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Le tracce sono l’unico indizio, poi elaborato in un crescendo di
colpi di scena e sorprese, per risolvere un eco-giallo che vede
Trento e le montagne intorno come incomparabile scenario.
A condurre le indagini, a modo suo, e ad esserne coinvolto,
il Comandante Colleoni, funzionario decisamente atipico
del Corpo Forestale, che coinvolge una serie di personaggi
altrettanto stravaganti, compresi un’ex moglie norvegese, un
pellerossa canadese e un tassista fuori di testa che va ancora
in giro con la 600 Multipla. Però truccata.
Scrittura fresca e immediata per dieci capitoli che impongono
la regola numero uno: mai annoiarsi!
FrancoFaggiani
ISBN 978-88-97299-36-3
9 788897 299363 >
€ 16,50
ideaMontagna
editoria e alpinismo
ideaMontagna
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Franco Faggiani, nato a Roma ma
campo base a Milano. Città che lo
vedono però poco in giro perché da
40 anni trascorre gran parte del tempo
a viaggiare per borghi, campagne e
montagne di mezzo mondo, comprese
quelle della Nuova Guinea o del sud
America. Per scoprire, incontrare,
conoscere, scrivere e fotografare
tutto quel che gli sembra di maggior
interesse, attrattiva, sorpresa.
Ambiente, cibo, personaggi, luoghi
sono solo alcuni degli argomenti che
poi ha trasformato in reportage, saggi,
manuali, libri, articoli.
Da sempre pratica maratone con gli
sci da fondo e arrampicate in falesia,
lunghi trekking e viaggi a cavallo.
Di recente ha scoperto di avere ‘lo
spirito trail’ e la corsa in montagna è
diventato il suo nuovo sport.
Ambisce alle quattro cose che riunite
insieme, secondo lui, portano alla
felicità: un buon libro, un buon
bicchiere di vino, una finestra
spalancata sulle montagne.
E un po’ di solitudine.
Franco Faggiani
95
La guardia forestale di servizio all’ingresso di Palaz-
zo Dell’Aquila aveva ragione. La Valle dei Laghi, una
manciata di chilometri a ovest di Trento, è un posto
magnifico per fare una lunga, lenta corsa tra boschi
e vigneti. Con strade e viottoli tranquilli, ben mime-
tizzati, sinuosi tra i filari di collina, riscaldati dalle
alte pareti rocciose che delimitano la valle e che re-
stituiscono alla campagna, centellinandolo, il calore
assorbito dal sole. In mezzo, il lago verde e azzurro di
Toblino, con l’omonimo, potente castello a fare da
punto di riferimento.
Colleoni, iPod a tutto volume, sta attraversando un
bosco correndo. Correre affina i pensieri lievi e dis-
solve quelli grevi, aveva letto in un libro di David Le
Breton, un antropologo francese. Sarà. Comunque
lui, nonostante la fatica che da qualche chilometro
gli si è seduta pesantemente addosso, continua a rit-
mo sostenuto.
In passato, quando era andato a tener lezioni e re-
lazioni in posti con qualche altura intorno, per am-
mazzare il tempo aveva partecipato a qualche gara
di corsa in montagna. Aveva però scoperto in fretta
CAPITOLO 4
http://www.ideamontagna.it/librimontagna/libro-alpinismo-montagna.asp?cod=52
9796
“Io abito in quel maso lassù, tra le vigne”, dice indi-
cando un punto della collina. “Scusi… scusami se
non t’ho visto prima… ma sono di fretta, sto portan-
do i cani in città, dal veterinario. Stanno malissimo,
hanno mangiato della carne trovata in un boschetto
che sta dietro la casa”.
“Ma Trento è di là”.
“Sì, lo so che non dovrei passare di qui ma questa
è una scorciatoia che mi fa guadagnare un sacco di
tempo…”.
“Allora vai, sennò è inutile”, sollecita lui.
Lei gli fa un cenno con la testa, innesta la marcia e
riparte, facendo sobbalzare i cani sdraiati sul pianale.
Inchioda di nuovo, torna indietro sollevando un
polverone che si rovescia addosso a Colleoni.
“Stasera a cena, va bene? Però a casa mia, meglio te-
ner sott’occhio i cani”, dice, e senza aspettare che lui
smetta sputar via il terriccio ingoiato, riparte a razzo,
notando dagli specchietti solo un cenno di assenso
con la mano. La polvere non ha però impedito a
Colleoni di radiografare il viso di lei, dagli occhi lu-
minosi e il sorriso triste.
Il comandante si è rimesso a correre e punta il Maso
Colombari, su un terrazzamento della collina ridise-
gnata dalle vigne e da piccoli boschi. Arriva un po’
affannato sul piazzale, si ferma a riprendere fiato,
si guarda intorno. Non c’è nessuno in giro. Spegne
l’iPod. Silenzio perfetto. Colline gibbose si susse-
guono come il dorso di un dinosauro addormentato.
Un uomo e una donna in grembiule blu e stivali di
di non avere lo spirito competitivo. Se qualcuno sui
sentieri lo raggiungeva si sentiva pressato e così si fer-
mava per farlo passare; se invece era lui a raggiungere
qualcuno più lento che gli spezzava il ritmo dell’an-
datura gli veniva, ardente, la voglia di prenderlo a
spallate. Niente da fare, meglio i lunghi giri da solo.
Adesso aveva ripreso a corricchiare semplicemente
per tenersi un po’ in forma, dopo aver visto nello
specchio che il suo ventre, a lungo piatto e inciso a
quadratini come una tavoletta di cioccolato, stava
per prendere le sembianze di un tremolante crème
caramel.
Però anche solo per tenersi in forma bisogna correre,
correre, correre, come sta facendo adesso nel centro
erboso di una strada sterrata dove non dovrebbero
passare macchine. Non dovrebbero. Appena taglia-
ta una curva coperta dagli alberi, quasi si spiaccica
contro il muso di un pick up rosso che arriva a tutta
velocità con appresso una fumosa coda di terra.
Colleoni si butta quasi nel fosso, il pick up va avanti
qualche metro in scivolata, poi s’inchioda, sgomma
e torna indietro.
“Che ci fa lei su questa strada?”, chiede Matilde Co-
lombari, sporgendo la testa dal finestrino. S’erano
più volte parlati per telefono ma non s’erano mai
visti prima, se non da lontano e di sfuggita, quel
giorno alla base dei Lagorai. Ma s’erano riconosciuti
quasi subito.
“Cerco di far fuori qualche caloria e soprattutto di
scampare a quelli che vanno a caccia di pedoni? E
lei?”. In diretta erano entrambi tornati al lei.
9998
que”, ironizza Colleoni allungandosi contro lo schie-
nale della poltrona.
“Il fatto è che oltre a non essere zona di volpi argen-
tate”, precisa il veterinario, “un nostro collega che ho
mandato a fare un giro in zona ha trovato una cin-
quantina di carcasse e brandelli di pelliccia”.
Colleoni schiaccia un tasto sul vetusto e ingombran-
te telefono azzurrino che troneggia sulla scrivania e
un attimo dopo Pariello arriva.
“Mi ha fatto chiamare?”.
“Non faccia sempre queste domande da vecchio
impiegato. Se quel tasto rosso che s’accende sul suo
telefono è un tasto di chiamata, come lei stesso mi
ha spiegato, è evidente che l’ho chiamata… e lei dot-
tore, la pianti di ridacchiare”, dice Colleoni. Ridac-
chiando.
“Comunque, ispettore, c’è in giro qualcuno che al-
leva o smercia volpi argentate. Adesso il nostro sim-
patico veterinario verrà di là con lei e le spiegherà i
dettagli. Organizzi un’indaginetta in tempi brevi”.
“Brevi quanto?”, chiede Pariello.
“È ancora qui?”.
“Ecco… avevo immaginato che lei avesse detto do-
mani mattina”, dice Pariello massaggiandosi la nuca.
“Avevo evidentemente immaginato male”, borbotta
poi, uscendo insieme al veterinario.
Marta,MatteoeMattiaVanoistannoattornoaicani,
dall’aria mogia ma comunque scampati dall’indige-
stione di selvatico. Colleoni stappa uno spumante.
Kessler c’è scritto in etichetta. Matilde dà gli ultimi
gomma verdi sono sul fondo di un avvallamento ad
armeggiare tra due filari.
La casa è grande, in pietra, a due piani, con un ampio
e ordinato orto sul fianco, qualche piccolo ballatoio
appena sotto il tetto di legno che ha probabilmente
qualche secolo sulle spalle. La casa non emette nes-
sun gemito e nessun alito di fumo.
Colleoni fa un giro intorno, capita nel boschetto che
protegge l’edificio alle spalle. Dà un’occhiata in giro.
E trova quel che cerca: pezzetti di carne rossa, scura,
nervosa. Non a brandelli ma tagliata con precisione,
come fosse stata sezionata con un coltello molto af-
filato. O con un bisturi. Ne prende frammenti, rac-
coglie dall’orto alcune foglie di cavolo per avvolgere
la carne. Con il fagottino in mano sale su un dosso
che s’affaccia sulla valle, cercando di individuare sul
suo lato est il piccolo campanile sotto il quale aveva
parcheggiato la jeep, rubata alle tabelle di servizio di
Pariello. La cipolla del campanile sbuca oltre le cime
di alcuni abeti. Una labile traccia di sentiero erboso
scende in quella direzione. Colleoni riprende a cor-
rere, col fagotto già puzzolente sotto la maglietta.
Pomeriggio in ufficio, a esaminare carte indicanti
aree da riforestare. Sullo specchio della porta appare
un uomo dai baffoni a manubrio. È il veterinario.
“Entri pure dottore, si metta comodo, senza formali-
tà. Allora? Risultato?”.
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Il Comandante Colleoni - Tracce sotto la neve

  • 1. Le tracce sono l’unico indizio, poi elaborato in un crescendo di colpi di scena e sorprese, per risolvere un eco-giallo che vede Trento e le montagne intorno come incomparabile scenario. A condurre le indagini, a modo suo, e ad esserne coinvolto, il Comandante Colleoni, funzionario decisamente atipico del Corpo Forestale, che coinvolge una serie di personaggi altrettanto stravaganti, compresi un’ex moglie norvegese, un pellerossa canadese e un tassista fuori di testa che va ancora in giro con la 600 Multipla. Però truccata. Scrittura fresca e immediata per dieci capitoli che impongono la regola numero uno: mai annoiarsi! FrancoFaggiani ISBN 978-88-97299-36-3 9 788897 299363 > € 16,50 ideaMontagna editoria e alpinismo ideaMontagna editoriaealpinismo ideaMontagna editoria e alpinismo Franco Faggiani, nato a Roma ma campo base a Milano. Città che lo vedono però poco in giro perché da 40 anni trascorre gran parte del tempo a viaggiare per borghi, campagne e montagne di mezzo mondo, comprese quelle della Nuova Guinea o del sud America. Per scoprire, incontrare, conoscere, scrivere e fotografare tutto quel che gli sembra di maggior interesse, attrattiva, sorpresa. Ambiente, cibo, personaggi, luoghi sono solo alcuni degli argomenti che poi ha trasformato in reportage, saggi, manuali, libri, articoli. Da sempre pratica maratone con gli sci da fondo e arrampicate in falesia, lunghi trekking e viaggi a cavallo. Di recente ha scoperto di avere ‘lo spirito trail’ e la corsa in montagna è diventato il suo nuovo sport. Ambisce alle quattro cose che riunite insieme, secondo lui, portano alla felicità: un buon libro, un buon bicchiere di vino, una finestra spalancata sulle montagne. E un po’ di solitudine. Franco Faggiani
  • 2. 95 La guardia forestale di servizio all’ingresso di Palaz- zo Dell’Aquila aveva ragione. La Valle dei Laghi, una manciata di chilometri a ovest di Trento, è un posto magnifico per fare una lunga, lenta corsa tra boschi e vigneti. Con strade e viottoli tranquilli, ben mime- tizzati, sinuosi tra i filari di collina, riscaldati dalle alte pareti rocciose che delimitano la valle e che re- stituiscono alla campagna, centellinandolo, il calore assorbito dal sole. In mezzo, il lago verde e azzurro di Toblino, con l’omonimo, potente castello a fare da punto di riferimento. Colleoni, iPod a tutto volume, sta attraversando un bosco correndo. Correre affina i pensieri lievi e dis- solve quelli grevi, aveva letto in un libro di David Le Breton, un antropologo francese. Sarà. Comunque lui, nonostante la fatica che da qualche chilometro gli si è seduta pesantemente addosso, continua a rit- mo sostenuto. In passato, quando era andato a tener lezioni e re- lazioni in posti con qualche altura intorno, per am- mazzare il tempo aveva partecipato a qualche gara di corsa in montagna. Aveva però scoperto in fretta CAPITOLO 4 http://www.ideamontagna.it/librimontagna/libro-alpinismo-montagna.asp?cod=52
  • 3. 9796 “Io abito in quel maso lassù, tra le vigne”, dice indi- cando un punto della collina. “Scusi… scusami se non t’ho visto prima… ma sono di fretta, sto portan- do i cani in città, dal veterinario. Stanno malissimo, hanno mangiato della carne trovata in un boschetto che sta dietro la casa”. “Ma Trento è di là”. “Sì, lo so che non dovrei passare di qui ma questa è una scorciatoia che mi fa guadagnare un sacco di tempo…”. “Allora vai, sennò è inutile”, sollecita lui. Lei gli fa un cenno con la testa, innesta la marcia e riparte, facendo sobbalzare i cani sdraiati sul pianale. Inchioda di nuovo, torna indietro sollevando un polverone che si rovescia addosso a Colleoni. “Stasera a cena, va bene? Però a casa mia, meglio te- ner sott’occhio i cani”, dice, e senza aspettare che lui smetta sputar via il terriccio ingoiato, riparte a razzo, notando dagli specchietti solo un cenno di assenso con la mano. La polvere non ha però impedito a Colleoni di radiografare il viso di lei, dagli occhi lu- minosi e il sorriso triste. Il comandante si è rimesso a correre e punta il Maso Colombari, su un terrazzamento della collina ridise- gnata dalle vigne e da piccoli boschi. Arriva un po’ affannato sul piazzale, si ferma a riprendere fiato, si guarda intorno. Non c’è nessuno in giro. Spegne l’iPod. Silenzio perfetto. Colline gibbose si susse- guono come il dorso di un dinosauro addormentato. Un uomo e una donna in grembiule blu e stivali di di non avere lo spirito competitivo. Se qualcuno sui sentieri lo raggiungeva si sentiva pressato e così si fer- mava per farlo passare; se invece era lui a raggiungere qualcuno più lento che gli spezzava il ritmo dell’an- datura gli veniva, ardente, la voglia di prenderlo a spallate. Niente da fare, meglio i lunghi giri da solo. Adesso aveva ripreso a corricchiare semplicemente per tenersi un po’ in forma, dopo aver visto nello specchio che il suo ventre, a lungo piatto e inciso a quadratini come una tavoletta di cioccolato, stava per prendere le sembianze di un tremolante crème caramel. Però anche solo per tenersi in forma bisogna correre, correre, correre, come sta facendo adesso nel centro erboso di una strada sterrata dove non dovrebbero passare macchine. Non dovrebbero. Appena taglia- ta una curva coperta dagli alberi, quasi si spiaccica contro il muso di un pick up rosso che arriva a tutta velocità con appresso una fumosa coda di terra. Colleoni si butta quasi nel fosso, il pick up va avanti qualche metro in scivolata, poi s’inchioda, sgomma e torna indietro. “Che ci fa lei su questa strada?”, chiede Matilde Co- lombari, sporgendo la testa dal finestrino. S’erano più volte parlati per telefono ma non s’erano mai visti prima, se non da lontano e di sfuggita, quel giorno alla base dei Lagorai. Ma s’erano riconosciuti quasi subito. “Cerco di far fuori qualche caloria e soprattutto di scampare a quelli che vanno a caccia di pedoni? E lei?”. In diretta erano entrambi tornati al lei.
  • 4. 9998 que”, ironizza Colleoni allungandosi contro lo schie- nale della poltrona. “Il fatto è che oltre a non essere zona di volpi argen- tate”, precisa il veterinario, “un nostro collega che ho mandato a fare un giro in zona ha trovato una cin- quantina di carcasse e brandelli di pelliccia”. Colleoni schiaccia un tasto sul vetusto e ingombran- te telefono azzurrino che troneggia sulla scrivania e un attimo dopo Pariello arriva. “Mi ha fatto chiamare?”. “Non faccia sempre queste domande da vecchio impiegato. Se quel tasto rosso che s’accende sul suo telefono è un tasto di chiamata, come lei stesso mi ha spiegato, è evidente che l’ho chiamata… e lei dot- tore, la pianti di ridacchiare”, dice Colleoni. Ridac- chiando. “Comunque, ispettore, c’è in giro qualcuno che al- leva o smercia volpi argentate. Adesso il nostro sim- patico veterinario verrà di là con lei e le spiegherà i dettagli. Organizzi un’indaginetta in tempi brevi”. “Brevi quanto?”, chiede Pariello. “È ancora qui?”. “Ecco… avevo immaginato che lei avesse detto do- mani mattina”, dice Pariello massaggiandosi la nuca. “Avevo evidentemente immaginato male”, borbotta poi, uscendo insieme al veterinario. Marta,MatteoeMattiaVanoistannoattornoaicani, dall’aria mogia ma comunque scampati dall’indige- stione di selvatico. Colleoni stappa uno spumante. Kessler c’è scritto in etichetta. Matilde dà gli ultimi gomma verdi sono sul fondo di un avvallamento ad armeggiare tra due filari. La casa è grande, in pietra, a due piani, con un ampio e ordinato orto sul fianco, qualche piccolo ballatoio appena sotto il tetto di legno che ha probabilmente qualche secolo sulle spalle. La casa non emette nes- sun gemito e nessun alito di fumo. Colleoni fa un giro intorno, capita nel boschetto che protegge l’edificio alle spalle. Dà un’occhiata in giro. E trova quel che cerca: pezzetti di carne rossa, scura, nervosa. Non a brandelli ma tagliata con precisione, come fosse stata sezionata con un coltello molto af- filato. O con un bisturi. Ne prende frammenti, rac- coglie dall’orto alcune foglie di cavolo per avvolgere la carne. Con il fagottino in mano sale su un dosso che s’affaccia sulla valle, cercando di individuare sul suo lato est il piccolo campanile sotto il quale aveva parcheggiato la jeep, rubata alle tabelle di servizio di Pariello. La cipolla del campanile sbuca oltre le cime di alcuni abeti. Una labile traccia di sentiero erboso scende in quella direzione. Colleoni riprende a cor- rere, col fagotto già puzzolente sotto la maglietta. Pomeriggio in ufficio, a esaminare carte indicanti aree da riforestare. Sullo specchio della porta appare un uomo dai baffoni a manubrio. È il veterinario. “Entri pure dottore, si metta comodo, senza formali- tà. Allora? Risultato?”. “È carne di volpe, e fin qui niente di strano. Il fatto è che si tratta di volpe argentata”, dice il veterinario. “Certo, qui le volpi argentate pullulano, pieno ovun-