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News 40/SA/2016
Lunedì, 03 Ottobre 2016
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Nella settimana n.40 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 49 (7 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Bulgaria per clorpirifos in
peperoni provenienti dalla Turchia; notificato dalla Grecia per clorpirifos in limoni
provenienti dalla Turchia; notificato dall’Italia per non autorizzato nuovo alimento
ingrediente Euryale ferox in grano proveniente dalla Cina; notificato dall’Olanda per
ocratossina A nel riso basmati marrone proveniente dall’India e per aflatossine in
arachidi sgusciate provenienti dagli USA.
Allerta notificata dall’Italia per: Listeria in salmone affumicato affettato refrigerato
confezionato sottovuoto proveniente dalla Lituania; piombo in carne di maiale
congelato proveniente dall’Olanda; livello residuo al di sopra LMR per
Sulfadimethoxine negli insaccati di cinghiale secchi provenienti dall’Italia.
Allerta notificati: notificato dal Lussemburgo per non dichiarati solfiti in ciliegie in
succo d’uva in vasi provenienti dalla Germania, via Belgio; notificato dalla Svezia
per salmonella in salami provenienti dall’Italia; notificato dalla Francia per focolaio
di origine alimentare sospettato di essere causato da cozze cotte intere congelate
provenienti dall’Irlanda e per mercurio in lombi di pesce spada congelati
provenienti dalla Spagna; notificato dalla Polonia per Salmonella in ali di tacchino
congelate provenienti dalla Polonia.
Nella lista delle informative notificate troviamo: notificata dall’Italia presenza di
listeria monocytogenes in gamberetti cotti whiteleg (Penaeus vannamei) provenienti
dalla Spagna e salmonella in proteine animali trasformate categoria 3 provenienti
dalla Polonia; notificata dall’Olanda per strisce di pancetta refrigerate provenienti
dall’Olanda con la confezione difettosa.
Fonte: rasff.eu
Cattiva alimentazione: in un rapporto presentato uno scenario catastrofico tra
obesità, malnutrizione e fame.
La cattiva alimentazione minaccia un abitante del pianeta su tre. C’è poi anche la
paradossale coesistenza tra la malnutrizione, che impedisce a un bambino su
quattro di crescere in maniera corretta, e la sovralimentazione, che renderà obeso
o comunque in sovrappeso un essere umano su tre entro il 2030. Basterebbero questi
estremi a tratteggiare il disastro che incombe sul genere umano, via via che la
popolazione aumenta, il riscaldamento globale diventa più marcato e le politiche
delle grandi multinazionali del food riescono a imporre diete di scarsissima qualità
nutrizionale e altissimo valore calorico. Ma nel rapporto presentato alla Food and
Agriculture Organization (FAO) dal gruppo indipendente di esperti Global Panel on
Agriculture and Food Systems for Nutrition, c’è molto di più. Numeri, cifre, tabelle
rendono proiezioni e stime sinistramente realistiche. Per esempio, c’è il fatto che
entro il 2030 ben due miliardi di esseri umani si alimenteranno con cibi che non
garantiranno loro il giusto quantitativo di vitamine e minerali, indispensabile per
mantenere un buono stato di salute. Ciò andrà ad aumentare il numero di persone
che soffrono di ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e di tutte le patologie
associate all’abuso di grassi saturi, zuccheri, sale.
Le conseguenze sulla salute e sui sistemi sanitari saranno peggiori di quelle causate
da fumo, uso di acque non sicure, inquinamento atmosferico o rapporti sessuali a
rischio. Per questo quello che bisogna intraprendere e sostenere è uno sforzo
globale non diverso da quello messo in campo contro l’HIV o la malaria. Anche
perché tra le vittime principali ci sono i bambini, gli adulti di domani: un quarto di
quelli che oggi hanno meno di cinque anni mostra i segni della malnutrizione della
madre, e cioè ridotte capacità cognitive e sviluppo fisico non armonico e
completo. Questo fenomeno in alcuni paesi è macroscopico, in Guatemala, per
esempio, più del 40% dei bambini è troppo basso per l’età.
In quel paese, come in molti altri, le differenze sociali, negli ultimi anni, si sono acuite,
e hanno reso i poveri sempre più poveri e più tentati dal junk food, che costa poco
ma che non assicura loro i giusti quantitativi di vegetali freschi, derivati del latte e
proteine nobili, con i risultati che sono ormai sotto gli occhi di tutti.
Qualcosa di analogo si verifica in Africa, dove solo pochi paesi riescono a coniugare
la diminuzione della carenza di cibo alla qualità dello stesso. Tra questi c’è il Ruanda
che, anche grazie ai fagioli arricchiti in ferro coltivati in tutto il paese, sta vedendo
rapidamente scendere l’incidenza dell’anemia infantile, o come la Corea del Sud,
dove l’obesità è ferma al 6% anche se il tasso di povertà e quindi di malnutrizione da
carenza negli ultimi anni è sceso molto. Al contrario, vi sono paesi come la Cina
dove la situazione sembra sfuggire a ogni controllo, se è vero che entro il 2030 un
cinese su due sarà, come affermano molte stime, in sovrappeso od obeso.
In totale, a livello planetario il numero degli obesi e di coloro che hanno un indice di
massa corporea (IMC) fuori dalla norma passerà dagli 1,3 miliardi del 2005 ai 3,3
miliardi del 2030: un essere umano su tre, appunto. E ciò significa, tra l’altro, una
perdita netta di produttività di Africa e Asia comprese tra il 3 e il 16% dei PIL globale
(per avere un termine di paragone: la crisi del 2008 ha causato perdite del 10%, cioè
quanto quella media provocata dalle diete sbagliate, ma è stata circoscritta nel
tempo).
Gli esperti sottolineano poi un altro paradosso: la fame nel mondo diminuisce, e
l’apporto di vegetali aumenta. Ma gli effetti benefici di una dieta con più vitamine e
sali minerali sono annullati dal junk food che, con la crescente, inarrestabile
urbanizzazione, non sembra avere reali nemici, nella sua avanzata.
Infine, anche il riscaldamento globale contribuirà ad aggravare la situazione: non
solo per le migrazioni indotte, ma anche perché, pur aumentando le zone coltivabili
in alcune aree del pianeta, faranno diminuire le stesse in altre. Parallelamente il
fenomeno renderà molte colture meno valide dal punto di vista nutrizionale;
l’elevato contenuto in CO2 dell’atmosfera, per esempio, farà calare quello di zinco
nelle granaglie, nei tuberi e nei legumi. Nel 2050, secondo gli esperti del Panel, 138
milioni di persone non ne assumeranno abbastanza.
Le persone, concludono, vanno nutrite, non semplicemente alimentate. Per farlo,
bisogna muoversi adottando alcune direttive come:
– Favorire la scelta di vegetali freschi, alimenti integrali, noci e semi e proteine a
basso contenuto di acidi grassi saturi;
– Ridurre zuccheri aggiunti, snack e bevande zuccherate, sale e carni lavorate;
– Allattare al seno i neonati almeno fino ai sei mesi di età. (Articolo di Agnese
Cadignola)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Vietati piatti di plastica, bicchieri e utensili. La Francia è il primo paese al mondo ad
approvare (con fatica) una legge che entrerà in vigore nel 2020.
In Francia dal 1 gennaio 2020 potranno essere messe in commercio solo stoviglie
monouso idonee al compostaggio domestico (secondo la norma francese NF T51-
800 o equivalente) e contenenti almeno il 50% di materiali bio-based (proveniente
da fonti rinnovabili), quota che salirà al 60% a partire dal 1 gennaio 2025. La misura
che ha visto la luce con il decreto attuativo datato 30 agosto 2016, completa il
pacchetto del Ministero dell’ambiente francese sulla “Transizione energetica e la
crescita verde”. Gli ecologisti avrebbero voluto che il divieto venisse introdotto già
nel 2017, ma diverse forme di opposizione hanno rinviato l’entrata in vigore.
La disposizione è stata ritenuta antisociale dal ministro dell’ambiente Ségolène
Royal: “Le stoviglie di plastica sono spesso utilizzate dalle famiglie più povere – ha
commentato Royal – e sono anche utili nelle occasioni di socialità oltre ad essere
usate nelle prigioni, negli ospedali e in altre mense pubbliche”. Eamonn Bates,
rappresentante della confederazione europea dei produttori, Pack2Go, ha
giudicato inutile perché “non risolverà l’inquinamento ambientale “. La stessa
associazione sostiene che molti materiali biodegradabili non si possono usare per
bevande e pasti caldi e che il fatto di essere considerati meno inquinanti porterà le
persone ad abbandonarle ancora di più nell’ambiente senza curarsi del corretto
smaltimento.
Nonostante un iter parlamentare complesso e accidentato (a febbraio, il Senato
aveva bocciato la proposta, rispuntata poi all’Assemblée Nationale), la misura è
stata approvata con grande entusiasmo degli ecologisti. Ma non è ancora detta
l’ultima parola perché la Federazione europea dei trasformatori di materie plastiche,
EuPC ha chiesto l’intervento della Commissione europea, in quanto la legge
violerebbe il principio della libera circolazione delle merci. Quindi è ancora tutto da
vedere e da seguire anche perché l’impatto non è indifferente: ogni anno in
Francia sono prodotti 4,73 miliardi di stoviglie di plastica e solo l’1% viene riciclato.
La notizia ha fatto il giro del mondo. Una delle possibili conseguenze è che la
Francia possa diventare un esempio da seguire per altri Paesi con un rilevante
impatto sull’economia del settore.
L’Italia è uno dei principali produttori europei di stoviglie monouso usa e getta in
plastica: ne vengono vendute circa 115.000 tonnellate all’anno (un consumo pro
capite pari a 1,9 kg), utilizzate sia per la gestione di grandi eventi sia per mense
private e pubbliche. Un set di stoviglie monouso costituito da piatto, bicchiere e due
posate in plastica pesa circa 40 g e rappresenta circa il 16% del peso dei rifiuti
complessivi generati da un pasto. Tra le curiosità geografiche, si evidenzia che in
Sicilia vengono usate una quantità di stoviglie superiore rispetto a quelle di: Liguria,
Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia messe insieme.
Le voci delle associazioni industriali italiane non hanno tardato a farsi sentire: il
gruppo Pro.mo (produttori di articoli monouso in plastica in seno a Unionplast)
sostiene che l’approccio francese sia completamente sbagliato. A giustificazione di
questa posizione, vengono citati i risultati dell’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) delle
stoviglie monouso utilizzate nella ristorazione collettiva, condotto da Pro.mo con il
supporto tecnico della società di consulenza QuotaSette. Sono dati secondo
cui: “l’impatto ambientale del ciclo di vita delle stoviglie monouso in polipropilene e
polistirene risulta mediamente inferiore rispetto a quello delle stoviglie compostabili
in acido polilattico (PLA) e polpa di cellulosa” e su cui si era basata la campagna
pubblicitaria di pro.mo. Non va dimenticato però che lo IAP (Istituto di autodisciplina
pubblicitaria) aveva ritenuto la campagna fondata su questi dati “ingannevole,
ordinandone la cessazione immediata”.
In un comunicato stampa, datato 26 settembre, Pro.mo richiama nuovamente uno
studio di LCA (Life Cycle Assessment) in cui si confrontano stoviglie di plastica e
stoviglie in materiale biodegradabile arrivando alla conclusione che “non ci sono
prove che la produzione e lo smaltimento delle stoviglie biodegradabili abbiano un
impatto ambientale migliore di quelle in plastica: anzi, ci sono prove scientifiche che
dimostrano esattamente il contrario”. Il comunicato conclude con un’osservazione
di carattere squisitamente politico-economico: “sembra che la Francia non perda il
vizio di varare a cuor leggero misure che danneggiano le economie “altre”, mentre
è sempre molto attenta a proteggere la propria. L’industria italiana del settore
realizza volumi importanti in Francia, mentre i danni arrecata all’industria francese
da questa norma sono assai modesti”. (Articolo di Luca Foltran)
Fonte: www.ilfattoalimentare.it
Drunkoressia
Diverse sono le malattie legate a disturbi alimentari che purtroppo colpiscono
soprattutto i più giovani. Oltre a quelle più conosciute come anoressia e bulimia, ce
ne sono altre di cui si parla meno, ma non per questo meno gravi: una di queste è la
drunkoressia, una malattia legata ad una grave abuso di bevande alcoliche molto
più grave dell’alcolismo per i suoi possibili drammatici effetti acuti. Questa “disturbo”
alimentare, o meglio una vera e propria malattie, è caratterizzata dall’assunzione di
elevate quantità di bevande alcoliche a digiuno. Risulta che alcuni, prima di iniziare
a bere, provocano il vomito per vuotare interamente lo stomaco.
Un motivo per cui i “drunkoressici” bevono alcol a digiuno è che vogliono evitare di
assumere altri nutrienti calorici contenuti nel cibo. In pratica l’unica fonte energetica
alimentare diviene l’alcol.
Quindi paradossalmente le persone ammalate sono magari convinte di seguire un
regime dietetico che consente loro di evitare il sovrappeso e l’obesità.
Altro risultato che si ottiene bevendo a digiuno è quello di un rapido assorbimento
dell’alcol anche a livello gastrico e quindi il raggiungimento quasi immediato dello
stato di ubriachezza.
In pratica si provoca uno stato di intossicazione acuta da alcol con le conseguenze
ben conosciute sulla perdita di coscienza ed altri disturbi neuro comportamentali.
I disturbi acuti provocati dall’ubriachezza sono reversibili. Può essere sufficiente
smettere di bere per uno – due giorni (dipende dalla quantità di alcol assunto e
dalla costituzione fisica di ciascun individuo), per ritornare in condizioni normali.
Bisogna però passare una fase di disturbi (spossatezza, sonnolenza, mal di testa,
ecc.) alle volte anche dolorosi. Probabilmente chi abusa abitualmente di alcol non
vuole avere questi disturbi e quindi continua a bere perdendo completamente lo
stato cosciente.
I “drunkoressici” oltre che avere dei problemi fisici personali, sono anche un grave
problema sociale. Queste persone possono venirsi a trovare in breve tempo nelle
condizioni di incapacità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Hanno poi bisogno
di assistenza che spesso i familiari non possono fornire. Infine, venendosi trovare in
uno stato di incoscienza, possono divenire pericolosi per sé e per chi sta a loro
vicino.
Gli effetti a lungo termine di una assunzione eccessiva di alcol sono devastanti e
molti studi hanno dimostrato che l’alcol è una sostanza cancerogena.
Purtroppo le persone ammalate di “drunkoressia” (ma anche quelle affette da
alcolismo) cercano di nascondersi e di non fare conoscere la loro malattia che
spesso, in particolare quelli meno gravi, è conosciuta soltanto in ambito familiare.
Bisogna invece portare a conoscenza dei cittadini che esistono strutture dedicate
alla cura delle malattie causate dall’abuso di alcol disseminate in tutto il Paese
(Centri alcolisti anonimi, AUSL, ospedali,CUFRAD, ecc.) i cui indirizzi si possono trovare
navigando in internet.
Il ricorso a Centri specializzati può evitare di venirsi a trovare in condizioni di
irreparabilità e consentire di ritornare ad una vita normale.
Ovviamente la famiglia e gli amici possono fare molto tenendo sotto controllo le
persone a rischio “alcol” (soprattutto i giovani) e se si accorgono della esistenza del
problema, non sottovalutarlo, ma intervenire con la dovuta cautela e delicatezza
ricorrendo, se necessario, anche all’aiuto delle strutture sanitarie preposte. (Dal blog
di Agostino Macrì)
Fonte: www.sicurezzalimentare.it

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  • 1. News 40/SA/2016 Lunedì, 03 Ottobre 2016 Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi Nella settimana n.40 del 2016 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 49 (7 quelle inviate dal Ministero della salute italiano). Tra i lotti respinti alla frontiera si segnalano: notificato dalla Bulgaria per clorpirifos in peperoni provenienti dalla Turchia; notificato dalla Grecia per clorpirifos in limoni provenienti dalla Turchia; notificato dall’Italia per non autorizzato nuovo alimento ingrediente Euryale ferox in grano proveniente dalla Cina; notificato dall’Olanda per ocratossina A nel riso basmati marrone proveniente dall’India e per aflatossine in arachidi sgusciate provenienti dagli USA. Allerta notificata dall’Italia per: Listeria in salmone affumicato affettato refrigerato confezionato sottovuoto proveniente dalla Lituania; piombo in carne di maiale congelato proveniente dall’Olanda; livello residuo al di sopra LMR per Sulfadimethoxine negli insaccati di cinghiale secchi provenienti dall’Italia. Allerta notificati: notificato dal Lussemburgo per non dichiarati solfiti in ciliegie in succo d’uva in vasi provenienti dalla Germania, via Belgio; notificato dalla Svezia per salmonella in salami provenienti dall’Italia; notificato dalla Francia per focolaio di origine alimentare sospettato di essere causato da cozze cotte intere congelate provenienti dall’Irlanda e per mercurio in lombi di pesce spada congelati provenienti dalla Spagna; notificato dalla Polonia per Salmonella in ali di tacchino congelate provenienti dalla Polonia. Nella lista delle informative notificate troviamo: notificata dall’Italia presenza di listeria monocytogenes in gamberetti cotti whiteleg (Penaeus vannamei) provenienti dalla Spagna e salmonella in proteine animali trasformate categoria 3 provenienti dalla Polonia; notificata dall’Olanda per strisce di pancetta refrigerate provenienti dall’Olanda con la confezione difettosa. Fonte: rasff.eu
  • 2. Cattiva alimentazione: in un rapporto presentato uno scenario catastrofico tra obesità, malnutrizione e fame. La cattiva alimentazione minaccia un abitante del pianeta su tre. C’è poi anche la paradossale coesistenza tra la malnutrizione, che impedisce a un bambino su quattro di crescere in maniera corretta, e la sovralimentazione, che renderà obeso o comunque in sovrappeso un essere umano su tre entro il 2030. Basterebbero questi estremi a tratteggiare il disastro che incombe sul genere umano, via via che la popolazione aumenta, il riscaldamento globale diventa più marcato e le politiche delle grandi multinazionali del food riescono a imporre diete di scarsissima qualità nutrizionale e altissimo valore calorico. Ma nel rapporto presentato alla Food and Agriculture Organization (FAO) dal gruppo indipendente di esperti Global Panel on Agriculture and Food Systems for Nutrition, c’è molto di più. Numeri, cifre, tabelle rendono proiezioni e stime sinistramente realistiche. Per esempio, c’è il fatto che entro il 2030 ben due miliardi di esseri umani si alimenteranno con cibi che non garantiranno loro il giusto quantitativo di vitamine e minerali, indispensabile per mantenere un buono stato di salute. Ciò andrà ad aumentare il numero di persone che soffrono di ipertensione, diabete, malattie cardiovascolari e di tutte le patologie associate all’abuso di grassi saturi, zuccheri, sale. Le conseguenze sulla salute e sui sistemi sanitari saranno peggiori di quelle causate da fumo, uso di acque non sicure, inquinamento atmosferico o rapporti sessuali a rischio. Per questo quello che bisogna intraprendere e sostenere è uno sforzo globale non diverso da quello messo in campo contro l’HIV o la malaria. Anche perché tra le vittime principali ci sono i bambini, gli adulti di domani: un quarto di quelli che oggi hanno meno di cinque anni mostra i segni della malnutrizione della madre, e cioè ridotte capacità cognitive e sviluppo fisico non armonico e completo. Questo fenomeno in alcuni paesi è macroscopico, in Guatemala, per esempio, più del 40% dei bambini è troppo basso per l’età. In quel paese, come in molti altri, le differenze sociali, negli ultimi anni, si sono acuite, e hanno reso i poveri sempre più poveri e più tentati dal junk food, che costa poco ma che non assicura loro i giusti quantitativi di vegetali freschi, derivati del latte e proteine nobili, con i risultati che sono ormai sotto gli occhi di tutti.
  • 3. Qualcosa di analogo si verifica in Africa, dove solo pochi paesi riescono a coniugare la diminuzione della carenza di cibo alla qualità dello stesso. Tra questi c’è il Ruanda che, anche grazie ai fagioli arricchiti in ferro coltivati in tutto il paese, sta vedendo rapidamente scendere l’incidenza dell’anemia infantile, o come la Corea del Sud, dove l’obesità è ferma al 6% anche se il tasso di povertà e quindi di malnutrizione da carenza negli ultimi anni è sceso molto. Al contrario, vi sono paesi come la Cina dove la situazione sembra sfuggire a ogni controllo, se è vero che entro il 2030 un cinese su due sarà, come affermano molte stime, in sovrappeso od obeso. In totale, a livello planetario il numero degli obesi e di coloro che hanno un indice di massa corporea (IMC) fuori dalla norma passerà dagli 1,3 miliardi del 2005 ai 3,3 miliardi del 2030: un essere umano su tre, appunto. E ciò significa, tra l’altro, una perdita netta di produttività di Africa e Asia comprese tra il 3 e il 16% dei PIL globale (per avere un termine di paragone: la crisi del 2008 ha causato perdite del 10%, cioè quanto quella media provocata dalle diete sbagliate, ma è stata circoscritta nel tempo). Gli esperti sottolineano poi un altro paradosso: la fame nel mondo diminuisce, e l’apporto di vegetali aumenta. Ma gli effetti benefici di una dieta con più vitamine e sali minerali sono annullati dal junk food che, con la crescente, inarrestabile urbanizzazione, non sembra avere reali nemici, nella sua avanzata.
  • 4. Infine, anche il riscaldamento globale contribuirà ad aggravare la situazione: non solo per le migrazioni indotte, ma anche perché, pur aumentando le zone coltivabili in alcune aree del pianeta, faranno diminuire le stesse in altre. Parallelamente il fenomeno renderà molte colture meno valide dal punto di vista nutrizionale; l’elevato contenuto in CO2 dell’atmosfera, per esempio, farà calare quello di zinco nelle granaglie, nei tuberi e nei legumi. Nel 2050, secondo gli esperti del Panel, 138 milioni di persone non ne assumeranno abbastanza. Le persone, concludono, vanno nutrite, non semplicemente alimentate. Per farlo, bisogna muoversi adottando alcune direttive come: – Favorire la scelta di vegetali freschi, alimenti integrali, noci e semi e proteine a basso contenuto di acidi grassi saturi; – Ridurre zuccheri aggiunti, snack e bevande zuccherate, sale e carni lavorate; – Allattare al seno i neonati almeno fino ai sei mesi di età. (Articolo di Agnese Cadignola) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Vietati piatti di plastica, bicchieri e utensili. La Francia è il primo paese al mondo ad approvare (con fatica) una legge che entrerà in vigore nel 2020. In Francia dal 1 gennaio 2020 potranno essere messe in commercio solo stoviglie monouso idonee al compostaggio domestico (secondo la norma francese NF T51- 800 o equivalente) e contenenti almeno il 50% di materiali bio-based (proveniente da fonti rinnovabili), quota che salirà al 60% a partire dal 1 gennaio 2025. La misura che ha visto la luce con il decreto attuativo datato 30 agosto 2016, completa il pacchetto del Ministero dell’ambiente francese sulla “Transizione energetica e la crescita verde”. Gli ecologisti avrebbero voluto che il divieto venisse introdotto già nel 2017, ma diverse forme di opposizione hanno rinviato l’entrata in vigore. La disposizione è stata ritenuta antisociale dal ministro dell’ambiente Ségolène Royal: “Le stoviglie di plastica sono spesso utilizzate dalle famiglie più povere – ha commentato Royal – e sono anche utili nelle occasioni di socialità oltre ad essere usate nelle prigioni, negli ospedali e in altre mense pubbliche”. Eamonn Bates, rappresentante della confederazione europea dei produttori, Pack2Go, ha giudicato inutile perché “non risolverà l’inquinamento ambientale “. La stessa associazione sostiene che molti materiali biodegradabili non si possono usare per bevande e pasti caldi e che il fatto di essere considerati meno inquinanti porterà le
  • 5. persone ad abbandonarle ancora di più nell’ambiente senza curarsi del corretto smaltimento. Nonostante un iter parlamentare complesso e accidentato (a febbraio, il Senato aveva bocciato la proposta, rispuntata poi all’Assemblée Nationale), la misura è stata approvata con grande entusiasmo degli ecologisti. Ma non è ancora detta l’ultima parola perché la Federazione europea dei trasformatori di materie plastiche, EuPC ha chiesto l’intervento della Commissione europea, in quanto la legge violerebbe il principio della libera circolazione delle merci. Quindi è ancora tutto da vedere e da seguire anche perché l’impatto non è indifferente: ogni anno in Francia sono prodotti 4,73 miliardi di stoviglie di plastica e solo l’1% viene riciclato. La notizia ha fatto il giro del mondo. Una delle possibili conseguenze è che la Francia possa diventare un esempio da seguire per altri Paesi con un rilevante impatto sull’economia del settore. L’Italia è uno dei principali produttori europei di stoviglie monouso usa e getta in plastica: ne vengono vendute circa 115.000 tonnellate all’anno (un consumo pro capite pari a 1,9 kg), utilizzate sia per la gestione di grandi eventi sia per mense private e pubbliche. Un set di stoviglie monouso costituito da piatto, bicchiere e due posate in plastica pesa circa 40 g e rappresenta circa il 16% del peso dei rifiuti complessivi generati da un pasto. Tra le curiosità geografiche, si evidenzia che in Sicilia vengono usate una quantità di stoviglie superiore rispetto a quelle di: Liguria, Valle d’Aosta, Piemonte e Lombardia messe insieme. Le voci delle associazioni industriali italiane non hanno tardato a farsi sentire: il gruppo Pro.mo (produttori di articoli monouso in plastica in seno a Unionplast) sostiene che l’approccio francese sia completamente sbagliato. A giustificazione di questa posizione, vengono citati i risultati dell’Analisi del Ciclo di Vita (LCA) delle stoviglie monouso utilizzate nella ristorazione collettiva, condotto da Pro.mo con il supporto tecnico della società di consulenza QuotaSette. Sono dati secondo cui: “l’impatto ambientale del ciclo di vita delle stoviglie monouso in polipropilene e polistirene risulta mediamente inferiore rispetto a quello delle stoviglie compostabili in acido polilattico (PLA) e polpa di cellulosa” e su cui si era basata la campagna pubblicitaria di pro.mo. Non va dimenticato però che lo IAP (Istituto di autodisciplina pubblicitaria) aveva ritenuto la campagna fondata su questi dati “ingannevole, ordinandone la cessazione immediata”.
  • 6. In un comunicato stampa, datato 26 settembre, Pro.mo richiama nuovamente uno studio di LCA (Life Cycle Assessment) in cui si confrontano stoviglie di plastica e stoviglie in materiale biodegradabile arrivando alla conclusione che “non ci sono prove che la produzione e lo smaltimento delle stoviglie biodegradabili abbiano un impatto ambientale migliore di quelle in plastica: anzi, ci sono prove scientifiche che dimostrano esattamente il contrario”. Il comunicato conclude con un’osservazione di carattere squisitamente politico-economico: “sembra che la Francia non perda il vizio di varare a cuor leggero misure che danneggiano le economie “altre”, mentre è sempre molto attenta a proteggere la propria. L’industria italiana del settore realizza volumi importanti in Francia, mentre i danni arrecata all’industria francese da questa norma sono assai modesti”. (Articolo di Luca Foltran) Fonte: www.ilfattoalimentare.it Drunkoressia Diverse sono le malattie legate a disturbi alimentari che purtroppo colpiscono soprattutto i più giovani. Oltre a quelle più conosciute come anoressia e bulimia, ce ne sono altre di cui si parla meno, ma non per questo meno gravi: una di queste è la drunkoressia, una malattia legata ad una grave abuso di bevande alcoliche molto più grave dell’alcolismo per i suoi possibili drammatici effetti acuti. Questa “disturbo” alimentare, o meglio una vera e propria malattie, è caratterizzata dall’assunzione di elevate quantità di bevande alcoliche a digiuno. Risulta che alcuni, prima di iniziare a bere, provocano il vomito per vuotare interamente lo stomaco. Un motivo per cui i “drunkoressici” bevono alcol a digiuno è che vogliono evitare di assumere altri nutrienti calorici contenuti nel cibo. In pratica l’unica fonte energetica alimentare diviene l’alcol. Quindi paradossalmente le persone ammalate sono magari convinte di seguire un regime dietetico che consente loro di evitare il sovrappeso e l’obesità. Altro risultato che si ottiene bevendo a digiuno è quello di un rapido assorbimento dell’alcol anche a livello gastrico e quindi il raggiungimento quasi immediato dello stato di ubriachezza. In pratica si provoca uno stato di intossicazione acuta da alcol con le conseguenze ben conosciute sulla perdita di coscienza ed altri disturbi neuro comportamentali. I disturbi acuti provocati dall’ubriachezza sono reversibili. Può essere sufficiente smettere di bere per uno – due giorni (dipende dalla quantità di alcol assunto e dalla costituzione fisica di ciascun individuo), per ritornare in condizioni normali.
  • 7. Bisogna però passare una fase di disturbi (spossatezza, sonnolenza, mal di testa, ecc.) alle volte anche dolorosi. Probabilmente chi abusa abitualmente di alcol non vuole avere questi disturbi e quindi continua a bere perdendo completamente lo stato cosciente. I “drunkoressici” oltre che avere dei problemi fisici personali, sono anche un grave problema sociale. Queste persone possono venirsi a trovare in breve tempo nelle condizioni di incapacità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Hanno poi bisogno di assistenza che spesso i familiari non possono fornire. Infine, venendosi trovare in uno stato di incoscienza, possono divenire pericolosi per sé e per chi sta a loro vicino. Gli effetti a lungo termine di una assunzione eccessiva di alcol sono devastanti e molti studi hanno dimostrato che l’alcol è una sostanza cancerogena. Purtroppo le persone ammalate di “drunkoressia” (ma anche quelle affette da alcolismo) cercano di nascondersi e di non fare conoscere la loro malattia che spesso, in particolare quelli meno gravi, è conosciuta soltanto in ambito familiare. Bisogna invece portare a conoscenza dei cittadini che esistono strutture dedicate alla cura delle malattie causate dall’abuso di alcol disseminate in tutto il Paese (Centri alcolisti anonimi, AUSL, ospedali,CUFRAD, ecc.) i cui indirizzi si possono trovare navigando in internet. Il ricorso a Centri specializzati può evitare di venirsi a trovare in condizioni di irreparabilità e consentire di ritornare ad una vita normale. Ovviamente la famiglia e gli amici possono fare molto tenendo sotto controllo le persone a rischio “alcol” (soprattutto i giovani) e se si accorgono della esistenza del problema, non sottovalutarlo, ma intervenire con la dovuta cautela e delicatezza ricorrendo, se necessario, anche all’aiuto delle strutture sanitarie preposte. (Dal blog di Agostino Macrì) Fonte: www.sicurezzalimentare.it