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ATTI DEL FORUM 
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RICERCA 
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▪ Creare un modello di drug discovery satellitare capace di superare le barriere 
dimensionali dei players in Italia 
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Il cambiamento delle strategie di Ricerca & Sviluppo, non più internalizzate per gli alti 
costi e gli altissimi rischi di fallimento stanno inducendo il ricorso all’open innovation: 
attività di monitoraggio sistematico di start up, piccole imprese, laboratori e centri di 
ricerca pubblici e privati che possiedono know how relativo ai sentieri di ricerca e 
innovazione perseguiti dalle aziende maggiori. Queste poi possono procedere con 
partenariati, acquisizioni o contratti a programma/progetto. 
Assodato che la ricerca italiana è competitiva e che l’industria farmaceutica è di 
qualità si tratta di creare alcuni “ponti scorrevoli” tra i due mondi. Ci può essere 
scambio di personale, dottorati in azienda a finanziamento congiunto, dottorati in 
laboratorio su progetti mirati, servizi di intermediazione sostenuti da finanziamenti a 
fondo perduto o defiscalizzazioni mirate. L’obiettivo è quello di creare permeabilità e 
flusso di competenze tra l’Università e l’industria. 
E’ del tutto evidente che in una logica “nazionale” questo significa soprattutto che 
almeno le Università e i centri di ricerca pubblici e privati orientino le loro attività 
promuovendo spin off e start up conoscendo quali sono i fabbisogni di sapere delle 
aziende leader. Per realizzare un orientamento efficace degli investimenti in ricerca 
scientifica nelle nicchie da presidiare del sistema Italia si propongono i contratti di 
programma tra MISE e gruppi leader, credito di imposta sulle operazioni di “acquisizione 
e sviluppo” e indirizzo ai fondi EU dedicati (Horizon 2020). 
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▪ Sostenere la collaborazione Accademia-Industria nel transfer technology, dalla 
fase studio e brevetto alla fase di industrializzazione (e commercializzazione) 
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Dal lato dell’Università è indispensabile un programma di reclutamento di competenze 
non solo disciplinari in senso farmacologico, ma specializzate in funzioni di integrazione 
della filiera dall’Accademia all’Industria: facilitatori, organizzatori sistemici, ma anche 
statistici, ingegneri gestionali, veri e propri Reasearch Manager. Inoltre viene rilevato 
che la singola Università non dispone della massa critica per trasferire attività di ricerca 
alle imprese. Si propone di costituire un consorzio tra Università per gestire le 
attività di transfer technology. Ancora in riferimento alle Università si pone il 
problema di un riequilibrio delle carriere accademiche tra i ricercatori “puri” le cui 
pubblicazioni internazionali sono sopra media e i ricercatori “applicati” 
nell’industrializzazione di brevetti e scoperte innovative, oggi quasi del tutto marginali 
nell’Accademia italiana. Uno strumento di incentivazione quale ad esempio il “Patent 
Box” inglese applicato anche ai ricercatori potrebbe incentivare tale cambiamento di 
approccio. 
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▪ Orientare la Ricerca nello sviluppo di Biofarmaceutiche e Biotecnologie 
promuovendo spin off e PMI 
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In questo campo il ritardo italiano è consistente, come pure il potenziale di recupero, le 
proposte che si avanzano riguardano la messa a sistema di incentivi di derivazione 
pubblica (credito di imposta, quota di payback per la ricerca biotech, uso flessibile 
del prezziario dei farmaci innovativi), individuazione di alcune piattaforme 
strategiche della ricerca universitaria in cui concentrare competenze e risorse 
umane e finanziarie, anche comunitarie, attrazione di private equity specializzati 
nella partecipazione di rischio a imprese high tech e strumenti di facilitazione anche 
normativa per la generazione di spin off e PMI. 
In merito al credito d’imposta non va agevolato quello incrementale, che premia chi 
fa poca ricerca, ma quello di chi investe in ricerca. 
In una proposta ci si è spinti a ipotizzare una sorta di legge Sabatini, nata per sostenere 
(egregiamente) le innovazioni nell’industria manifatturiera, dedicata alle start up e alle 
piccole imprese dell’high tech farmaceutico e biotecnologico. 
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▪ Finanziare formazione e permanenza in Italia dei giovani ricercatori (Brain 
maintenance) in un settore di High Technology e di grande occupazione femminile 
e con ricaduta sulla ricerca clinica 
!
La quantità e soprattutto la qualità dei giovani ricercatori italiani è già oggi di altissimo 
profilo, prova ne sia che si affermano ovunque anche nei processi di emigrazione (brain 
drain). Pertanto risulta di primaria importanza aumentare i loro redditi e, soprattutto, 
allargare il repertorio di opportunità sia come dipendenti sia come attivatori di percorsi 
imprenditoriali. E’ stato rilevato che nei cluster di successo sono molto presenti anche i 
servizi specializzati che intermediano sia il rapporto tra Università e imprese, sia tra 
imprese e mercato. Inoltre, nel nostro Paese esistono straordinari esempi di ricerca 
clinica privata, per la quale vanno messi a sistema facilitazioni normative e fiscali per 
sostenere concretamente lo sviluppo della loro attività. 
!
RICERCA E STUDI CLINICI 
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▪ Semplificazione delle procedure per condurre sperimentazioni 
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L’Italia ha tempi di autorizzazione degli studi clinici che sono tripli rispetto alla Gran 
Bretagna e doppi di Belgio e Germania. Ciò dipende dalla farraginosità burocratica e 
dall’organizzazione del lavoro delle autorità competenti in materia. E’ un gap 
dannosissimo perché scoraggia la sperimentazione e, quindi, l’innovazione. Un obiettivo 
da porsi è introdurre delle procedure e qualificare i processi decisionali in modo da 
conseguire i tempi della Gran Bretagna. 
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▪ Riduzione del numero di Comitati Etici e velocizzazione decisionale per creare 
maggiore competitività del Sistema-Italia in Europa 
! 
Si propone un sistema procedurale basato sul messo tra adaptive licensing e vigilanza 
immediata sull’innovazione. La lentezza del sistema Italia è infatti duplice, sia ex ante, 
per le autorizzazioni, sia ex post, per il controllo. Le due forme di rallentamento sono 
collegate; infatti, la presunzione di svolgere verifiche efficaci ex ante richiede tempi 
che potrebbero essere drasticamente abbattuti con la vigilanza immediata ex post. Una 
strada può essere quella della rapida immissione sul mercato del farmaco e una vigilanza 
esercitata in tempi estremamente ravvicinati, quelli minimi per una comparazione sugli 
effetti. 
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▪ Ribilanciamento del ruolo Nazionale verso Locale (titolo V) 
! 
La proposta del punto precedente riguarda tutto l’apparato normativo e amministrativo. 
Siamo in un settore in cui persino l’Europa vanta dei ritardi, per cui non ha alcun senso 
qualunque forma di “federalismo farmaceutico”. Nella revisione del titolo V, che va 
accuratamente disegnata, per questo ambito, in rapporto alle competenze Stato-Regioni 
in materia sanitaria, va omogeneizzato ogni dispositivo relativo alle autorizzazioni delle 
sperimentazioni e ai processi di industrializzazione dei farmaci innovativi. Se alcuni 
modelli regionali hanno funzionato bene, p. es. la Toscana che ha conseguito il 
raddoppio di clinical trials assegnati, se ne certifichino le ragioni e li si utilizzino per 
provvedimenti generali.
Dal punto di vista normativo il difetto maggiore è che a leggi generaliste seguono con 
tempi molto lunghi decreti attuativi minutamente dettagliati e di complessa attuazione. 
Va semplificato anche questo doppio livello, oltre a scrivere norme più semplici. 
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▪ Incentivazione e snellimento degli accreditamenti per sviluppare Fase I e Fase II 
della ricerca clinica 
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La ricerca clinica è strategica sia per le ricadute sulla pratica clinica nel SSN sia per la 
spinta all’innovazione dei prodotti farmaceutici. L’attrazione di clinical trials si fonda 
sia sugli input del primo che dell’industria. C’è bisogno di strutturare forme di 
collaborazione tra il sistema sanitario e l’industria farmaceutica per rafforzare 
l’attrattività di clinical trials. La convergenza riguarda le competenze scientifiche, 
quelle cliniche e quelle industriali. 
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FILIERA PRODUTTIVA 
! 
▪ Riconoscimento e sostegno della piattaforma manifatturiera farmaceutica con alto 
fattore moltiplicativo nel reddito 
! 
Il settore va inserito sia nel PON 2014 – 2016 sia nel quadro delle priorità 
programmatiche italiane di Horizon 2020. Questa è la premessa per il processo 
programmatorio che ne dovrebbe discendere. Si è inoltre posto l’accento su come 
vadano evidenziate le domande prioritarie dei pazienti, i quali in forma associativa, 
devono concorrere partecipando attivamente alle scelte (patologie oncologiche, 
neurovegetative, patologie croniche e rare). Contestualmente vanno evidenziate le 
competenze core del sistema industriale nazionale che vanno presidiate con sostegni 
derivanti anche dalla programmazione pubblica. 
! 
▪ Incentivazione del rimpatrio di produzioni chimico-farmaceutiche 
! 
La tendenza al reshoring è in atto, evidentemente il contesto italiano presenta alcuni 
fattori di convenienza localizzativa superiori agli altri grandi Paesi europei e ad altri a 
noi confinanti. Va inteso quali sono questi vantaggi localizzativi, se nelle caratteristiche 
del mercato interno oppure, come suggerisce l’aumento verticale delle esportazioni, il 
rapporto tra qualità e costo del lavoro. 
! 
▪ Che hanno caratteristiche di alta qualità di prodotto e di processo
! 
In questo caso evidentemente la qualità dei lavoratori che arrivano dalle scuole e 
università è un elemento di forza. Le incentivazioni vanno studiate sul piano fiscale e 
colmando il gap nella semplificazione normativa. 
!
RAPPORTO CON LE ISTITUZIONI 
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▪ Snellimento e velocizzazione delle prassi burocratiche per accelerare la 
validazione ed il time-to-market dei prodotti e degli impianti; 
! 
Si propone un sistema procedurale basato sul messo tra adaptive licensing e vigilanza 
immediata. La lentezza del sistema Italia è infatti duplice, sia ex ante, per le 
autorizzazioni, sia ex post, per il controllo. Le due forme di rallentamento sono 
collegate; infatti, la presunzione di svolgere verifiche efficaci ex ante richiede tempi 
che potrebbero essere drasticamente abbattuti con la vigilanza immediata ex post. 
Una strada può essere quella della rapida immissione sul mercato del farmaco e una 
vigilanza esercitata in tempi estremamente ravvicinati, quelli minimi per una 
comparazione sugli effetti. 
! 
▪ Superamento delle incertezze interpretative dovute alla frammentazione degli 
attori decisionali per dare maggiore competitività al Sistema-Italia in Europa; 
! 
Si evidenzia il fatto che allo stato non esiste un “luogo decisionale” competente per fare 
questo. La principale premessa di una politica industriale efficace consiste nella 
definizione di un ambito istituzionale titolato alla governance. Esso deve avere natura 
interministeriale (MISE, Ministero della Salute e Ministero della Ricerca Scientifica), deve 
integrarsi con alcuni programmi di sviluppo regionali, ovviamente delle Regioni dove 
insistono importanti insediamenti del farmaceutico, deve raccogliere le principali 
istanze di domanda “dal basso” (associazionismo di pazienti) e, infine, deve costruire gli 
indirizzi della programmazione attraverso una consultazione efficace di tutti gli 
stakeholders: Università, centri di ricerca pubblici e privati, imprese. 
! 
▪ Algoritmi chiari e trasparenti per la definizione dei prezzi e dei tempi di rimborso 
per attrarre investimenti e investitori esteri ne Paese; 
! 
▪ Sostegno a nuovi modelli di “Total Caring” che riconoscano ruolo al Disease 
management e all’assistenza domiciliare; 
! 
Siamo in una fase in cui sono attivamente perseguiti dei nuovi modelli per l’assistenza 
domiciliare ai non autosufficienti affetti da patologie croniche. La ricerca e la pratica
clinica a questo livello hanno enormi potenziali di sviluppo in relazione all’innovazione 
dei prodotti farmaceutici. Il successo di questi modelli consiste nel programmare una 
medicina territoriale di iniziativa e non di attesa, con una stretta interdipendenza tra le 
diverse figure mediche e professionali che intervengono nell’azione assistenziale in una 
sorta di filiera integrata che va dall’ospedale fino all’Associazione del Paziente. Il 
ricorso ai farmaci deve essere integrato a sua volta con coerenze cliniche assimilabili 
alla medicina ospedaliera. 
!
! 
▪ Creare un quadro approvativo uniforme e stabile nelle certezze dei tempi e dei 
costi omogeneo in tutte le Regioni. 
! 
La proposta del punto precedente riguarda tutto l’apparato normativo e amministrativo. 
Siamo in un settore in cui persino l’Europa vanta dei ritardi, per cui non ha alcun senso 
qualunque forma di “federalismo farmaceutico”. Nella revisione del titolo V, che va 
accuratamente disegnata, per questo ambito, in rapporto alle competenze Stato-Regioni 
in materia sanitaria, va omogeneizzato ogni dispositivo relativo alle autorizzazioni delle 
sperimentazioni e ai processi di industrializzazione dei farmaci innovativi. Se alcuni 
modelli regionali hanno funzionato bene, p. es. la Toscana che ha conseguito il 
raddoppio di clinical trials assegnati, se ne certifichino le ragioni e li si utilizzino per 
provvedimenti generali. 
Dal punto di vista normativo il difetto maggiore è che a leggi generaliste seguono con 
tempi molto lunghi decreti attuativi minutamente dettagliati e di complessa attuazione. 
Va semplificato anche questo doppio livello, oltre a scrivere norme più semplici.

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Finanziamenti Horizon 2020
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Atti del forum

  • 1. ATTI DEL FORUM ! ! ! RICERCA ! ▪ Creare un modello di drug discovery satellitare capace di superare le barriere dimensionali dei players in Italia ! Il cambiamento delle strategie di Ricerca & Sviluppo, non più internalizzate per gli alti costi e gli altissimi rischi di fallimento stanno inducendo il ricorso all’open innovation: attività di monitoraggio sistematico di start up, piccole imprese, laboratori e centri di ricerca pubblici e privati che possiedono know how relativo ai sentieri di ricerca e innovazione perseguiti dalle aziende maggiori. Queste poi possono procedere con partenariati, acquisizioni o contratti a programma/progetto. Assodato che la ricerca italiana è competitiva e che l’industria farmaceutica è di qualità si tratta di creare alcuni “ponti scorrevoli” tra i due mondi. Ci può essere scambio di personale, dottorati in azienda a finanziamento congiunto, dottorati in laboratorio su progetti mirati, servizi di intermediazione sostenuti da finanziamenti a fondo perduto o defiscalizzazioni mirate. L’obiettivo è quello di creare permeabilità e flusso di competenze tra l’Università e l’industria. E’ del tutto evidente che in una logica “nazionale” questo significa soprattutto che almeno le Università e i centri di ricerca pubblici e privati orientino le loro attività promuovendo spin off e start up conoscendo quali sono i fabbisogni di sapere delle aziende leader. Per realizzare un orientamento efficace degli investimenti in ricerca scientifica nelle nicchie da presidiare del sistema Italia si propongono i contratti di programma tra MISE e gruppi leader, credito di imposta sulle operazioni di “acquisizione e sviluppo” e indirizzo ai fondi EU dedicati (Horizon 2020). ! ▪ Sostenere la collaborazione Accademia-Industria nel transfer technology, dalla fase studio e brevetto alla fase di industrializzazione (e commercializzazione) !
  • 2. Dal lato dell’Università è indispensabile un programma di reclutamento di competenze non solo disciplinari in senso farmacologico, ma specializzate in funzioni di integrazione della filiera dall’Accademia all’Industria: facilitatori, organizzatori sistemici, ma anche statistici, ingegneri gestionali, veri e propri Reasearch Manager. Inoltre viene rilevato che la singola Università non dispone della massa critica per trasferire attività di ricerca alle imprese. Si propone di costituire un consorzio tra Università per gestire le attività di transfer technology. Ancora in riferimento alle Università si pone il problema di un riequilibrio delle carriere accademiche tra i ricercatori “puri” le cui pubblicazioni internazionali sono sopra media e i ricercatori “applicati” nell’industrializzazione di brevetti e scoperte innovative, oggi quasi del tutto marginali nell’Accademia italiana. Uno strumento di incentivazione quale ad esempio il “Patent Box” inglese applicato anche ai ricercatori potrebbe incentivare tale cambiamento di approccio. ! ! ▪ Orientare la Ricerca nello sviluppo di Biofarmaceutiche e Biotecnologie promuovendo spin off e PMI ! In questo campo il ritardo italiano è consistente, come pure il potenziale di recupero, le proposte che si avanzano riguardano la messa a sistema di incentivi di derivazione pubblica (credito di imposta, quota di payback per la ricerca biotech, uso flessibile del prezziario dei farmaci innovativi), individuazione di alcune piattaforme strategiche della ricerca universitaria in cui concentrare competenze e risorse umane e finanziarie, anche comunitarie, attrazione di private equity specializzati nella partecipazione di rischio a imprese high tech e strumenti di facilitazione anche normativa per la generazione di spin off e PMI. In merito al credito d’imposta non va agevolato quello incrementale, che premia chi fa poca ricerca, ma quello di chi investe in ricerca. In una proposta ci si è spinti a ipotizzare una sorta di legge Sabatini, nata per sostenere (egregiamente) le innovazioni nell’industria manifatturiera, dedicata alle start up e alle piccole imprese dell’high tech farmaceutico e biotecnologico. ! ▪ Finanziare formazione e permanenza in Italia dei giovani ricercatori (Brain maintenance) in un settore di High Technology e di grande occupazione femminile e con ricaduta sulla ricerca clinica !
  • 3. La quantità e soprattutto la qualità dei giovani ricercatori italiani è già oggi di altissimo profilo, prova ne sia che si affermano ovunque anche nei processi di emigrazione (brain drain). Pertanto risulta di primaria importanza aumentare i loro redditi e, soprattutto, allargare il repertorio di opportunità sia come dipendenti sia come attivatori di percorsi imprenditoriali. E’ stato rilevato che nei cluster di successo sono molto presenti anche i servizi specializzati che intermediano sia il rapporto tra Università e imprese, sia tra imprese e mercato. Inoltre, nel nostro Paese esistono straordinari esempi di ricerca clinica privata, per la quale vanno messi a sistema facilitazioni normative e fiscali per sostenere concretamente lo sviluppo della loro attività. !
  • 4. RICERCA E STUDI CLINICI ! ▪ Semplificazione delle procedure per condurre sperimentazioni ! L’Italia ha tempi di autorizzazione degli studi clinici che sono tripli rispetto alla Gran Bretagna e doppi di Belgio e Germania. Ciò dipende dalla farraginosità burocratica e dall’organizzazione del lavoro delle autorità competenti in materia. E’ un gap dannosissimo perché scoraggia la sperimentazione e, quindi, l’innovazione. Un obiettivo da porsi è introdurre delle procedure e qualificare i processi decisionali in modo da conseguire i tempi della Gran Bretagna. ! ▪ Riduzione del numero di Comitati Etici e velocizzazione decisionale per creare maggiore competitività del Sistema-Italia in Europa ! Si propone un sistema procedurale basato sul messo tra adaptive licensing e vigilanza immediata sull’innovazione. La lentezza del sistema Italia è infatti duplice, sia ex ante, per le autorizzazioni, sia ex post, per il controllo. Le due forme di rallentamento sono collegate; infatti, la presunzione di svolgere verifiche efficaci ex ante richiede tempi che potrebbero essere drasticamente abbattuti con la vigilanza immediata ex post. Una strada può essere quella della rapida immissione sul mercato del farmaco e una vigilanza esercitata in tempi estremamente ravvicinati, quelli minimi per una comparazione sugli effetti. ! ! ▪ Ribilanciamento del ruolo Nazionale verso Locale (titolo V) ! La proposta del punto precedente riguarda tutto l’apparato normativo e amministrativo. Siamo in un settore in cui persino l’Europa vanta dei ritardi, per cui non ha alcun senso qualunque forma di “federalismo farmaceutico”. Nella revisione del titolo V, che va accuratamente disegnata, per questo ambito, in rapporto alle competenze Stato-Regioni in materia sanitaria, va omogeneizzato ogni dispositivo relativo alle autorizzazioni delle sperimentazioni e ai processi di industrializzazione dei farmaci innovativi. Se alcuni modelli regionali hanno funzionato bene, p. es. la Toscana che ha conseguito il raddoppio di clinical trials assegnati, se ne certifichino le ragioni e li si utilizzino per provvedimenti generali.
  • 5. Dal punto di vista normativo il difetto maggiore è che a leggi generaliste seguono con tempi molto lunghi decreti attuativi minutamente dettagliati e di complessa attuazione. Va semplificato anche questo doppio livello, oltre a scrivere norme più semplici. !
  • 6. ! ▪ Incentivazione e snellimento degli accreditamenti per sviluppare Fase I e Fase II della ricerca clinica ! La ricerca clinica è strategica sia per le ricadute sulla pratica clinica nel SSN sia per la spinta all’innovazione dei prodotti farmaceutici. L’attrazione di clinical trials si fonda sia sugli input del primo che dell’industria. C’è bisogno di strutturare forme di collaborazione tra il sistema sanitario e l’industria farmaceutica per rafforzare l’attrattività di clinical trials. La convergenza riguarda le competenze scientifiche, quelle cliniche e quelle industriali. ! FILIERA PRODUTTIVA ! ▪ Riconoscimento e sostegno della piattaforma manifatturiera farmaceutica con alto fattore moltiplicativo nel reddito ! Il settore va inserito sia nel PON 2014 – 2016 sia nel quadro delle priorità programmatiche italiane di Horizon 2020. Questa è la premessa per il processo programmatorio che ne dovrebbe discendere. Si è inoltre posto l’accento su come vadano evidenziate le domande prioritarie dei pazienti, i quali in forma associativa, devono concorrere partecipando attivamente alle scelte (patologie oncologiche, neurovegetative, patologie croniche e rare). Contestualmente vanno evidenziate le competenze core del sistema industriale nazionale che vanno presidiate con sostegni derivanti anche dalla programmazione pubblica. ! ▪ Incentivazione del rimpatrio di produzioni chimico-farmaceutiche ! La tendenza al reshoring è in atto, evidentemente il contesto italiano presenta alcuni fattori di convenienza localizzativa superiori agli altri grandi Paesi europei e ad altri a noi confinanti. Va inteso quali sono questi vantaggi localizzativi, se nelle caratteristiche del mercato interno oppure, come suggerisce l’aumento verticale delle esportazioni, il rapporto tra qualità e costo del lavoro. ! ▪ Che hanno caratteristiche di alta qualità di prodotto e di processo
  • 7. ! In questo caso evidentemente la qualità dei lavoratori che arrivano dalle scuole e università è un elemento di forza. Le incentivazioni vanno studiate sul piano fiscale e colmando il gap nella semplificazione normativa. !
  • 8. RAPPORTO CON LE ISTITUZIONI ! ▪ Snellimento e velocizzazione delle prassi burocratiche per accelerare la validazione ed il time-to-market dei prodotti e degli impianti; ! Si propone un sistema procedurale basato sul messo tra adaptive licensing e vigilanza immediata. La lentezza del sistema Italia è infatti duplice, sia ex ante, per le autorizzazioni, sia ex post, per il controllo. Le due forme di rallentamento sono collegate; infatti, la presunzione di svolgere verifiche efficaci ex ante richiede tempi che potrebbero essere drasticamente abbattuti con la vigilanza immediata ex post. Una strada può essere quella della rapida immissione sul mercato del farmaco e una vigilanza esercitata in tempi estremamente ravvicinati, quelli minimi per una comparazione sugli effetti. ! ▪ Superamento delle incertezze interpretative dovute alla frammentazione degli attori decisionali per dare maggiore competitività al Sistema-Italia in Europa; ! Si evidenzia il fatto che allo stato non esiste un “luogo decisionale” competente per fare questo. La principale premessa di una politica industriale efficace consiste nella definizione di un ambito istituzionale titolato alla governance. Esso deve avere natura interministeriale (MISE, Ministero della Salute e Ministero della Ricerca Scientifica), deve integrarsi con alcuni programmi di sviluppo regionali, ovviamente delle Regioni dove insistono importanti insediamenti del farmaceutico, deve raccogliere le principali istanze di domanda “dal basso” (associazionismo di pazienti) e, infine, deve costruire gli indirizzi della programmazione attraverso una consultazione efficace di tutti gli stakeholders: Università, centri di ricerca pubblici e privati, imprese. ! ▪ Algoritmi chiari e trasparenti per la definizione dei prezzi e dei tempi di rimborso per attrarre investimenti e investitori esteri ne Paese; ! ▪ Sostegno a nuovi modelli di “Total Caring” che riconoscano ruolo al Disease management e all’assistenza domiciliare; ! Siamo in una fase in cui sono attivamente perseguiti dei nuovi modelli per l’assistenza domiciliare ai non autosufficienti affetti da patologie croniche. La ricerca e la pratica
  • 9. clinica a questo livello hanno enormi potenziali di sviluppo in relazione all’innovazione dei prodotti farmaceutici. Il successo di questi modelli consiste nel programmare una medicina territoriale di iniziativa e non di attesa, con una stretta interdipendenza tra le diverse figure mediche e professionali che intervengono nell’azione assistenziale in una sorta di filiera integrata che va dall’ospedale fino all’Associazione del Paziente. Il ricorso ai farmaci deve essere integrato a sua volta con coerenze cliniche assimilabili alla medicina ospedaliera. !
  • 10. ! ▪ Creare un quadro approvativo uniforme e stabile nelle certezze dei tempi e dei costi omogeneo in tutte le Regioni. ! La proposta del punto precedente riguarda tutto l’apparato normativo e amministrativo. Siamo in un settore in cui persino l’Europa vanta dei ritardi, per cui non ha alcun senso qualunque forma di “federalismo farmaceutico”. Nella revisione del titolo V, che va accuratamente disegnata, per questo ambito, in rapporto alle competenze Stato-Regioni in materia sanitaria, va omogeneizzato ogni dispositivo relativo alle autorizzazioni delle sperimentazioni e ai processi di industrializzazione dei farmaci innovativi. Se alcuni modelli regionali hanno funzionato bene, p. es. la Toscana che ha conseguito il raddoppio di clinical trials assegnati, se ne certifichino le ragioni e li si utilizzino per provvedimenti generali. Dal punto di vista normativo il difetto maggiore è che a leggi generaliste seguono con tempi molto lunghi decreti attuativi minutamente dettagliati e di complessa attuazione. Va semplificato anche questo doppio livello, oltre a scrivere norme più semplici.