2. Sommario
n°22 Maggio 2013
2
Stefano Ferrari
Dall’analisi alla fantasia
4
Achille Fornasini
Domanda d’acciaio in contrazione: Ripercussioni su produzione e prezzi
7
Pierre Mangers
Acciaio: ancora un business? «La strategia
dell’Ue dovrà dirigersi verso i margini»
10 Ralph Oppenheimer
Futuro al ribasso per il minerale ferroso «Maggiore stabilità per il rottame»
13 Dmitry Scuka
Addio alla produzione primaria di acciaio in
Europa «I semilavorati saranno importati da
Russia e Ucraina»
14 Jean-Luc Maurange
La visione del gigante «L’Europa vive una situazione di “free trade” ma non di “fair trade”
16 Tommaso Sandrini
Necessario selezionare i clienti per vincere la
sfida «Essere credibili nel chiedere soldi è un
grande valore»
Dall’analisi alla fantasia
Stefano Ferrari
(Direttore Siderweb)
Negli ultimi anni, in Europa, e soprattutto in Italia, sembra che si siano estinte due parole: crescita e opportunità. Al loro posto, hanno preso sempre maggiormente
piede le loro due nemesi: crisi e rischio. Nei telegiornali, nei giornali, online e nelle chiacchiere tra amici,
una lunga ombra ricopre tutte le prospettive future,
ammantando di pessimismo la nostra visione dell’economia, della politica e della società. Siamo di fronte ad
una crisi epocale, questo ormai è stato detto e scritto
migliaia di volte. Ad una crisi si sistema, ad un’onda che
ha travolto le nostre certezze e convinzioni. Che ci sovrasta e ci può fare molto male, ma solo ad una condizione. La condizione è che noi decidiamo di subirla. Se
stiamo fermi sulle nostre convinzioni superate, se continuiamo a ripetere incessantemente quanto fatto finora, non avremo scampo. Così come non lo avremo se
penseremo solo al modo più indolore per limitare i danni, per vivacchiare e continuare a galleggiare. L’Europa,
e l’Italia, non hanno bisogno di un salvagente: hanno
bisogno di azioni, di novità, di fantasia, di decisione e di
coesione. Di convinzione, di fiducia in sé stessi, di fame
e di volontà. E di voglia di primeggiare ancora. Se una
volta tutto ciò era più facile, ora non è più così. Ma
ciò non significa che sia impossibile: il mondo è in pieno tumulto, nascono ogni giorno nuovi bisogni, nuove
domande, nuove richieste che la nostra industria può
soddisfare. Nuovi mercati da conquistare, nuove nicchie dove crescere. Scoprire quali siano e rinnovarsi è
la nostra sfida, dalla politica alla società, dai produttori di acciaio ai commercianti siderurgici, dai centri di
servizio ai commercianti di rottame. Come? La risposta
la può dare solo la conoscenza, che parte da un’analisi
di ciò che è e di ciò che si intravede del futuro. Proprio
in quest’ottica vanno letti gli interventi che i relatori
convocati da Siderweb hanno tenuto durante Made in
Steel: essi sono sì un momento di riflessione importante
ma, per germogliare, vanno curati, accuditi, innaffiati
e fatti crescere. Con dedizione, pazienza e con quel pizzico di fantasia che hanno sempre costituito l’arma vincente di tutti gli uomini e le donne di successo. Quindi,
buona lettura, ma soprattutto buone riflessioni!
20 Achille Fornasini
Comparto inox: Si accentua la depressione»
23
Quo vadis inox? Scenari ed evoluzione
del mercato
27
Il servizio video di Siderweb
pag.2
FERRARI
editore: Siderweb spa
via Don Milani, 5 - 25020 Flero (Bs)
Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041
e-mail: redazione@siderweb.com
Registrazione tribunale n. 11/2004
Direttore responsabile: Stefano Ferrari
In redazione: Davide Lorenzini, Gianfranco Tosini,
Paolo Morandi e Fiorenza Bonetti
Progetto grafico ed impaginazione:
Siderweb spa
Numero chiuso in redazione il:
14- 5 - 2013
3.
4. domanda d’acciaio in contrazione
ripercussioni su produzione e prezzi
2008, torna a crescere con un ritmo soddisfacente
fino al primo trimestre 2011. Da allora la produzione europea inizia a calare, concludendo il 2012
con un -22,7% per effetto della contrazione della
domanda d’acciaio causata dalla crisi che ha investito due tra i più decisivi comparti utilizzatori:
l’edilizia e l’automotive. Il crollo della domanda si
è ripercosso anche sui prezzi della filiera siderurgica, a partire da quelli del rottame, che a livello
europeo, coerentemente con l’andamento declinante della produzione, segnalano una diminuzione media del 30% seguita da una lunga sequenza
di fluttuazioni laterali connotate da volatilità decrescente.
I prezzi siderurgici
Dal primo trimestre 2011, acme della “ripresina”,
le quotazioni dei prodotti siderurgici hanno iniziato a risentire della nuova fase recessiva. Conside-
pag.4
FORNASINI
L
a nostra analisi sulla
congiuntura siderurgica prende innanzitutto
in considerazione la figura 1,
che illustra da un lato la dinamica delle quote mensili
d’acciaio prodotte a livello
europeo (curva nera riferita
alla scala di destra), dall’altro l’andamento della media
dei prezzi medi mensili del
rottame rilevati nei principali Paesi europei produttori
d’acciaio (curva rossa riferita
alla scala di sinistra). Come
si può osservare, l’output
siderurgico europeo, dopo il
crollo del secondo semestre
Achille Fornasini (Chief analyst Siderweb)
5. fluttuare lateralmente, sostenuti dal recupero dei
materiali basici verificatosi tra settembre 2012 e
febbraio 2013: +76,7% il minerale di ferro, +22,6%
il carbone da coke. Peraltro, come mostra la figura
3, la fiacchezza della domanda torna a farsi sentire
proprio in questo periodo: il declino dei prezzi dei
coils a caldo prodotti in Europa si concretizza attraverso lo sviluppo di tre ondate decrescenti con
una correzione complessiva del 28,5%. L’ondata
più recente culmina con reazioni medie del +9,5%,
per poi ripiegare nuovamente verso i minimi di novembre 2012. La variabilità declinante dei prezzi
segnalata dall’istogramma posto a piè di grafico,
infine, lascia presagire la persistenza della fase depressa della siderurgia europea, quantomeno fino
alla prossima estate.
pag.5
FORNASINI
rando gli andamenti dei prezzi rilevati da Siderweb
dei principali prodotti lunghi (figura 2), si rileva una
generalizzata deriva ribassista, che a metà aprile
2013 consolida una serie impressionante di performance negative: laminati mercantili -57,3%, travi
-48,7%, tondo per cemento armato -39,6%, vergella da rete -20,8% e vergella da trafila -19,7%. Esiti
che, se da una parte confermano oggettivamente
lo stato depresso dell’elettrosiderurgia, dall’altra
lasciano presagire una prossima frenata dei trend
declinanti e l’avvio di contenuti recuperi indotti
dalle fisiologiche ricostituzioni di scorte.
L’evoluzione dei prezzi dei prodotti piani si differenzia da quella dei lunghi: infatti, mentre le quotazioni di questi ultimi hanno sistematicamente
oscillato al ribasso, i prezzi dei piani tendono a
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7. Acciaio: ancora un business?
«La strategia dell’Ue dovrà dirigersi verso i margini»
Pierre Mangers (Executive Director Performance Improvement Ernst & Young)
MANGERS
materie prime «i fornitori di minerale e coke sono
un oligopolio. Il che ha comportato negli ultimi
anni una trasformazione della siderurgia in un’industria dominata dai costi degli input. Cosa si può
fare per rompere questo equilibrio?» In terzo luogo c’è la sostenibilità, un elemento che «sta guadagnando terreno nelle agende degli investitori e
che influenzerà pesantemente la valutazione delle
imprese siderurgiche anche da parte delle società di rating e delle banche». L’effetto-Cina, infine,
ha influito notevolmente sull’Europa: «i massicci
investimenti del paese asiatico hanno portato ad
un forte aumento della produzione e ad un boom
dell’export in Europa. Come si può fare a superare
questo circolo vizioso per l’acciaio continentale?»
Le risposte a queste domande sono complesse,
ma non impossibili. Secondo Mangers la prima e
la seconda questione sono affrontabili «attraverso
l’adozione tra le acciaierie e i loro clienti di contratti basati su indici end-to-end, che consentirebbero
ai siderurgici di passare all’utilizzo gli extra costi
legati alle materie prime». Oltre a ciò, è possibile
immaginare «collaborazioni upstream per l’acqui’acciaio è ancora un business? Con questa sto di materie prime tra aziende concorrenti, al
domanda Pierre Mangers, Executive Director fine di mitigare il potere delle compagnie mineraPerformance Improvement Ernst & Young, rie». Per la sostenibilità «bisogna affrontarla come
ha introdotto il suo intervento al 28° Steel Market un’opportunità ed essere pronti a soddisfare le
Outlook. Secondo l’analista ci sono quattro aspetti attese legate alla corporate social responsibility».
da analizzare per rispondere a questa domanda: Infine per l’effetto-Cina, «Ernst & Young si aspetta
il modello di business, la sostenibilità, le materie che il picco della domanda del paese asiatico arriprime e l’effetto Cina. «I costi produttivi dei piani vi nel 2020, quando il consumo cinese pro-capite
in acciaio al carbonio sono all’85% dipendenti da giungerà ai 600 kg per persona. A quel punto, o nei
materie prime, energia e trasporti, tre elementi mesi immediatamente precedenti, potrà esserci
che soffrono di un’elevata volatilità - ha spiegato un impatto a livello globale, in quanto l’eccesso di
Mangers -. Ciò significa che i produttori siderurgi- offerta avrà un effetto importante su tutti i merci hanno un’influenza limitata sui costi e, quindi, cati, Ue e NAFTA compresi. Sino a quel momento,
anche sui prezzi di vendita. È ancora sostenibile per gli europei sarà necessario interrogarsi sul corquesto modello di business?» Sul versante delle retto livello dei prezzi dell’acciaio sul mercato
L
pag.7
8. investirà su prodotti ad alta tecnologia, sostenibili e
frutto di continua innovazione, che potranno essere
esportati anche fuori confine». E anche in Cina: «nel
paese asiatico ci sono i volumi – ha concluso l’analista
di Ernst & Young – ma non sempre c’è la qualità di cui
i clienti hanno bisogno. Questo può essere lo spazio
appannaggio della siderurgia europea: per accaparrarselo, però, l’Ue deve divenire il “Gold standard”
dell’acciaio mondiale». Come? «Con l’efficienza energetica, la riduzione del 30% dei costi, attraverso delle
innovative tecniche di management, aumentando la
fiducia degli stakeholder e con una maggiore agilità
gestionale». Il tutto è finalizzato a quello che Mangers ha definito «una costruzione creativa», che porti
a compimento la massima dell’economista Joseph
Schumpeter, ovvero «il profitto è il pagamento che
ottieni quando prendi vantaggio dal cambiamento».
MANGERS
interno. In particolare bisognerà trovare un punto
d’equilibrio tra quotazioni sufficientemente basse
da scoraggiare l’import dalla Cina, ma sufficientemente elevate da coprire i costi produttivi delle imprese continentali».
Un altro aspetto di primaria importanza per la siderurgia internazionale è la geografia. «Il centro di
gravità dell’acciaio è totalmente cambiato: dal bacino maturo (Giappone, Ue e NAFTA), l’ombelico della
siderurgia si è spostato a quello dei paesi emergenti, che nel 2020 rappresenterà il 66% della domanda
globale (circa 1,35 miliardi di tonnellate sulle 2 dell’intero globo). Parallelamente l’Ue scenderà al 7%-8%
del consumo mondiale, ben al di sotto del livello del
2007 (183 milioni di tonnellate). Quale sarà il punto
di approdo per l’acciaio Made in Europe? «Io credo –
ha detto Mangers – che la strategia dell’Ue dovrà per
forza dirigersi verso i margini, verso i prodotti di nicchia, ad alto valore aggiunto. L’Europa avrà futuro se
pag.8
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10. Futuro al ribasso per il minerale ferroso
«Maggiore stabilità per il rottame»
OPPENHEIMER
Ralph Oppenheimer (Executive Chairman Stemcor)
M
aterie prime ed economia europea,
oggi e domani. Questi, in estrema sintesi, i binari tra i quali si è
mossa la relazione di Ralph Oppenheimer,
executive chairman di Stemcor, durante il
28° Steel Market Outlook. Il presidente del
gruppo attivo nel trading è partito dall’analisi dei mercati delle due materie prime fondamentali per l’acciaio, ovvero il rottame ed
il minerale ferroso.
Secondo l’imprenditore britannico, il trend di
crescita del prezzo del rottame avvenuto negli ultimi anni è strettamente legato «al forte
incremento del numero dei forni elettrici nel
mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo: dal nord Africa al far east ogni volta che un
paese vuole installare un’industria siderurgica
parte da un piccolo forno elettrico. Ciò avviene, inoltre, anche in paesi storicamente produttori di acciaio, come Russia ed Ucraina, che,
approfittando della disponibilità della materia
prima, si stanno dirigendo sempre più su questa tipologia produttiva». Invece, la salita del
minerale ferroso ha un’altra genesi, ed è strettamente collegata al fattore-Cina. «Come tutti i
regimi comunisti, la Cina fa l’errore di pensare
che la propria ricchezza dipenda dalla dimensione della propria siderurgia. Ciò ha portato
ad un eccesso di investimenti nel settore, che
ha causato la forte richiesta di minerale ferroso
all’import, il rialzo dei prezzi e, indirettamente, degli incredibili utili delle aziende estrattive
degli ultimi anni». Se i cinesi capiranno che il
fenomeno innescato è un circolo vizioso per sé
stessi e per l’intera siderurgia globale «dovranno iniziare a limitare le esportazioni di acciaio,
facendo così flettere la domanda di minerale e,
quindi, i prezzi». E qui Oppenheimer sottolinea
che c’è «un’interessante relazione tra rottame e
minerale. Alcune tipologie di prodotti da forno
elettrico sono sostituibili con prodotti da altoforno, e viceversa – ha spiegato -. Ciò fa si che
le quotazioni del minerale e del rottame non
possano divergere troppo. Se, infatti, il rottame si deprezza troppo, avverrà un incremento
della domanda di prodotti da forno elettrico,
pag.10
11. di acqua?». Secondo il numero uno di Stemcor
«è nell’interesse cinese essere importatore di
acciaio, non esportatore. Ed il governo lo sa
bene. La difficoltà nel passare dalle parole ai
fatti è legata al difficile controllo di Pechino sui
governi provinciali e le loro acciaierie. Se ciò
verrà fatto, il prezzo del minerale ferroso crollerà drammaticamente nei prossimi anni e sarà
costantemente al di sotto dei 100 dollari alla
tonnellata (CRF Cina). Ciò, tra l’altro, porterà
ad una maggiore competitività delle acciaierie
integrate». Per il rottame, invece, «mi aspetto
un’evoluzione più stabile, anche se la discesa
del minerale porterà ad una correzione al ribasso dei prezzi della materia prima».
Se le aspettative per gli input produttivi sono
orientate al ribasso, quelle per l’economia sono
di più difficile lettura per Oppenheimer. «Mi risulta difficile fare previsioni generali – ha detto
-. Oggi viviamo in una realtà molto precaria e le
variabili in gioco sono moltissime: se la Corea
del Nord scatenerà una guerra, cosa succederà? Ma non solo questi macroeventi potranno
avere un effetto sull’economia: se in Cina ci
sarà un’influenza più forte rispetto agli anni
scorsi, questo colpirà l’economia, riducendo
gli spostamenti, gli affari e con riflessi anche in
settori apparentemente lontanissimi da questi
eventi». Insomma, oggi più che mai «l’effetto
cigno nero, l’imprevisto negativo, non va sottovalutato». Se non si realizzeranno sconvolgimenti inattesi, le prospettive per i commerci mondiali, secondo Oppenheimer, sono però
tutt’altro che negative: «il ciclo del commercio
globale è di 8-10 anni e l’ultimo ha esaurito i
suoi effetti negativi nel 2008-2009. Oggi viviamo una fase di crescita a livello internazionale,
il problema per l’Europa, e l’Italia, è la competitività». Scendendo nel settore dell’acciaio «bisogna ricordarsi che l’industria delle costruzioni assorbe il 50% dell’output siderurgico, non
solo di lunghi. Le costruzioni sono vitali, ma in
Unione Europea per l’austerity non si riesce a
sostenerle, anzi si tagliano gli investimenti in
questo comparto. Questa è una strada errata:
abbiamo avuto abbastanza austerity ed è ora di
rilanciare l’economia. Credo che questo discorso inizi a girare a molti livelli, in Europa, e ciò
mi rende abbastanza ottimista per il futuro del
nostro continente e della siderurgia europea».
pag.11
OPPENHEIMER
a discapito di quelli da altoforno, processo che
inevitabilmente porterà ad un incremento delle
quotazioni del rottame. A quel punto il materiale da altoforno tornerà competitivo ed il circolo
potrà riprendere, però in senso opposto». Il minerale ed il rottame, quindi, «sono sì guidati da
fattori differenti, ma sono in una certa misura
collegati». Dato il collegamento tra rottame e
minerale e dato il peso specifico della Cina in
quest’ultimo settore, per qualsiasi previsione
sulla siderurgia, quindi, il comportamento del
colosso asiatico sarà un elemento irrinunciabile. In particolare Oppenheimer crede che le
domande fondamentali da porsi siano: «cosa
succederà in Cina? Quanto esporterà il paese
asiatico? Verranno chiuse le acciaierie più obsolete? Verrà fatto qualcosa a livello normativo
contro l’inquinamento e l’eccessivo consumo
12.
13. Addio alla produzione primaria di acciaio in Europa
«I semilavorati saranno importati da Russia e Ucraina»
Il vento dell’est potrebbe spazzare via i fumi dai camini delle acciaierie europee. Forse definitivamente. Con
questa immagine metaforica si potrebbe riassumere
l’intervento di Dmitry Scuka, CEO Evraz Europe, al 28°
Steel Market Outlook. Il numero uno della divisione continentale di Evraz, infatti, ha sottolineato che attualmente l’economia dell’Ue è sottoposta alla «seconda onda di
recessione», un evento che sta colpendo tutti gli ambiti
produttivi, siderurgia compresa. La crisi del mercato interno, inoltre, si innesta su un comparto, quello dell’acciaio, che sta già affrontando sfide impegnative alle quali
gli operatori europei non hanno saputo ancora dare risposte efficaci. In primo luogo quella dell’ambiente: l’Ue
ha infatti la regolazione più restrittiva a livello globale in
questa materia, il che comporta «costi aggiuntivi per i
produttori continentali» ed uno svantaggio competitivo
nei confronti dei concorrenti che producono senza queste
imposizioni legislative. Inoltre, la regolamentazione delle
emissioni di CO2 mette un’ulteriore limite ai produttori
siderurgici, che saranno costretti a sobbarcarsi ulteriori
sovra costi soprattutto dal 2020 in poi. A ciò si sommano
costi produttivi nettamente più alti rispetto alle altre regioni globali. A partire dall’energia: «secondo le stime di
Eurofer i costi dell’elettricità europea sono superiori del
200% rispetto a quelli statunitensi, che non sono certi i
più bassi del mondo». Secondariamente il costo del lavoro europeo è decisamente superiore a quello dei competitor della CSI e asiatici. Ulteriore “minus” europeo è
quello degli input produttivi: se si guarda alle materie
prime «nel Vecchio Continente non c’è una riserva strategica: abbiamo dei depositi di minerale ferroso in Svezia
– ha spiegato Scuka – e di carbone in Germania, Polonia
e Repubblica Ceca». Il resto deriva dall’import, un import però che risulta quanto meno penalizzante, come
ha detto Scuka. «Quando si compra dall’estero minerale
ferroso, si acquista il 40% di scarto (il minerale ferroso di
norma è “puro” al 63%, ndr), comperando invece billette o bramme si ha un materiale nel quale anche lo scarto è di valore, è rottame di prima qualità». E proprio in
quest’ottica Scuka prevede per il futuro della siderurgia
continentale «l’abbandono dell’upstream in Europa nei
prossimi 10-15 anni». I produttori primari «a meno di un
cambio significativo della domanda o dei fondamentali
macroeconomici, che porti ad una ripresa dei consumi,
usciranno dal mercato». E chi occuperà gli spazi lasciati
liberi dall’industria siderurgica dell’Ue? «Le fonti più probabili di approvvigionamento sono Russia ed Ucraina, i
cui player principali possono contare anche su miniere di
carbone e minerale ferroso, che rendono i prodotti molto competitivi in termini di costi». Per l’Europa, quindi, si
prospetta «uno spostamento dai prodotti a basso valore
aggiunto a quelli a maggior valore aggiunto». Passando
da una visione a lungo termine ad una a breve-medio
termine, Scuka precisa che l’acciaio europeo rimarrà
contraddistinto dalle seguenti problematiche: oversupply, continuo aumento delle importazioni extraeuropee
di prodotti siderurgici, volatilità dei prezzi e riduzione
dell’output di ghisa e acciaio liquido.
pag.13
SCUKA
Dmitry Scuka (CEO Evraz Europe)
14. La visione del gigante
«L’Europa vive una situazione di “free trade” ma non di “fair trade”»
MAURANGE
Jean-Luc Maurange
(Chief Executive Officer of Flat Carbon Europe Business Division South West e Vice President di ArcelorMittal)
U
n’analisi a 360° dell’oggi e del domani della
siderurgia europea. Questo il senso dell’intervento di Jean-Luc Maurange, Chief Executive Officer of Flat Carbon Europe Business Division South West e Vice President di ArcelorMittal al
28° Steel Market Outlook. Maurange è partito dal
proprio ragionamento là dove l’aveva terminato
Scuka, cioè dall’impossibilità futura per l’Europa di
rimanere un produttore di commodity. «Non vedo
un futuro per i produttori di acciaio europei concentrati solo sui mercati a basso valore aggiunto – ha
detto -. Per il nostro continente il focus nei prossimi
anni sarà sull’alto valore aggiunto, un elemento che
dovrà caratterizzare non solo l’acciaio europeo ma
tutti i settori industriali».
Analizzando il ciclo macroeconomico, Maurange
ha dichiarato di «ritenere che il punto più basso
della domanda sia ormai alle spalle: ovviamente
la situazione è diversa da mercato a mercato, ma
ci sono elementi di ottimismo. La Cina è ancora
molti anni lontana dal proprio picco di consumi,
gli Stati Uniti sono in una nuova fase di crescita, il
tasso di declino europeo sta rallentando e nel medio termine è prevista una ripresa della domanda». Per ciò che concerne il settore siderurgico, il
consumo apparente quest’anno scenderà dell’1%
rispetto al 2012, quando quest’indice era già diminuito del 9%. «Nel 2013 si esaurirà l’influenza
pag.14
15. terie prime – ha detto – e le lunghe tempistiche
che intercorrono tra l’ordine del minerale ferroso
e la sua effettiva consegna (circa un anno) hanno un impatto forte sulla redditività delle aziende siderurgiche». Cambiare modalità produttiva
per realizzare piani, secondo Maurange, non è la
soluzione «per gli alti costi dell’energia in Europa
e per il livello raggiunto dalle quotazioni del rottame». La seconda spina per l’acciaio europeo è
relativa alle quote di emissioni di CO2 consentite
che la Commissione Europea ha assegnato alla siderurgia per il 2013-2020, «un ammontare limitato che mette in difficoltà le industrie produttive.
Tra l’altro gran parte dell’acciaio importato non è
soggetto alle stesse restrizioni: l’Unione Europea
deve tenerne conto ed implementare una tassa
sul CO2 per il materiale importato». Infine, l’ultimo punto dolente elencato da Maurange è relativo alla politica comunitaria sull’import-export.
«Il mercato interno va protetto: oggi viviamo una
situazione di “free trade” ma non di “fair trade”.
Non possiamo operare in un sistema che consente
l’entrata libera di materiale da paesi dove ci sono
fortissime restrizioni all’import: è un’architettura
che non consente di operare in modo efficiente e
che va riformata».
pag.15
MAURANGE
del destoccaggio» è la previsione del dirigente di
ArcelorMittal. «In questo panorama, le sfide che
le acciaierie stanno affrontando sono principalmente due: la prima è il calo della domanda, la
seconda la regolazione dell’offerta. Per ciò che
concerne il primo aspetto credo sia necessario,
da parte delle istituzioni continentali, stimolare
la richiesta, soprattutto dei settori dell’automotive e delle costruzioni». Gli sforzi politici, seppur
necessari, però difficilmente faranno tornare le
lancette dell’orologio indietro di sei anni, al boom
del 2007. «Prima della crisi il consumo europeo
era vicino ai 200 milioni di tonnellate – ha constatato Maurange -, mentre oggi siamo nell’ordine dei 150-160 milioni di tonnellate. Anche se
aumenteranno le esportazioni in Nord Africa, in
Medio Oriente o addirittura in Turchia non penso sia realistico aspettarci in futuro un ritorno ai
volumi di qualche anno fa». Ciò, quindi, si lega
all’altra sfida per le acciaierie europee: quella
della riduzione dell’overcapacity. «È in corso un
processo di ridimensionamento dell’industria europea dell’acciaio. ArcelorMittal, per esempio, nel
2008 aveva in funzione in Europa 28 altiforni, oggi
ne ha 18. Ma il riallineamento tra produzione e
consumo non si è ancora concluso, specialmente
in Europa meridionale, dove la capacità produttiva era aumentata maggiormente ed il consumo
è calato in misura superiore». Per esemplificare
questa difficile situazione, Maurange ha citato la
situazione dello zincato a caldo in Italia: mentre
nel 2008 la domanda interna era di 3,2 milioni di
tonnellate e la capacità produttiva installata di 4,4
milioni di tonnellate, nel 2012 il consumo è sceso
sotto i 3 milioni di tonnellate e la capacità è schizzata a 6,3 milioni di tonnellate, «una situazione
industrialmente insostenibile».
Oltre a questi due aspetti, la domanda e l’offerta,
per chi produce acciaio in Europa ci sono altre tre
“spine” che, seppur di peso specifico minore rispetto al macroproblema dell’overcapacity, fanno
sentire la loro influenza negativa. Il primo aspetto
considerato da Maurange riguarda i produttori di
piani da altoforno. «La forte volatilità delle ma-
16. è NECESSARIO Selezionare I clientI peR VINCERE LA SFIDA
«Essere credibili nel chiedere soldi è un grande valore»
L
’intervento di Tommaso Sandrini, vicepresidente di
Assofermet, basato sull’analisi del mondo della distribuzione e dei centri di servizio, concentra la sua
attenzione su un ritratto delle caratteristiche fondamentali del mercato domestico del comparto, sulle prospettive di lungo periodo - sempre nell’ottica della distribuzione - della catena del valore siderurgica, e le attese,
invece, a breve termine. Il vicepresidente affronta in
apertura le caratteristiche principali del comparto della
distribuzione evidenziandone immediatamente una criticità: il tasso vertiginoso di sovrapposizione di ruolo
all’interno del mercato siderurgico nazionale. La riflessione posta in evidenza dal vicepresidente intende sotto-
lineare quanto la maglia delle relazioni commerciali tra
ciascun attore della filiera dell’acciaio sia stretta. «Tutti si
relazionano con tutti» afferma Sandrini, riferendosi
all’intreccio di business che coinvolge contemporaneamente e arriva, spesso, a sovrapporsi, in un intricato groviglio composto da acciaierie domestiche, acciaierie
d’importazione, trader, centri servizio, magazzini dal
pronto, utilizzatori finali. «I produttori nazionali forniscono direttamente gli utilizzatori finali, con una conseguente forte compressione dei margini a valle» esemplifica
Sandrini, che continua «i centri servizio hanno assunto
con sempre maggiore decisione comportamenti operativi e gestionali più propri dei trader con una presa di
posizione fortemente rischiosa sul mercato, vestendo
panni non propri della figura commerciale del centro
servizio». Situazioni che, secondo il vicepresidente di Assofermet, mettono gli utilizzatori finali in condizione di
esercitare la propria pressione su tutti gli attori della filiera. Sandrini mette quindi in guardia sulle notevoli fragilità che evidenzia la struttura del comparto della distribuzione nazionale, a sua volta già colpito, come il resto
della filiera siderurgica, dall’ondata di overcapacity, la
quale ha assunto dimensioni ancora maggiori a seguito
del triennio 2007-2010, periodo in cui la capacità produttiva ha fatto segnare un ulteriore aumento. «Non vedo,
al momento, attese di recupero dei volumi» afferma il
vicepresidente di Assofermet «abbiamo infatti visto che
il consumo apparente del mercato dei piani nel 2012 è
stato leggermente al di sopra del minimo fatto registrare
nel 2009: questo sta a significare che ci troviamo nuovamente nel punto più basso della crisi che abbiamo vissuto negli ultimi 5 anni». Secondo queste indicazioni, quindi, le attese per quest’anno continueranno a non essere
migliorative. Discorso che non vale per il trend fatto segnare dai produttori nazionali i quali hanno resistito in
maniera più decisa grazie alle esportazioni dirette verso i
pag.16
SANDRINI
Tommaso Sandrini (Vicepresidente Assofermet)
17. ne ad una reale comprensione dei rischi e delle relazioni
di business che caratterizzano le nostre aziende, spesso
articolando la valutazione del rischio come rischio di settore». Condizione che ha innescato, inoltre, un inevitabile effetto domino sulle assicurazioni le quali, a loro volta,
soprattutto dalla metà dell’ultimo anno, hanno messo in
atto una notevole restrizione degli affidamenti. L’auspicio di Sandrini, in questa direzione, sarebbe di poter interagire con un sistema bancario dalle competenze più
specifiche e legate al proprio settore, al fine di poter intrecciare una relazione che preveda una comunicazione
tra i due interlocutori – banca e azienda – basata sulla
capillare conoscenza del comparto in oggetto. Le criticità
del comparto poste sotto la lente da Tommaso Sandrini
lo inducono a rivolgere un invito a tutti gli operatori della
filiera al fine di migliorare il rapporto con il sistema creditizio: «noi dobbiamo fare un passo in avanti per dare
un’adeguata trasparenza, sviluppare capacità di comunicazione e di gestione: essere credibili nel chiedere soldi è
un grande valore». Conclude, infine, Sandrini accennando a tutti i costi di natura regolatoria, siano essi legati al
diritto del lavoro, alla sicurezza, alle normative ambientali, ai trasporti: un insieme dalle dimensioni ingenti che
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SANDRINI
mercati esteri, che hanno garantito circa 2,5 milioni di
tonnellate in più di piani rispetto a quelle consumate nel
nostro paese. La terza caratteristica evidenziata da Sandrini riguarda la genesi dell’industria siderurgica domestica, costituita da numerose piccole e medie imprese,
sorte perlopiù negli anni ’50, ’60 e ‘70, e che tutt’oggi
spesso si trovano sprovviste di una solida struttura manageriale interna e, secondo Sandrini, «questo è un elemento di fragilità del sistema italiano», soprattutto alla
luce dell’importanza sempre maggiore che, soprattutto
nei centri servizio, stanno acquisendo gli asset intangibili,
composti da competenze dei venditori, di coloro che devono valutare le controparti con cui si sceglie di lavorare,
e dalle capacità di gestione del portafoglio ordini sia in
entrata che in uscita. Un capitolo a sé va dedicato al credit crunch, alla sempre più asfissiante morsa creditizia,
che vede nel sistema bancario e in quello assicurativo i
suoi attori. «Vedo il sistema bancario in grandissima difficoltà nell’erogazione del credito - descrive Sandrini - e
credo che non avverta con chiarezza i rischi che un tale
atteggiamento comporti: personalmente, infatti, ritengo
che il processo di istruttoria fidi oggi abbia una natura
prettamente documentale e non preveda un’inclinazio-
18. attualmente dalla Bce allo 0,50% - è stato permesso il
mantenimento sul mercato di realtà industriali con un
altissimo grado di indebitamento accostato ad uno stato
di salute finanziario precario, infettando il mercato sino a
deprimerlo. Di contro, però, nell’Ue la crescita viene
ostruita dalla mancata emissione di denaro; un fattore
che, in Italia, stride ulteriormente se sommato alla ingente pressione fiscale. Messaggi discordanti, quindi, che,
secondo il vicepresidente, rendono impossibile una manovra compatta e lineare di rimessa in moto della macchina economica continentale. Stringendo la visione,
infine, esclusivamente al comparto della distribuzione e
sul breve periodo, il vicepresidente di Assofermet si attende una fase di ripresa a cavallo della fine dell’anno,
«seguita da un deterioramento in cui non vedo, però spiega Sandrini - alcun rischio di crollo delle quotazioni,
bensì un approccio estremamente prudente all’acquisto
da parte della distribuzione».
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SANDRINI
va ad assottigliare i margini, ad erodere la patrimonialità
e che aumenta esponenzialmente il rischio legato alla
scelta dei propri clienti. Le prospettive di lungo periodo
della catena del valore siderurgica, secondo il vicepresidente, si aprono con un cambiamento: partendo con
l’analisi dagli utilizzatori finali, in futuro si ragionerà sempre meno per settori e sempre più frequentemente per
azienda. «È in corso un processo di forte selezione dei
clienti finali e i fattori che determineranno vincitori e
sconfitti saranno specifici della singola azienda e non del
settore» spiega Sandrini, che sottolinea, ancora una volta, l’importanza di saper indagare prima e scegliere poi,
con estrema cura, i propri interlocutori commerciali,
escludendo riferimenti di settore che, in futuro, non si
riveleranno più attendibili come in passato. Le prospettive legate al comparto dei centri servizio vedranno un
futuro ancora all’insegna della sofferenza. A decretare la
sopravvivenza o meno delle realtà industriali, secondo
Sandrini, non sarà tanto l’assottigliamento dei margini –
condizione che, per il vicepresidente, produce una «lenta agonia» – bensì le insolvenze dei clienti acuite, sottolinea, «dalle normative relative ai concordati in continuità
che permettono di collettivizzare perdite del soggetto
non efficiente nel sistema». Inoltre, secondo il vicepresidente, se gli esperimenti sino ad ora attuati di integrazione di centri servizio all’interno delle acciaierie si sono dimostrati poco soddisfacenti, il futuro vedrà prendere
sempre maggiormente piede la distribuzione integrata.
All’orizzonte, però, si profila una minaccia, come avverte
Sandrini: «la maggiore selezione e una strutturazione
più capillare che si stagliano nel futuro degli utilizzatori
finali potrebbero mettere in parte a rischio i rapporti di
buon vicinato tra operatori domestici e distribuzione».
Per tentare di limitare tale rischio, Sandrini invita a ricercare e a trovare un nuovo equilibrio su ogni livello della
filiera, «su valori molto più bassi rispetto al passato» specifica «in cui si dovrà affrontare il lungo e doloroso processo di una riduzione del mercato totale del 30% che
non si potrà gestire in maniera organizzata». Sandrini,
inoltre, analizza il sistema Italia e il sistema Europa e le
strategie attuate per affrontare la crisi economica: dal
2001, con il costo del denaro molto basso – fissato anche
19.
20. comparto inox:
Si accentua la depressione
D
opo otto mesi dal 5° Stainless Steel Market
Outlook tenutosi in un afoso pomeriggio
sulla sponda occidentale del lago d’Iseo,
le vicende legate alle filiere degli acciai inossidabili seguitano a destare viva preoccupazione. Da
allora, infatti, gli effetti negativi della crisi della domanda di prodotti inox si sono progressivamente
accentuati: lo prova la figura 1, che comprende le
curve di prezzo dei metalli e delle ferroleghe interessate dalle produzioni inox. Come si può osservare, dal primo trimestre 2011, quando si fissarono i
massimi più recenti, le quotazioni del ferro-cromo
e del ferro-molibdeno rilevate a Londra hanno ceduto rispettivamente il 16,3% e il 39,5%. A partire
dallo stesso periodo, e fino al mese di settembre
2012, i prezzi del nickel sono invece sprofondati
del 46,6%: la peggiore performance tra i metalli
non ferrosi quotati al London Metal Exchange, che
nel loro complesso, nel medesimo arco temporale, si sono mediamente deprezzati del 29%. Successivamente ai minimi, le quotazioni del nickel
e del ferro-cromo reagiscono rispettivamente del
21,2% e del 4,6%, delineando così i limiti superiori
di altrettanti ideali canali laterali entro cui fluttuano tuttora entrambe le commodity.
Le prospettive del nickel appaiono fortemente
condizionate dall’entità delle giacenze di metallo
accumulate nei magazzini del mercato londinese
(istogramma a piè di grafico): con un incremento
di oltre il 100% nel corso dell’ultimo anno, l’evoluzione degli stock ufficiali rappresenta un formidabile fattore depressivo, che in questa fase storica
ostacola ogni tentativo di ripresa dei prezzi.
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FORNASINI
Achille Fornasini (Chief analyst Siderweb)
21. Non molto diversa è l’evoluzione dei prezzi della
serie 316: in questo caso la dinamica declinante si
estende fino al mese di dicembre 2012 (-26,1%)
per poi reagire e assestarsi nel quadro di uno stallo,
che ben interpreta la fase di stagnazione corrente.
Sul fronte ferritico, come mostra la figura 3 dedicata alle lamiere a freddo della serie 430, l’indebolimento delle quotazioni inizia un anno prima dei
prodotti austenitici per concludersi nel dicembre
2011 dopo un calo complessivo del 21,6%. Segue
una reazione del 13,1%, che fissa il limite superiore
del corridoio laterale entro il quale i prezzi continueranno a fluttuare anche nei prossimi mesi.
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FORNASINI
I prezzi inox
L’altissima concordanza evolutiva tra le quotazioni
del nickel e i prezzi inox di natura austenitica si osserva nella figura 2, che illustra gli andamenti dei
prezzi, da intendersi finiti e praticati dalla distribuzione all’utilizzo finale, riferiti ai prodotti piani rilevati da Siderweb: le lamiere da 2 millimetri a freddo e a caldo della serie 304 e della serie 316. Si noti
come, nel periodo aprile-dicembre 2011, i prezzi
dei due prodotti della serie 304 cedano il 26,2% (a
caldo) e il 27,1% (a freddo) per poi recuperare rispettivamente il 16,5% e il 19,4%. Da allora si consolida una deriva oscillatoria laterale connotata da
volatilità decrescente.
22.
23. Quo vadis inox?
Scenari ed evoluzione del mercato
Q
uo vadis inox? Dove vai inossidabile? Potrebbe essere riassunta nel titolo scelto
per il proprio intervento dall’analista di
Smr Markus Moll l’edizione 2013 dello Stainless
Steel Market Outlook, ospitata all’interno della
conference and exhibition dell’acciaio Made in
Steel. Oltre al noto analista austriaco il panel dei
relatori era composto da Achille Fornasini (Chief
Analyst Siderweb), Antonio Marcegaglia (Amministratore Delegato Gruppo Marcegaglia), Susanne
Peiricks (CEO Schmolz-Bickenbach Europe), Timoteo Di Maulo (Chief Executive Officer – Services &
Solutions Aperam) e Thomas Pauly (Direttore Euro
Inox). Moderati dal giornalista de «Il Sole 24 Ore»
Lello Naso, i sei relatori hanno provato a disegnare
il quadro delle attualità e prospettive degli acciai
inossidabili.
È stato Moll a rompere il ghiaccio, condendo il
proprio intervento, sempre molto dettagliato, con
quel pizzico di ironia che ne contraddistingue ogni
presentazione. L’analista parte dai dati globali del
comparto, sottolineando come nel 2012 i volumi
dei piani siano saliti del 2% rispetto all’anno precedente, contro una riduzione dei lunghi in inox
del 3%. Questa dinamica, però, si scontra con una
situazione migliore dei lunghi dal punto di vista
della redditività: la percentuale di prodotti ad alto
valore aggiunto per il comparto lunghi rappresenta
infatti il 19% del totale, mentre a quelli commoditizzati spetta il 42% del totale, contro i piani in cui
ben il 51% dei volumi totali figura come prodotti a
basso valore aggiunto mentre solo l’11% è ad alto
valore aggiunto.
Spostandosi nel continente europeo, Moll rileva
che «oltre il 60% delle importazioni arriva da Cina,
Giappone e Corea. Per quanto alla domanda di piani si può notare come a fronte del 6% di ribasso
dell’Italia, si sia verificato un incremento dell’1%
per la Germania, con l’Europa che mantiene la
propria produzione a 4,55 milioni di tonnellate. A
livello di profittabilità Acerinox è rimasta la migliore insieme ad Aperam, anche se tuttavia i valori
restano negativi».
pag.23
6° SSMO
6° Stainless Steel Market Outlook
24. protezionismo e la nascita di nuovi paesi low-cost.
In aggiunta si innesteranno anche cambiamenti
nel sistema del design e un’attenzione all’austerità fiscale da parte degli stati in relazione anche ad
un nuovo ordine politico guidato dalla crescita dei
paesi Bric. Infine grande impatto lo avrà anche la
“vita digitale” e il consumo di informazioni in mobilità.
«I driver legati ai settori utilizzatori resteranno
comunque quelli visti finora – spiega Moll -. L’acciaio prodotto verrà assorbito ancora al 37% dal
comparto alimentare, al 12% dai trasporti, la stessa percentuale dell’oil and gas, a cui si aggiunge il
17% legato all’architettura e il 19% dell’industria
di processo e delle risorse naturali». Per ciò che
concerne le previsioni produttive, nel 2013 il mondo crescerà del 4% (+1,255 milioni di tonnellate)
rispetto al 2012. L’Europa sarà l’unica area a restare negativa con un -1%, l’America salirà del 4%,
mentre la Cina toccherà addirittura il +7%, seguita
dal resto dell’Asia a +3%. A lungo termine la capacità produttiva resterà superiore al consumo fino
al 2015, per poi arrancare a tenere il passo della
richiesta nel quinquennio 2016-2020. Il 2013 sarà
però l’anno del ritorno alla marginalità: dopo un
periodo di sopravvivenza le aziende dovrebbero
tornare a rivedere gli utili frutto sia del processo di
riduzione della overcapacity, sia ai piani di crescita
delle performance».
Moll ha quindi concluso l’intervento con una simpatica statistica in cui il consumo di inossidabile per
gli acquisti legati all’universo femminile si asseste-
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6° SSMO
Dopo aver descritto lo status quo del mercato,
Moll ha spostato il focus sull’Italia, stimando che
la produzione nel 2012 abbia raggiunto 1,5 milioni
di tonnellate (+9% sul 2011), un dato leggermente inferiore a quello dell’export che, grazie ad una
crescita dell’8%, è ammontato a 1,55 milioni di
tonnellate. In calo invece import e consumi, scesi
entrambi del 10%, rispettivamente a quota 998 e
955 mila tonnellate.
Tornando ad un focus internazionale, «sul fronte
materie prime il vero elemento che ha cambiato
i giochi è stato l’avvio di utilizzo del nickel pig iron
(NPI) da parte della Cina. Una materia prima che
ha portato a calmierare i prezzi del nickel, data la
possibilità di utilizzarlo in modo profittevole quando il nickel al LME è scambiato a prezzi compresi
tra i 7 ed i 13 dollari la libbra. Questi valori, però,
sono destinati a salire nel prossimo futuro dal
momento che il prezzo dell’energia in Cina è artificialmente basso: quando cambierà secondo le
regole del mercato il range di convenienza del NPI
varierà tra i 10,3 ed i 16,5 dollari la libbra». Sempre nell’ambito degli input produttivi, ferrocromo
e ferromolibdeno si sono dimostrati più stabili negli ultimi anni. «Per l’ultimo trimestre dell’anno mi
aspetto che si possa verificare un recupero del nickel, una stabilità del cromo e una discesa invece
nel molibdeno».
Per le prospettive future Moll ha identificato otto
«megatrend» globali , approfonditi anche da Pauly, che guideranno i consumi di acciaio e non solo.
In primo luogo la popolazione, che vede un incremento della salute e del lavoro femminile contro
una riduzione delle nascite. C’è poi l’energia, con
un aumento delle criticità di accesso alle fonti
energetiche, un’incertezza per i futuri motori dei
mezzi di trasporto e una riduzione del mix energetico. L’accesso alle risorse sarà sempre più critico:
poca acqua potabile e riserve di materie prime limitate. La globalizzazione darà luogo a un maggiore equilibrio nei costi globali, una riduzione del neo
25. to molto «asciutto», ha affidato ad una serie di
«note» la descrizione dello scenario attuale dei
prodotti inossidabili e in particolare dei tubi, oltre ai nodi cruciali dei costi della materia prima e
dell’overcapacity.
«La forte competitività a livello globale ha da anni
spinto al ribasso i prezzi e ridotto i margini a livelli
insostenibili. Si stima che solo in Europa i principali
operatori abbiano accumulato negli ultimi 5 anni
perdite operative per 2,5 miliardi di euro. Anche in
Asia pochissimi operatori nei prodotti piani hanno
risultati positivi. Solo una ristrutturazione o un consolidamento dell’offerta può ri-bilanciare gli squilibri nella catena del valore». Marcegaglia ha anche
invocato «un sistema più realistico per il calcolo
dell’extra lega, che ripristinerebbe negli operatori
comportamenti meno “speculativi” e volatili». Una
proposta rimarcata anche da Markus Moll, secondo cui il sistema di «fissazione» degli extra di lega
dovrà necessariamente «evolvere» per riportare il
potere negoziale nelle mani degli operatori e non
degli speculatori finanziari.
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6° SSMO
rebbe attorno ai 10,3 chilogrammi a testa, contro
i 3,6 chilogrammi degli uomini. «Quindi -conclude
Moll- se volete aumentare volumi e affari, lasciate
la carta di credito nelle mani di vostra moglie».
Di Maulo ha rimarcato come sia necessario per
tutte le aziende ripercorrere il medesimo sentiero
intrapreso da Aperam sul fronte dell’ottimizzazio
ne delle performance aziendali. Secondo di Maulo sarà proprio questa la chiave di volta per poter
sfruttare appieno il recupero che sembrerebbe
stagliarsi all’orizzonte dei prodotti in inox, nickel
permettendo. «Ora sopravvive chi effettivamente
è in grado di essere più performante» ha ribadito Di Maulo, precisando che non sarà più come in
passato quando i risultati negativi di alcune divisioni venivano compensati da quelli di altre più competitive.
Una ventata di ottimismo per il settore è stata fornita dall’intervento del CEO di Schmolz-Bickenbach
Europe Susanne Peiricks, che ha presentato una
serie di cifre positive soprattutto in prospettiva futura.
«La domanda complessiva di prodotti lunghi in
acciaio inox crescerà fino al 2016 del 4% annuo ha spiegato Susanne Peiricks -. In particolare nel
comparto automotive le nostre stime parlano mediamente di un impiego di 5 chilogrammi di lunghi
in inossidabile a veicolo, il che si traduce in una
necessità globale di almeno 530 mila tonnellate
all’anno che salgono a 950 mila tonnellate se si
considerano anche gli scarti di lavorazione, numeri
che per l’Europa si traducono in 120 mila tonnellate di esigenza e 210 mila tonnellate di richiesta
potenziale». Ulteriori settori promettenti, secondo
il Ceo di Schmolz-Bickenbach, saranno il comparto costruzioni, le fonti energetiche alternative, gli
orologi, l’aerospaziale e la biomedica, che potrebbe crescere anche dell’8% fino al 2016.
A concludere la carrellata di interventi, ponendo
particolare attenzione al mercato domestico, è
stato Antonio Marcegaglia che, con un interven-
26.
27. I servizi video di Siderweb
Al termine di entrambi gli Steel Market Outlook la redazione di Siderweb ha realizzato dei video servizi
sull’evento. Il filmati, contengono interviste esclusive con Tommaso Sandrini (vice presidente Assofermet), Jean-Luc Maurange (Chief Executive Officer of Flat Carbon Europe Business Division South West e
Vice President di ArcelorMittal), Pierre Mangers (Executive Director Performance Improvement Ernst &
Young), Ralph Oppenheimer (Executive Chairman Stemcor) e Markus Mool (Smr). I contenuti video visibili cliccando sulle immagini sottostanti.
Le previsioni del mercato dell’acciaio allo Steel Market Outlook
Le previsioni dello Stainless Steel Market Outlook
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