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Ecc.mo Consiglio di Stato in s.g. – Roma
RICORSO IN APPELLO
(da valere, all’occorrenza, quale appello incidentale)
dell’Associazione Nazionale Legambiente ONLUS, con sede in Roma, Via Salaria 403 (P.IVA
02143941009), in persona del Presidente nazionale e legale rappresentante, Vittorio Cogliati
Dezza, assistita e rappresentata, giusta mandato in calce al presente atto, dall’Avv. Piera
Sommovigo (C.F. SMMPRI68R63E463N) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv.
Prof. Federico Tedeschini in Roma, Largo Messico n. 7 (numero fax al quale inviare le
comunicazioni inerenti il presente procedimento: 010 5537051;
studiolegale@pec.sommovigopiera.it);
CONTRO
- Il Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Giovanni Bormioli e Stefano Carabba, con domicilio eletto presso lo studio del primo di essi in
Genova, Piazza Dante 9/14;
ricorrente in primo grado
E NEI CONFRONTI
- del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale
dello Stato di Genova;
resistente in primo grado
per l’annullamento e/o l’integrale riforma, previa sospensione,
- della sentenza del TAR Liguria, Sez. I, n. 787, depositata in data 19 maggio 2014, notificata in data
28 maggio 2014, con la quale è stato accolto il ricorso RGR 1008/2013 proposto dal Comune della
Spezia avverso il provvedimento di sospensione dei lavori di esecuzione del progetto di
riqualificazione di Piazza Verdi nonché, con ricorso per motivi aggiunti, del provvedimento di
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dichiarazione dell’interesse culturale della Piazza e del filare alberato di pini, nonché del decreto
soprintendentizio del 15 novembre 2013 n. 26 recante annullamento d’ufficio dell’autorizzazione
del 6 novembre 2012 n. 33062.
***
Premesse di fatto
Ai fini di una migliore comprensione della presente controversia, si rende necessaria un’ampia
esposizione delle vicende di fatto che hanno preceduto l’insorgere della medesima.
1) In data 6 novembre 2012 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria
rilasciava, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 42/2004, al Comune della Spezia l’autorizzazione alla
realizzazione del progetto di riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Verdi –progetto che
prevedeva l’eliminazione del filare centrale di pini- invitando al contempo “codesto Ente ad
avviare presso la Direzione Regionale la necessaria procedura di verifica relativamente
all’immobile medesimo”.
L’istanza per il rilascio della predetta autorizzazione veniva trasmessa alla Soprintendenza in data
8 maggio 2012: secondo l’Amministrazione a tale istanza non veniva allegata la relazione –datata
2009- redatta dalla Direttrice dell’Istituzione Servizi Culturali del Comune, nella quale la
piantumazione del filare di pini veniva fatta risalire a dieci anni dopo la seconda guerra mondiale e
lo stesso filare veniva descritto come elemento di alterazione dell’originario disegno della Piazza.
Al riguardo, si ritiene utile da subito evidenziare che nelle premesse del decreto principalmente
impugnato in primo grado la Soprintendenza aveva affermato testualmente che “Nel corso
dell’esame istruttorio del progetto la Soprintendenza si avvaleva di una relazione storica redatta
dalla Dott.ssa Ratti, dirigente per i servizi culturali del Comune della Spezia, nel 2009 per il bando di
progettazione di piazza Verdi. Tale relazione descriveva il filare alberato centrale come piantumato
“un decennio dopo la fine della guerra”, individuandolo quindi come componente estranea
all’originario disegno della Piazza Verdi, così come “conseguente al disegno degli anni 30 del
Novecento, imputabile alle fasi di alterazione di tale disegno conseguenti alla progressiva
destinazione della piazza al traffico ed alla sosta….”.
3
Appare, pertanto, evidente che tale relazione è stata comunque acquisita e valutata nel corso
dell’istruttoria avviata dalle competenti Amministrazioni e che, come si dimostrerà in seguito, ha
fuorviato le determinazioni originariamente assunte dalle stesse.
2) In data 24 gennaio 2013 il Comitato di cittadini denominato “Comitato per Piazza Verdi”
presentava, infatti, alle competenti Amministrazioni un esposto, cui faceva seguito, in data 1
marzo 2013, una memoria integrativa. Sottoscriveva tali atti anche l’Associazione odierna
appellante.
A seguito della ricezione di siffatti atti la Soprintendenza –con nota del 15 aprile 2013- sosteneva
la legittimità degli atti sino a quel momento adottati, riportando in maniera pedissequa e testuale
interi stralci della relazione del 2009 a firma della Direttrice dell’Istituzione Servizi Culturali del
Comune della Spezia ed evidenziando espressamente che “…sia l’alberata centrale rappresentano
elemento di alterazione del disegno architettonico originario, cui non può essere riconosciuto in se
alcun valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per
la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del D.Lgs. n. 42/2004 e s.m.i.”.
3) Avendo appreso che l’unico impedimento all’avvio della procedura di verifica dell’interesse
culturale risiedeva nella datazione del filare centrale di pini –che, in quanto risalente, a circa 20
anni dopo la realizzazione della Piazza costituiva un elemento di alterazione della stessa- sia il
comitato che l’Associazione appellante avviavano –anche con la collaborazione della cittadinanza-
specifiche ed apposite indagini storiche e bibliografiche atte ad acquisire documentazione utile a
dimostrare la contemporaneità fra la ultimazione dei lavori di realizzazione della Piazza e la messa
a dimora del filare centrale di pini.
In questa situazione si colloca, pertanto, l’intervento del Ministro che, nell’esercizio del potere di
indirizzo e vigilanza allo stesso spettante per legge- invitava i competenti organi periferici a
riesaminare il progetto prima dell’avvio dei lavori.
3) Con atto 17 giugno 2013, prot. n. 4448 la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici
della Liguria precisava, quindi, come l’autorizzazione 6 novembre 2012, prot. n. 33062 della
Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria prevedesse la necessità, per il
Comune della Spezia, di avviare, presso la stessa Direzione Regionale, la procedura di verifica
4
dell’interesse culturale della Piazza in questione con le sue pertinenze ed i vegetali arborei ivi
presenti, al contempo evidenziando la mancata attivazione allo stato di tale procedura da parte
dell’Amministrazione comunale ed invitando la stessa a provvedere.
Sempre nella citata nota la predetta Direzione precisava, altresì, che “Ogni documentazione
attestante l’età dei beni pubblici sopra evidenziati tra parentesi –come è noto il compimento dei
settant’anni è condizione necessaria per essere eventualmente considerati di interesse culturale-
dovrà essere trasmessa alla citata Soprintendenza per l’istruttoria di rito a seguito della quale la
scrivente concluderà il procedimento”.
4) Con atto della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria 17 giugno
2013, prot. n 17798 veniva rinnovata la richiesta al Comune della Spezia di attivare, senza ulteriore
ritardo, la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale con riguardo alla Piazza e
pertinenze di cui si tratta, confermando, altresì, l’avvertimento di non procedere, nelle more del
completamento dell’iter di verifica, alla demolizione e/o rimozione di componenti il cui interesse
culturale non fosse stato definitivamente accertato.
Con successivo atto 21 giugno 2013, prot. n. 18386 la Soprintendenza sottolineava poi che “nulla
osta (…) alla prosecuzione delle opere limitatamente a quanto descritto nella nota citata, ovvero
limitatamente agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere
interessanti l’area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti. (…)”.
5) Con memoria ex artt. 9 e 10 L. n. 241/1990, e s.m.i., presentata in data 1° luglio 2013 veniva
nuovamente ribadita la necessità della verifica di interesse culturale e veniva al contempo fornita
apposita documentazione idonea a dimostrare la presenza ultrasettantennale dei pini ed il senso
storico-architettonico della Piazza in argomento.
Stante il perdurare dell’inadempimento dell’Amministrazione comunale all’attivazione della
procedura di verifica, con atto 17 luglio 2013, prot. n. 20904 la Soprintendenza comunicava,
pertanto, all’Amministrazione medesima l’avvio del procedimento di verifica d’ufficio
dell’interesse culturale ex artt. 10, primo comma, e 12 D.Lgs. n. 42/2004, e s.m.i., dell’immobile in
questione, ricordando “che il bene in oggetto attualmente risulta sottoposto alle disposizioni di
tutela del d. lgs. 42/2004, Parte II, in virtù del combinato disposto degli artt. 10-12”.
5
Con atto 19 luglio 2013, prot. n. 21082 la Soprintendenza, ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990, e
s.m.i., comunicava poi al Comune della Spezia “l’avvio del procedimento di riesame in parte qua ed
eventuale conseguente annullamento in autotutela ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990, e
s.m.i. della autorizzazione ex art. 21 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i. rilasciata, in merito ai lavori di
riqualificazione architettonica e artistica della piazza Verdi con nota prot. n. 33062 del
06/11/2012”.
6) Il Comune della Spezia interveniva nel procedimento in esame producendo memoria in data 10
ottobre 2013.
Con nota prot. n. 31373 del 25 ottobre 2013 la Soprintendenza riscontrava le osservazioni
prodotte dal Comune della Spezia, replicando in maniera precisa e puntuale alle stesse.
Nella relazione allegata alla predetta nota, veniva testualmente rilevato che “La nota prot. n.
10745 del 15 aprile 2013 di questa Soprintendenza, citata da codesto Comune a riprova della
incongruenza dell’alberatura centrale, evidenzia al contrario il valore d’accento del marciapiede
centrale: “(….) sul finire degli anni 30 si aggiunse un marciapiede centrale che, con un filare di esili
fanali, accentuava l’effetto prospettico delle quinte laterali e dava forza alla centralità del tema
della connessione assiale”; “la relazione manca di attribuire identico valore al filare alberato
unicamente perché, in ragione di una errata e sviata attribuzione cronologica, la piantumazione
dell’alberata veniva imputata agli anni Cinquanta del secolo scorso”.
7) Con nota prot. n. 31689 del 29 ottobre 2013 la Soprintendenza trasmetteva, quindi, alla
competente Direzione Regionale la proposta di riconoscimento dell’interesse storico-artistico ai
sensi del D.Lgs. n. 42/2004, allegando alla stessa relazione storico-artistica, documentazione
fotografica, estratto di mappa relativa al bene in oggetto al fine di procedere al formale
riconoscimento dell’interesse culturale del bene in questione.
Con decreto n. 71 dell’8 novembre 2013 il Direttore Regionale riconosceva che “l’immobile
denominato Piazza Verdi sito in La Spezia, di proprietà del Comune della Spezia, meglio identificato
nell’allegata planimetria catastale e relazione storico-artistica, è di interesse culturale ai sensi
dell’art. 10, comma 1 e 4 lett.g) del citato D.Lgs. n. 42/2004: l’immobile come sopra denominato
viene, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Decreto Legislativo stesso, in
6
quanto riveste un ruolo importante nel disegno della città, significativo del fenomeno di espansione
urbana verso levante, presenta un’essenziale relazione compositiva con gli edifici monumentali che
vi prospettano e conserva, nonostante la sostituzione dei materiali nel tempo, elementi
riconducibili all’originario impianto degli anni Trenta del XX secolo, quali il filare alberato di pini,
che ne scandisce lo spazio centrale, come meglio specificato nella relazione storico artistica”.
8) Infine, con decreto n. 26 del 15 novembre 2013 la Soprintendenza procedeva all’annullamento
d’ufficio in via di autotutela in parte qua ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990 e s.m.i.
limitatamente alla parte in cui si ritenevano ammissibili le opere che prevedevano –come azione
preliminare alla esecuzione di quanto progettato- la rimozione definitiva del filare centrale di pini.
Avverso quest’ultimi sopra menzionati atti il Comune della Spezia proponeva ricorso dinanzi al TAR
Liguria (contraddistinto da RGR 1008/2013), chiedendone –con il successivo atto di motivi
aggiunti- la sospensione in via cautelare dell’efficacia.
9) All’udienza di Camera di Consiglio del 30 gennaio 2014 il Comune della Spezia rinunciava alla
proposta istanza cautelare; l’udienza di trattazione del merito veniva, quindi, fissata per il giorno
29 aprile 2014.
Con sentenza n. 787, depositata in data 19 maggio 2014, il TAR Liguria, Sez. I, ha accolto il ricorso
predetto, annullando gli atti impugnati.
Trattasi di sentenza illegittima, erronea, ingiusta e contraddittoria di cui si chiede l’annullamento
e/o l’integrale riforma sulla base delle seguenti considerazioni di
DIRITTO
I) In via preliminare
In sede di memoria difensiva depositata per l’udienza cautelare del 30 gennaio 2014, nonché nelle
successive memorie, l’Associazione odierna appellante ha eccepito numerosi e rilevanti profili di
inammissibilità del ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti.
7
Il Giudice di primo grado, nella sentenza ora impugnata, non ne ha tenuto in alcun modo conto,
nel senso che ad essi non ha fatto alcun cenno –neppure minimo e/o in via incidentale- nella
suddetta sentenza.
Si rende, pertanto, necessario richiamare integralmente siffatte censure, così come esposte nei
vari atti difensivi depositati in primo grado.
“A) In via preliminare
I) Inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse.
Il Comune della Spezia, sia nel ricorso che nei motivi aggiunti, ha contestato il fatto che nel caso di
specie fosse necessaria la procedura di verifica dell’interesse culturale.
Trattasi di censura che risulta inammissibile in considerazione di quanto segue.
Nell’autorizzazione del 6 novembre 2012 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici
della Liguria invitava direttamente “codesto Ente ad avviare presso la Direzione Regionale la
necessaria procedura di verifica relativamente all’immobile medesimo”.
Non vi è, quindi, alcun dubbio che tale procedura dovesse comunque essere avviata dal Comune e
ciò sin dal 6 novembre 2012.
Come noto, il Comune della Spezia non ha mai proceduto ad avviare siffatta procedura né ha mai
contestato il fatto di essere tenuto ad avviarla, determinando con il suo inadempimento
l’intervento d’ufficio della competente Soprintendenza.
Ebbene il Comune della Spezia ben poteva –già dal momento della ricezione dell’autorizzazione
originaria- contestare una simile imposizione, chiedendo chiarimenti e/o se necessario impugnare
in parte qua l’autorizzazione dinanzi codesto Ecc.mo TAR.
L’intervenuta acquiescenza in relazione alla predetta prescrizione comporta, di conseguenza,
l’inammissibilità delle censure aventi ad oggetto l’inapplicabilità al caso in esame della procedura
di verifica dell’interesse culturale.
Ci si riferisce, in particolare, a quanto sostenuto dal Comune al punto 7) del ricorso (pag. 7),
laddove ha sostenuto che la mancata attivazione della predetta procedura consisteva nel fatto che
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“…..non avendo alcuna intenzione né possibilità di trasferire il bene demaniale stradale al
patrimonio disponibile, il Comune non ha chiesto l’avvio della procedura di verifica della
sussistenza dell’interesse ex art. 10 D.lgs.. Tale procedura infatti ha la funzione –assicurata la
tutela cautelare ex art. 12.1 D.lgs.- di stabilire se tale interesse effettivamente sussista e, nel caso
se ne accerti l’insussistenza, di rendere liberamente disponibile il bene pubblico sottraendolo al
regime della demanialità imposta dall’art. 822.2 e 824 Cod. Civ.”.
A prescindere dal fatto che tale procedura si applica indipendentemente da ogni decisione di
alienare un bene demaniale (vi è una procedura simile che viene avviata ai fini della
cartolarizzazione dei beni pubblici, mutuata da siffatta procedura, ma autonoma dalla stessa per
quanto riguarda le finalità), se l’Amministrazione riteneva di non essere in ogni caso tenuta
all’avvio della stessa e/o che essa non fosse applicabile al caso in questione, poteva utilizzare gli
strumenti idonei offerti dall’ordinamento giuridico per contestare quanto imposto dalla
Soprintendenza.
Il Comune ha invece accettato siffatta prescrizione, disattendendola poi nei fatti: donde la
sussistenza dei vizi rubricati”.
“II) Inammissibilità dei motivi aggiunti per omessa impugnazione di ulteriori atti
Con ripetute note il Comune della Spezia –in pendenza della procedura di verifica dell’interesse
culturale- ha richiesto alle competenti Amministrazioni l’autorizzazione all’abbattimento di alcuni
pini, “per garantire la privata e pubblica incolumità ed a garanzia dei lavoratori che operano
all’interno del cantiere”.
Con la nota prot. n. 106018 del 5 dicembre 2013 (cfr. doc. n. 24) il Comune della Spezia ha poi
avvisato le predette Amministrazioni che “…nel caso di mancato riscontro anche a questa ulteriore
richiesta, entro trenta giorni, questa Amministrazione si troverà nell’obbligo di adottare ordinanza
contingibile ed urgente, ex art. 54 T.U. EE.LL., D.Lgs. 267/2000, per l’eliminazione dell’attuale ed
accertato stato di pericolo”.
A prescindere da ogni rilievo sul fatto che a distanza di più di due mesi il Comune non ha adottato
siffatta ordinanza, si tenga presente che a tale specifica richiesta, con nota prot. n. 35632 del 6
dicembre 2013 (cfr. doc. n. 25), la Soprintendenza ha fornito tempestivo riscontro, all’uopo
9
espressamente precisando quanto segue: “Come noto, con D.D.R. in data 8/11/2013 di codesta
Direzione è stato riconosciuto l’interesse culturale di Piazza Verdi, valutando il filare centrale di pini
–comprendente gli individui arborei in questione- come componente di interesse culturale. Ciò
impone, ad avviso di questa Soprintendenza, che tale componente venga conservata nella sua
integrità, vuoi mettendo in atto ogni provvedimento utile a riportare in condizioni di sicurezza gli
individui arborei presenti e pertanto valutando la possibilità e coerenza di accorgimenti (quali
puntellature e intirantature) ad oggi non considerati, vuoi –nel caso prevalenti ragioni di pubblica
incolumità impongano da ultimo l’abbattimento degli esemplari- provvedendo al tempestivo
reintegro della consistenza del filare con adeguate e puntuali sostituzioni”.
Con ulteriore nota prot. n. 9926 del 30 dicembre 2013 la Direzione Regionale, Servizio Tutela Beni
Culturali, ha poi ribadito quanto già rilevato dalla Soprintendenza nella nota sopra menzionata ed
ha, al contempo, invitato l’Amministrazione a proporre –come richiesto con il decreto n. 26/2013-
una soluzione progettuale “che contemperi la salvaguardia del filare centrale di pini con la
proposta in precedenza assentita” (cfr. doc. n. 26).
Trattasi di note allo stato non impugnate, pur essendo, in particolare, la nota del 6 dicembre 2013
precedente alla notifica dei motivi aggiunti (notificati, unitamente al ricorso, in data 23 dicembre
2013) ed aventi ad oggetto ulteriori prescrizioni, da adottarsi in caso di effettivo e concreto
pericolo, consistenti sia nell’adozione di apposite ed idonee misure di sostegno all’alberatura sia
nell’imposizione, quale extrema ratio, di provvedere al tempestivo reintegro del filare con
adeguate e puntuali sostituzioni.
Al di là di una generica contestazione contenuta nella nota del Comune prot. n. 137 del 9 gennaio
2014 (cfr. doc. n. 27), non ci risulta che ad oggi tale nota sia stata oggetto di specifica
impugnazione da parte dell’Amministrazione medesima”.
II) Nel merito
1) Erroneità ed illegittimità della sentenza impugnata per contraddittorietà, travisamento,
illogicità, omessa ed insufficiente motivazione.
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Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché
del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost.
1.a) Nella prima parte della sentenza impugnata il Giudice di primo grado pone un erroneo ed
illegittimo assunto a fondamento delle proprie statuizioni e precisamente sostiene che “Può
pertanto giungersi ad una prima conclusione, nel senso che la richiesta di autorizzazione ex art. 21
D.Lgs. n. 42/2004 da parte dell’ente proprietario del bene ed il suo successivo rilascio da parte della
Soprintendenza, presupponendo necessariamente l’interesse culturale (sussistente ope legis),
rendono del tutta superflua ed ultronea la verifica negativa di cui al citato art. 12, comma 2 che –
come detto- è finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale del bene, anche in vista di una sua
eventuale sdemanializzazione” (cfr. pag. 13 della sentenza).
Pertanto, per il TAR Liguria, la valutazione (nel caso di specie, negativa) dell’interesse culturale del
filare sarebbe di per sé stata già implicita nell’autorizzazione del 6 novembre 2012.
Non vi è chi non veda che trattasi di assunto che contrasta in modo palese con il disposto di cui
all’art. 12 del D.Lgs. n. 42/2004 e con la ratio sottesa alla norma medesima.
Intanto in quanto è la stessa lettera della norma a prevedere l’effettuazione di un procedimento di
verifica dell’interesse culturale che si conclude con l’adozione di un provvedimento espresso.
Anzi, la norma in questione indica i soggetti tenuti ad avviare siffatta procedura (d’ufficio i
competenti organi del Ministero oppure su istanza dei soggetti cui le cose appartengono) e
rimanda ad appositi decreti l’individuazione degli indirizzi di carattere generale e delle modalità di
svolgimento della procedura al fine di assicurarne uniformità di valutazione.
In secondo luogo, in quanto è la stessa ratio sottesa all’art. 12 che presuppone la necessità
dell’accertamento dell’interesse culturale dei beni pubblici al fine di ritenere quegli stessi beni
sottoposti allo speciale regime vincolistico.
Come è noto, infatti, l’art. 12 del D.Lgs. n. 42/2004 ha preso atto dell’inadempienza all’obbligo di
predisporre gli elenchi dei beni culturali di proprietà di enti sia pubblici che privati previsto dalla
legge n. 1089/1939 (art. 4) e dal D.Lgs. n. 490/1999 (art. 5). Tale sistema non era mai stato attuato
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né le amministrazioni, con riguardo alla redazione degli elenchi, erano mai state sanzionate. E pure
inevaso era rimasto l’obbligo del Ministero di provvedere in via sostitutiva.
L’omessa redazione degli elenchi aveva indotto la giurisprudenza a richiedere che, in ogni caso,
l’amministrazione dei beni culturali dovesse provvedere ad una forma di riconoscimento espresso
dell’interesse culturale, ammettendone l’assoggettamento automatico a tutela solo in via
provvisoria. Si riteneva che l’accertamento dell’interesse culturale del bene pubblico costituisse un
atto pregiudiziale rispetto all’assoggettamento a tutela del medesimo bene (cfr. Consiglio di Stato,
Sez. II, n. 1757/2004).
L’art. 12 si colloca in tale contesto generale e prescrive l’operare della presunzione di culturalità
solamente nelle more del perfezionamento di siffatta procedura, sottoponendo in via cautelare il
patrimonio pubblico alle disposizioni di tutela. Si prevede, infatti, che le cose appartenenti a
soggetti pubblici od a persone giuridiche private senza scopo di lucro, qualora rientrino in una
delle tipologie indicate dalla legge (cose immobili o mobili che presentano interesse artistico,
storico, archeologico o etnoantropologico) e sempre che sussistano i requisiti
dell’ultrasettantennalità e della non esistenza in vita dell’autore, siano assoggettate
provvisoriamente alle disposizioni di tutela sino all’esito della verifica dell’interesse culturale,
verifica effettuata, come si è detto, da parte dell’amministrazione d’ufficio oppure su richiesta
dell’ente interessato.
Tanto premesso, risulta, quindi, evidente la legittimità del provvedimento adottato dalla
competente Soprintendenza in data 17 giugno 2013, con il quale aveva disposto la sospensione,
“nelle more del completamento dell’iter di verifica”, dell’esecuzione di opere riguardanti la
demolizione o la rimozione di componenti il cui interesse culturale non sia stato definitivamente
accertato.
Al momento dell’adozione del citato provvedimento di sospensione, infatti:
- il Comune della Spezia non aveva ancora avviato la procedura di verifica dell’interesse culturale
di cui all’art. 12, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004, nonostante le ripetute richieste della
Soprintendenza;
12
- nell’autorizzazione del 6 novembre 2012 era espressamente previsto l’obbligo per il Comune di
avviare la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale. A questo proposito, si rileva che
–contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di primo grado- la stessa espressione utilizzata –
necessaria procedura di verifica- inducono a ritenere l’obbligatorietà della medesima, che si
qualificava come un vero e proprio obbligo tale da giustificare, stante l’inadempienza
dell’Amministrazione, l’adozione di un provvedimento di sospensione.
Peraltro, la stessa Amministrazione comunale –con nota prot. n. 54346 del 18 giugno 2013-
precedente all’invio della comunicazione di avvio della procedura in questione (avvenuta in data
17/07/2013)- aveva testualmente riconosciuto –in riscontro alla citata nota del 17 giugno 2013-
che essa si configurava come atto sospensivo in autotutela dell’autorizzazione rilasciata in data 6
novembre 2012 nonchè la legittimità dell’avvio d’ufficio della procedura, manifestando la propria
disponibilità a collaborare allo svolgimento di siffatta procedura.
1.b) Nè può rilevare, nel caso in esame, la circostanza che il progetto sottoposto alla
Soprintendenza prevedesse l’eliminazione del filare centrale di pini.
E ciò, oltre che sulla base di quanto già esposto sub 1.a), anche delle seguenti, ulteriori
considerazioni.
Ora, come noto e come si è detto, la disciplina di cui agli artt. 10 e 12 del Codice dei beni culturali
contempla, sulle cose in appartenenza pubblica, una presunzione generale di culturalità da cui
scatta un vincolo ex lege, sia pure assoggettato alla condizione risolutiva di un’eventuale verifica
negativa. Più precisamente, la protezione dei beni culturali con più di cinquant’anni (ora settanta)
è garantita da un vincolo ope legis che può essere rimosso solo dopo l’intervento della procedura
di verifica dell’interesse culturale prevista dall’art. 12, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004 (cfr. Cons.
Giust. Amm. Sic. 1 giugno 2010 n. 767 e TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 13 luglio 2012 n. 6413).
Nel caso di specie il Comune della Spezia aveva affidato al proprio Dirigente dell’Istituzione Servizi
Culturali l’incarico di valutare ed individuare, fra l’altro, l’età dei pini costituenti il filare centrale
che attraversa la Piazza.
13
Nella relazione –datata 2009- allegata al bando di progettazione e costituente parte integrante
dello stesso la citata Dirigente aveva collocato l’età del predetto filare come piantumato “un
decennio dopo la fine della guerra”, individuandolo quindi come componente estranea
all’originario disegno della Piazza Verdi, che risale, invece, nella sua definitiva realizzazione, agli
anni 30.
Tale circostanza ha indotto in errore le competenti Amministrazioni, che –pur prescrivendo al
Comune di avviare la necessaria procedura di verifica- hanno prima autorizzato il progetto e poi
confermato la legittimità del loro operato con la nota del 15 aprile 2013.
L’errore sulla datazione dei pini costituisce, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice
di primo grado, un fatto rilevante e decisivo, il cui travisamento ha determinato l’illegittimità
dell’atto autorizzatorio e la conseguente legittima determinazione dell’Amministrazione di
procedere, in via di autotutela, al riesame ed all’annullamento della stessa.
Ciò in quanto l’età –ora di 70 anni- costituisce il presupposto necessario la cui sussistenza, in un
bene di appartenenza pubblica non soggetto ad uno specifico vincolo, determina il sorgere di un
vincolo ex lege, la cui efficacia deve poi essere confermata all’esito della procedura di verifica
dell’interesse culturale.
L’età di 70 anni non costituisce, quindi, l’unico elemento sul quale si fonda il riconoscimento di un
interesse culturale in capo ad un determinato bene, ma costituisce di certo il presupposto
necessario affinchè tale procedura possa essere avviata.
Ciò risulta chiaramente precisato dalla Direzione Regionale, allorquando –nella nota del 17 giugno
2013- ribadisce che il compimento dei settant’anni è condizione necessaria per essere
eventualmente considerati di interesse culturale.
Nel caso in questione, i competenti organi del Ministero non hanno, quindi, fatto altro che avviare
–in presenza di un palese inadempimento del Comune e della sussistenza del prescritto requisito
dell’età- d’ufficio la procedura di verifica e, visto l’esito positivo della stessa, legittimamente
procedere, in via di autotutela, all’annullamento d’ufficio dell’autorizzazione originariamente
rilasciata.
14
Donde l’illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata per i vizi rubricati.
2) Erroneità ed illegittimità, sotto diversi profili, della sentenza impugnata per contraddittorietà,
travisamento, illogicità, omessa ed insufficiente motivazione.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché
del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost.
Del tutto infondato, erroneo ed illegittimo è poi l’ulteriore assunto contenuto nella sentenza
impugnata (cfr. pagg. 17 e 18), ai sensi del quale “…i provvedimenti degli organi decentrati del
Ministero, di sospensione dei lavori di rimozione dell’alberatura centrale, hanno fatto seguito –con
stretta cadenza temporale- alle dichiarazioni via tweet del Ministro, che preannunciava la richiesta
di sospensione dei lavori di Piazza Verdi”.
Per il TAR Liguria, infatti, “…sebbene le dichiarazioni via tweet del Ministro non integrino un atto
amministrativo annullabile per incompetenza (posto che al Ministro compete soltanto l’adozione
degli atti di indirizzo, non già dei concreti atti di gestione del vincolo culturale, di competenza dei
dirigenti –art. 4 D.Lgs. n. 165/2001), essi nondimeno costituiscono sicura spia dell’eccesso di potere
per sviamento, nel senso che gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a
sospendere i lavori –oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti determinazioni- non già
sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi circa l’epoca di piantumazione del filare di
pini (elementi emersi soltanto in seguito e valorizzati nel decreto del Direttore regionale
8.11.2013), ma al fine di assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro di
sospendere i lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren”.
Con tale affermazione il Giudice di primo grado fa propria la tesi del Comune che, con toni
volutamente polemici, ha di fatto costruito ed immaginato una sorta di complotto in forza del
quale gli organi periferici del Ministero avrebbero rivisto la loro posizione solamente per
assecondare il desiderio del Ministro di ostacolare il progetto di riqualificazione di Piazza Verdi.
Il Giudice di primo grado ignora volutamente, al riguardo, la rilevante circostanza che
l’Amministrazione comunale non aveva –all’epoca della sospensione- ancora avviato la necessaria
procedura di verifica dell’interesse culturale e che la stessa Amministrazione aveva fornito agli
15
organi competenti –e prima ancora ai soggetti partecipanti al concorso di progettazione- dati
fuorvianti e gravemente erronei in ordine alla datazione sull’età dei pini.
Ma di questo si dirà più compiutamente in seguito.
In questa sede, si rileva innanzitutto la contraddittorietà delle statuizioni del Giudice di primo
grado, laddove, da un lato, ha sostenuto che la sospensione dei lavori –e precisamente delle opere
incidenti sull’alberatura centrale- sarebbe stata determinata dalla mancata attivazione della
procedura di verifica dell’interesse culturale e, dall’altro, che invece sarebbe stata causata dalla
volontà degli organi periferici di assecondare la volontà del Ministro (!).
In secondo luogo, non si può non evidenziare il fatto che non vi è alcuna prova che il tweet fosse
nella conoscenza del Direttore regionale e del Soprintendente al momento dell’adozione del
provvedimento di sospensione. Peraltro, con l’atto di sospensione 17 giugno 2013 prot. n. 17798
la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria rinnovava, in primo luogo, la
richiesta al Comune della Spezia di attivare, senza ulteriore ritardo, la necessaria procedura di
verifica dell’interesse culturale con riguardo alla Piazza e pertinenze di cui si tratta, confermando,
altresì, l’avvertimento di non procedere, nelle more del completamento dell’iter di verifica, alla
demolizione e/o rimozione di componenti il cui interesse culturale non fosse stato definitivamente
accertato. L’intervento della Soprintendenza era –ed è- stato determinato da un palese e
perdurante inadempimento dell’Amministrazione comunale, e non è certo imputabile ad un
complotto ordito dal Ministro –con la collaborazione dei suoi organi periferici- atto ad impedire la
realizzazione del progetto!
A conferma della legittimità (e buona fede) dell’operato della Soprintendenza, si sottolinea che la
stessa, con successivo atto 21 giugno 2013, prot. n. 18386, affermava poi che “nulla osta (…) alla
prosecuzione delle opere limitatamente a quanto descritto nella nota citata, ovvero limitatamente
agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere interessanti l’area
centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti. (…)”.
Se l’intento era quello di impedire la realizzazione del progetto di riqualificazione della Piazza non
si comprende per quale motivo la Soprintendenza avrebbe comunque acconsentito alla
16
prosecuzione dei lavori sulle parti non interessate e non costituenti oggetto della procedura di
verifica di interesse culturale!
Appare, quindi, evidente che il fondamento dei provvedimenti di sospensione –e di prosecuzione
dei lavori sulle parti della Piazza non interessate dalla verifica- si rinviene nella necessità di
garantire l’applicazione del principio di precauzione, consistente nella necessità di tutelare il
patrimonio culturale –individuato nel filare centrale alberato- nelle more della procedura di
verifica, attivata d’ufficio a causa ed a seguito della perdurante inerzia dell’Amministrazione
comunale.
3) Erroneità ed illegittimità, sotto ulteriori profili, della sentenza impugnata per
contraddittorietà, travisamento, illogicità, omessa ed insufficiente motivazione.
Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché
del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost.
Assolutamente infondato, erroneo ed illegittimo è l’ulteriore assunto del TAR Liguria che –
nell’affrontare la questione centrale della controversia- giunge addirittura ad affermare che “…da
un punto di vista storico, tutti gli elementi istruttori depongono univocamente per l’ipotesi che la
piantumazione del filare di pini marittimi sia avvenuta con una decisione autonoma, estranea
(anche per la provenienza della proposta) all’originario progetto di sistemazione architettonica
della piazza e successiva –seppur di poco- alla sua realizzazione, con l’intento di realizzare un
intervento di arredo urbano”.
Ed ancora: “Che poi l’inserimento nella composizione architettonica della piazza del filare alberato
e la scelta delle essenze rispondessero <a quella ricerca di toni mediterranei sostenuti dal regime
che caratterizza molti coevi interventi di disegno urbano> (così la relazione storica allegata al
decreto 8.11.2013) è circostanza che non vale ad escluderne l’estraneità al progetto originario ed il
contrasto con i sopra citati principi ispiratori del piano regolatore generale in materia di verde
pubblico” (cfr. pagg. 19 e 20 della sentenza).
Quindi, il TAR Liguria non solo ha censurato la dichiarazione di interesse culturale del filare
alberato –tipico esempio di discrezionalità tecnica- ma lo ha fatto attingendo unicamente alle fonti
17
ed alla perizia depositata dall’Amministrazione comunale (che contiene, peraltro, un errore sulle
date, in cui è puntualmente incorso anche il Giudice di primo grado), senza tenere in alcun conto i
documenti e la perizia depositata dall’odierna appellante e redatta da esperto in materia.
Ma andiamo con ordine.
Occorre, in primo luogo, descrivere le origini storiche della Piazza, precisando con chiarezza ed in
maniera inconfutabile alcuni rilevanti elementi di fatto.
I dati storici di seguito evidenziati trovano legittimo riscontro nella seguente serie di delibere
comunali ritrovate presso l’Archivio storico della Biblioteca Mazzini della Spezia ed inerenti i lavori
di completamento della piazza.
Nella delibera comunale n. 13/328 del 10 aprile 1934(1) si legge che, in data 4 aprile 1934 a firma
dell’Ing. Ernesto Coppelli, era stato presentato dall’Ufficio municipale dei Lavori Pubblici il
progetto tecnico per la sistemazione di piazza Verdi e adiacenze. Nella stessa delibera il progetto
veniva approvato ed al contempo veniva stanziato un preventivo di spesa pari a Lire. 610.000. Si
autorizzava, inoltre, l’esperimento della trattativa privata per l’acquisto di candelabri, lampade,
impianto elettrico sottocavo per l’illuminazione della piazza e altri materiali.
Nella delibera comunale n. 21/542 dell’8 luglio 1936(2), si legge che, in merito ai lavori di
sistemazione di piazza Verdi ed adiacenze realizzati dalla ditta vincitrice della gara d’appalto
Geometra Ernesto Dighero di Genova, ed ultimati in data 16 marzo 1935, si provvedeva a conferire
incarico per il collaudo all’Ing. Ernesto Magnati, il quale ne avrebbe consegnato la relazione alla
Civica Amministrazione il 21 dicembre 1936(3) (Relazione che sarà approvata con delibera
comunale n.7/33 del 25 gennaio 1937(4).
1
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà, 1934, delibera n. 13/328 del 10 aprile 1934, vol. II, pag. 388,
Sistemazione della Piazza Verdi ed adiacenze.
2
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. II, pag. 527, n.21/542 dell’8 luglio 1936,
Approvazione del conto finale e nomina del collaudatore dei lavori di sistemazione della Piazza Verdi e adiacenze.
3
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. I, pag. 30, n. 7/33 del 25 gennaio 1937, Collaudo
dei lavori inerenti alla sistemazione della piazza Verdi e adiacenze (Impresa Geom. Ernesto Dighero).
4
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. I, pag. 30, n. 7/33 del 25 gennaio 1937, Collaudo
dei lavori inerenti alla sistemazione della piazza Verdi e adiacenze (Impresa Geom. Ernesto Dighero).
18
A questo punto si potevano ritenere definitivamente conclusi i lavori relativi alla strutturazione
architettonica della piazza, ma la sua conformazione urbanistica era ancora in via di definizione.
Quasi come naturale conseguenza al completamento dei lavori, il 28 settembre 1937 l’Ispettorato
ai Giardini, riscosso il parere positivo del Delegato Podestarile ai giardini e passeggiate, avanzava
l’opportunità di alberare la piazza in seno ad un progetto di messa a dimora di nuovi alberi e di
creazione di masse di verde.(5), che interessava, oltre a piazza Verdi, le nuove arterie viarie (via
XXIV Maggio e via Vittorio Veneto) aperte in seguito agli importanti progetti di espansione della
Città verso est realizzati proprio in quegli anni (6).
È significativo che, come leggiamo dalla delibera n. 12/847 del 6 novembre 1937, il Podestà avesse
incaricato una Commissione Edilizia per esprimere un parere ESCLUSIVAMENTE sulla
piantumazione dei pini in piazza Verdi, posto che, nelle intenzioni dell’epoca, il filare aveva una
‘valenza architettonica’ all’interno della stessa Piazza e rivestiva non soltanto una funzione
estetica, ma costituiva, come poi definitivamente accertato dai competenti organi, un elemento di
raccordo – visivo e simbolico – tra le due grandi strade (via Domenico Chiodo e via Vittorio
Veneto) che essa mette ancora oggi in collegamento, dunque tra la città vecchia e la città
nuova(7).
Non a caso la medesima commissione soprassedeva sulla messa a dimora di alberi di aranci lungo i
marciapiedi laterali, la cui funzione sarebbe stata meramente ornamentale, ed esprimeva il
proprio assenso per i pini domestici: alberi che, con il trascorrere del tempo, avrebbero raggiunto
dimensioni monumentali, andando ulteriormente a definire la struttura urbanistica della nuova
piazza.
5
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre
1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine.
6
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre
1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine.
7
Ipotesi che si pone in perfetta antitesi con l'interpretazione formulata dalla dott.ssa Ratti nella relazione
accompagnatoria al bando dove, unitamente all’errore di datazione dell’età dei pini, commenta: “(…) il collegamento
con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non ha
alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della
piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via
Veneto dall’altra (…).
19
A seguito del parere favorevole espresso dalla XVI Commissione Edilizia in data 17 dicembre 1937,
si approvava: “(…) la piantagione di N. 12 piante di pino domestico lungo l’asse maggiore della
piazza in perfetto allineamento con le colonne della illuminazione pubblica elettrica (…)”.(8).
A questo verbale faceva, infine, seguito quello della delibera comunale del 3 luglio 1939, relativo al
pagamento di conti inerenti la piantagione di un filare di pini in piazza Giuseppe Verdi, laddove si
legge: “Viste, esaminate e riconosciute regolari le liquidazioni delle fatture presentate da diversi
per la piantagione di un filare di pini in piazza Giuseppe Verdi; le approva e ne delibera il
pagamento per le cause, e nella somma per ciascuna di esse indicata (…)”.(9).
La circostanza che la piantumazione e messa a dimora del filare centrale di pini sia, quindi,
avvenuta in epoca contestuale e/o di poco successiva alla realizzazione della Piazza costituisce, allo
stato, un elemento definitivamente accertato ed incontrovertibile che, nei fatti, la stessa
Amministrazione comunale non è stata in grado di smentire e che lo stesso Giudice di primo grado
ha dovuto riconoscere.
Ma il TAR Liguria, proprio per negare ogni interesse culturale al filare, ha poi affermato che esso
costituirebbe un elemento estraneo alla originaria conformazione architettonica della Piazza,
richiamando al riguardo le sole argomentazioni dell’Amministrazione comunale e precisamente la
relazione al PRG del 1932.
Anche in questo caso si rende necessaria una precisazione di carattere storico, del tutto ignorata
dal Giudice di primo grado.
La confutazione della predetta ricostruzione impone –nuovamente- un richiamo alle origini della
Piazza, con particolare riferimento alla relazione citata dal Comune e pedissequamente ripresa dal
Giudice di primo grado.
Con specifico riferimento a tale censura e cioè alla valutazione positiva di interesse culturale
effettuata dalla Soprintendenza, il Comune della Spezia ha, infatti, sostenuto che nella relazione
8
Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol. III, pag. 1067, delibera del 30 dicembre 1937, n. 55/1042
Verbale n.14 della Commissione Edilizia.
9
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1939. pag. 605, delibera n.13/547, Pagamento di conti inerenti
alla piantagione di un filare di pini nella Piazza Giuseppe Verdi.
20
del GUR (Gruppo Urbanisti Romani) allegata al piano regolatore del 1932, nel paragrafo a pag. 15
intitolato Zone Verdi, giardini, passeggiate, campi sportivi, era stato affermato che si considerava
superato “il vieto concetto ottocentesco di considerare le zone verdi un semplice “abbellimento”
urbano episodico da collocare qua e là nel centro delle piazze di traffico” (…) in luogo del nuovo
criterio definitivamente imposto “di vedere nelle zone verdi una necessità “polmonare” per la
salute della città. Di qui la necessità di permeare tutto il corpo edilizio mediante un sistema di zone
verdi comunicanti tra loro, lontane dalle arterie di traffico e mai identificate con queste”.
La lettura del citato passo della relazione è corretta, ciò che viene completamente distorta è,
tuttavia, la sua interpretazione, che si evince invece dal seguito del paragrafo della relazione. Il
GUR spiegava, infatti, che: “Il sistema verde della Spezia è composto di due settori: l’uno
veramente grandioso è costituito da tutto il meraviglioso arco di colline che chiude la città vecchia
da Ovest a Est seguendo presso a poco la linea del muro di protezione fino alla collina dei
Cappuccini ossia quasi fino al mare. L’altro settore è invece costituito da tutta una serie di zone
verdi e giardini di futura creazione che si svolge nella pianura di Migliarina normalmente alle
arterie di traffico abbracciando con grande arco tutto il cuore della zona edilizia”. (…) E
continuava: “Attrezzata con queste zone verdi, La Spezia avrà un sistema polmonare, se non certo
eccessivo, almeno sufficiente”.(10)
Appare evidente, pertanto, che, pur essendo superato il concetto ottocentesco di vedere
esclusivamente le aree verdi quali meri abbellimenti urbani, fosse necessario garantire alla città un
sistema di zone verdi, lontano dalle vie di traffico e votato a sistema “polmonare”; sistema
identificato nel passo della relazione citato. Ciò non costituiva, comunque, un divieto alla
piantumazione di nuove essenze arboree prospicienti le altre vie non identificate dai due settori
componenti il sistema: della città vecchia o di nuova realizzazione, e destinate o meno al transito
dei mezzi.
In contrapposizione all’interpretazione del Comune, che vede nella piantumazione del filare la
volontà di inserire un semplice “arredo urbano”, inoltre, occorre far presente che la collocazione
del filare di pini domestici della piazza faceva parte di un più ampio progetto di incremento del
10
Il Piano Regolatore generale della Città (nella relazione del Gruppo degli Urbanisti Romani), Comune della Spezia.
Rassegna Municipale, 1933, pag. 15.
21
verde urbano, proposto dall’Ispettorato ai Giardini(11) che, riscosso il parere positivo del Delegato
Podestarile ai giardini e passeggiate, pochi mesi dopo il completamento dei lavori della nuova
piazza e l’approvazione del relativo collaudo, avanzava l’opportunità di alberare la stessa come
parte integrante di un progetto di messa a dimora di nuovi alberi e di creazione di masse di verde
che interessava, oltre a piazza Verdi, le nuove arterie viarie (via XXIV Maggio e via Vittorio Veneto)
aperte in seguito agli importanti progetti di espansione della Città verso est realizzati proprio in
quegli anni.
Il Comune ha, al riguardo, altresì, sostenuto, sempre facendo riferimento alla citata relazione del
GUR, che: “Nel piano regolatore tutto è stato studiato con cura e previsto” (…) Portare
modificazioni di dettaglio a questo piano può essere talvolta necessario, ma intaccarne la
compagine non è che assolutamente dannoso (…) Il Comune ha quindi il diritto, anzi il dovere, di
esigere dal privato il totale rispetto del piano regolatore: ma ne sia il Comune stesso il primo e più
geloso custode”.
Anche in questo caso il Comune ha attribuito –ed analogamente il TAR Liguria- alla lettura della
relazione un’interpretazione quantomeno fuorviante.
La relazione del GUR sottolineava, infatti, il danno che si sarebbe potuto arrecare, alterando
l’impostazione del piano regolatore redatto; ciò che il Comune ha omesso di riportare –ed il TAR
Liguria di considerare- è il contenuto del capoverso compreso all’interno delle due frasi, che
recitava: “Spostare la ubicazione di una scuola portandola fuori della sua zona verde, chiudere lo
sbocco di una passeggiata, modificare la posizione degli isolati fiancheggianti un’arteria… può
scompaginare l’intero quartiere od anche tutto il piano. Può voler dire perdere la traccia del
concetto unitario che ha guidato alla compilazione”.(12)
Evidentemente, nelle intenzione del GUR, il danno che si sarebbe potuto arrecare, alterando il
piano regolatore, appariva legato a sensibili cambiamenti della struttura urbanistica ed edilizia
della città, non veniva invece fatto riferimento ad un danno causato dalla messa a dimora di nuove
11
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre
1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine.
12
Il Piano Regolatore generale della Città (nella relazione del Gruppo degli Urbanisti Romani), Comune della Spezia.
Rassegna Municipale, 1933, pag. 15.
22
piante (fatto salvo, ovviamente, il divieto di non toccare le due zone designate dalla relazione quali
sistema di verde urbano).
Interpretato in tale ottica, appare, pertanto, ancora più pregnante di significato l’intervento di
messa a dimora di nuove piante, richiesto dall’Ispettorato ai Giardini nel settembre del 1937 per
tutta la città.
Tale progetto, infatti:
- non contravveniva alle indicazioni imposte dal Piano Regolatore del 1932;
- pur fuori dalle due zone designate, andava, invece, ad arricchire la creazione del sistema di verde
urbano.
Significativa, al riguardo, era stata anche la scelta delle essenze arboree: i pini domestici - il cui
serrato ritmo, in piazza Verdi, si pone quale contrappunto alla facciata del palazzo del Mazzoni –
come messo in luce dalla Soprintendenza nella proposta del 29/10/2013 - corrisponde alla “ricerca
di toni mediterranei sostenuti dal Regime” ispirata alle vie consolari romane (per l’occasione,
furono appositamente ordinati ad un vivaio di Cecina; lo dimostra la delibera podestarile del
pagamento) (13).
È noto che il riferimento all’antica Roma è costante nella retorica fascista: i pini, a partire dagli
anni Trenta, furono ampiamente utilizzati in importanti progetti di trasformazione di contesti
urbani, come simbolo di un'idea nazionale e di un’ideologia caratterizzante un periodo della storia
italiana. Contesti, ancora oggi, protetti e valorizzati, sebbene i contenuti ideologici ispiratori siano
ormai stigmatizzati ed ampiamente superati (valgano fra tutti gli esempi suggeriti dalla
Soprintendenza per Piazza della Vittoria a Genova e Via dei Fori Imperiali a Roma.
In attesa della realizzazione dell’adiacente piazza del Littorio, negli anni Trenta piazza Verdi
ricopriva il ruolo di “ganglio politico e luogo tradizionale di adunanza delle più significative
manifestazioni di popolo”(14) e, seppur nata senza vegetazione, la piantumazione dei pini
domestici fu coronamento di un progetto in chiave di omaggio al regime.
13
Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1939. pag. 605, delibera n.13/547, Pagamento di conti inerenti
alla piantagione di un filare di pini nella Piazza Giuseppe Verdi
14
Il Popolo della Spezia, Un triennio di attività amministrativa comunale , 3 luglio 1938, pag. 5.
23
I pini domestici erano, insieme alla Casa del Fascio – attuale sede del Comune della Spezia – e al
monumento a Costanzo Ciano di Francesco Messina ora rimosso, i tre simboli tangibili
dell’ideologia fascista presenti nella zona.
La scelta di porre l’alberatura “in perfetto allineamento con le colonne della illuminazione pubblica
elettrica”, fu voluta, inoltre, per sottolinearne l’impostazione assiale, utile a definirne il
completamento del disegno e a sottolineare il ruolo della piazza quale nuovo centro della città
moderna, elemento di collegamento tra l’ottocentesca Via Chiodo e la nuova Via Vittorio Veneto.
É verosimile, in ultimo, pensare che per i lavori nella piazza, la ditta Dighero, appaltatrice degli
stessi, non fu incaricata della messa a dimora del verde perché il Comune aveva già a disposizione
il proprio Ispettorato ai giardini.
É necessario evidenziare che il progetto (considerato dall'Avvocatura Civica quale precisa fase
tecnica amministrativa), affidato all'impresa "Geometra Ernesto Dighero" di Genova vincitrice
della gara d'appalto, era riferibile soltanto alla pavimentazione e allo spostamento della linea
tranviaria. All'impresa di Genova, tuttavia, non venivano commissionate, oltre alla messa a dimora
dei pini, altre fasi importanti che avrebbero dovuto trovare esecuzione, per esempio le opere di
fognatura bianca.
Di tutti questi elementi si dà compiutamente atto nella relazione della Soprintendenza allegata al
decreto di riconoscimento dell’interesse culturale dell’8/11/2013, sulla base proprio di specifici
riferimenti alla relazione sopra menzionata.
Di essi non ha, invece, tenuto in alcun conto il TAR Liguria che ha pedissequamente fatto propria la
tesi dell’Amministrazione comunale, senza fare alcun riferimento alle argomentazioni svolte
dall’odierna appellante ed in questa sede riportate.
Ma l’illegittimità e l’erroneità della sentenza del TAR Liguria si rileva, inoltre, ulteriormente –se
possibile- sulla base della mera lettura della parte finale della decisione impugnata, allorquando il
Giudice di primo grado giunge addirittura ad affermare che: “Si tratta di una conclusione (quella
relativa alla piantumazione del filare) di una conclusione doppiamente inesatta: sia perché la
24
relazione Ratti non era parte del progetto di riqualificazione di piazza Verdi, né era stata allegata a
corredo della richiesta di autorizzazione (legittimamente, posto che l’autorizzazione <è resa su
progetto> - art. 21 comma 5 del D.Lgs. n. 42/2004): sicchè non si vede come possa avere sviato le
valutazione autonomamente operate dalla Soprintendenza con il provvedimento 6.11.2012; sia –
soprattutto- perché l’interesse culturale del filare alberato non discende affatto dall’epoca –
infrasettantennale od ultrasettantennale- della sua piantumazion, ma, piuttosto, dall’essere
riconosciuto elemento riconducibile all’originario impianto di Piazza Verdi” (cfr. pag. 22 della
sentenza).
Ebbene, non si vede come –con specifico riferimento a siffatta statuizione- il Giudice di primo
grado, oltre a non tenere in alcun conto le argomentazioni suesposte, non abbia neppure
considerato quanto testualmente dichiarato dalla Soprintendente Arch. Luisa Papotti nella nota 21
gennaio 2014 prot. n. 2067 depositata dall’Avvocatura dello Stato nel giudizio di primo grado.
Nella citata relazione la Soprintendente ha, infatti, espressamente affermato che:
- “In merito alle alberature, l’Ufficio ne valutava la rimozione alla luce dei dati forniti dalla
relazione storica prodotta dalla Città per il concorso di progettazione, nel frattempo fornita per le
vie brevi dal Comune al funzionario responsabile del procedimento (all. 3) e disponibile sul web tra
la documentazione del bando di gara. Questa descriveva il filare alberato centrale come
piantumato <circa dieci anni dopo la fine della guerra>, individuandolo quindi come componente
estranea all’originario disegno della piazza e di alterazione rispetto ad esso. Inoltre il dato
contenuto nella relazione storica non consentiva di valutare l’alberata come assoggettabile ai
disposti di tutela di cui sopra, in assenza del requisito dell’essere stato eseguito da oltre
settant’anni, previsto dall’art. 12, comma 1 del d.lgs. 42/2004, come modificato dall’art. 4, comma
16 del D.L. 70/2011 convertito in legge n. 106/2011”;
- “Preme sottolineare che quanto accertato nel corso dell’approfondimento istruttorio evidenziava
che i dati prodotti dall’Amministrazione comunale in fase progettuale circa l’alberatura centrale,
mai integrati ed approfonditi nonostante le richieste di questo Ufficio, risultavano erronei ed
infondati, ed inoltre gravemente svianti le valutazioni di competenza circa la necessità della sua
conservazione per la tutela della piazza storica”;
25
- “con l’autorizzazione rilasciata con nota prot. n. 33062 del 6/11/2012 la Soprintendenza non ha
inteso dichiarare per l’alberata la non sussistenza di interesse culturale; al contrario nelle
valutazioni di competenza l’ha giudicata quale elemento non sottoponibile a tutela in ragione
dell’assenza del requisito dell’essere stato eseguito da oltre settant’anni, previsto dall’art. 12
comma 1 del d.lgs. n. 42/2004 come modificato dall’art. 4 comma 16 del D.L. 70/2011 convertito in
legge n. 106/2011: questo sulla base di informazioni svianti contenute nella Relazione storica
predisposta dal Comune della Spezia”.
Si evidenzia –sempre ai fini della rilevanza della relazione Ratti- che la stessa Dott.ssa Ratti, in una
dichiarazione al SECOLO XIX in data 9 luglio 2013 ed, in precedenza, alla NAZIONE in data 8 luglio
2013 ha, da un lato, affermato di aver potuto essersi sbagliata sulla datazione della messa a
dimora dei pini e, dall’altro, che non appena visto il video sulla Liberazione in cui si vedevano i pini
della piazza, ha comunicato tutto al Comune.
Al riguardo, non si ritiene necessario aggiungere altro se non che con decreto in data 8 marzo
2014 il Tribunale penale della Spezia ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione
avanzata dal Pubblico Ministero in data 19 febbraio 2014 (proprio con specifico riferimento
all’esposto presentato nei confronti della Dott.ssa Ratti), ravvisando la necessità di procedere a
specifiche indagini e fissando l’udienza di Camera di Consiglio per il giorno 9 giugno 2014.
III) Sull’istanza di sospensione
Le considerazioni che precedono dimostrano la sussistenza del fumus boni juris.
Quanto al danno grave ed irreparabile esso risulta di per sé evidente se solo si considera che:
- il Comune della Spezia, solamente due giorni dopo il deposito della sentenza (e precisamente in
data 22 maggio 2014) e senza provvedere alla notifica della stessa (che è stata notificata in data 28
maggio 2014), con un vero e proprio “blitz” alle ore 6.00 del mattino ha proceduto all’eliminazione
integrale del filare di pini;
- l’eliminazione del filare è stata operata dal Comune nonostante la diffida notificata dall’odierna
appellante in pari data ed in totale spregio del provvedimento della Direzione Regionale prot. n.
26
4339 del 22 maggio 2014, comunicato a mezzo posta elettronica certificata, con il quale la stessa
Direzione regionale ha fatto presente all’Amministrazione che “..pur essendo stato annullato dalla
sentenza citata il provvedimento di vincolo emesso da questa Direzione regionale in data
8.11.2013, rivive la tutela ope legis prevista dall’art. 12, comma 1 D.Lgs. n. 42/2004 sul filare
alberato, il cui impianto è ultrasettantennale, come riconosciuto peraltro dalla sentenza n.
787/2014”;
- il Comune della Spezia, pur dichiarando in un primo momento di voler procedere all’eliminazione
esclusivamente delle piante pericolanti, ha invece, del tutto inaspettatamente ed
improvvisamente nello stesso giorno, proceduto all’eliminazione di tutto il filare alberato.
Non solo.
Nonostante il decreto di concessione delle misure cautelari monocratiche ottenuto dall’appellante
Associazione Verdi Ambiente e Società VAS n. 2318/2014 nel ricorso in appello RGR 4415/2014, il
Comune della Spezia ha dichiarato a mezzo stampa di essere intenzionato a procedere
nell’esecuzione dei lavori sulla base del cronoprogramma dallo stesso stabilito.
Quindi, in totale e palese spregio del citato decreto di sospensione degli effetti della sentenza ora
impugnata, il Comune della Spezia intende continuare i lavori in conformità al progetto originario,
procedendo all’esecuzione di opere ed all’installazione di strutture che pregiudicano in maniera
irreversibile lo stato dei luoghi e che impediscono in maniera definitiva la ricollocazione del filare
alberato centrale, se non previa rimozione delle stesse con conseguente notevole esborso di
denaro pubblico.
***
P.Q.M.
con il presente atto, si chiede l’annullamento e/o l’integrale riforma della gravata sentenza, previa
sospensione dell’esecutività della stessa, e per l’effetto la reiezione del ricorso di primo grado.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
27
Ai sensi dell’art. 14, comma 2 del D.P.R. n. 115/2002 e ss.mm. e ii. si dichiara che il valore della
presente controversia è indeterminabile.
Si dichiara, ai fini del successivo deposito in cancelleria, che il file di cui al supporto elettronico è
conforme al presente ricorso in appello.
Genova, 2 giugno 2014
Avv. Piera Sommovigo
28
Relazione di notifica
Io sottoscritta Avv. Piera Sommovigo, in base alla legge n. 53 del 1994 ed in virtù
dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di Genova rilasciata in data 22 febbraio 2007, previa
iscrizione al n….. del mio cronologico, ho notificato il suesteso ricorso in appello consegnandone
copia conforme all’originale:
- al Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Giovanni Bormioli e Stefano Carabba, al domicilio eletto in primo grado presso lo studio del primo
in Genova, Piazza Dante n. 9/14, CAP 16121, ivi spedendone copia conforme all’originale a mezzo
del servizio postale con raccomandata a.r. n. 76443533063-4 in data corrispondente a quella del
timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di Genova 19, Via Granello 7 R
N. CRONOLOGICO 98.1
(Avv. Piera Sommovigo)
- al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, al domicilio eletto
ope legis presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei Portoghesi 12, CAP 00186, ivi
spedendone copia conforme all’originale a mezzo del servizio postale con raccomandata a.r. n.
76443533064-5 in data corrispondente a quella del timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di
Genova 19, Via Granello 7 R
N. CRONOLOGICO 98.2
(Avv. Piera Sommovigo)
29
- all’Associazione Italia Nostra ONLUS, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa
dall’Avv. Rino Tortorelli, al domicilio eletto in primo grado presso lo studio dell’avv. Carmela De
Lucia in Genova, Via XX Settembre 33/8, CAP 16121, ivi spedendone copia conforme all’originale a
mezzo del servizio postale con raccomandata a.r. n. 76443533065-6 in data corrispondente a
quella del timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di Genova 19, Via Granello 7 R
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News doc maggio 2020
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Ricorsopiazzaverdi appello legambiente al consiglio di stato

  • 1. 1 Ecc.mo Consiglio di Stato in s.g. – Roma RICORSO IN APPELLO (da valere, all’occorrenza, quale appello incidentale) dell’Associazione Nazionale Legambiente ONLUS, con sede in Roma, Via Salaria 403 (P.IVA 02143941009), in persona del Presidente nazionale e legale rappresentante, Vittorio Cogliati Dezza, assistita e rappresentata, giusta mandato in calce al presente atto, dall’Avv. Piera Sommovigo (C.F. SMMPRI68R63E463N) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Prof. Federico Tedeschini in Roma, Largo Messico n. 7 (numero fax al quale inviare le comunicazioni inerenti il presente procedimento: 010 5537051; studiolegale@pec.sommovigopiera.it); CONTRO - Il Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Bormioli e Stefano Carabba, con domicilio eletto presso lo studio del primo di essi in Genova, Piazza Dante 9/14; ricorrente in primo grado E NEI CONFRONTI - del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova; resistente in primo grado per l’annullamento e/o l’integrale riforma, previa sospensione, - della sentenza del TAR Liguria, Sez. I, n. 787, depositata in data 19 maggio 2014, notificata in data 28 maggio 2014, con la quale è stato accolto il ricorso RGR 1008/2013 proposto dal Comune della Spezia avverso il provvedimento di sospensione dei lavori di esecuzione del progetto di riqualificazione di Piazza Verdi nonché, con ricorso per motivi aggiunti, del provvedimento di
  • 2. 2 dichiarazione dell’interesse culturale della Piazza e del filare alberato di pini, nonché del decreto soprintendentizio del 15 novembre 2013 n. 26 recante annullamento d’ufficio dell’autorizzazione del 6 novembre 2012 n. 33062. *** Premesse di fatto Ai fini di una migliore comprensione della presente controversia, si rende necessaria un’ampia esposizione delle vicende di fatto che hanno preceduto l’insorgere della medesima. 1) In data 6 novembre 2012 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria rilasciava, ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 42/2004, al Comune della Spezia l’autorizzazione alla realizzazione del progetto di riqualificazione architettonica e artistica di Piazza Verdi –progetto che prevedeva l’eliminazione del filare centrale di pini- invitando al contempo “codesto Ente ad avviare presso la Direzione Regionale la necessaria procedura di verifica relativamente all’immobile medesimo”. L’istanza per il rilascio della predetta autorizzazione veniva trasmessa alla Soprintendenza in data 8 maggio 2012: secondo l’Amministrazione a tale istanza non veniva allegata la relazione –datata 2009- redatta dalla Direttrice dell’Istituzione Servizi Culturali del Comune, nella quale la piantumazione del filare di pini veniva fatta risalire a dieci anni dopo la seconda guerra mondiale e lo stesso filare veniva descritto come elemento di alterazione dell’originario disegno della Piazza. Al riguardo, si ritiene utile da subito evidenziare che nelle premesse del decreto principalmente impugnato in primo grado la Soprintendenza aveva affermato testualmente che “Nel corso dell’esame istruttorio del progetto la Soprintendenza si avvaleva di una relazione storica redatta dalla Dott.ssa Ratti, dirigente per i servizi culturali del Comune della Spezia, nel 2009 per il bando di progettazione di piazza Verdi. Tale relazione descriveva il filare alberato centrale come piantumato “un decennio dopo la fine della guerra”, individuandolo quindi come componente estranea all’originario disegno della Piazza Verdi, così come “conseguente al disegno degli anni 30 del Novecento, imputabile alle fasi di alterazione di tale disegno conseguenti alla progressiva destinazione della piazza al traffico ed alla sosta….”.
  • 3. 3 Appare, pertanto, evidente che tale relazione è stata comunque acquisita e valutata nel corso dell’istruttoria avviata dalle competenti Amministrazioni e che, come si dimostrerà in seguito, ha fuorviato le determinazioni originariamente assunte dalle stesse. 2) In data 24 gennaio 2013 il Comitato di cittadini denominato “Comitato per Piazza Verdi” presentava, infatti, alle competenti Amministrazioni un esposto, cui faceva seguito, in data 1 marzo 2013, una memoria integrativa. Sottoscriveva tali atti anche l’Associazione odierna appellante. A seguito della ricezione di siffatti atti la Soprintendenza –con nota del 15 aprile 2013- sosteneva la legittimità degli atti sino a quel momento adottati, riportando in maniera pedissequa e testuale interi stralci della relazione del 2009 a firma della Direttrice dell’Istituzione Servizi Culturali del Comune della Spezia ed evidenziando espressamente che “…sia l’alberata centrale rappresentano elemento di alterazione del disegno architettonico originario, cui non può essere riconosciuto in se alcun valore storico-artistico, anche in quanto privi del requisito dei settant’anni indispensabile per la sottoposizione a tutela ai sensi della parte II del D.Lgs. n. 42/2004 e s.m.i.”. 3) Avendo appreso che l’unico impedimento all’avvio della procedura di verifica dell’interesse culturale risiedeva nella datazione del filare centrale di pini –che, in quanto risalente, a circa 20 anni dopo la realizzazione della Piazza costituiva un elemento di alterazione della stessa- sia il comitato che l’Associazione appellante avviavano –anche con la collaborazione della cittadinanza- specifiche ed apposite indagini storiche e bibliografiche atte ad acquisire documentazione utile a dimostrare la contemporaneità fra la ultimazione dei lavori di realizzazione della Piazza e la messa a dimora del filare centrale di pini. In questa situazione si colloca, pertanto, l’intervento del Ministro che, nell’esercizio del potere di indirizzo e vigilanza allo stesso spettante per legge- invitava i competenti organi periferici a riesaminare il progetto prima dell’avvio dei lavori. 3) Con atto 17 giugno 2013, prot. n. 4448 la Direzione Regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Liguria precisava, quindi, come l’autorizzazione 6 novembre 2012, prot. n. 33062 della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria prevedesse la necessità, per il Comune della Spezia, di avviare, presso la stessa Direzione Regionale, la procedura di verifica
  • 4. 4 dell’interesse culturale della Piazza in questione con le sue pertinenze ed i vegetali arborei ivi presenti, al contempo evidenziando la mancata attivazione allo stato di tale procedura da parte dell’Amministrazione comunale ed invitando la stessa a provvedere. Sempre nella citata nota la predetta Direzione precisava, altresì, che “Ogni documentazione attestante l’età dei beni pubblici sopra evidenziati tra parentesi –come è noto il compimento dei settant’anni è condizione necessaria per essere eventualmente considerati di interesse culturale- dovrà essere trasmessa alla citata Soprintendenza per l’istruttoria di rito a seguito della quale la scrivente concluderà il procedimento”. 4) Con atto della Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria 17 giugno 2013, prot. n 17798 veniva rinnovata la richiesta al Comune della Spezia di attivare, senza ulteriore ritardo, la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale con riguardo alla Piazza e pertinenze di cui si tratta, confermando, altresì, l’avvertimento di non procedere, nelle more del completamento dell’iter di verifica, alla demolizione e/o rimozione di componenti il cui interesse culturale non fosse stato definitivamente accertato. Con successivo atto 21 giugno 2013, prot. n. 18386 la Soprintendenza sottolineava poi che “nulla osta (…) alla prosecuzione delle opere limitatamente a quanto descritto nella nota citata, ovvero limitatamente agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere interessanti l’area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti. (…)”. 5) Con memoria ex artt. 9 e 10 L. n. 241/1990, e s.m.i., presentata in data 1° luglio 2013 veniva nuovamente ribadita la necessità della verifica di interesse culturale e veniva al contempo fornita apposita documentazione idonea a dimostrare la presenza ultrasettantennale dei pini ed il senso storico-architettonico della Piazza in argomento. Stante il perdurare dell’inadempimento dell’Amministrazione comunale all’attivazione della procedura di verifica, con atto 17 luglio 2013, prot. n. 20904 la Soprintendenza comunicava, pertanto, all’Amministrazione medesima l’avvio del procedimento di verifica d’ufficio dell’interesse culturale ex artt. 10, primo comma, e 12 D.Lgs. n. 42/2004, e s.m.i., dell’immobile in questione, ricordando “che il bene in oggetto attualmente risulta sottoposto alle disposizioni di tutela del d. lgs. 42/2004, Parte II, in virtù del combinato disposto degli artt. 10-12”.
  • 5. 5 Con atto 19 luglio 2013, prot. n. 21082 la Soprintendenza, ai sensi dell’art. 7 L. n. 241/1990, e s.m.i., comunicava poi al Comune della Spezia “l’avvio del procedimento di riesame in parte qua ed eventuale conseguente annullamento in autotutela ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990, e s.m.i. della autorizzazione ex art. 21 del d.lgs. 42/2004 e s.m.i. rilasciata, in merito ai lavori di riqualificazione architettonica e artistica della piazza Verdi con nota prot. n. 33062 del 06/11/2012”. 6) Il Comune della Spezia interveniva nel procedimento in esame producendo memoria in data 10 ottobre 2013. Con nota prot. n. 31373 del 25 ottobre 2013 la Soprintendenza riscontrava le osservazioni prodotte dal Comune della Spezia, replicando in maniera precisa e puntuale alle stesse. Nella relazione allegata alla predetta nota, veniva testualmente rilevato che “La nota prot. n. 10745 del 15 aprile 2013 di questa Soprintendenza, citata da codesto Comune a riprova della incongruenza dell’alberatura centrale, evidenzia al contrario il valore d’accento del marciapiede centrale: “(….) sul finire degli anni 30 si aggiunse un marciapiede centrale che, con un filare di esili fanali, accentuava l’effetto prospettico delle quinte laterali e dava forza alla centralità del tema della connessione assiale”; “la relazione manca di attribuire identico valore al filare alberato unicamente perché, in ragione di una errata e sviata attribuzione cronologica, la piantumazione dell’alberata veniva imputata agli anni Cinquanta del secolo scorso”. 7) Con nota prot. n. 31689 del 29 ottobre 2013 la Soprintendenza trasmetteva, quindi, alla competente Direzione Regionale la proposta di riconoscimento dell’interesse storico-artistico ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004, allegando alla stessa relazione storico-artistica, documentazione fotografica, estratto di mappa relativa al bene in oggetto al fine di procedere al formale riconoscimento dell’interesse culturale del bene in questione. Con decreto n. 71 dell’8 novembre 2013 il Direttore Regionale riconosceva che “l’immobile denominato Piazza Verdi sito in La Spezia, di proprietà del Comune della Spezia, meglio identificato nell’allegata planimetria catastale e relazione storico-artistica, è di interesse culturale ai sensi dell’art. 10, comma 1 e 4 lett.g) del citato D.Lgs. n. 42/2004: l’immobile come sopra denominato viene, quindi, sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nel Decreto Legislativo stesso, in
  • 6. 6 quanto riveste un ruolo importante nel disegno della città, significativo del fenomeno di espansione urbana verso levante, presenta un’essenziale relazione compositiva con gli edifici monumentali che vi prospettano e conserva, nonostante la sostituzione dei materiali nel tempo, elementi riconducibili all’originario impianto degli anni Trenta del XX secolo, quali il filare alberato di pini, che ne scandisce lo spazio centrale, come meglio specificato nella relazione storico artistica”. 8) Infine, con decreto n. 26 del 15 novembre 2013 la Soprintendenza procedeva all’annullamento d’ufficio in via di autotutela in parte qua ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990 e s.m.i. limitatamente alla parte in cui si ritenevano ammissibili le opere che prevedevano –come azione preliminare alla esecuzione di quanto progettato- la rimozione definitiva del filare centrale di pini. Avverso quest’ultimi sopra menzionati atti il Comune della Spezia proponeva ricorso dinanzi al TAR Liguria (contraddistinto da RGR 1008/2013), chiedendone –con il successivo atto di motivi aggiunti- la sospensione in via cautelare dell’efficacia. 9) All’udienza di Camera di Consiglio del 30 gennaio 2014 il Comune della Spezia rinunciava alla proposta istanza cautelare; l’udienza di trattazione del merito veniva, quindi, fissata per il giorno 29 aprile 2014. Con sentenza n. 787, depositata in data 19 maggio 2014, il TAR Liguria, Sez. I, ha accolto il ricorso predetto, annullando gli atti impugnati. Trattasi di sentenza illegittima, erronea, ingiusta e contraddittoria di cui si chiede l’annullamento e/o l’integrale riforma sulla base delle seguenti considerazioni di DIRITTO I) In via preliminare In sede di memoria difensiva depositata per l’udienza cautelare del 30 gennaio 2014, nonché nelle successive memorie, l’Associazione odierna appellante ha eccepito numerosi e rilevanti profili di inammissibilità del ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti.
  • 7. 7 Il Giudice di primo grado, nella sentenza ora impugnata, non ne ha tenuto in alcun modo conto, nel senso che ad essi non ha fatto alcun cenno –neppure minimo e/o in via incidentale- nella suddetta sentenza. Si rende, pertanto, necessario richiamare integralmente siffatte censure, così come esposte nei vari atti difensivi depositati in primo grado. “A) In via preliminare I) Inammissibilità del ricorso e dei motivi aggiunti per sopravvenuta carenza di interesse. Il Comune della Spezia, sia nel ricorso che nei motivi aggiunti, ha contestato il fatto che nel caso di specie fosse necessaria la procedura di verifica dell’interesse culturale. Trattasi di censura che risulta inammissibile in considerazione di quanto segue. Nell’autorizzazione del 6 novembre 2012 la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Liguria invitava direttamente “codesto Ente ad avviare presso la Direzione Regionale la necessaria procedura di verifica relativamente all’immobile medesimo”. Non vi è, quindi, alcun dubbio che tale procedura dovesse comunque essere avviata dal Comune e ciò sin dal 6 novembre 2012. Come noto, il Comune della Spezia non ha mai proceduto ad avviare siffatta procedura né ha mai contestato il fatto di essere tenuto ad avviarla, determinando con il suo inadempimento l’intervento d’ufficio della competente Soprintendenza. Ebbene il Comune della Spezia ben poteva –già dal momento della ricezione dell’autorizzazione originaria- contestare una simile imposizione, chiedendo chiarimenti e/o se necessario impugnare in parte qua l’autorizzazione dinanzi codesto Ecc.mo TAR. L’intervenuta acquiescenza in relazione alla predetta prescrizione comporta, di conseguenza, l’inammissibilità delle censure aventi ad oggetto l’inapplicabilità al caso in esame della procedura di verifica dell’interesse culturale. Ci si riferisce, in particolare, a quanto sostenuto dal Comune al punto 7) del ricorso (pag. 7), laddove ha sostenuto che la mancata attivazione della predetta procedura consisteva nel fatto che
  • 8. 8 “…..non avendo alcuna intenzione né possibilità di trasferire il bene demaniale stradale al patrimonio disponibile, il Comune non ha chiesto l’avvio della procedura di verifica della sussistenza dell’interesse ex art. 10 D.lgs.. Tale procedura infatti ha la funzione –assicurata la tutela cautelare ex art. 12.1 D.lgs.- di stabilire se tale interesse effettivamente sussista e, nel caso se ne accerti l’insussistenza, di rendere liberamente disponibile il bene pubblico sottraendolo al regime della demanialità imposta dall’art. 822.2 e 824 Cod. Civ.”. A prescindere dal fatto che tale procedura si applica indipendentemente da ogni decisione di alienare un bene demaniale (vi è una procedura simile che viene avviata ai fini della cartolarizzazione dei beni pubblici, mutuata da siffatta procedura, ma autonoma dalla stessa per quanto riguarda le finalità), se l’Amministrazione riteneva di non essere in ogni caso tenuta all’avvio della stessa e/o che essa non fosse applicabile al caso in questione, poteva utilizzare gli strumenti idonei offerti dall’ordinamento giuridico per contestare quanto imposto dalla Soprintendenza. Il Comune ha invece accettato siffatta prescrizione, disattendendola poi nei fatti: donde la sussistenza dei vizi rubricati”. “II) Inammissibilità dei motivi aggiunti per omessa impugnazione di ulteriori atti Con ripetute note il Comune della Spezia –in pendenza della procedura di verifica dell’interesse culturale- ha richiesto alle competenti Amministrazioni l’autorizzazione all’abbattimento di alcuni pini, “per garantire la privata e pubblica incolumità ed a garanzia dei lavoratori che operano all’interno del cantiere”. Con la nota prot. n. 106018 del 5 dicembre 2013 (cfr. doc. n. 24) il Comune della Spezia ha poi avvisato le predette Amministrazioni che “…nel caso di mancato riscontro anche a questa ulteriore richiesta, entro trenta giorni, questa Amministrazione si troverà nell’obbligo di adottare ordinanza contingibile ed urgente, ex art. 54 T.U. EE.LL., D.Lgs. 267/2000, per l’eliminazione dell’attuale ed accertato stato di pericolo”. A prescindere da ogni rilievo sul fatto che a distanza di più di due mesi il Comune non ha adottato siffatta ordinanza, si tenga presente che a tale specifica richiesta, con nota prot. n. 35632 del 6 dicembre 2013 (cfr. doc. n. 25), la Soprintendenza ha fornito tempestivo riscontro, all’uopo
  • 9. 9 espressamente precisando quanto segue: “Come noto, con D.D.R. in data 8/11/2013 di codesta Direzione è stato riconosciuto l’interesse culturale di Piazza Verdi, valutando il filare centrale di pini –comprendente gli individui arborei in questione- come componente di interesse culturale. Ciò impone, ad avviso di questa Soprintendenza, che tale componente venga conservata nella sua integrità, vuoi mettendo in atto ogni provvedimento utile a riportare in condizioni di sicurezza gli individui arborei presenti e pertanto valutando la possibilità e coerenza di accorgimenti (quali puntellature e intirantature) ad oggi non considerati, vuoi –nel caso prevalenti ragioni di pubblica incolumità impongano da ultimo l’abbattimento degli esemplari- provvedendo al tempestivo reintegro della consistenza del filare con adeguate e puntuali sostituzioni”. Con ulteriore nota prot. n. 9926 del 30 dicembre 2013 la Direzione Regionale, Servizio Tutela Beni Culturali, ha poi ribadito quanto già rilevato dalla Soprintendenza nella nota sopra menzionata ed ha, al contempo, invitato l’Amministrazione a proporre –come richiesto con il decreto n. 26/2013- una soluzione progettuale “che contemperi la salvaguardia del filare centrale di pini con la proposta in precedenza assentita” (cfr. doc. n. 26). Trattasi di note allo stato non impugnate, pur essendo, in particolare, la nota del 6 dicembre 2013 precedente alla notifica dei motivi aggiunti (notificati, unitamente al ricorso, in data 23 dicembre 2013) ed aventi ad oggetto ulteriori prescrizioni, da adottarsi in caso di effettivo e concreto pericolo, consistenti sia nell’adozione di apposite ed idonee misure di sostegno all’alberatura sia nell’imposizione, quale extrema ratio, di provvedere al tempestivo reintegro del filare con adeguate e puntuali sostituzioni. Al di là di una generica contestazione contenuta nella nota del Comune prot. n. 137 del 9 gennaio 2014 (cfr. doc. n. 27), non ci risulta che ad oggi tale nota sia stata oggetto di specifica impugnazione da parte dell’Amministrazione medesima”. II) Nel merito 1) Erroneità ed illegittimità della sentenza impugnata per contraddittorietà, travisamento, illogicità, omessa ed insufficiente motivazione.
  • 10. 10 Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost. 1.a) Nella prima parte della sentenza impugnata il Giudice di primo grado pone un erroneo ed illegittimo assunto a fondamento delle proprie statuizioni e precisamente sostiene che “Può pertanto giungersi ad una prima conclusione, nel senso che la richiesta di autorizzazione ex art. 21 D.Lgs. n. 42/2004 da parte dell’ente proprietario del bene ed il suo successivo rilascio da parte della Soprintendenza, presupponendo necessariamente l’interesse culturale (sussistente ope legis), rendono del tutta superflua ed ultronea la verifica negativa di cui al citato art. 12, comma 2 che – come detto- è finalizzata all’esclusione dell’interesse culturale del bene, anche in vista di una sua eventuale sdemanializzazione” (cfr. pag. 13 della sentenza). Pertanto, per il TAR Liguria, la valutazione (nel caso di specie, negativa) dell’interesse culturale del filare sarebbe di per sé stata già implicita nell’autorizzazione del 6 novembre 2012. Non vi è chi non veda che trattasi di assunto che contrasta in modo palese con il disposto di cui all’art. 12 del D.Lgs. n. 42/2004 e con la ratio sottesa alla norma medesima. Intanto in quanto è la stessa lettera della norma a prevedere l’effettuazione di un procedimento di verifica dell’interesse culturale che si conclude con l’adozione di un provvedimento espresso. Anzi, la norma in questione indica i soggetti tenuti ad avviare siffatta procedura (d’ufficio i competenti organi del Ministero oppure su istanza dei soggetti cui le cose appartengono) e rimanda ad appositi decreti l’individuazione degli indirizzi di carattere generale e delle modalità di svolgimento della procedura al fine di assicurarne uniformità di valutazione. In secondo luogo, in quanto è la stessa ratio sottesa all’art. 12 che presuppone la necessità dell’accertamento dell’interesse culturale dei beni pubblici al fine di ritenere quegli stessi beni sottoposti allo speciale regime vincolistico. Come è noto, infatti, l’art. 12 del D.Lgs. n. 42/2004 ha preso atto dell’inadempienza all’obbligo di predisporre gli elenchi dei beni culturali di proprietà di enti sia pubblici che privati previsto dalla legge n. 1089/1939 (art. 4) e dal D.Lgs. n. 490/1999 (art. 5). Tale sistema non era mai stato attuato
  • 11. 11 né le amministrazioni, con riguardo alla redazione degli elenchi, erano mai state sanzionate. E pure inevaso era rimasto l’obbligo del Ministero di provvedere in via sostitutiva. L’omessa redazione degli elenchi aveva indotto la giurisprudenza a richiedere che, in ogni caso, l’amministrazione dei beni culturali dovesse provvedere ad una forma di riconoscimento espresso dell’interesse culturale, ammettendone l’assoggettamento automatico a tutela solo in via provvisoria. Si riteneva che l’accertamento dell’interesse culturale del bene pubblico costituisse un atto pregiudiziale rispetto all’assoggettamento a tutela del medesimo bene (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, n. 1757/2004). L’art. 12 si colloca in tale contesto generale e prescrive l’operare della presunzione di culturalità solamente nelle more del perfezionamento di siffatta procedura, sottoponendo in via cautelare il patrimonio pubblico alle disposizioni di tutela. Si prevede, infatti, che le cose appartenenti a soggetti pubblici od a persone giuridiche private senza scopo di lucro, qualora rientrino in una delle tipologie indicate dalla legge (cose immobili o mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) e sempre che sussistano i requisiti dell’ultrasettantennalità e della non esistenza in vita dell’autore, siano assoggettate provvisoriamente alle disposizioni di tutela sino all’esito della verifica dell’interesse culturale, verifica effettuata, come si è detto, da parte dell’amministrazione d’ufficio oppure su richiesta dell’ente interessato. Tanto premesso, risulta, quindi, evidente la legittimità del provvedimento adottato dalla competente Soprintendenza in data 17 giugno 2013, con il quale aveva disposto la sospensione, “nelle more del completamento dell’iter di verifica”, dell’esecuzione di opere riguardanti la demolizione o la rimozione di componenti il cui interesse culturale non sia stato definitivamente accertato. Al momento dell’adozione del citato provvedimento di sospensione, infatti: - il Comune della Spezia non aveva ancora avviato la procedura di verifica dell’interesse culturale di cui all’art. 12, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004, nonostante le ripetute richieste della Soprintendenza;
  • 12. 12 - nell’autorizzazione del 6 novembre 2012 era espressamente previsto l’obbligo per il Comune di avviare la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale. A questo proposito, si rileva che –contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di primo grado- la stessa espressione utilizzata – necessaria procedura di verifica- inducono a ritenere l’obbligatorietà della medesima, che si qualificava come un vero e proprio obbligo tale da giustificare, stante l’inadempienza dell’Amministrazione, l’adozione di un provvedimento di sospensione. Peraltro, la stessa Amministrazione comunale –con nota prot. n. 54346 del 18 giugno 2013- precedente all’invio della comunicazione di avvio della procedura in questione (avvenuta in data 17/07/2013)- aveva testualmente riconosciuto –in riscontro alla citata nota del 17 giugno 2013- che essa si configurava come atto sospensivo in autotutela dell’autorizzazione rilasciata in data 6 novembre 2012 nonchè la legittimità dell’avvio d’ufficio della procedura, manifestando la propria disponibilità a collaborare allo svolgimento di siffatta procedura. 1.b) Nè può rilevare, nel caso in esame, la circostanza che il progetto sottoposto alla Soprintendenza prevedesse l’eliminazione del filare centrale di pini. E ciò, oltre che sulla base di quanto già esposto sub 1.a), anche delle seguenti, ulteriori considerazioni. Ora, come noto e come si è detto, la disciplina di cui agli artt. 10 e 12 del Codice dei beni culturali contempla, sulle cose in appartenenza pubblica, una presunzione generale di culturalità da cui scatta un vincolo ex lege, sia pure assoggettato alla condizione risolutiva di un’eventuale verifica negativa. Più precisamente, la protezione dei beni culturali con più di cinquant’anni (ora settanta) è garantita da un vincolo ope legis che può essere rimosso solo dopo l’intervento della procedura di verifica dell’interesse culturale prevista dall’art. 12, comma 2 del D.Lgs. n. 42/2004 (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic. 1 giugno 2010 n. 767 e TAR Lazio, Roma, Sez. II ter, 13 luglio 2012 n. 6413). Nel caso di specie il Comune della Spezia aveva affidato al proprio Dirigente dell’Istituzione Servizi Culturali l’incarico di valutare ed individuare, fra l’altro, l’età dei pini costituenti il filare centrale che attraversa la Piazza.
  • 13. 13 Nella relazione –datata 2009- allegata al bando di progettazione e costituente parte integrante dello stesso la citata Dirigente aveva collocato l’età del predetto filare come piantumato “un decennio dopo la fine della guerra”, individuandolo quindi come componente estranea all’originario disegno della Piazza Verdi, che risale, invece, nella sua definitiva realizzazione, agli anni 30. Tale circostanza ha indotto in errore le competenti Amministrazioni, che –pur prescrivendo al Comune di avviare la necessaria procedura di verifica- hanno prima autorizzato il progetto e poi confermato la legittimità del loro operato con la nota del 15 aprile 2013. L’errore sulla datazione dei pini costituisce, infatti, contrariamente a quanto sostenuto dal Giudice di primo grado, un fatto rilevante e decisivo, il cui travisamento ha determinato l’illegittimità dell’atto autorizzatorio e la conseguente legittima determinazione dell’Amministrazione di procedere, in via di autotutela, al riesame ed all’annullamento della stessa. Ciò in quanto l’età –ora di 70 anni- costituisce il presupposto necessario la cui sussistenza, in un bene di appartenenza pubblica non soggetto ad uno specifico vincolo, determina il sorgere di un vincolo ex lege, la cui efficacia deve poi essere confermata all’esito della procedura di verifica dell’interesse culturale. L’età di 70 anni non costituisce, quindi, l’unico elemento sul quale si fonda il riconoscimento di un interesse culturale in capo ad un determinato bene, ma costituisce di certo il presupposto necessario affinchè tale procedura possa essere avviata. Ciò risulta chiaramente precisato dalla Direzione Regionale, allorquando –nella nota del 17 giugno 2013- ribadisce che il compimento dei settant’anni è condizione necessaria per essere eventualmente considerati di interesse culturale. Nel caso in questione, i competenti organi del Ministero non hanno, quindi, fatto altro che avviare –in presenza di un palese inadempimento del Comune e della sussistenza del prescritto requisito dell’età- d’ufficio la procedura di verifica e, visto l’esito positivo della stessa, legittimamente procedere, in via di autotutela, all’annullamento d’ufficio dell’autorizzazione originariamente rilasciata.
  • 14. 14 Donde l’illegittimità ed erroneità della sentenza impugnata per i vizi rubricati. 2) Erroneità ed illegittimità, sotto diversi profili, della sentenza impugnata per contraddittorietà, travisamento, illogicità, omessa ed insufficiente motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost. Del tutto infondato, erroneo ed illegittimo è poi l’ulteriore assunto contenuto nella sentenza impugnata (cfr. pagg. 17 e 18), ai sensi del quale “…i provvedimenti degli organi decentrati del Ministero, di sospensione dei lavori di rimozione dell’alberatura centrale, hanno fatto seguito –con stretta cadenza temporale- alle dichiarazioni via tweet del Ministro, che preannunciava la richiesta di sospensione dei lavori di Piazza Verdi”. Per il TAR Liguria, infatti, “…sebbene le dichiarazioni via tweet del Ministro non integrino un atto amministrativo annullabile per incompetenza (posto che al Ministro compete soltanto l’adozione degli atti di indirizzo, non già dei concreti atti di gestione del vincolo culturale, di competenza dei dirigenti –art. 4 D.Lgs. n. 165/2001), essi nondimeno costituiscono sicura spia dell’eccesso di potere per sviamento, nel senso che gli organi decentrati del MIBAC sembrano essersi determinati a sospendere i lavori –oltretutto in palese contrasto con le proprie recenti determinazioni- non già sulla base di una meditata valutazione di nuovi elementi circa l’epoca di piantumazione del filare di pini (elementi emersi soltanto in seguito e valorizzati nel decreto del Direttore regionale 8.11.2013), ma al fine di assecondare gli impegni ormai pubblicamente assunti dal Ministro di sospendere i lavori di realizzazione del progetto Vannetti-Buren”. Con tale affermazione il Giudice di primo grado fa propria la tesi del Comune che, con toni volutamente polemici, ha di fatto costruito ed immaginato una sorta di complotto in forza del quale gli organi periferici del Ministero avrebbero rivisto la loro posizione solamente per assecondare il desiderio del Ministro di ostacolare il progetto di riqualificazione di Piazza Verdi. Il Giudice di primo grado ignora volutamente, al riguardo, la rilevante circostanza che l’Amministrazione comunale non aveva –all’epoca della sospensione- ancora avviato la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale e che la stessa Amministrazione aveva fornito agli
  • 15. 15 organi competenti –e prima ancora ai soggetti partecipanti al concorso di progettazione- dati fuorvianti e gravemente erronei in ordine alla datazione sull’età dei pini. Ma di questo si dirà più compiutamente in seguito. In questa sede, si rileva innanzitutto la contraddittorietà delle statuizioni del Giudice di primo grado, laddove, da un lato, ha sostenuto che la sospensione dei lavori –e precisamente delle opere incidenti sull’alberatura centrale- sarebbe stata determinata dalla mancata attivazione della procedura di verifica dell’interesse culturale e, dall’altro, che invece sarebbe stata causata dalla volontà degli organi periferici di assecondare la volontà del Ministro (!). In secondo luogo, non si può non evidenziare il fatto che non vi è alcuna prova che il tweet fosse nella conoscenza del Direttore regionale e del Soprintendente al momento dell’adozione del provvedimento di sospensione. Peraltro, con l’atto di sospensione 17 giugno 2013 prot. n. 17798 la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici della Liguria rinnovava, in primo luogo, la richiesta al Comune della Spezia di attivare, senza ulteriore ritardo, la necessaria procedura di verifica dell’interesse culturale con riguardo alla Piazza e pertinenze di cui si tratta, confermando, altresì, l’avvertimento di non procedere, nelle more del completamento dell’iter di verifica, alla demolizione e/o rimozione di componenti il cui interesse culturale non fosse stato definitivamente accertato. L’intervento della Soprintendenza era –ed è- stato determinato da un palese e perdurante inadempimento dell’Amministrazione comunale, e non è certo imputabile ad un complotto ordito dal Ministro –con la collaborazione dei suoi organi periferici- atto ad impedire la realizzazione del progetto! A conferma della legittimità (e buona fede) dell’operato della Soprintendenza, si sottolinea che la stessa, con successivo atto 21 giugno 2013, prot. n. 18386, affermava poi che “nulla osta (…) alla prosecuzione delle opere limitatamente a quanto descritto nella nota citata, ovvero limitatamente agli interventi sulla sede viaria ed i marciapiedi, con esclusione delle opere interessanti l’area centrale della piazza e le componenti arboree ivi presenti. (…)”. Se l’intento era quello di impedire la realizzazione del progetto di riqualificazione della Piazza non si comprende per quale motivo la Soprintendenza avrebbe comunque acconsentito alla
  • 16. 16 prosecuzione dei lavori sulle parti non interessate e non costituenti oggetto della procedura di verifica di interesse culturale! Appare, quindi, evidente che il fondamento dei provvedimenti di sospensione –e di prosecuzione dei lavori sulle parti della Piazza non interessate dalla verifica- si rinviene nella necessità di garantire l’applicazione del principio di precauzione, consistente nella necessità di tutelare il patrimonio culturale –individuato nel filare centrale alberato- nelle more della procedura di verifica, attivata d’ufficio a causa ed a seguito della perdurante inerzia dell’Amministrazione comunale. 3) Erroneità ed illegittimità, sotto ulteriori profili, della sentenza impugnata per contraddittorietà, travisamento, illogicità, omessa ed insufficiente motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 12, 20, 21, 22 e 28 del D.Lgs. n. 42/2004 nonché del principio fondamentale di cui all’art. 9 Cost. Assolutamente infondato, erroneo ed illegittimo è l’ulteriore assunto del TAR Liguria che – nell’affrontare la questione centrale della controversia- giunge addirittura ad affermare che “…da un punto di vista storico, tutti gli elementi istruttori depongono univocamente per l’ipotesi che la piantumazione del filare di pini marittimi sia avvenuta con una decisione autonoma, estranea (anche per la provenienza della proposta) all’originario progetto di sistemazione architettonica della piazza e successiva –seppur di poco- alla sua realizzazione, con l’intento di realizzare un intervento di arredo urbano”. Ed ancora: “Che poi l’inserimento nella composizione architettonica della piazza del filare alberato e la scelta delle essenze rispondessero <a quella ricerca di toni mediterranei sostenuti dal regime che caratterizza molti coevi interventi di disegno urbano> (così la relazione storica allegata al decreto 8.11.2013) è circostanza che non vale ad escluderne l’estraneità al progetto originario ed il contrasto con i sopra citati principi ispiratori del piano regolatore generale in materia di verde pubblico” (cfr. pagg. 19 e 20 della sentenza). Quindi, il TAR Liguria non solo ha censurato la dichiarazione di interesse culturale del filare alberato –tipico esempio di discrezionalità tecnica- ma lo ha fatto attingendo unicamente alle fonti
  • 17. 17 ed alla perizia depositata dall’Amministrazione comunale (che contiene, peraltro, un errore sulle date, in cui è puntualmente incorso anche il Giudice di primo grado), senza tenere in alcun conto i documenti e la perizia depositata dall’odierna appellante e redatta da esperto in materia. Ma andiamo con ordine. Occorre, in primo luogo, descrivere le origini storiche della Piazza, precisando con chiarezza ed in maniera inconfutabile alcuni rilevanti elementi di fatto. I dati storici di seguito evidenziati trovano legittimo riscontro nella seguente serie di delibere comunali ritrovate presso l’Archivio storico della Biblioteca Mazzini della Spezia ed inerenti i lavori di completamento della piazza. Nella delibera comunale n. 13/328 del 10 aprile 1934(1) si legge che, in data 4 aprile 1934 a firma dell’Ing. Ernesto Coppelli, era stato presentato dall’Ufficio municipale dei Lavori Pubblici il progetto tecnico per la sistemazione di piazza Verdi e adiacenze. Nella stessa delibera il progetto veniva approvato ed al contempo veniva stanziato un preventivo di spesa pari a Lire. 610.000. Si autorizzava, inoltre, l’esperimento della trattativa privata per l’acquisto di candelabri, lampade, impianto elettrico sottocavo per l’illuminazione della piazza e altri materiali. Nella delibera comunale n. 21/542 dell’8 luglio 1936(2), si legge che, in merito ai lavori di sistemazione di piazza Verdi ed adiacenze realizzati dalla ditta vincitrice della gara d’appalto Geometra Ernesto Dighero di Genova, ed ultimati in data 16 marzo 1935, si provvedeva a conferire incarico per il collaudo all’Ing. Ernesto Magnati, il quale ne avrebbe consegnato la relazione alla Civica Amministrazione il 21 dicembre 1936(3) (Relazione che sarà approvata con delibera comunale n.7/33 del 25 gennaio 1937(4). 1 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà, 1934, delibera n. 13/328 del 10 aprile 1934, vol. II, pag. 388, Sistemazione della Piazza Verdi ed adiacenze. 2 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. II, pag. 527, n.21/542 dell’8 luglio 1936, Approvazione del conto finale e nomina del collaudatore dei lavori di sistemazione della Piazza Verdi e adiacenze. 3 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. I, pag. 30, n. 7/33 del 25 gennaio 1937, Collaudo dei lavori inerenti alla sistemazione della piazza Verdi e adiacenze (Impresa Geom. Ernesto Dighero). 4 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1936. Vol. I, pag. 30, n. 7/33 del 25 gennaio 1937, Collaudo dei lavori inerenti alla sistemazione della piazza Verdi e adiacenze (Impresa Geom. Ernesto Dighero).
  • 18. 18 A questo punto si potevano ritenere definitivamente conclusi i lavori relativi alla strutturazione architettonica della piazza, ma la sua conformazione urbanistica era ancora in via di definizione. Quasi come naturale conseguenza al completamento dei lavori, il 28 settembre 1937 l’Ispettorato ai Giardini, riscosso il parere positivo del Delegato Podestarile ai giardini e passeggiate, avanzava l’opportunità di alberare la piazza in seno ad un progetto di messa a dimora di nuovi alberi e di creazione di masse di verde.(5), che interessava, oltre a piazza Verdi, le nuove arterie viarie (via XXIV Maggio e via Vittorio Veneto) aperte in seguito agli importanti progetti di espansione della Città verso est realizzati proprio in quegli anni (6). È significativo che, come leggiamo dalla delibera n. 12/847 del 6 novembre 1937, il Podestà avesse incaricato una Commissione Edilizia per esprimere un parere ESCLUSIVAMENTE sulla piantumazione dei pini in piazza Verdi, posto che, nelle intenzioni dell’epoca, il filare aveva una ‘valenza architettonica’ all’interno della stessa Piazza e rivestiva non soltanto una funzione estetica, ma costituiva, come poi definitivamente accertato dai competenti organi, un elemento di raccordo – visivo e simbolico – tra le due grandi strade (via Domenico Chiodo e via Vittorio Veneto) che essa mette ancora oggi in collegamento, dunque tra la città vecchia e la città nuova(7). Non a caso la medesima commissione soprassedeva sulla messa a dimora di alberi di aranci lungo i marciapiedi laterali, la cui funzione sarebbe stata meramente ornamentale, ed esprimeva il proprio assenso per i pini domestici: alberi che, con il trascorrere del tempo, avrebbero raggiunto dimensioni monumentali, andando ulteriormente a definire la struttura urbanistica della nuova piazza. 5 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre 1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine. 6 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre 1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine. 7 Ipotesi che si pone in perfetta antitesi con l'interpretazione formulata dalla dott.ssa Ratti nella relazione accompagnatoria al bando dove, unitamente all’errore di datazione dell’età dei pini, commenta: “(…) il collegamento con via Veneto è stato attuato e l’unica direttrice via Chiodo-via Veneto è ben percepibile dalla piazza che non ha alberature centrali, che saranno messe a dimora solo nel dopoguerra con incomprensione totale del senso della piazza stessa e delle prospettive che da essa si aprivano su via Chiodo da una parte e su via Veneto dall’altra (…).
  • 19. 19 A seguito del parere favorevole espresso dalla XVI Commissione Edilizia in data 17 dicembre 1937, si approvava: “(…) la piantagione di N. 12 piante di pino domestico lungo l’asse maggiore della piazza in perfetto allineamento con le colonne della illuminazione pubblica elettrica (…)”.(8). A questo verbale faceva, infine, seguito quello della delibera comunale del 3 luglio 1939, relativo al pagamento di conti inerenti la piantagione di un filare di pini in piazza Giuseppe Verdi, laddove si legge: “Viste, esaminate e riconosciute regolari le liquidazioni delle fatture presentate da diversi per la piantagione di un filare di pini in piazza Giuseppe Verdi; le approva e ne delibera il pagamento per le cause, e nella somma per ciascuna di esse indicata (…)”.(9). La circostanza che la piantumazione e messa a dimora del filare centrale di pini sia, quindi, avvenuta in epoca contestuale e/o di poco successiva alla realizzazione della Piazza costituisce, allo stato, un elemento definitivamente accertato ed incontrovertibile che, nei fatti, la stessa Amministrazione comunale non è stata in grado di smentire e che lo stesso Giudice di primo grado ha dovuto riconoscere. Ma il TAR Liguria, proprio per negare ogni interesse culturale al filare, ha poi affermato che esso costituirebbe un elemento estraneo alla originaria conformazione architettonica della Piazza, richiamando al riguardo le sole argomentazioni dell’Amministrazione comunale e precisamente la relazione al PRG del 1932. Anche in questo caso si rende necessaria una precisazione di carattere storico, del tutto ignorata dal Giudice di primo grado. La confutazione della predetta ricostruzione impone –nuovamente- un richiamo alle origini della Piazza, con particolare riferimento alla relazione citata dal Comune e pedissequamente ripresa dal Giudice di primo grado. Con specifico riferimento a tale censura e cioè alla valutazione positiva di interesse culturale effettuata dalla Soprintendenza, il Comune della Spezia ha, infatti, sostenuto che nella relazione 8 Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol. III, pag. 1067, delibera del 30 dicembre 1937, n. 55/1042 Verbale n.14 della Commissione Edilizia. 9 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1939. pag. 605, delibera n.13/547, Pagamento di conti inerenti alla piantagione di un filare di pini nella Piazza Giuseppe Verdi.
  • 20. 20 del GUR (Gruppo Urbanisti Romani) allegata al piano regolatore del 1932, nel paragrafo a pag. 15 intitolato Zone Verdi, giardini, passeggiate, campi sportivi, era stato affermato che si considerava superato “il vieto concetto ottocentesco di considerare le zone verdi un semplice “abbellimento” urbano episodico da collocare qua e là nel centro delle piazze di traffico” (…) in luogo del nuovo criterio definitivamente imposto “di vedere nelle zone verdi una necessità “polmonare” per la salute della città. Di qui la necessità di permeare tutto il corpo edilizio mediante un sistema di zone verdi comunicanti tra loro, lontane dalle arterie di traffico e mai identificate con queste”. La lettura del citato passo della relazione è corretta, ciò che viene completamente distorta è, tuttavia, la sua interpretazione, che si evince invece dal seguito del paragrafo della relazione. Il GUR spiegava, infatti, che: “Il sistema verde della Spezia è composto di due settori: l’uno veramente grandioso è costituito da tutto il meraviglioso arco di colline che chiude la città vecchia da Ovest a Est seguendo presso a poco la linea del muro di protezione fino alla collina dei Cappuccini ossia quasi fino al mare. L’altro settore è invece costituito da tutta una serie di zone verdi e giardini di futura creazione che si svolge nella pianura di Migliarina normalmente alle arterie di traffico abbracciando con grande arco tutto il cuore della zona edilizia”. (…) E continuava: “Attrezzata con queste zone verdi, La Spezia avrà un sistema polmonare, se non certo eccessivo, almeno sufficiente”.(10) Appare evidente, pertanto, che, pur essendo superato il concetto ottocentesco di vedere esclusivamente le aree verdi quali meri abbellimenti urbani, fosse necessario garantire alla città un sistema di zone verdi, lontano dalle vie di traffico e votato a sistema “polmonare”; sistema identificato nel passo della relazione citato. Ciò non costituiva, comunque, un divieto alla piantumazione di nuove essenze arboree prospicienti le altre vie non identificate dai due settori componenti il sistema: della città vecchia o di nuova realizzazione, e destinate o meno al transito dei mezzi. In contrapposizione all’interpretazione del Comune, che vede nella piantumazione del filare la volontà di inserire un semplice “arredo urbano”, inoltre, occorre far presente che la collocazione del filare di pini domestici della piazza faceva parte di un più ampio progetto di incremento del 10 Il Piano Regolatore generale della Città (nella relazione del Gruppo degli Urbanisti Romani), Comune della Spezia. Rassegna Municipale, 1933, pag. 15.
  • 21. 21 verde urbano, proposto dall’Ispettorato ai Giardini(11) che, riscosso il parere positivo del Delegato Podestarile ai giardini e passeggiate, pochi mesi dopo il completamento dei lavori della nuova piazza e l’approvazione del relativo collaudo, avanzava l’opportunità di alberare la stessa come parte integrante di un progetto di messa a dimora di nuovi alberi e di creazione di masse di verde che interessava, oltre a piazza Verdi, le nuove arterie viarie (via XXIV Maggio e via Vittorio Veneto) aperte in seguito agli importanti progetti di espansione della Città verso est realizzati proprio in quegli anni. Il Comune ha, al riguardo, altresì, sostenuto, sempre facendo riferimento alla citata relazione del GUR, che: “Nel piano regolatore tutto è stato studiato con cura e previsto” (…) Portare modificazioni di dettaglio a questo piano può essere talvolta necessario, ma intaccarne la compagine non è che assolutamente dannoso (…) Il Comune ha quindi il diritto, anzi il dovere, di esigere dal privato il totale rispetto del piano regolatore: ma ne sia il Comune stesso il primo e più geloso custode”. Anche in questo caso il Comune ha attribuito –ed analogamente il TAR Liguria- alla lettura della relazione un’interpretazione quantomeno fuorviante. La relazione del GUR sottolineava, infatti, il danno che si sarebbe potuto arrecare, alterando l’impostazione del piano regolatore redatto; ciò che il Comune ha omesso di riportare –ed il TAR Liguria di considerare- è il contenuto del capoverso compreso all’interno delle due frasi, che recitava: “Spostare la ubicazione di una scuola portandola fuori della sua zona verde, chiudere lo sbocco di una passeggiata, modificare la posizione degli isolati fiancheggianti un’arteria… può scompaginare l’intero quartiere od anche tutto il piano. Può voler dire perdere la traccia del concetto unitario che ha guidato alla compilazione”.(12) Evidentemente, nelle intenzione del GUR, il danno che si sarebbe potuto arrecare, alterando il piano regolatore, appariva legato a sensibili cambiamenti della struttura urbanistica ed edilizia della città, non veniva invece fatto riferimento ad un danno causato dalla messa a dimora di nuove 11 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1937. Vol III, pag. 879, n.12/847, delibera del 6 novembre 1937, Piantagioni lungo le strade e nelle piazze cittadine. 12 Il Piano Regolatore generale della Città (nella relazione del Gruppo degli Urbanisti Romani), Comune della Spezia. Rassegna Municipale, 1933, pag. 15.
  • 22. 22 piante (fatto salvo, ovviamente, il divieto di non toccare le due zone designate dalla relazione quali sistema di verde urbano). Interpretato in tale ottica, appare, pertanto, ancora più pregnante di significato l’intervento di messa a dimora di nuove piante, richiesto dall’Ispettorato ai Giardini nel settembre del 1937 per tutta la città. Tale progetto, infatti: - non contravveniva alle indicazioni imposte dal Piano Regolatore del 1932; - pur fuori dalle due zone designate, andava, invece, ad arricchire la creazione del sistema di verde urbano. Significativa, al riguardo, era stata anche la scelta delle essenze arboree: i pini domestici - il cui serrato ritmo, in piazza Verdi, si pone quale contrappunto alla facciata del palazzo del Mazzoni – come messo in luce dalla Soprintendenza nella proposta del 29/10/2013 - corrisponde alla “ricerca di toni mediterranei sostenuti dal Regime” ispirata alle vie consolari romane (per l’occasione, furono appositamente ordinati ad un vivaio di Cecina; lo dimostra la delibera podestarile del pagamento) (13). È noto che il riferimento all’antica Roma è costante nella retorica fascista: i pini, a partire dagli anni Trenta, furono ampiamente utilizzati in importanti progetti di trasformazione di contesti urbani, come simbolo di un'idea nazionale e di un’ideologia caratterizzante un periodo della storia italiana. Contesti, ancora oggi, protetti e valorizzati, sebbene i contenuti ideologici ispiratori siano ormai stigmatizzati ed ampiamente superati (valgano fra tutti gli esempi suggeriti dalla Soprintendenza per Piazza della Vittoria a Genova e Via dei Fori Imperiali a Roma. In attesa della realizzazione dell’adiacente piazza del Littorio, negli anni Trenta piazza Verdi ricopriva il ruolo di “ganglio politico e luogo tradizionale di adunanza delle più significative manifestazioni di popolo”(14) e, seppur nata senza vegetazione, la piantumazione dei pini domestici fu coronamento di un progetto in chiave di omaggio al regime. 13 Cfr. Comune della Spezia. Deliberazioni del Podestà. 1939. pag. 605, delibera n.13/547, Pagamento di conti inerenti alla piantagione di un filare di pini nella Piazza Giuseppe Verdi 14 Il Popolo della Spezia, Un triennio di attività amministrativa comunale , 3 luglio 1938, pag. 5.
  • 23. 23 I pini domestici erano, insieme alla Casa del Fascio – attuale sede del Comune della Spezia – e al monumento a Costanzo Ciano di Francesco Messina ora rimosso, i tre simboli tangibili dell’ideologia fascista presenti nella zona. La scelta di porre l’alberatura “in perfetto allineamento con le colonne della illuminazione pubblica elettrica”, fu voluta, inoltre, per sottolinearne l’impostazione assiale, utile a definirne il completamento del disegno e a sottolineare il ruolo della piazza quale nuovo centro della città moderna, elemento di collegamento tra l’ottocentesca Via Chiodo e la nuova Via Vittorio Veneto. É verosimile, in ultimo, pensare che per i lavori nella piazza, la ditta Dighero, appaltatrice degli stessi, non fu incaricata della messa a dimora del verde perché il Comune aveva già a disposizione il proprio Ispettorato ai giardini. É necessario evidenziare che il progetto (considerato dall'Avvocatura Civica quale precisa fase tecnica amministrativa), affidato all'impresa "Geometra Ernesto Dighero" di Genova vincitrice della gara d'appalto, era riferibile soltanto alla pavimentazione e allo spostamento della linea tranviaria. All'impresa di Genova, tuttavia, non venivano commissionate, oltre alla messa a dimora dei pini, altre fasi importanti che avrebbero dovuto trovare esecuzione, per esempio le opere di fognatura bianca. Di tutti questi elementi si dà compiutamente atto nella relazione della Soprintendenza allegata al decreto di riconoscimento dell’interesse culturale dell’8/11/2013, sulla base proprio di specifici riferimenti alla relazione sopra menzionata. Di essi non ha, invece, tenuto in alcun conto il TAR Liguria che ha pedissequamente fatto propria la tesi dell’Amministrazione comunale, senza fare alcun riferimento alle argomentazioni svolte dall’odierna appellante ed in questa sede riportate. Ma l’illegittimità e l’erroneità della sentenza del TAR Liguria si rileva, inoltre, ulteriormente –se possibile- sulla base della mera lettura della parte finale della decisione impugnata, allorquando il Giudice di primo grado giunge addirittura ad affermare che: “Si tratta di una conclusione (quella relativa alla piantumazione del filare) di una conclusione doppiamente inesatta: sia perché la
  • 24. 24 relazione Ratti non era parte del progetto di riqualificazione di piazza Verdi, né era stata allegata a corredo della richiesta di autorizzazione (legittimamente, posto che l’autorizzazione <è resa su progetto> - art. 21 comma 5 del D.Lgs. n. 42/2004): sicchè non si vede come possa avere sviato le valutazione autonomamente operate dalla Soprintendenza con il provvedimento 6.11.2012; sia – soprattutto- perché l’interesse culturale del filare alberato non discende affatto dall’epoca – infrasettantennale od ultrasettantennale- della sua piantumazion, ma, piuttosto, dall’essere riconosciuto elemento riconducibile all’originario impianto di Piazza Verdi” (cfr. pag. 22 della sentenza). Ebbene, non si vede come –con specifico riferimento a siffatta statuizione- il Giudice di primo grado, oltre a non tenere in alcun conto le argomentazioni suesposte, non abbia neppure considerato quanto testualmente dichiarato dalla Soprintendente Arch. Luisa Papotti nella nota 21 gennaio 2014 prot. n. 2067 depositata dall’Avvocatura dello Stato nel giudizio di primo grado. Nella citata relazione la Soprintendente ha, infatti, espressamente affermato che: - “In merito alle alberature, l’Ufficio ne valutava la rimozione alla luce dei dati forniti dalla relazione storica prodotta dalla Città per il concorso di progettazione, nel frattempo fornita per le vie brevi dal Comune al funzionario responsabile del procedimento (all. 3) e disponibile sul web tra la documentazione del bando di gara. Questa descriveva il filare alberato centrale come piantumato <circa dieci anni dopo la fine della guerra>, individuandolo quindi come componente estranea all’originario disegno della piazza e di alterazione rispetto ad esso. Inoltre il dato contenuto nella relazione storica non consentiva di valutare l’alberata come assoggettabile ai disposti di tutela di cui sopra, in assenza del requisito dell’essere stato eseguito da oltre settant’anni, previsto dall’art. 12, comma 1 del d.lgs. 42/2004, come modificato dall’art. 4, comma 16 del D.L. 70/2011 convertito in legge n. 106/2011”; - “Preme sottolineare che quanto accertato nel corso dell’approfondimento istruttorio evidenziava che i dati prodotti dall’Amministrazione comunale in fase progettuale circa l’alberatura centrale, mai integrati ed approfonditi nonostante le richieste di questo Ufficio, risultavano erronei ed infondati, ed inoltre gravemente svianti le valutazioni di competenza circa la necessità della sua conservazione per la tutela della piazza storica”;
  • 25. 25 - “con l’autorizzazione rilasciata con nota prot. n. 33062 del 6/11/2012 la Soprintendenza non ha inteso dichiarare per l’alberata la non sussistenza di interesse culturale; al contrario nelle valutazioni di competenza l’ha giudicata quale elemento non sottoponibile a tutela in ragione dell’assenza del requisito dell’essere stato eseguito da oltre settant’anni, previsto dall’art. 12 comma 1 del d.lgs. n. 42/2004 come modificato dall’art. 4 comma 16 del D.L. 70/2011 convertito in legge n. 106/2011: questo sulla base di informazioni svianti contenute nella Relazione storica predisposta dal Comune della Spezia”. Si evidenzia –sempre ai fini della rilevanza della relazione Ratti- che la stessa Dott.ssa Ratti, in una dichiarazione al SECOLO XIX in data 9 luglio 2013 ed, in precedenza, alla NAZIONE in data 8 luglio 2013 ha, da un lato, affermato di aver potuto essersi sbagliata sulla datazione della messa a dimora dei pini e, dall’altro, che non appena visto il video sulla Liberazione in cui si vedevano i pini della piazza, ha comunicato tutto al Comune. Al riguardo, non si ritiene necessario aggiungere altro se non che con decreto in data 8 marzo 2014 il Tribunale penale della Spezia ha accolto l’opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dal Pubblico Ministero in data 19 febbraio 2014 (proprio con specifico riferimento all’esposto presentato nei confronti della Dott.ssa Ratti), ravvisando la necessità di procedere a specifiche indagini e fissando l’udienza di Camera di Consiglio per il giorno 9 giugno 2014. III) Sull’istanza di sospensione Le considerazioni che precedono dimostrano la sussistenza del fumus boni juris. Quanto al danno grave ed irreparabile esso risulta di per sé evidente se solo si considera che: - il Comune della Spezia, solamente due giorni dopo il deposito della sentenza (e precisamente in data 22 maggio 2014) e senza provvedere alla notifica della stessa (che è stata notificata in data 28 maggio 2014), con un vero e proprio “blitz” alle ore 6.00 del mattino ha proceduto all’eliminazione integrale del filare di pini; - l’eliminazione del filare è stata operata dal Comune nonostante la diffida notificata dall’odierna appellante in pari data ed in totale spregio del provvedimento della Direzione Regionale prot. n.
  • 26. 26 4339 del 22 maggio 2014, comunicato a mezzo posta elettronica certificata, con il quale la stessa Direzione regionale ha fatto presente all’Amministrazione che “..pur essendo stato annullato dalla sentenza citata il provvedimento di vincolo emesso da questa Direzione regionale in data 8.11.2013, rivive la tutela ope legis prevista dall’art. 12, comma 1 D.Lgs. n. 42/2004 sul filare alberato, il cui impianto è ultrasettantennale, come riconosciuto peraltro dalla sentenza n. 787/2014”; - il Comune della Spezia, pur dichiarando in un primo momento di voler procedere all’eliminazione esclusivamente delle piante pericolanti, ha invece, del tutto inaspettatamente ed improvvisamente nello stesso giorno, proceduto all’eliminazione di tutto il filare alberato. Non solo. Nonostante il decreto di concessione delle misure cautelari monocratiche ottenuto dall’appellante Associazione Verdi Ambiente e Società VAS n. 2318/2014 nel ricorso in appello RGR 4415/2014, il Comune della Spezia ha dichiarato a mezzo stampa di essere intenzionato a procedere nell’esecuzione dei lavori sulla base del cronoprogramma dallo stesso stabilito. Quindi, in totale e palese spregio del citato decreto di sospensione degli effetti della sentenza ora impugnata, il Comune della Spezia intende continuare i lavori in conformità al progetto originario, procedendo all’esecuzione di opere ed all’installazione di strutture che pregiudicano in maniera irreversibile lo stato dei luoghi e che impediscono in maniera definitiva la ricollocazione del filare alberato centrale, se non previa rimozione delle stesse con conseguente notevole esborso di denaro pubblico. *** P.Q.M. con il presente atto, si chiede l’annullamento e/o l’integrale riforma della gravata sentenza, previa sospensione dell’esecutività della stessa, e per l’effetto la reiezione del ricorso di primo grado. Con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
  • 27. 27 Ai sensi dell’art. 14, comma 2 del D.P.R. n. 115/2002 e ss.mm. e ii. si dichiara che il valore della presente controversia è indeterminabile. Si dichiara, ai fini del successivo deposito in cancelleria, che il file di cui al supporto elettronico è conforme al presente ricorso in appello. Genova, 2 giugno 2014 Avv. Piera Sommovigo
  • 28. 28 Relazione di notifica Io sottoscritta Avv. Piera Sommovigo, in base alla legge n. 53 del 1994 ed in virtù dell’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine di Genova rilasciata in data 22 febbraio 2007, previa iscrizione al n….. del mio cronologico, ho notificato il suesteso ricorso in appello consegnandone copia conforme all’originale: - al Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Giovanni Bormioli e Stefano Carabba, al domicilio eletto in primo grado presso lo studio del primo in Genova, Piazza Dante n. 9/14, CAP 16121, ivi spedendone copia conforme all’originale a mezzo del servizio postale con raccomandata a.r. n. 76443533063-4 in data corrispondente a quella del timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di Genova 19, Via Granello 7 R N. CRONOLOGICO 98.1 (Avv. Piera Sommovigo) - al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica, al domicilio eletto ope legis presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei Portoghesi 12, CAP 00186, ivi spedendone copia conforme all’originale a mezzo del servizio postale con raccomandata a.r. n. 76443533064-5 in data corrispondente a quella del timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di Genova 19, Via Granello 7 R N. CRONOLOGICO 98.2 (Avv. Piera Sommovigo)
  • 29. 29 - all’Associazione Italia Nostra ONLUS, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dall’Avv. Rino Tortorelli, al domicilio eletto in primo grado presso lo studio dell’avv. Carmela De Lucia in Genova, Via XX Settembre 33/8, CAP 16121, ivi spedendone copia conforme all’originale a mezzo del servizio postale con raccomandata a.r. n. 76443533065-6 in data corrispondente a quella del timbro postale, spedita dall’Ufficio Postale di Genova 19, Via Granello 7 R N. CRONOLOGICO 98.3 (Avv. Piera Sommovigo)