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Progetto:“INCREASE”  Corso di formazione professionale Docente: Antonio Lanari ENERGIA Viaggio nelle tecnologie di produzione  dell'energia elettrica e nelle fonti rinnovabili.
Introduzione al ruolo dell'energia nella vita e nella società ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Energia = risorsa indispensabile.
COME FUNZIONA UNA RETE ELETTRICA NAZIONALE
PRODUZIONE, VETTORIAMENTO E DISPACCIAMENTO (O DISTRIBUZIONE)
Costi di produzione al kW/h e costi d'investimento
Costi di produzione di un kW/h, dalle varie tecnologie:  descrizione e classificazione in base alla fonte.
 
Riepilogo e confronto delle varie risorse  energetiche con stima delle riserve.
Le fonti rinnovabili ed i meccanismi d'incentivazione ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Cos'è il bilancio energetico (Energy Pay Back Time) Il bilancio energetico riguarda e caratterizza tutte le tecnologie di produzione dell'energia, esso consiste essenzialmente nel rapporto tra energia  spesa  per la  produzione del generatore  e  l'energia resa dal generatore stesso, nella propria vita operativa . Fin quando il generatore non avrà reso in produzione l'energia servita per la propria fabbricazione il bilancio è negativo. A questo punto diventa fondamentale  il tempo necessario a raggiungere il pareggio energetico. In seguito a diversi studi effettuati è stata ufficialmente smentita la falsa credenza che l’energia necessaria per produrre un modulo fotovoltaico sia maggiore di quella che il modulo stesso produrrà durante tutta la sua vita operativa. Il periodo di tempo necessario a produrre l’energia utilizzata per la costruzione di un componente è chiamato Energy pay back time EPBT , esso è ricavabile mediante la seguente relazione: Nel caso di un modulo fotovoltaico tale valore dipende dalla tecnologia di conversione della radiazione solare, ad esempio l’energia utilizzata per la costruzione di un modulo al silicio è circa 5600 kWh/kWp , mentre nel caso di un modulo CIS è circa 3100 kWh/kWp  L’energia producibile in un anno da un generatore fotovoltaico da 1 kWp assemblato con moduli al silicio si può calcolare con la seguente formula: dove: - Im è l’irraggiamento medio annuo; - A è la superficie totale dei moduli;a - Rmod è il rendimento di conversione dei moduli. Il valore di I si ricava dai dati contenuti nella norma UNI 10349, considerando l’orientamento, l’inclinazione, l’esposizione dei moduli e il fattore di albedo. Calcolando l’energia EG prodotta da un generatore fotovoltaico di 8,5 m2 con moduli in silicio caratterizzati da un’efficienza di conversione di 11,7% per una città del sud Italia si può verificare che l’energy pay back time risulta essere, per moduli al silicio, all’incirca pari a 2 anni e 8 mesi  (1 anno e 6 mesi per i CIS) questo significa che, considerando una durata del modulo pari a 30 anni, il modulo produce nella sua vita operativa circa dieci volte l’energia impiegata per la sua produzione (circa 19 per i CIS).
NUOVI CRITERI DI INCENTIVAZIONE PER GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI L’incentivazione agli impianti fotovoltaici in Italia grazie ai vecchi D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006 Con i D.M. 28 Luglio 2005 e 06 Febbraio 2006, l’Italia si è finalmente adeguata ai sistemi di incentivazione statale per lo sviluppo della tecnologia fotovoltaica che ha contraddistinto altre grandi nazioni europee. I sopracitati decreti, denominati “Conto Energia” in sostanza concedevano delle tariffe incentivanti molto vantaggiose, per venti anni, su tutta l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici.  A fine Febbraio 2007 è stato pubblicato il nuovo D.M. 19/02/2007 che migliora ulteriormente i vecchi D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006.  Le novità del nuovo D.M. 19/02/2007 Nel nuovo decreto si individua innanzitutto il G.S.E. (Gestore del Sistema Elettrico Nazionale – ex G.R.T.N.) come unico soggetto attuatore.  Ulteriore grande novità rispetto ai D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006 è la richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti a valle dell’entrata in esercizio dell’impianto. Con questo nuovo decreto si è anche ampliata la quota di potenza incentivabile e si sono eliminati i limiti annuali di potenza, infatti sono previsti 1200 MW annuali + periodo di moratoria di 14 mesi (24 mesi per i soggetti pubblici); inoltre è stato eliminato il limite massimo di 1000 kW per il singolo impianto. Per quanto riguarda le tariffe si premiano il grado di integrazione architettonica e gli impianti domestici (due livelli di integrazione), oltre a ciò si sono introdotte tariffe che premiano il risparmio energetico. Il nuovo iter da seguire per accedere all’incentivazione Chi intende investire dotandosi di un impianto fotovoltaico (di seguito individuato come Soggetto Responsabile) inoltra il progetto preliminare al GSE e chiede la connessione alla rete. AEEG (l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) definisce modalità e tempistiche per la connessione, prevedendo penali e definendo modalità anche per gli impianti di cui ai DM precedenti.  Ad impianto ultimato, il Soggetto Responsabile comunica la conclusione dei lavori al gestore di rete competente.  Entro 60 giorni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto, il Soggetto Responsabile - pena la decadenza dal diritto all’incentivo - è tenuto a far pervenire al GSE la  richiesta di concessione della pertinente tariffa (insieme alla documentazione finale di entrata in esercizio dell’impianto). GSE predispone, a servizio dei Soggetti Responabili, una piattaforma informatica per la richiesta dell’incentivo e per il rilascio del premio sul risparmio energetico.
Le nuove tipologie di impianti fotovoltaici ammessi all’incentivazione b1) Non integrato  (impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui ai punti b2 e b3, sugli  elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e  destinazione). b2) Parzialmente integrato  suddiviso in tre tipologie specifiche (TS): TS1: Moduli fotovoltaici installati sulle terrazze di edifici e fabbricati, che risultino di quota massima, riferita all'asse mediano dei moduli fotovoltaici  stessi, non superiore all' altezza minima della balaustra perimetrale, ove presente. TS2: Moduli fotovoltaici installati su tetti, coperture, facciate, balaustre o parapetti di edifici e fabbricati in modo complanare alla superficie di appoggio  senza la sostituzione dei materiali che costituiscono le superfici stesse. TS3: Moduli fotovoltaici installati su elementi di arredo urbano, barriere acustiche, pensiline, pergole e tettoie in modo complanare alla superficie senza  la sostituzione dei materiali che costituiscono le superfici d'appoggio stesse. b3) Integrato  suddiviso in nove tipologie specifiche (TS): TS1: Sostituzione dei materiali di rivestimento di tetti, coperture, facciate di edifici e fabbricati con moduli fotovoltaici aventi la medesima inclinazione  e funzionalità architettonica della superficie rivestita. TS2: Pensiline, pergole e tettoie in cui la struttura di copertura sia costituita dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto. TS3: Porzioni della copertura di edifici in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano il materiale trasparente o semitrasparente atto a permettere  l’illuminamento naturale di uno o più vani interni. TS4: Barriere acustiche in cui parte dei pannelli fonoassorbenti siano sostituiti da moduli fotovoltaici. TS5: Elementi di illuminazione in cui la superficie esposta alla radiazione solare degli elementi riflettenti sia costituita da moduli fotovoltaici. TS6: Frangisole i cui elementi strutturali siano costituiti dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto. TS7: Balaustre e parapetti in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano gli elementi di rivestimento e copertura. TS8: Finestre in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano o integrino le superfici vetrate delle finestre stesse. TS9: Persiane in cui i moduli fotovoltaici costituiscano gli elementi strutturali delle persiane.   Le tariffe incentivanti L’incentivo è riconosciuto a tutta l’energia prodotta, tariffe (€/kWh) variabili in funzione della tipologia dell’impianto come da tabella seguente. Le tariffe sottostanti verranno applicate ad ogni impianto che diventerà operativo dal 01/01/2009.   IMPIANTI Potenza nominale dell'impianto (kW) P Non  integrato Parzialmente Integrato Integrato A 1  ≤  P > 3 0,3920 0,4312 0,4802 B 3  < P > 20 0,3724 0,4116 0,4508 C P  > 20 0,3528 0,3920 0,4312
[object Object],[object Object],[object Object],Il fotovoltaico
Il fotovoltaico: un modo speciale di sfruttare l'energia del sole.  Lo sviluppo fino alla situazione attuale, gli impianti FV, la filiera industriale. Lo sfruttamento dell'energia solare oggi avviene per mezzo di tre tecnologie principali:  _Il solare termico, scambia direttamente l'energia termica del sole con acqua per fini termici e sanitari ottenendo un risparmio energetico. _Solare termodinamico, usa dei vettori dell'energia più efficienti come olio diatermico o sali altofondenti in modo da catturare ed accumulare maggiori quantità di calore necessarie alla produzione di vapore col quale  si alimenta una turbina accoppiata ad un alternatore che genera energia elettrica. _Il fotovoltaico è la  conversione diretta dell'energia irradiata dal sole, sotto forma di luce, in energia elettrica  sotto forma di un flusso di corrente continua.  L'effetto fotovoltaico, o  più propriamente effetto fotoelettrico , si basa su un fenomeno fisico che ha luogo nei materiali semi-conduttori (tipicamente il  silicio ): quando vengono colpiti da radiazione luminosa, si liberano delle cariche elettriche che opportunamente convogliate in un circuito, chiamato diodo,  generano un campo elettrico in corrente continua . Il circuito elettrico elementare che viene realizzato a questo scopo prende il nome di  cella fotovoltaica . La cella è una  sottile fetta di silicio  cristallino (spessore 180÷300 µmm.)  che, grazie ad un processo di accrescimento detto  drogaggio (da un lato con fosforo, dall'altro con boro) ,  migliora la capacità di liberare cariche elettriche  che fruiscono nell'area centrale della cella stessa (detta giunzione) per essere captate da una sottile griglia di argento stampato sulla superficie esposta che drena le cariche sulla terminazione.  All'inizio della propria storia, il fotovoltaico è stato utilizzato e sviluppato in impieghi  stand-alone  (oggi considerati di nicchia ) per ricaricare batterie di impianti tecnologici (es. satelliti per telecomunicazioni), mentre la sua grande diffusione è avvenuta in questi ultimi dieci anni in impianti  grid-connected  dove,  la corrente continua  del generatore fotovoltaico  è convertita per mezzo di inverters in corrente alternata  così da poter essere immessa ed utilizzata in rete.  Il costo della tecnologia fotovoltaica purtroppo è ancora molto alto se rapportato alle altre tecniche di generazione di corrente, tuttavia i suoi vantaggi a a medio-lungo termine ed i benefici per l'ambiente hanno stimolato la creazione di  strumenti legislativi e finanziari atti a sostenerne la diffusione , primo fra tutti  il contributo in conto energia (feed in tarif)  ossia un sistema di tariffe predeterminate e costanti nel tempo (durata 20 anni) riconosciuti al titolare dell'impianto per ogni kWh di energia elettrica prodotto. Al contrario dei contributi in conto capitale, il sistema di tariffe feed-in si è dimostrato l'unico strumento capace di incentivare l'installazione di applicazioni efficienti e la loro costante manutenzione. In  Europa  questa forma d'incentivazione ha prodotto una  potenza fotovoltaica complessiva di 4690 MW (anno 2007)  mentre  nel solo 2008 si stima che la potenza installata sia attesti a 4400 MW per un giro d'affari di circa 22 mld di €.  Nel  mondo  si è installato nel  2008  impianti per  5680 MW  per un giro d'affari valutabile  in 31 mld di €.
I moderni impianti fotovoltaic i si compongono di una superficie captante detta generatore (il cuore del sistema) a sua volta formato da moduli fotovoltaici. Un modulo fotovoltaico è un assieme di celle fotovoltaiche (i moduli standard sono da 36,48,60,72 celle) connesse in serie ed in parallelo all'interno di un sandwich costituito da: vetro, EVA (Etil-Vinile Acetato) e Tedlar contornato da una cornice d'alluminio. L'energia creata dalle celle di un modulo fotovoltaico, confluisce nella scatola di derivazione ai cui terminali positivo e negativo, sono inseriti tre diodi di blocco (uno per ogni serie di celle). Le  celle , e di conseguenza i  moduli , sono  classificati in ordine alla potenza di picco [Wp]  espressa in condizioni  STC (standard test condition) : Angolo d'incidenza dei raggi solari ortogonale (90°) alla superficie della cella, potenza irradiata 1000 W/m², temperatura delle celle 25° C. Le taglie commerciali di celle sono essenzialmente 3: cella da 2 Wp - dim. 101x101mm = 4x4” ; cella da 2,5 Wp – dim. 127x127mm= 5x5”; cella da 3,5 Wp – dim. 156x156mm= 6x6”. La geometria quadrata o pseudo-quadrata di una cella è conferita nella  fabbricazione del “lingotto” , la forma costruttiva del  polysilicon  (questa è la denominazione corretta del silicio di grado solare). La filiera industriale del fotovoltaico 1_Area di businnes Silicio e wafer La prima fase della filiera industriale fotovoltaica, è la produzione di Silicio: partendo dalla purificazione del silicio metallurgico, si ottiene il polysilicon che nella seconda fase è tagliato in sottili fette dette wafer.  2_Area di businnes celle e moduli La terza fase è la creazione della cella partendo dal wafer: si esegue il drogaggio sulle due facce del wafer mediante il fosforo su l'una ed il boro sull'altra, si applica un trattamento antiriflesso sulla faccia esposta ai raggi e si imprime la griglia elettrica. La quarta fase è la fabbricazione del modulo fotovoltaico procedendo all'assiemaggio delle celle come descritto sopra 3_Area di businnes distribuzione ed installazione La quinta fase è la distribuzione ed installazione che include le attività di distribuzione dei componenti, di progettazione, integrazione dell'impianto e sviluppo del sito e d'installazione; essa rappresenta il punto di contatto tra la filiera produttiva ed il mercato finale. 4_Area di businnes produzione e trading La sesta fase è la produzione e trading che raccoglie le attività necessarie alla produzione d'energia elettrica, la sua cessione in rete, e l'eventuale trading dell'energia prodotta. 5_Area di businnes materiali e tecnologie Include tutte le attività di produzione d'impianti, tecnologie, materiali e componenti di supporto del processo produttivo di celle e moduli. 6_Area di businnes finanziamento e assicurazione Comprende le attività di finanziamento dell'impianto finale e di assicurazione dello stesso che assumono caratteristiche anche molto diverse in funzione del segmento di mercato: residenziale, industriale o centrali. Le aree a marginalità maggiore sono chiaramente le prime, dove c'è un esiguo numero di aziende produttrici a causa delle particolari condizioni del mercato del silicio. Fino a pochi anni fa esso era destinato in prevalenza ad impieghi per industria elettronica e solo gli scarti di quest'ultima venivano reimpiegati nell'industria fotovoltaica. Oggi invece la domanda di silicio di grado fotovoltaico ha superato quella di silicio di grado elettronico non trovando pronta la tradizionale e condizionata industria di riferimento. La difficoltà di competere nella produzione di silicio è costituita dall'elevata concentrazione del mercato globale dato che 7 imprese ne detengono il 90%. Anzitutto la produzione di silicio è un'attività estremamente capital intensive che necessita di grandi economie di scala; inoltre i tempi necessari alla costruzione ed attivazione di nuovi impianti sono mediamente di tre anni, non trascurando l'esiguo numero d'imprese che a livello mondiale possiedono in know-how necessario alla progettazione e costruzione d'impianti per la purificazione del silicio metallurgico. In Italia, grazie al conto energia, si sono sviluppate un numero di imprese considerevole nelle ultime 4 aree di business descritte sopra, con particolari abilità e competenze nel settore impiantistico, data anche la lunga tradizione Italiana nell'ingegneria industriale e di processo.
Silicio e celle fotovoltaiche ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Tecnologie di produzione del Silicio Produzione  Il silicio viene preparato commercialmente tramite riscaldamento di ossido di silice ad elevato grado di purezza, in una fornace elettrica usando elettrodi di carbonio. A temperature superiori a 1900 °C, il carbonio riduce la silice in silicio secondo l'equazione chimica  SiO2 + C -> Si + CO2 Il silicio liquido si raccoglie in fondo alla fornace, e viene quindi prelevato e raffreddato. Il silicio prodotto tramite questo processo viene chiamato silicio di grado metallurgico(MGS) ed è puro al 98%. Per raggiungere gradi di purezza superiori necessari ad esempio per realizzare dispositivi elettronici a semiconduttore, è necessario praticare un ulteriore purificazione ad esempio con il metodo Siemens. Nel 2006, il silicio di grado metallurgico costava circa 2,23 $/kg. Purificazione L'uso del silicio nei semiconduttori richiede una purezza più elevata di quella fornita dal silicio di grado metallurgico. Storicamente sono stati usati un numero di metodi diversi per produrre silicio ad alta purezza. Metodi fisici Sbarra monocristallina di Silicio . Le prime tecniche di purificazione del silicio erano basate sul fatto che quando il silicio viene fuso e risolidificato, l'ultima parte di silicio che solidifica contiene la maggior parte delle impurità. Il primissimo sistema di purificazione, descritto nel 1919 e usato su scala limitata per la fabbricazione di componenti dei radar durante la seconda guerra mondiale, richiedeva la polverizzazione del silicio di grado metallurgico e la sua parziale dissoluzione in acido. Quando veniva polverizzato, il silicio si spezzava in modo che le zone più deboli e ricche di impurità restassero all'esterno del risultante grano di silicio. come risultato, il silicio ricco di impurità era il primo a disciogliersi quando trattato con l'acido, lasciando un prodotto più puro. Nella  fusione a zona , il primo metodo di purificazione del silicio ad essere utilizzato su scala industriale, sbarre di silicio di grado metallurgico venivano riscaldate partendo da una delle sue estremità, fino a quando questa iniziava a fondersi. Il riscaldatore quindi veniva lentamente spostato lungo la sbarra mantenendo una piccola porzione fusa mentre il silicio si raffreddava e risolidificava dietro di essa. Poiché la maggior parte delle impurità tendeva a rimanere nella parte fusa piuttosto che risolidificarsi, alla fine del processo queste si erano spostate nell'ultima parte della sbarra ad essere fusa. Questa estremità veniva quindi tagliata e gettata, ripetendo il processo se una purezza più elevata era necessaria. Metodi chimici Oggigiorno il silicio viene purificato convertendolo in un composto che può essere purificato più facilmente del silicio stesso, e quindi convertito di nuovo in silicio puro.  Il triclorosilano  è il composto di silicio più comunemente usato in questo processo, anche se a volte si utilizzano anche il tetracloruro di silicio e il silano. Questi composti, liquidi o gassosi, vengono purificati per distillazione frazionata fino ad ottenere una miscela di composti di solo silicio. Dopodiché questi gas vengono soffiati sopra a del silicio ad alta temperatura e si decompongono, depositando silicio policristallino ad alta purezza. Nel  processo Siemens , sbarre di silicio ultrapuro sono esposte al triclorosilano a 1150 °C; il gas di triclorosilano si decompone e deposita dell'altro silicio sulla sbarra, allargandola secondo la reazione chimica  2 HSiCl3 -> Si + 2 HCl + SiCl4 Il silicio prodotto da questo e da processi simili viene chiamato silicio policristallino. Il silicio policristallino ha un livello di impurità pari a 1 parte per miliardo o inferiore. A un certo punto, la DuPont produsse silicio ultrapuro facendo reagire il tetracloruro di silicio con vapori di zinco ad alta purezza a 950 °C, producendo silicio secondo la formula  SiCl4 + 2 Zn -> Si + 2 ZnCl2 Comunque questa tecnica era afflitta da problemi pratici (come il cloruro di zinco, un sottoprodotto, che si solidificava bloccando le linee) e venne abbandonata a favore del processo Siemens. Cristallizzazione Il  processo Czochralski  viene spesso usato per creare cristalli singoli di silicio ad alta purezza, che vengono impiegati nei semiconduttori a stato solido.
Dal silicio alla cella fotovoltaica I sistemi fotovoltaici attualmente in uso si basano su celle realizzate con silicio cristallino, uno degli elementi più comuni sulla crosta terrestre. Abbonda, ad esempio, nella sabbia, comunemente costituita da ossido di silicio sotto forma sia cristallina sia amorfa. L’elevato costo delle celle  non è quindi dovuto alla materia prima , la silice,  ma al processo di lavorazione  necessario ad ottenere un prodotto puro, in grado di manifestare proprietà di semiconduttore. Vediamo dunque, sinteticamente, il percorso che dalla sabbia porta a realizzare un prodotto complesso qual è la cella fotovoltaica. La sabbia o quarzite (SiO 2 ), viene trasformata (mediante riduzione con carbonio, in un forno ad arco ed a temperature superiori a quelle di fusione del silicio elementare) in silicio “metallurgico”, liquido, che viene raffreddato a formare i lingotti di grado industriale. Il prodotto, ottenuto a bassi costi, presenta tuttavia elevate impurità e non risulta idoneo né agli usi elettronici né alla produzione di celle fotovoltaiche. Si procede quindi ad una fase di purificazione, che viene realizzata trasformando il silicio metallurgico in triclorosilano gassoso (metodo Siemens). La purificazione viene eseguita mediante distillazione frazionata in reattore a letto fluido, ove viene diffuso acido cloridrico (HCl) con conseguente formazione separata di triclorosilano, idrogeno molecolare e altre sostanze. A questo punto il triclorosilano aeriforme viene filtrato e fatto reagire (in un secondo reattore) con l’idrogeno molecolare. Il silicio policristallino che si forma é purissimo e viene depositato lentamente sopra sbarre, anch’esse di silicio puro così da accrescerne il diametro. La temperatura raggiunta in entrambi i reattori è superiore ai 1.100 °C ed il costo energetico è notevole. Questo è il materiale base dell’industria elettronica. Nel caso si voglia ottenere silicio monocristallino si deve procedere ad una nuova fusione a radiofrequenza del silicio policristallino. Nel materiale nuovamente fuso si inserisce quindi un cristallo di silicio monocristallino, che funge da “seme” per il successivo “tiraggio” e accrescimento di lingotti monocristallini lunghi circa un metro e larghi 10 cm. Il principio di crescita dei cristalli è molto semplice, ma, oltre ad avere anch’esso costi energetici rilevanti, richiede una specifica linea di produzione con acquisizione di macchinari complessi. È questo il motivo per cui i lingotti monocristallini costano circa il doppio rispetto a quelli policristallini. Per la produzione di celle fotovoltaiche si parte da una miscela di scarti dell’industria elettronica (teste e code di cilindri, dischi cilindrici venuti male, scarti rimasti nel crogiolo, scarti di lavorazioni eccetera) tenendo presente che la cella fotovoltaica dovrà essere costituita da una fetta di silicio di cui una delle due facce è “drogata” con atomi di boro e l’altra faccia con atomi di fosforo. Infatti è nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio che si determina il campo elettrico (la “giunzione”) che, quando la cella è esposta alla luce, determina il flusso di elettroni sotto forma di corrente continua.
La miscela di scarti silicio viene dunque sottoposta a specifici lavaggi e quindi caricata in un crogiolo di quarzo cui sono aggiunti parti di boro per ottenere pani di silicio cosiddetti di tipo p. Il crogiolo viene inserito in un forno miscelatore a radio frequenza dove è sottoposto ad un ciclo di lavorazione di 52 ore, con temperature altissime (1.560 °C). Dopo la fusione del silicio, il crogiolo viene sottoposto ad un movimento elicoidale diretto verso il basso che porta, per raffreddamento, alla formazione di pani di silicio mono o poli-cristallino (a seconda del materiale di partenza). Il pane di silicio, così formato, viene adagiato sopra un supporto metallico ed inserito in una macchina per l'esecuzione del taglio. La macchina taglierà il pane in lingotti con una sega circolare a denti di diamante: si tratta di un processo complesso nel quale viene perduto circa il 30% del silicio originario. I lingotti così ottenuti vengono nuovamente lavati, incollati su una piastra di vetro ed inseriti in una macchina affettatrice per procedere all'operazione di taglio delle fette (wafer) per mezzo di un filo d'acciaio. I wafer prodotti, presentano tuttavia superfici irregolari, per cui, dopo un ulteriore lavaggio, vengono sottoposti a levigazione. L'operazione successiva è il trattamento antiriflesso che viene eseguito immergendo le fette in una soluzione debole di idrossido di sodio (NaOH) ed alcol isopropilico. La soluzione corrode lentamente la superficie delle fette e forma sui cristalli delle microscopiche piramidi che impediranno parzialmente la riflessione. A questo punto della lavorazione i wafer sono interamente di tipo p. La fase successiva prevede la realizzazione della giunzione p – n, e, a tale scopo, si copre una delle due facce dei singoli wafer, che vengono quindi introdotti in un forno e bagnati con vapori di fosforo alla temperatura di 600°C. Regolando le temperature, il fosforo condensa sulla superficie del silicio e viene assorbito gradualmente sostituendo tutti gli atomi di boro precedentemente inseriti. In tal modo si “droga” con fosforo uno strato di circa 0,3 micron di tipo n. Infine si effettua una ulteriore operazione di pulizia chimica, cui segue il decapaggio, per eliminare le giunzioni parassite lungo lo spessore perimetrale delle fette. I wafer così ottenuti sono finalmente pronti muniti dei contatti metallici necessari a raccogliere l’energia elettrica generata e a inviarla all’esterno. Il procedimento avviene per serigrafia, dapprima sul lato del wafer da esporre alla luce (lato n), ove si realizza una griglia di pasta di argento a maglie larghe e di elevata trasparenza alla luce incidente. La serigrafia sul lato p, non esposto alla luce, si esegue invece con una lamina piana e con una pasta a base di alluminio. I contatti metallici vengono asciugati in un forno ad infrarossi che fa evaporare la matrice organica delle paste e compatta i grani metallici disciolti normalizzando le tensioni con il supporto. L'ultimo trattamento è rappresentato dall'esecuzione di una seconda operazione antiriflesso a base di biossido di titanio, che tra l’altro conferisce una colorazione azzurrina alle fette. Il ciclo di produzione viene concluso con la misura delle caratteristiche elettriche della cella che classifica ognuna di esse per categoria d'efficienza. La cella così costruita rappresenta l'unità base di un modulo fotovoltaico che viene realizzato assemblando insieme più celle.
Drogaggio dei semiconduttori Si definisce drogaggio di un semiconduttore l’introduzione all’interno del semiconduttore,  appartenente al IV gruppo della tavola periodica, di atomi appartenenti al III o al V gruppo.  Questo fa sì che si formino due strutture differenti da un lato una con un eccesso di elettroni e dall’altro una struttura con un difetto di elettroni. Ad esempio il silicio che è un semiconduttore appartenente al IV gruppo può essere drogato con sostanze del III gruppo, ossia trivalenti, oppure con sostanze pentavalenti,  le prime definite accettatrici, le seconde donatrici. Il silicio è un semiconduttore abbastanza puro e comunque le possibili impurità non influenzano in maniera apprezzabile il suo comportamento elettrico. Il silicio possiede 14 elettroni, di cui 4 nella banda di valenza, e sono questi quelli che possono  interagire con altri atomi si silicio o di altri elementi. Drogando la struttura cristallina del silicio con l’introduzione controllata di  atomi di fosforo (P)   si libera un elettrone per ogni atomo di fosforo introdotto. L’elettrone che si è liberato dai legami può staccarsi facilmente dall’atomo a cui è debolmente  legato e muoversi nel reticolo cristallino essendo dunque disponibile alla conduzione. Si parla in questo caso di  drogaggio di tipo n e di semiconduttore di tipo n , le cariche maggioritarie  sono costituite dagli elettroni, mentre le lacune sono minoritarie. Il semiconduttore può però anche essere  drogato da elementi, quali il boro (B) , ed in questo caso  si ottiene una lacuna per ogni atomo di boro introdotto nel reticolo cristallino. Anche la lacuna è libera di muoversi all’interno del reticolo cristallino essendo  dunque disponibile alla conduzione In questo caso si parla di  semiconduttore di tipo p , e le cariche maggioritarie sono rappresentate  dalle lacune mentre le minoritarie dagli elettroni. Drogaggio del silicio con atomi di boro Drogaggio del silicio con atomi di fosforo Drogaggio del silicio con atomi di boro Struttura cristallina del silicio
Come funziona una cella fotovoltaica Il principio di funzionamento di una cella solare è essenzialmente il duale di quello dei LED (Light Emitting diodes, diodi emettitori di luce), dispositivi che emettono luce quando sono attraversati da corrente elettrica. In un LED l’energia elettrica viene convertita (parzialmente) in energia luminosa (pur non essendo una lampada ad incandescenza). Nella cella fotovoltaica avviene il processo “inverso”: l’energia luminosa può essere parzialmente convertita in energia elettrica. La cella diventa una “pila” elettrica che può alimentare un circuito elettrico esterno. Il funzionamento delle celle fotovoltaiche si basa sui fenomeni elettronici che si verificano sulla superficie di contatto di due materiali diversi (in particolare due semiconduttori). Principio della cella fotovoltaica:  Le celle fotovoltaiche sono diodi fotosensibili che lavorano nel quarto quadrante della caratteristica V-I. Quanto i livelli di energia luminosa colpiscono la cella dei pannelli solari con valore R=0 si comporta come un normale diodo. Quando R è diverso da zero ed è crescente la corrente inversa si forma una differenza di potenziale ai capi della giunzione che dà luogo all'effetto fotovoltaico e il diodo eroga corrente a un carico. Nel punto di massima potenza il rendimento teorico di una cella fotovoltaica è di circa il 22%. Questo valore scende al 15% nel rendimento pratico. Normalmente da un metro quadro di pannelli solari possono essere prodotti al massimo 130-160 Watt. Ogni cella solare ha una tensione di uscita di circa 0,5 volt. Per produrre tensioni elettriche più elevate le celle fotovoltaiche sono collegate in serie, viceversa per produrre una corrente di uscita maggiore le celle fotovoltaiche sono collegate in parallelo. Ovviamente la corrente prodotta varia con l'intensità della radiazione che raggiunge la cella: più è intensa la luce che arriva più elettroni vengono liberati all'interno del semiconduttore e, conseguentemente, maggiore sarà il flusso di corrente. Il materiale più utilizzato per fabbricare una cella fotovoltaica è il silicio.
La conversione fotovoltaica è un fenomeno fisico che permette di trasformare direttamente l'energia luminosa in energia elettrica in strutture elementari, le celle fotovoltaiche. Questi dispositivi sono realizzati in materiali semiconduttori, materiali cioè che conducono la corrente elettrica e la cui resistività diminuisce al crescere della temperatura e per la presenza di impurità. L'effetto fotovoltaico consiste nella generazione di una differenza di potenziale elettrico, grazie all'integrazione di un flusso di energia radiante con la materia.
Industrialmente le celle vengono realizzate sovrapponendo vari strati orizzontalmente. Sopra una lamina di metallo che rappresenta uno dei due contatti viene adagiato il silicio, quindi l'altro tipo di silicio a formare la giunzione e sopra di questo una griglia metallica che raccoglie gli elettroni fungendo così da secondo contatto metallico. La forma di questa seconda griglia rappresenta un compromesso tra un buon contatto elettrico e una trasparenza della superficie poiché se si ricoprirebbe troppo fittamente la superficie con il metallo si avrebbe un contatto a bassa resistenza ma si oscurerebbe la cella dalla luce abbassando drasticamente l'efficienza della conversione.
Celle al silicio mono e policristallino Silicio Monocristalllino Le celle in silicio monocristallino hanno un grado di purezza più elevato rispetto alle celle in policristallino ed hanno un ‘efficienza maggiore che va dal 14 al 17%, ed è per questo che risultano più costose.  Inoltre il silicio monocristallino è utilizzato anche nell’industria elettronica, come precedentemente detto, e questa circostanza ne fa lievitare ulteriormente il prezzo.  Generalmente le celle hanno forma circolare con diametro di 10-12 cm o ottagonale, ed uno spessore che varia tra i 0,2 - 0,3 mm, sono di colore blu scuro e uniforme. Hanno un’affidabilità garantita dalle aziende produttrici garantita per oltre 25 anni, anche se la loro vita media può superare anche i 30 anni. Le principali applicazioni riguardano gli impianti stand alone in particolare in condizioni climatiche poco favorevoli, in quanto le celle presentano un’elevata efficienza con una superficie captante piccola. Altre applicazioni riguardano l’alimentazione di impianti di pompaggio acqua o l’uso combinato con sistemi solari termici.  La realizzazione di celle in silicio monocristallino avviene mediante il metodo Czochralsky:  si immerge per pochi millimetri un seme monocristallino di silicio in un crogiolo in cui vi è silicio puro fuso.  Gli atomi di silicio fuso, a contatto con il seme monocristallino introdotto si orientano secondo il reticolo atomico della struttura del silicio. Il silicio fuso viene mantenuto ad una temperatura leggermente superiore a quella di fusione. A questo punto si procede molto lentamente a sollevare il seme monocristallino, estraendolo dalla massa fusa.  Il silicio fuso aderente al seme si solidifica molto rapidamente conservando la struttura monocristallina del seme.  Mediante un controllo rigoroso della temperatura del materiale fuso, dell'atmosfera nella camera, e della velocità di estrazione, ed evitando ogni tipo di vibrazione, è possibile ottenere dei fusi omogenei di forma cilindrica con un diametro di circa 13 - 20 cm e lunghezza che può raggiungere i 200 cm. Il passo successivo consiste nel drogare la cella con atomi di boro. Il fuso viene poi tagliato mediante un disco diamantato in sottili fettine chiamate wafer con spessore è di circa 250 - 350 μm, le quali costituiranno il supporto (substrato). I wafer vengono poi puliti mediante un attacco di soda. Si realizzano poi le giunzioni P-N dopo aver effettuato il drogaggio con atomi di fosforo.  Infine si applica un sottile strato antiriflesso e si realizzano per serigrafia i contatti elettrici anteriori (griglia metallica) e posteriori (superficie continua metallica). Silicio Policristallino Le celle in silicio policristallino hanno un’ efficienza che va dal 12 al 14%. Si realizzano riciclando componenti elettronici scartati, ossia il cosiddetto &quot;scraps di silicio&quot; il quale viene rifuso per ottenere una composizione cristallina compatta.  Questi scarti di silicio vengono fusi all’interno di un crogiolo in modo da creare un composto omogeneo che poi viene raffreddato in modo tale da generare una cristallizzazione che si sviluppa in verticale. Si ottiene così un pane di circa 150-200 kg che poi viene tagliato verticalmente in lingotti di forma parallelepipeda.  Con un altro taglio, questa volta orizzontale, si ricavano delle fette di spessore simile ai wafer del monocristallo. Anche in questo caso i wafer vengono puliti con un attacco in soda, e poi drogati con il fosforo per la realizzazione delle giunzioni P-N, si applica un sottile strato antiriflesso e si realizzano per serigrafia o elettrodeposizione i contatti elettrici anteriori (griglia metallica) e posteriori (superficie continua metallica).
Le celle FV diverse dal silicio ,[object Object],[object Object]
Le tipologie di celle fotovoltaiche Le celle fotovoltaiche studiate da più tempo oltre al silicio cristallino sono: •  Celle in silicio amorfo. Hanno rendimento nettamente inferiore, 50 W/mq circa, e perdono circa il 10 % della potenza solo nelle prime 300-400 ore di funzionamento. Sono in commercio pannelli con tali celle, protette da un materiale fotosensibile entro un doppio cristallo raggiungono una durata accettabile. Poiché il silicio amorfo non presenta una struttura molecolare definita,  può utilizzare diverse superfici di appoggio. I moduli sono quindi dotati di una maggiore  versatilità e possono essere utilizzati anche per usi architettonici. Efficienza di picco di  circa 50 W/mq. •  Celle all'arseniuro di gallio (GaAs), fosfuro di indio e gallio (InGaP), rame indio diselenide  (CuInSe2). Hanno una buona efficienza anche a temperature elevate e appaiono particolarmente  adatti a sistemi a concentrazione. Hanno costi di produzione elevatissimi. •  Celle al Solfuro di Cadmio (CdS). Hanno una efficienza discreta e costi di produzione abbastanza elevati. •  Celle a film sottile (quindi molto economiche) ad eterogiunzione fra solfuro di rame e varie  soluzioni quali solfuro di cadmio (Cu2S-CdS), diseleniuro di indio e rame (Cu2S-CuInSe2),  tellururo di cadmio (Cu2S-CdTe), fosfato di Indio (Cu2S-InP), in cui l'assorbimento dei fotoni ha luogo nello strato Cu2S e gli elettroni generati passano nel secondo strato per diffusione. L'efficienza è molto bassa, circa la metà rispetto alla cella convenzionale in silicio, ma il  costo è inferiore. •  Celle a film sottile con strati policristallini di arseniuro di gallio e arseniuro di gallio e alluminio (GaAs-GaAsAl) depositati in film di grafite, poco efficienti. •  Celle a film sottile in silicio amorfo basato su molte giunzioni p-n. Di costo molto basso e  di efficienza paragonabile a quella delle celle tradizionali, è stata studiata attentamente  negli anni 90.  Attualmente è poco considerata per varie ragioni, fra cui il deterioramento  delle caratteristiche a seguito della prolungata esposizione alla radiazione luminosa.  •  Celle a film sottile a giunzione multipla. Il sistema più efficiente, utilizzato per questo motivo dall'industria elettronica, consiste nella disposizione di film sottili sovrapposti.  La  sovrapposizione è organizzata in modo che i fotoni che non sono assorbiti dal primo strato, attraversano la cella, che appare loro abbastanza trasparente, e vengono assorbiti dalla cella  sottostante. Ciò equivale a sfruttare completamente lo spettro solare. La parte di spettro a  frequenza più elevata viene raccolta dallo strato superiore, mentre la parte a frequenza minore attraversa tale strato, che appare abbastanza trasparente, e viene catturata da quello  sottostante (Figura 4). La pila può essere fatta unendo una grande varietà di combinazioni, ma è  problematico individuare i supporti giusti.  Non si usano più di 3 o 4 strati perchè ad ogni passaggio vi è una perdita di efficienza. L'industria spaziale fa uso di germanio monocristallino come materiale di partenza e ottiene celle di efficienza di conversione  superiore al 37% usando 3 strati. Purtroppo il germanio esiste in piccole quantità ed è molto  costoso. •  Celle a concentrazione.  Tutte le celle individuate precedentemente possono essere convenientemente adattate a sistemi a concentrazione.  In particolare le celle a giunzione  multipla hanno costi tali da non poter essere concepiti in assenza di sistemi a concentrazione. Se su una sola cella venisse concentrata l'irradiazione proveniente da un'area 200 volte  superiore, i circuiti sulla cella dovrebbero convogliare correnti 200 volte maggiori. Ciò comporterebbe enormi perdite nei circuiti.  Inoltre sarebbe inutile produrre tanta corrente ad un basso voltaggio. E' quindi necessario, per aumentare il voltaggio oltre alla corrente, prevedere una combinazione di piccole celle in serie.  Su tali piccole celle è disegnata una  rete di circuiti superficiali ottimizzato per la maggior irradianza, ovvero costituita da una maglia fitta di fili molto sottili.  L'uso dei concentratori ha il duplice effetto di ridurre il numero di celle necessarie, sostituendole con lenti o specchi di materiale plastico poco costoso, e di mantenere la superficie del dispositivo rivolto verso il sole, aumentando  l'irraggiamento.
I moduli fotovoltaici ,[object Object],[object Object],[object Object],[object Object]
Cos'è un modulo fotovoltaico Un modulo fotovoltaico è costituito da più celle solari collegate elettricamente in serie-parallelo in modo da ottenere i valori di tensione e corrente desiderati. Le celle così raggruppate possono godere di una struttura più robusta e pratica e dotata di maggiore resistenza agli agenti atmosferici. Il processo di produzione dei moduli prevede tre stadi principali: - la connessione elettrica delle celle; - l’incapsulamento delle celle; - il montaggio della cornice e delle cassette di terminazione. La connessione elettrica, deve essere effettuata tra celle aventi caratteristiche elettriche simili per evitare di incorrere nel fenomeno del mismatch, ossia una riduzione della potenza dovuta a caratteristiche differenti fra le celle. Le celle vengono poi incapsulate, per essere protette dalle intemperie, tra una lastra di vetro e una di materiale polimerico attraverso un processo di laminazione a caldo. La maggior parte dei moduli in commercio è dotata di cornice per il montaggio generalmente in alluminio anodizzato. La cornice presenta diversi vantaggi, infatti facilita il montaggio grazie all'utilizzo dei fori che sono presenti sul bordo della cornice stessa. Costituisce inoltre una protezione contro gli agenti atmosferici grazie al collante utilizzato, la gomma siliconica, che crea una barriera impermeabile. Ancora la presenza della cornice permette di distribuire meglio gli sforzi sul vetro e sul bordo del modulo riducendo in questo modo la possibilità di formazioni di rotture e crepe e donando quindi maggiore robustezza. Il processo di anodizzazione dell'alluminio che costituisce la cornice dei moduli può però influire sulla conduttività del metallo. Nel caso in cui risulti necessario effettuare un collegamento equipotenziale a terra del modulo, ad esempio in classe di isolamento I, prima di effettuare il fissaggio del capocorda del conduttore al bullone di ancoraggio del modulo di sostegno, bisogna asportare localmente l'anodizzazione con utensile.
Prove sui moduli fotovoltaici Diversi comitati a livello IEC hanno contribuito alla creazione di norme che riguardano ad esempio le prove a cui sottoporre un modulo fotovoltaico in silicio cristallino per raggiungere standard qualitativi idonei alla commercializzazione e ottenerne una certificazione di qualità in laboratori accreditati all’emissione (ad esempio il laboratorio ESTI del JRC- Joint Research Center di Ispra-VA). Nella norma CEI EN 60904-3 (CEI 82-3) sono riportate alcune utili definizioni relative alla conversione fotovoltaica e alle grandezze meteorologiche di interesse. Ad esempio si parla di condizioni di prova normalizzate (STC) per celle e moduli fotovoltaici , quando ci si riferisce ad un irraggiamento solare di 1000 W/m² e AM 1,5 con una particolare distribuzione spettrale e alla temperatura di cella di 25 ºC. Mentre per temperatura nominale di lavoro della cella (NOCT) si intende la temperatura media di equilibrio di una cella solare all’interno di un modulo posto in condizioni ambientali normalizzate cioè con irraggiamento di 800 W/m² , temperatura ambiente di 20 ºC e velocità del vento pari a 1 m/s. Si lavora a circuito aperto e il modulo deve essere installato su un telaio in modo tale che in corrispondenza del mezzogiorno solare i raggi incidano normalmente sulla sua superficie esposta. Le norme CEI EN 61215 (CEI 82-8) prevedono una serie di prove necessarie al controllo delle caratteristiche meccaniche ed elettriche dei moduli in silicio cristallino e le CEI EN 61646 (CEI 82-12) per quelli in silicio amorfo a film sottile. Vediamo alcune delle prove previste da queste norme a cui sottoporre i moduli per il raggiungimento di uno standard qualitativo. Prove elettriche Tra le prove che testano le caratteristiche elettriche del modulo troviamo: _Prestazioni a STC Questa prova consiste nel tracciare la caratteristica tensione-corrente del modulo alle condizioni di prova normalizzate (STC). _Prova di isolamento In questa prova si misura il grado di isolamento tra terminali del modulo posti in cortocircuito e la cornice.  Bisogna applicare al modulo una tensione di 1000 V più il doppio della tensione massima del sistema (cioè la tensione del sistema a  circuito aperto e a STC). Mentre se la tensione del sistema non supera i 50 V, bisogna applicare una tensione di 500 V. La corrente di fuga deve essere al di sotto dei 50μA e la resistenza di isolamento deve essere maggiore o uguale a 50 MΩ. _Misura della temperatura nominale di lavoro di cella (NOCT) e relative prestazioni. La prova consiste nel misurare la temperatura nominale di lavoro di cella e nel tracciare la caratteristica tensione-corrente del  modulo in  corrispondenza del NOCT (Nominal Open Circuit Temperature)  Questa prova fornisce indicazioni sulle prestazioni del modulo in esercizio reale. _Prova di esposizione in esterno In questa prova il modulo viene esposto ad una irradiazione totale di 60kWh/m², al termine della quale non deve presentare difetti  visibili, e non deve presentare alterazioni della sua resistenza di isolamento. _Esposizione prolungata alla luce In questa prova si espone il modulo (in silicio amorfo a film sottile) ad un irraggiamento compreso tra 800 e 1000 W/m² fino a che la  potenza in uscita si stabilizza. Bisogna verificare che a fine prova il modulo presenti difetti visibili, e che conservi la stessa resistenza di isolamento, inoltre la  potenza di  uscita STC non deve essere inferiore al 90% di quella minima dichiarata dal costruttore.
Segue: prove sui moduli fotovoltaici Prove Termiche Tra le prove termiche troviamo: _Prova di resistenza ai surriscaldamenti localizzati Le celle vengono progressivamente oscurate, in modo da determinare la capacità del modulo di sopportare effetti di  surriscaldamento localizzato, che possono essere fusioni delle saldature o deterioramenti dell’incapsulante. _Prova dei cicli termici, umidità e congelamenti, caldo umido Il modulo fotovoltaico viene sottoposto: - Ad dei cicli termici tra -40ºC e +80ºC, ogni ciclo di riscaldamento-raffreddamento non deve superare le 6 ore; - Ad un ciclo ad elevata temperatura ed elevata umidità e successivo stazionamento a temperatura inferiore allo zero; - Ad un lungo periodo ad elevata umidità. Non devono esserci interruzioni del circuito elettrico interno durante la prova e la resistenza di isolamento deve restare inalterata. Il modulo non deve presentare difetti visibili e la potenza di uscita non deve essere inferiore al 95% di quella iniziale. Durante la prova non devono manifestarsi cedimenti dell’isolamento e la corrente di dispersione non deve aumentare oltre un valore  prestabilito. Prove Meccaniche Tra le prove che testano le caratteristiche meccaniche dei moduli troviamo: _Prova di robustezza delle terminazioni La prova intende testare la resistenza dei terminali di un modulo alle sollecitazioni cui possono essere sottoposti nel corso delle  operazioni  di cablaggio. _Prova di svergolamento Si fissa il modulo su tre angoli e si alza il quarto di un valore calcolato con una formula prevista dalla normativa. _Prova di carico meccanico Simulando l’azione della pressione cinetica del vento, si applica al modulo un carico di 2400 Pa . oppure se il modulo deve  sopportare  accumuli di neve o ghiaccio si applica un carico di 5400 Pa. _Prova di grandine Si simula l'azione della grandine bersagliando il modulo con sfere di ghiaccio di diametro compreso tra 45 e 75 mm e con velocità  comprese tra 30,7 e 39,5 m/s. in realtà queste condizioni di esercizio si verificano raramente.
La certificazione dei moduli fotovoltaici Il componente fondamentale sia in termini di costo che di producibilità di un impianto fotovoltaico è sicuramente il modulo. Per valutare la qualità di un modulo fotovoltaico occorre esaminare alcuni importanti requisiti, quali la vita media, l’affidabilità, nonché l’efficienza. Bisogna valutare inoltre la sicurezza elettrica durante il funzionamento dell’impianto fotovoltaico e il degrado nel tempo, ossia la riduzione di prestazioni. Per quanto riguarda la potenza di targa indicata questa deve essere conforme con quella effettiva, e la tolleranza di potenza deve essere bassa, soprattutto verso il valore inferiore. E’ importante quindi che non ci siamo discordanze tra i valori dichiarati dalle case produttrici e i valori riscontrati sul campo. A tal proposito è importante nella scelta di un modulo far distinzione tra ciò che sono i valori forniti dall’azienda produttrice in fase di collaudo e quelli richiesti dalle normative vigenti. Le norme di riferimento per i moduli in materia di conformità e qualità sono: -  CEI EN 61215: Moduli fotovoltaici i silicio cristallino per applicazioni terrestri. Qualifica del progetto e omologazione del tipo. -  DIN EN 61416: Moduli fotovoltaici a film sottile per applicazioni terrestri. Qualifica del progetto e omologazione del tipo. -  DIN EN 61730: Moduli fotovoltaici – Qualifiche di sicurezza – Parte 1: Requisiti per il montaggio e Parte 2: Requisiti per la verifica. -  CEI EN 50380: Fogli informativi e dati di targa per moduli fotovoltaici. La conformità alle norme CEI EN 61215 e DIN EN 61416 garantisce che i moduli hanno superato le prove di resistenza meccanica e climatica e dell’invecchiamento dei moduli fotovoltaici. Nella prima parte della norma DIN EN 61730 sono indicati i requisiti di sicurezza e nella seconda parte ci sono le modalità di verifica di conformità. In fase d’acquisto è diritto dell’acquirente e obbligo del produttore fornire i cosiddetti “flash report”, ossia una serie di fogli tecnici in cui vengono riportati con estrema rigorosità i valori elettrici del modulo prima dell’acquisto. Questi report includono oltre al numero di serie del modulo stesso i seguenti valori: - corrente di corto circuito e di MPP; - tensione di circuito aperto e di MPP; - potenza effettiva del modulo.
Dati di targa di un modulo fotovoltaico Ogni modulo fotovoltaico è accompagnato da una scheda tecnica che deve riportare dei dati tecnici stabiliti dalla norma CEI EN 50380 “Fogli informativi e dati di targa per moduli fotovoltaici”. Tale norma stabilisce che nei fogli dati dei moduli devono essere riportati: - la potenza nominale PMP con indicazione della tolleranza espressa in [W]P: Watt di picco  - la tensione VMP e la corrente IMP nel punto di massima potenza; tensione in [V] Volt, corrente in [A] Ampere - la tensione di circuito aperto Voc; - la corrente di corto circuito Isc; - i coefficienti di temperatura per la potenza, la corrente e la tensione, espressi in % determinati in condizioni standard (STC), ovvero con irraggiamento pari a 1000 W/m2, temperatura di esercizio del modulo pari a 25 ° C , massa d’aria AM pari a 1,5.  Tali coefficienti sono convenzionalmente indicati con:  _ α  Coefficiente di temperatura in funzione della corrente di corto circuito (sigla Isc) _ β  Coefficiente di temperatura in funzione della tensione a circuito aperto (sigla Voc) _ γ  Coefficiente di temperatura in funzione della potenza massima (sigla Pmax) Per ogni grado di temperatura della cella in più, occorre applicare la percentuale di decremento indicata nei rispettivi coefficienti per ricavare i relativi dati. La misurazione individuale, effettuata su ciascun modulo, della corrente e della tensione nel punto di massima potenza permette di raggruppare i moduli di ugual potenza in stringhe in modo da ridurre le perdite di mismatch in fase di esercizio. La tensione di circuito aperto e la corrente di corto circuito sono dati necessari al dimensionamento dell’inverter e del suo carico in fase di esercizio. La temperatura influenza le prestazioni dell’impianto, per cui è necessario conoscere i coefficienti di temperatura per il suo dimensionamento, e per il calcolo della previsione di produzione annuale. I diodi di bypass sono dei componenti molto importanti in un impianto. Essi sono dei componenti elettronici che permettono un percorso alternativo della corrente, ad esempio in caso di oscuramento, evitando di surriscaldare una cella che non è in conduzione ma permettendo comunque il funzionamento del modulo.

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Quale energia corso formaz_2009_09_18

  • 1. Progetto:“INCREASE” Corso di formazione professionale Docente: Antonio Lanari ENERGIA Viaggio nelle tecnologie di produzione dell'energia elettrica e nelle fonti rinnovabili.
  • 2.
  • 3. Energia = risorsa indispensabile.
  • 4. COME FUNZIONA UNA RETE ELETTRICA NAZIONALE
  • 5. PRODUZIONE, VETTORIAMENTO E DISPACCIAMENTO (O DISTRIBUZIONE)
  • 6. Costi di produzione al kW/h e costi d'investimento
  • 7. Costi di produzione di un kW/h, dalle varie tecnologie: descrizione e classificazione in base alla fonte.
  • 8.  
  • 9. Riepilogo e confronto delle varie risorse energetiche con stima delle riserve.
  • 10.
  • 11. Cos'è il bilancio energetico (Energy Pay Back Time) Il bilancio energetico riguarda e caratterizza tutte le tecnologie di produzione dell'energia, esso consiste essenzialmente nel rapporto tra energia spesa per la produzione del generatore e l'energia resa dal generatore stesso, nella propria vita operativa . Fin quando il generatore non avrà reso in produzione l'energia servita per la propria fabbricazione il bilancio è negativo. A questo punto diventa fondamentale il tempo necessario a raggiungere il pareggio energetico. In seguito a diversi studi effettuati è stata ufficialmente smentita la falsa credenza che l’energia necessaria per produrre un modulo fotovoltaico sia maggiore di quella che il modulo stesso produrrà durante tutta la sua vita operativa. Il periodo di tempo necessario a produrre l’energia utilizzata per la costruzione di un componente è chiamato Energy pay back time EPBT , esso è ricavabile mediante la seguente relazione: Nel caso di un modulo fotovoltaico tale valore dipende dalla tecnologia di conversione della radiazione solare, ad esempio l’energia utilizzata per la costruzione di un modulo al silicio è circa 5600 kWh/kWp , mentre nel caso di un modulo CIS è circa 3100 kWh/kWp L’energia producibile in un anno da un generatore fotovoltaico da 1 kWp assemblato con moduli al silicio si può calcolare con la seguente formula: dove: - Im è l’irraggiamento medio annuo; - A è la superficie totale dei moduli;a - Rmod è il rendimento di conversione dei moduli. Il valore di I si ricava dai dati contenuti nella norma UNI 10349, considerando l’orientamento, l’inclinazione, l’esposizione dei moduli e il fattore di albedo. Calcolando l’energia EG prodotta da un generatore fotovoltaico di 8,5 m2 con moduli in silicio caratterizzati da un’efficienza di conversione di 11,7% per una città del sud Italia si può verificare che l’energy pay back time risulta essere, per moduli al silicio, all’incirca pari a 2 anni e 8 mesi (1 anno e 6 mesi per i CIS) questo significa che, considerando una durata del modulo pari a 30 anni, il modulo produce nella sua vita operativa circa dieci volte l’energia impiegata per la sua produzione (circa 19 per i CIS).
  • 12. NUOVI CRITERI DI INCENTIVAZIONE PER GLI IMPIANTI FOTOVOLTAICI L’incentivazione agli impianti fotovoltaici in Italia grazie ai vecchi D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006 Con i D.M. 28 Luglio 2005 e 06 Febbraio 2006, l’Italia si è finalmente adeguata ai sistemi di incentivazione statale per lo sviluppo della tecnologia fotovoltaica che ha contraddistinto altre grandi nazioni europee. I sopracitati decreti, denominati “Conto Energia” in sostanza concedevano delle tariffe incentivanti molto vantaggiose, per venti anni, su tutta l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici. A fine Febbraio 2007 è stato pubblicato il nuovo D.M. 19/02/2007 che migliora ulteriormente i vecchi D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006. Le novità del nuovo D.M. 19/02/2007 Nel nuovo decreto si individua innanzitutto il G.S.E. (Gestore del Sistema Elettrico Nazionale – ex G.R.T.N.) come unico soggetto attuatore. Ulteriore grande novità rispetto ai D.M. 28/07/2005 e 06/02/2006 è la richiesta di ammissione alle tariffe incentivanti a valle dell’entrata in esercizio dell’impianto. Con questo nuovo decreto si è anche ampliata la quota di potenza incentivabile e si sono eliminati i limiti annuali di potenza, infatti sono previsti 1200 MW annuali + periodo di moratoria di 14 mesi (24 mesi per i soggetti pubblici); inoltre è stato eliminato il limite massimo di 1000 kW per il singolo impianto. Per quanto riguarda le tariffe si premiano il grado di integrazione architettonica e gli impianti domestici (due livelli di integrazione), oltre a ciò si sono introdotte tariffe che premiano il risparmio energetico. Il nuovo iter da seguire per accedere all’incentivazione Chi intende investire dotandosi di un impianto fotovoltaico (di seguito individuato come Soggetto Responsabile) inoltra il progetto preliminare al GSE e chiede la connessione alla rete. AEEG (l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas) definisce modalità e tempistiche per la connessione, prevedendo penali e definendo modalità anche per gli impianti di cui ai DM precedenti. Ad impianto ultimato, il Soggetto Responsabile comunica la conclusione dei lavori al gestore di rete competente. Entro 60 giorni dalla data di entrata in esercizio dell’impianto, il Soggetto Responsabile - pena la decadenza dal diritto all’incentivo - è tenuto a far pervenire al GSE la richiesta di concessione della pertinente tariffa (insieme alla documentazione finale di entrata in esercizio dell’impianto). GSE predispone, a servizio dei Soggetti Responabili, una piattaforma informatica per la richiesta dell’incentivo e per il rilascio del premio sul risparmio energetico.
  • 13. Le nuove tipologie di impianti fotovoltaici ammessi all’incentivazione b1) Non integrato (impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati, con modalità diverse dalle tipologie di cui ai punti b2 e b3, sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione). b2) Parzialmente integrato suddiviso in tre tipologie specifiche (TS): TS1: Moduli fotovoltaici installati sulle terrazze di edifici e fabbricati, che risultino di quota massima, riferita all'asse mediano dei moduli fotovoltaici stessi, non superiore all' altezza minima della balaustra perimetrale, ove presente. TS2: Moduli fotovoltaici installati su tetti, coperture, facciate, balaustre o parapetti di edifici e fabbricati in modo complanare alla superficie di appoggio senza la sostituzione dei materiali che costituiscono le superfici stesse. TS3: Moduli fotovoltaici installati su elementi di arredo urbano, barriere acustiche, pensiline, pergole e tettoie in modo complanare alla superficie senza la sostituzione dei materiali che costituiscono le superfici d'appoggio stesse. b3) Integrato suddiviso in nove tipologie specifiche (TS): TS1: Sostituzione dei materiali di rivestimento di tetti, coperture, facciate di edifici e fabbricati con moduli fotovoltaici aventi la medesima inclinazione e funzionalità architettonica della superficie rivestita. TS2: Pensiline, pergole e tettoie in cui la struttura di copertura sia costituita dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto. TS3: Porzioni della copertura di edifici in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano il materiale trasparente o semitrasparente atto a permettere l’illuminamento naturale di uno o più vani interni. TS4: Barriere acustiche in cui parte dei pannelli fonoassorbenti siano sostituiti da moduli fotovoltaici. TS5: Elementi di illuminazione in cui la superficie esposta alla radiazione solare degli elementi riflettenti sia costituita da moduli fotovoltaici. TS6: Frangisole i cui elementi strutturali siano costituiti dai moduli fotovoltaici e dai relativi sistemi di supporto. TS7: Balaustre e parapetti in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano gli elementi di rivestimento e copertura. TS8: Finestre in cui i moduli fotovoltaici sostituiscano o integrino le superfici vetrate delle finestre stesse. TS9: Persiane in cui i moduli fotovoltaici costituiscano gli elementi strutturali delle persiane. Le tariffe incentivanti L’incentivo è riconosciuto a tutta l’energia prodotta, tariffe (€/kWh) variabili in funzione della tipologia dell’impianto come da tabella seguente. Le tariffe sottostanti verranno applicate ad ogni impianto che diventerà operativo dal 01/01/2009.   IMPIANTI Potenza nominale dell'impianto (kW) P Non integrato Parzialmente Integrato Integrato A 1 ≤ P > 3 0,3920 0,4312 0,4802 B 3 < P > 20 0,3724 0,4116 0,4508 C P > 20 0,3528 0,3920 0,4312
  • 14.
  • 15. Il fotovoltaico: un modo speciale di sfruttare l'energia del sole. Lo sviluppo fino alla situazione attuale, gli impianti FV, la filiera industriale. Lo sfruttamento dell'energia solare oggi avviene per mezzo di tre tecnologie principali: _Il solare termico, scambia direttamente l'energia termica del sole con acqua per fini termici e sanitari ottenendo un risparmio energetico. _Solare termodinamico, usa dei vettori dell'energia più efficienti come olio diatermico o sali altofondenti in modo da catturare ed accumulare maggiori quantità di calore necessarie alla produzione di vapore col quale si alimenta una turbina accoppiata ad un alternatore che genera energia elettrica. _Il fotovoltaico è la conversione diretta dell'energia irradiata dal sole, sotto forma di luce, in energia elettrica sotto forma di un flusso di corrente continua. L'effetto fotovoltaico, o più propriamente effetto fotoelettrico , si basa su un fenomeno fisico che ha luogo nei materiali semi-conduttori (tipicamente il silicio ): quando vengono colpiti da radiazione luminosa, si liberano delle cariche elettriche che opportunamente convogliate in un circuito, chiamato diodo, generano un campo elettrico in corrente continua . Il circuito elettrico elementare che viene realizzato a questo scopo prende il nome di cella fotovoltaica . La cella è una sottile fetta di silicio cristallino (spessore 180÷300 µmm.) che, grazie ad un processo di accrescimento detto drogaggio (da un lato con fosforo, dall'altro con boro) , migliora la capacità di liberare cariche elettriche che fruiscono nell'area centrale della cella stessa (detta giunzione) per essere captate da una sottile griglia di argento stampato sulla superficie esposta che drena le cariche sulla terminazione. All'inizio della propria storia, il fotovoltaico è stato utilizzato e sviluppato in impieghi stand-alone (oggi considerati di nicchia ) per ricaricare batterie di impianti tecnologici (es. satelliti per telecomunicazioni), mentre la sua grande diffusione è avvenuta in questi ultimi dieci anni in impianti grid-connected dove, la corrente continua del generatore fotovoltaico è convertita per mezzo di inverters in corrente alternata così da poter essere immessa ed utilizzata in rete. Il costo della tecnologia fotovoltaica purtroppo è ancora molto alto se rapportato alle altre tecniche di generazione di corrente, tuttavia i suoi vantaggi a a medio-lungo termine ed i benefici per l'ambiente hanno stimolato la creazione di strumenti legislativi e finanziari atti a sostenerne la diffusione , primo fra tutti il contributo in conto energia (feed in tarif) ossia un sistema di tariffe predeterminate e costanti nel tempo (durata 20 anni) riconosciuti al titolare dell'impianto per ogni kWh di energia elettrica prodotto. Al contrario dei contributi in conto capitale, il sistema di tariffe feed-in si è dimostrato l'unico strumento capace di incentivare l'installazione di applicazioni efficienti e la loro costante manutenzione. In Europa questa forma d'incentivazione ha prodotto una potenza fotovoltaica complessiva di 4690 MW (anno 2007) mentre nel solo 2008 si stima che la potenza installata sia attesti a 4400 MW per un giro d'affari di circa 22 mld di €. Nel mondo si è installato nel 2008 impianti per 5680 MW per un giro d'affari valutabile in 31 mld di €.
  • 16. I moderni impianti fotovoltaic i si compongono di una superficie captante detta generatore (il cuore del sistema) a sua volta formato da moduli fotovoltaici. Un modulo fotovoltaico è un assieme di celle fotovoltaiche (i moduli standard sono da 36,48,60,72 celle) connesse in serie ed in parallelo all'interno di un sandwich costituito da: vetro, EVA (Etil-Vinile Acetato) e Tedlar contornato da una cornice d'alluminio. L'energia creata dalle celle di un modulo fotovoltaico, confluisce nella scatola di derivazione ai cui terminali positivo e negativo, sono inseriti tre diodi di blocco (uno per ogni serie di celle). Le celle , e di conseguenza i moduli , sono classificati in ordine alla potenza di picco [Wp] espressa in condizioni STC (standard test condition) : Angolo d'incidenza dei raggi solari ortogonale (90°) alla superficie della cella, potenza irradiata 1000 W/m², temperatura delle celle 25° C. Le taglie commerciali di celle sono essenzialmente 3: cella da 2 Wp - dim. 101x101mm = 4x4” ; cella da 2,5 Wp – dim. 127x127mm= 5x5”; cella da 3,5 Wp – dim. 156x156mm= 6x6”. La geometria quadrata o pseudo-quadrata di una cella è conferita nella fabbricazione del “lingotto” , la forma costruttiva del polysilicon (questa è la denominazione corretta del silicio di grado solare). La filiera industriale del fotovoltaico 1_Area di businnes Silicio e wafer La prima fase della filiera industriale fotovoltaica, è la produzione di Silicio: partendo dalla purificazione del silicio metallurgico, si ottiene il polysilicon che nella seconda fase è tagliato in sottili fette dette wafer. 2_Area di businnes celle e moduli La terza fase è la creazione della cella partendo dal wafer: si esegue il drogaggio sulle due facce del wafer mediante il fosforo su l'una ed il boro sull'altra, si applica un trattamento antiriflesso sulla faccia esposta ai raggi e si imprime la griglia elettrica. La quarta fase è la fabbricazione del modulo fotovoltaico procedendo all'assiemaggio delle celle come descritto sopra 3_Area di businnes distribuzione ed installazione La quinta fase è la distribuzione ed installazione che include le attività di distribuzione dei componenti, di progettazione, integrazione dell'impianto e sviluppo del sito e d'installazione; essa rappresenta il punto di contatto tra la filiera produttiva ed il mercato finale. 4_Area di businnes produzione e trading La sesta fase è la produzione e trading che raccoglie le attività necessarie alla produzione d'energia elettrica, la sua cessione in rete, e l'eventuale trading dell'energia prodotta. 5_Area di businnes materiali e tecnologie Include tutte le attività di produzione d'impianti, tecnologie, materiali e componenti di supporto del processo produttivo di celle e moduli. 6_Area di businnes finanziamento e assicurazione Comprende le attività di finanziamento dell'impianto finale e di assicurazione dello stesso che assumono caratteristiche anche molto diverse in funzione del segmento di mercato: residenziale, industriale o centrali. Le aree a marginalità maggiore sono chiaramente le prime, dove c'è un esiguo numero di aziende produttrici a causa delle particolari condizioni del mercato del silicio. Fino a pochi anni fa esso era destinato in prevalenza ad impieghi per industria elettronica e solo gli scarti di quest'ultima venivano reimpiegati nell'industria fotovoltaica. Oggi invece la domanda di silicio di grado fotovoltaico ha superato quella di silicio di grado elettronico non trovando pronta la tradizionale e condizionata industria di riferimento. La difficoltà di competere nella produzione di silicio è costituita dall'elevata concentrazione del mercato globale dato che 7 imprese ne detengono il 90%. Anzitutto la produzione di silicio è un'attività estremamente capital intensive che necessita di grandi economie di scala; inoltre i tempi necessari alla costruzione ed attivazione di nuovi impianti sono mediamente di tre anni, non trascurando l'esiguo numero d'imprese che a livello mondiale possiedono in know-how necessario alla progettazione e costruzione d'impianti per la purificazione del silicio metallurgico. In Italia, grazie al conto energia, si sono sviluppate un numero di imprese considerevole nelle ultime 4 aree di business descritte sopra, con particolari abilità e competenze nel settore impiantistico, data anche la lunga tradizione Italiana nell'ingegneria industriale e di processo.
  • 17.
  • 18. Tecnologie di produzione del Silicio Produzione Il silicio viene preparato commercialmente tramite riscaldamento di ossido di silice ad elevato grado di purezza, in una fornace elettrica usando elettrodi di carbonio. A temperature superiori a 1900 °C, il carbonio riduce la silice in silicio secondo l'equazione chimica SiO2 + C -> Si + CO2 Il silicio liquido si raccoglie in fondo alla fornace, e viene quindi prelevato e raffreddato. Il silicio prodotto tramite questo processo viene chiamato silicio di grado metallurgico(MGS) ed è puro al 98%. Per raggiungere gradi di purezza superiori necessari ad esempio per realizzare dispositivi elettronici a semiconduttore, è necessario praticare un ulteriore purificazione ad esempio con il metodo Siemens. Nel 2006, il silicio di grado metallurgico costava circa 2,23 $/kg. Purificazione L'uso del silicio nei semiconduttori richiede una purezza più elevata di quella fornita dal silicio di grado metallurgico. Storicamente sono stati usati un numero di metodi diversi per produrre silicio ad alta purezza. Metodi fisici Sbarra monocristallina di Silicio . Le prime tecniche di purificazione del silicio erano basate sul fatto che quando il silicio viene fuso e risolidificato, l'ultima parte di silicio che solidifica contiene la maggior parte delle impurità. Il primissimo sistema di purificazione, descritto nel 1919 e usato su scala limitata per la fabbricazione di componenti dei radar durante la seconda guerra mondiale, richiedeva la polverizzazione del silicio di grado metallurgico e la sua parziale dissoluzione in acido. Quando veniva polverizzato, il silicio si spezzava in modo che le zone più deboli e ricche di impurità restassero all'esterno del risultante grano di silicio. come risultato, il silicio ricco di impurità era il primo a disciogliersi quando trattato con l'acido, lasciando un prodotto più puro. Nella fusione a zona , il primo metodo di purificazione del silicio ad essere utilizzato su scala industriale, sbarre di silicio di grado metallurgico venivano riscaldate partendo da una delle sue estremità, fino a quando questa iniziava a fondersi. Il riscaldatore quindi veniva lentamente spostato lungo la sbarra mantenendo una piccola porzione fusa mentre il silicio si raffreddava e risolidificava dietro di essa. Poiché la maggior parte delle impurità tendeva a rimanere nella parte fusa piuttosto che risolidificarsi, alla fine del processo queste si erano spostate nell'ultima parte della sbarra ad essere fusa. Questa estremità veniva quindi tagliata e gettata, ripetendo il processo se una purezza più elevata era necessaria. Metodi chimici Oggigiorno il silicio viene purificato convertendolo in un composto che può essere purificato più facilmente del silicio stesso, e quindi convertito di nuovo in silicio puro. Il triclorosilano è il composto di silicio più comunemente usato in questo processo, anche se a volte si utilizzano anche il tetracloruro di silicio e il silano. Questi composti, liquidi o gassosi, vengono purificati per distillazione frazionata fino ad ottenere una miscela di composti di solo silicio. Dopodiché questi gas vengono soffiati sopra a del silicio ad alta temperatura e si decompongono, depositando silicio policristallino ad alta purezza. Nel processo Siemens , sbarre di silicio ultrapuro sono esposte al triclorosilano a 1150 °C; il gas di triclorosilano si decompone e deposita dell'altro silicio sulla sbarra, allargandola secondo la reazione chimica 2 HSiCl3 -> Si + 2 HCl + SiCl4 Il silicio prodotto da questo e da processi simili viene chiamato silicio policristallino. Il silicio policristallino ha un livello di impurità pari a 1 parte per miliardo o inferiore. A un certo punto, la DuPont produsse silicio ultrapuro facendo reagire il tetracloruro di silicio con vapori di zinco ad alta purezza a 950 °C, producendo silicio secondo la formula SiCl4 + 2 Zn -> Si + 2 ZnCl2 Comunque questa tecnica era afflitta da problemi pratici (come il cloruro di zinco, un sottoprodotto, che si solidificava bloccando le linee) e venne abbandonata a favore del processo Siemens. Cristallizzazione Il processo Czochralski viene spesso usato per creare cristalli singoli di silicio ad alta purezza, che vengono impiegati nei semiconduttori a stato solido.
  • 19. Dal silicio alla cella fotovoltaica I sistemi fotovoltaici attualmente in uso si basano su celle realizzate con silicio cristallino, uno degli elementi più comuni sulla crosta terrestre. Abbonda, ad esempio, nella sabbia, comunemente costituita da ossido di silicio sotto forma sia cristallina sia amorfa. L’elevato costo delle celle non è quindi dovuto alla materia prima , la silice, ma al processo di lavorazione necessario ad ottenere un prodotto puro, in grado di manifestare proprietà di semiconduttore. Vediamo dunque, sinteticamente, il percorso che dalla sabbia porta a realizzare un prodotto complesso qual è la cella fotovoltaica. La sabbia o quarzite (SiO 2 ), viene trasformata (mediante riduzione con carbonio, in un forno ad arco ed a temperature superiori a quelle di fusione del silicio elementare) in silicio “metallurgico”, liquido, che viene raffreddato a formare i lingotti di grado industriale. Il prodotto, ottenuto a bassi costi, presenta tuttavia elevate impurità e non risulta idoneo né agli usi elettronici né alla produzione di celle fotovoltaiche. Si procede quindi ad una fase di purificazione, che viene realizzata trasformando il silicio metallurgico in triclorosilano gassoso (metodo Siemens). La purificazione viene eseguita mediante distillazione frazionata in reattore a letto fluido, ove viene diffuso acido cloridrico (HCl) con conseguente formazione separata di triclorosilano, idrogeno molecolare e altre sostanze. A questo punto il triclorosilano aeriforme viene filtrato e fatto reagire (in un secondo reattore) con l’idrogeno molecolare. Il silicio policristallino che si forma é purissimo e viene depositato lentamente sopra sbarre, anch’esse di silicio puro così da accrescerne il diametro. La temperatura raggiunta in entrambi i reattori è superiore ai 1.100 °C ed il costo energetico è notevole. Questo è il materiale base dell’industria elettronica. Nel caso si voglia ottenere silicio monocristallino si deve procedere ad una nuova fusione a radiofrequenza del silicio policristallino. Nel materiale nuovamente fuso si inserisce quindi un cristallo di silicio monocristallino, che funge da “seme” per il successivo “tiraggio” e accrescimento di lingotti monocristallini lunghi circa un metro e larghi 10 cm. Il principio di crescita dei cristalli è molto semplice, ma, oltre ad avere anch’esso costi energetici rilevanti, richiede una specifica linea di produzione con acquisizione di macchinari complessi. È questo il motivo per cui i lingotti monocristallini costano circa il doppio rispetto a quelli policristallini. Per la produzione di celle fotovoltaiche si parte da una miscela di scarti dell’industria elettronica (teste e code di cilindri, dischi cilindrici venuti male, scarti rimasti nel crogiolo, scarti di lavorazioni eccetera) tenendo presente che la cella fotovoltaica dovrà essere costituita da una fetta di silicio di cui una delle due facce è “drogata” con atomi di boro e l’altra faccia con atomi di fosforo. Infatti è nella zona di contatto tra i due strati a diverso drogaggio che si determina il campo elettrico (la “giunzione”) che, quando la cella è esposta alla luce, determina il flusso di elettroni sotto forma di corrente continua.
  • 20. La miscela di scarti silicio viene dunque sottoposta a specifici lavaggi e quindi caricata in un crogiolo di quarzo cui sono aggiunti parti di boro per ottenere pani di silicio cosiddetti di tipo p. Il crogiolo viene inserito in un forno miscelatore a radio frequenza dove è sottoposto ad un ciclo di lavorazione di 52 ore, con temperature altissime (1.560 °C). Dopo la fusione del silicio, il crogiolo viene sottoposto ad un movimento elicoidale diretto verso il basso che porta, per raffreddamento, alla formazione di pani di silicio mono o poli-cristallino (a seconda del materiale di partenza). Il pane di silicio, così formato, viene adagiato sopra un supporto metallico ed inserito in una macchina per l'esecuzione del taglio. La macchina taglierà il pane in lingotti con una sega circolare a denti di diamante: si tratta di un processo complesso nel quale viene perduto circa il 30% del silicio originario. I lingotti così ottenuti vengono nuovamente lavati, incollati su una piastra di vetro ed inseriti in una macchina affettatrice per procedere all'operazione di taglio delle fette (wafer) per mezzo di un filo d'acciaio. I wafer prodotti, presentano tuttavia superfici irregolari, per cui, dopo un ulteriore lavaggio, vengono sottoposti a levigazione. L'operazione successiva è il trattamento antiriflesso che viene eseguito immergendo le fette in una soluzione debole di idrossido di sodio (NaOH) ed alcol isopropilico. La soluzione corrode lentamente la superficie delle fette e forma sui cristalli delle microscopiche piramidi che impediranno parzialmente la riflessione. A questo punto della lavorazione i wafer sono interamente di tipo p. La fase successiva prevede la realizzazione della giunzione p – n, e, a tale scopo, si copre una delle due facce dei singoli wafer, che vengono quindi introdotti in un forno e bagnati con vapori di fosforo alla temperatura di 600°C. Regolando le temperature, il fosforo condensa sulla superficie del silicio e viene assorbito gradualmente sostituendo tutti gli atomi di boro precedentemente inseriti. In tal modo si “droga” con fosforo uno strato di circa 0,3 micron di tipo n. Infine si effettua una ulteriore operazione di pulizia chimica, cui segue il decapaggio, per eliminare le giunzioni parassite lungo lo spessore perimetrale delle fette. I wafer così ottenuti sono finalmente pronti muniti dei contatti metallici necessari a raccogliere l’energia elettrica generata e a inviarla all’esterno. Il procedimento avviene per serigrafia, dapprima sul lato del wafer da esporre alla luce (lato n), ove si realizza una griglia di pasta di argento a maglie larghe e di elevata trasparenza alla luce incidente. La serigrafia sul lato p, non esposto alla luce, si esegue invece con una lamina piana e con una pasta a base di alluminio. I contatti metallici vengono asciugati in un forno ad infrarossi che fa evaporare la matrice organica delle paste e compatta i grani metallici disciolti normalizzando le tensioni con il supporto. L'ultimo trattamento è rappresentato dall'esecuzione di una seconda operazione antiriflesso a base di biossido di titanio, che tra l’altro conferisce una colorazione azzurrina alle fette. Il ciclo di produzione viene concluso con la misura delle caratteristiche elettriche della cella che classifica ognuna di esse per categoria d'efficienza. La cella così costruita rappresenta l'unità base di un modulo fotovoltaico che viene realizzato assemblando insieme più celle.
  • 21. Drogaggio dei semiconduttori Si definisce drogaggio di un semiconduttore l’introduzione all’interno del semiconduttore, appartenente al IV gruppo della tavola periodica, di atomi appartenenti al III o al V gruppo. Questo fa sì che si formino due strutture differenti da un lato una con un eccesso di elettroni e dall’altro una struttura con un difetto di elettroni. Ad esempio il silicio che è un semiconduttore appartenente al IV gruppo può essere drogato con sostanze del III gruppo, ossia trivalenti, oppure con sostanze pentavalenti, le prime definite accettatrici, le seconde donatrici. Il silicio è un semiconduttore abbastanza puro e comunque le possibili impurità non influenzano in maniera apprezzabile il suo comportamento elettrico. Il silicio possiede 14 elettroni, di cui 4 nella banda di valenza, e sono questi quelli che possono interagire con altri atomi si silicio o di altri elementi. Drogando la struttura cristallina del silicio con l’introduzione controllata di atomi di fosforo (P) si libera un elettrone per ogni atomo di fosforo introdotto. L’elettrone che si è liberato dai legami può staccarsi facilmente dall’atomo a cui è debolmente legato e muoversi nel reticolo cristallino essendo dunque disponibile alla conduzione. Si parla in questo caso di drogaggio di tipo n e di semiconduttore di tipo n , le cariche maggioritarie sono costituite dagli elettroni, mentre le lacune sono minoritarie. Il semiconduttore può però anche essere drogato da elementi, quali il boro (B) , ed in questo caso si ottiene una lacuna per ogni atomo di boro introdotto nel reticolo cristallino. Anche la lacuna è libera di muoversi all’interno del reticolo cristallino essendo dunque disponibile alla conduzione In questo caso si parla di semiconduttore di tipo p , e le cariche maggioritarie sono rappresentate dalle lacune mentre le minoritarie dagli elettroni. Drogaggio del silicio con atomi di boro Drogaggio del silicio con atomi di fosforo Drogaggio del silicio con atomi di boro Struttura cristallina del silicio
  • 22. Come funziona una cella fotovoltaica Il principio di funzionamento di una cella solare è essenzialmente il duale di quello dei LED (Light Emitting diodes, diodi emettitori di luce), dispositivi che emettono luce quando sono attraversati da corrente elettrica. In un LED l’energia elettrica viene convertita (parzialmente) in energia luminosa (pur non essendo una lampada ad incandescenza). Nella cella fotovoltaica avviene il processo “inverso”: l’energia luminosa può essere parzialmente convertita in energia elettrica. La cella diventa una “pila” elettrica che può alimentare un circuito elettrico esterno. Il funzionamento delle celle fotovoltaiche si basa sui fenomeni elettronici che si verificano sulla superficie di contatto di due materiali diversi (in particolare due semiconduttori). Principio della cella fotovoltaica: Le celle fotovoltaiche sono diodi fotosensibili che lavorano nel quarto quadrante della caratteristica V-I. Quanto i livelli di energia luminosa colpiscono la cella dei pannelli solari con valore R=0 si comporta come un normale diodo. Quando R è diverso da zero ed è crescente la corrente inversa si forma una differenza di potenziale ai capi della giunzione che dà luogo all'effetto fotovoltaico e il diodo eroga corrente a un carico. Nel punto di massima potenza il rendimento teorico di una cella fotovoltaica è di circa il 22%. Questo valore scende al 15% nel rendimento pratico. Normalmente da un metro quadro di pannelli solari possono essere prodotti al massimo 130-160 Watt. Ogni cella solare ha una tensione di uscita di circa 0,5 volt. Per produrre tensioni elettriche più elevate le celle fotovoltaiche sono collegate in serie, viceversa per produrre una corrente di uscita maggiore le celle fotovoltaiche sono collegate in parallelo. Ovviamente la corrente prodotta varia con l'intensità della radiazione che raggiunge la cella: più è intensa la luce che arriva più elettroni vengono liberati all'interno del semiconduttore e, conseguentemente, maggiore sarà il flusso di corrente. Il materiale più utilizzato per fabbricare una cella fotovoltaica è il silicio.
  • 23. La conversione fotovoltaica è un fenomeno fisico che permette di trasformare direttamente l'energia luminosa in energia elettrica in strutture elementari, le celle fotovoltaiche. Questi dispositivi sono realizzati in materiali semiconduttori, materiali cioè che conducono la corrente elettrica e la cui resistività diminuisce al crescere della temperatura e per la presenza di impurità. L'effetto fotovoltaico consiste nella generazione di una differenza di potenziale elettrico, grazie all'integrazione di un flusso di energia radiante con la materia.
  • 24. Industrialmente le celle vengono realizzate sovrapponendo vari strati orizzontalmente. Sopra una lamina di metallo che rappresenta uno dei due contatti viene adagiato il silicio, quindi l'altro tipo di silicio a formare la giunzione e sopra di questo una griglia metallica che raccoglie gli elettroni fungendo così da secondo contatto metallico. La forma di questa seconda griglia rappresenta un compromesso tra un buon contatto elettrico e una trasparenza della superficie poiché se si ricoprirebbe troppo fittamente la superficie con il metallo si avrebbe un contatto a bassa resistenza ma si oscurerebbe la cella dalla luce abbassando drasticamente l'efficienza della conversione.
  • 25. Celle al silicio mono e policristallino Silicio Monocristalllino Le celle in silicio monocristallino hanno un grado di purezza più elevato rispetto alle celle in policristallino ed hanno un ‘efficienza maggiore che va dal 14 al 17%, ed è per questo che risultano più costose. Inoltre il silicio monocristallino è utilizzato anche nell’industria elettronica, come precedentemente detto, e questa circostanza ne fa lievitare ulteriormente il prezzo. Generalmente le celle hanno forma circolare con diametro di 10-12 cm o ottagonale, ed uno spessore che varia tra i 0,2 - 0,3 mm, sono di colore blu scuro e uniforme. Hanno un’affidabilità garantita dalle aziende produttrici garantita per oltre 25 anni, anche se la loro vita media può superare anche i 30 anni. Le principali applicazioni riguardano gli impianti stand alone in particolare in condizioni climatiche poco favorevoli, in quanto le celle presentano un’elevata efficienza con una superficie captante piccola. Altre applicazioni riguardano l’alimentazione di impianti di pompaggio acqua o l’uso combinato con sistemi solari termici. La realizzazione di celle in silicio monocristallino avviene mediante il metodo Czochralsky: si immerge per pochi millimetri un seme monocristallino di silicio in un crogiolo in cui vi è silicio puro fuso. Gli atomi di silicio fuso, a contatto con il seme monocristallino introdotto si orientano secondo il reticolo atomico della struttura del silicio. Il silicio fuso viene mantenuto ad una temperatura leggermente superiore a quella di fusione. A questo punto si procede molto lentamente a sollevare il seme monocristallino, estraendolo dalla massa fusa. Il silicio fuso aderente al seme si solidifica molto rapidamente conservando la struttura monocristallina del seme. Mediante un controllo rigoroso della temperatura del materiale fuso, dell'atmosfera nella camera, e della velocità di estrazione, ed evitando ogni tipo di vibrazione, è possibile ottenere dei fusi omogenei di forma cilindrica con un diametro di circa 13 - 20 cm e lunghezza che può raggiungere i 200 cm. Il passo successivo consiste nel drogare la cella con atomi di boro. Il fuso viene poi tagliato mediante un disco diamantato in sottili fettine chiamate wafer con spessore è di circa 250 - 350 μm, le quali costituiranno il supporto (substrato). I wafer vengono poi puliti mediante un attacco di soda. Si realizzano poi le giunzioni P-N dopo aver effettuato il drogaggio con atomi di fosforo. Infine si applica un sottile strato antiriflesso e si realizzano per serigrafia i contatti elettrici anteriori (griglia metallica) e posteriori (superficie continua metallica). Silicio Policristallino Le celle in silicio policristallino hanno un’ efficienza che va dal 12 al 14%. Si realizzano riciclando componenti elettronici scartati, ossia il cosiddetto &quot;scraps di silicio&quot; il quale viene rifuso per ottenere una composizione cristallina compatta. Questi scarti di silicio vengono fusi all’interno di un crogiolo in modo da creare un composto omogeneo che poi viene raffreddato in modo tale da generare una cristallizzazione che si sviluppa in verticale. Si ottiene così un pane di circa 150-200 kg che poi viene tagliato verticalmente in lingotti di forma parallelepipeda. Con un altro taglio, questa volta orizzontale, si ricavano delle fette di spessore simile ai wafer del monocristallo. Anche in questo caso i wafer vengono puliti con un attacco in soda, e poi drogati con il fosforo per la realizzazione delle giunzioni P-N, si applica un sottile strato antiriflesso e si realizzano per serigrafia o elettrodeposizione i contatti elettrici anteriori (griglia metallica) e posteriori (superficie continua metallica).
  • 26.
  • 27. Le tipologie di celle fotovoltaiche Le celle fotovoltaiche studiate da più tempo oltre al silicio cristallino sono: • Celle in silicio amorfo. Hanno rendimento nettamente inferiore, 50 W/mq circa, e perdono circa il 10 % della potenza solo nelle prime 300-400 ore di funzionamento. Sono in commercio pannelli con tali celle, protette da un materiale fotosensibile entro un doppio cristallo raggiungono una durata accettabile. Poiché il silicio amorfo non presenta una struttura molecolare definita, può utilizzare diverse superfici di appoggio. I moduli sono quindi dotati di una maggiore versatilità e possono essere utilizzati anche per usi architettonici. Efficienza di picco di circa 50 W/mq. • Celle all'arseniuro di gallio (GaAs), fosfuro di indio e gallio (InGaP), rame indio diselenide (CuInSe2). Hanno una buona efficienza anche a temperature elevate e appaiono particolarmente adatti a sistemi a concentrazione. Hanno costi di produzione elevatissimi. • Celle al Solfuro di Cadmio (CdS). Hanno una efficienza discreta e costi di produzione abbastanza elevati. • Celle a film sottile (quindi molto economiche) ad eterogiunzione fra solfuro di rame e varie soluzioni quali solfuro di cadmio (Cu2S-CdS), diseleniuro di indio e rame (Cu2S-CuInSe2), tellururo di cadmio (Cu2S-CdTe), fosfato di Indio (Cu2S-InP), in cui l'assorbimento dei fotoni ha luogo nello strato Cu2S e gli elettroni generati passano nel secondo strato per diffusione. L'efficienza è molto bassa, circa la metà rispetto alla cella convenzionale in silicio, ma il costo è inferiore. • Celle a film sottile con strati policristallini di arseniuro di gallio e arseniuro di gallio e alluminio (GaAs-GaAsAl) depositati in film di grafite, poco efficienti. • Celle a film sottile in silicio amorfo basato su molte giunzioni p-n. Di costo molto basso e di efficienza paragonabile a quella delle celle tradizionali, è stata studiata attentamente negli anni 90. Attualmente è poco considerata per varie ragioni, fra cui il deterioramento delle caratteristiche a seguito della prolungata esposizione alla radiazione luminosa. • Celle a film sottile a giunzione multipla. Il sistema più efficiente, utilizzato per questo motivo dall'industria elettronica, consiste nella disposizione di film sottili sovrapposti. La sovrapposizione è organizzata in modo che i fotoni che non sono assorbiti dal primo strato, attraversano la cella, che appare loro abbastanza trasparente, e vengono assorbiti dalla cella sottostante. Ciò equivale a sfruttare completamente lo spettro solare. La parte di spettro a frequenza più elevata viene raccolta dallo strato superiore, mentre la parte a frequenza minore attraversa tale strato, che appare abbastanza trasparente, e viene catturata da quello sottostante (Figura 4). La pila può essere fatta unendo una grande varietà di combinazioni, ma è problematico individuare i supporti giusti. Non si usano più di 3 o 4 strati perchè ad ogni passaggio vi è una perdita di efficienza. L'industria spaziale fa uso di germanio monocristallino come materiale di partenza e ottiene celle di efficienza di conversione superiore al 37% usando 3 strati. Purtroppo il germanio esiste in piccole quantità ed è molto costoso. • Celle a concentrazione. Tutte le celle individuate precedentemente possono essere convenientemente adattate a sistemi a concentrazione. In particolare le celle a giunzione multipla hanno costi tali da non poter essere concepiti in assenza di sistemi a concentrazione. Se su una sola cella venisse concentrata l'irradiazione proveniente da un'area 200 volte superiore, i circuiti sulla cella dovrebbero convogliare correnti 200 volte maggiori. Ciò comporterebbe enormi perdite nei circuiti. Inoltre sarebbe inutile produrre tanta corrente ad un basso voltaggio. E' quindi necessario, per aumentare il voltaggio oltre alla corrente, prevedere una combinazione di piccole celle in serie. Su tali piccole celle è disegnata una rete di circuiti superficiali ottimizzato per la maggior irradianza, ovvero costituita da una maglia fitta di fili molto sottili. L'uso dei concentratori ha il duplice effetto di ridurre il numero di celle necessarie, sostituendole con lenti o specchi di materiale plastico poco costoso, e di mantenere la superficie del dispositivo rivolto verso il sole, aumentando l'irraggiamento.
  • 28.
  • 29. Cos'è un modulo fotovoltaico Un modulo fotovoltaico è costituito da più celle solari collegate elettricamente in serie-parallelo in modo da ottenere i valori di tensione e corrente desiderati. Le celle così raggruppate possono godere di una struttura più robusta e pratica e dotata di maggiore resistenza agli agenti atmosferici. Il processo di produzione dei moduli prevede tre stadi principali: - la connessione elettrica delle celle; - l’incapsulamento delle celle; - il montaggio della cornice e delle cassette di terminazione. La connessione elettrica, deve essere effettuata tra celle aventi caratteristiche elettriche simili per evitare di incorrere nel fenomeno del mismatch, ossia una riduzione della potenza dovuta a caratteristiche differenti fra le celle. Le celle vengono poi incapsulate, per essere protette dalle intemperie, tra una lastra di vetro e una di materiale polimerico attraverso un processo di laminazione a caldo. La maggior parte dei moduli in commercio è dotata di cornice per il montaggio generalmente in alluminio anodizzato. La cornice presenta diversi vantaggi, infatti facilita il montaggio grazie all'utilizzo dei fori che sono presenti sul bordo della cornice stessa. Costituisce inoltre una protezione contro gli agenti atmosferici grazie al collante utilizzato, la gomma siliconica, che crea una barriera impermeabile. Ancora la presenza della cornice permette di distribuire meglio gli sforzi sul vetro e sul bordo del modulo riducendo in questo modo la possibilità di formazioni di rotture e crepe e donando quindi maggiore robustezza. Il processo di anodizzazione dell'alluminio che costituisce la cornice dei moduli può però influire sulla conduttività del metallo. Nel caso in cui risulti necessario effettuare un collegamento equipotenziale a terra del modulo, ad esempio in classe di isolamento I, prima di effettuare il fissaggio del capocorda del conduttore al bullone di ancoraggio del modulo di sostegno, bisogna asportare localmente l'anodizzazione con utensile.
  • 30. Prove sui moduli fotovoltaici Diversi comitati a livello IEC hanno contribuito alla creazione di norme che riguardano ad esempio le prove a cui sottoporre un modulo fotovoltaico in silicio cristallino per raggiungere standard qualitativi idonei alla commercializzazione e ottenerne una certificazione di qualità in laboratori accreditati all’emissione (ad esempio il laboratorio ESTI del JRC- Joint Research Center di Ispra-VA). Nella norma CEI EN 60904-3 (CEI 82-3) sono riportate alcune utili definizioni relative alla conversione fotovoltaica e alle grandezze meteorologiche di interesse. Ad esempio si parla di condizioni di prova normalizzate (STC) per celle e moduli fotovoltaici , quando ci si riferisce ad un irraggiamento solare di 1000 W/m² e AM 1,5 con una particolare distribuzione spettrale e alla temperatura di cella di 25 ºC. Mentre per temperatura nominale di lavoro della cella (NOCT) si intende la temperatura media di equilibrio di una cella solare all’interno di un modulo posto in condizioni ambientali normalizzate cioè con irraggiamento di 800 W/m² , temperatura ambiente di 20 ºC e velocità del vento pari a 1 m/s. Si lavora a circuito aperto e il modulo deve essere installato su un telaio in modo tale che in corrispondenza del mezzogiorno solare i raggi incidano normalmente sulla sua superficie esposta. Le norme CEI EN 61215 (CEI 82-8) prevedono una serie di prove necessarie al controllo delle caratteristiche meccaniche ed elettriche dei moduli in silicio cristallino e le CEI EN 61646 (CEI 82-12) per quelli in silicio amorfo a film sottile. Vediamo alcune delle prove previste da queste norme a cui sottoporre i moduli per il raggiungimento di uno standard qualitativo. Prove elettriche Tra le prove che testano le caratteristiche elettriche del modulo troviamo: _Prestazioni a STC Questa prova consiste nel tracciare la caratteristica tensione-corrente del modulo alle condizioni di prova normalizzate (STC). _Prova di isolamento In questa prova si misura il grado di isolamento tra terminali del modulo posti in cortocircuito e la cornice. Bisogna applicare al modulo una tensione di 1000 V più il doppio della tensione massima del sistema (cioè la tensione del sistema a circuito aperto e a STC). Mentre se la tensione del sistema non supera i 50 V, bisogna applicare una tensione di 500 V. La corrente di fuga deve essere al di sotto dei 50μA e la resistenza di isolamento deve essere maggiore o uguale a 50 MΩ. _Misura della temperatura nominale di lavoro di cella (NOCT) e relative prestazioni. La prova consiste nel misurare la temperatura nominale di lavoro di cella e nel tracciare la caratteristica tensione-corrente del modulo in corrispondenza del NOCT (Nominal Open Circuit Temperature) Questa prova fornisce indicazioni sulle prestazioni del modulo in esercizio reale. _Prova di esposizione in esterno In questa prova il modulo viene esposto ad una irradiazione totale di 60kWh/m², al termine della quale non deve presentare difetti visibili, e non deve presentare alterazioni della sua resistenza di isolamento. _Esposizione prolungata alla luce In questa prova si espone il modulo (in silicio amorfo a film sottile) ad un irraggiamento compreso tra 800 e 1000 W/m² fino a che la potenza in uscita si stabilizza. Bisogna verificare che a fine prova il modulo presenti difetti visibili, e che conservi la stessa resistenza di isolamento, inoltre la potenza di uscita STC non deve essere inferiore al 90% di quella minima dichiarata dal costruttore.
  • 31. Segue: prove sui moduli fotovoltaici Prove Termiche Tra le prove termiche troviamo: _Prova di resistenza ai surriscaldamenti localizzati Le celle vengono progressivamente oscurate, in modo da determinare la capacità del modulo di sopportare effetti di surriscaldamento localizzato, che possono essere fusioni delle saldature o deterioramenti dell’incapsulante. _Prova dei cicli termici, umidità e congelamenti, caldo umido Il modulo fotovoltaico viene sottoposto: - Ad dei cicli termici tra -40ºC e +80ºC, ogni ciclo di riscaldamento-raffreddamento non deve superare le 6 ore; - Ad un ciclo ad elevata temperatura ed elevata umidità e successivo stazionamento a temperatura inferiore allo zero; - Ad un lungo periodo ad elevata umidità. Non devono esserci interruzioni del circuito elettrico interno durante la prova e la resistenza di isolamento deve restare inalterata. Il modulo non deve presentare difetti visibili e la potenza di uscita non deve essere inferiore al 95% di quella iniziale. Durante la prova non devono manifestarsi cedimenti dell’isolamento e la corrente di dispersione non deve aumentare oltre un valore prestabilito. Prove Meccaniche Tra le prove che testano le caratteristiche meccaniche dei moduli troviamo: _Prova di robustezza delle terminazioni La prova intende testare la resistenza dei terminali di un modulo alle sollecitazioni cui possono essere sottoposti nel corso delle operazioni di cablaggio. _Prova di svergolamento Si fissa il modulo su tre angoli e si alza il quarto di un valore calcolato con una formula prevista dalla normativa. _Prova di carico meccanico Simulando l’azione della pressione cinetica del vento, si applica al modulo un carico di 2400 Pa . oppure se il modulo deve sopportare accumuli di neve o ghiaccio si applica un carico di 5400 Pa. _Prova di grandine Si simula l'azione della grandine bersagliando il modulo con sfere di ghiaccio di diametro compreso tra 45 e 75 mm e con velocità comprese tra 30,7 e 39,5 m/s. in realtà queste condizioni di esercizio si verificano raramente.
  • 32. La certificazione dei moduli fotovoltaici Il componente fondamentale sia in termini di costo che di producibilità di un impianto fotovoltaico è sicuramente il modulo. Per valutare la qualità di un modulo fotovoltaico occorre esaminare alcuni importanti requisiti, quali la vita media, l’affidabilità, nonché l’efficienza. Bisogna valutare inoltre la sicurezza elettrica durante il funzionamento dell’impianto fotovoltaico e il degrado nel tempo, ossia la riduzione di prestazioni. Per quanto riguarda la potenza di targa indicata questa deve essere conforme con quella effettiva, e la tolleranza di potenza deve essere bassa, soprattutto verso il valore inferiore. E’ importante quindi che non ci siamo discordanze tra i valori dichiarati dalle case produttrici e i valori riscontrati sul campo. A tal proposito è importante nella scelta di un modulo far distinzione tra ciò che sono i valori forniti dall’azienda produttrice in fase di collaudo e quelli richiesti dalle normative vigenti. Le norme di riferimento per i moduli in materia di conformità e qualità sono: - CEI EN 61215: Moduli fotovoltaici i silicio cristallino per applicazioni terrestri. Qualifica del progetto e omologazione del tipo. - DIN EN 61416: Moduli fotovoltaici a film sottile per applicazioni terrestri. Qualifica del progetto e omologazione del tipo. - DIN EN 61730: Moduli fotovoltaici – Qualifiche di sicurezza – Parte 1: Requisiti per il montaggio e Parte 2: Requisiti per la verifica. - CEI EN 50380: Fogli informativi e dati di targa per moduli fotovoltaici. La conformità alle norme CEI EN 61215 e DIN EN 61416 garantisce che i moduli hanno superato le prove di resistenza meccanica e climatica e dell’invecchiamento dei moduli fotovoltaici. Nella prima parte della norma DIN EN 61730 sono indicati i requisiti di sicurezza e nella seconda parte ci sono le modalità di verifica di conformità. In fase d’acquisto è diritto dell’acquirente e obbligo del produttore fornire i cosiddetti “flash report”, ossia una serie di fogli tecnici in cui vengono riportati con estrema rigorosità i valori elettrici del modulo prima dell’acquisto. Questi report includono oltre al numero di serie del modulo stesso i seguenti valori: - corrente di corto circuito e di MPP; - tensione di circuito aperto e di MPP; - potenza effettiva del modulo.
  • 33. Dati di targa di un modulo fotovoltaico Ogni modulo fotovoltaico è accompagnato da una scheda tecnica che deve riportare dei dati tecnici stabiliti dalla norma CEI EN 50380 “Fogli informativi e dati di targa per moduli fotovoltaici”. Tale norma stabilisce che nei fogli dati dei moduli devono essere riportati: - la potenza nominale PMP con indicazione della tolleranza espressa in [W]P: Watt di picco - la tensione VMP e la corrente IMP nel punto di massima potenza; tensione in [V] Volt, corrente in [A] Ampere - la tensione di circuito aperto Voc; - la corrente di corto circuito Isc; - i coefficienti di temperatura per la potenza, la corrente e la tensione, espressi in % determinati in condizioni standard (STC), ovvero con irraggiamento pari a 1000 W/m2, temperatura di esercizio del modulo pari a 25 ° C , massa d’aria AM pari a 1,5. Tali coefficienti sono convenzionalmente indicati con: _ α Coefficiente di temperatura in funzione della corrente di corto circuito (sigla Isc) _ β Coefficiente di temperatura in funzione della tensione a circuito aperto (sigla Voc) _ γ Coefficiente di temperatura in funzione della potenza massima (sigla Pmax) Per ogni grado di temperatura della cella in più, occorre applicare la percentuale di decremento indicata nei rispettivi coefficienti per ricavare i relativi dati. La misurazione individuale, effettuata su ciascun modulo, della corrente e della tensione nel punto di massima potenza permette di raggruppare i moduli di ugual potenza in stringhe in modo da ridurre le perdite di mismatch in fase di esercizio. La tensione di circuito aperto e la corrente di corto circuito sono dati necessari al dimensionamento dell’inverter e del suo carico in fase di esercizio. La temperatura influenza le prestazioni dell’impianto, per cui è necessario conoscere i coefficienti di temperatura per il suo dimensionamento, e per il calcolo della previsione di produzione annuale. I diodi di bypass sono dei componenti molto importanti in un impianto. Essi sono dei componenti elettronici che permettono un percorso alternativo della corrente, ad esempio in caso di oscuramento, evitando di surriscaldare una cella che non è in conduzione ma permettendo comunque il funzionamento del modulo.