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36 
5 novembre 
2014 
Direttore responsabile: 
Giovanni Ajassa 
tel. 0647028414 
giovanni.ajassa@bnlmail.com 
Banca Nazionale del Lavoro 
Gruppo BNP Paribas 
Via Vittorio Veneto 119 
00187 Roma 
Autorizzazione del Tribunale 
di Roma n. 159/2002 
del 9/4/2002 
Le opinioni espresse 
non impegnano la 
responsabilità 
della banca. 
A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi. 
L’elevato livello di indebitamento del settore privato e di quello pubblico è indicato come principale responsabile dello sfavorevole andamento del credito e della bassa crescita economica. Il processo di deleveraging di famiglie e imprese iniziato all’indomani della crisi nei paesi Uem risulta correggere solo parzialmente l’intenso incremento registrato nel 2000-2008. Diversi studi concordano nell’indicare tempi di rientro piuttosto lunghi. 
Anche in Italia l’andamento del credito soffre la debolezza della congiuntura: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9%. Si colgono però alcuni segnali positivi dal progressivo miglioramento del tasso di crescita delle erogazioni alle famiglie e dalle aspettative favorevoli su offerta e domanda di credito nei prossimi mesi. Per le Pmi si amplia ulteriormente l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia. 
Debiti finanziari delle famiglie e delle imprese 
(in % del PIL) 
15311405010015020025030035020102014-T1 
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
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5 novembre 2014 
Editoriale: Verso il piano Juncker 
Giovanni Ajassa  06-47028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com 
Mondo: metriche di PIL e finanza 
(valori in migliaia di miliardi di dollari) 
385659751242302422831975956047103218258469932003200720092013PILFinanza "primaria"DerivatiTotale finanzadollari di finanza per 1 dollaro di PIL81415132007200920132003 
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati FMI e BRI 
Nel gergo anglofilo della finanza mille miliardi fanno un trilione. Per mille trilioni, ovvero per un milione di miliardi, un termine consolidato e condiviso verosimilmente ancora non esiste. Gli addetti ai lavori farebbero bene a mettersi d’accordo in fretta. Già alla fine del 2013, infatti, la somma di titoli, azioni, attivi bancari e derivati al valore nozionale ha raggiunto i 998.000 miliardi di dollari. Siamo a un soffio dal “quadrilione”. Mai nella storia c’è stata tanta finanza nel Mondo. Allo stesso tempo, mai come oggi tanto si è sofferto per la carenza di investimenti produttivi. Una carenza di investimenti che è alla radice del problema globale e, soprattutto europeo, di crescita. I numeri sulla carenza di investimenti in Europa li ha dati di recente il neo-presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. Rispetto ai massimi ante-crisi nel complesso oggi mancano all’appello almeno 500 miliardi. Guardando dentro i totali e facendo qualche veloce ricognizione sui nuovi dati ESA2010 diffusi da Eurostat si scopre che anche in segmenti strategici della formazione del capitale fisso come gli investimenti in macchinari persino la Germania è oggi sotto rispetto ai valori pre-crisi. Il gap tedesco ammonta a dodici punti percentuali. Quello italiano è di una volta più grande. 
La saggezza economica dei tempi andati insegnava che, in condizioni di cronica stagnazione e di endemica incertezza, far ripartire gli investimenti non è cosa semplice. Manca infatti il cosiddetto “acceleratore” della domanda prodotta dal mercato, che oggi soffre gli uno-due ripetuti di crisi e sfiducia. Senza la spinta dei consumi c’è meno voglia di rischiare sul domani. Si preferisce ammortizzare gli impianti e non rinnovare i macchinari. Spremere le tecnologie esistenti. Accumulare flussi di cassa che possano servire a ridurre i debiti. La stessa abbondanza di finanza a buon mercato non sembra fornire una leva conveniente per l’accumulazione di nuovo capitale produttivo. In America è servita piuttosto a finanziare i riacquisti di azioni proprie, i cosiddetti “buy- back” che secondo qualificate stime sono ammontati a circa due trilioni di dollari negli
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anni intercorsi dal 2009 ad oggi. È l’immagine di una finanza che disincentiva gli investimenti produttivi. Complice la veduta corta, la concentrazione sui guadagni a breve termine piuttosto che lo sviluppo dei potenziali a lungo termine. Accade in America. In forme diverse succede anche in Europa e in Italia. Basti guardare alla crescita dei depositi delle nostre società non finanziarie che sono oggi del quindici per cento più elevati delle consistenze pre-crisi. Ancor più marcato è il fenomeno in Germania, dove i depositi delle imprese lo scorso agosto hanno superato i 460 miliardi di euro, oltre un terzo in più rispetto al 2008. Non è solo la conseguenza dei tassi più bassi. È l’espressione di una generale astenia degli investimenti che va curata in fretta. 
Quando l’acceleratore del mercato non funziona, per far ripartire gli investimenti ci vuole il moltiplicatore del pubblico. Questa è la cura semplice, ma collaudata che la saggezza economica e l’esperienza storica ci segnalano da tempo. Certo, non soldi buttati a pioggia, ma interventi mirati ed efficienti su infrastrutture, reti ed energia. Questa appare la logica sottesa all’importante piano europeo di investimenti annunciato dal neo-presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker. Entro fine anno si conosceranno i dettagli. Per il momento ne conosciamo l’importo. Trecento miliardi su un triennio equivalgono all’otto per mille del prodotto interno lordo dell’Unione europea rilevato lo scorso anno. Cento miliardi di rata annua del piano su un PIL di 13,6 trilioni di euro. Non è molto. È comunque una svolta rispetto al passato. Per accrescere le capacità moltiplicative dell’otto per mille del Piano Juncker si dovrà lavorare di fino sulle scelte economiche come sui meccanismi finanziari. Il Piano potrebbe rappresentare la prima pietra a fondamento di un debito pubblico europeo che superi i vincoli in tema di “debt-rule” espressi dal Fiscal Compact. Sarebbe un’occasione utile anche per riflettere sul significato da attribuire al concetto di sostenibilità dei debiti pubblici dei grandi paesi dell’Eurozona in un contesto globale dove la finanza ha raggiunto le dimensioni odierne. Oggi il debito pubblico italiano come quello tedesco e quello francese hanno valori assoluti, singolarmente presi, pari al due-tre per mille del “quadrilione” di dollari della finanza globale. Non è dal numeratore della debt-rule europea che vengono i rischi. È sulla ripresa degli investimenti e dello sviluppo che si gioca la partita della sostenibilità e della stabilità.
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Famiglie e imprese: riequilibrare i bilanci richiede tempo 
C. Russo  06-47028418 – carla.russo@bnlmail.com 
L’andamento del credito nell’area euro risente ancora della debolezza della congiuntura macroeconomica: a settembre scorso l’ammontare dei prestiti è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. La dinamica ha risentito soprattutto del calo del credito alle società non finanziarie (-2% a/a), flessione iniziata oltre due anni fa; più contenuto è risultato il contribuito negativo del settore famiglie (-0,5%). 
L’interazione tra lo sfavorevole andamento del credito e la bassa crescita economica è un argomento molto discusso alla luce del protrarsi di entrambi i fenomeni. L’elevato livello di indebitamento del settore pubblico e di quello privato è indicato come principale responsabile di questo circolo vizioso per il quale diversi studi prevedono tempi di rientro piuttosto lunghi. 
Il processo di deleveraging del settore privato iniziato all’indomani della crisi nei paesi Uem corregge solo parzialmente l’intenso incremento registrato nel 2000- 2008. Il miglioramento del rapporto tra indebitamento e Pil rilevato negli anni più recenti in diversi paesi per famiglie e imprese è infatti dovuto più a un’attenuazione delle erogazioni che a una diminuzione delle passività. 
Anche in Italia la debolezza della congiuntura continua a riflettersi sfavorevolmente sull’andamento dei prestiti: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9% con una flessione anche qui particolarmente marcata per le imprese (-3,5%) e più contenuta per le famiglie consumatrici (-0,4%). Non mancano però indicazioni positive: da marzo il tasso di crescita delle erogazioni alle famiglie è stabilmente crescente e le aspettative su offerta e domanda di credito nei prossimi mesi sono favorevoli. Per le Pmi si amplia ulteriormente l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia. 
Uem: molte economie condividono il trend negativo dei prestiti 
Le condizioni di accesso e la disponibilità di credito continuano a essere attentamente monitorate per i loro riflessi sull’andamento dell’attività economica nel suo complesso. Secondo le ultime rilevazioni, a settembre scorso nell’area euro la variazione annua dei prestiti al settore privato è stata del -1,2% in lieve miglioramento sia rispetto al mese precedente (-1,5%) sia a un anno prima (-1,8%) ma senza mostrare un’inversione decisa del segno negativo che si protrae da oltre due anni. Nell’ultimo anno terminante a settembre l’ammontare dei prestiti è stato di 200 miliardi inferiore a quello di un anno prima tornando ai valori di maggio 2008. Nel complesso dell’area euro lo stock dei prestiti, rispetto al picco massimo di settembre 2011, è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi. 
A settembre dieci paesi della Uem risultano in flessione, con un’ampia variabilità che spazia dal -10,2% della Slovenia al -0,3% della Francia, tendenze che confermano gli andamenti dei mesi precedenti. Per contro, nei paesi dove si registra una crescita, la dinamica varia dal +0,1% del Lussemburgo al +8,7% della Slovacchia; per la Germania la variazione è di poco superiore all’1%.
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5 novembre 2014 
Area euro: prestiti al settore privato 
(Consistenze in miliardi di euro e var. % a/a) 
10.581-1,2-4-20246810129.6009.80010.00010.20010.40010.60010.80011.00011.20011.4002008200920102011201220132014Consistenze in mld (sc. sx)Var. % a/a (sc. dx) 
Fonte: Bce 
Nell’area euro la flessione è stata trainata al ribasso soprattutto dall’andamento dei prestiti alle società non finanziarie (-2%) e in misura più contenuta da quelli alle famiglie (-0,5%), andamenti che si ritrovano in tutti i paesi in cui si è registrata una contrazione del credito. Laddove vi è invece stata una crescita dei prestiti, essa risulta guidata dalla dinamica dei prestiti alle famiglie. 
Uem: prestiti nei principali settori 
(var. % a/a) 
Prestiti per paesi 
(Settembre 2014, var. % a/a) 
-1,2-2,0-0,5-5051015202002200320042005200620072008200920102011201220132014TotaleSoc. non finanziarieFamiglie 
-20-15-10-5051015Soc. non finanziarieFamiglieTotale 
Fonte: Bce 
Fonte: Bce 
Andamento lento per il deleveraging di famiglie e imprese 
Se il protrarsi di un debole andamento dei finanziamenti sia più un problema di offerta oppure di domanda è un tema molto discusso in questi ultimi anni, perché in effetti il contesto macroeconomico offre spunti a favore sia della prima, sia della seconda spiegazione. Al centro del dibattito sono infatti sia la prudente politica delle erogazioni perseguita dagli istituti di credito, dovuta anche alla crescente rischiosità della clientela e alla necessità di adeguarsi ai parametri richiesti dalle autorità creditizie, sia il processo di deleveraging intrapreso da famiglie e imprese all’indomani dell’avvio della crisi e tutt’ora in corso. Gli effetti sull’economia del perdurare di ambedue i fenomeni vanno ben al di là della mera riduzione delle poste di bilancio dei rispettivi comparti. La carenza di credito e un indebolimento della domanda si alimentano infatti
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reciprocamente generando una spirale negativa che finisce per danneggiare molti aspetti della vita non solo dal punto di vista economico. 
Diversi studi1 indicano come il trend di riduzione delle passività sia destinato a proseguire in considerazione dell’elevato livello di indebitamento raggiunto prima della crisi sia dalle famiglie sia dalle imprese. In generale è interessante analizzare i motivi della diminuzione del rapporto tra passività e Pil, ovvero stabilire se si tratta di una reale progressiva riduzione dell’indebitamento (passive deleveraging) oppure di minori erogazioni (active deleveraging), o, ancora, di un calo del Pil minore di quello dei debiti stessi. Dalle motivazioni alla base dell’evoluzione del rapporto debiti/Pil scaturiscono infatti conseguenze diverse (seppure comunque negative): in generale, un calo nelle erogazioni produce effetti negativi sul valore delle attività con riflessi sfavorevoli sull’offerta di credito e per questa via su investimenti e occupazione mentre una riduzione delle passività già in essere determina una contrazione della domanda aggregata. Tra il 2008 e il 2013, Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia ed Estonia hanno visto una riduzione del livello di indebitamento delle proprie famiglie prevalentemente per una diminuzione delle erogazioni, evento che ha interessato anche i prestiti alle società non finanziarie, anche se in misura più contenuta. 
Nel complesso dei paesi euro al I trim. 2014,2 il rapporto debiti finanziari/PIL dell’insieme di famiglie e imprese è risultato in netto miglioramento ovunque, rispetto al picco massimo registrato tra il 2008 e il 2013. A fronte di un calo medio di 7 punti percentuali nell’area euro, si osservano riduzioni particolarmente significative in Lettonia (-52), Estonia (-47), Spagna (-31), Lituania e Malta (-28) e Irlanda (-22). In quasi tutti i paesi il calo è stato guidato dalla riduzione della componente relativa alle imprese, fatta eccezione per Irlanda, Portogallo e Paesi Bassi dove la contrazione ha riguardato soprattutto il settore famiglie. 
Differenziale tra il livello di indebitamento massimo nel periodo 2008-13 e il livello al 
I trim. 2014 
(in % del Pil; punti percentuali) 
-60-50-40-30-20-100Soc. non finanziarieFamiglieTotale 
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat 
Nel complesso gli aggiustamenti di bilancio finora realizzati da famiglie e imprese risultano essere contenuti se confrontati con l’aumento realizzatosi tra il 2002 e il 2010, 
1 Cfr F. Bornhorst e M. Ruiz Arranz, “Indebtedness and deleveraging in the euro area”, 2013 Article IV Consultation on euro area policies: Selected Issues IMF, Country report n. 13/232, Euro area policies, luglio; Quarterly report on the Euro area, Private sector deleveraging: where do we stand?, ottobre 2014. 
2 Dati Eurostat non consolidati serie nasq_f_bs riferiti ai presti a breve e a medio/lungo termine.
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periodo in cui il livello di indebitamento medio dell’area è passato dal 76% al 93% del Pil per le imprese e dal 52% al 67% per le famiglie. Per questo motivo diversi studi concordano nell’indicare come il rientro verso livelli di passività pre-crisi richieda tempi ancora lunghi (5-10 anni per le famiglie in presenza di una modesta crescita dei redditi e di un basso livello di inflazione) con riflessi negativi sulla crescita economica in generale. 
Debiti finanziari delle imprese 
(in % del PIL) 
Debiti finanziari delle famiglie 
(in % del PIL) 
050100150200250200520102014-T1 
020406080100120140200520102014-T1 
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat 
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat 
Un approfondimento del Fmi basato su studi precedenti indica come un livello di 10 p.p. superiore a soglie del ratio “debito/Pil” pari a 98 per le imprese e 48 per le famiglie, comporti in media un contributo negativo alla crescita dell’attività economica rispettivamente tra i 7-11 bp e tra gli 8-13 bp. 
Italia: prestiti ancora in flessione ma non mancano segnali positivi 
Anche nel nostro paese la debolezza della congiuntura continua a riflettersi sfavorevolmente sull’andamento dei prestiti: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9% con una flessione particolarmente marcata per le imprese (-3,5%), soprattutto per quelle di medie-grandi dimensioni (-3,7%); più contenuta invece la diminuzione del credito alle aziende piccole (-2,8%) e micro (-2,1%). In territorio negativo, anche se solo marginalmente, i prestiti alle famiglie consumatrici (-0,4%). 
Italia: andamento dei prestiti 
(var. % a/a) 
-6-5-4-3-2-1012345dic-11dic-12mar-13giusetdicmar-14giulugagoImprese medio-grandiImprese piccoleFamiglie produttriciFamiglie consumatrici 
Fonte: dati Banca d’Italia
8 
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Per far fronte alle esigenze di credito le imprese grandi sono ricorse ai collocamenti obbligazionari che nei primi otto mesi dell’anno sono stati pari a 12 miliardi portando lo stock a 119 mld (+12% a/a), mentre per le Pmi continua ad essere prezioso il ruolo del Fondo Centrale di Garanzia. A luglio scorso le domande accolte dal Fondo sono state 52.537 (+21% a/a), all’incirca il 70% di quelle accettate nell’intero 2013; dal 7 novembre inoltre il Fondo potrà garantire anche emissioni di minibond. 
Fondo Centrale di Garanzia: 
domande accolte 
(numero) 
12.88613.94724.60050.07655.20961.40877.23452.537 2007200820092010201120122013Gen.-lug. 2014 
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati MISE 
Nonostante la perdurante fase di difficoltà nell’andamento dei prestiti nel nostro paese, non mancano alcuni segnali di miglioramento. Da marzo scorso il tasso di crescita annuo delle erogazioni alle famiglie è tornato stabilmente positivo e indicazioni della recente indagine sulle condizioni del credito segnalano per i prossimi mesi aspettative favorevoli relativamente sia all’offerta (grazie a un allentamento dei criteri di concessione) sia alla domanda di imprese e famiglie. Nel complesso, poi, la posizione debitoria del settore privato italiano non finanziario si conferma tra le migliori nell’area euro pari al 114% del Pil rispetto ad un valore medio Uem superiore al 150%. 
Debiti finanziari 
delle famiglie e delle imprese 
(in % del PIL) 
15311405010015020025030035020102014-T1 
Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat
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5 novembre 2014 
Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori 
Indice Itraxx Eu Financial 
Indice Vix 
Fonte: Thomson Reuters 
Fonte: Thomson Reuters 
I premi al rischio rimangono su livelli storicamente bassi (65). 
L’indice Vix nell’ultima settimana rimane ai livelli precedenti. 
Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent 
(Usd per barile) 
Prezzo dell’oro 
(Usd l’oncia) 
Fonte: Thomson Reuters 
Fonte: Thomson Reuters 
Il tasso di cambio €/$ a 1,25. Il petrolio di qualità Brent quota $82 al barile. 
Il prezzo dell’oro quota 1.170 dollari l’oncia.
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Borsa italiana: indice Ftse Mib 
Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania 
(punti base) 
Fonte: Thomson Reuters 
Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters 
Il Ftse Mib nell’ultima settimana scende da 19.476 a 18.934 
I differenziali con il Bund sono pari a 251 pb per il Portogallo, 95 pb per l’Irlanda, 137 pb per la Spagna e 161 pb per l’Italia. 
Indice Baltic Dry 
Euribor 3 mesi 
(val. %) 
Fonte: Thomson Reuters 
Fonte: Thomson Reuters 
L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana continua a salire raggiungendo quota 1.484. 
L’euribor 3m resta sotto lo 0,10%. 
Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.

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  • 1. 36 5 novembre 2014 Direttore responsabile: Giovanni Ajassa tel. 0647028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com Banca Nazionale del Lavoro Gruppo BNP Paribas Via Vittorio Veneto 119 00187 Roma Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 159/2002 del 9/4/2002 Le opinioni espresse non impegnano la responsabilità della banca. A settembre scorso l’ammontare dei prestiti nell’area euro è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. Rispetto al picco massimo di settembre 2011, lo stock dei finanziamenti è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi. L’elevato livello di indebitamento del settore privato e di quello pubblico è indicato come principale responsabile dello sfavorevole andamento del credito e della bassa crescita economica. Il processo di deleveraging di famiglie e imprese iniziato all’indomani della crisi nei paesi Uem risulta correggere solo parzialmente l’intenso incremento registrato nel 2000-2008. Diversi studi concordano nell’indicare tempi di rientro piuttosto lunghi. Anche in Italia l’andamento del credito soffre la debolezza della congiuntura: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9%. Si colgono però alcuni segnali positivi dal progressivo miglioramento del tasso di crescita delle erogazioni alle famiglie e dalle aspettative favorevoli su offerta e domanda di credito nei prossimi mesi. Per le Pmi si amplia ulteriormente l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia. Debiti finanziari delle famiglie e delle imprese (in % del PIL) 15311405010015020025030035020102014-T1 Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Eurostat
  • 2. 2 5 novembre 2014 Editoriale: Verso il piano Juncker Giovanni Ajassa  06-47028414 giovanni.ajassa@bnlmail.com Mondo: metriche di PIL e finanza (valori in migliaia di miliardi di dollari) 385659751242302422831975956047103218258469932003200720092013PILFinanza "primaria"DerivatiTotale finanzadollari di finanza per 1 dollaro di PIL81415132007200920132003 Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati FMI e BRI Nel gergo anglofilo della finanza mille miliardi fanno un trilione. Per mille trilioni, ovvero per un milione di miliardi, un termine consolidato e condiviso verosimilmente ancora non esiste. Gli addetti ai lavori farebbero bene a mettersi d’accordo in fretta. Già alla fine del 2013, infatti, la somma di titoli, azioni, attivi bancari e derivati al valore nozionale ha raggiunto i 998.000 miliardi di dollari. Siamo a un soffio dal “quadrilione”. Mai nella storia c’è stata tanta finanza nel Mondo. Allo stesso tempo, mai come oggi tanto si è sofferto per la carenza di investimenti produttivi. Una carenza di investimenti che è alla radice del problema globale e, soprattutto europeo, di crescita. I numeri sulla carenza di investimenti in Europa li ha dati di recente il neo-presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. Rispetto ai massimi ante-crisi nel complesso oggi mancano all’appello almeno 500 miliardi. Guardando dentro i totali e facendo qualche veloce ricognizione sui nuovi dati ESA2010 diffusi da Eurostat si scopre che anche in segmenti strategici della formazione del capitale fisso come gli investimenti in macchinari persino la Germania è oggi sotto rispetto ai valori pre-crisi. Il gap tedesco ammonta a dodici punti percentuali. Quello italiano è di una volta più grande. La saggezza economica dei tempi andati insegnava che, in condizioni di cronica stagnazione e di endemica incertezza, far ripartire gli investimenti non è cosa semplice. Manca infatti il cosiddetto “acceleratore” della domanda prodotta dal mercato, che oggi soffre gli uno-due ripetuti di crisi e sfiducia. Senza la spinta dei consumi c’è meno voglia di rischiare sul domani. Si preferisce ammortizzare gli impianti e non rinnovare i macchinari. Spremere le tecnologie esistenti. Accumulare flussi di cassa che possano servire a ridurre i debiti. La stessa abbondanza di finanza a buon mercato non sembra fornire una leva conveniente per l’accumulazione di nuovo capitale produttivo. In America è servita piuttosto a finanziare i riacquisti di azioni proprie, i cosiddetti “buy- back” che secondo qualificate stime sono ammontati a circa due trilioni di dollari negli
  • 3. 3 5 novembre 2014 anni intercorsi dal 2009 ad oggi. È l’immagine di una finanza che disincentiva gli investimenti produttivi. Complice la veduta corta, la concentrazione sui guadagni a breve termine piuttosto che lo sviluppo dei potenziali a lungo termine. Accade in America. In forme diverse succede anche in Europa e in Italia. Basti guardare alla crescita dei depositi delle nostre società non finanziarie che sono oggi del quindici per cento più elevati delle consistenze pre-crisi. Ancor più marcato è il fenomeno in Germania, dove i depositi delle imprese lo scorso agosto hanno superato i 460 miliardi di euro, oltre un terzo in più rispetto al 2008. Non è solo la conseguenza dei tassi più bassi. È l’espressione di una generale astenia degli investimenti che va curata in fretta. Quando l’acceleratore del mercato non funziona, per far ripartire gli investimenti ci vuole il moltiplicatore del pubblico. Questa è la cura semplice, ma collaudata che la saggezza economica e l’esperienza storica ci segnalano da tempo. Certo, non soldi buttati a pioggia, ma interventi mirati ed efficienti su infrastrutture, reti ed energia. Questa appare la logica sottesa all’importante piano europeo di investimenti annunciato dal neo-presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker. Entro fine anno si conosceranno i dettagli. Per il momento ne conosciamo l’importo. Trecento miliardi su un triennio equivalgono all’otto per mille del prodotto interno lordo dell’Unione europea rilevato lo scorso anno. Cento miliardi di rata annua del piano su un PIL di 13,6 trilioni di euro. Non è molto. È comunque una svolta rispetto al passato. Per accrescere le capacità moltiplicative dell’otto per mille del Piano Juncker si dovrà lavorare di fino sulle scelte economiche come sui meccanismi finanziari. Il Piano potrebbe rappresentare la prima pietra a fondamento di un debito pubblico europeo che superi i vincoli in tema di “debt-rule” espressi dal Fiscal Compact. Sarebbe un’occasione utile anche per riflettere sul significato da attribuire al concetto di sostenibilità dei debiti pubblici dei grandi paesi dell’Eurozona in un contesto globale dove la finanza ha raggiunto le dimensioni odierne. Oggi il debito pubblico italiano come quello tedesco e quello francese hanno valori assoluti, singolarmente presi, pari al due-tre per mille del “quadrilione” di dollari della finanza globale. Non è dal numeratore della debt-rule europea che vengono i rischi. È sulla ripresa degli investimenti e dello sviluppo che si gioca la partita della sostenibilità e della stabilità.
  • 4. 4 5 novembre 2014 Famiglie e imprese: riequilibrare i bilanci richiede tempo C. Russo  06-47028418 – carla.russo@bnlmail.com L’andamento del credito nell’area euro risente ancora della debolezza della congiuntura macroeconomica: a settembre scorso l’ammontare dei prestiti è risultato inferiore di 200 miliardi rispetto a un anno prima (-1,2%) tornando ai valori di maggio 2008. La dinamica ha risentito soprattutto del calo del credito alle società non finanziarie (-2% a/a), flessione iniziata oltre due anni fa; più contenuto è risultato il contribuito negativo del settore famiglie (-0,5%). L’interazione tra lo sfavorevole andamento del credito e la bassa crescita economica è un argomento molto discusso alla luce del protrarsi di entrambi i fenomeni. L’elevato livello di indebitamento del settore pubblico e di quello privato è indicato come principale responsabile di questo circolo vizioso per il quale diversi studi prevedono tempi di rientro piuttosto lunghi. Il processo di deleveraging del settore privato iniziato all’indomani della crisi nei paesi Uem corregge solo parzialmente l’intenso incremento registrato nel 2000- 2008. Il miglioramento del rapporto tra indebitamento e Pil rilevato negli anni più recenti in diversi paesi per famiglie e imprese è infatti dovuto più a un’attenuazione delle erogazioni che a una diminuzione delle passività. Anche in Italia la debolezza della congiuntura continua a riflettersi sfavorevolmente sull’andamento dei prestiti: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9% con una flessione anche qui particolarmente marcata per le imprese (-3,5%) e più contenuta per le famiglie consumatrici (-0,4%). Non mancano però indicazioni positive: da marzo il tasso di crescita delle erogazioni alle famiglie è stabilmente crescente e le aspettative su offerta e domanda di credito nei prossimi mesi sono favorevoli. Per le Pmi si amplia ulteriormente l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia. Uem: molte economie condividono il trend negativo dei prestiti Le condizioni di accesso e la disponibilità di credito continuano a essere attentamente monitorate per i loro riflessi sull’andamento dell’attività economica nel suo complesso. Secondo le ultime rilevazioni, a settembre scorso nell’area euro la variazione annua dei prestiti al settore privato è stata del -1,2% in lieve miglioramento sia rispetto al mese precedente (-1,5%) sia a un anno prima (-1,8%) ma senza mostrare un’inversione decisa del segno negativo che si protrae da oltre due anni. Nell’ultimo anno terminante a settembre l’ammontare dei prestiti è stato di 200 miliardi inferiore a quello di un anno prima tornando ai valori di maggio 2008. Nel complesso dell’area euro lo stock dei prestiti, rispetto al picco massimo di settembre 2011, è diminuito di 718 miliardi attestandosi a 10.581 miliardi. A settembre dieci paesi della Uem risultano in flessione, con un’ampia variabilità che spazia dal -10,2% della Slovenia al -0,3% della Francia, tendenze che confermano gli andamenti dei mesi precedenti. Per contro, nei paesi dove si registra una crescita, la dinamica varia dal +0,1% del Lussemburgo al +8,7% della Slovacchia; per la Germania la variazione è di poco superiore all’1%.
  • 5. 5 5 novembre 2014 Area euro: prestiti al settore privato (Consistenze in miliardi di euro e var. % a/a) 10.581-1,2-4-20246810129.6009.80010.00010.20010.40010.60010.80011.00011.20011.4002008200920102011201220132014Consistenze in mld (sc. sx)Var. % a/a (sc. dx) Fonte: Bce Nell’area euro la flessione è stata trainata al ribasso soprattutto dall’andamento dei prestiti alle società non finanziarie (-2%) e in misura più contenuta da quelli alle famiglie (-0,5%), andamenti che si ritrovano in tutti i paesi in cui si è registrata una contrazione del credito. Laddove vi è invece stata una crescita dei prestiti, essa risulta guidata dalla dinamica dei prestiti alle famiglie. Uem: prestiti nei principali settori (var. % a/a) Prestiti per paesi (Settembre 2014, var. % a/a) -1,2-2,0-0,5-5051015202002200320042005200620072008200920102011201220132014TotaleSoc. non finanziarieFamiglie -20-15-10-5051015Soc. non finanziarieFamiglieTotale Fonte: Bce Fonte: Bce Andamento lento per il deleveraging di famiglie e imprese Se il protrarsi di un debole andamento dei finanziamenti sia più un problema di offerta oppure di domanda è un tema molto discusso in questi ultimi anni, perché in effetti il contesto macroeconomico offre spunti a favore sia della prima, sia della seconda spiegazione. Al centro del dibattito sono infatti sia la prudente politica delle erogazioni perseguita dagli istituti di credito, dovuta anche alla crescente rischiosità della clientela e alla necessità di adeguarsi ai parametri richiesti dalle autorità creditizie, sia il processo di deleveraging intrapreso da famiglie e imprese all’indomani dell’avvio della crisi e tutt’ora in corso. Gli effetti sull’economia del perdurare di ambedue i fenomeni vanno ben al di là della mera riduzione delle poste di bilancio dei rispettivi comparti. La carenza di credito e un indebolimento della domanda si alimentano infatti
  • 6. 6 5 novembre 2014 reciprocamente generando una spirale negativa che finisce per danneggiare molti aspetti della vita non solo dal punto di vista economico. Diversi studi1 indicano come il trend di riduzione delle passività sia destinato a proseguire in considerazione dell’elevato livello di indebitamento raggiunto prima della crisi sia dalle famiglie sia dalle imprese. In generale è interessante analizzare i motivi della diminuzione del rapporto tra passività e Pil, ovvero stabilire se si tratta di una reale progressiva riduzione dell’indebitamento (passive deleveraging) oppure di minori erogazioni (active deleveraging), o, ancora, di un calo del Pil minore di quello dei debiti stessi. Dalle motivazioni alla base dell’evoluzione del rapporto debiti/Pil scaturiscono infatti conseguenze diverse (seppure comunque negative): in generale, un calo nelle erogazioni produce effetti negativi sul valore delle attività con riflessi sfavorevoli sull’offerta di credito e per questa via su investimenti e occupazione mentre una riduzione delle passività già in essere determina una contrazione della domanda aggregata. Tra il 2008 e il 2013, Irlanda, Spagna, Portogallo, Grecia ed Estonia hanno visto una riduzione del livello di indebitamento delle proprie famiglie prevalentemente per una diminuzione delle erogazioni, evento che ha interessato anche i prestiti alle società non finanziarie, anche se in misura più contenuta. Nel complesso dei paesi euro al I trim. 2014,2 il rapporto debiti finanziari/PIL dell’insieme di famiglie e imprese è risultato in netto miglioramento ovunque, rispetto al picco massimo registrato tra il 2008 e il 2013. A fronte di un calo medio di 7 punti percentuali nell’area euro, si osservano riduzioni particolarmente significative in Lettonia (-52), Estonia (-47), Spagna (-31), Lituania e Malta (-28) e Irlanda (-22). In quasi tutti i paesi il calo è stato guidato dalla riduzione della componente relativa alle imprese, fatta eccezione per Irlanda, Portogallo e Paesi Bassi dove la contrazione ha riguardato soprattutto il settore famiglie. Differenziale tra il livello di indebitamento massimo nel periodo 2008-13 e il livello al I trim. 2014 (in % del Pil; punti percentuali) -60-50-40-30-20-100Soc. non finanziarieFamiglieTotale Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat Nel complesso gli aggiustamenti di bilancio finora realizzati da famiglie e imprese risultano essere contenuti se confrontati con l’aumento realizzatosi tra il 2002 e il 2010, 1 Cfr F. Bornhorst e M. Ruiz Arranz, “Indebtedness and deleveraging in the euro area”, 2013 Article IV Consultation on euro area policies: Selected Issues IMF, Country report n. 13/232, Euro area policies, luglio; Quarterly report on the Euro area, Private sector deleveraging: where do we stand?, ottobre 2014. 2 Dati Eurostat non consolidati serie nasq_f_bs riferiti ai presti a breve e a medio/lungo termine.
  • 7. 7 5 novembre 2014 periodo in cui il livello di indebitamento medio dell’area è passato dal 76% al 93% del Pil per le imprese e dal 52% al 67% per le famiglie. Per questo motivo diversi studi concordano nell’indicare come il rientro verso livelli di passività pre-crisi richieda tempi ancora lunghi (5-10 anni per le famiglie in presenza di una modesta crescita dei redditi e di un basso livello di inflazione) con riflessi negativi sulla crescita economica in generale. Debiti finanziari delle imprese (in % del PIL) Debiti finanziari delle famiglie (in % del PIL) 050100150200250200520102014-T1 020406080100120140200520102014-T1 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat Un approfondimento del Fmi basato su studi precedenti indica come un livello di 10 p.p. superiore a soglie del ratio “debito/Pil” pari a 98 per le imprese e 48 per le famiglie, comporti in media un contributo negativo alla crescita dell’attività economica rispettivamente tra i 7-11 bp e tra gli 8-13 bp. Italia: prestiti ancora in flessione ma non mancano segnali positivi Anche nel nostro paese la debolezza della congiuntura continua a riflettersi sfavorevolmente sull’andamento dei prestiti: ad agosto il credito complessivo ai residenti in Italia è diminuito su base annua dell’1,9% con una flessione particolarmente marcata per le imprese (-3,5%), soprattutto per quelle di medie-grandi dimensioni (-3,7%); più contenuta invece la diminuzione del credito alle aziende piccole (-2,8%) e micro (-2,1%). In territorio negativo, anche se solo marginalmente, i prestiti alle famiglie consumatrici (-0,4%). Italia: andamento dei prestiti (var. % a/a) -6-5-4-3-2-1012345dic-11dic-12mar-13giusetdicmar-14giulugagoImprese medio-grandiImprese piccoleFamiglie produttriciFamiglie consumatrici Fonte: dati Banca d’Italia
  • 8. 8 5 novembre 2014 Per far fronte alle esigenze di credito le imprese grandi sono ricorse ai collocamenti obbligazionari che nei primi otto mesi dell’anno sono stati pari a 12 miliardi portando lo stock a 119 mld (+12% a/a), mentre per le Pmi continua ad essere prezioso il ruolo del Fondo Centrale di Garanzia. A luglio scorso le domande accolte dal Fondo sono state 52.537 (+21% a/a), all’incirca il 70% di quelle accettate nell’intero 2013; dal 7 novembre inoltre il Fondo potrà garantire anche emissioni di minibond. Fondo Centrale di Garanzia: domande accolte (numero) 12.88613.94724.60050.07655.20961.40877.23452.537 2007200820092010201120122013Gen.-lug. 2014 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati MISE Nonostante la perdurante fase di difficoltà nell’andamento dei prestiti nel nostro paese, non mancano alcuni segnali di miglioramento. Da marzo scorso il tasso di crescita annuo delle erogazioni alle famiglie è tornato stabilmente positivo e indicazioni della recente indagine sulle condizioni del credito segnalano per i prossimi mesi aspettative favorevoli relativamente sia all’offerta (grazie a un allentamento dei criteri di concessione) sia alla domanda di imprese e famiglie. Nel complesso, poi, la posizione debitoria del settore privato italiano non finanziario si conferma tra le migliori nell’area euro pari al 114% del Pil rispetto ad un valore medio Uem superiore al 150%. Debiti finanziari delle famiglie e delle imprese (in % del PIL) 15311405010015020025030035020102014-T1 Fonte: elaborazione Servizio Studi BNL su dati Eurostat
  • 9. 9 5 novembre 2014 Un cruscotto della congiuntura: alcuni indicatori Indice Itraxx Eu Financial Indice Vix Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters I premi al rischio rimangono su livelli storicamente bassi (65). L’indice Vix nell’ultima settimana rimane ai livelli precedenti. Cambio euro/dollaro e quotazioni Brent (Usd per barile) Prezzo dell’oro (Usd l’oncia) Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters Il tasso di cambio €/$ a 1,25. Il petrolio di qualità Brent quota $82 al barile. Il prezzo dell’oro quota 1.170 dollari l’oncia.
  • 10. 10 5 novembre 2014 Borsa italiana: indice Ftse Mib Tassi dei benchmark decennali: differenziale con la Germania (punti base) Fonte: Thomson Reuters Fonte: elaborazioni Servizio Studi BNL su dati Thomson Reuters Il Ftse Mib nell’ultima settimana scende da 19.476 a 18.934 I differenziali con il Bund sono pari a 251 pb per il Portogallo, 95 pb per l’Irlanda, 137 pb per la Spagna e 161 pb per l’Italia. Indice Baltic Dry Euribor 3 mesi (val. %) Fonte: Thomson Reuters Fonte: Thomson Reuters L’indice Baltic Dry nell’ultima settimana continua a salire raggiungendo quota 1.484. L’euribor 3m resta sotto lo 0,10%. Il presente documento è stato preparato nell’ambito della propria attività di ricerca economica da BNL- Gruppo Bnp Paribas. Le stime e le opinioni espresse sono riferibili al Servizio Studi di BNL-Gruppo BNP Paribas e possono essere soggette a cambiamenti senza preavviso. Le informazioni e le opinioni riportate in questo documento si basano su fonti ritenute affidabili ed in buona fede. Il presente documento è stato divulgato unicamente per fini informativi. Esso non costituisce parte e non può in nessun modo essere considerato come una sollecitazione alla vendita o alla sottoscrizione di strumenti finanziari ovvero come un’offerta di acquisto o di scambio di strumenti finanziari.