In queste slide viene proposta la posizione critica della Sipap rispetto alla riforma dell'art. 21, che risulterà come uno strumento inefficace per combattere l'abusivismo e comporterà tante limitazioni in più rispetto allo svolgimento della nostra professione in particolare rispetto alle attività formative e divulgative.
1. REFERENDUM SULLA RIFORMA DELL’ART. 21
DEL CODICE DEONTOLOGICO
COME PREVEDE L’ART.28 COMMA C DELLA LG. 56/89,
A BREVE VERREMO SOTTOPOSTI AL REFERENDUM PER
VOTARE SÌ O NO ALLA PROPOSTA DI RIFORMA
APPROVATA DAL CNOP
(L’ORDINE NAZIONALE DEGLI PSICOLOGI)
DELL’ARTICOLO 21
DEL CODICE DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI
MA NE SAPPIAMO ABBASTANZA?
2. COME CAMBIEREBBE L’ART. 21?
L’art. 21 prima della riforma
«Lo psicologo, a salvaguardia
dell’utenza e della professione, è tenuto
a non insegnare l’uso di strumenti
conoscitivi e di intervento riservati alla
professione di psicologo, a soggetti
estranei alla professione stessa, anche
qualora insegni a tali soggetti discipline
psicologiche.
È fatto salvo l’insegnamento agli
studenti del corso di laurea in
psicologia, ai tirocinanti, ed agli
specializzandi in materie psicologiche.»
L’art. 21 dopo la riforma
«L’insegnamento dell’uso di strumenti e
tecniche conoscitive e di intervento riservati
alla professione di psicologo a persone
estranee alla professione stessa costituisce
violazione deontologica grave.
Costituisce aggravante avallare con la propria
opera professionale attività ingannevoli o
abusive concorrendo all’attribuzione di
qualifiche, attestati o inducendo a ritenersi
autorizzati all’esercizio di attività
caratteristiche dello psicologo.
Sono specifici della professione di psicologo
tutti gli strumenti e le tecniche conoscitive e di
intervento relative a processi psichici
(relazionali, emotivi, cognitivi,
comportamentali) basati sull’applicazione di
principi, conoscenze, modelli o costrutti
psicologici.
È fatto salvo l’insegnamento di tali strumenti
e tecniche agli studenti dei corsi di studio
universitari in psicologia e ai tirocinanti. E’
altresì fatto salvo l’insegnamento di
conoscenze psicologiche.»
3. IN SOSTANZA COSA CAMBIA?
Nel 1° e 2° comma
è stato reso “grave” il carattere della violazione.
Così si ha un segnale intimidatorio verso
tutti i colleghi, in particolare per quelli
che si occupano di formazione.
Il principio del rispetto reciproco e della
lealtà, che lo stesso codice deontologico
invoca negli articoli sul rapporto tra
colleghi, è sempre più prevaricato!
4. IN SOSTANZA COSA CAMBIA?
La parte più controversa è il 3° comma:
«Sono specifici della professione di psicologo tutti gli
strumenti e le tecniche conoscitive e di intervento relative a
processi psichici (relazionali, emotivi, cognitivi,
comportamentali) basati sull’applicazione di principi,
conoscenze, modelli o costrutti psicologici.»
Questa nuova formula amplia in maniera indefinita gli atti
tipici della nostra professione, praticamente a tutto il
nostro bagaglio culturale.
In questo modo si rende qualsiasi attività di formazione
rivolta ad altre figure professionali, ma anche a semplici
cittadini, una “grave” violazione del codice deontologico.
5. LA RIFORMA DELL’ART. 21
LIMITEREBBE SOLO LA FORMAZIONE
RIVOLTA AI COUNSELOR O AI COACH?
Assolutamente No
Verrebbe vietata anche tutta la formazione
rivolta a categorie che hanno mansioni
distanti dalle nostre e che oggi formiamo
per trasmettere loro competenze che li
aiutano a svolgere meglio il loro lavoro:
OSS, infermieri, impiegati, insegnanti,
medici, dirigenti di azienda, ecc.
6. LA RIFORMA DELL’ART. 21
LIMITEREBBE SOLO
L’ATTIVITÀ FORMATIVA?
Assolutamente No
Anche lo svolgimento di tutte quelle
attività seminariali e di divulgazione della
cultura psicologica rivolte a un’utenza
potenziale rientrerebbe nelle attività
oggetto di indagine disciplinare.
7. L’ATTIVITÀ CLINICA E PSICOTERAPEUTICA
È PRESERVATA DALLE LIMITAZIONI DELLA
RIFORMA?
Assolutamente No
Anche addestrare pazienti all’utilizzo di
tecniche di autosostegno è un’attività di
insegnamento di una tecnica che basa la
sua efficacia su costrutti di derivazione
psicologica.
8. OK, MA ALMENO NON CI SAREBBE PIÙ CHI
FORMA COUNSELOR!
Assolutamente No
Neanche questo è vero!
I counselor e le altre figure professionali limitrofe
alla nostra (es. medici specializzati in psicoterapia),
potranno tranquillamente fare formazione a
qualsivoglia utenza e/0 categoria professionale.
Gli Ordini degli Psicologi hanno il compito istituzionale di far
rispettare il Codice Deontologico solo ai propri iscritti.
I non psicologi o gli stessi laureati in psicologia non iscritti
all’albo professionale (numerosi dottorandi, ricercatori e
professori universitari in materie dell’area psicologica) sono
del tutto esclusi da questi obblighi!
9. OK, MA ALMENO AVRÒ LA SODDISFAZIONE
CHE PSICOLOGI CHE FAVORISCONO L’ABUSO
DI PROFESSIONE VERRANNO SANZIONATI!
Assolutamente NO
Niente da fare, non c’è garanzia neanche di ciò!
L’art. 33 della costituzione, al 1° comma, sancisce
la libertà di insegnamento dell’arte e della
scienza.
In virtù di ciò, tutti i provvedimenti disciplinari
per violazione dell’art. 21 sono di fatto
impugnabili per incostituzionalità.
10. L’ART. 21 È L’UNICO STRUMENTO
UTILIZZABILE PER IMPEDIRE L’ABUSO
DELLA NOSTRA PROFESSIONE?
Niente affatto. Ecco cosa si può fare:
① Si devono individuare nello specifico gli atti tipici dello psicologo nelle
diverse aree applicative della professione.
② L’identificazione precisa degli ambiti di esclusiva pertinenza degli psicologi
- gli atti tipici - renderà più efficace l’attività delle Procura della Repubblica
e di tutte le autorità preposte al perseguimento dell’abuso di professione.
③ Informare i cittadini e la comunità su quali sono gli atti tipici della
professione di psicologo nelle diverse aree applicative.
④ Esortare con costanza e tenacia attraverso comunicazioni, seminari e
confronti multidisciplinari, tutte le associazioni ed Ordini professionali di
qualsiasi altra professionalità limitrofa, compreso i counselor, (filosofi e
psico-filosofi, pedagogisti e psico-pedagogisti, logopedisti, assistenti
sociali, sociologi, ma anche avvocati, medici generici e specialisti in
medicina del lavoro, psichiatria, neuropsichiatria, neurologia ecc.) ad
adoperarsi affinché i propri iscritti non travalichino i confini della nostra
professione e che sia così favorita la valorizzazione della
multidisciplinarità, così decantata da tutti.
11. SIAMO SICURI CHE IL FATTO CHE PSICOLOGI FORMINO
COUNSELOR E/O ALTRE FIGURE CHE VALORIZZANO LA
CULTURA PSICOLOGICA SIA UN MALE?
Assolutamente NO
Anche su questo si può discutere.
Per gli psicologi, essere docenti nei corsi sulle relazioni d’aiuto, sulla
comunicazione e su altre tematiche dell’area culturale psicologica
rivolti alle altre figure professionali, fornisce una posizione strategica
per trasmettere i limiti da non travalicare degli atti tipici della
professione dello psicologo.
Al contrario, negarsi questa opportunità e lasciare che altre
categorie formino tutte le altre figure tecniche e/o
professionali che utilizzano concetti e teorie dell’area
psicologica significherà perdere ogni possibilità di dire la
nostra a riguardo.
12. LA SIPAP
SOCIETA ’ ITALIANA DEGLI PSICOLOGI
LIBERI PROFESSIONISTI
DICE NO ALLA RIFORMA
DELL’ART.21 DEL CODICE
DEONTOLOGICO DEGLI PSICOLOGI
PER TUTTE QUESTE RAGIONI