1. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ELETTRONICA
Prove termiche: validazione di un
metodo non normalizzato secondo la
ISO 17025
Candidato:
Alessandro Bacioccola
Relatori: Relatore esterno
Prof. M. Catelani Ing. L. Spinelli
Sig. R. Singuaroli
Ing. I. Trotta
ANNO ACCADEMICO
2004-2005
2. Indice
Indice dei capitoli
Introduzione……………………………………………………….…………..pag. 1
Pianificazione delle prove di laboratorio…………………………………….pag.2
Sviluppo di metodi non normalizzati secondo la ISO 17025……...pag.2
Scopo della prova che deve essere implementata……………...…pag.3
Studio dell’incertezza del modello adottato…………………pag.5
Strumentazione di misura inerente la prova………………..pag.6
Individuazione delle grandezze di interesse e
metodologie di misura…..…………………………………….pag.7
Configurazione del sistema di misura……………………………….pag.8
Specifiche del sistema di misura…………………………………….pag.9
Pianificazione e registrazione dell’attività di progettazione……...pag.10
Progetto e realizzione del filtro…………..…………………………………pag.11
Soluzioni progettuali…………………………………………..……..pag.12
Filtraggio con un unico condensatore……………………...pag.12
Cella filtrante………………………………………………….pag.13
Dimensionamento dei componenti…………………………pag.16
Note sui componenti…………………………………………pag.20
Realizzazione e collaudo del circuito……………………………...pag.21
Progetto e realizzazione dell’alimentatore in continua……………...…..pag.23
Progettazione dell’alimentatore…………………………………….pag.24
Scelta della configurazione circuitale………………………pag.25
Modifiche della configurazione scelta……………………...pag.26
i
3. Indice
Collaudo del circuito…………………………………………...…….pag.30
Bus GPIB…...……………………………………………………………...…pag.32
Struttura del bus GPIB………………………………………………pag.33
Segnali di comando e controllo del bus……………………………pag.37
Protocollo SCPI………………………………………………...…….pag.39
Ambienti di programmazione……………………………………….pag.41
Standard affini al GPIB……………………………………………...pag.42
Messa in prova……………………………………………………………….pag.44
Dimensionamento dei componenti…………………………………pag.44
Configurazione di misura……………………………………………pag.45
Stima dell’incertezza…………………………………………………pag.46
Incertezza sulla misura della temperatura ϑ1……………..pag.47
Incertezza sulla misura delle resistenze R1 e R2…………pag.47
Sviluppo del software di acquisizione dati………………………...pag.49
Struttura interna del programma……………………………pag.53
Collaudo del sistema………………………………………………...pag.55
Risultati…………...………………………………………………………......pag.58
Validazione……………………………………………………………pag.58
Collaudo……………………………………………………….pag.59
Prove…………………………………………………………………..pag.60
Esecuzione della prova (trasformatore da 50VA)………...pag.61
Esecuzione della prova (trasformatore da 30VA)………...pag.63
Conclusioni……………………………………………………………pag.65
ii
4. Indice
Allegati:
Pianificazione e registrazione dell’attività di progettazione……...pag.67
Verbale di riesame della progettazione (15/04/05)………………pag.70
Verbale di riesame della progettazione (22/06/05)………………pag.72
Verbale di validazione della progettazione (10/08/05)…………..pag.74
Data sheet del componente LR8…………………………………..pag.76
Bibliografia……………………………………………………………………pag.88
iii
5. Introduzione
Il progetto nasce dalla necessità del laboratorio
“ElettroLab” dell’ingegnere Lorenzo Spinelli di eseguire
prove di tipo termico a basso costo su trasformatori di
bassa potenza.
Si prevede di rilevare i dati termici del trasformatore
senza effettuare il distaccamento del carico e quindi
senza alterare il normale funzionamento del
trasformatore.
La procedura implementata sarà acquisita come
procedura di laboratorio e potrà essere applicata a
prove di tipo termico su trasformatori previa
accettazione del cliente.
La prova può essere acquisita in base alla normativa
ISO17025 che permette di redigere metodi di prova
non normalizzati purché si effettui la necessaria
validazione.
Il sistema che si vuole realizzare deve essere
economico e deve acquisire i dati senza l’assistenza
dell’operatore.
1
6. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Capitolo 1:
Pianificazione delle prove di laboratorio
Nell’ottica della nuova norma ISO17025 che
ha sostituito la precedente normativa
EN45001 si vuole sviluppare e validare una
propria procedura per effettuare prove di tipo
termico su trasformatori di bassa potenza.
Pianificazione delle prove di laboratorio
La normativa ISO/IEC/CEI/EN 17025 si differenzia dalla precedente sia per
aspetti gestionali che tecnici; in questa trattazione hanno interesse le
innovazioni introdotte nell’ambito delle competenze tecniche ed in particolare
la possibilità, da parte del laboratorio, di effettuare la validazione di metodi
non normalizzati.
1.1 Sviluppo di metodi non normalizzati secondo la ISO 17025
La normativa prevede che il laboratorio possa utilizzare, previa
autorizzazione del cliente, anche metodi sviluppati dal laboratorio stesso
purché appropriati allo scopo e opportunamente validati.
Nel paragrafo 6.1 della norma si evidenzia l’importanza della validazione del
metodo stesso come atto di conferma attraverso l’azione e l’apporto di
2
7. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
evidenza oggettiva che i requisiti particolari per l’utilizzazione prevista siano
soddisfatti[7].
Il laboratorio deve registrare i risultati ottenuti e le procedure utilizzate per la
validazione del metodo sviluppato ed una dichiarazione circa l’idoneità dello
stesso per l’utilizzo previsto.
Del nuovo metodo sviluppato, durante la validazione devono essere
individuati i campi di applicazione e l’accuratezza dei valori delle misure
ottenibili (incertezza, linearità, ripetibilità e limiti di misura).
In particolare, durante la stima dell’incertezza di misura, devono essere
prese in considerazione tutte le componenti di rilievo inerenti l’utilizzazione
specifica del metodo.
La ISO 17025 introduce anche per la prima volta in questi ambiti la possibilità
di utilizzare software, sviluppato direttamente dal laboratorio, per
l’acquisizione e l’elaborazione dei dati raccolti purché anche su questo sia
eseguita la necessaria validazione.
1.2 Scopo della prova che deve essere implementata
Durante lo svolgimento dell’attività del laboratorio di prova “Elettrolab” è nata
l’esigenza di eseguire in maniera automatica prove di tipo termico (prove di
riscaldamento e prove di transitori termici) su trasformatori monofase di
bassa potenza (potenza inferiore ad 1kVA).
Tali prove non hanno riferimento normativo e quindi si deve sviluppare e
validare un metodo specifico.
Per sviluppare le prove si seguiranno le pubblicazioni IEC60076-6 (ratificata
CEI come normativa 14-4/8 fascicolo 6242E), la norma CEI 14-8 (con
particolare attenzione alle sezioni 3 e 5) ed il fascicolo CEI 1167G.
3
8. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Lo scopo della prova, sia nel caso di valutare la sovra temperatura del
trasformatore o il suo transitorio termico, è quella di valutare la temperatura
dell’avvolgimento primario del trasformatore in prova.
Tale misura può essere effettuata sfruttando la relazione di variazione della
resistenza dell’avvolgimento in funzione della temperatura (riportata in
formula 1.1) introdotta nel fascicolo 1167G del CEI[7].
235 + ϑ2
R2 = R1 [1.1]
235 + ϑ1
La formulazione sovrastante valida per il rame indica con R1 la resistenza
dell’avvolgimento primario alla temperatura ϑ1, con R2 la resistenza
dell’avvolgimento primario alla temperatura ϑ2 (temperatura a cui si scalda
l’avvolgimento).
Possiamo invertire la precedente relazione in modo da esplicitare la
temperatura ϑ2 in funzione degli altri parametri ottenendo così la seguente
relazione.
R2
ϑ2 = (235 + ϑ1 ) − 235 [1.2]
R1
Si utilizza il modello matematico sopra riportato per valutare la temperatura
ϑ2 dell’avvolgimento primario.
L’incertezza di misura di questo modello è studiata con il metodo delle
derivate parziali ed è funzione dell’incertezza complessiva con cui sono
determinate le due resistenze R1, R2 e la temperatura ϑ1.
4
9. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
1.2.1 Studio dell’incertezza del modello adottato
Dato un modello matematico f funzione delle misure n1, n2,……,nn, una volta
note le incertezze complessive delle singole misure e supposto che queste
siano piccole rispetto alle misure stesse ed indipendenti fra loro, ammesso
inoltre che siano definite e calcolabili le derivate prime del modello rispetto ai
parametri di misura, si può esprimere la sua incertezza complessiva al
quadrato (un’2) del modello come segue.
2 2 2
⎛ ∂f ⎞ 2 ⎛ ∂f ⎞ 2 ⎛ ∂f ⎞ 2
u =⎜
2
n'⎜ ∂n ⎟ u n1 + ⎜ ∂n
⎟ ⎜ ⎟ u n 2 + ....... + ⎜
⎟ ⎜ ∂n ⎟ u nn
⎟ [1.3]
⎝ 1⎠ ⎝ 2 ⎠ ⎝ n ⎠
Dove uni2 è l’incertezza complessiva quadratica rispetto alla misura i-esima
ed i termini nelle parentesi sono le derivate del modello rispetto ai vari fattori.
Nel nostro caso il modello da analizzare è quello riportato nella relazione 1.2
funzione della misura di temperatura ϑ1 e delle misure di resistenza R1 e R2.
R2
f = f (ϑ1 , R1 , R2 ) = (235 + ϑ1 ) − 235 [1.4]
R1
2 2 2
⎛ ∂f ( R1 , R2 , ϑ1 ) ⎞ 2 ⎛ ∂f ( R1 , R2 , ϑ1 ) ⎞ 2 ⎛ ∂f ( R1 , R2 , ϑ1 ) ⎞ 2
u =⎜
2
⎜ ⎟ u R1 + ⎜
⎟ ⎜ ⎟ uR2 + ⎜
⎟ ⎜ ⎟ uϑ 1
⎟ [1.5]
∂R1 ∂R2 ∂ϑ1
T
⎝ ⎠ ⎝ ⎠ ⎝ ⎠
Per studiare la sua incertezza si devono calcolare le derivate del modello
rispetto ai parametri R1, R2 e ϑ1 il cui valore è riportato nelle espressioni 1.6,
1.7 ed 1.8.
5
10. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
∂f ( R1 , R2 , ϑ1 ) R2
= [1.6]
∂ϑ1 R1
∂f ( R1 , R2 ,ϑ1 ) R (ϑ + 235)
=− 2 1 2 [1.7]
∂R1 R1
∂f ( R1 , R2 ,ϑ1 ) 235 + ϑ1
= [1.8]
∂R2 R1
Sostituendo le espressioni trovate nella 1.5 si ricava la stima dell’incertezza
quadratica complessiva relativa alla misura della temperatura ϑ2.
2 2 2
⎛ R (235 + ϑ1 ) ⎞ 2 ⎛ 235 + ϑ1 ⎞ 2 ⎛ R2 ⎞ 2
u = ⎜− 2
2
T ⎜ ⎟ u R1 + ⎜
⎟ ⎜ ⎟ u R 2 + ⎜ ⎟ uϑ 1
⎟ ⎜R ⎟ [1.9]
⎝ R1 ⎠ ⎝ R1 ⎠ ⎝ 1⎠
1.2.2 Strumentazione di misura inerente la prova
Per eseguire la prova sia di riscaldamento classico che di transitorio si
devono rilevare la temperatura ambiente a cui è eseguita la prova e la misura
della resistenza dell’avvolgimento primario.
Si vuole eseguire la misura della resistenza del primario senza
distaccamento del carico, ovvero, mantenendo la continuità d’esercizio del
sistema.
Per eseguire le misure si vuole utilizzare la strumentazione gia presente in
laboratorio, in particolare si sceglie di utilizzare il data logger 34970A
(Agilent) che grazie alla sua versatilità una volta interfacciato con un personal
computer opportunamente programmato eseguirà tutte le misure necessarie
in modo automatico.
6
11. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Questo strumento è un sistema di acquisizione multi-canale, che permette di
eseguire misure di diverso tipo su ogni canale; il nostro modulo è
equipaggiato con uno slot a 20 canali.
Si sceglie di collegare il data logger all’elaboratore elettronico attraverso il
bus GPIB (General Purpose Interface Bus) la cui architettura verrà trattata
nel capitolo 4.
1.2.3 Individuazione delle grandezze di interesse e metodologie di
misura
Come è stato evidenziato nel paragrafo precedente le grandezze di interesse
per le prove che devono essere effettuate sono tre:
1. Misura della temperatura ambiente a cui è eseguita la prova.
2. Misura della resistenza dell’avvolgimento primario “a freddo” (ad inizio
prova).
3. Misura della resistenza dell’avvolgimento primario durante la prova.
La misura della temperatura ambiente può essere effettuata con un
qualunque sensore termico collegato ad un canale del data logger; i canali
dello strumento utilizzato incorporano il circuito di condizionamento del
segnale per i più comuni trasduttori termici fra i quali termocoppie (nelle varie
tipologie) e PT100.
Nel laboratorio si dispone sia di termocoppie di tipo K e J che di
termoresistenze PT100 quindi si prevede che il sistema possa utilizzare
indifferentemente questi tipi di sensori.
Per quanto riguarda le misure della resistenza dell’avvolgimento primario si
sceglie di operare in maniera volt-amperometrica sovrapponendo alla
tensione di rete in ingresso al trasformatore una tensione continua di
misura.
7
12. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Una volta ottenuto il segnale in ingresso al trasformatore come somma di
una tensione continua ed una alternata alla frequenza di 50Hz si rileverà la
tensione continua ai capi del primario e la corrente continua che vi scorre.
La resistenza dell’avvolgimento sarà espressa secondo la legge di Ohm
come rapporto fra tensione e corrente continua.
VDC
R= [1.10]
I DC
Si decide di misurare la corrente come la caduta di tensione (Vs) continua su
di uno shunt (Rs) di 0.5Ω.
Vs
I DC = [1.11]
Rs
1.3 Configurazione del sistema di misura
Lo schema di principio del sistema di misura che deve essere realizzato è
riportato in figura 1.1, in questo si possono individuare il trasformatore, il
carico e lo shunt.
Alimentatore in continua
Filtro
Tensione
Trasformatore Carico
di rete V2 V1
Shunt
Fig. 1.1: Schema di principio della configurazione del
sistema di misura che deve essere implementato.
8
13. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Oltre ai blocchi sopra elencati gia discussi nel paragrafo precedente, in figura
1 sono riportati:
• L’alimentatore in continua che permette di iniettare la corrente
continua necessaria per eseguire la misura della resistenza del
primario.
• Il filtro che offre un percorso a bassa impedenza per la corrente di
rete, evitando che questa attraversi l’alimentatore in continua.
La progettazione del filtro e dell’alimentatore in continua saranno affrontate in
maniera approfondita nei capitoli 2 e 3.
1.4 Specifiche del sistema di misura
In tabella 1.1 sono riepilogate le specifiche del sistema di misura che deve
essere realizzato.
Tab. 1.1: Riepilogo delle specifiche che deve rispettare il sistema di
misura nel caso delle due prove.
Transitorio
Tipo di prova Riscaldamento
termico
Si vuole valutare il
riscaldamento del
Si vuole valutare il
primario di un
riscaldamento del
trasformatore di
primario di un
bassa potenza
Cosa si vuole trasformatore di
misurare quando questo è
bassa potenza
sottoposto
durante il normale
all’erogazione di
funzionamento
un’elevata potenza al
carico
Modello R2
matematico ϑ2 = (235 + ϑ1 ) − 235
utilizzato
R1
9
14. 1. Pianificazione delle prove di laboratorio
Temperatura ambiente, resistenza
Grandezze dell’avvolgimento primario a “freddo” ed in
Misurate esercizio
La valutazione è effettuata attraverso il
metodo alle derivate parziali avendo
considerato le incertezze complessive delle
Valutazione
dell’incertezza singole misure piccole rispetto alle misure
di misura sulla stesse, indipendenti fra loro e che per il
temperatura ϑ2 modello utilizzato siano definite e calcolabili le
derivate prime rispetto ai parametri che
costruiscono il modello stesso.
Data logger dell’agilent 34970A con slot a 20
canali.
Termocoppie J/K, oppure PT100.
Oltre a questi strumenti per l’esecuzione della
Strumentazione
utilizzata prova sono necessari un alimentatore a
tensione continua variabile ed un filtro che
attenui la componente continua e lasci
inalterata la componente ai 50Hz.
Nei capitoli successivi sarà affrontata la progettazione del filtro (capitolo 2) e
dell’alimentatore in continua (capitolo 3) e lo sviluppo dell’interfaccia software
(capitolo 5) di gestione delle prove ed infine la validazione tecnica e teorica
del metodo sviluppato.
1.5 Pianificazione e registrazione dell’attività di progettazione
L’attività di progettazione delle prove e dei dispositivi ad esse connessi è
pianificata a priori e puntualmente registrata.
Per ogni attività è specificata la sua natura (riesame, verifica, validazione o
altro), la data prevista ed effettiva per la conclusione dell’attività stessa ed un
breve commento a questa.
In allegato è riportata la pianificazione della progettazione (allegato A) ed i
verbali di riesame e validazione (allegati B, C e D) della stessa.
10
15. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Capitolo 2:
Progetto e realizzazione del filtro
La progettazione del filtro affrontata in questo
capitolo è di fondamentale importanza
affinché la prova fornisca risultati attendibili.
Il filtro deve essere posto in parallelo al
generatore di tensione continua utilizzato per
iniettare la corrente di prova; il suo scopo è
quello di fornire un cammino a bassa
impedenza per la corrente alternata così che
questa non attraversi l’alimentatore.
Come sarà analizzato nei paragrafi seguenti
la progettazione risulta critica a causa degli
elevati valori di capacità e dell’elevata
tensione a cui sono sottoposti gli elementi
che compongono il filtro.
Progetto e realizzazione del filtro
Il filtro necessario per la prova deve presentare una costante di tempo molto
minore del periodo della tensione di rete (20 ms) e deve presentare
un’impedenza alla frequenza di 50 Hz molto minore di quella offerta
11
16. 2. Progetto e realizzazione del filtro
dall’alimentatore stabilizzato impiegato (tipicamente un buon alimentatore da
laboratorio ha un’impedenza di uscita 0.5 Ω).
Per ricavare le specifiche di progetto del filtro si considerano soddisfatte le
condizioni soprastanti se la costante di tempo del filtro è inferiore a 2 ms e la
sua resistenza è minore di 0.05 Ω (si considera un fattore 10).
Tab. 2.1: Specifiche di progetto del filtro.
Costante di tempo 2 ms
Impedenza di ingresso 0.05 Ω
Le condizioni a cui deve sottostare il progetto sono piuttosto severe, in
particolar modo quella sull’impedenza di ingresso.
2.1 Soluzioni progettuali
Per il progetto si scartano le soluzioni circuitali di tipo attivo in quanto le
tensioni di interesse sono molto elevate.
Per realizzare il filtro si possono seguire principalmente due linee di progetto:
implementare il circuito con un solo condensatore in parallelo all’alimentatore
stabilizzato oppure progettare una cella filtrante più complessa di tipo passa
alto o passa banda in modo tale che attenui fortemente la continua e lasci
inalterata la componente alla frequenza di 50 Hz.
2.1.1 Soluzione 1: Filtraggio con un unico condensatore
Il condensatore deve essere dimensionato in maniera tale da soddisfare le
relazioni della tabella 2.1 riassunte nelle disequazioni 2.1 ed 2.2.
Rout C < 0.002s [2.1]
12
17. 2. Progetto e realizzazione del filtro
1
< 0.01Ω [2.2]
j 2πfC f =50Hz
Risolvendo le due disequazioni in funzione della capacità si ottiene:
0.002 0.002
C< = = 20mF [2.3]
Rout 0 .1
1 1
C> = = 318.3mF [2.4]
2πf 0.01 15.708
Il sistema non ammette soluzioni e pertanto la linea progettuale seguita deve
essere riesaminata.
Anche inserendo una resistenza in serie all’alimentatore stabilizzato in uso,
così da elevare il valore della sua impedenza di uscita, non è possibile
risolvere il sistema.
2.1.2 Soluzione 2: Cella filtrante
Si realizza il filtraggio attraverso un sistema più complesso; per questa
applicazione si può scegliere una cella filtrante a T.
In figura 2.1 è riportato lo
C C schema elementare di una
cella filtrante a T che esegue
L
un filtraggio di tipo passa alto.
J1 J2
La risposta in frequenza F(f)
è la seguente:
Fig. 2.1: Schema elettrico di una cella filtrante elementare a T.
13
18. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Rω 3 C12 L1
F( f ) = [2.5]
(ω 2 C1 L1 − 1)(ωRC1 − j )
In figura 2.2 è riportata la rappresentazione grafica del modulo della risposta
in frequenza.
Risposta in frequenza
10
1
0,1
Modulo
0,01
0,001
0,0001
0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000
Frequenza [Hz]
Fig.2.2: Risposta in frequenza tipica di una cella filtrante a T
Per il dimensionamento dell’induttanza e delle capacità in funzione della
frequenza di taglio (f0) e del modulo dell’impedenza (R) su cui sono chiusi
l’ingresso e l’uscita del filtro si possono utilizzare le formule semplificate (2.6
ed 2.7) reperibili su qualunque manuale ingegneristico [5].
R
L= [2.6]
πf 0
14
19. 2. Progetto e realizzazione del filtro
1
C= [2.7]
2πf 0 R
Utilizzando un modulo filtrante di questo tipo una percentuale rilevante della
corrente che attraversa il filtro si richiude verso massa attraverso l’induttanza
L.
Per evitare l’inconveniente si inserisce un condensatore in serie
all’induttanza in modo tale che l’impedenza offerta dal ramo AO sia molto
maggiore di quella del ramo AB.
A
B
C C
C1
J1 L J2
O
Fig. 2.3: Cella modificata per evitare il richiudersi della
corrente verso massa.
Il condensatore può essere dimensionato secondo la relazione 2.9.
1 1
+ j 2πfL >> [2.8]
j 2πfC1 j 2πfC
C1 << C (1 − 2πfL ) [2.9]
La risposta in frequenza di questo circuito è la seguente:
15
20. 2. Progetto e realizzazione del filtro
RωC 2 (ω 2 C1 L − 1)
F( f ) = [2.10]
( RωC − j )(ω 2 C1C − C − C1 )
In figura 2.4 è riportato il grafico del modulo della risposta in frequenza 2.10.
Risposta in frequenza
10
1
0,1
Modulo
0,01
0,001
0,0001
0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000
Frequenza [Hz]
Fig. 2.4: Andamento tipico del modulo della risposta in frequenza
del circuito in figura 2.3.
2.2 Dimensionamento dei componenti del filtro
Il filtro deve avere una frequenza di taglio di 50Hz (f0) e si considera che i
suoi terminali siano chiusi su un’impedenza di 10 Ω (R).
Attraverso le relazioni 2.6, 2.7 ed 2.9 dimensiono i condensatori e
l’induttanza ottenendo i seguenti valori:
16
21. 2. Progetto e realizzazione del filtro
L = 63.66 mH C = 318.3 μF C1 < 33 μF
Studiando il modulo della risposta in frequenza del filtro con l’ausilio di
Matlab[16] si sono scelti i valori commerciali dei componenti come segue:
L = 2.2 mH C = 110 μF C1 = 22 nF
Avendo scelto i valori commerciali dei componenti notevolmente differenti da
quelli ottenuti dalle relazioni progettuali (2.6 ed 2.7), la frequenza di taglio del
filtro non risulterà più quella calcolata.
Risposta in frequenza
10
1
0,1
Modulo
0,01
0,001
0,0001
0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000 10000
Frequenza [Hz]
Fig. 2.5: Risposta in frequenza del filtro progettato
Graficamente si può individuare la nuova frequenza di taglio intorno ad 1Hz.
17
22. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Si sono scelti valori così differenti da quelli progettuali a causa della difficoltà
nel reperire condensatori elettrolitici non polarizzati in grado di sopportare
una tensioni di lavoro superiore a 300Vpp.
Il comportamento del filtro è stato simulato utilizzando il programma Multisim
versione 7 Power Pro[3] ottenendo come risultato la risposta in frequenza
riportata in figura 2.6.
Risposta in frequenza
10
1
0,1
Modulo
0,01
0,001
0,0001
0,00001
0,00001 0,001 0,1 10 1000
Frequenza [Hz]
Fig. 2.6: Modulo della risposta in frequenza del filtro ottenuta
con il simulatore.
La frequenza di taglio ricavata con l’analisi al simulatore è pari 3.67Hz,
l’attenuazione offerta dal filtro alla continua rispetto alla frequenza di 50 Hz è
praticamente infinita; si raggiunge un attenuazione di 24.8dB già fra 50 Hz e
0.2Hz.
Sovrapponendo la curva in figura 2.6 e quella in figura 2.5 si nota un
andamento delle due risposte morfologicamente simile; la curva in figura 2.6
evidenzia a fine funzione l’inizio di un picco dovuto al gruppo LC presente nel
ramo AO del filtro (figura 2.3).
18
23. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Questo gruppo ha una frequenza di risonanza pari a 22.87 kHz (2.11) ed è
plausibile che questa inizi a mostrare la sua influenza nell’intorno di un 1
kHz.
1
fr = = 22.87 kHz [2.11]
2π LC
La sovrapposizione fra le due curve (figura 2.7) mostra uno scostamento sul
fronte di salita del filtro dovuto probabilmente alle correnti di dispersione nei
condensatori ed alle tolleranze valutate dal simulatore e non considerate nel
calcolo analitico.
Risposta in frequenza
10
1
0,1
Modulo
Simulato
0,01
Calcolato
0,001
0,0001
0,00001
1E-05 0,0001 0,001 0,01 0,1 1 10 100 1000 10000
Frequenza [Hz]
Fig. 2.7: Sovrapposizione delle due risposte in frequenza (simulata e calcolata).
19
24. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Il filtro offre una capacità equivalente di 55 μF ed una resistenza equivalente
di circa 60 Ω.
La costante di tempo è di 5.5 ms e rispetta la specifica fornita, mentre
l’impedenza di ingresso è superiore a quella richiesta.
Per poter utilizzare questo filtro devo inserire in serie all’alimentatore una
resistenza da 1 kΩ in modo tale da innalzare la sua impedenza di ingresso;
le nuove specifiche di progetto inserendo la resistenza in serie sono riportate
in tabella 2.2.
Tab. 2.2: Specifiche di progetto del filtro
ponendo in serie all’alimentatore di una
resistenza di 1 kΩ.
Costante di tempo 2 ms
Impedenza di ingresso 100,05 Ω
Con questo metodo l’impedenza di ingresso è inferiore a quella richiesta
mentre la costante di tempo con l’inserimento della resistenza in serie
all’alimentatore sale a 55 ms.
Il problema della costante di tempo eccessiva può essere risolto
semplicemente eseguendo misure dopo che il filtro abbia raggiunto la
condizione di regime (5 volte la costante di tempo).
2.2.1 Note sui componenti
I condensatori C e C1 devono essere scelti in modo tale che sopportino
un’elevata tensione di lavoro; in particolare deve essere superiore al valore
picco-picco della tensione di rete (311 V).
Il condensatore C, vista l’elevata capacità (110 μF), si sceglie di tipo
elettrolitico non polarizzato; mentre per il condensatore C1 si utilizza un
condensatore di tipo plastico per alta tensione.
20
25. 2. Progetto e realizzazione del filtro
2.3 Realizzazione e collaudo del circuito
Il filtro è montato su di una millefori
formato isocard (110x160mm); questa
è scelta è dettata dalla semplicità del
circuito e dalla possibilità offerta dalla
millefori di ri-configurare velocemente il
circuito in fase di collaudo.
I due condensatori C sono realizzati
ponendo in contro serie 2 condensatori
elettrolitici polarizzati da 220μF 400V
Fig. 2.8: Realizzazione del montaggio del filtro
su piastra millefiori. lavoro.
Una volta montata la cella filtrante, si
rileva la risposta in frequenza e si confronta con quella calcolata e simulata.
Il filtro è collaudato collegando al suo ingresso un generatore di segnale
(HP33120A) con impedenza di ingresso di 50Ω ed alla sua uscita un carico
di 1kΩ.
Al generatore si fa produrre una sinusoide con ampiezza di 10Vpp con
frequenza variabile fra 0,2Hz ed un 1kHz.
Sul carico si è collegato un oscilloscopio digitale (HP54645A) con il quale si
visualizza la variazione dell’ampiezza dell’uscita in funzione della variazione
di frequenza del segnale di ingresso.
Con tale prova si va a ricavare la risposta in frequenza del filtro realizzato
(figura 2.8).
La curva rilevata in laboratorio ricalca fedelmente l’andamento della risposta
in frequenza simulata, mentre, si discosta dalla curva teorica (calcolata); tale
scostamento era già stato riscontrato in figura 2.7 e si può imputare alle
tolleranze dei condensatori pari a ± 20% del valore nominale.
21
26. 2. Progetto e realizzazione del filtro
Modulo della risposta in frequenza
10
1
Misurato
0,1 Calcolato
Simulato
0,01
0,1 1 10 100 1000
f(Hz)
Fig. 2.8: Risposta in frequenza del filtro misurata, calcolata e simulata
La risposta in frequenza è unitaria intorno ai 50Hz (come da specifica), la
frequenza di taglio risulta pari a 3.5Hz ed il filtro offre un’attenuazione fra i 50
Hz ed 0.2Hz di 24dB.
Il filtro collaudato rispetta le specifiche di progetto e pertanto può essere
impiegato per la prova che si intende realizzare.
22
27. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Capitolo 3:
Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Per la prova si decide di non utilizzare un
alimentatore da laboratorio ma, di integrare il
circuito di iniezione della corrente di prova
nel filtro così da snellire la strumentazione
necessaria allo svolgimento della prova
stessa.
L’idea è quella di costruire uno strumento
unico che presenti un ingresso per la
tensione di rete, le uscite per il trasformatore
(sulle quali è presente la tensione di rete
sommata alla tensione di prova) e le boccole
per le connessioni degli strumenti di misura.
Per effettuare la prova è sufficiente disporre
sul banco di prova il nostro strumento, il
trasformatore da testare, gli strumenti
necessari per effettuare le misure ed un
calcolatore per l’eventuale acquisizione dei
dati e la successiva elaborazione.
23
28. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Alimentatore in continua
Per la scelta dell’alimentatore si può optare su un modello commerciale a
basso costo come un alimentatore a tensione regolabile di tipo a spina
oppure progettare un semplice alimentatore stabilizzato a tensione variabile.
L’utilizzo di un alimentatore a spina deve essere scartato perché la nostra
applicazione prevede che l’uscita di questo sia collegata alla tensione di
rete; in genere non si può considerare che l’elemento stabilizzatore utilizzato
nell’alimentatore possa sopportare un tale stress.
Si deve quindi progettare un alimentatore specifico facendo attenzione che
l’elemento stabilizzante sia in grado di reggere un’elevata tensione fra
ingresso ed uscita.
3.1 Progettazione dell’alimentatore
Si deve costruire un alimentatore di tensione continua stabilizzato in grado di
erogare una corrente costante, il cui valore deve essere impostato dall’utente
ed in grado di sopportare il rientro della tensione di rete sulla sua uscita.
L’elemento critico di questo progetto è la scelta del regolatore di tensione; a
tale scopo si opta per un regolatore di tensione integrato con tensione di
uscita variabile ed in grado di sopportare un’elevata tensione fra ingresso ed
uscita.
Fra i componenti che rispondono a queste specifiche si individuano il
VB408B[11] della ST e LR8[10] della Supertex Inc; in tabella 3.1 sono
riportate le principali caratteristiche dei due regolatori integrati.
24
29. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Tab. 3.1: Comparazione fra i due regolatori di tensione integrati VB408B e LR8.
VB408B LR8
ΔVin,out 400V 450V
Iout 40mA 30mA
Vout 1.2 ÷ 440V 1.25 ÷ Vin-30V
2
Contenitore D PAK TO-252
Potenza dissipata @ TA = 25°C 3.43w 2.5w
Reperibilità scarsa buona
Il componente VB408B offre una potenza
massima dissipabile maggiore rispetto
all’altro però il contenitore offerto risulta di
difficile montaggio e la reperibilità del
componente sul mercato è scarsa.
Lo stabilizzatore LR8 ha il grande vantaggio
di essere facilmente reperibile sul mercato
ed il contenitore in cui è disponibile è
facilmente installabile sul circuito; per Fig. 3.1: Foto del regolatore di tensione
integrato LR8 nel package a montaggio
queste motivazioni si preferisce il regolatore superficiale TO-252.
della Supertex Inc.
3.1.1 Scelta della configurazione circuitale
La configurazione
circuitale scelta per il
funzionamento dello
stabilizzatore è quella
riportata nello schema di
Fig. 3.2: Schema elettrico di base dello stabilizzatore adottato
principio di figura 3.2.
25
30. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Questa configurazione è presentata nel data sheet del componente[3] e
realizza un alimentatore di tensione che eroga una corrente costante anche a
fronte di forti variazioni della tensione di ingresso.
La corrente Iout erogata dallo stabilizzatore ha un valore pari a:
1.2V
I out = [3.1]
R
3.1.2 Modifiche della configurazione scelta
Questa configurazione permette di iniettare nel trasformatore in prova una
corrente di prova costante; per adattare il circuito al nostro scopo si
effettuano alcune variazioni alla configurazione di base, in particolare si
inserisce:
• un diodo fra i piedini Vout e Vin dello stabilizzatore con il catodo rivolto
verso il piedino Vin; questo diodo serve a garantire che la tensione di
ingresso al regolatore di tensione sia sempre maggiore di quella di
uscita questa è una condizione fondamentale per il corretto
funzionamento dell’integrato[10].
• Un potenziometro in serie alla resistenza R di figura 3.2 per variare la
corrente che si va ad iniettare.
• Due diodi a protezione dell’uscita per far si che la corrente possa
scorrere solamente nel verso scelto (verso nel quale si inietta la
corrente di prova).
26
31. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
In figura 3.3 possiamo vedere lo schema elettrico definitivo dell’alimentatore,
nel quale si notano:
Fig. 3.3: Circuito definitivo dell’alimentatore stabilizzato
Il trasformatore T1 che preleva la tensione alternata dalla rete elettrica (in
particolare è stato scelto un trasformatore 220/12 a doppio secondario).
Il ponte a diodi D2 con tensione inversa di 800V e massima corrente
sopportabile di 2A.
I due condensatori C1 e C3 elettrolitici polarizzati da 470μF 450V collegati in
contro-serie così da formare un condensatore elettrolitico non polarizzato da
235μF 450V; si è scelto di realizzare il condensatore elettrolitico non
polarizzato con una contro-serie di due condensatori elettrolitici polarizzati
vista la difficoltà a reperire condensatori elettrolitici non polarizzati per alte
tensioni di tale capacità.
Il diodo D1 garantisce che la tensione in ingresso allo stabilizzatore sia
sempre maggiore di quella di uscita; i diodi D3, D4 impediscono che la
corrente scorra in verso opposto a quello di iniezione.
Tutti e tre i diodi sono stati scelti in grado di sopportare una tensione inversa
di 1000V ed una corrente diretta di 1A.
27
32. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Infine si nota il potenziometro inserito in serie alla resistenza R1 che
permette di variare la corrente erogata dall’alimentatore.
In tabella 3.2 si riporta la lista dei componenti dell’alimentatore.
Tab. 3.2: Lista dei componenti dell’alimentatore.
Identificativo Modello
D1, D3, D4 1N4007
D2 2W08G
R1 1kΩ 1w
R2 1kΩ 2w pot
C1, C3 470μF 450V
C2 1μF 250V
U1 LR8
T1 220/12/12 6VA
J1 Connettore 2 pin
Per realizzare il circuito stampato si è utilizzato il programma Ultiboard 7
Power Pro di Electronics Workbench[15].
Si è deciso di realizzare il circuito sfruttando la tecnologia a singola facciata
con i componenti montati attraverso piazzole (through hole).
28
33. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
Il PCB ottenuto è il seguente:
Fig. 3.4:Master del circuito dell’alimentatore progettato a dimensioni reali.
Il circuito è stato realizzato in dimensioni non Tab. 3.3: Dimensioni del circuito
stampato realizzato.
eccessivamente ridotte (tabella 3.3) per
Dimensioni(mm)
garantire l’isolamento dielettrico fra piste Altezza 60
parallele che, altrimenti viste le tensioni con cui il Larghezza 110
circuito opera, poteva portare alla generazione di archi elettrici.
29
34. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
(a) (b)
Fig. 3.5: a)Vista tridimensionale del circuito dell’alimentatore lato componenti. b)Vista del circuito dal lato rame.
Entrambe le viste sono state ottenute con il programma Ultiboard.
Lo stabilizzatore LR8 è stato montato sul lato rame (figura 3.5b) per facilitare
la procedura di sbroglio da parte del programma.
In figura 3.5 sono riportate le viste tridimensionali del circuito completo
ottenuto con Ultiboard.
3.2 Collaudo del circuito
Per il collaudo del circuito si esegue un test di corretto funzionamento del
circuito; per fare ciò si collega il trasformatore T1 alla rete elettrica e si
verifica che l’alimentatore eroghi corrente su di un carico di prova (1kΩ), si
controlla inoltre che la correnti vari la sua intensità azionando il
potenziometro R2.
Verificato il funzionamento del circuito si misura il ripple sovrapposto alla
tensione di uscita dell’alimentatore.
30
35. 3. Progetto e realizzazione dell’alimentatore
La corrente sul carico di prova
varia da 1.18mA a 9.65mA, alla
massima corrente erogata sul
carico c’è una tensione di ripple
alla frequenza di 100Hz
sovrapposta alla continua con
un ampiezza pari a 25mV.
La massima tensione continua
Fig. 3.6: Foto del circuito realizzato, si noti l’assenza del
di uscita è pari a 8.78V e trasformatore 220/12 di cui è previsto il montaggio
separato.
l’ampiezza del ripple in questo
caso è di 25mV.
Il rapporto di reiezione del ripple è espresso nella seguente formula (3.2).
⎛V ⎞
RRV = 20 log 10 ⎜ DC max ⎟ = 50.91dB [3.2]
⎜V ⎟
⎝ ripple ⎠
In tabella 3.4 si riportano i risultati delle misure effettuate come test
funzionale dell’alimentatore realizzato.
Tab. 3.4: Parametri caratterizzanti dell’alimentatore,
realizzato, misurati in laboratorio su di un carico di
prova di 1kΩ.
Min Max
Corrente d’uscita 1.18 9.65 mA
Tensione di ripple 25 mV
RRV 50 dB
31
36. 4. Bus GPIB
Capitolo 4:
Bus GPIB
Il bus GPIB trattato in questo capitolo
permette di ottenere un sistema flessibile nel
quale si possono aggiungere e togliere
dispositivi senza la necessità di dover
nuovamente programmare l’interfaccia
software.
Inoltre, questa architettura ha una velocità di
trasferimento elevata rispetto al bus RS-232
che per lo più sta diventando obsoleto.
Un ulteriore vantaggio offerto da questo
standard è la possibilità di connettere fino a
15 dispositivi su di un’unica porta al contrario
dei bus seriali che prevedono soltanto un
dispositivo per porta.
Bus GPIB
Il bus GPIB (General Purpose Interface Bus) è nato come evoluzione del bus
HP-IB (Hewlett Packard Interface Bus) sviluppato nel 1965 dalla Hewlett
Packard.
32
37. 4. Bus GPIB
Il bus HP-IB permetteva di gestire in modalità automatica gli strumenti
elettronici HP con gli elaboratori elettronici della stessa casa costruttrice.
Tale sistema di interfacciamento ha avuto una rapida diffusione grazie
all’elevata velocità di trasferimento dei dati (nominalmente 1 Mbyte/s) ed è
stato accettato come standard dall’IEEE (Instute of Electrical and Electronics
Enginers) come bus IEEE488-1975.
Lo standard originale è stato poi modificato nel 1987 con IEEE488.2-1987.
In questa revisione si precisavano le modalità di comunicazione fra
controllore e gli altri dispositivi; mancava però un unico protocollo di
programmazione per tutti gli strumenti collegati al bus.
Nel 1990 un consorzio formato dalle più importanti aziende produttrici di
strumentazione elettronica definisce il protocollo SCPI (Standard Command
for Programmable Instruments); questo protocollo che verrà affrontato in
dettaglio nel paragrafo terzo di questo capitolo definisce un’unica modalità di
programmazione per qualsiasi strumento SCPI.
L’introduzione di questa grande innovazione portò alla riduzione dei tempi di
sviluppo e a una maggiore leggibilità dei programmi da parte degli utenti e
soprattutto alla possibilità di sostituire un certo strumento con un altro diverso
che esegua lo stesso tipo di misura senza dover modificare radicalmente il
software già sviluppato.
4.1 Struttura del bus GPIB
Il bus GPIB è di tipo parallelo a 8 bit con la possibilità di poter collegare fino a
15 strumenti e 20 m di cavo su una sola porta.
La velocità nominale è di 1 Mbyte per secondo quando sono connessi
soltanto due dispositivi e scende a 250 kbyte per secondo quando i
dispositivi connessi sono 15.
33
38. 4. Bus GPIB
Il bus è formato da 24 linee divise rispettivamente in tre gruppi:
1. Data bus (8 bit): su questi canali transitano i dati e i comandi.
2. Handshake bus (3 bit): sono i segnali che gestiscono la modalità di
trasmissione asincrona dei dati.
3. Management bus (5 bit): questi canali sono riservati alla gestione
dell’interfaccia e delle interruzioni.
Le restanti 8 linee sono segnali di massa; lo standard IEC625 differisce dallo
standard in esame per la presenza di nove linee di massa anziché 8.
GPIB
Data bus
Management bus
Handshake bus
Fig. 4.1: Suddivisione del
bus GPIB
La logica utilizzata è di tipo TTL negata e nella tabella 4.1 sono riportati i
valori tipici delle correnti e delle tensioni.
34
39. 4. Bus GPIB
Tab 4.1: Valori di tensione e corrente
della logica TTL adottati sul bus.
Min Max Typ
VIH 2 2.4 V
VIL 0.8 0.4 V
VOH 2.4 2.5 V
VOL 0.5 0.4 V
IIH 2.5 mA
IIL -3.2 mA
IOH -5.2 mA
IOL 48 mA
Gli strumenti collegati sul bus si dividono fondamentalmente in 4 categorie:
1. Ascoltatori (Listener): dispositivi in grado di ricevere dati attraverso
il bus.
2. Parlatori (talker): dispositivi in grado di trasmettere dati attraverso il
bus.
3. Parlatori-ascoltatori (talker-listener): dispositivi in grado di
trasmettere e ricevere dati e comandi attraverso il bus.
4. Controllore (controller): è il dispositivo che presiede al
funzionamento di tutte le altre periferiche, di solito il controllore è
un elaboratore elettronico dotato di
interfaccia GPIB.
In prossimità del connettore GPIB posto sullo
strumento ci sono una o due lettere che
identificano la categoria di appartenenza dello
strumento (ascoltatore L, parlatore T, parlatore-
ascoltatore TL, controllore C).
Fra i dispositivi riveste un ruolo importante il Fig. 4.2: Connettore GPIB standard.
35
40. 4. Bus GPIB
controllore che gestisce il flusso di informazioni sul bus trasmettendo
comandi a tutti i dispositivi.
Il controllore osserva costantemente il bus, quando uno strumento invia la
richiesta di impegnare il canale sta al controllore regolare il flusso dati,
mettere in posizione di ascolto l’ascoltatore o gli ascoltatori opportuni ed
autorizzare il parlatore ad impegnare il bus.
Non tutte le configurazioni GPIB richiedono l’uso del controller, questo
diventa necessario al momento che devo gestire più parlatori su di uno
stesso bus.
Può rendersi necessario l’uso di più controller su di uno stesso canale, il loro
uso però non può essere simultaneo, infatti, è possibile tenere attivo solo un
controllore alla volta.
Il controllore che in un certo istante è collegato al bus ma non è attivo si dice
in carica (controller in charge).
Sono previste due modalità di connessione degli strumenti al bus:
1. Configurazione lineare: i dispositivi (ascoltatori/parlatori) sono
collegati fra loro in cascata, il primo dispositivo è collegato al
controllore.
2. Configurazione a stella: tutti i dispositivi sono connessi ad un unico
dispositivo che a sua volta è collegato al controllore.
36
41. 4. Bus GPIB
Dispositivo A
Dispositivo A
Dispositivo D
Dispositivo B Dispositivo B
Dispositivo C
Dispositivo C
a b
Fig. 4.3: a) Dispositivi in configurazione lineare b) Dispositivi in configurazione a stella.
4.2 Segnali di comando e controllo del bus
I segnali di comando e controllo del GPIB coincidono con le linee dei due
sotto bus di handshake e di management.
Il bus di handshake regola il flusso dati della trasmissione asincrona ed è
composto da tre linee.
Tab. 4.2: Segnali del bus di handshake.
Data Valid: indica la condizione di validità
DAV
di un dato trasmesso sul bus dati.
Not Ready For Data: lo strumento non è
NRFD pronto per accettare il
messaggio(dato/comando).
Not Data Accepted: indica che uno
NDAC strumento non ha ancora accettato il
messaggio(dato/comando).
37
42. 4. Bus GPIB
Il bus management è composto da 5 linee (5 bit) si occupa dei comandi
relativi alle impostazioni dei dispositivi connessi al canale e della gestione
delle interruzioni che ogni apparato può richiedere.
Tab. 4.3: Segnali del bus di handshake.
Attention: indica se i bit presenti sul bus dati
ATN
devono essere interpretati come dati o comandi.
Interface Clear: pone il sistema in uno stato di
IFC
riposo preconfigurato.
Remote Enable: in unione ad altri messaggi
REN
passa il controllo di uno strumento al controllore.
End Or Identify: è utilizzato per indicare la fine
del trasferimento di una sequenza di dati
EOI
oppure per identificareil dispositivo che ha
lanciato il segnale SRQ.
Service Request: è utilizzato per avvertire il
SRQ controller che uno strumento richiede
l’interruzione della sequenza in corso.
Tutte le linee del bus sono tri-state eccetto le linee di SRQ, NRFD e NDAC
che sono di tipo open-collector; la terminazione standard di una linea del bus
prevede un collegamento a massa attraverso una resistenza da 6.2kΩ (±5%)
ed uno alla tensione di alimentazione di 5V attraverso una resistenza di 3kΩ
(±5%).
VCC 5V
Fig. 4.4: Terminazione
R1 standard del bus GPIB.
3kOhm
linea
R2
6.2kOhm
38
43. 4. Bus GPIB
4.3 Protocollo SCPI
Il protocollo SCPI (Standard Command for Programmable Instruments)
definisce un modello generale di strumento programmabile applicabile a tutte
le differenti tipologie di strumenti interfacciabili sul bus IEEE488.
La struttura del protocollo è di tipo gerarchico così da facilitare l’aggiunta di
nuovi comandi per funzioni specifiche dello strumento che deve essere
programmato.
Measurement function
Signal Input Sense Calculate Format Data
Routing Bus
Display
Trigger Memory
Signal Output Source Calculate Format Data
Routing Bus
Signal generation
Fig. 4.5: Struttura del protocollo SCPI.
Il modello utilizzato è riportato in figura 4.5; questo è del tutto generale e si
applica ai vari strumenti utilizzando di volta in volta soltanto i blocchi
necessari.
I blocchi funzionali della struttura sono:
• Signal Rouiting: direziona il segnale nel suo tragitto dalla porta
dello strumento alle sue funzionalità interne.
• Measurement function: converte il segnale in una forma tale da
essere elaborato.
39
44. 4. Bus GPIB
• Signal generation: converte i dati interni in segnali real-words.
• Memory: Immagazzina i dati dello strumento.
• Format: converte i dati accumulati nello strumento in modo tale da
poter essere trasmessi attraverso il bus dati.
• Trigger: sincronizza le varie fasi di misura dello strumento con le
funzioni interne ed esterne.
La funzione di measurement stabilisce il più alto livello di compatibilità tra gli
strumenti poiché una misura è caratterizzata dal segnale cioè dai parametri
della grandezza e non dalla funzionalità dello strumento.
Uno strumento che effettua una specifica misura è intercambiabile con un
altro strumento capace di misurare la stessa grandezza senza cambiare il
comando SCPI.
La funzione measurement è suddivisa in tre blocchi:
1. Input: condiziona il segnale (filtraggio, polarizzazione e
attenuazione)
2. Sense: converte le caratteristiche del segnale in dati trattabili dallo
strumento (campo di misura, risoluzione, tempo di acquisizione e
reiezione di modo comune)
3. Calculate: converte il dato acquisito in un formato idoneo alle
specifiche applicazioni per il quale sarà impiegato.
La funzione di signal generation converte un dato in uscita sotto forma di una
grandezza fisica; l’applicazione si divide in tre blocchi:
1. Output: condiziona il segnale in uscita dopo che è stato generato.
2. Source: genera un segnale in base alle specifiche fornite ed ai
parametri interni.
40
45. 4. Bus GPIB
3. Calculate: introduce nel segnale elementi che tengono conto di
eventuali anomalie nella sua generazione (fattori di correzione per
effetti esterni, unità di conversione e cambi di dominio).
4.4 Ambienti di programmazione
Il protocollo IEEE488 stabilisce esclusivamente le modalità di colloquio fra i
vari dispositivi attraverso il bus di connessione.
Per ogni procedura di misurazione occorre effettuare la programmazione del
controller in maniera appropriata stabilendo la successione delle varie fasi
della misurazione, indicando per ciascuna fase, gli strumenti da attivare e la
loro configurazione.
Il programmatore deve essere pertanto in grado di schematizzare il
procedimento di misura secondo le modalità riconducibili ad un algoritmo.
Inizialmente erano utilizzati ambienti di programmazione come il Pascal ed il
Basic; per redigere un programma occorreva conoscere le regole di
programmazione del calcolatore utilizzato come controllore e le procedure di
configurazione e scambio dati degli strumenti utilizzati.
Con l’evoluzione degli elaboratori elettronici e l’introduzione del protocollo
SCPI la procedura di programmazione è stata notevolmente semplificata
passando dalla classica programmazione basata su comandi ad una
programmazione orientata agli oggetti.
In generale gli ambienti di programmazione di nuova generazione sono molto
simili a dei CAD e permettono al programmatore di redigere il programma
utilizzando una rappresentazione grafica degli strumenti da connettere e
agendo su questi può selezionare le funzioni desiderate di ogni periferica.
Questi ambienti di programmazione ad oggetti dispongono di una libreria
contenente le caratteristiche funzionali di un gran numero di strumenti
41
46. 4. Bus GPIB
disponibili sul mercato, la sua rappresentazione grafica ed un’architettura
generale studiata per essere particolarmente intuitiva per l’utente.
Fra i programmi più noti spicca il software LabView[17] della National
Instruments che offre un potente ambiente di sviluppo grafico per la
realizzazione di sistemi di acquisizione, analisi e presentazione dei dati.
LabView permette anche di sviluppare degli eseguibili svincolati
dall’ambiente di programmazione (stand-alone) che possono essere
distribuiti a vari utenti senza che questi siano in possesso del programma
che li ha generati e senza essere a conoscenza di come questi operano.
4.5 Standard affini al GPIB
Nel 1993 la National Instrument propone il bus HS488 (High Speed GPIB
Handshake Protocol) che aumenta la velocità di trasferimento dei dati
rispetto al classico IEEE488 fino a 8Mbyte per secondo nel caso di due
dispositivi e ad 1.5Mbyte per secondo con 15 dispositivi connessi e fino ad
un massimo di 15m di cavo.
Questo nuovo tipo di collegamento incrementa le prestazioni del bus
semplicemente attenuando i ritardi propagazione sul bus inerenti ai segnali
di handshake.
Il limite di questo standard è la non compatibilità con gli standard precedenti
che ha portato ad un suo uso limitato[4].
Un altro standard nato dal GPIB è il bus HP-IL (Hewlett Packard Interface
Loop) questo tipo di collegamento è nato per applicazioni portatili e a basso
costo.
E’ contraddistinto da una velocità di 20kbyte per secondo (nettamente
inferiore al IEEE488 ma superiore ad altri protocolli seriali come RS-232)
prevede che i dispositivi siano interconnessi secondo una configurazione ad
42
47. 4. Bus GPIB
anello chiuso supporta tutte le funzionalità di base del bus GPIB; posso
collegare fino a 30 dispositivi impiegando oltre 100m di cavo.
Tab. 4.5: Tabella comparativa dei tre bus IEEE488.2-1975, HS488 della National Instrument e HP-IL della Hewlett
Packard.
IEEE488.2 HS488 HP-IL
Tasso di
1 Mbyte/s 8 Mbyte/s 20 kbyte/s
trasmissione
Modalità di
Asincrona Asincrona Asincrona
trasmissione
Max lunghezza dei
20m 15m 100m
cavi
Logica utilizzata TTL 5v negata TTL 5v negata 3 livelli (-1.5, 0, 1.5v)
Compatibilità
SI NO NO
IEEE488
Max numero di
16 16 31
dispositivi
43
48. 5. Messa in prova
Capitolo 5:
Messa in prova
In questo capitolo è illustrato l’assemblaggio
del sistema completo per eseguire le due
prove sui trasformatori.
Si svolge inoltre l’analisi dettagliata
dell’incertezza di misura complessiva in
funzione dello strumento utilizzato e della
configurazione di misura adottata.
Infine verranno realizzati degli Strumenti
Virtuali in LabVIEW[17] VI(Virtual
Instruments,) che permetteranno di
automatizzare le prove.
Messa in prova
Il sistema di misura deve essere in grado di testare trasformatori con potenze
fino ad 1kVA; un trasformatore con questa potenza ha alla tensione di rete
un assorbimento di quasi 5A (formula 5.1).
Si dovrà garantire che il sistema possa sopportare quest’intensità di corrente:
in particolare si devono utilizzare fili e piste di collegamento di opportuno
diametro e spessore per evitare rotture provocate dall’eccessivo
surriscaldamento prodotto dal fluire della corrente.
44
49. 5. Messa in prova
Inoltre si deve tenere conto dell’effetto di questa corrente anche sullo shunt
che andrà dimensionato in modo tale da non riscaldarsi eccessivamente (il
riscaldamento eccessivo provocherebbe una deriva termica del suo valore
nominale).
5.1 Dimensionamento dei componenti
I cavi che si utilizzano sono dei multi-filo da 1.5mm rivestiti in PVC in grado di
sopportare fino 10A.
Tutte le piste dei circuiti stampati sono state realizzate con opportuno
spessore e distanziamento.
Lo shunt da 0.5Ω, quando è collegato al sistema un trasformatore da un
1kVA, è sottoposto ad una corrente pari a:
P 1000
I MAX = = ≅ 4.55 A [5.1]
Vrete 220
Pshunt = Rs I MAX = 0.5 * 4.55 = 10.33W [5.2]
Sullo shunt di dissipano circa 10W (formula 5.2) per evitare che il suo
riscaldamento influisca sul suo valore nominale: dunque sulla misura si
utilizzerà un resistore da 0.5Ω 100W con alta stabilità termica.
Per l’inscatolamento del prototipo si è scelto una scatola di derivazione da
esterno con piastra di fissaggio metallica collegata a terra.
Per le interconnessioni con l’esterno, ovvero le connessioni verso lo
strumento di misura e verso il trasformatore in prova, si utilizzano delle
boccole a vite da 4 mm per fissaggi a pannello.
45
50. 5. Messa in prova
5.2 Configurazione di misura
In figura 5.1 è riportato lo
Alimentatore in continua
schema della
configurazione circuitale
Filtro implementata.
Tensione
V2 V1 Trasformatore Carico Si deve eseguire la misura
di rete
delle due tensioni V1 e V2.
Shunt
La tensione V1 è una
Fig. 5.1: Schema di principio della configurazione del
sistema di misura che deve essere implementato. tensione continua
dell’ordine di qualche centinaia di millivolt sovrapposta alla tensione di rete,
mentre V2 è una tensione continua dell’ordine di pochi millivolt.
Deve essere considerato l’effetto che il rumore presente sui canali di
acquisizione ha sulle misure delle due tensioni.
Avendo supposto il rumore bianco e gaussiano si riduce la sua influenza
elaborando la misura come media di una serie di acquisizioni.
Nel caso della misura di V2 si utilizzeranno cavi schermati per evitare
l’influenza di eventuali disturbi indotti.
Il modello utilizzato per risalire dalle due tensioni alla temperatura del
primario del trasformatore, è riportato nella formula 5.3; nel paragrafo
successivo si studierà nel dettaglio la propagazione dell’incertezza di misura
a partire dalle incertezze sulle due tensioni fino ad arrivare a quella sulla
temperatura del primario.
R2
ϑ2 = (235 + ϑ1 ) − 235 [5.3]
R1
46
51. 5. Messa in prova
5.3 Stima dell’incertezza
In riferimento al modello riportato nell’espressione 5.3, il quadrato
dell’incertezza sulla temperatura ϑ2, studiata attraverso il modello alle
derivate parziali avendo supposto non correlate le varie incertezze, è
funzione dell’incertezza sulle due resistenze R1, R2 e sulla temperatura ϑ1
secondo la seguente relazione.
2 2 2
⎛ R (235 + ϑ1 ) ⎞ 2 ⎛ 235 + ϑ1 ⎞ 2 ⎛ R2 ⎞ 2
⎜
uϑ1 = ⎜ − 2
2
⎟ u R1 + ⎜
⎟ ⎜ R ⎟ u R2 + ⎜
⎟ ⎜R ⎟ uϑ 1
⎟ [5.4]
⎝ R1 ⎠ ⎝ 1 ⎠ ⎝ 1 ⎠
Per stimare l’incertezza totale sulla temperatura del primario ϑ2 si devono
stimare precedentemente le altre incertezze del modello.
Il valore centrale della misura è il valore medio della popolazione acquisita,
l’incertezza associata alla misura è la somma di due contributi: un incertezza
di tipo probabilistico (tipo A) ed un incertezza di tipo strumentale (tipo B).
L’incertezza di tipo A è espressa dalla varianza della popolazione moltiplicata
per l’inverso della dimensione della popolazione (formula 5.5), mentre,
l’incertezza di tipo B è l’incertezza intrinseca del sensore e dello strumento a
cui è collegato.
1 1 N 1
uA =
2
∑ ( mi − μ ) 2 = N σ 2
N N −1 1
[5.5]
Dove N è la dimensione della popolazione e la varianza è definita
moltiplicando la sommatoria per l’inverso della popolazione meno uno,
perché questa definizione permette una stima dell’incertezza migliore per
popolazioni di dimensione ridotta.
47
52. 5. Messa in prova
5.3.1 Incertezza sulla misura della temperatura ϑ1
L’incertezza sulla temperatura dipende dal trasduttore termico utilizzato e
dalla distribuzione dei campioni acquisiti.
Il costruttore dello strumento utilizzato (HP34970A) fornisce i valori di
accuratezza (a) dello stesso in funzione del trasduttore impiegato.
L’accuratezza è fornita come l’ampiezza di un semi-intervallo (a)
supponendo di essere in presenza di una distribuzione rettangolare (tabella
5.1).
Per passare dall’accuratezza all’incertezza strumentale, sotto le ipotesi fatte
in precedenza, si deve dividere il semi-intervallo dato per la radice di 3.
a
uB = [5.6]
3
Tab. 5.1: Accuratezza associata ai vari
trasduttori interfacciati dal HP34970A.
Tipo del trasduttore a L’incertezza totale è data dalla somma dei
Termocoppie J, K 1°C quadrati dei due contributi secondo la relazione:
PT100 0.06°C
uϑ1 = u A + u B
2 2 2
[5.7]
5.3.2 Incertezza sulla misura delle resistenze R1 e R2
Il valore delle resistenze R1 e R2 viene determinato con il metodo volt-
amperometrico (formula 5.8); la corrente è misurata come caduta di tensione
su uno shunt resistivo secondo la relazione 5.9.
VDC
R= [5.8]
I DC
48
53. 5. Messa in prova
VS
I DC = [5.9]
RS
L’incertezza relativa al modello espresso dalla 5.8 è pari a:
2 2
⎛ 1 ⎞ 2 ⎛ V ⎞ 2
u =⎜
2
⎜I ⎟ uVDC + ⎜ − DC
⎟ ⎟ u I DC [5.10]
R ⎜ I2 ⎟
⎝ DC ⎠ ⎝ DC ⎠
L’incertezza sulla tensione continua è funzione della distribuzione delle
acquisizioni e del setup dello strumento utilizzato per eseguire la misura.
Il data logger HP34970A esprime l’accuratezza di misura come una
percentuale del valore letto più una percentuale del fondo scala.
Noi utilizzeremo fondamentalmente tre scale dello strumento (100mV, 1V e
10V); in genere si imposterà in automatico la scelta della scala evitando così
di ottenere errori di overload.
Tab. 5.2: Accuratezza del HP34970A riferita alle misure di
tensione continua.
Scala utilizzata %lettura + %fondo scala
100mV 0.005%lettura + 0.004% di 100mV
1V 0.004%lettura + 0.0007% di 1V
10V 0.0035%lettura + 0.0005% di 10V
L’accuratezza espressa in tabella 5.2 è fornita come l’ampiezza di un semi-
intervallo (a) supponendo di essere in presenza di una distribuzione
rettangolare; da questa si può ricavare l’incertezza strumentale a cui deve
essere sommata l’incertezza statistica (varianza della popolazione dei dati
acquisiti).
49
54. 5. Messa in prova
1 2
uVDC = u BVDC +
2 2
σ VDC = u BVDC + u AVDC
2 2
[5.11]
N
Per quanto riguarda l’incertezza della corrente continua, questa deve essere
stimata a partire dall’analisi nel modello in formula 5.9; tale analisi porta a
stimare l’incertezza attraverso la seguente formulazione:
2 2
⎛ 1 ⎞ 2 ⎛ VS ⎞ 2
u 2
I DC =⎜
⎜R ⎟ uVS + ⎜ − 2 ⎟ u RS
⎟ ⎜ R ⎟ [5.12]
⎝ S ⎠ ⎝ S ⎠
Il contributo uVs si stima come nel caso precedente essendo anche esso
l’incertezza di una tensione continua acquisita con il logger, mentre il
contributo sull’incertezza del resistore è fornito dal costruttore.
Adesso si hanno a disposizione tutti gli elementi per stimare in maniera
corretta l’incertezza totale di misura.
5.4 Sviluppo del software di acquisizione dati
Per acquisire i dati si è realizzata un interfaccia software in ambiente
LabVIEW che permette di impostare e monitorare il data logger attraverso il
bus GPIB.
L’interfaccia software esegue anche la stima dell’incertezza di misura
secondo i modelli visti nel paragrafo precedente.
50
55. 5. Messa in prova
Impostazione
Fig. 5.2: Diagramma di dei parametri
flusso del programma
in LabVIEW sviluppato
per gestire le
acquisizioni.
Esecuzione
delle misure
iniziali
Misure inerenti
la prova
Ripeti il ciclo
con il ritardo
impostato
Inserimento
Termina la della misura
prova sul grafico
Salva i dati
acquisiti
Lo stesso software sarà utilizzato per entrambe le prove semplicemente
impostando il ritardo fra due misure successive a 0 secondi; in questo caso
lo strumento eseguirà le acquisizioni alla massima velocità possibile.
In figura 5.2 è riportato il diagramma di flusso del programma realizzato: il
software è strutturato in modo tale da eseguire prima un’inizializzazione dove
sono impostati i tre canali di misura (due per le tensioni ed uno per il sensore
di temperatura) e l’intervallo di tempo fra due successive acquisizioni.
L’indirizzo GPIB dello strumento, lo slot utilizzato ed il tipo di trasduttore
termico sono impostati automaticamente (di default il programma prevede
che lo strumento abbia indirizzo 9, si utilizzi lo slot 1 e che il sensore termico
51
56. 5. Messa in prova
sia una termocoppia di tipo K) dal software, ma possono essere cambiati
accedendo al diagramma LabVIEW del programma.
Una volta impostati i canali ed il ritardo fra le misure si esegue il programma
che acquisisce la temperatura ϑ1 a cui si eseguono le misure e stima
l’incertezza su questa, dopo di che misura la resistenza R1 e stima la sua
incertezza.
La misura della resistenza R2 e la stima della sua incertezza è ripetuta con
una frequenza pari al ritardo impostato; le misure proseguono fino a che non
è premuto il pulsante STOP (figura 5.3).
Quando il pulsante STOP è premuto il programma termina l’ultimo ciclo di
misure se questo era in atto e salva i dati.
Durante la serie di acquisizioni oltre alla resistenza è misurata, attraverso
una termocoppia posta in prossimità dell’avvolgimento primario del
trasformatore, anche la temperatura di quest’ultimo; tale misura è utile in fase
di sviluppo del sistema per verificare l’attendibilità dei valori di temperatura ϑ2
ottenuti con la nostra procedura.
Ogni valore di temperatura calcolato è immediatamente aggiunto al grafico.
I dati che sono salvati su di un file di testo in maniera tabulare sono la
temperatura del primario, l’incertezza con cui questa è calcolata, l’istante di
tempo nel quale è stata eseguita la misura e la temperatura acquisita con la
termocoppia.
52
57. 5. Messa in prova
Fig. 5.3: Pannello di controllo principale dell’interfaccia LabVIEW, nel quale spiccano i 3 comandi per selezionare
i canali, il pulsante di STOP ed il label per impostare l’intervallo di tempo fra i cicli di misura; a centro pannello è
presente il grafico nel quale sono inseriti in tempo reale i valori di misura rilevati.
Nelle caselle “Temperatura primario” ed “Incertezza” del pannello di controllo
del programma (figura 5.3) sono riportati i valori di temperatura e di
incertezza complessiva relativi all’ultima misura effettuata sul trasformatore.
53
58. 5. Messa in prova
5.4.1 Struttura interna del programma
Fig. 5.4: Schema a blocchi del programma LabVIEW realizzato; si notano: le sezioni che eseguono le misure
iniziali, il ciclo di misura, la formattazione dei dati ed il relativo salvataggio.
Nello schema a blocchi si evidenzia il corpo del ciclo while che ripete le
misure secondo il ritardo impostato fino a che non è premuto il pulsante di
STOP.
Il SubVI 1 implementa il modello matematico della formula 5.3 (compreso la
stima dell’incertezza) avendo in ingresso le due resistenze (R1 e R2), la
temperatura ϑ1 e le relative incertezze.
Il SubVI 6 date le due tensioni e le relative incertezza passa da questa alla
resistenza stimando anche la propagazione dell’incertezza.
Il SubVI 2 (figura 5.4) esegue le misure iniziali (calcola ϑ1 e le due tensioni
da cui si calcola la resistenza del primario ad inizio prova) e successive (ciclo
di misura all’interno del costrutto while).
54
59. 5. Messa in prova
L’impiego dello stesso VI per entrambe le misure permette di utilizzare un
unico sensore termico per eseguire la misura della temperatura ϑ1 e per
rilevare la temperatura del primario durante la prova (dati di confronto per la
validazione).
Fig. 5.4: Schema a blocchi del SubVI 2 (esegue le misure); spiccano i tre cicli for che regolano le
acquisizioni.
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