1. Miller, trattato di anestesia
Enciclopedie
SFAR 2007
ANESTESIA IN ORTOPEDIA
Probabilmente nessun'altra specialità chirurgica richiede dimestichezza con varie tecniche
anestesiologiche come il campo dell'anestesia ortopedica. In alternativa all'anestesia generale, molte
procedure possono essere meglio attuate in anestesia locoregionale, o in anestesia combinata
regionale/generale. Oltre all'anestesia spinale e peridurale lombare, una buona gestione
dell'anestesia per l'ortopedia richiede dimestichezza con i blocchi periferici dell'arto superiore ed
inferiore.
La scelta del tipo di anestesia dipende da vari fattori:
preferenze del paziente
stato della sua salute
esperienza dell'anestesista
durata della procedura
preferenze del chirurgo
In generale, quando l'intervento è lungo, complicato e demolitivo, come un impianto protesico
completo, la chirurgia tumorale maggiore, le procedure ricostruttive, o la stabilizzazione dei traumi
maggiori, andrebbe preferita un'anestesia generale, in quanto è indispensabile un monitoraggio
invasivo, tecniche di ipotensione controllata e un attento controllo dei fluidi. In alternativa si
possono usare tecniche di anestesia combinata, cioè regionale continua accompagnata da
un'anestesia generale leggera o profonda.
L'anestesia combinata andrebbe presa in considerazione anche quando si preveda un dolore
postoperatorio importante.
Gli interventi più dolorosi sono le protesi di ginocchio e di spalla.
Le procedure brevi, cioè entro le due ore (preparazione compresa) si possono effettuare in anestesia
regionale periferica. Il tutto va valutato da caso a caso. Ad esempio i pazienti con artrite reumatoide
e prevedibile difficoltà all'intubazione andrebbero fatti in periferica (contro quello che dicono le
direttive siaarti) Se però si prevede un intervento lungo più di due ore, va comunque presa
inconsiderazione l'intubazione da sveglio, anche perché è impensabile che una persona possa stare
ferma immobile per più di due ore, sveglia. Per i pazienti con bpco, insuff epatica, renale cronica,
diabete grave, o alterati livelli di coscienza, sarebbe sempre meglio la periferica, negli interventi
brevi, ma non nei lunghi.
Non ci sono controindicazioni per l'anestesia periferica combinata con la generale, ma le turbe
dell'emostasi vanno corrette prima di effettuare un'anestesia spinale o peridurale che sia.
Nella chirurgia ortopedica maggiore elettiva maggiore è importante limitare le perdite di sangue per
evitare trasfusioni multiple, quindi i pazienti vanno incoraggiati a effettuare un predeposito di 24
sacche di sangue autologo e l'anestesista deve applicare almeno una strategia per limitare le perdite
ematiche, dall'emodiluizione normovolemica intraoperatoria, all'ipotensione controllata
miller 61 e vedere 43 e 49
2. PROBLEMI SPECIFICI NEI PAZIENTI ORTOPEDICI
1. ARTRITE REUMATOIDE
2. SPONDILITE ANCHILOSANTE
L'artrite reumatoide è una malattia di origine sconosciuta, caratterizzata da sinovite
immunomediata. L’AR è una malattia sistemica, di natura infiammatoria, autoimmune, ad
andamento cronico e potenzialmente progressivo che colpisce elettivamente le articolazioni
diartrodiali, con carattere erosivo, che può portare alla distruzione dei capi ossei iuxtarticolari e alla
anchilosi, con perdita della funzione fisica e degenerazione della qualità della vita.
Il quadro clinico della malattia implica , a livello articolare, l’insorgenza di alterazioni di
variabile gravità:
1. Mani e polsi. “Deviazione a colpo di vento (ulnare)” delle dita; “deformazione ad
asola” e “a collo di cigno” delle dita; “deformazione a zeta” del pollice;
tumefazione volare del polso, sindrome del tunnel carpale; sublussazione
dorsale dell’estremità distale dell’ulna con rottura del tendine estensore del 5°
dito (mano benedicente); sublussazione volare della base dei metacarpi
(deformazione a cazzuola del polso e della mano).
2. Gomito. Tumefazione delle fossette paraolecraniche con perdita
dell’estensione.
3. Spalle. Tumefazione frequente nel soggetto anziano. Nel 20% dei casi rottura
della cuffia dei rotatori..
4. Piede. Metatarsalgie e sublussazione plantare dei metatarsi con alluce valgo.
Appianamento dell’arcata plantare traversa.
5. Ginocchio. Versamento e ipertrofia della sinoviale. Cisti di Baker: cisti poplitea
sinoviale in comunicazione con la cavità articolare.
6. Anche: Alterazioni degenerative e iatrogene della testa femorale.
7. Giunto atloepistrofeo. Sublussazione posteriore e craniale del dente con
compressione del sacco durale
8. .Articolazione TemporoMandibolare. Variabili livelli di compromissione
anatomica e della funzionalità dell’articolazione a seconda della progressione
della malattia.
La maggior parte di queste condizioni patologiche articolari, durante la storia clinica del
paziente , richiedono la correzione attraverso un intervento chirurgico, eseguito
frequentemente quando le limitazioni funzionali influiscono in modo rilevante sulla qualità
di vita e sono spesso associate a manifestazioni patologiche sistemiche che
condizionano un incremento del rischio operatorio..
VALUTAZIONE PREOPERATORIA
Il paziente reumatico candidato all’intervento chirurgico presenta delle caratteristiche
peculiari che devono essere attentamente valutate ai fini della definizione del rischio
operatorio e delle scelte terapeutiche più indicate per le fasi intra e postoperatorie.
Innanzitutto l’habitus che, nei pazienti affetti da AR da molti anni , è caratterizzato da un
fisico esile, con un apparato osteoarticolare fragile , evidenti alterazioni articolari,
soprattutto agli arti, e limitazioni funzionali, inoltre sono frequentemente anemici e instabili
6. Plesso brachiale Generalmente si risolve ma dopo mesi
Nervo ulnare Non infrequente, paralisi postoperatoria che esita in parestesie del
4 e 5 dito
Nervo radiale Paresi del polso
CAPO
Nervo sovraorbitario Disestesie alla fronte
ESTREMITÀ INFERIORI
femorocutaneo laterale Parestesie della zona laterale di coscia e ginocchio
femorale Parestesie della parte anteriore della coscia e della parte mediale
della gamba
Peroneale comune Piede cadente, può anche essere dovuta a sindrome
compartimentale
Checklist antimalposizionamento
Controllare la funzionalità nervosa preoperatoria
Controllare problemi di laccio, tempi e pressioni (100 mm Hg oltre la PA massima)
Controllare il posizionamento sul lettino
Controllare i fattori chirurgici, tenendo presente che il rischio di neuroprassia aumenta negli
interventi molto lunghi
Controllare le posizioni postoperatorie, docce, gessi, bendaggi, tutori per evitare sindromi
compartimentali
PROCEDURE ORTOPEDICHE MAGGIORI
Vanno seguite con cura dall'anestesista, sia nella preparazione dell'intervento, che nei dettagli
intraoperatori e possibilmente nel postoperatorio. Una volta nella nostra cartella c'era la frase: la
responsabilità dell'anestesista finisce con l'uscita di sala del paziente. Adesso questo non vale più,
siamo sempre più chiamati in causa dai giudici nelle complicanze postoperatorie, magari solo come
probabile conseguenza di sospetta mal gestione intraoperatoria, e comunque sempre più si parla di
medicina perioperatoria. Quindi, se non vogliamo essere relegati definitivamente in sala operatoria
da internisti ed urgentisti, dobbiamo essere noi ad uscire ed interessarci dei NOSTRI pazienti.
RISPARMIO SANGUE: qui bisogna educare i chirurghi oltre che i pazienti, incoraggiando alla
pratica dell'autodonazione al deposito di sacche dedicate da parte di parenti e amici, di terapie
preoperatorie marziali, eritropoietina.... Nell'intraoperatorio ci si deve avvalere dell'emodiluizione
normovolemica, dell'ipotensione indotta, del recupero sangue. Questo per problemi non solo di
costi, di sempre maggior difficoltà a reperire sangue omologo, ma anche per problemi infettivi.
Il MONITORAGGIO, che può/deve essere invasivo negli interventi maggiori (e parlo di pressione
11. che con il trattamento più o meno tardivo delle lesioni ortopediche.
COMPLICANZE DELLA CHIRURGIA ORTOPEDICA
Si è già parlato dei danni da
POSIZIONAMENTO
SANGUINAMENTO, predeposito, recupero intra e post. ipotensione, ferro. I valori soglia
per l'indicazione alla trasfusione dipendono dalla velocità del sanguinamento, dalla
tolleranza individuale clinica all'anemia e da antecedenti cardiovascolari del paziente. I
valori soglia, indicativamente, sono di 7 in pazienti senza anamnesi particolare, da 8 a 9 in
caso di antecedenti cardiaci, e 10 in caso di scarsa tolleranza all'anemia, come in caso di
pazienti coronaropatici o con insufficienza cardiaca.
IPOTERMIA, che provoca alterazione della coagulazione ed aumento del sanguinamento
per e postoperatorio. questo è dovuto ad un sequestro di piastrine ed un alterato metabolismo
dell'acido arachidonico, un'alterata cinetica enzimatica, che rallenta la coagulazione. In due
gruppi di pazienti operai di PTA, uno con temperature a fine intervento di 36, 6 ° e l'altro
con 35°, si è visto un aumento del sanguinamento del 30% (cioè di almeno 500 ml!) nel
gruppo ipotermico. i pazienti che divengono ipotermiche sviluppano coagulopatie non
identificabili dai test di coagulazione eseguiti in pazienti in condizioni di normotermia e la
trasfusione di piastrine e di fattori della coagulazione non è in grado di corregge la
coagulopatia che si sviluppa durante l’ipotermia. Si reputano coinvolti diversi meccanismi:
si suppone che l’ipotermia sia una causa di disfunzione piastrinica e poiché nella
coagulazione è implicata una serie di reazioni enzimatiche temperatura dipendenti,
l’ipotermia rallenta questo processo. L’ipotermia inoltre riduce il metabolismo epatico del
citrato, e può inoltre causare danno tissutale, specie dell’endotelio, che causa il rilascio a sua
volta di fattori tissutali responsabili della DIC. Sebbene vari meccanismi siano stai proposti
e non del tutto bene compresi per spiegare la coagulopatia indotta dall’ipotermia, come ad
esempio la soglia alla quale la temperatura diviene critica, di fatto si ricorre alla
prevenzione, tenendo in mente che la somministrazione di una UI di emazie concentrate a 4°
C riduce la temperatura del cuore di un paziente di 70kg di circa 0,25°C e un litro di
cristalloidi a 20°C ovvero a temperatura ambiente, riduce la stessa di 0.5°C.
e da METACRILATO: (CEMENTO: metacrilato di metile è composto di un monomero
liquido e di un polimer opolvere che vengono mescolati estemporaneamente; avviene una
reazione esotermica, che raggiunge anche gli 80°) Può verificarsi una profonda ipotensione
dopo posizionamento di una protesi femorale cementata. E' una complicanza abbastanza rara
(5%??) per cui è molto difficile farci anche degli studi. Pare più frequente nell'osso
osteoporotico e in quello più vascolarizzato nelle fratture patologiche da neoplasia. La
prevenzione consiste
1. nel posizionare un tampone nel condotto femorale per limitare la diffusione distale
del cemento nel femore
2. aspirare l'aria intrappolata
3. aspettare che il cemento abbia una buona viscosità prima di posizionarlo
Le spiegazioni possono essere due:
Vasodilatazione indotta da calore e/o depressione miocardica da metilacrilato
microemboli di aria, grasso, tessuto osseo nel sistema venoso che provocano
l'embolia polmonare
pare vengano rilasciate sostanze vasoattive, come istamina e tromboxano dal
polmone, come dopo ogni forma di embolismo. L'ipotensione è comunque meno
comune quando vengono attuate tecniche di ipotensione controllata e quando i
14. transitoria caduta della Sv O2
rilascio di metaboliti in circolo
caduta della pressione sistemica e polmonare
aumento transitorio dell'endtidal co2
RACCOMANDAZIONI NELL'USO DEL LACCIO:
rispettare le controindicazioni assolute e concordare il certi casi con il chirurgo il suo
utilizzo
Utilizzare un manicotto adatto alla taglia del paziente
La pressione di gonfiaggio deve essere 100 mm Hg oltre la pressione massima nell'arto
superiore, e 150 mm Hg nell'arto inferiore
la durata del gonfiaggio deve essere di 90 min all'arto superiore e di 120 minuti max in
quello inferiore
Non si dovrebbe rigonfiare il laccio dopo averlo gonfiato
anticipare la sospensione del laccio con l'alleggerimento dell'anestesia e con infusione di
fluidi per evitare ipotensione.
aumentare la ventilazione per 10 minuti immediatamente dopo la sospensione per correggere
l'ipercapnia
Novità?
eritropoietina ricombinante, tecnica alternativa o complementare al predeposito in
previsione di sanguinamenti moderati (600800 ml) da sola, o in associazione a
autotrasfusione in caso di interventi che prevedano la trasfusione di almeno 5 sacche di
emazie. La dose è 600 UI/kg, la prima iniezione tre settimane prima, e una eventuale
seconda il giorno del ricovero se l'hb è inferiore a 15.
ultrasuoni
fondaparinux
per evitare i difetti di una pca, dall'apparecchio da trasportare, voluminoso, che non favorisce
la rieducazione funzionale del paziente, la ricerca da qualche anno si sta orientando su
tecniche alternative di pca venosa. Un uovo dispositivo transdermico di diffusione del
fentanyl, grazie ad una corrente di debole intensità, sembra offrire nuove prospettive
nell'analgesia postoperatoria morfinica. Questo nuovo concetto (Ionsys) ha la forma di una
carta di credito e contiene un reservoir di fentanyl e una parte elettrica munita di un bottone
d'avvio, Quando questo è schiacciato, il dispositivo è attivo e libera una dose fissa di 40
gamma di fentanyl in un inytervallo libero (ma fisso) di 10 minuti. L'efficacia provata da chi
ha avuto l'onore di provarlo è di certo maggiore a un placebo ed è comparabile a quella della
pca venosa convenzionale. La cinetica favorevole dello Ionsys non sembra influenzata né
dall'età, né dal peso, dal sesso, e pare che non ci sia nessun rischio di accumulo.
La morfina depo. La morfina in peridurale è certamente efficace ed e è una delle tecniche
più collaudate per la cestione del dolore postopoeratorio. Però la sua efficacia non supera le
24 ore e gli inconvenienti di un cateterismo peridurale sono numerosi, soprattutto in quei
pazienti che devono essere sottoposti ad un trattamento anticoagulante (tutti gli ortopedici)
E' allo studio questo nuovo dispositivo, per ora chiamato Depofoam, che permetterebbe di
migliorare, allungando i tempi di efficacia, l'agente somministrato per via peridurale, ma