INTRODUZIONE
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno ridefinendo in modo sostanziale il lavoro e la formazione così come li abbiamo conosciuti nel paradigma della produzione di massa (Micelli, De Pietro, 1998).
Fino a poco tempo fa si pensava all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nel mondo del lavoro e della formazione come strumento per dividere soggetti tradizionalmente vincolati alla compresenza in un unico spazio fisico-temporale. In realtà esse rappresentano un mezzo per ricomporre a unità vissuti esperenziali diversi. Le nuove tecnologie di rete non solo abbattono i costi di comunicazione (Rullani, 1998), ma rendono economicamente sostenibili dialoghi e relazioni complessi ad elevata ricchezza di contenuto (Orlikowsky, 1995). In questo senso, le tecnologie permettono di ampliare ed estendere ad una scala più ampia la trama relazionale e sociale necessaria per dare vita a processi di accumulazione di conoscenza (Micelli, 2000).
In questo contesto va sottolineato come sempre più spesso la rapidità con cui si evolvono le conoscenze tende a infrangere la proceduralità della formazione tradizionale a favore di processi di crescita endogena attraverso la circolazione e la capitalizzazione del know-how. Qui il supporto delle tecnologie di rete diventa strategico, soprattutto quando abbinate alle metodiche del knowledge management vi è l’organizzazione di comunità professionali entro cui favorire processi di apprendimento alla pari.
La necessità odierna della formazione permanente, svincolata da luoghi e orari, agevola quindi l’instaurarsi di comunità professionali on-line, fenomeni che trasformano i professionals in soggetti proattivi del proprio apprendimento. Il valore aggiunto che tali comunità offrono è dato dalla condivisione delle conoscenze facenti capo ai singoli, e dalla loro convalida da parte della comunità stessa.
Tessere relazioni e condividere conoscenze ed esperienze è essenziale per poter crescere, nel campo professionale come in quello umano; le tecnologie dell’informazione e della comunicazione forniscono un supporto senza pari nel raggiungimento di questo obiettivo, dal momento che mettono in contatto chiunque desideri partecipare alla comunità. Le comunità professionali on-line rappresentano un motore per l’innovazione (per le organizzazioni) e una risposta alle esigenze sempre più pressanti di formazione continua (per i singoli lavoratori) (Bettiol, De Pietro, 2002).
L’opportunità delle comunità professionali naturalmente può riguardare anche le organizzazioni che operano nella Pubblica Amministrazione (PA). Nella PA, il successo di queste comunità deriva dal fatto che le rapide trasformazioni organizzative che hanno caratterizzato questi ultimi anni, hanno messo in discussione gli strumenti tradizionali di aggiornamento professionale (Costa, Rullani, 1999). E’ chiaro che, senza un utilizzo innovativo delle nuove tecnologie, queste comunità professionali non potrebbero candidarsi a svolgere un ruolo innovativo all’interno della PA (Micelli, 2004).
Le numerose riforme che attribuiscono nuove e diverse funzioni ai pubblici uffici, la necessità di fornire servizi nell’ottica del cliente (cittadino e impresa), l’introduzione delle nuove tecnologie per l’attuazione dell’e-Government e, in taluni ambiti, un contesto competitivo nuovo e inusuale per gli operatori pubblici sono tutti fattori che richiedono un patrimonio di conoscenze e competenze nuovo e più ampio. Non è più sufficiente un centro che normalizza e pianifica, è necessario attivare circuiti periferici di accumulazione del sapere dove sia i dipendenti pubblici sia i consumatori (cittadini e imprese) diventano attivi portatori della loro esperienza. Un percorso sicuramente graduale ma ineludibile per assicurare e garantire alla PA livelli di innovazione e competitività tali da soddisfare le aspettative crescenti, in termini di e
Open Innovation in Trentino?Un'analisi preliminare
Innovazione, comunità professionali e pubblica amministrazione il caso csi
1. SOMMARIO
INTRODUZIONE………………………………………………………………………………………….5
CAPITOLO 1) ICT E COMUNITA’ PROFESSIONALI: STRUMENTI PER LA FORMAZIONE
CONTINUA………………………………………………………………………………………………..9
1.1. Formazione e lavoro in un mondo in transizione verso il post-fordismo .............................. 9
1.2. La necessità di formazione continua ............................................................................ 10
1.3. L’importanza delle nuove tecnologie............................................................................ 11
1.3.1. La mutazione delle tecnologie .............................................................................. 12
1.4. Le comunità professionali: nuovi baricentri per l’innovazione e la formazione............... 13
1.4.1. Le comunità professionali come luoghi di apprendimento attivo ............................ 16
1.4.2. Equilibrare due dimensioni: partecipazione e informazione ................................... 20
1.4.3. Le tecnologie utilizzabili........................................................................................ 22
1.4.4. Le figure-chiave ................................................................................................... 30
1.4.5. Le fasi di vita ........................................................................................................ 33
CAPITOLO 2) L’UTILIZZO DELLE ICT PER RIFORMARE LA PA: L’E-GOVERNMENT……...43
2.1. Cos’è oggi l’e-Government? ........................................................................................ 46
2.1.1. L’e-Government sia nel front che nel back-end ..................................................... 46
2.1.2. La ridefinizione del back-end ................................................................................ 48
2.1.3. L’importanza del networking ................................................................................. 49
2.2. Le ICT come strumento per riformare la PA ................................................................. 52
2.2.1. La visione della Commissione Europea ................................................................ 53
2.2.2. L’iniziativa eEurope .............................................................................................. 54
2.3. Gli attori e gli strumenti normativi italiani per la digitalizzazione della PA ...................... 55
2.3.1. L’attività del CNIPA .............................................................................................. 56
2.3.2. La prima fase della digitalizzazione della PA italiana ............................................ 57
2.3.3. La seconda fase della digitalizzazione della PA italiana ........................................ 59
2.3.4. Il Codice dell’Amministrazione Digitale ................................................................. 60
2.3.5. Il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e la Rete Internazionale della PA.......... 62
2.3.6. Il riuso delle soluzioni ........................................................................................... 64
2.4. Gli ostacoli al pieno sviluppo dell’e-Government .......................................................... 70
2.5. L’utilizzo dei servizi on-line della PA da parte dei cittadini ............................................ 74
2.6. L’utilizzo dei servizi on-line della PA da parte delle imprese ......................................... 78
2.6.1. Uno sguardo a livello europeo .............................................................................. 80
1
2. CAPITOLO 3) L’E-GOVERNMENT PER IL FRONT-END: I SERVIZI ALLE IMPRESE………..85
3.1. I livelli di servizio e gli “eventi della vita” per le imprese ................................................ 87
3.2. I servizi prioritari per le imprese fissati dall’UE e la situazione italiana .......................... 91
3.3. Il portale Impresa.gov .................................................................................................. 98
3.4. I servizi di e-Government erogati a livello locale ........................................................ 106
3.4.1. Lo stato di diffusione dei servizi .......................................................................... 108
CAPITOLO 4) LO SPORTELLO UNICO DELLE ATTIVITA’ PRODUTTIVE…………………...115
4.1. La struttura del Procedimento Unico .......................................................................... 117
4.1.1. Il procedimento ordinario .................................................................................... 117
4.1.2. Il procedimento mediante autocertificazione ....................................................... 121
4.2. Il dettato normativo del Procedimento Unico .............................................................. 124
4.2.1. Il D.Lgs. n. 112/98 .............................................................................................. 124
4.2.2. Il D.P.R. n. 447/98.............................................................................................. 124
4.3. Le diverse dimensioni funzionali dello Sportello Unico ............................................... 127
4.4. Formare il personale dello Sportello Unico: il ruolo del Formez .................................. 134
4.4.1. Evoluzione storica .............................................................................................. 134
4.4.2. Descrizione delle attività..................................................................................... 135
4.4.3. Lo stato dell’attività formativa nella PA italiana ................................................... 138
CAPITOLO 5) LA COMUNITA’ SPORTELLI IMPRESA (CSI)…………………………………...149
5.1. Ripensare la formazione: inserire i responsabili in un network relazionale.................. 151
5.2. L’evoluzione temporale di CSI: un confronto con la teorizzazione di E. Wenger ......... 152
5.3. La struttura e i servizi proposti dalla comunità ........................................................... 157
5.4. Le modalità di consultazione ..................................................................................... 164
CAPITOLO 6) EVOLUZIONE DI CSI: ANALISI DI PROGETTO E PROSPETTIVE FUTURE.167
6.1. Analisi quantitativa .................................................................................................... 167
6.1.1. Obiettivi e metodologia ....................................................................................... 167
6.1.2. Le iscrizioni ........................................................................................................ 171
6.1.3. Gli accessi ......................................................................................................... 174
6.1.4. Gli interventi ....................................................................................................... 177
6.2. Analisi qualitativa ...................................................................................................... 181
6.2.1. Obiettivi e metodologia ....................................................................................... 181
6.2.2. Le iscrizioni ........................................................................................................ 183
6.2.3. L’utilizzo ............................................................................................................. 185
6.2.4. La partecipazione............................................................................................... 188
6.3. Un’analisi di altre comunità professionali: confrontare per crescere ........................... 191
6.3.1. Connecting-Managers ........................................................................................ 191
6.3.2. E-KM Dicamo..................................................................................................... 197
6.3.3. Club BIT............................................................................................................. 202
2
3. 6.3.4. ActKM ................................................................................................................ 207
6.3.5. Twentyfirst Century Skills ................................................................................... 212
6.4. L’importanza di una struttura di governance per garantire l’auto-sostenibilità ............. 220
6.4.1. Il modello di governance .................................................................................... 221
6.4.2. Il modello di finanziamento ................................................................................. 222
6.5. Per un rinnovamento della Comunità Sportelli Impresa .............................................. 224
6.5.1. Evolvere la struttura organizzativa ...................................................................... 225
6.5.2. Ricercare nuove modalità di finanziamento ........................................................ 227
CONCLUSIONI..............................................................................................................………229
BIBLIOGRAFIA ……………………………………………………………………………………….235
SITOGRAFIA…………………………………………………………………………………………..241
APPENDICE………………………………………………………………………………….. 243
3
5. INTRODUZIONE
Le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno ridefinendo
in modo sostanziale il lavoro e la formazione così come li abbiamo conosciuti nel
paradigma della produzione di massa (Micelli, De Pietro, 1998).
Fino a poco tempo fa si pensava all’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e
della comunicazione nel mondo del lavoro e della formazione come strumento per
dividere soggetti tradizionalmente vincolati alla compresenza in un unico spazio fisico-
temporale. In realtà esse rappresentano un mezzo per ricomporre a unità vissuti
esperenziali diversi. Le nuove tecnologie di rete non solo abbattono i costi di
comunicazione (Rullani, 1998), ma rendono economicamente sostenibili dialoghi e
relazioni complessi ad elevata ricchezza di contenuto (Orlikowsky, 1995). In questo
senso, le tecnologie permettono di ampliare ed estendere ad una scala più ampia la
trama relazionale e sociale necessaria per dare vita a processi di accumulazione di
conoscenza (Micelli, 2000).
In questo contesto va sottolineato come sempre più spesso la rapidità con cui si
evolvono le conoscenze tende a infrangere la proceduralità della formazione
tradizionale a favore di processi di crescita endogena attraverso la circolazione e la
capitalizzazione del know-how. Qui il supporto delle tecnologie di rete diventa
strategico, soprattutto quando abbinate alle metodiche del knowledge management vi
è l’organizzazione di comunità professionali entro cui favorire processi di
apprendimento alla pari.
La necessità odierna della formazione permanente, svincolata da luoghi e orari,
agevola quindi l’instaurarsi di comunità professionali on-line, fenomeni che trasformano
i professionals in soggetti proattivi del proprio apprendimento. Il valore aggiunto che tali
comunità offrono è dato dalla condivisione delle conoscenze facenti capo ai singoli, e
dalla loro convalida da parte della comunità stessa.
Tessere relazioni e condividere conoscenze ed esperienze è essenziale per
poter crescere, nel campo professionale come in quello umano; le tecnologie
dell’informazione e della comunicazione forniscono un supporto senza pari nel
raggiungimento di questo obiettivo, dal momento che mettono in contatto chiunque
desideri partecipare alla comunità. Le comunità professionali on-line rappresentano un
motore per l’innovazione (per le organizzazioni) e una risposta alle esigenze sempre
più pressanti di formazione continua (per i singoli lavoratori) (Bettiol, De Pietro, 2002).
5
6. L’opportunità delle comunità professionali naturalmente può riguardare anche le
organizzazioni che operano nella Pubblica Amministrazione (PA). Nella PA, il successo
di queste comunità deriva dal fatto che le rapide trasformazioni organizzative che
hanno caratterizzato questi ultimi anni, hanno messo in discussione gli strumenti
tradizionali di aggiornamento professionale (Costa, Rullani, 1999). E’ chiaro che, senza
un utilizzo innovativo delle nuove tecnologie, queste comunità professionali non
potrebbero candidarsi a svolgere un ruolo innovativo all’interno della PA (Micelli, 2004).
Le numerose riforme che attribuiscono nuove e diverse funzioni ai pubblici uffici,
la necessità di fornire servizi nell’ottica del cliente (cittadino e impresa), l’introduzione
delle nuove tecnologie per l’attuazione dell’e-Government e, in taluni ambiti, un
contesto competitivo nuovo e inusuale per gli operatori pubblici sono tutti fattori che
richiedono un patrimonio di conoscenze e competenze nuovo e più ampio. Non è più
sufficiente un centro che normalizza e pianifica, è necessario attivare circuiti periferici
di accumulazione del sapere dove sia i dipendenti pubblici sia i consumatori (cittadini e
imprese) diventano attivi portatori della loro esperienza. Un percorso sicuramente
graduale ma ineludibile per assicurare e garantire alla PA livelli di innovazione e
competitività tali da soddisfare le aspettative crescenti, in termini di efficienza e qualità
del servizio, che provengono non solo dai cittadini ma anche da sfere sempre più
ampie di lavoratori statali che chiedono percorsi formativi personalizzati e adeguati
(Formez, 2005).
Le nuove tecnologie possono quindi essere intese sia come strumento per
facilitare la partecipazione, sia come piattaforma a livello distribuito per la trasmissione
diffusa di conoscenza. Esse sono di supporto alle comunità professionali per il
raggiungimento della loro mission e costituiscono un potente mezzo per “ripensare” le
modalità organizzative della PA, facilitando il rapporto tra i cittadini e le
amministrazioni, e innovando le metodologie e la tipologia dei servizi erogati.
La presente tesi affronta nel primo capitolo le comunità professionali come
“luogo” privilegiato per la formazione continua ed enfatizza l’importanza dell’utilizzo
delle ICT nel favorire una maggiore efficienza ed efficacia delle stesse.
Successivamente viene introdotto il tema dell’e-Government come importante fattore
per ammodernare la PA, storicamente restìa ad accogliere innovazioni radicali nelle
proprie modalità organizzative, mettendo ulteriormente in rilievo la necessità di un
pervasivo utilizzo delle nuove tecnologie anche in questo ambito (cap. 2). Il capitolo 3
sviluppa tale questione proponendo la tematica dei servizi alle imprese come
applicazione pratica dell’e-Government. Nel capitolo 4 viene focalizzata l’attenzione su
6
7. un particolare servizio offerto dalla PA per venire incontro alle necessità burocratiche
delle imprese: lo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP). In seguito viene
presa in analisi CSI (Comunità Sportelli Impresa), una comunità professionale on-line
già ben avviata e concretamente impegnata nella formazione del personale addetto
alle attività dello Sportello Unico: nel capitolo 5 viene analizzata la sua storia, le attività
e i servizi messi a disposizione, mentre nel capitolo 6 viene proposto un approfondito
monitoraggio quantitativo e qualitativo1 per valutare lo stato di salute della comunità e
dal quale poter trarre le evidenze necessarie per proporre una soluzione per il
rinnovamento e l’auto-sostenibilità della stessa nel prossimo futuro.
1
L’attività di monitoraggio è stata svolta durante la mia attività di stage (luglio-settembre 2006) presso la
società Athos s.r.l. di Padova.
7
9. CAPITOLO 1
ICT E COMUNITA‟ PROFESSIONALI:
STRUMENTI PER LA FORMAZIONE CONTINUA
1.1. Formazione e lavoro in un mondo in transizione verso il post-fordismo
Il secolo scorso è stato segnato da un enorme processo di centralizzazione della
conoscenza, che è stata la risorsa chiave del fordismo per generare un sostanziale
incremento di produttività e di reddito (Rullani, 1999).
Il sistema produttivo fordista, basato sull’accentramento delle conoscenze in
uffici preposti (tecnostruttura), realizzava, di fatto, una netta divisione tra lavoro
cognitivo e lavoro operativo-esecutivo. In tale assetto, la formazione ha luogo
tipicamente prima del lavoro e ogni qual volta la tecnostruttura ridefinisca e/o perfezioni
il contenuto delle diverse attività. La dicotomia tra lavoro e formazione ha origine nella
possibilità per l’azienda fordista di predefinire con certezza il futuro in un ambiente
caratterizzato da un basso livello di complessità. L’esplodere della complessità
ambientale dai primi anni settanta ha richiesto la necessità di investire in un processo
di innovazione e formazione continua. Oggi si deve quindi creare un intreccio ricorrente
tra apprendimento e lavoro: un intreccio che preveda momenti dedicati di
apprendimento (senza lavoro) e di lavoro (senza apprendimento), ma con larghe fasce
di sovrapposizione di lavoro con apprendimento e apprendimento con lavoro (De
Pietro, 1998). Si deve quindi passare da un concetto di organizational learning a uno di
learning organization, puntando a:
Crescere in conoscenza: l'apprendimento come competenza distintiva, valore di
riferimento e opportunità per acquisire sempre nuove conoscenze, è
indispensabile per puntare all'eccellenza;
Ottimizzare la condivisione delle informazioni: questa è necessario che si
concretizzi all'interno di un clima di scambio e di partecipazione attiva, tesa
verso il networking. Condividere le informazioni significa, in altre parole,
adottare un processo sistematico di risoluzione dei problemi ma anche di
sperimentazione continua e di apprendimento dagli altri, che si completa grazie
al trasferimento della conoscenza attraverso l'organizzazione;
Fondare l'azione sulla partecipazione: elemento caratterizzante della learning
organization, costruita sull'impegno e il coinvolgimento dei diversi attori, fatta di
relazioni improntate all'empowerment, al trust e all'unità;
9
10. Orientarsi all'innovazione attraverso la trasformazione: il cambiamento è
condicio sine qua non per parlare di apprendimento organizzativo.
L'organizzazione apprende davvero quando, a partire da nuove conoscenze, sa
innescare nuovi comportamenti operativi.
Introdurre i principi della learning organization significa modificare in modo
integrato le variabili organizzative in senso stretto, il profilo culturale
dell’organizzazione, gli strumenti e le risorse tecnologiche a supporto delle competenze
interne: il tutto con l’obiettivo di costituire le condizioni di lavoro che consentano alle
persone di esprimere le proprie potenzialità di apprendimento a vantaggio
dell’organizzazione stessa (De Pietro, 1998).
1.2. La necessità di formazione continua
Con il declino del fordismo, si è scoperto che la domanda di conoscenza
espressa dalle imprese, dalla PA, dai lavoratori, dalla società civile, ha assunto
dimensioni abnormi e risulta in gran parte insoddisfatta e che, in parallelo,
l’investimento in conoscenza, necessario per venire incontro alle esigenze della
domanda, è difficile, rischioso, insufficiente. L’apprendimento deve essere continuo,
ma soprattutto deve essere diluito nel vissuto e nel lavoro quotidiano. Di conseguenza
la formazione non può più essere assegnata a luoghi e tempi separati rispetto ai luoghi
e ai tempi del lavoro. Il bisogno di sapere non può essere soddisfatto con esperienze di
apprendimento saltuarie, che interrompano per periodi più o meno lunghi la vita
lavorativa (Rullani, 1999).
Formazione continua significa, dunque, sia formazione personalizzata, in quanto
il prodotto formativo deve essere sempre più spesso progettato ed erogato ad hoc, sia
formazione ricorrente, che richiede continuamente di aggiornarsi, rimettersi in
discussione, aderire a nuove visioni e prospettive (Micelli, 1999).
A tal fine occorre un investimento proattivo, e non solo reattivo, alla formazione,
attraverso (Rullani, 1999):
Il miglioramento delle capacità di anticipazione e previsione attuali al fine di
disegnare il quadro dello scenario probabile delle competenze e delle
professionalità richieste;
10
11. La presa di coscienza della formazione come un processo attraverso cui una
comunità, un territorio, un sistema collettivo di imprese si dotano delle
competenze e delle professionalità necessarie a competere con altre comunità,
territori, sistemi collettivi;
La costruzione di una rete delle competenze in modo da mettere il più possibile
in pool le competenze specializzate disponibili, e da incentivarne l’ulteriore
sviluppo.
Se lavorare a rete è l’unico modo per rendere flessibile e personalizzata l’offerta
formativa, senza aumentare i costi, questo percorso risulta percorribile solamente
attraverso una base tecnologica adeguata. La formazione continua è, dunque, per sua
natura, formazione integrata da supporti tecnologici multimediali, che rendano
possibile, attraverso l’interazione a distanza, realizzare una formazione personalizzata
e ricorrente a bassi costi (Micelli, 1999).
Oggi le ICT rendono possibile fare quello che fino a ieri era difficile, costoso e in
qualche caso impossibile: ricongiungere lavoro e formazione.
1.3. L‟importanza delle nuove tecnologie
Con il declino del paradigma della produzione di massa la conoscenza circola in
forma distribuita e ci si rende conto che nuove tecnologie e nuovi modelli organizzativi
offrono la possibilità pratica di sperimentare possibili innovazioni, nel campo del lavoro
e della formazione, in forme maggiormente decentrate e flessibili.
La combinazione sinergica di queste azioni (uso delle Information &
Communication Technologies, riorganizzazione per processi, implementazione di
programmi di knowledge management) ha consentito alle organizzazioni più innovative
di migrare verso un modello manageriale più flessibile al proprio interno e più reattivo
rispetto alle esigenze esterne (Upton, McAfee, 1996).
Grazie all'avvento dell'ICT si sono saputi creare ambienti di comunicazione e di
cooperazione a rete assolutamente innovativi che hanno ridisegnato le regole della
divisione del lavoro cognitivo. L'utilizzo delle nuove tecnologie non si limita, quindi, a
favorire l'automazione di processi semplici e ripetitivi, ma contribuisce prima di tutto alla
generazione di valore attraverso la creazione, l'uso e la circolazione della conoscenza.
11
12. 1.3.1. La mutazione delle tecnologie
Le nuove tecnologie da strumenti di elaborazione e, al di più, di trasmissione dati,
si sono trasformate in potenti strumenti di comunicazione. Questa trasformazione è
dovuta a due fattori principali (Micelli, De Pietro, 1998):
La ridefinizione delle geometrie dei flussi di comunicazione fra computer e
persone;
Il passaggio dalla veicolazione di dati codificati alla multimedialità.
Per quanto riguarda il primo punto, i computer non sono più strumenti di calcolo
isolati, ma possono dialogare a distanza, con altri computer o persone fisiche. La
possibilità di connettere in rete computer e persone consente di rivedere i criteri di
progettazione dei sistemi. Ciò permette di migliorare sensibilmente la corrispondenza
fra decisioni, attori e depositari delle informazioni rilevanti, per la risoluzione di un
problema di coordinamento. La forza della rete non sta nell’intelligenza dei suoi nodi,
ma nella geometria delle sue relazioni interne.
In secondo luogo, la “rete” integra sinergicamente modalità di comunicazione
one-to-one e funzioni di comunicazione one-to-many e la sua trasformazione da
veicolo di dati codificati alla multimedialità ha come effetto principale la valorizzazione
dei contesti. La rete consente agli utenti di scambiare messaggi non strutturati di tipo
diverso (suoni, immagini, testo) creando nuovi ambienti di cooperazione che non
necessitano di complesse procedure per l’organizzazione dell’azione collettiva in
quanto limitano l’uso di procedure di codificazione della conoscenza.
Ci si è ormai sganciati dall’idea secondo la quale le reti telematiche servono per
reingegnerizzare i processi aziendali in una pura logica di razionalizzazione e di
efficientismo, secondo un’interpretazione per la quale le reti sono utilizzate più per
dividere che per unire. La vera innovazione consiste nello sfruttare le nuove
potenzialità delle reti telematiche (nuove geometrie dei flussi comunicazionali e
multimedialità) come strumenti per unire, ovvero per ricomporre soggettività finora
incapaci di proporsi come attori collettivi (fig. 1.1).
La rete sta diventando il luogo di ricomposizione a sistema del vissuto
professionale di lavoratori dotati di maggiore autonomia cognitiva e relazionale al fine
di favorirne la crescita professionale attraverso sia l’acquisizione di informazioni e
conoscenze, sia creando identità professionali condivise, basate su codici
comportamentali e stili di vita comuni (Micelli, De Pietro, 1998).
12
13. Fig. 1.1 – Tecnologie e nuovi contesti virtuali di apprendimento
Territorio
Contesti virtuali
di
Rete Multimedialità
apprendimento
Organizzazione
Fonte: periodico “Economia e società regionale”, n. 3 (1998), pag. 32.
1.4. Le comunità professionali: nuovi baricentri per l‟innovazione e la formazione
Un momento di discontinuità con il passato nel mondo del lavoro è rappresentato
dalla comparsa delle comunità professionali, definibili come un gruppo di lavoratori
informalmente legati l’uno con l’altro dalla condivisione di una classe comune di
problemi, dalla ricerca di soluzioni comuni, e quindi portatori loro stessi di un insieme
comune di conoscenze (De Pietro, Micelli, 1999).
La costituzione del gruppo è principalmente determinata dal percepire la
condivisione di esperienze e conoscenze (soprattutto tacite) come grossa opportunità
di crescita collettiva (Cortada, Woods, 2000).
Wenger (1998) definisce le comunità professionali come sistemi
fondamentalmente auto-organizzati che si sviluppano lungo tre dimensioni:
1. Di che cosa si occupano: le comunità si aggregano in ragione di una specifica
mission e nel corso della loro vita cercano di tenerla sempre a fuoco,
comprendendola a fondo e rinegoziandola costantemente fra i loro membri;
2. Come funzionano: le comunità funzionano come entità sociali che vedono i loro
membri mutuamente coinvolti in una rete di relazioni che li legano
reciprocamente; essi interagiscono regolarmente e sviluppano attività congiunte
che favoriscono la costruzione di relazioni e il consolidamento della fiducia
reciproca;
13
14. 3. Quale capacità hanno prodotto: ciò che le comunità producono è la
condivisione di un repertorio di risorse (procedure, artefatti, stili, ecc.) che i
membri hanno sviluppato nel tempo. La costruzione di capacità attraverso la
pratica si ha cioè nello sviluppo di repertori condivisi di risorse e di strumenti
che incarnano la conoscenza accumulata da ogni singola comunità. Questi
repertori condivisi diventano il nucleo centrale cui basare lo sviluppo di nuovi
apprendimenti.
Il primo punto si estrinseca nello sforzo del collettivo di elaborare un'identità
comune rispetto ad obiettivi di apprendimento; il secondo è essenziale perché è
attraverso la relazione e la condivisione di esperienza che ha luogo l'apprendimento; in
mancanza del terzo punto una comunità non può cristallizzare e veicolare il sapere in
maniera efficace. Nessuno di questi tre elementi è stabile: in una comunità apprendere
equivale a partecipare e partecipare significa contribuire al continuo processo di
costruzione dell'identità collettiva.
Le comunità vedono quindi impegnati i propri membri in una continua
negoziazione tra partecipazione e reificazione, ovvero tra le due principali dinamiche
che alimentano e sostengono le comunità e i processi di apprendimento (Wenger,
1998). La partecipazione è il coinvolgimento attivo all’interno di un’iniziativa sociale. La
reificazione sta a identificare l’azione di cristallizzazione e conservazione di idee,
conoscenze e informazioni, frutto dei processi di negoziazione tra i membri della
comunità. Il bilanciamento tra queste due istanze consente alla comunità stessa di
rimanere viva e vitale.
Molte organizzazioni hanno compreso che incentivare/favorire tali comunità è
condizione sine qua non per dar vita a un effettivo e significativo processo di
condivisione della conoscenza. Esse rappresentano un “luogo” di informazione,
formazione e interazione tra soggetti che comunicano sulla base di linguaggi e
semantiche comunicative comuni. Si tratta di un modo di apprendere alla pari (peer
learning) che si basa sull’attivazione di un processo tanto naturale quanto efficace
(Trentin, 2004):
Se ho un problema, provo a chiedere aiuto a chi probabilmente lo ha già
affrontato (socializzazione del problema);
Se mi viene suggerita la soluzione e la comprendo, imparo una cosa nuova che
entrerà a far parte del mio bagaglio conoscitivo (socializzazione delle migliori
pratiche);
14
15. Se nessuno ha la soluzione, è probabile che ugualmente possa trovare alleati
in rete per ricercarla e attraverso questa collaborazione, far crescere le
competenze della comunità a cui appartengo e che ha deciso di auto-sostenersi
(problem solving mirato alla crescita della base di conoscenza condivisa tipica
di quella comunità).
Le comunità professionali costituiscono quindi uno strumento che consente da un
lato di mettere in moto un meccanismo di valorizzazione dei saperi maturati nei
contesti di esperienza e di lavoro, e dall'altro di attivare un dispositivo di apprendimento
e di aggiornamento che consenta ai singoli di ripensare costantemente la propria
posizione professionale.
All’interno di una comunità, apprendere coincide con partecipare ad un intenso
ambito sociale relazionale, che definisce il contesto all’interno del quale l’esperienza
del mondo acquisisce un senso. In quest’ottica, la competenza non è determinata in
modo assoluto in merito a criteri esogeni, predisposti dal sistema formativo, ma è
socialmente definita (Brown e Duguid, 1991).
Bisogna quindi tenere ben presente che il livello di efficacia del lavoro di una
comunità professionale on-line è rigorosamente proporzionale al suo grado di coesione
sociale (quasi sempre costituito attraverso interazioni in presenza). La diffusione di
conoscenza è facilitata quando la rete tecnologica appoggia ed estende l’operatività di
una già consolidata rete sociale (Trentin, 2004).
L’assunto quindi è che il buon funzionamento delle comunità on-line non possa
prescindere dalla possibilità di occasioni di incontro fra i suoi membri (tab. 1.1). In altre
parole, è opportuno avere sempre ben chiaro che l’uso delle potenzialità messe a
disposizione dalle ICT deve essere prioritariamente finalizzato a:
Dare continuità alla comunicazione fra i suoi membri anche quando questi non
sono in presenza;
Fungere da potente amplificatore della comunicazione all’interno della
comunità.
15
16. A questo proposito, in un loro libro, Collins e Parcell (2001), fornendo
suggerimenti ai coordinatori di comunità professionali, scrivono:
Per stabilire e mantenere efficaci relazioni e coerenza, la prima regola è organizzare
incontri in presenza almeno con cadenza annuale. Per quanto le comunicazioni
possano essere mantenute elettronicamente, alla lunga queste sono soggette a
decadimento se non rinvigorite periodicamente con incontri face-to-face.
Tab. 1.1 – Le principali differenze tra comunità su base fisica e comunità on-line
Comunità tradizionali Comunità on-line
Conoscenza concentrata e radicata Conoscenza distribuita e in costruzione
Confini definiti e statici Confini dinamici in evoluzione
Alta fiducia reciproca Fiducia più difficile da costruire
Orientamento a consolidare le tradizioni e Orientamento all’innovazione e alla
la conoscenza accumulata diffusione della conoscenza emergente
Appartenenza anche non volontaria Appartenenza come adesione esplicita
Fonte: “Marketing in rete: analisi e decisioni nell’economia digitale”, E. Prandelli, G. Verona, McGraw-Hill
(2002), pag. 280.
1.4.1. Le comunità professionali come luoghi di apprendimento attivo
Il concetto di comunità professionale si è sviluppato, storicamente, all’interno di
un filone di ricerca di matrice sociologica e antropologica che non si riconosceva più in
una visione passiva del processo di apprendimento inteso come acquisizione di nozioni
astratte e formali proposte da altri (De Pietro, Bettiol, 2003). Al contrario,
all’apprendimento viene riconosciuta una natura decisamente attiva e intimamente
correlata al contesto di azione nel quale il singolo si trova a operare (Lave, Wenger,
1991).
Rispetto a una lettura dell’apprendimento come processo mentale indipendente
dalle caratteristiche sociali e culturali del contesto di riferimento (Micelli, 1999), la teoria
dell’azione situata costituisce un’alternativa concettuale in grado di riportare il problema
dell’apprendimento entro una visione più articolata dell’esperienza (Nonaka e
16
17. Takeuchi, 1995) e del sociale (Boland e Tenkasi, 1995) in cui il processo di
accumulazione si configura come processo di costruzione condivisa del mondo (Lave,
1988; Wenger, 1998).
Una teoria dell‟apprendimento situato può essere sintetizzata in quattro punti
essenziali (Wenger, 1998):
L‟apprendimento è un‟esperienza profondamente calata nel nostro essere
sociale: non si impara nel vuoto, bensì all’interno di una fitta trama di relazioni
sociali;
La conoscenza è competenza rispetto a obiettivi di cui è riconosciuto il valore:
non esiste conoscenza senza un contesto di azione;
La conoscenza è intimamente legata alla partecipazione e a un impegno attivo
del singolo rispetto a pratiche che caratterizzano l’identità di una comunità;
L‟apprendimento è la capacità di produrre significato, ovvero l’abilità di fare
esperienza del mondo, dando ad esso un senso.
Le comunità sono dunque fenomeni di origine e natura sociale, prima ancora che
economico-produttiva: le reti riguardano connessioni che si creano tra le persone,
ovvero sono un fenomeno fondamentalmente sociale (Hagel, Armstong, 1998).
Wenger (1998) le definisce “sistemi sociali di apprendimento”, in quanto costituiscono
degli ambienti in grado di rielaborare, all’interno di un tessuto relazionale, l’esperienza
del singolo maturata all’interno di uno specifico contesto di azione. Un sistema sociale
apprende nella misura in cui sviluppa una dinamica autopropulsiva capace di stimolare
il contributo dei singoli e di regolare le forme attraverso cui le innovazioni locali
contribuiscono all'accumulazione complessiva del sapere. L'autopropulsività del
processo riflette la natura strettamente autoreferenziale del sistema: esiste un legame
costitutivo fra la partecipazione del singolo e la percezione di un'identità collettiva che
stimola la creatività e la condivisione della conoscenza.
Nonaka e Takeuchi (1995) rappresentano i meccanismi di creazione della
conoscenza e dell’apprendimento come un processo a spirale, articolato in quattro fasi:
Socializzazione: si tratta di un processo informale attraverso il quale la
conoscenza tacita viene condivisa. Nei contesti organizzativi, è ciò che spesso
viene identificato con il termine on-the-job-training, con il quale si vuol far
intendere che la chiave dell’apprendimento è lo sviluppo di esperienze sul posto
di lavoro;
17
18. Esternalizzazione: la seconda fase riguarda il processo attraverso cui la
conoscenza tacita è articolata in concetti espliciti. Si tratta della fase cruciale
nella creazione della conoscenza, in cui il linguaggio diventa necessario per
catturare le idee in modo strutturato. Dato che il linguaggio in molti casi risulta
inadeguato allo scopo, nella fase di esternalizzazione si tendono a usare
metafore e analogie;
Combinazione: la terza fase consiste nel combinare i nuovi concetti espliciti con
gli altri già preesistenti nella base di conoscenza dell’organizzazione,
determinando la crescita delle conoscenze complessive. Tale processo è
caratterizzato da meccanismi di risistematizzazione e consolidamento delle
conoscenze preesistenti, spesso guidati proprio dai nuovi concetti espliciti
acquisiti;
Internalizzazione: nella quarta e ultima fase del ciclo che caratterizza la spirale,
avviene l’internalizzazione delle conoscenze esplicite acquisite e quindi la loro
sistemazione nella base di conoscenza tacita. La conoscenza viene ora a far
parte dei racconti, del know-how dell’organizzazione.
Il modello basato sulla spirale dell’apprendimento prevede, in sintesi, un ciclo che
inizia con uno scambio (socializzazione) di conoscenze tacite, a cui segue un processo
di esternalizzazione delle stesse che le trasforma in esplicite. Il ciclo termina con
l’instaurarsi di collegamenti fra le conoscenze esplicite (combinazione) e
l’internalizzazione della nuova conoscenza creata, all’interno della base di conoscenze
tacite della comunità (fig. 1.2).
18
19. Fig. 1.2 – La spirale virtuosa dell‟apprendimento secondo Nonaka e Takeuchi
Fonte: rielaborazione di una figura tratta da Calcagno (2000).
La natura distribuita del sapere rappresenta un tratto distintivo della comunità,
rispetto ad altre forme organizzative tradizionali, fondate sull’opposizione fra centro e
periferia. Il sapere di una comunità è continuamente arricchito dall’esperienza che i
suoi membri accumulano nei diversi contesti di esperienza: ciascun membro della
comunità ha la possibilità di sviluppare le proprie conoscenze, perché attivatore
legittimo di una crescita del sapere, che coincide con una crescita del proprio ruolo
all’interno della comunità e con lo sviluppo della comunità stessa (Micelli, 1999).
Ciò che appare rilevante è la loro capacità collettiva di ricomporre
sistematicamente un sistema di saperi dispersi e frammentari, accumulati attraverso
dinamiche di sperimentazione locale, che vengono riportate ad unità, attraverso regole
di codificazione e di diffusione dei saperi, che costituiscono parte integrante della
comunità stessa, e che evolvono con essa.
Una teoria sociale dell’apprendimento deve integrare una serie di elementi,
capaci di caratterizzare la partecipazione come un processo di apprendimento e di
conoscenza (Wenger, 1998). Tali elementi sono:
19
20. Il significato: l’apprendimento come esperienza dei significati, legati ai soggetti
stessi e al mondo che li circonda;
La pratica: l’apprendimento come processo legato al fare, riferibile alle risorse
sociali, ai modelli e alle prospettive condivise che possono sostenere il mutuo
coinvolgimento nell’agire;
La comunità: l’apprendimento come appartenenza, come insieme di
configurazioni sociali, nelle quali le esperienze dei soggetti hanno un valore e
dove la loro partecipazione è riconosciuta come competente;
L’identità: l’apprendimento come qualcosa legato al divenire, che è in grado di
far evolvere la rappresentazione che il soggetto partecipante ha di sé, nel
momento in cui entra a far parte del contesto che caratterizza la comunità.
1.4.2. Equilibrare due dimensioni: partecipazione e informazione
Organizzare delle comunità affinché queste possano effettivamente giocare un
ruolo nella nuova economia della conoscenza significa gestire processi comunicativi
che sappiano equilibrare (Micelli, 1997):
Esigenze di partecipazione (dimensione partecipativa);
Qualità dell’informazione offerta (dimensione informativa).
La dimensione partecipativa enfatizza la dimensione affettiva della persona: il
legame fra individuo e comunità non è riducibile alla razionalità del calcolo economico
ma si fonda su una dimensione emotiva, dove il partecipare riflette l'esigenza di
condividere progetti e esperienze.
La dimensione informativa riflette l'importanza che un determinato gruppo di
persone assegna all'accesso a una base di dati comune rilevanti per il proprio lavoro o
per qualsiasi loro altra attività. La possibilità di fruire di informazioni aggiornate on-line
costituisce una risorsa per interagire con i membri delle rispettive comunità reali. Un
bilanciamento fra le due dimensioni costituisce il punto di partenza per dinamiche di
apprendimento che fanno delle comunità interlocutori credibili a livello istituzionale.
L'equilibrio consente di arrivare all'attivazione di comunità di apprendimento (Micelli,
1997) (fig. 1.3).
20
21. Fig. 1.3 – Tre tipologie di comunità on-line
Fonte: “Imprese, reti e comunità virtuali”, S. Micelli, ETAS Libri (2000), pag. 108.
In prospettiva ideale, le due dimensioni devono giungere ad integrarsi
innescando un meccanismo virtuoso di tipo auto-propulsivo (Sproull, Kielser, 1997):
Maggiore è lo scambio informativo, maggiore tenderà ad essere la fiducia e
l'intensità delle relazioni tra i membri della comunità;
Maggiore è la partecipazione emotiva, maggiore sarà il senso di identificazione
nel gruppo e la disponibilità a socializzare le proprie conoscenze all'interno
dello stesso.
Per far sì che si arrivi ad innescare questo processo, bisogna basarsi su alcuni
principi cardine (Miani, 2001):
Determinazione di chiare regole di partecipazione, spesso almeno parzialmente
definite dagli stessi partecipanti (capacità auto-normativa ed auto-
organizzativa);
Adesione spontanea dei membri sulla base di meccanismi di auto-
segnalazione, per garantire che al processo di apprendimento distribuito
partecipino solo le risorse maggiormente disposte ad apportare un contributo
effettivo alla comunità (sanzione implicita da parte dei membri, se ciò non viene
rispettato);
21
22. Esistenza di attività di coordinamento centralizzate e di ruoli volti a supportare
la costante animazione delle comunicazioni interpersonali;
Alimentazioni di codici di significazione e linguaggi condivisi, fino al
consolidamento di un'identità collettiva in grado di rafforzare il senso di
appartenenza;
Predisposizione di meccanismi di controllo sociale, al fine di certificare la qualità
dei contributi dei singoli membri;
Presenza di incentivi alla partecipazione, di natura tangibile (premi, sconti, etc.)
o intangibile (indicatori di reputazione, attribuzione di ruoli di leadership
all'interno della comunità, etc.).
1.4.3. Le tecnologie utilizzabili
Si può dire che non esiste ancora il prodotto “perfetto” in grado di soddisfare per
intero le esigenze delle comunità professionali: bisogna combinare funzionalità
provenienti da più prodotti per riuscire ad avvicinarsi ad un tale risultato. Per
comprendere però come operare una tale combinazione, è necessario capire quali
sono le funzionalità potenzialmente utili alle attività di una comunità. Fra le più
importanti vi sono (Trentin, 2004):
La gestione flessibile di una home page in cui poter descrivere finalità e
dominio d’azione della comunità;
La strutturazione di uno spazio d’interazione on-line attraverso cui dar vita a
discussioni su diversi argomenti;
Le funzionalità tese a favorire l’emergere di questioni rilevanti per la comunità o
per un suo sottoinsieme;
L’organizzazione di un indirizzario dei membri con foto e informazioni sia
personali che professionali, relative alla loro area di expertise;
L’eventuale strutturazione di uno spazio condiviso per la comunicazione
sincrona o per la co-produzione in tempo reale;
L’allestimento e la gestione di un repositorio in grado di contenere la base di
conoscenza condivisa della comunità;
Le funzionalità per la gestione-amministrazione della comunità: queste
potrebbero includere la visualizzazione dei membri più attivi, l’elenco dei
documenti scaricati dai partecipanti, il livello di traffico nelle comunicazioni, la
22
23. segnalazione dei documenti che necessitano di aggiornamenti, ecc.;
La strutturazione di aree di interazione e/o di lavoro in sotto-aree da mettere a
disposizione di sotto-gruppi della comunità;
La gestione di calendari e scadenzari;
La gestione automatizzata di sondaggi.
Per quanto non ci sia una categoria di sistemi specificatamente orientati alle
comunità professionali, molti prodotti già esistenti posseggono talune funzioni utili ai
loro scopi. Wenger (2001) suggerisce un loro possibile raggruppamento in otto distinte
categorie (tab. 1.2).
Tab. 1.2 – Le otto categorie di prodotti per le comunità professionali on-line individuate da Wenger
Sistemi Funzioni utili alle comunità
Portali della conoscenza Integrazione lavoro-conoscenza
Progettazione on-line Produzione
Siti web per comunità on-line Socializzazione
Gruppi di discussione Conversazione
Interazioni sincrone Interazioni rapide
Ambienti per l’e-Learning Istruzione
Accesso all’expertise Scambio di conoscenza
Gestione di basi di conoscenza Documentazione
Fonte: Rielaborazione di una figura tratta da E. Wenger, “Supporting communities of practice: a survey of
community-oriented technologies” (2001), http://www.ewenger.com/tech.
Portali della conoscenza: sono sistemi destinati a offrire un portale completo
per i knowledge worker che operano all’interno di estese organizzazioni. Tali
sistemi incorporano molte funzionalità di quelli che ricadono nelle restanti sette
categorie. Soddisfare le esigenze del knowledge worker significa convogliare
attraverso un unico punto d’accesso gestione della conoscenza e attività
professionali e gestire la “multi-appartenenza” del singolo a differenti gruppi di
progetto;
Sistemi per la progettazione on-line: sono sistemi che offrono uno spazio
virtuale per l’attività on-line di gruppi di progettazione. Il loro fuoco è
23
24. principalmente sulla gestione delle diverse fasi progettuali, delle relative
tempistiche, della documentazione di progetto e del relativo versioning. Dato
che sono fondamentalmente orientati alla gestione del lavoro (assegnazioni,
tempistiche, ecc.), tali sistemi potrebbero creare rigidità ed entrare in attrito con
l’essenza stessa della comunità professionale e del suo modo di operare;
Siti web per la gestione di comunità generiche: si tratta di sistemi che si
pongono a metà strada tra quelli destinati alla gestione di generici gruppi
d’interesse e i più sofisticati portali della conoscenza. In genere hanno
funzionalità più complete dei sistemi destinati alla sola gestione delle
discussioni on-line (forum, newsgroup, ecc.), includendo la possibilità di gestire
repositori di materiale organizzati in directory o in veri e propri database;
Gruppi di discussione on-line: lo scopo di questi sistemi è quasi esclusivamente
di tipo conversazionale e di norma si basano sulla comunicazione asincrona
tipica degli e-board, anche se in alcuni casi integrata con funzionalità di chat, di
percezione della presenza e di messaggistica istantanea;
Interazione sincrona: in questa categoria ricadono tutti i sistemi che offrono la
possibilità di interagire in tempo reale, sia in modalità one-to-one sia in gruppo.
Spesso fanno uso di una combinazione di canali multimediali quali il testo,
l’audio e il video, offrendo anche la possibilità di lavorare in condivisione di
schermo. L’idea è quella di surrogare al meglio la co-presenza pur agendo a
distanza;
Ambienti per l‟e-Learning: in genere tali sistemi giocano sulla metafora
dell’ambiente didattico (tipica è quella del campus) strutturato in aule,
biblioteche, laboratori, ecc., e hanno lo scopo di mettere a disposizione una
serie di funzionalità calibrate sui bisogni di un corsista a distanza, cioè
accedere ai materiali didattici strutturati e avere un supporto durante la loro
fruizione;
Accesso all‟expertise: molti dei sistemi che ricadono nelle categorie analizzate
includono funzionalità per la gestione del profilo dei membri, di “pagine gialle”
dove i componenti della comunità sono descritti in termini della loro area di
expertise, delle modalità con cui preferiscono essere contattati, ecc.;
Gestione di basi di conoscenza: è il nucleo centrale dei tradizionali sistemi per il
knowledge management, in genere pensati per trattare conoscenza esplicita
attraverso la gestione di grosse basi informative. Le comunità hanno però il loro
fuoco sulla gestione dei processi sociali tesi a veicolare conoscenza tacita.
24
25. Questo non significa che i sistemi tradizionali per il KM siano desueti, ma solo
che rappresentano una delle modalità (non l’unica) per facilitare la condivisione
delle conoscenze. Infatti, quando una comunità produce e condivide documenti,
questi devono essere archiviati in forma elettronica per poter essere gestiti poi
in modo efficace e recuperati con una certa facilità.
L’esperienza ha dimostrato che il successo di una comunità professionale è
strettamente legato a fattori sociali, culturali, organizzativi; l’utilizzo delle ICT offre un
ulteriore valido supporto, anzi rappresenta un fattore cruciale per la buona riuscita di
ogni comunità professionale.
Wenger (2001) identifica 12 fattori che secondo lui possono determinare il
successo di una comunità. Eccoli in dettaglio:
Tab. 1.3 – Fattori di successo per una comunità professionale
Presenza e visibilità Collegamenti con il mondo esterno
Periodicità Identità personale
Varietà delle interazioni Identità comune
Facilità di coinvolgimento Appartenenza e interrelazioni
Valori a breve termine Evoluzione, maturazione ed integrazione
Valori a lungo termine Attiva partecipazione alla costruzione della
comunità
Fonte: “Apprendimento in rete e condivisione delle conoscenze”, G. Trentin, F. Angeli (2004), pag. 209.
Ogni fattore chiave individuato da Wenger può essere associato alle funzionalità
che le ICT mettono a disposizione (Trentin, 2004); ciò mette in luce le loro potenzialità
nel favorire e sostenere le attività delle comunità professionali:
Presenza e visibilità
Una comunità ha bisogno di avere un posto nella vita dei propri membri ed
essere visibile a loro e al contesto in cui è inserita. E’ importante, quindi, sia favorire la
visibilità reciproca fra i membri della comunità che rendere visibile la comunità
all’interno dell’organizzazione e/o al mondo esterno.
Funzionalità utili allo scopo:
Elenco e profilo dei membri in base alla loro area di expertise;
Indicazione delle attività in cui è coinvolto ogni singolo membro;
25
26. Indicazione di chi è in linea nel momento in cui si è collegati alla piattaforma
con possibilità di contattarlo “in diretta”;
Periodicità
Nello sviluppo temporale della vita di una comunità eventi e “rituali” si succedono
in modo periodico e questo favorisce il riaffermarsi dei valori e dei legami interni fra i
partecipanti. La comunicazione asincrona, se da un lato offre al singolo la possibilità di
partecipare alle attività in rete nei modi che più gli sono congeniali, dall’altro spesso
crea problemi sia di espansione dei tempi nell’interazione di gruppo sia di rispetto delle
tempistiche nello svolgimento dei compiti propri della comunità.
Funzionalità utili allo scopo:
Calendari personali e degli eventi;
Definizione collaborativi dell’agenda degli incontri;
Registrazione degli eventi a beneficio di chi non può prendervi parte;
Voting con proiezione statistica dei risultati.
Varietà delle interazioni
Ogni comunità è caratterizzata da specifiche esigenze ed è importante
supportare, facilitare e strutturare l’interazione fra i suoi membri, nell’ottica di favorire lo
sviluppo della base di conoscenza condivisa e costruire uno spazio di pratiche
condivise.
Funzionalità utili allo scopo:
Comunicazione asincrona per l’interazione interpersonale e di gruppo (e-mail,
e-board) e per la gestione della produzione collaborativa di documenti;
Comunicazione sincrona per l’interazione interpersonale e di gruppo (chat,
seminari, teleconferenze, ecc.);
Facilità di coinvolgimento
E’ molto importante favorire il rapido inserimento e coinvolgimento dei membri
della comunità nelle attività on-line. In questo senso, l’apprendimento di un’ulteriore
tecnologia oltre quella che si usa normalmente può essere demotivante.
Funzionalità utili allo scopo:
Funzioni di personalizzazione del portale di accesso allo spazio virtuale della
comunità, in modo che siano subito visibili e accessibili i gruppi di discussione e
26
27. le aree di lavoro cui si partecipa, ecc;
Segnalazione delle novità sul sistema (arrivo di nuovi messaggi, aggiornamenti
delle risorse disponibili nei repositori, ecc.);
Reminder automatico riguardo eventi, scadenze, ecc.
Valori a breve termine
Le comunità professionali si sviluppano sulla base dei valori che trasmettono ai
partecipanti. Ogni interazione ha quindi l’esigenza di creare qualche forma di valore,
come favorire il rapido accesso alle informazioni, a risposte, a soluzioni dei problemi
tipici della propria professione, agli esperti/specialisti del proprio settore, ecc.
Funzionalità utili allo scopo:
Funzioni per l’inoltro di domande;
FAQ;
Database di risposte;
Accesso agli esperti più indicati quando la conoscenza di cui si ha bisogno non
è di tipo esplicito;
Forum di interazione per il self-help;
Valori a lungo termine
Dato che i membri si identificano con il dominio conoscitivo tipico della comunità
a cui appartengono, nel lungo periodo ciascuno di essi assume l’impegno di contribuire
al suo sviluppo. E’ buona norma favorire la gestione della base di conoscenza
condivisa come strumento finalizzato all’archiviazione e alla storicizzazione della
memoria comunitaria.
Funzionalità utili allo scopo:
Gestione dei repositori siano essi basati semplicemente sulla strutturazione
gerarchica di cartelle sia su complessi e sofisticati database con propri
linguaggi di recupero dell’informazione documentale e/o fattuale;
Strutturazione delle aree di lavoro/discussione in sub-aree in modo da facilitare
la continuità delle interazioni sui temi caldi della comunità e la loro
organizzazione per argomenti e sotto-argomenti.
27
28. Collegamenti
Le tecnologie possono mettere a disposizione una serie di funzionalità e servizi in
grado di aiutare le comunità a ricercare e a gestire la fitta rete di collegamenti
informativi e conoscitivi tipici di un dato contesto.
Funzionalità utili allo scopo:
Newsgroup e collegamenti ad altre comunità simili;
Repertori di esperti/specialisti esterni alla propria comunità;
Bibliografie e linkografie a tema;
Collegamenti a cataloghi e repertori di materiale documentale e fattuale.
Identità personale
L’identità personale è un complesso di molti fattori come le passioni, le
competenze, l’area di specializzazione, il ruolo che si ricopre all’interno della comunità,
ecc. Alle tecnologie viene chiesto di poter documentare tali informazioni per potervi
accedere rapidamente in modo mirato e selettivo.
Funzionalità utili allo scopo:
Gestione del profilo dei partecipanti;
Catalogazione dei profili degli esperti in funzione dell’autorevolezza, della
tipologia delle risposte durante le interazioni con gli altri membri, ecc;
Gestione di spazi personali da utilizzare sia privatamente sia da far consultare
liberamente da altri membri del gruppo.
Identità comune
Lo spazio fisico in cui agiscono i membri di una comunità (il posto di lavoro) aiuta
a sviluppare un’identità comune. Tuttavia molte comunità non hanno la possibilità di
trovarsi in specifici spazi fisici o, almeno, questo non rientra nella loro normalità. Ecco
quindi che alla tecnologia viene chiesto di surrogarli.
Funzionalità utili allo scopo:
Strutturazione di spazi virtuali in cui i membri della comunità possono
incontrarsi e interagire;
Accessi pubblici ai documenti caratterizzanti la comunità (area d’interesse,
mission, regolamenti, ecc.);
Diffusione di notizie sugli effetti prodotti dalla comunità, sui suoi successi, ecc.
28
29. Appartenenza e interrelazioni
Sebbene non via sia modo migliore dell’interazione faccia-a-faccia per sviluppare
complicità, fiducia reciproca e senso di appartenenza, ci sono alcune funzionalità e
ambienti on-line che possono aiutare in questo senso, soprattutto quando sia difficile
organizzare incontri in presenza fra i membri della comunità.
Funzionalità utili allo scopo:
Gestione dei profili personali con particolare riferimento a ciò che non fa parte
della propria sfera professionale (hobby, interessi, ecc.);
Supporto all’attività di inserimento dei nuovi membri attraverso l’azione diretta
degli anziani;
Mediazione della presenza sociale, attraverso momenti di comunicazione
informale (vedi i cosiddetti caffè virtuali), in testo, in voce, in video, ecc.
Evoluzione
La piattaforma tecnologica di supporto deve essere sufficientemente flessibile da
potersi adattare ai processi evolutivi della comunità e ai cambiamenti che ne
caratterizzano il suo sviluppo nel tempo. A questo proposito è suggeribile l’utilizzo di
risorse tecnologiche che non introducano consistenti investimenti (sia di tipo
economico che di apprendimento da parte dei partecipanti), soprattutto nelle fasi di
avvio di una comunità, quando cioè non è ancora chiaro quali potranno essere le sue
reali esigenze di comunicazione.
Funzionalità utili allo scopo:
Riconfigurazione flessibile degli spazi di lavoro;
Stimolo alle attività di riflessione, valutazione e cambiamenti di direzione in
itinere;
Attiva partecipazione
Nelle comunità di successo di solito c’è una persona o un nucleo ristretto di
persone che si assume la responsabilità di agire attivamente nel processo di
evoluzione e sviluppo della comunità stessa. Le tecnologie di supporto devono
possedere un discreto spettro di funzionalità orientate all’amministrazione del sistema
e al suo monitoraggio quantitativo, qualitativo delle attività on-line, ecc.
Funzionalità utili allo scopo:
Registrazione sistematica dei file di log e di quelli statistici (numero di
collegamenti, tempo di permanenza, numero di messaggi scambiati, ecc.);
29
30. Valutazione e supervisione delle attività on-line;
Supporto all’analisi di specifici indicatori riguardanti la “salute” della comunità,
come ad esempio il raggiungimento della mission, l’intensità dell’interazione fra
i membri del gruppo, il livello di fiducia, ecc;
Sostegno delle attività di coordinamento della comunità e di amministrazione
dello spazio virtuale ad essa assegnato.
1.4.4. Le figure-chiave
La gestione della comunità si concretizza in una serie di attività, tra loro
coordinate e interrelate, riferibili a quattro ambiti principali: strategico-organizzativo,
tecnico, della comunicazione e dei contenuti2. Ciascuno di questi ambiti di attività deve
essere presidiato da un referente che ne assuma la responsabilità in termini di
gestione e risultati. La struttura organizzativa dovrebbe comprendere non solo lo staff
della comunità (solitamente remunerato dal soggetto promotore dell’iniziativa) ma
dovrebbe anche coinvolgere i membri più attivi e altri referenti esterni, ad esempio
consulenti, esperti specialistici e collaboratori.
I principali ruoli all’interno della struttura organizzativa di una comunità
professionale sono i seguenti (Formez, 2003):
Il soggetto promotore;
Il community manager;
Il content manager;
L’esperto;
Il system administrator.
Il soggetto promotore, responsabile dell’ideazione della comunità, svolge i suoi
compiti nell’ambito strategico-organizzativo, sia in veste di sponsor che di meta-
organizzatore delle attività della comunità. Si configura quale organizzatore neutrale
dei momenti di socializzazione fra i partecipanti, nonché quale garante della comunità,
con funzioni di accreditamento presso i potenziali utenti. Il soggetto promotore agisce
in sinergia con il community manager, con cui si coordina per la definizione del piano
strategico e la scelta di quante e quali risorse siano necessarie per il raggiungimento
degli obiettivi individuati e per l’implementazione delle attività.
2
Il presente paragrafo è tratto da: “Comunità in evoluzione: dalla sperimentazione all‟autosostenibilità”,
documento realizzato per Athos s.r.l. durante la mia attività di stage.
30
31. Il community manager è il rappresentante primario dell’amministrazione della
comunità e il diretto responsabile del suo funzionamento. Rappresenta l’interlocutore
privilegiato dei partecipanti, potendosi spesso assimilare alla figura del tutor. Il suo
ruolo è afferente in particolar modo all’ambito della comunicazione con i membri della
comunità all’interno dell’organizzazione. Il community manager, infatti (Formez, 2003):
Accoglie le proposte e le richieste dei partecipanti;
Ascolta i loro problemi e cerca di offrire risposte puntuali per soddisfare i diversi
fabbisogni;
Instaura con gli iscritti alla comunità un rapporto di dialogo e scambio basato
sulla fiducia reciproca, sforzandosi nel contempo di migliorare i servizi e le
funzionalità offerte;
Individua tutte le attività necessarie alla gestione della comunità e inserisce in
un quadro armonico iniziative e compiti altrimenti disgiunti;
In linea con quanto stabilito col soggetto promotore, attua le politiche della
comunità e svolge le funzioni di coordinamento delle attività on line e in
presenza, verificando il percorso di crescita della comunità;
Si occupa delle azioni di monitoraggio sull’attività, on-line e off-line, per
verificare direttamente la soddisfazione complessiva degli utenti rispetto alle
attività ed alle iniziative proposte;
Coordina le attività editoriali, con un’attenzione particolare al processo di
creazione e inserimento dei contenuti, e le attività di interazione, ricoprendo un
ruolo attivo nell’animazione del dialogo;
Gestisce e facilita i flussi comunicativi e le relazioni all’interno della comunità al
fine di dare coerenza e armonia alle iniziative e ai compiti della struttura
organizzativa;
Disegna la comunità in modo da consentirle di evolvere, gestendo al meglio le
risorse della struttura organizzativa e assegnando ruoli e responsabilità in modo
flessibile;
Deve possedere le caratteristiche tipiche del tutor/facilitatore (capacità di
ascolto, animazione, interazione, coinvolgimento e motivazione del gruppo).
31
32. In sintesi, le competenze del community manager devono essere di duplice
natura: da un lato deve avere abilità per curare l’animazione, il tutoring, l’alimentazione
e gestione dei contenuti che hanno come destinatari i partecipanti della comunità
(knowledge management); dall’altro deve possedere capacità di coordinamento dello
staff di progetto per il raggiungimento degli obiettivi nei tempi stabiliti (project
management).
Il content manager si occupa principalmente del reperimento, della produzione in
prima persona, della selezione e della diffusione dei materiali ritenuti utili per i
partecipanti della comunità. Egli svolge i suoi compiti nell’ambito della selezione e
pubblicazione dei contenuti. Contribuisce all’analisi dei dati di monitoraggio riguardanti
l’opinione dei partecipanti sui contenuti stessi e sulle informazioni rese disponibili; tali
mansioni vengono svolte in collaborazione con gli esperti e sotto la supervisione del
community manager.
L’esperto è la figura che, in virtù dell’autorevolezza del bagaglio di conoscenze
posseduto e della sua presenza importante nei luoghi di scambio relazionale della
comunità, interviene sulle questioni e sugli argomenti di rilievo per i membri. Presidia,
infatti, l’area della collaborazione della community, curando l’animazione delle
discussioni fra i partecipanti. Gli esperti tengono elevato il livello d’interesse dei
partecipanti proponendo nuovi temi di discussione che possono essere affrontati con
strumenti di dialogo sincroni e asincroni. Il dibattito e il confronto hanno luogo in rete,
con l’uso di forum o chat, oppure in presenza, tramite workshop, seminari, convegni,
che possano valorizzare l’aspetto reale della comunità.
Il system administrator, si occupa dell’ambito tecnico e possiede la responsabilità
primaria della gestione tecnologica dell’ambiente on-line della comunità. Svolge attività
che sostengono direttamente il funzionamento e l’integrità dei sistemi informatici quali
l’installazione del sistema, la configurazione, l’integrazione, la manutenzione,
l’amministrazione delle prestazioni, dei dati, della sicurezza dell’applicativo, l’analisi, il
recupero di eventuali guasti e l’assistenza agli utilizzatori finali. Vengono così garantiti
la gestione della continuità, l’efficienza del servizio ed il mantenimento di un adeguato
livello di usabilità.
32
33. 1.4.5. Le fasi di vita
Una comunità professionale può essere paragonata ad un organismo vivente.
Come un qualsiasi essere vivente non ha una vita interminabile, ma attraversa una
serie di fasi ben definite: una comunità nasce, cresce, attraversa un periodo di maturità
cui segue una fase di declino e, infine, di morte. Una comunità ha anche molto in
comune con una relazione di coppia: come questa è al tempo stesso estremamente
fragile, come questa attraversa stadi di vita che ne reinventano incessantemente la
natura e le permettono di rinnovarsi e di crescere. Nei paragrafi successivi quest’ultima
metafora sarà ripresa per esplicitare ciascuna fase di vita di una comunità.
Le comunità di pratica sono in continua evoluzione, e possono subire
trasformazioni radicali che modificano lo scopo originale per cui sono state create, ma
il loro sviluppo può essere ricondotto a cinque fasi principali: potenzialità, coalizione,
maturazione, consolidamento e trasformazione (Wenger, Snyder, Mc Dermott, 2002)3.
Potenzialità
Se conosciamo due persone che supponiamo essere fatte l'una per l'altra, molte
sono le cose che possiamo fare per permettere loro di incontrarsi e di conoscersi, ma
non certo pianificare ciò che si diranno o prevedere esattamente quali dinamiche si
scateneranno da quell’incontro.
Anche per una nascente comunità il processo di sviluppo parte da un network
sociale “debole”, incentrato su un gruppo di individui che si incontrano e si focalizzano
su uno o più argomenti di interesse comune. L'occasione di incontro potrà consistere in
una serie di conversazioni, in un piccolo progetto, in una richiesta di aiuto per la
soluzione di un particolare problema e in questo stadio incontreremo probabilmente lo
stesso mix di eccitazione e di apprensione che incontriamo all'inizio di una relazione.
In questa fase iniziale, ciò che spinge i membri del gruppo ad organizzarsi in una
struttura formalizzata è la scoperta che ognuno di loro affronta problemi simili, nutre
una passione per le medesime questioni, possiede strumenti e approcci che possono
essere condivisi per la crescita delle competenze della nascente comunità. Più i
membri del cosiddetto “core team” si identificano in questi concetti, più la comunità
avrà buone possibilità di crescere e svilupparsi.
3
Il presente paragrafo è tratto da: “Il ciclo di vita di una comunità: il caso CSI”, documento realizzato per
Athos s.r.l. durante la mia attività di stage.
33
34. Quando tale gruppo sente la necessità di interazioni più sistematiche fra i singoli
membri, in modo da condividere le informazioni possedute su una base temporale
regolare, generalmente alcuni di loro si fanno avanti per prendere la responsabilità di
avviare fattivamente la comunità.
L’obiettivo principale nella fase di pianificazione è sviluppare tre elementi-chiave,
dominio, comunità e pratica, rispettivamente attraverso la definizione del focus
comunitario, costruendo stabili relazioni interpersonali tra i membri e identificando quali
siano gli argomenti di discussione per loro interessanti.
Per costruire la community, gli organizzatori devono scoprire “chi parla con chi”
riguardo al dominio individuato, di che problemi parlano, la forza delle loro relazioni e
gli ostacoli che impediscono una maggiore collaborazione e condivisione delle
informazioni. Immaginare come la comunità andrà a svilupparsi è spesso difficile
perché essa è molto differente dai team di lavoro a cui si è normalmente abituati: per
questi ultimi, perfino nelle loro fasi iniziali è possibile definire precisamente i loro
obiettivi e i ruoli dei loro membri; al contrario, le comunità evolvono verso il loro pieno
potenziale e non possono essere pianificate ex-ante: svilupparle significa immaginare
possibilità e traiettorie che i membri non avevano inizialmente considerato.
Più in particolare, in questa fase iniziale le problematiche sulle quali bisogna
focalizzare l’attenzione sono le seguenti (Wenger, Snyder, Mc Dermott, 2002):
Definire precisamente il dominio all‟interno del quale la comunità andrà ad
operare: in tal modo si riuscirà a suscitare un effettivo interesse nei membri
originari ad impegnarsi all’interno di una struttura formalizzata;
Trovare altri membri che nutrono interesse nei temi del dominio individuato:
aggregarli al gruppo significa avere un network più grande, il che comporta una
maggior condivisione di conoscenze utili;
Identificare i bisogni conoscitivi immediati del gruppo: è necessario focalizzare
le attività iniziali attorno ad essi per dare una spinta propulsiva iniziale alla
comunità;
Identificare i potenziali coordinatori e leader d‟opinione: anche se spesso
emergono spontaneamente, il soggetto promotore può chiedere ai membri più
autorevoli della comunità di assumere questa funzione “ufficiale” di
coordinamento. Se possibile, è importante coinvolgere i coordinatori fin dalle
primissime fasi dello sviluppo della community per reclutare e persuadere
potenziali membri ad unirsi al gruppo. In questo modo, i coordinatori iniziano fin
da subito a tessere relazioni tra i membri e ad assumere attivamente e
34
35. pienamente il loro ruolo. I leader d’opinione propongono argomenti di
discussione di alto livello e contribuiscono a legittimare la comunità verso
l’esterno;
Intervistare i membri potenziali: le interviste costituiscono la prima occasione
per discutere il valore che essi vorrebbero trarre dalla partecipazione attiva alla
comunità e per individuare gli argomenti sui quali focalizzarsi. Per questa
ragione le interviste dovrebbero svolgersi in maniera non strutturata, piuttosto
che come semplici sessioni di domanda-risposta. E’ molto utile condurre queste
interviste coinvolgendo il community manager e i coordinatori: le interviste
costituiscono un’attività di networking one-to-one con i membri e sono un
allenamento utile per i coordinatori in vista del ruolo che dovranno assumere
all’interno della community;
Collegare i membri: le interviste rappresentano una grande opportunità per
sviluppare la “dimensione privata” della comunità: piuttosto che trattarle come
una mera attività di raccolta di dati, da esse si possono desumere i problemi
che i membri vogliono risolvere e anche chi può essere in grado di risolverli. In
questo modo i membri entrano in collegamento ed essi possono sperimentare il
valore che la comunità può offrire, ancor prima di partecipare ad un incontro in
presenza o di visitare il sito dedicato. Cominciare forgiando connessioni one-to-
one è un modo per promuovere le relazioni che andranno a potenziare la
comunità.
Coalizione
Una coppia ha bisogno di conoscersi, di uscire insieme, di tempo per scoprire il
valore della relazione, di parlare, di ascoltarsi. In questo periodo non si progetta ma ci
si conosce. Analogamente in questa fase la comunità ha bisogno di iniziare a svolgere
attività che consentano di scoprire il valore dell'essere una comunità: ascoltare le storie
e le esperienze dei membri, aiutarsi reciprocamente nei problemi, ecc.
Quando una comunità è in grado di combinare una buona comprensione di ciò
che già esiste con una prima visione di dove può arrivare, essa passa dunque alla fase
di coalizione. Durante questa seconda fase la comunità è lanciata ufficialmente
attraverso eventi creati ad hoc, in quanto si è già iniziato a creare una base fiduciaria
tra i membri durante la fase di pianificazione.
In questo momento è cruciale proporre delle attività che permettano ai membri di
approfondire le loro relazioni, la fiducia reciproca e la consapevolezza dei loro bisogni
35
36. ed interessi comuni. Si presenta anche un trade-off tra il bisogno dei membri di
approfondire i loro rapporti e quello di dimostrare che la comunità comincia
effettivamente a produrre valore. Se ci si focalizza solamente sulla costruzione delle
relazioni, la comunità rischia di essere abbandonata in quanto non fornisce dei
vantaggi concreti per i suoi membri. Se si punta subito ad ottenere dei risultati, la
comunità rischia di essere troppo superficiale nelle sue attività in quanto il substrato
fiduciario tra i membri non è ancora ben sedimentato. Occorre quindi riuscire a
bilanciare i due aspetti: i coordinatori e il community manager devono essere
particolarmente attivi in questa fase puntando a potenziare soprattutto lo “spazio
privato” della comunità, cioè parlando con i membri dei loro problemi e trovando
persone all’esterno del core group che possano trovare delle soluzioni. In pratica,
bisogna aiutare la comunità perché faccia quello che dovrebbe riuscire a fare
naturalmente da sola in futuro.
Gli obiettivi principali a cui puntare in questa fase sono i seguenti (Wenger,
Snyder, Mc Dermott, 2002):
Lanciare la comunità: si può iniziare con un lancio ad alta visibilità oppure con
uno di basso profilo, entrambi hanno vantaggi e svantaggi. La scelta
dell’approccio dipende dal tipo di comunità e dalla cultura interna dei suoi
membri: un lancio visibile rende i membri più partecipi fin dall’inizio, più
consapevoli del loro ruolo e degli obiettivi a cui devono puntare; un lancio di
basso profilo fornisce alla comunità del tempo extra per saldarsi e per
sviluppare un linguaggio e delle pratiche condivise e replicabili nel tempo;
Proporre eventi: immediatamente dopo il lancio la maggior parte delle comunità
iniziano ad implementare eventi dedicati allo scambio di conoscenze, come
meeting mensili, teleconferenze, ecc., per mantenere il più a lungo possibile
l’entusiasmo generato durante il lancio. Lo scheduling di una serie di eventi
regolari aiuta a stabilire nei membri un senso di familiarità e a creare un ritmo
che diventa parte della loro vita di ogni giorno;
Legittimare la figura dei coordinatori: la maggior parte del loro lavoro è invisibile
agli occhi degli altri membri. La loro preparazione e il loro ruolo di guida
dovrebbe invece essere ben evidenziato: si attraggono individui talentuosi se si
legittima il loro ruolo e li si gratifica fin dalle primissime fasi di vita della
comunità;
36
37. Costruire connessioni forti tra i membri del core group: durante la fase di
pianificazione si cerca spesso di attrarre nuovi membri in modo che la comunità
possa avere una base minima per crescere; lo sviluppo del core group
dovrebbe invece essere la preoccupazione principale: è attraverso la fattiva
collaborazione tra i suoi membri che la comunità scopre il suo vero potenziale e
potrà affrontare le pressioni tipiche della fase successiva di sviluppo;
Evidenziare le idee e le best practices meritevoli di essere condivise;
Documentare giudiziosamente: investire la maggior parte delle risorse
nell’organizzare le informazioni prodotte fino a quel momento non fornisce
energia alla crescita della comunità: in questa fase bisogna focalizzarsi sulla
risoluzione dei problemi contingenti dei membri. Il dover documentare ogni
attività può essere percepito come un’ulteriore responsabilità e può scoraggiare
la partecipazione (soprattutto nei periodi iniziali di vita di una comunità). Se la
produzione di documenti è uno degli obiettivi, è meglio che tale compito sia
svolto esclusivamente dai coordinatori.
Maturazione
Quando la coppia ha riconosciuto il sentimento che la lega, il focus del rapporto
si sposta dall'esplorazione della relazione alla pianificazione di una vita a due: si
assegnano ruoli, dalle piccole incombenze quotidiane alle questioni più importanti; la
coppia si consolida. Ciò accade anche alle comunità nel momento in cui si passa
dall'esplorazione interna al disegno di una propria identità e alla definizione dei propri
meccanismi di funzionamento. E' in questa fase che generalmente una comunità si
apre e chiede di essere riconosciuta all’esterno. Si tratta in ogni caso di un momento
molto delicato che introduce nuove problematiche e rompe in parte l'intimità e la magia
iniziali.
Ad esempio, vi può essere l’arrivo di nuovi membri che portano nuove proposte, i
membri più attivi possono ridurre i loro contributi a causa di sopraggiunte mancanze di
tempo, ecc.: questi e altri cambiamenti spingono la comunità verso nuove direzioni, la
portano a diversi livelli di attività oppure, a volte, possono prosciugare la sua energia
propositiva. In questo modo, le comunità “mature” attraversano cicli di alta o bassa
attività mentre cercano di ri-organizzarsi per rispondere a tali cambiamenti.
Nella fase della maturazione l’obiettivo principale passa dalla semplice
costruzione del valore alla chiarificazione del ruolo, del focus e dei confini della
comunità. Non appena essa ha dimostrato di essere attiva e propositiva, può crescere
37
38. rapidamente: quando inizia a spargersi la voce che la community sta effettivamente
creando e condividendo conoscenza, può passare dal relativo isolamento ad una
maggiore visibilità grazie alla venuta di un’ondata di nuovi iscritti e di nuovi membri
potenziali.
In questa fase, comunque, si presenta una tensione tra focalizzazione (nelle
tematiche già sviluppate e nell’interazione consolidata tra i membri del core team) ed
espansione (incoraggiando l’ingresso di nuovi iscritti, che possono però anche
spostare l’attenzione dalle tematiche sviluppate e approfondite in precedenza). Una
comunità riesce a risolvere questa contrapposizione se apprende come preservare le
relazioni e la fiducia espandendo nel contempo la membership: in questo modo i
membri accrescono il loro senso di appartenenza alla comunità e sono più fiduciosi nel
valore che questa può effettivamente procurar loro.
In questa fase, bisogna prestare attenzione ai seguenti aspetti (Wenger, Snyder,
Mc Dermott, 2002):
Identificare i “gaps” di conoscenza: quando una comunità diviene matura,
spesso identifica delle aree dove necessita che si sviluppi un maggior grado di
conoscenza. Scoprire questi “gaps” può essere salutare in quanto induce a
nuove discussioni ed occasioni di confronto per risolvere i bisogni contingenti
della comunità;
Ridefinire i confini comunitari: una comunità matura è più propensa ad includere
al suo interno ogni individuo che presenti una relazione appropriata con il suo
dominio di attività. Ciò può portare ad un certo grado di ristrutturazione interna:
ad esempio una comunità potrebbe suddividersi in sub-comunità, ognuna
occupandosi di un diverso ambito geografico, in modo che i membri possano
restare collegati all’intera comunità pur mantenendo un legame più forte con un
gruppo più piccolo e maggiormente coeso;
Standardizzare il processo per l‟entrata di nuovi membri: quando nuovi membri
entrano a far parte di una comunità ben avviata, spesso il processo può essere
scoraggiante per i primi e può far perdere tempo ai membri già presenti. Ad
esempio, nella comunità professionale di DaimlerChrysler si è stabilito che i
nuovi membri devono essere introdotti da membri già iscritti e devono ricevere
da loro tutto il background informativo sulla storia, sullo scopo, sulle norme di
interazione e sulle attività della comunità prima di poterne prendere
effettivamente parte. In questo modo i nuovi iscritti si integrano più
velocemente, senza togliere tempo e risorse alle attività della comunità;
38
39. Mantenere un focus di alto profilo: i coordinatori devono essere costantemente
in collegamento con gli altri membri per assicurare che i loro bisogni continuino
ad essere soddisfatti. Ciò che attira nuovi membri in questa fase, infatti, è il
livello di eccellenza dell’attività dei membri del core team;
Costruire e organizzare un repositorio informativo: lo scambio informativo
all’interno della comunità spesso crea un corpo di conoscenze che si
concretizza in documenti e/o in contenuti multimediali. Queste informazioni
devono essere organizzate secondo una tassonomia logica e rispondente alle
necessità del gruppo se non si vuole che diventino ben presto disorganizzate
ed inservibili.
In definitiva, una comunità che si considera matura deve saper sostenere il
proprio impeto iniziale attraverso i naturali mutamenti nei suoi membri, nella sua
attività, ecc.: un calo di energia e di propositività può spesso diventare un circolo
vizioso che porta alla fine prematura della community.
Consolidamento
Tutto ciò che la coppia fa dopo essersi costituita come tale, avere bambini e
crescerli, lavorare, comprare una casa, intraprendere un'attività, mette continuamente
alla prova la solidità della relazione e al tempo stesso la rinnova e la rafforza. Allo
stesso modo in una comunità questa è la fase in cui le relazioni interne lavorano in
compiti concreti, nella soluzione di problemi, nella gestione di progetti, nella creazione
di nuova conoscenza.
Le comunità già ben avviate sperimentano regolarmente una tensione tra lo
sviluppo dei propri metodi e approcci e l’apertura alle idee dei nuovi membri. In questa
fase ci si chiede come continuare a crescere quando si sono già consolidate delle best
practices tra i membri già presenti nella comunità. La tentazione di fossilizzarsi su
pratiche già ben “testate” può essere forte, ma ogni comunità ha bisogno di un flusso
costante di nuove idee, approcci e relazioni se vuole mantenere al proprio interno
un’attività di alto livello qualitativo.
Una comunità deve quindi bilanciare il senso di “possesso” delle proprie
procedure con l’apertura a nuove persone e a nuove idee. Ma “apertura” significa ben
più della semplice accettazione: significa sollecitare attivamente lo sviluppo di nuove
proposte, la ricerca di nuovi membri e di nuove figure-leader per portare aria fresca
nella comunità stessa. I coordinatori e il core group devono identificare le opportunità
39
40. per affrontare nuove sfide, espandere il focus della community e incorporare nuove
prospettive all’interno della sua visione.
Le attività che possono aiutare a vincere questa sfida sono le seguenti (Wenger,
Snyder, Mc Dermott, 2002):
Rinnovare la community: ogni comunità attraversa dei cicli naturali di alta e
bassa energia e quindi è necessario rinnovare continuamente le idee e le
proposte per mantenere sempre alta l’attenzione dei membri sulle attività
comunitarie. Introdurre nuovi argomenti, invitare dei leader d’opinione in
contrasto con le convinzioni del gruppo, organizzare dei meeting con altre
comunità o un workshop per discutere di rinnovamento interno, ecc. può aiutare
a stimolare l’attenzione durante i periodi di bassa attività;
Reclutare nuovi membri nel core group: i membri del gruppo originario spesso
assorbono ruoli di leadership, ma spesso tali membri possono avere un
turnover (causa altri impegni o per un cambiamento da loro non gradito nel
focus della comunità), lasciando un vuoto di conoscenza che gli altri membri
potrebbero non essere in grado di colmare. I coordinatori devono quindi essere
costantemente alla ricerca di figure da inserire attivamente nel core group per
non incorrere in questa problematica. Un’ulteriore soluzione sta nel ruotare i
ruoli di leadership all’interno del core group, sia per distribuire il peso del
coordinamento tra più persone, sia per non concentrare tutta la conoscenza in
quest’ambito in un’unica figura-leader;
Confrontarsi con altre comunità: un’attività di confronto e di benchmarking con
altri gruppi interessati ad un dominio comune non può che essere salutare per
spronare la community ad un continuo aggiornamento dei propri contenuti.
40
41. Trasformazione
Come una coppia che dura nel tempo, la comunità di successo vive reinventando
se stessa e scoprendo nuove ragioni che ne rifondano continuamente l'esistenza, vive
grazie alla forza interna che riesce a mantenere viva la fiamma iniziale pur passando
attraverso continue trasformazioni. Anzi, si può dire che proprio le trasformazioni siano
il segreto e ciò che riesce a dare continuità alle relazioni. Una comunità deve anche
essere capace di affrontare in qualche modo la sua fine, una fine che sia però essa
stessa generatrice di valore: la sua sopravvivenza nella memoria e nelle identità
trasformate dei suoi membri.
La tensione tra il senso di possesso e salvaguardia delle proprie procedure
interne e l’apertura verso l’esterno, tipica della fase di accompagnamento, non è mai
completamente risolta. Quando una comunità amplia i suoi confini rischia di “diluire”
l’attenzione su un numero eccessivo di obiettivi. I nuovi membri potrebbero non sentire
gli argomenti, le pratiche e i processi come completamente propri. Al contrario, se una
comunità non si espande rischia di collassare su se stessa. I cambiamenti nel mercato,
nelle strutture organizzative, nella tecnologia potrebbero rendere lo stesso dominio di
una community irrilevante.
Qualsiasi sia la causa, le comunità possono trasformarsi in diversi modi (Wenger,
Snyder, Mc Dermott, 2002):
Una comunità può semplicemente declinare col passar del tempo, perdendo
membri ed energia finché nessuno si presenta agli eventi in presenza o
nessuno pubblica contributi sul sito web dedicato;
Una comunità può dividersi permanentemente in comunità più piccole,
maggiormente focalizzate su un limitato numero di obiettivi oppure può fondersi
con altre;
Una comunità può diventare un centro di eccellenza ed essere istituzionalizzata
all’interno dell’impresa o ente pubblico che l’ha promossa.
41
42. In conclusione, attraversando tutte queste fasi, le comunità sono tipicamente
sottoposte a molti cambiamenti nel loro focus, nelle loro relazioni e nella loro attività.
Esse cambiano direzione, passando dalla semplice condivisione di idee alla gestione
ed amministrazione delle loro best practices costruendo, rifinendo ed espandendo il
loro dominio nel tempo.
Esse passano da un network “debole” al consolidamento di un gruppo con un
comune senso di identità, combinando una profonda conoscenza dell’approccio
utilizzato dagli altri membri con un senso di responsabilità collettiva per un continuo
sviluppo delle attività interne.
42
43. CAPITOLO 2
L‟UTILIZZO DELLE ICT PER RIFORMARE LA PA: L‟E-GOVERNMENT
Da alcuni anni la PA italiana è fortemente impegnata in una radicale
trasformazione della sua organizzazione. Un processo di innovazione abilitato dal
ricorso alle ICT che non riguarda solamente gli enti della PA al loro interno, ma che
modifica in modo sostanziale anche la modalità di relazione dei cittadini e delle
imprese con essa (Zoffoli, 2005). Questo processo viene comunemente definito con il
termine e-Government.
E’ considerazione comune che l’e-Government rappresenti oggi la più importante
opportunità di cambiamento per la PA, ma alcuni pregiudizi permangono (tab. 2.1):
Tab. 2.1 – Convinzioni e pregiudizi sull‟e-Government
Convinzioni da fondare Pregiudizi da rimuovere
L’e-Government è un processo L’e-Government riguarda solo un’èlite di
irreversibile operatori ICT
Governo centrale, Regioni ed Enti locali La mobilitazione dei livelli di governo
cooperano fortemente per il centrale non è uniforme, e le Regioni
raggiungimento dell’obiettivo fanno dei CST4 solo un capitolo tattico del
loro crescente “posizionamento”
istituzionale
E’ interesse generalizzato “semplificare” il Non è vero che si semplifica. Si corre il
funzionamento della PA locale e il suo rischio, invece, di creare un altro livello di
rapporto con il resto della PA intermediazione tra piccoli Comuni e il
resto della PA di cui non si avverte
assolutamente l’esigenza
Il mercato troverà conveniente L’inerzia dei piccoli Comuni farà fallire, in
assecondare il processo di costituzione e buona sostanza, i CST
avvio dei CST
Fonte: “Manuale dell’e-Goverment”, L. Marasso, Maggioli (2005), pag. 158.
4
I CST (Centri Servizi Territoriali) sono strutture di servizio sovra-comunali il cui compito è quello di
erogare servizi ICT agli stessi Comuni in ambito infrastrutturale, applicativo, formativo, amministrativo e
gestionale. Tali servizi sono finalizzati a mettere in grado anche i Comuni di piccole dimensioni di erogare
servizi di e-Government.
43
44. Il sintagma italiano corrispondente al termine inglese è “amministrazione
elettronica”, ossia l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione nelle
PA, coniugato a modifiche organizzative e all’acquisizione di nuove competenze al fine
di migliorare i servizi pubblici e i processi democratici, e di rafforzare il sostegno alle
politiche pubbliche (Commissione Europea, 2004).
Pensare e, ancor di più, realizzare l’e-Government porta le istituzioni politiche a
conoscere più da vicino le nuove tecnologie e il loro potenziale partecipativo. Ma le
porta allo stesso tempo a sperimentare una strategia di lavoro a rete, in cui diviene
fondamentale il contributo e la partecipazione di tutti gli attori della PA e la loro
capacità di fare network.
Essere più vicini al cittadino significa ridisegnare completamente la trama, le
prassi e le procedure che regolano le relazioni e le gerarchie tra i diversi soggetti della
PA. Così con l’e-Government si assiste al passaggio da amministrazioni pubbliche
indipendenti, statiche, poco innovative e scarsamente coordinate tra loro ad un sistema
di amministrazioni pubbliche dinamico, rivolto alla creazione di una rete in cui ciascuna
amministrazione è collegata alle altre, aperta e orizzontalmente orientata all’ambiente
circostante. La realizzazione di un network basato sull’impiego delle ICT consente
l’instaurazione di relazioni permanenti e multidirezionali tra un’amministrazione e l’altra
e tra queste ultime e il sistema-ambiente circostante (Capocchi, 2003).
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione stanno dunque
trasformando radicalmente il funzionamento della PA, sia attraverso il rinnovamento
dell’organizzazione interna che attraverso il potenziamento dei servizi pubblici erogati:
esse sono prima di tutto artefatti comunicativi, in grado di cambiare i flussi di
informazione (e le relazioni) tra cittadini e PA. Come tali, le nuove tecnologie dell’e-
Government rappresentano una nuova spinta a quel processo di innovazione della PA
che ha trovato negli anni Novanta proprio nella comunicazione un alleato importante
(Miani, 2005) (tab. 2.2).
44