.
    Ciò che risulta evidente è l’importanza data al titolo, che anche da solo su una
copertina bianca riesce ad esercitare un fascino particolare e che nella descrizione
della copertina “ideale” risulta essere il punto focale. Per gli intervistati la
copertina di un loro ipotetico libro dovrebbe essere a tinta unita, possibilmente
bianca, con il titolo in evidenza, ma ancora una volta la sfera femminile lascia
spazio ad un po’ di emozione, concedendosi un’immagine non incorniciata al
centro.

                                                                                     11
Alla fine del colloquio ho mostrato alcune copertine agli intervistati e mi è
sembrato in linea con il senso della conversazione farlo servendomi di un libro:
“Diario dell’occhio” di Marco Belpoliti (Le Lettere, 2008). È un libro che parla di
libri partendo dalle loro copertine e che raccoglie le recensioni scritte dal 1998 al
2003 dall’autore per la “Talpa libri”, il supplemento del quotidiano “Il Manifesto”.
Mi sembra significativo che alla fine di questa analisi le reazioni si possano
sintetizzare con due frasi dette dagli intervistati: «anche solo guardando le
copertine già so quali sono i tre libri che mi comprerei subito» e «mi è venuta una
gran voglia di andare in libreria a fare compere».

                                          Conclusioni

      Laura Frontoni nel suo libro “Il mercato dei segni” (Raffaello Cortina,
1986) afferma:
         Ma perché le immagini a volte sono più forti delle parole astratte? La risposta non è
univoca e investe considerazioni di diversa natura. Da una parte, infatti le immagini
nell’esperienza del mondo, vengono prima delle parole, sono più facili, più familiari …
Dall’altra parte, le immagini sono suscettibili di accogliere in sé attributi che, se descritti
astrattamente, richiederebbero molte parole. Sono quindi più sintetiche…Il linguaggio delle
immagini sembrerebbe dunque essere particolarmente forte, nella comunicazione, perché più
vicino alla fonte degli affetti e perché capace di sintesi comunicative difficilmente realizzabili
con le parole.
       Se dunque il potere delle immagini sta nella loro capacità di sintesi e di
comunicazione di quei codici affettivi che ci mettono in relazione con il nostro io
più profondo, forse sarebbe giusto affidare all’autore la scelta dell’immagine che
rappresenterà quella piccola parte di sé che è il suo libro. In entrambi gli
intervistati alla richiesta di descrivere la copertina del loro ipotetico primo libro si
è visto che prevaleva l’idea del foglio bianco, scritto con quel poco che basta. Ho
sollevato l’obiezione che un neoscrittore forse avrebbe bisogno di qualche
richiamo visivo in più, almeno fintanto che non diventa più conosciuto, ma
probabilmente il nostro “io” scrittore non riesce a pensare ad una propria
potenziale opera come ad un oggetto di promozione.
       Ad ognuno il suo mestiere. Non per niente esistono editori che sanno come
proporre i loro prodotti e sanno scegliere il “vestito” giusto. I consumatori esperti
poi imparano anche quel linguaggio e ad una prima occhiata sanno già riconoscere
il genere del libro o l’autore.
       La copertina è dunque un po’ packaging, un po’ immagine di marca, un po’
manifesto pubblicitario, ma chi compra il libro in genere la pensa come uno
specchio del contenuto, salvo poi ricredersi dopo i primi capitoli e magari la
prossima volta non ci casca più.




                                                                                               12
Bibliografia

1. Belpoliti, Marco. Diario dell’occhio. Le lettere, c2008
2. Frontori, Laura. Il mercato dei segni. Raffaello Cortina, 1986
3. Maraviglia, Marco. Come realizzare una copertina di                      successo.
     <http://www.gutenberg2000.org/impaginazione_copertina_libro.htm>
     [ultimo accesso gennaio 2009]
     Meneguzzo, Marco. Bruno Munari. Laterza, 1993
4.
     Moretti, Dario. Il progetto grafico del libro. Editrice bibliografica, c1993.
5.
     Ogilvy, David. Confessioni di un pubblicitario. 2. ed. Lupetti editori di
6.
     comunicazione, c1998
     Olivero, Dario. I vestiti dei libri, in La Repubblica, 17/06/2007
7.
     Rapone,     Alessia.      La     porta      dei  desideri.    La     copertina.
8.
     <http://www.mestierediscrivere.com/pdf/copertina.pdf> [ultimo accesso
     gennaio 2009]




                                                                                  13

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Il Packaging Dei Libri

  • 1. ANNO ACCADEMICO 2008-2009 PSICOLOGIA DELLA PUBBLICITÀ La copertina dei libri. Mero packaging o specchio del contenuto? Cristina Cocever 1
  • 2. Introduzione Ogni lettore, più o meno accanito, ha un vissuto di esperienze personali che hanno caricato di valori affettivi ed emozionali il suo rapporto con i libri. In genere succede così: c’è stato un libro in particolare, una pietra miliare nel suo passato, che ha fatto scattare questo meccanismo e l’esperienza è stata così intensa da indurre a desiderare di riviverla ancora, magari leggendo l’intera bibliografia di quell’autore. È questo il primo passo per diventare dei non frettolosi frequentatori di librerie, dei consumatori fidelizzati che cercano tra gli scaffali di soddisfare il loro bisogno di sognare, di conoscere. Considerando il libro come un prodotto di consumo, la cui funzione è di soddisfare un bisogno reale di un pubblico (target), si può dunque cercare di delineare quali siano i bisogni per cui si acquista un libro. Il benefit del lettore potrebbe essere: •il confronto ideologico •lo sviluppo critico del pensiero •il confronto e il conforto psicologico •l’apprendimento in generale •l’apprendimento del linguaggio •l’aggiornamento •l’approfondimento di qualcosa •la crescita interiore •la crescita intellettuale •l’allegria, lo svago •… I puntini di sospensione alludono a tutto quello che ognuno di noi vorrebbe aggiungere, proprio perché essendo la lettura un’esperienza soggettiva, il beneficio che possiamo trarne ha potenzialmente tutte le sfumature della nostra sfera più intima e personale. Oggi una delle risorse più preziose è il tempo ed uno dei modi per quantificare il valore che attribuiamo alle cose è la misura del tempo che siamo disposti ad investire per ottenerle. La lettura richiede tempo e sarebbe contradditorio affidare la scelta di un libro ad un impulso repentino, privo di cognizione di causa. Ma chi si occupa di marketing sa che il potenziale consumatore, soprattutto se non parliamo di beni durevoli, spesso agisce proprio impulsivamente, perché sollecitato da stimoli immediati, studiati per far leva sui suoi bisogni latenti. In effetti sulla durevolezza del bene “libro” si potrebbe discutere visto che in genere fa bella mostra di sé sui nostri scaffali per ben più di tre anni, ma il suo valore economico è tale da non implicare un impegno di spesa particolarmente oneroso e nel rapporto costi/benefici il peso dei primi non dovrebbe condizionare troppo i secondi. Il libro è spesso anche un oggetto da regalo e in questo caso il criterio di scelta si basa principalmente sul tentativo di interpretare i gusti, non sempre espliciti, del destinatario. Il valore economico può rivestire un ruolo importante, soprattutto se il regalo vuole essere di prestigio e in questo senso il mercato editoriale offre al consumatore edizioni più o meno economiche della stessa opera. Una vasta scelta è 2
  • 3. offerta anche dai libri per ragazzi tipicamente acquistati da genitori, parenti vari e amici, raramente sulla base di desideri espressi dall’interessato, ma piuttosto in relazione alle proiezioni personali di chi opera la scelta. Lo scopo di questa ricerca è di verificare quanto l’impatto visivo dell’oggetto libro, ovvero la copertina, influisca nella scelta d’acquisto. Dopo un cenno agli aspetti connessi al design delle copertine, sia dal punto di vista grafico sia dell’immagine della marca editoriale, la ricerca sarà completata da alcune interviste qualitative a “consumatori” di libri. Il libro e il suo look Navigando in internet la frase più citata a proposito della grafica delle copertine dei libri è di Bruno Munari: «La copertina di un libro è un piccolo manifesto e ha lo scopo di comunicare all’osservatore che, in quel libro, c’è qualcosa di interessante per lui» In effetti la copertina dovrebbe essere una sorta di annuncio pubblicitario il cui scopo è di spingere il potenziale lettore ad allungare il braccio per porre fine a quel distacco fisico che gli impedisce di procedere nell’esplorazione dell’oggetto libro. Questo avviene in una libreria, in una biblioteca, ma oggi non sempre la scelta di un libro passa per il contatto diretto con l’oggetto. Larga diffusione hanno gli acquisti online, ma anche sui siti la componente visiva continua a giocare un ruolo determinante con la consuetudine di riportare l’immagine della copertina. Si sopperisce all’impossibilità dell’indagine diretta, fornendo l’abstract che poi spesso non è altro che il contenuto della quarta di copertina e, sfruttando le tecniche di viral marketing e i mezzi del Web 2.0, si lascia spazio ai commenti e ai giudizi di altri lettori che diventano un’ulteriore fonte di informazioni utili ai fini della scelta. Marco Maraviglia nel suo breve corso su Come realizzare una copertina di successo1, fornisce tutta una serie di consigli pratici su come dovrebbe essere l’impostazione grafica di una copertina perché assolva efficacemente alla sua funzione. Riprendendo una regola aurea del grafico scozzese Ogilvy, sostiene che la copertina, come un annuncio pubblicitario, non deve contenere più di tre elementi [Ogilvy, 1998] (autore, titolo/sottotitolo, editore) ed essere leggibile ad una distanza di 2-3 metri. Dario Moretto nel suo libro “Il progetto grafico del libro” (Editrice Bibliografica, 1993) spiega: … la percezione della copertina è qualcosa di più complesso della semplice lettura di una pagina. Prima di tutto avviene in almeno due fasi: una prima percezione globale in cui lo sguardo, percorrendo l’ambiente in cui il libro si trova, si ferma sulla copertina nel suo complesso, e una seconda fase in cui hanno luogo una lettura vera e propria del testo (autore e titolo) e un esame più particolareggiato dell’immagine eventualmente presente. Per questa ragione occorre che la copertina sia strutturata su almeno due livelli di lettura: uno immediato e “alla lontana”, e uno più ravvicinato, in grado di comunicare informazioni particolareggiate. Va sottolineato che il primo livello percettivo (quello che cattura l’attenzione dell’osservatore nell’ambiente) si gioca pressoché totalmente su elementi visivi e quindi di competenza del grafico (forma dei caratteri, scelta dei contrasti cromatici). 1 http://www.gutenberg2000.org/impaginazione_copertina_libro.htm 3
  • 4. Molto importante è dunque il rilievo grafico del titolo che funge da headline e che dovrebbe riportare alcune tra le parole chiave del testo del libro suscitando interesse ed emozione quel tanto che basta per solleticare la curiosità del cliente. L’origine del luogo comune che vuole che il nome dell’autore e il titolo figurino sempre nella parte superiore della copertina deriva dal fatto che in passato il testo nella parte alta serviva a far sì che il libro fosse identificabile con la massima chiarezza nelle vetrine, dove i librai, per problemi di spazio, disponevano i volumi in file parzialmente sovrapposte: un titolo collocato troppo in basso sarebbe stato nascosto dalla fila inferiore. Oggi si è compreso che l’esposizione dei libri in forma più ordinata e ariosa giova alla loro visibilità, ma la regola del titolo nella parte superiore sopravvive come consuetudine. Fondamentale è anche la scelta del colore predominante che definisce l’atmosfera di base del libro. Un titolo in colore giallo su una copertina nera fa normalmente intuire che il libro sia un giallo; il titolo in rosso sullo stesso fondo nero fa pensare ad un noir; un testo nero su un fondo bianco patinato lucido suggerisce attualità. Per quanto riguarda l’immagine non sempre è necessaria, ma quando c’è deve essere chiaramente leggibile al primo impatto visivo e deve essere coerente con il titolo. L’immagine come il resto deve avere uno story appeal: comunicare interesse per la storia senza rivelarla e il grafico per farlo può servirsi di un centro emozionale visivo giocato ad esempio su un particolare a colori che spicca sull’insieme reso in bianco e nero. L’occhio del grafico deve essere attento a non incorrere in alcuni errori che potrebbero offuscare il titolo: bisogna evitare che i testi si confondano con l’immagine non permettendo che particolari effetti estetici rendano illeggibili le parole. Spesso capita di vedere copertine bellissime ma poco chiare, perché chi le ha ideate si è dimenticato che non sono opere d’arte da esporre in una galleria, ma che il loro scopo è principalmente la leggibilità. Anche l’immagine può produrre un effetto vampiro, un po’ come succede per alcuni spot pubblicitari: splendide immagini ed effetti, ma alla fine non ricordiamo il nome del prodotto pubblicizzato. Enzo Mari, maestro di design e inventore di copertine storiche (Bollati Boringhieri), afferma: «Nella copertina le informazioni essenziali sono: autore, titolo, editore», ma a proposito dell’uso delle illustrazioni sulla copertina aggiunge anche: «Ci sono cascato anch’io qualche volta. Una bella copertina con una bella illustrazione e un libro bruttissimo. E questo accade perché oggi un libro vive quindici giorni, poi scompare per lasciare il posto alle nuove uscite. In questo sistema del supermercato la copertina diventa un’esca per accalappiare il pubblico». Giovanni Lussu, grafico e direttore delle collane “Il progetto grafico” (NIS) e “Scritture” (Stampa alternativa), dice: «La copertina deve essere uno specchio di quanto si trova all’interno. Con l’introduzione del packaging si è perso questo rapporto. Il marketing è convinto che la copertina sia determinante. Per me quel che fa il successo di un libro continua a essere il passaparola»2. A sentire chi le copertine le fa sembrerebbe dunque di assistere ad una lotta in cui la deontologia professionale tende a soccombere davanti alle istanze del 2 Citazioni tratte dall’articolo I vestiti dei libri di Dario Olivero, pubblicato su La Repubblica del 17/06/2007 4
  • 5. mercato, ma è proprio così? Ed è proprio vero che è sufficiente una copertina intrigante e suggestiva per indurci a comprare un libro? Beh, devo confessarlo: a me è successo. Autore sconosciuto, genere poco chiaro, ma una copertina affascinante e misteriosa. Era in offerta, mi aspettava un lungo viaggio, l’ho comprato, ho iniziato a leggerlo e non sono arrivata neanche a metà. La copertina come immagine di marca La copertina rimane comunque un elemento importante per identificare un determinato libro. Capita spesso che, ripensando all’ultimo libro letto, la prima cosa che ci viene in mente è proprio l’immagine della copertina, che, usando una metafora antropomorfica, è in qualche misura rispetto all’opera di un autore, un po’ quello che è la nostra immagine rispetto al nostro mondo interiore. La copertina non è l’opera dell’autore, ma ne identifica visivamente una specifica manifestazione editoriale, aggiungendo agli occhi dei lettori significati al contenuto autoriale vero e proprio. Dario Moretti, nel libro già menzionato, sostiene che le soluzioni grafiche più frequentemente adottate possono essere classificate secondo il rapporto tra testo e immagini. Ad esempio le copertine a «immagine piena» fondano il loro richiamo su un’illustrazione o su una fotografia a piena pagina. Il nome dell’autore, il titolo e il sottotitolo sono sovrapposti all’immagine e la soluzione privilegia l’identità del singolo libro su quella dell’editore o della collana. Sono layout comuni in specifici generi editoriali come i libri d’arte, la narrativa a forte tiratura, le biografie e i saggi di costume e di attualità politica rivolti al largo pubblico. Le copertine a «immagine incorniciata» permettono invece un equilibrio efficace tra identità del libro e identità del produttore che lo propone al pubblico. L’immagine identifica la singola opera, ma viene accompagnata da elementi grafici riconoscibili che consentono di individuare l’editore e/o la collana, quali garanti di un marchio di qualità. È adottata di solito per libri destinati a un pubblico non popolare e sono numerosi gli esempi illustri nella storia editoriale italiana. Primo fra tutti è il frutto della storica collaborazione tra la casa editrice Einaudi e Bruno Munari. Nel 1965 Munari disegnò le tre collane che determinarono lo stile dell’Einaudi nel corso degli anni successivi: il Nuovo politecnico, la Nuova Universale Einaudi, e la Piccola Biblioteca Einaudi. Se si ripensa al Nuovo Politecnico ci si rende conto che tutto è fondato sul quadrato rosso in campo bianco e sul nero tipografico del titolo in maiuscolo. 5
  • 6. Accostando libri diversi della collana si vede che il quadrato non è mai allineato, ma va su è giù a seconda della lunghezza dei titoli (il nome dell’editore, la collana e la data di edizione sono indicati nella prima riga in alto, sopra il nome dell’autore). In effetti niente è più semplice del quadrato, ma al tempo stesso niente è più visibile su un bancone di libreria di questi piccoli volumi. Queste copertine si assomigliano tutte, ma sono sempre diverse: bisogna leggerle. Marco Meneguzzo nel suo libro (Bruno Munari, Laterza, 1990) fa notare che Munari ha sempre puntato sul libro-oggetto e non sul suo contenuto, si è riferito all’arte della stampa e non a quel che viene stampato, ma così facendo ha creato un marchio inconfondibile che contiene scritture diverse. Altro storico caso è lo stile grafico dell’Adelphi, una delle poche case editrici che ha conservato negli ultimi trent’anni un’ininterrotta riconoscibilità del proprio segno grafico. Il segreto delle copertine dell’Adelphi sta nelle cornici stile liberty che figurano sia nelle collane narrative, sia in quelle saggistiche. La loro origine è da ricercarsi nell’opera di Aubrey Beardsley, incisore e disegnatore inglese, famoso per avere illustrato la Salomé di Oscar Wilde e l’effetto è un senso di aristocratica eleganza, dove le cornici su uno sfondo prevalentemente di tinte pastello, comunicano un’idea di esattezza e di precisione, ma nel contempo creano doppi e tripli spazi con un effetto di crescita arborea. La toeletta di Salomè in un'illustrazione di Aubrey Beardsley, dall'edizione originale del dramma 6
  • 7. Anche un libro dell’Adelphi è riconoscibile a colpo d’occhio sul bancone di una libreria e il suo stile grafico sobrio ed elegante connota inevitabilmente i contenuti, creando nel lettore un’aspettativa di pari livello. Esempio di copertina per la collana Biblioteca Adelphi A questi esempi illustri si aggiungono poi le numerose case editrici che hanno optato per un packaging eclatante da best seller. In questi casi le copertine si assomigliano tutte per una precisa scelta degli editori che hanno adottato un’identica tecnica di stampa: la termografia. Le copertine, come pure le sovraccoperte, recano scritture in rilievo che si ottengono con la stampa in offset e poi con una plastificazione opaca: l’effetto è quello di rendere in lucido e in rilievo alcune parti della copertina, di solito il titolo e il nome dell’autore. Le rilievografie che dominano nelle copertine dei libri hanno un’origine precisa: il packaging, la tecnica americana per realizzare e decorare i contenitori e le scatole (stile Kellogg’s), ma il lettore scafato sa già che a tale look corrisponderà un determinato prodotto, non necessariamente, ma probabilmente di livello diverso rispetto ai casi menzionati precedentemente. Esempi di copertine con effetto packaging 7
  • 8. In un articolo pubblicato su La Repubblica del 17/06/2007 Dario Olivero parlando de I vestiti dei libri, sostiene che dopo anni di “abiti” stravaganti la tendenza sia per un ritorno alla semplicità. È interessante anche questa metafora della copertina intesa come vestito che ancora una volta allude ad una sorta di antropomorfizzazione del libro: il vestito è in genere qualcosa di più che un mezzo per coprirsi. È frutto di una scelta in funzione dell’immagine che vogliamo dare di noi stessi agli altri e spesso, proprio per il nostro naturale bisogno di essere accettati dal contesto sociale in cui viviamo, segue il trend delle mode. Esistono dunque anche le mode del momento nel look delle copertine, con tutte le declinazioni dettate dai generi e dalle diverse storie editoriali. Olivero ci offre un’interessante tassonomia degli stili prevalenti nelle copertine che va dalle “minimaliste”, in genere monocolore, di Einaudi e Garzanti a quelle “espressioniste” dai colori senza toni di compromesso dei Canguri Feltrinelli, alle “inossidabili” della Sellerio e dell’Adelphi, rimaste sempre fedeli al loro stile. Ma il libro è anche un prodotto che, in quanto tale, per essere acquistato deve essere conosciuto, come avviene dunque il lancio di un nuovo libro? Il lancio di un nuovo libro Può capitare di provare un intenso desiderio di “lanciare” fuori dalla finestra il libro appena acquistato ed iniziato a leggere (come dicevo a me è successo) e si può evitare che questo accada non procedendo all’acquisto unicamente spinti da un impulso estemporaneo. Le campagne pubblicitarie che accompagnano il lancio dei nuovi libri dovrebbero quindi porre particolare attenzione alla diffusione di informazioni utili sui contenuti e sugli autori. Al fine di orientare la comunicazione sui percorsi fisici e psicologici più congeniali al destinatario, è fondamentale, prima di iniziare la campagna promozionale di un nuovo libro, chiedersi quali siano le abitudini d’acquisto e gli interessi dei potenziali lettori. Un elenco di possibili domande utili in fase di promozione potrebbe essere: • Il nostro potenziale pubblico frequenta abitualmente le librerie? • Cerca un libro di cui non conosce l’esistenza o entra in libreria già sapendo il titolo e magari anche l’ISBN? • Quanto tempo dedica alla scelta? • Preferisce acquistare un libro in edicola o all’ipermercato? • Quando sceglie in genere si affida ad una recensione letta su un giornale specializzato, all’opinione di un giornalista autorevole o ad una promozione televisiva? • Usa abitualmente mezzi di trasporto pubblico? • È un pendolare? • Quanti giorni al mese trascorre in albergo per lavoro? • Quanto tempo dedica alla lettura? • Abitualmente legge quotidiani o periodici? Se ad esempio il nostro target è un operaio che esce la mattina, va in fabbrica e torna la sera con la metropolitana, non avrà senso concentrare la comunicazione 8
  • 9. con espositori da banco in librerie, mentre sarà molto più utile servirsi di locandine nelle stazioni ferroviarie e nelle edicole. La diffusione dell’immagine del nuovo libro, ovvero la copertina, rimane comunque il modo più efficace per imprimere nella mente del “consumatore” il ricordo del libro avvertito come desiderabile, ad esempio dopo aver seguito l’intervista televisiva con l’autore. A distanza di tempo difficilmente ricorderà il nome dell’autore, soprattutto se poco conosciuto, men che meno il titolo esatto, ma di fronte all’immagine della copertina non avrà dubbi. Nel mio lavoro di bibliotecaria ho riscontrato varie volte questo meccanismo, e a tal proposito riporto una delle richieste, probabilmente la più paradossale, che mi è stata rivolta: «… mi serve assolutamente un libro che avevo già preso in prestito tempo fa e che mi era stato utilissimo per l’esame. Non mi ricordo il titolo, l’autore e neanche l’argomento, ma la copertina ha dei colori sgargianti e se lo vedo lo riconosco subito». Effettivamente può essere un problema in una biblioteca di 15.000 volumi collocati tutti verticalmente, con il dorso come unica parte visibile. In fase di promozione qualsiasi sia il supporto scelto (segnalibro, cartolina, locandina, pieghevole) è dunque fondamentale dare un forte rilievo visivo alla copertina, mentre in libreria si può ricorrere all’esposizione in vetrina di varie copie affiancate che sfruttando il classico effetto “a macchia” catturano di più l’attenzione. Da utente mi rendo conto che quando entro in una libreria senza uno scopo preciso, sono subito attratta dagli “ammucchiamenti” dei libri con varie copie impilate una sull’altra, in genere tatticamente posizionati vicino all’ingresso e solo dopo averli esaminati, incomincio ad addentrarmi nei meandri delle sezioni tematiche. È un percorso costruito proprio allo scopo di catturare subito l’attenzione, proponendo le novità e in effetti magari spinti dalla voglia di aggiornarsi sulle new entries si finisce con l’imbattersi proprio in quella copertina che tanto ricorda quel romanzo così bello, letto un po’ di tempo fa. È proprio lui: il nuovo romanzo dello stesso autore e la copertina con quell’immagine magica e raffinata riporta a galla il ricordo di un’esperienza intensa e coinvolgente. Con me ha funzionato e per Natale ne ho regalate varie copie; si tratta de “Il gioco dell’angelo” di Carlos Ruiz Zafón. La scelta di Mondadori di utilizzare per la sovraccoperta un’immagine simile a quella del romanzo precedente nel mio caso è stata vincente. 9
  • 10. Ma cosa ne pensano i consumatori: copertina come specchio del contenuto o come semplice packaging? Allo scopo di verificare il peso dell’impatto visivo del libro in fase di acquisto, ho intervistato due consumatori, un uomo e una donna di età compresa tra i 25 e i 30 anni. Si tratta di lettori accaniti, assidui frequentatori di librerie e biblioteche, con un livello culturale piuttosto alto. La scelta è nata dall’idea che questa categoria di lettori dovrebbe essere dotata di quei filtri culturali necessari per non cadere vittima unicamente delle suggestioni di immagini evocative. Nel contempo sono persone con un particolare interesse verso l’oggetto libro, avvezze a considerarlo non solo in funzione di bisogni pratici (ad esempio per studiare), ma come un regalo prezioso per sé e per gli altri: i tipici opinion leader del settore. Le domande, dapprima orientate a comprendere l’atteggiamento generale verso i libri e le abitudini di consumo degli interessati, poi sono entrate nello specifico del tema, ovvero la funzione della copertina in fase di acquisto. Ho preferito lasciare che la conversazione non fosse troppo compressa in una griglia rigida, ma per evitare eccessive dispersioni ho preparato una serie di domande che poi ho rivolto in momenti e contesti diversi a seconda della piega presa dal discorso. Le domande sono le seguenti: 1. Quanti libri mediamente compri in un anno? 2. Come li acquisti (libreria, online, corrispondenza)? 3. Perché li compri? 4. Quali canali usi per informarti sulle novità? 5. Hai delle case editrici di fiducia? 6. A distanza di tempo, ripensando ad un libro letto, qual è il primo ricordo che ti viene in mente? 7. Sapresti descrivermi la copertina di un libro che ti è particolarmente piaciuto? 8. Ti è mai capitato di guardare la copertina di un libro appena letto e di pensare che non era adatta a quel testo? 9. Ti è mai capitato di acquistare un libro principalmente perché affascinata/o dalla copertina e magari poi di restarne deluso? 10. Ti è mai capitato di riconoscere il nuovo romanzo di un autore conosciuto semplicemente dalla copertina che ricorda quelle dei precedenti? 11. Secondo te la copertina è importante e come dovrebbe essere la copertina ideale di un libro? 12. Hai mai pensato a come vorresti fosse la copertina di un libro scritto da te? 13. Hai l’abitudine di copertinare i tuoi libri personali per non sciuparli? Gli intervistati fanno sicuramente parte di quel 13,3% che da fonti ISTAT3 nel 2007 ha letto più di 12 libri l’anno, limite che superano abbondantemente. Nelle modalità di acquisto vedono i servizi online nei casi in cui il libro sia già noto, anche se, prima di concludere la transazione, entrambi dichiarano di usare spesso quei tipici strumenti dell’e-commerce che consentono ad esempio di conoscere altri testi scelti da chi ha acquistato lo stesso libro. Gli acquisti in libreria sono riservati ai momenti di relax, di disimpegno e sono amati e temuti, perché: «è meglio che mi tengo alla larga dalle librerie perché non riesco mai ad uscirne 3 http://www.istat.it/dati/catalogo/20081112_00/PDF/cap8.pdf 10
  • 11. incolume» e ancora «devo andarci senza soldi perché se li ho li spendo tutti». Entrambi parlano di alcune librerie in particolare dove sono soliti andare per acquisti e i principali motivi di apprezzamento sono l’autorevolezza del personale che, se interpellato, dimostra cultura e consapevolezza degli argomenti e l’organizzazione dei libri esposti che, se ben congeniata, rende il cliente autosufficiente, ma anche maggiormente adescabile grazie alla prossimità dei libri di argomento affine. L’aggiornamento sulle novità librarie è occasionale e perlopiù avviene direttamente in libreria, anche consultando i cataloghi editoriali e le brochure lì disponibili. Nella scelta qualche volta si affidano ai consigli di persone esperte o a recensioni pubblicate nel settimanale di fiducia e la marca editoriale contribuisce a connotare di maggiore o minore serietà i contenuti. Le motivazioni all’acquisto sono le più varie: necessità collegate allo studio e all’approfondimento, ricerca di evasione, un regalo per un amico, ma anche il puro desiderio di possesso dell’oggetto libro. Uno degli intervistati confessa di aver letto tutti i romanzi di Pennac prendendoli in prestito in biblioteca e di esserseli poi comprati solo per averli intonsi nella propria libreria. Questa voluttà di possesso dell’oggetto libro è presente in entrambi gli intervistati e viene spiegata come una conseguenza del bisogno di conoscenza, inteso come “potere del conoscere”. Il fatto di possedere le fonti che possono soddisfare il bisogno di conoscenza rende più sicuri. Solo il fatto di averle lì sullo scaffale a portata di mano, fa sentire meno in balia del dubbio e dell’approssimazione. Alla richiesta di riportare il primo pensiero collegato al ricordo di un libro letto e che è particolarmente piaciuto, uno ha dichiarato di aver pensato a delle immagini mentali che alcune descrizioni gli avevano suggerito, l’altra ha parlato della trama della storia. Entrambi ricordano bene le copertine e dichiarano che mentre leggono un libro spesso si soffermano sulla copertina, che assume un significato diverso mano a mano che ci si addentra nella lettura. Alla luce dei significati espressi dal testo non sono infrequenti valutazioni negative rispetto alla scelta grafica delle copertine. La donna, che nel corso dell’intervista rivela una maggiore sensibilità ai risvolti emozionali collegati alle immagini, afferma che è sua abitudine una volta finito il libro, richiuderlo per riguardare la copertina, come se fosse necessario questo atto finale per fissarne definitivamente il ricordo. La fascinazione della copertina che porta all’acquisto irrazionale è un’esperienza vissuta dalla donna intervistata, che ricorda un paio di casi in cui sa di aver acquistato i libri solo perché sedotta dalla carica emotiva che le parole del titolo e l’immagine le avevano comunicato. Nell’intervistato prevale un atteggiamento, se vogliamo, più maschile, dove la componente emozionale non gioca un ruolo determinante. Dal punto di vista grafico dichiara di prediligere le copertine razionali “stile Einaudi” e di non ricordarsi casi in cui l’acquisto sia partito da un impulso meramente emotivo. Ciò che risulta evidente è l’importanza data al titolo, che anche da solo su una copertina bianca riesce ad esercitare un fascino particolare e che nella descrizione della copertina “ideale” risulta essere il punto focale. Per gli intervistati la copertina di un loro ipotetico libro dovrebbe essere a tinta unita, possibilmente bianca, con il titolo in evidenza, ma ancora una volta la sfera femminile lascia spazio ad un po’ di emozione, concedendosi un’immagine non incorniciata al centro. 11
  • 12. Alla fine del colloquio ho mostrato alcune copertine agli intervistati e mi è sembrato in linea con il senso della conversazione farlo servendomi di un libro: “Diario dell’occhio” di Marco Belpoliti (Le Lettere, 2008). È un libro che parla di libri partendo dalle loro copertine e che raccoglie le recensioni scritte dal 1998 al 2003 dall’autore per la “Talpa libri”, il supplemento del quotidiano “Il Manifesto”. Mi sembra significativo che alla fine di questa analisi le reazioni si possano sintetizzare con due frasi dette dagli intervistati: «anche solo guardando le copertine già so quali sono i tre libri che mi comprerei subito» e «mi è venuta una gran voglia di andare in libreria a fare compere». Conclusioni Laura Frontoni nel suo libro “Il mercato dei segni” (Raffaello Cortina, 1986) afferma: Ma perché le immagini a volte sono più forti delle parole astratte? La risposta non è univoca e investe considerazioni di diversa natura. Da una parte, infatti le immagini nell’esperienza del mondo, vengono prima delle parole, sono più facili, più familiari … Dall’altra parte, le immagini sono suscettibili di accogliere in sé attributi che, se descritti astrattamente, richiederebbero molte parole. Sono quindi più sintetiche…Il linguaggio delle immagini sembrerebbe dunque essere particolarmente forte, nella comunicazione, perché più vicino alla fonte degli affetti e perché capace di sintesi comunicative difficilmente realizzabili con le parole. Se dunque il potere delle immagini sta nella loro capacità di sintesi e di comunicazione di quei codici affettivi che ci mettono in relazione con il nostro io più profondo, forse sarebbe giusto affidare all’autore la scelta dell’immagine che rappresenterà quella piccola parte di sé che è il suo libro. In entrambi gli intervistati alla richiesta di descrivere la copertina del loro ipotetico primo libro si è visto che prevaleva l’idea del foglio bianco, scritto con quel poco che basta. Ho sollevato l’obiezione che un neoscrittore forse avrebbe bisogno di qualche richiamo visivo in più, almeno fintanto che non diventa più conosciuto, ma probabilmente il nostro “io” scrittore non riesce a pensare ad una propria potenziale opera come ad un oggetto di promozione. Ad ognuno il suo mestiere. Non per niente esistono editori che sanno come proporre i loro prodotti e sanno scegliere il “vestito” giusto. I consumatori esperti poi imparano anche quel linguaggio e ad una prima occhiata sanno già riconoscere il genere del libro o l’autore. La copertina è dunque un po’ packaging, un po’ immagine di marca, un po’ manifesto pubblicitario, ma chi compra il libro in genere la pensa come uno specchio del contenuto, salvo poi ricredersi dopo i primi capitoli e magari la prossima volta non ci casca più. 12
  • 13. Bibliografia 1. Belpoliti, Marco. Diario dell’occhio. Le lettere, c2008 2. Frontori, Laura. Il mercato dei segni. Raffaello Cortina, 1986 3. Maraviglia, Marco. Come realizzare una copertina di successo. <http://www.gutenberg2000.org/impaginazione_copertina_libro.htm> [ultimo accesso gennaio 2009] Meneguzzo, Marco. Bruno Munari. Laterza, 1993 4. Moretti, Dario. Il progetto grafico del libro. Editrice bibliografica, c1993. 5. Ogilvy, David. Confessioni di un pubblicitario. 2. ed. Lupetti editori di 6. comunicazione, c1998 Olivero, Dario. I vestiti dei libri, in La Repubblica, 17/06/2007 7. Rapone, Alessia. La porta dei desideri. La copertina. 8. <http://www.mestierediscrivere.com/pdf/copertina.pdf> [ultimo accesso gennaio 2009] 13