3. Silvestro Lega nacque a Modigliana (FO) nel 1826 e svolse la
sua formazione giovanile presso l’Accademia di Belle Arti di
Firenze. Si accostò alla tecnica a macchia degli artisti che si
riunivano al Caffè Michelangelo, compiendo un’evoluzione in
senso realista ma con caratteristiche personali.
Il contenuto dei suoi quadri tende ad esaltare la semplicità
delicata e gli affetti puri che caratterizzano la piccola
borghesia italiana di quegli anni. Nei suoi quadri vi è sempre
un po’ di commozione nostalgica per questo piccolo mondo
vissuto in piccoli centri urbani.
Al 1872 risale l'inizio di una malattia agli occhi che in futuro
provocherà disturbi sempre maggiori alla sua attività di
pittore.
Agli inizi degli anni Ottanta, sulla scia delle proposte
francesi, Lega abbandona la lucida oggettività degli anni
precedenti, per una pittura più mossa e animata, dalle forme
sfatte nel colore e nella luce. Appartengono a questo
periodo i più intensi ritratti di Lega e alcuni dei suoi paesaggi
tra i più cromaticamente accesi.
Morì di cancro a Firenze in condizioni di indigenza il 21
settembre 1895.
4. •La luce diventa il fulcro della composizione pittorica di Lega, in
sintonia con le ricerche dei macchiaioli e con quella che sarà la
sensibilità dell'Impressionismo.
•Lega si accosta con passione alla tecnica a macchia degli artisti che si
riunivano al Caffè Michelangelo e che svolgevano le loro ricerche
rimanendo sempre fedeli alle proprie ispirazioni di stampo realista.
•La bellezza dei paesaggi e il nuovo clima affettivo che lo circonda sono
fonte straordinaria di ispirazione.
•La sua pittura assume espressioni più vivaci e intimiste, riscontrabili
nei quadri che hanno per soggetto spesso le contadine dedite al lavoro
o le signore ritratte nei loro giardini.
•Nei suoi quadri che esaltano la semplicità e la delicatezza degli affetti
puri della piccola borghesia italiana, vi è sempre un po' di commozione
nostalgica per il mondo vissuto nei piccoli centri urbani.
5. A Firenze si forma il movimento artistico più
importante dell'Ottocento, quello dei
Macchiaioli: un gruppo di artisti, provenienti
da ogni parte d'Italia, che si riunivano al
Caffè Michelangelo di Firenze fra il 1855 e il
1867 e propugnavano una pittura
antiaccademica atta a riprodurre
l'impressione del vero, volta a cogliere il
senso più che l'apparenza delle cose,
attraverso la tecnica abbreviata e diretta
della macchia.
I Macchiaioli, quindi, abolirono il
chiaroscuro per dipingere ad accostamenti
di colore-ombra e colore-luce, ottenendo
effetti di grande luminosità di suggestiva
resa atmosferica e semplificarono il
paesaggio fino alle sue strutture essenziali. I
principali rappresentanti di questo
movimento furono: Giovanni Fattori,
Telèmaco Signorini, Silvestro Lega.
6.
7. Silvestro Lega, Il pergolato, 1868
Brera, Milano
• Questo quadro rappresenta un realismo quasi fotografico che coglie una realtà molto ordinaria e comune. Lo
spazio prospettico presenta una metà più profonda, quella a sinistra, in cui si colloca un pergolato che crea un
angolo fresco ed accogliente, ed una metà meno profonda nella parte anteriore, ma che si apre in lontananza
verso la campagna. Dalla metà di destra proviene una donna con un vassoio in mano su cui porta un bricco di
caffè. Nell’altra metà sono collocate tre giovani donne sedute ed una bambina. Sono protette dall’ombra del
pergolato e stanno conversando in maniera tranquilla e rilassata. Tutta la scena è pervasa da una calma e da
un silenzio evidenti.
• Il realismo di Lega è accentuato dalla sua capacità di rappresentare anche i particolari più banali della
scena. Ciò che però dà una nota stilistica del tutto originale è l’uso della tecnica della macchia. I colori hanno
una luminosità e rappresentano il contrasto tra luce ed ombra. La luce è la vera protagonista e l’ombra del
pergolato serve proprio ad enfatizzare la luce che circonda la scena. Questa luce così forte costringe il pittore
a scegliere una tecnica che accentua ulteriormente il realismo: il controluce. Le figure, infatti, sono tutte
viste nel loro lato in ombra. Questa tecnica serve ad enfatizzare il senso di piacere interiore che l’ombra crea
nello spazio rappresentato.
• La rappresentazione di un momento di vita quotidiana semplice ed ordinaria serve a Lega per cogliere
quell’attimo fuggente di piaceri semplici della vita borghese.
9. Silvestro Lega, Le bambine che fanno le signore, 1865, olio su tela ; 57,5 x 94
Nel novembre del 1865 Lega presenta a Genova Due bambine che fanno le signore, la prima
delle quattro redazioni di questo tema, dimostrando una particolare varietà di fantasia rispetto
ad altre opere contemporanee, con una sostanziale unità di intento. Anche qui siamo di fronte
ad una scena di vita ingenua, semplice e quotidiana, come scrive Matteucci: "con tutte quelle
implicazioni di carattere psicologico, prospettico, disegnativo, compositivo, luminoso e
cromatico, che sono suggerite dalla realtà, ma che egli filtra secondo una formazione purista
non mai rinnegata". Il dipinto, inoltre, venne così commentato da Signorini sulla “Rivista
Europea”: "È semplice come il suo titolo, vero come questa scena di cui è testimone chiunque
ha figli". Per questo dipinto, insieme a La nonna, Il canto di uno stornello, Una visita e a La
pittrice, Lega ricevette la medaglia d’argento all’Esposizione italiana d’Arti Belle a Parma nel
1870, dove aveva esposto insieme al gruppo macchiaiolo.
10. «L’educazione al lavoro» è una tela di grande
fascino non tanto per il momento di
corrispondenza di affetti materni che
rappresenta, ma per la capacità di
rappresentare uno spazio dotato di autonoma
personalità. La luce che entra dalla finestra
aperta, soluzione che adotterà in seguito anche
per il «Canto dello stornello», crea un’atmosfera
di silenzio intimo che dà maggior sapore alla
scena rappresentata. Per questa tela, in cui la
scena è rappresenta in un interno con una
finestra posta sulla sinistra, si ritrovano
atmosfere di serietà lavorative quotidiane.
Silvestro Lega, L'educazione al lavoro, 1863
11. • Il quadro è una delle tele più belle realizzate in
tutto l’Ottocento italiano.
• Prova di grande virtuosismo tecnico, la tela
rappresenta con fotografica analiticità un
momento quotidiano di grande semplicità. Le tre
donne intente a cantare mentre una di loro suona
il piano è un esempio dei più classici di quel
lirismo intimo comune a gran parte della
produzione artistica italiana del secolo.
• Lega pone la scena in controluce di fronte ad una
finestra aperta. Da quella finestra entra non solo
luce ma anche il respiro profondo di un’atmosfera
pulita che sa di campi coltivati e colline lontani,
sensazione che mai prima un quadro aveva
trasmesso con tanta intensità.
Silvestro Lega, Il canto dello stornello, 1867
Galleria d’Arte Moderna, Firenze
12. Silvestro Lega, La visita, 1868
«La visita» è un piccolo quadro che nella sua piccola dimensione riesce a sfruttare al meglio la sintetica
stesura della "macchia". Immagine di semplice ed efficace comunicatività, rappresenta uno di quei momenti
di socialità piccolo borghese comune a tanti piccoli centri dell’Italia post-unitaria. Anche qui Lega riesce a
cogliere momenti di semplicità quotidiana che rimandano ad una dimensione malinconica della memoria.
13. Silvestro Lega che dipinge sugli scogli, 1866, tavola, 12,5 x 28
Nel solco dei dipinti orizzontali eseguiti a Livorno, l'anno prima, Fattori esegue un'altra serie di opere che
dimostrano il progressivo consolidarsi del suo linguaggio figurativo. In questa tavola si percepisce un
processo di sintesi degli elementi descrittivi e un avvicinamento al punto di vista dell'osservatore, che
viene a coincidere con quello del pittore. L'uso della macchia è sempre più strutturato in una determinata
partitura, e concorre alla definizione volumetrica delle forme. Il ritmo dei piani è serrato e invita a
un'osservazione per gradi, dagli scogli luminosi in primo piano, all'orizzonte altrettanto luminoso che si
staglia sul mare livido, mentre la figura di Lega appare come il termine di congiunzione.
14. L’assiduità di Silvestro Lega nella villa dei
Batelli a Piagentina assumerà sempre più le
forme di una convivenza, mentre la morte, il
9 febbraio del 1863, di Paolina Cerreti,
madre dell’adorata amica Virginia Batelli,
turberà quell’atmosfera serena e toccherà
Lega anche nella sua amicizia con il padre,
Spirito Batelli. Questo delicato dipinto nasce,
appunto, nell’atmosfera degli inizi del 1863,
e riflette un sentimentalismo accattivante.
Ad un’impressione immediata la scena si
presenta come il tipico prodotto della
cultura figurativa ottocentesca
convenzionale, intorno a questi anni. É una
favola tenera e delicata di una bimba
addolorata per la morte di un passero. Un
incontro con la morte che non sconvolge ma
misuratamente intristisce il giovane e
candido animo. Con quest’opera Lega
partecipò alla Promotrice di Genova (città
Silvestro Lega, Il primo dolore, 1863, olio su tela; 39,5 x 50
dove ancora si trova il quadro), inauguratasi
Genova, Palazzo della Provincia il 28 marzo 1863, dove erano presenti anche
i macchiaioli De Tivoli e Cabianca.
15. Silvestro Lega, L’elemosina, 1864, olio su tela; 71,8 x 124, Collezione Privata
La scena si svolge su una terrazza all’aperto, dove le tre signore, vestite con modestia e semplicità e
intente a leggere una lettera, sono interrotte dal discreto arrivo di un’anziana donna che chiede
l’elemosina. La signora in piedi con sguardo un po’ altezzoso le porge, tenendosi a distanza, delle monete
e tutta l’atmosfera è immersa in un clima di calma, di pace pomeridiana e di normale scorrere del giorno.
La luce cristallina e limpida crea poche ombre, mentre gli alberi del giardino e quelli verso l’orizzonte
formano delle macchie cromatiche delicate in contrasto con i colori più accesi dei vestiti delle donne in
primo piano. Si tratta di una poetica romantica intima, fatta di piccoli momenti quotidiani di una
borghesia modesta, campagnola, che non ostenta opulenza e neppure forzato sentimentalismo. Come
scrive Matteucci, l’opera è "una delle grandi realizzazioni dell’arte leghiana, nella quale si dichiarano
tutto un momento di vita e una situazione personale che riescono a trovare, con accenti di vero e proprio
lirismo, i loro equivalenti pittorici".
16. Lega espose quest’opera, nel 1865, nelle sale
dell’Accademia di Belle Arti di via Ricasoli a
Firenze, in una mostra di quadri a soggetto
storico-medievale, promossa appunto
dall’ambiente accademico cittadino in
concomitanza alle celebrazioni del sesto
centenario della nascita di Dante. Era un momento
importante per la cultura della città anche perchè
si era diffusa, già dal settembre del 1864, la
notizia che Firenze sarebbe stata la futura
capitale del Regno e nuovo centro politico e
amministrativo della nazione. Lega non scelse,
pertanto, una scena storica o politica ma una
rievocazione delicata e sensibile di un
sentimentalismo familiare. Il soggetto dell’opera
è, infatti, intimo e domestico. La realizzazione
semplice, immediata e realistica. Come scrive
Matteucci: "Nella sua energia inventiva del 1864 si
potrebbe quasi parlare di una specie di
disponibilità femmineamente passiva nel recepire
le impressioni del mondo circostante, appunto
costituito in gran parte da presenze di donne e
bambini, con cui il colloquio è percettibile nelle
Silvestro Lega, La nonna, 1865, olio su tela ; 59 x 70, Collezione privata sue cadenze più dolci. Più che di passività, si
tratta però di un momento particolarmente
introspettivo a cui inducono le stesse evenienze
private".
17. Silvestro Lega, I promessi sposi, 1869, olio su tela; 33,5 x 77, Milano, Museo della Scienza e della Tecnica Leonardo da Vinci
Realizzato a Piagentina nel 1869, è un dipinto solenne, venato da una sottile malinconia e avvolto da una
misteriosa e sensuale luce rosata. I due fidanzati, visti di spalle ma protagonisti della scena, sono i ritratti di
una delle figlie della famiglia Cecchini e del suo promesso sposo. La famiglia in questione, costituita dalla
madre Elena Settimelli e dalle tre figlie Maria, Isolina e la piccola Anna, risiedeva a Firenze in piazza
Sant’Ambrogio e in poco tempo raggiungeva casa Batelli, nel nuovo domicilio fiorentino di via di San Salvi. Per
Lega divenne un punto di riferimento affettivo che, gradatamente, si sostituì a quello della famiglia Bartelli,
soprattutto dopo la morte prematura di Virginia il 6 giugno del 1870. Il quadro –uno dei più ammirati nella
mostra parigina dedicata ai macchiaioli risalente al 1978– ha un fascino ingenuo, discreto, raffinato, per la
semplicità compositiva, la delicatezza del paesaggio, l’intensità sentimentale trattenuta, modesta ed
equilibrata dei personaggi.
18. L’opera appartiene a quello che fu definito il “periodo
di Bellariva” (1881-1885 circa), vissuto da Lega, e da
altri artisti della nuova generazione, intorno alla villa
sull’Arno della famiglia Tommasi, colta, di idee
avanzate e dedita all’arte e alla musica. Lega, quasi
sessantenne, ritrovò una pienezza espressiva e una
nuova ispirazione vitale che lo portarono a trasformarsi
da pittore “di genere” ad artista moderno, attraverso la
ricerca di una verità pittorica di autentica vocazione.
Nel dipinto Una madre Lega sembra abbia avuto
l’ambizione di andare oltre al suo mondo, dalla vena
poetica e idilliaca, immergendo le due figure e
l’ambiente domestico in una visione ricca ed elaborata
attraverso il colore. Le grandi dimensioni del quadro
dovettero tenere il pittore impegnato per parecchi mesi
della primavera e dell’estate dell’84. A Settembre lo
inviò alla mostra della Reale Accademia a Milano, alla
Promotrice fiorentina, dove attirò l’interesse dell’amico
Signorini e poi, nel 1886, alla Prima Esposizione di Belle
Arti di Livorno dove trovò un acquirente.
Silvestro Lega, Una madre, 1884, olio su tela; 191 x 124
Collezione privata
19. La zona collinare del Gabbro, distante circa dieci
chilometri dalla costa livornese, era, come scrive
Matteucci "un mondo complesso e articolato, dai caratteri
specifici e autonomi, ricco di tradizioni proprie, vitale nei
suoi costumi popolari e nei principi che alimentavano i
rapporti sociali". Lega vi arrivò nell’estate del 1886,
ospite, insieme agli amici Angiolo Tommasi e Angelo
Torchi, presso la villa di Poggio Piano della famiglia
Bandini (costituita dalla madre Clementina Fiorini,
personaggio in vista della borghesia livornese, e dalle sue
cinque figlie). Per tutta l’estate del 1887, avendo come
modelle le cinque ragazze Bandini, il pittore fu
nuovamente preso da quella forza inventiva che già con le
Cecchini e i Tommasi lo aveva sorretto. È nel ritratto, in
particolare, che il nuovo stile “del Gabbro” si rivela nella
vigoria espressiva del Lega, anche nelle figure di
"contadine fiere e vigorose, nobilitate nella loro
femminilità rustica", come scrive Matteucci che continua:
"Il grande ritratto che egli fa di una Gabbrigiana in piedi,
riprendendola nel suo regno, è un monumento in omaggio
alla sua condizione di protagonista plebea così
nettamente precisata nel suo piglio intemperante, da
proporsi come anticipazione di un qualche personaggio di
prima fila del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo".
Silvestro Lega, Gabbrigiana in piedi, 1888, olio su tela;
140 x 86, Collezione privata
20. Silvestro Lega, Episodio della guerra del 1859-Ritorno di bersaglieri italiani da una ricognizione, 1861
olio su tela ; 57,5 x 95, Firenze, Galleria d' Arte Moderna di Palazzo Pitti
Il dipinto risulta eseguito nel 1861, nello stesso anno della presentazione alla società fiorentina Promotrice di
Belle Arti di un’altra opera, probabilmente in pendant con questa, ossia Imboscata di bersaglieri italiani in
Lombardia. Anche un’altra opera dello stesso anno Ricognizione di cacciatori delle Alpi fa parte dello stesso
ciclo di tele di soggetto militare, intrapreso da Lega (e da altri artisti toscani) su stimolo di un concorso
indetto da Bettino Ricasoli, salito al potere in Toscana dopo il crollo del governo granducale. In tutte queste
opere più “ufficiali” Lega riuscì, come scrive il Matteucci, "ad evitare la pesantezza e la retorica in cui
sfociava spesso il “sentimentalismo epico” di quel momento". Egli riesce, pertanto, come dimostra la chiara e
luminosa scena in questione, ad amplificare lo spazio attarverso la vitalità dei personaggi descritti che si
muovono con naturalezza e disinvoltura nella semplicità del paesaggio.
21. La grande tela, che fa parte del gruppo di
opere più storiche e “politiche” del Lega degli
anni Sessanta, è un ritratto abbastanza aulico
del generale Giuseppe Garibaldi, protagonista
assoluto, in quell’anno, delle lotte
d’indipendenza dell’Italia dagli austriaci e
della riunificazione del paese. In
quest’immagine di una “laica sacralità”, Lega
non riesce a nascondere le proprie simpatie
repubblicane e i propri sentimenti mazziniani
e garibaldini. Attraverso una fattura pittorica
molto ricercata e raffinata, lo sguardo intenso
e profondo di Garibaldi conquista
l’osservatore, come pure la sua posa ufficiale
e la descrizione puntigliosa dei dettagli
dell’abbigliamento. La camicia rossa, infatti,
contrasta fortemente con il cielo azzurro dello
sfondo, su cui la figura statuaria dell’eroico
generale acquista grandezza morale, spirituale
e, naturalmente, militare. Silvestro Lega, Ritratto di Garibaldi, 1861
olio su tela; 111 x 78,4
Collezione Privata
22. L’opera, la terza in ordine di esecuzione dopo le
altre due simili: Rose della primavera e Motivo di
grano, testimonia la serenità d’animo di Lega e
l’assimilazione di nuovi e diversi stimoli pittorici
del periodo cosiddetto “di Piagentina”, in cui la
personalità dell’artista si arricchisce della poetica
dei macchiaioli in direzione di una ricerca
originale e non più isolata. Nella villa dei Batelli,
nella campagna detta, appunto, di “Piagentina”,
alle porte di Firenze (vicino al torrente Affrico),
Lega aveva trovato una propria vena romantica e
popolare, grazie anche all’affetto della giovane
amica Virginia Batelli e dell’atmosfera semplice,
autentica e serena della sua famiglia. La
vicinanza, inoltre, a Piagentina di Telemaco
Signorini (che era stato a Parigi) contribuì a
rendere più stretti i contatti tra i due artisti. Una
cultura più raffinata e “parigina” si intravede,
appunto, in quest’opera intitolata Tra i fiori del
giardino, in cui una giovane donna che legge
(probabilmente Virginia) passeggia con un
Silvestro Lega, Ritratto di Garibaldi, 1862, olio su tela ; 49 x 59, ombrellino parasole, immersa nell’ambiente
Collezione Privata
rigoglioso, caldo e quasi etereo di uno splendido
giardino. L’effetto luministico della scena appare
molto ricercato ed espressivo.
23. In questa opera Lega rappresenta
Luigi Tommasi a mezzo busto facendolo
ruotare leggermente sul busto e
rendendolo luminoso sul fondo
verdeggiante delle foglie, in una
giustapposizione di colori chiari e scuri
che determina, per contrasto,
l'esaltazione dei primi e da un tono
squillante al bianco della camicia.
Silvestro Lega, Ritratto di Luigi Tommasi