1. numero 137 gennaio/febbraio 2013 16
Quale sicurezza per quali alimenti?
Grazie alla crescente importanza attribuita alle
questioni di sicurezza igienico-sanitaria degli
alimenti da parte dei consumatori, la questione
della “food safety” ha assunto negli ultimi anni
una rinnovata centralità. Questa rilevanza
conferisce – in filigrana – un indiscusso potere
alle Istituzioni che, sulla base delle proprie
competenze scientifiche, devono ispirare,
dare attivazione o vigilare sul corpo di norme
che governano la sicurezza del sistema
agroalimentare.
Elementi che accomunano l’EFSA al Codex
Alimentarius, organismo tecnico congiunto
di FAO e Organizzazione Mondiale della Sanità.
di Luca Colombo
FIRAB
La sfida della qualità del cibo, del suo valore nu-
trizionale e dell’assenza di agenti tossici o nocivi
ha numerose implicazioni sociali ed ambientali,
oltre che commerciali e richiede di essere gestita
con grande attenzione, richiamando l’esigenza
di politiche appropriate per un sistema agroali-
mentare composito e riccamente diversificato
tra territori, dimensioni aziendali, processi pro-
duttivi, sistemi distributivi, esigenze di consumo.
Data l’importanza crescente, riconosciuta dai
consumatori – in primis quelli europei – alle que-
stioni di sicurezza igienico-sanitaria degli ali-
menti, come OGM, pesticidi, ormoni, additivi
ammessi, tollerati o più raramente proibiti, o le
stesse farine animali vietate e, di recente, riabi-
litate, la questione della food safety ha assunto
negli ultimi anni una rinnovata centralità. Non
ultimo per il fatto che le regole sanitarie deter-
minano una selezione darwiniana delle aziende
sulla base degli standard industriali da garantire
o degli artifizi tecnologici che vengono consentiti
nel corso della produzione agricola o della tra-
sformazione.
L’EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Ali-
mentare, fu istituita dieci anni fa, proprio a se-
guito dello scandalo mucca pazza, per garantire
a livello comunitario un presidio scientifico che
assicurasse un’efficace sistema decisionale in
tema di gestione del rischio. Cinquecento milioni
di cittadini europei sono direttamente interessati
al suo lavoro, ma lo stesso vale per 12 milioni di
aziende agricole dell’UE e per l’altrettanto nutrito
corpo di imprese agroalimentari e di ristorazione.
Si tratta di un composito e articolato universo di
aziende che producono, manipolano e introdu-
cono nel sistema di consumo alimenti molto di-
versi tra loro per genesi, natura e destinazione.
Il tema si pone in maniera analoga anche a livello
internazionale. Nella governance mondiale del
sistema agroalimentare, un ruolo oscuro, ma di
estrema importanza, è infatti svolto dal Codex
Alimentarius, organismo creato nel 1962 con-
giuntamente da FAO e Organizzazione Mondiale
della Sanità con il mandato di elaborare un corpo
di norme relative a produzione e vendita degli
alimenti al fine di agevolarne il commercio inter-
primopianospeciale Bio e sicurezza alimentare
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nazionale e di elevare le garanzie igienico-sani-
tarie per i consumatori. Con il varo nel 1995
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio
(anche nota come WTO), il Codex (il cui segre-
tariato è a Roma presso la FAO) assume una ri-
levanza più stringente in quanto diviene sistema
di riferimento per quell’organo di arbitrato inter-
nazionale gergalmente chiamato il “Tribunale
dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”.
Nel solo ambito agroalimentare, dal 1995 alla
fine del 2008, presso il WTO sono state adite
113 vertenze rispetto a molte delle quali il Codex
ha rappresentato il principale strumento tecnico
cui ricorrere per giungere a giudizio.
Nonostante ciò il Codex Alimentarius non è noto
come il suo mandato lascerebbe presumere, pur
avendo adottato più di 200 standard su com-
modities, alimenti e qualche migliaio di valori-li-
mite per pesticidi, contaminanti, additivi alimen-
tari e farmaci veterinari. Con la funzione assunta
in seno al WTO, le negoziazioni su standard e li-
nee guida svolte presso il Codex sono divenute
lunghe e difficili, come testimonia la stessa trat-
tativa sull’etichettatura degli alimenti transgenici
avviata nel 1993 e chiusasi solo nel 2011 a causa
del fronteggiarsi di interessi e filosofie divergenti
fra Europa e Stati Uniti, capofila di due opposti
schieramenti.
Tra le più famose vertenze che il WTO è stato
chiamato a dirimere, vi sono quelle relative alle
carni bovine ottenute da animali trattati con or-
moni e quella sugli OGM che hanno visto il
blocco europeo contrapposto a quello Nord e
Sud-americano (Canada, USA e Argentina). Nel
caso della carne agli ormoni, proprio gli standard
adottati in seno al Codex Alimentarius hanno
rappresentato un termine di riferimento. Si tratta
di due casi che mettono in evidenza in maniera
lampante come la scelta di un modello di pro-
duzione meno esposto all’alterazione possa ca-
dere ostaggio di deliberazioni tarate sugli inte-
ressi commerciali prevalenti e sulla letteratura
scientifica che li puntella.
EFSA e Codex Alimentarius rischiano di minare
in forma surrettizia la sovranità alimentare dei
Paesi europei ed extra-europei, conformando
processi e prodotti alimentari in funzione del-
l’adesione a procedure standardizzate di pro-
duzione e commercializzazione del cibo. Stan-
dard, valutazioni di rischio e deliberazioni varati
da questi organi di governance scientifica sugli
alimenti – stringenti o vaghi a seconda degli in-
teressi delle grandi aziende agroalimentari e chi-
miche che li condizionano – sono basati sul pre-
supposto dell’evidenza scientifica. Tale
riferimento monolitico alla scienza si espone
però ad alcune critiche in quanto la letteratura
scientifica risulta, talvolta, ispirata o orientata a
soddisfare specifici settori economici, di cui as-
sorbe gli interessi ed assume un carattere prio-
ritario rispetto a considerazioni non squisita-
mente scientifiche, ma di grande rilevanza so-
ciale, etica, religiosa e culturale che possono
essere sfiorate dal processo di definizione di re-
gole sulla produzione, trasformazione e confe-
zionamento degli alimenti.
Per quanto riguarda l’Europa, nei suoi 10 anni
di esistenza, l’EFSA si è, infatti, caratterizzata
per un indubbio fiancheggiamento di un unico
modello, quello agroindustriale che, a monte e
a valle dell’attività primaria, tende a standardiz-
zare il sistema produttivo senza necessariamente
assicurare qualità e sanità del cibo. Questa com-
plicità ha assunto anche la forma di palesi con-
flitti di interesse del personale che, a più livelli,
ha prestato servizio per l’Agenzia, inficiando
l’obiettività scientifica dei suoi processi decisio-
nali. Ciò vale per la valutazione del rischio OGM,
per quella dei pesticidi o dell’aspartame, un dol-
cificante la cui innocuità è stata in più occasioni
scientificamente opinata. Casi che di seguito
verranno approfonditi.
Aree di pertinenza
del Codex Alimentarius
Per comprendere quali e quanti interessi tocchi il processo di standardizzazione
in atto presso il Codex Alimentarius si può utilizzare l’elenco dei Ministeri che nei
singoli Paesi sono deputati a seguire i suoi lavori e ne costituiscono i referenti:
Agricoltura/Alimentazione/Sviluppo Rurale (Albania, Angola, Argentina, Cina,
Italia, Nuova Zelanda, USA)
Economia (Algeria, Yemen)
Sanità (Cile, Germania, Mongolia, Russia, Spagna, Svizzera)
Esteri (Belgio, Brasile, Polonia)
Industria e Commercio (Camerun, Iran, Israele, Giordania, Finlandia)
Commercio estero (Portogallo)